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Maria Angela Eugenia Storti, "Itinerari di letteratura del novecento tra tradizione ed innovazione"

20 Aprile 2023 , Scritto da Lea di Salvo Con tag #lea di salvo, #recensioni, #saggi

 

 

 

 

 

ITINERARI DI LETTERATURA DEL NOVECENTO

TRA TRADIZIONE ED INNOVAZIONE

 

Memorie artistiche a confronto: Mann, Kafka, Woolf, Eliot,

Beckett, Wedekind, Pirandello, Montale

 

 

Il testo è suddiviso in tre sezioni che costituiscono rivisitazioni di alcune opere del Novecento, viste in relazione ad autori di più paesi, e vuole fornire un contributo di analisi comparata. Le sezioni sono a loro volta rappresentative dei generi letterari più esplorati nel ‘900 e sono atte a fornire un tentativo operativo finalizzato alla rivisitazione di alcune tematiche ricorrenti del periodo in questione.

Nella fattispecie, verranno esaminate per la sezione - “romanzo” - alcune peculiarità afferenti al modo di esplorare modernità/tradizione; sete di conoscenza/potere, nonché evoluzioni delle tecniche narrative e dei loro nuclei concettuali attraverso le opere di T. Mann, F. Kafka, V. Woolf e T. S. Eliot.

La seconda sezione, dedicata alla drammaturgia, ospita argomentazioni che tendono ad evidenziare i diversi approcci tematici, nonché ad approfondire le complesse dicotomie che coinvolgono gli attori-maschere alle prese con le loro performances, viste attraverso gli occhi dei diversi drammaturghi che hanno dato loro vita. La trattazione si riferirà ad alcuni scritti teatrali di L. Pirandello, F. Wedekind e S. Beckett, nonché alle loro differenti modalità esistenziali, espresse attraverso tecniche distinte e variegate. Proprio in tale contesto vengono acutamente evidenziati i nessi dialettici che legano la sicilianità di Pirandello ad un europeismo inteso non solo come aspirazione ad una civiltà più ampia, ma anche come partecipazione alla prorompente realtà della società moderna in cui lievitano i sintomi di una emergente crisi borghese.

L’autrice, mediante una sistematica analisi epistemologica, mette altresì in rilievo come sia lo scrittore agrigentino, che altri artisti del Modernismo, attraverso i personaggi delle loro rispettive opere, vivano il crollo radicale di valori quali i sentimenti, la religione, la società e lo stato, per poi divenire i testimoni sgomenti del nulla. È proprio tutto questo a determinare il relativismo che si afferma nella letteratura moderna, motivo per il quale la scrittrice attraverso un’acuta analisi dei testi presi in esame, riesce a mettere significativamente in rilievo, l’epocale cambiamento avvenuto nell’ambito letterario. Proprio in ragione di tale cambiamento, l’artista non rappresenta più un punto di vista che gli si dispiega davanti, ma un frammento di consapevolezza perduto nel caos della fenomenica realtà del tutto.

Poiché il pensiero è ritenuto una mediazione tra l’esistenza e l’essenza, ciò che appare concreto, stabile ed indiscutibile alla sensibilità comune, per lo scrittore non rappresenta infatti che una facciata fittizia che nasconde il vuoto. Seguendo tale percorso, il testo in questione giunge al denso nucleo di quella dialettica pirandelliana della maschera e del volto per la quale si è anche parlato di ‘‘relatività’’. Ad una concezione della vita vissuta tumultuosamente in una polemica fremente, ribelle e di dolorante pietà, Pirandello stesso dà il nome di umorismo che per lui, come è noto si traduce nel ‘‘sentimento del contrario”, concezione per cui il pathos si tuffa e si smorza nella fredda acqua della riflessione.

L’ultima parte, avrà toni più lirici e curerà alcuni aspetti poetici affini e non, nelle figure di E. Montale e di T. S. Eliot. Questi ultimi ed in particolare Montale, dichiarano di non sapere più ‘‘nulla’’ e per tanto si astengono da emettere giudizi, sentendosi solo in grado di prendere coscienza dell’assoluta dimensione aleatoria di tutte ‘‘le cose umane”.

La raccolta di questi saggi costituirà un testo esemplificativo che, senza pretese, sarà atto ad evidenziare i moderni contesti storico-culturali, al fine di consentire approfondimenti tematici legati prevalentemente all’evoluzione della cultura dei paesi anglofoni e mitteleuropei con squarci di memorie italiane, nel periodo tra le due guerre mondiali. Il contributo mira ad analizzare in forma sintetica, non convenzionale ed antiaccademica, le differenti prospettive estetiche della cultura moderna e postmoderna. La ricerca del passato da parte dello scrittore del Novecento e nel contempo la fuga da questo, unitamente ad un rifiuto dei vecchi canoni delle tecniche narrative, simbolizza il disperato tentativo della generazione tra e post le due guerre, di vivere con estrema intensità “ogni singolo momento della trattazione” preferibilmente attraverso “l’impersonalità” che spesso dà origine ad una frammentarietà linguistica, al “nonsense” ai “puns”, al monosillabo ed infine... al silenzio.

 Lea Di Salvo

 

 

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L’AUTRICE

 

Maria Angela Eugenia Storti è nata a Palermo, dove vive ed opera. Laureatasi in germanistica con il Prof. Furio Jesi, ha insegnato lingua e letteratura inglese presso il liceo delle Scienze Umane “G. A. de Cosmi” di Palermo. È autrice di saggi ed articoli prevalentemente inerenti ad autori stranieri, quali ad esempio: Goethe, Brecht, Mann, Beckett, ecc..., nonché di recensioni letterarie ed artistiche. Ha vinto alcune borse di studio in Germania ed in Austria e la sua formazione è altresì legata ai suoi interessi per gli studi anglofoni. Non mancano tra le costanti attività culturali, quelle connesse alla sua ricerca conoscitiva, nata in seno al teatro, a cui si affiancano trasposizioni di sue personali esperienze artistiche, corredate da seminari e laboratori teatrali, ideati a fini didattici. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Il Cantastorie (2010), Giostra di balocchi (2013), Tempo di raccolta (2015), Letto di stelle (2017); il saggio: Crisi di identità e protesta in Beckett e Brecht (2012); è inoltre autrice di short stories e pièces teatrali ancora inedite. È stata insignita di vari premi letterari e si è classificata al primo posto nell’anno 2015 durante la 23a edizione del Premio Letterario Internazionale “La Rocca”, Città di S. Miniato (Pisa).

 

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Maria Angela Eugenia Storti, Itinerari di letteratura del Novecento tra tradizione ed innovazione, pref. di Lea Di Salvo, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 82, isbn 978-88-31497-99-2, mianoposta@gmail.com.

 

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Marzia Sottero, "Nel mondo incantato della strega Magdaluna"

19 Aprile 2023 , Scritto da Rita Bompadre Con tag #rita bompadre, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Nel mondo incantato della strega Magdaluna di Marzia Sottero (Hever Edizioni, 2022 pp. 32 €10.00), con i disegni di Cristina Bo, è una divertente e vivace collezione di filastrocche. Marzia Sottero illustra con spiritosa predisposizione alla materia del fantastico, la strategia stravagante della strega Magdaluna e presenta i formidabili alleati delle sue bizzarre avventure. Il libro offre in ogni avvincente composizione lo spunto favoloso di un insegnamento, accompagna nella potenzialità evocativa della lettura la formazione degli stratagemmi adoperati nel mondo magico, prolunga oltre l'elemento sensibile il conseguimento delle capacità prodigiose delle imprese. Dilata la relazione descrittiva nella spontanea comprensione e nell'influenza emotiva, esalta l'esplorazione infinita dell'immaginazione nei significati originali e fantasiosi. L'autrice espone lo strumento istruttivo della filastrocca alla capacità esemplare della parola che acquista una destinazione giocosa, nel carattere allegro e burlone del linguaggio, adeguato saggiamente alle favolose necessità del contenuto espressivo. Impiega un convincente codice esplicativo per interpretare l'universo straordinario di Magdaluna, affida ai complici collaboratori della strega Tappo il topo, Nokkio il ranocchio, Spillo il ragno, il gatto Nerone, il gufo Gugo, postino d'eccezione, i pipistrelli Pippi e Strello il compito di orientare l'applicazione delle attività energiche e risolute, rivolte sempre verso una puntuale e accurata finalità. Attraverso gli eccentrici arnesi del mestiere, la Sfera Magica, Scopa la scopa pilota, Saetta la magica bacchetta, Pentola il calderone ramato, Perga la dotta pergamena, Magdaluna realizza i suoi curiosi esperimenti, emana il sortilegio di ogni effetto prodigioso nell'entità inconsueta del mondo fatato, esercita il potere suggestivo dell'arte della meraviglia, compie la potente e fenomenale materia delle predizioni, il mistero affascinante delle imprese rapite dall'entusiasmo delle vicende inaspettate. Marzia Sottero possiede il dono di elevare i suoi ammalianti testi nella spontanea e semplice efficacia illustrativa, nella relazione eccezionale del prodigioso imprevisto, conserva il frutto fulmineo e imponderabile della fantasia, rinnova uno stile incisivo, chiaro e leggero. Propone la sorprendente capacità di modificare il corso naturale degli eventi con l'intenzione miracolosa della volontà che difende dai pericoli e restituisce il bene sistemando ogni sentimento. Nel mondo incantato della strega Magdaluna spiega il complesso degli effetti singolari, gli accorgimenti incredibili dell'universo fiabesco. Elaborato nella brevità, vitale e rapida dei brani, il libro mostra l'aspetto spiritoso e bizzarro del contenuto pedagogico ed edificante, raggiunge l'obiettivo di intrattenere con euforia e di educare. L'autenticità combinata al ritmo naturale ed esclusivo della cantilena evidenzia la natura dei gesti nell'irreale, ne esalta il significato, rappresenta un valido avvicinamento alla forma ancestrale della comunicazione, stimola la curiosità, esercita il suo valore nella evoluzione conoscitiva ed emozionale. Gianni Rodari definiva le filastrocche “giocattoli sonori”, congegni ideali per apprendere la saggezza di ogni occasione didattica, per prendere familiarità con il linguaggio dell'invenzione e della scoperta. Marzia Sottero, nel gioco delle parole, adempie magistralmente a questo compito divulgativo.

 

Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/

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Imma Tataranni

18 Aprile 2023 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #patrizia poli, #recensioni, #serie tv

 

 

 

 

Non amo i gialli, specialmente quelli che si risolvono nell’arco di un episodio, e il personaggio principale di questa serie italiana a colpo d’occhio non mi attirava, perciò non avevo ancora visto Imma Tataranni, serie tratta dai romanzi di Mariolina Venezia. Poi, complice la noia di alcune recenti serie americane (tipo Outer Banks), ho deciso di dare una possibilità al sostituto procuratore di Matera.

Sono rimasta folgorata. Era dai tempi di Lucifer che una serie non mi coinvolgeva emotivamente a tal punto. Non per la splendida location lucana. Non per la comicità da commedia all’italiana o la fantastica caratterizzazione dei personaggi. Non per l’ironia della sceneggiatura e, allo stesso tempo, per la partecipazione empatica alle vicende di sospettati, vittime e colpevoli. No, è perché si tratta della più bella storia d’amore degli ultimi anni. Imma e Calogiuri hanno persino un loro gruppo di fan su Facebook. Pura quintessenza amorosa, straziante come tutti gli amori impossibili, il loro legame è reso struggente dalla bravura stratosferica della protagonista Vanessa Scalera.

Lei è Immacolata Tataranni, sostituto procuratore di Matera, spauracchio della procura, dal carattere rigido e intransigente circa i valori della legalità. È, comunque, una donna buona, empatica e profondamente femminile. Il suo piglio da iena, le sue movenze sgraziate, la sua lingua tagliente che non fa sconti a nessuno, contrastano con i vestiti coloratissimi e i tacchi che le conferiscono un’andatura goffa e traballante.  Possiede una famiglia normale e felice, una figlia adolescente con la quale ha ordinari contrasti, una suocera arcigna e impicciona e, soprattutto, un bravo marito, comprensivo, premuroso e innamorato. Si capisce che lo ha sposato in gioventù perché lo amava e non se ne è mai pentita.

Ma in procura arriva lui, Ippazio Calogiuri, giovane e timido appuntato, poi maresciallo, con il quale non riesce a essere brusca ed esigente come con tutti gli altri. Lui è bello come il sole, gentile, intelligente, coraggioso, professionale. Soprattutto, ha la metà dei suoi anni, al punto che lei viene persino scambiata per la madre. La Tataranni è il superiore, è più vecchia di lui ed è felicemente sposata. S’innamorano, tuttavia, perdutamente l’uno dell’altra, nonostante le convenzioni e le regole. Lui ammira in lei la donna volitiva, super-intelligente, dotata di intuito e memoria di ferro, sebbene più anziana e non particolarmente bella. Lei vede in lui l’innocenza, la purezza del cuore, la possibilità di rinascere, di lasciarsi travolgere da un presente che annulla il passato ma non ha futuro. Più sono costretti a stare divisi, a non sfogare la crescente e traboccante passione, più essa cresce, li dilania, li tormenta.

Il loro amore appassionato è declinato in un duplice registro: da una parte la struggente sofferenza, ben resa dalla magistrale recitazione degli attori, dall’altra un’amabile ironia che trasforma le apparizioni di lui in spassosi richiami cinematografici, come la divertentissima citazione da Top Gun.

Per ora siamo alla seconda stagione e in trepidante attesa della terza. Non per il bozzettismo gustoso o gli intrighi polizieschi, e nemmeno per i tanti spassosi e curiosi personaggi secondari, ma in quanto tutti speriamo che Imma e il suo bel maresciallo finiscano prima o poi insieme, perché la fedeltà, i buoni principi, il senso della famiglia vanno pure bene nella realtà, ma il sogno vuole altro, vuole la carne e il sangue, vuole le stelle e il firmamento. E in questo bellissimo sogno lucano, per un amore come quello fra Imma e Calogiuri non c’è logica o razionalità che tenga.    

 

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Mia

16 Aprile 2023 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni, #cinema

 

 

 

 

Mia è un film che andrebbe mostrato e spiegato nelle scuole superiori. Parla di una quindicenne graziosa, studiosa, seria, che si trova alle prese col primo amore che però ha 20 anni, figlio di papà, ed è palesemente manipolatorio. La ragazza continuerà la relazione nonostante gli amici e il padre cerchino di dissuaderla e questo gesto le costerà quasi la vita, distruggendo anche quella dei genitori. I temi trattati sono tanti: l'adolescenza con la sua fragilità, l'abuso sessuale, il revenge porn, quel sottile equilibrio tra educare un figlio, amarlo e fare il suo bene, tre cose che non sempre coincidono. Anzi. Soprattutto nel tratteggio psicologico dei genitori emergono questioni importanti. Mentre il padre si rende subito conto dei pericoli a cui sta andando incontro Mia (come dice alla moglie "Lo so io che mi passava per la testa a 20 anni") in quanto maschio, che sa come vengono educati mediamente gli appartenenti al suo sesso, sa che spesso agiscono per dimostrare qualcosa più che per sentimento, sa che in certe situazioni gli uomini tendono a controllare, oggettificare, la madre, intrisa di una visione stereotipata e romantica sul "primo amore", infila un paio di lenti rosa con cui osservare questa relazione tossica che le cresce in casa, normalizzando la figlia che ha smesso di truccarsi o vestirsi, che sta sempre isolata, che ha smesso di giocare a pallavolo. Così Mia andrà fino in fondo per scoprire le parti più miserabili di una relazione amorosa: la violenza fisica e psicologica, la gogna mediatica sul web, devastanti per una donna adulta, insostenibile per una ragazzina. E anche nel dopo i genitori si divideranno: la madre che assiste la figlia in ospedale, ricucendo un filo con la vita di noi coscienti, raccontando, condividendo. E il padre invece, annientato da quelle immagini che gli rivelano una figlia ormai suo malgrado diventata donna e che lui non accetta, che si rifugia nei video in cui era ancora la bimbetta amorevole di papà. Il finale inaspettato, amaro, tragico induce alla riflessione sulla prevenzione di certo fatti, sulla giustizia, su un ruolo dei maschi nella nostra società che, siano essi predatori siano giustizieri, non escono dallo schema della violenza.

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Gordiano Lupi & Patrizio Avella, "Pier Paolo Pasolini, il cinema, l'amore e Roma."

15 Aprile 2023 , Scritto da Redazione Con tag #recensioni, #cinema

 

 

 

 

 

Gordiano Lupi & Patrizio Avella
Pier Paolo Pasolini, il cinema, l’amore e Roma
Il Foglio Letterario Edizioni, 2023 – Pag. 462 – Euro 16

 

Un libro su Pier Paolo Pasolini non cattedratico e dogmatico, ma facile e piacevole da leggere come se fosse un romanzo. Gli autori scelgono il filo conduttore del cinema e della vita, corredando l’opera con alcune poesie e diversi brani legati all’esistenza e alla produzione letteraria dello scrittore bolognese. Gordiano Lupi analizza uno dopo l’altro i film del grande regista che a un certo punto della sua vita – pur digiuno di tecnica che apprende da Tonino Delli Colli – decide che non può accontentarsi di narrare con la forma romanzo e decide di passare alle immagini evocative tipiche di un cinema di poesia. Le recensioni, in ordine cronologico, sono molto leggibili, non scritte con intellettualismi cinefili spesso incomprensibili, ma con la volontà di rendere semplice anche ciò che può apparire complesso. Il lettore conoscerà tutti i misteri di Accattone, perché Fellini non lo avrebbe voluto far uscire, ma anche le problematiche di un enigmatico Salò, la poesia de La rabbia e de La terra vista dalla luna, per non parlare di Che cosa sono le nuvole? e di Teorema. Patrizio Avella, invece, esperto di cucina e profondo conoscitore di Roma, svela i gusti di Pasolini in fatto di ristoranti e di cibo, va alla scoperta dei luoghi dove il poeta ha vissuto, indaga il suo amore per il calcio (l’ultima rappresentazione dell’umanità), svela gli amori dello scrittore, le donne (e gli uomini) importanti della sua vita. Federica Marchetti, altra collaboratrice del volume, impagina alcuni luoghi simbolo della biografia romana pasoliniana, prende per mano il lettore, lo conduce nei vicoli più reconditi di Roma e lo porta a scoprire le strade della Tuscia. Un libro che farà conoscere il Pasolini segreto, il suo intimo più profondo, le cose che pochi hanno osato scrivere, che convincerà a passare serate davanti al video per rivedere una filmografia suggestiva che percorre le borgate romane, i misteri della vita, la religione e la trasgressione, fino alla dicotomia amore e morte. Non solo, il lettore si troverà a dover provare i piatti semplici delle trattorie romane amati da Pasolini, deciderà persino di fare un viaggio a Roma per vedere quei luoghi e provare le stesse emozioni del nostro più grande intellettuale del Novecento. Il libro è corredato di foto e illustrazioni. Copertina bellissima e originale di Antonio Guacci che ritrae un insolito Pasolini con la maglia del suo Bologna, gli immancabili occhiali da sole e la macchina da presa. Consigliata la lettura.

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Grazia Marzulli, "Nella carezza del vento, sbocciano i fiori"

14 Aprile 2023 , Scritto da Marcella Mellea Con tag #marcella mellea, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

 

GRAZIA MARZULLI

Nella carezza del vento, sbocciano fiori

 

 

Il volume Nella carezza del vento, sbocciano fiori, di Grazia Marzulli – edizioni Guido Miano Editore, Milano 2023 –, attira immediatamente l’attenzione del lettore per la bella e significativa copertina: un dipinto di Fabio Recchia intitolato “Abbraccio”, che simboleggia il mondo abbracciato da un paio d’ali dorate; tante macchie di colore intorno, figure indefinite, forse anime oranti che circondano il mondo e disegnano l’immagine di un’altra figura. Un dipinto di grande valore evocativo, oltre che artistico, che ci proietta immediatamente nella simbologia del titolo: Nella carezza del vento, sbocciano fiori, fiori di diversi colori, sfaccettature diverse di un’unica realtà. In effetti, l’opera di Grazia Marzulli è un’antologia dei versi migliori dell’autrice: poesie tratte da varie raccolte – Il volo di Penelope (1998), Salsedine (1999), Selva di dissonanze (2000), La luce verticale (2001), Anfratti fioriti, conchiglie (2003), Il velo di Maya (2004) – e componimenti inediti raccolti nelle due sezioni Anemoni e Fiori della Resilienza.

Il termine antologia in greco significa “raccolta di fiori”, fiori offerti al lettore, che si schiudono alla bellezza della vita e, nel nostro caso, si aprono e si disperdono nel vento: vento distruttore e creatore allo stesso tempo. La raccolta esplora tematiche varie e l’autrice, attraverso un verso strutturato, ci trasporta da una dimensione terrena, fatta di cose materiali, verso una dimensione eterea, spirituale. Il mondo circostante, in particolare quello della natura, diviene fonte primaria d’ispirazione; l’autrice, attraverso la sua sensibilità, ci regala note di colore, di armonia e di misticismo. Una poesia colta, elegante, intellettuale, ben costruita, ricca d’immagini, frammentate a volte, con riferimenti classici e mitologici. La sua concezione poetica è delineata in Salsedine (la poesia): «Creatura evanescente / che in volo t’impregni d’azzurro, / ti tuffi / ed ebbra d’onde / parli alla sabbia agli scogli / e nel flusso del salso respiro / scopri l’Uomo, / se al sole rapisci faville / e all’alba porgi / vezzi di rugiada, / ti prego, / intenerisci gli sguardi, / sotterra le croci, / diffondi la luce» (dalla omonima raccolta Salsedine, 1999). La Poesia è paragonata qui a un’entità evanescente, come la salsedine, che non ha corpo, è in grado d’impregnarsi di tutto quello che la circonda, di tutto quello che il poeta sperimenta; la poesia è perciò scoperta, diffusione di luce, abilità nel nascondere le cose brutte e negative dell’esistenza, di coprire le croci, di intenerire i cuori.

Con La mia favola – il componimento che apre la raccolta –, «Ritrovo la mia favola / scalfita franta dal tempo // annodo i capi / raggomitolo il filo / e la favola continua / mentre l’attimo si ferma // una foglia di giunchiglia / sull’acqua reclina / risplende al sole // e il mio sguardo / mentre mi sfiori s’illumina / umido tra le ciglia»,  l’autrice tira le somme della sua vita: un’esistenza che, anche se “franta”, è paragonata a una favola, a una foglia di giunchiglia che si piega sull’acqua e risplende al sole. L’autrice prova nostalgia e si commuove davanti al ricordo della sua vita, nello scorrere dell’esistenza si mescolano e si fondono insieme note tristi e felici. Nostalgia e ricordo sono presenti anche in altre poesie, come: Il tempo delle more, Ciliegie, Schegge di guerra (da Il volo di Penelope, 1998); Il gelso (da Salsedine, 1999); Lungo i binari del tempo (da La luce verticale, 2001).  L’autrice, nel rievocare il tempo che fu, le cose semplici della vita contadina, la natura soppiantata dal progresso e dalla modernità, riesce abilmente a mantenere il giusto distacco ed equilibrio emotivo, senza lasciarsi andare al sentimentalismo. A volte, nel descrivere paesaggi naturali, come in Ortica e giunchiglia, sembra identificarsi nella natura, a una ninfa dell’acqua, parte di un tutto: «…ed io Naiade scalza / tra fiori di lavanda / e zufoli d’avena / danzando nutro Amore / di fragranze //... un crepitio di fiamma / respiro di notte serena / mi solleva al coro delle stelle... // Un tonfo. // Il sogno scivola / dal bordo della favola / tra ciottoli rimbalza / si sbobina / e mi sorprende ferma sulla zolla / manto d’ortica e cuore di giunchiglia. // Consuetudine / nemica dell’attesa / penombra alitante su raggio / d’abbrunita cera» (da La luce verticale, 2001).

Grazia Marzulli è molto attenta anche alla disposizione del verso, il layout di alcune poesie ci comunica immediatamente il suo significato, come nella poesia Orme d’infinito (da Salsedine, 1999), la cui disposizione disegna una freccia scagliata verso l’infinito. L’autrice conosce bene l’arte del versificare e attraverso un uso sempre consapevole delle parole, dei toni, delle immagini, delle metafore, delle similitudini e delle parentesi esplicative, esprime il suo personalissimo stile. Come T. S. Eliot, fa ampio uso di correlativi oggettivi, evocando emozioni attraverso oggetti, situazioni, eventi; nella lunga poesia Al Luna Park (fiera delle vanità) (da Selva di dissonanze, 2000), echeggia lo stile Eliottano di “The Waste Land”, in cui una coralità di immagini e personaggi ci fa riflettere sulla crisi della civiltà e della cultura contemporanea, il luna Park diviene un microcosmo in cui alcune scene ci fanno riflettere sulla precarietà, l’alienazione delle relazioni, la frammentarietà e l’assurdità dell’esistenza. I personaggi compiono gesti sterili, quasi a volere rappresentare il vuoto e l’indifferenza che attanaglia l’anima; questa lunga poesia, di non facile lettura, divisa in otto sezioni, è ricca di simbolismo.

All’interno di tutta la raccolta poetica, nell’alternarsi di emozioni e visioni contrastanti, non sempre facili da interpretare, l’autrice volge al Signore la preghiera di aprire un varco, un’apertura – solo Lui può farlo – per placare l’angoscia e il dolore del vivere; Un varco: «Nella stretta d’angoscia, Signore, / la preghiera si svuota / e i destini traditi / come gorgoni acefale si piegano / se non posi la Tua mano / fra le mobili sabbie. //…// Apri un varco, Signore, / verso il luogo d’Assoluto / dove accade che l’alba e il tramonto / il tu e l’io / la parola e la vita / si fondono per noi in armonia» (da La luce verticale, 2001); la vita ha bisogno di punti di riferimento sicuri per non vacillare, per non perdersi durante il tragitto della vita. In Schegge di luce: «È vero, Mariapia, noi siamo schegge / ma di stupore / esploso in un lontano / traboccare di petali / da calice infinito / schegge del suo splendore / e poi / quali relitti di un naufragio antico / fragilità protese all’Assoluto / polvere vaga / fra alveari di scogli / a nutrire embrioni di luce» (da Il velo di Maya, 2004), l’autrice, pur consapevole della fragilità dell’uomo, ne riconosce la sua la divinità, affermando che noi esseri umani siamo schegge di luce esplosa nel mondo, riflesso del Divino, bellezza, naufraghi protesi verso l’assoluto.

Nelle liriche Canto la barca «…Canto la barca a vela che vacilla / nel labile solco / conteso da opposte correnti / eppure osa, / osa sfidare i venti / all’alba imperlata di rugiada / da occhi di fuoco al tramonto…» (da Il velo di Maya, 2004); e Taglio sartoriale «… Se al sovrapporsi incauto delle dita / la geometria del taglio si sfilaccia / o si deforma / il capo - pur gualcito - / caparbio si rimetta sul telaio // per non smarrire il senso di una vita» (da Il velo di Maya, 2004), emerge un elemento didattico, l’autrice invita ad avere forza d’animo, tenacia per non soccombere, per non farsi scoraggiare dagli ostacoli che inevitabilmente si frappongono nel cammino della vita.

In alcune poesie l’autrice riconosce il grande valore della comunicazione, del linguaggio verbale e non verbale, per interpretare il mondo e consegnarlo ai suoi lettori: Codice obsoleto «Le parole meditate non gracidano / non saltellano / come ranocchie / né si arrampicano / su fantasmi e specchi deformanti. // Scavate / e tratte con dolore / da meandri / si adagiano gravi / tra le pupille / e il cuore / lasciano impronte profonde / emanano fresco odore. // Se rinnegate / si rifugiano schive in una teca / reliquie / d’un codice obsoleto» (da Selva di dissonanze, 2000). Aria «Ho rapito le ali a un gabbiano / - i polmoni colmi di illusioni / - per sollevare il peso degli istinti // E comprendere il linguaggio delle rondini / (vertigini di crome e biscrome / su pentagrammi di alta tensione). // Prodiga di vezzi ai cocoriti, smarrita / nel frinire di cicale, tentavo invano / di emulare versi di usignolo. // Ora contemplo il saio francescano / tesa verso estasi di luce / nidi d’aquile reali. // E vibro di stupore nel silenzio / ascoltando il respiro / infinito d’Aria impalpabile». (da Anfratti fioriti, conchiglie, 2003).

Nelle liriche di Grazia Marzulli, infine, si coglie una profonda ricerca esistenziale e la continua esplorazione della realtà, una ricerca che passa sempre attraverso la parola, il silenzio e la poesia, equilibrio perfetto tra mente e cuore.

Marcella Mellea

 

 

 

Grazia Marzulli, Nella carezza del vento, sbocciano fiori, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 96, isbn 978-88-31497-98-5, mianoposta@gmail.com.

 

 

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Tiffany McDaniel, "L'estate che sciolse ogni cosa"

13 Aprile 2023 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni

 

 

 

 

L'estate che sciolse ogni cosa

Tiffany McDaniel

Blu Atlantide, 2020

 

 

Nell'immaginaria cittadina di Breathed (che si legge come "respirato") in Ohio giunge il diavolo nel 1984 sotto forma di un ragazzino nero con gli occhi verdi. Ha due cicatrici sulle scapole e sostiene siano causate dal taglio delle ali, essendo lui niente meno che Lucifero. Da cui il suo nome Sal, come Satana e Lucifero. Poco prima del suo arrivo l'avvocato Autopsy Bliss, padre di Fielding, il narratore ormai anziano che rievoca la torrida estate, aveva messo un annuncio sul giornale invitando il Signore del Male a visitare la piccola città. Nonostante il ragazzo asserisca la sua identità ultraterrena e maligna, nessuno gli crede. Ma a Breathed comincia a succedere una tragedia dopo l'altra ogni volta che Sal è presente, e si crea addirittura un gruppo di facinorosi che lo addita come un pericolo per la comunità. Mentre un attempato Fielding racconta il disastro che è diventata la sua vita dopo i fatti dell'84, gli eventi si susseguono in una escalation imprevedibile e fuori controllo. Ricco di colpi di scena, rivelazioni e momenti di grande impatto emotivo, L'estate che sciolse ogni cosa è un romanzo di formazione, in cui il protagonista conosce il Male ma soprattutto la sua imperscrutabilità e le vie lastricate di ottime intenzioni che esso spesso percorre. Non è un caso che sia ambientato nel 1984 (Orwell viene citato nel finale) e che l'evocatore del diavolo si chiami Autopsy (come spiegato nel libro significa "guardarsi dentro") Bliss che suona più o meno come "la beatitudine dell'introspezione". Solo chi ha il coraggio di guardarsi dentro può osservare il male in sé che è l'unico male davvero esistente che si riflette nella realtà. Nella sonnacchiosa Breathed dove tutti apparentemente sono buoni vicini di casa felici e contenti, Sal darà inizio ad una piccola Apocalisse, rivelando omofobia, razzismo, fanatismo religioso, senso di colpa e abusi familiari. Tutto perde di logica, alla fine di questa storia sarà impossibile decretare chi è stato buono e chi no, chi ha sbagliato e chi è stato nel giusto: la realtà si è deformata in mille piccole immagini come nel riflesso di un vetro rotto, altra metafora utilizzata nel racconto, vetro che può salvarci se lo osserviamo bene e non ci fermiamo alle crepe. A volte per ritrovare la figura d'insieme occorre prima frantumare tutto e ricostruirlo secondo un ordine personale che restituisca un senso tutto nostro, a una vita che spesso non ne ha.

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L’ITALIANISMO DI ANTONIO CRISCI NEL VOLUME L’UOMO DI GHIACCIO

12 Aprile 2023 , Scritto da Fabio Dainotti Con tag #fabio dainotti, #recensioni

 

 

 

 

 

 

 

«Una terra desolata pare divenire il luogo dell’immane tragedia inconcepibile per chi è nato ed è presente nel nostro liquido e alienante postmoderno occidentale», scrive in una sua recensione Raffaele Piazza. Dal canto suo Michele Miano nella Introduzione al libro parla di «una sorta di Anabasi dei nostri giorni».

In effetti è questa l’ambientazione dell’immane tragedia toccata all’ARMIR durante la ritirata di Russia, e descritta nel volume L’uomo di ghiaccio di Antonio Crisci, con prefazione di Michele Miano, seconda edizione edita da Guido Miano nel 2022. I reduci raccontano a perdifiato le loro peripezie, cosicché la loro storia personale e privata si in incrocia con la grande Storia (la spedizione in Russia, l’8 settembre). Il libro si compone di vari capitoli, che sono altrettanti racconti, tasselli che cospirano a disegnare un grande affresco. Per certi versi L’uomo di ghiaccio si configura come romanzo-denuncia, presentando punte polemiche nei confronti di chi ha preferito voltarsi dall’altra parte di fronte alle sventure e alle traversie dei sopravvissuti. Rivelatrice la citazione che Crisci fa di quello che può essere considerato un classico sull’argomento Centomila gavette di ghiaccio, che in qualche modo diventa l’ipotesto o almeno un punto di riferimento del libro. Un libro importante per il suo valore di testimonianza. Grande spazio narrativo è occupato dalla vicenda, che attraversa tutto il libro, di Natasha, che è una delle voci narranti. Si staccano infatti dal quadro alcune figure maggiori, come appunto Natasha, che raccontano la storia di un difficile inserimento, diventando così narratori di secondo grado.

Il narratore alterna la durata dei tempi; a volte ad esempio il TD (tempo del discorso) è più breve del TS (tempo della storia); in tal modo si ha il sommario o addirittura l’ellissi, soprattutto nel capitolo “La vita nell’Isba”.

Non mancano aneddoti gustosi, come quello del soprannome Garibaldi, “affibbiato” a un artigiano per il solo fatto di avere affilato il coltello del “vero Garibaldi”. Di quando in quando fa capolino la nostalgia per il tempo preterito, per i cambiamenti, che non giovano “ai ricordi”; e sembra riecheggiare il grido del Poeta: «Paris change».

Trattandosi di una ritirata rovinosa, è inevitabile la cifra della morte giovane: «Nel corso degli anni era riuscito ad avere notizie sia sulla tragica battaglia di Nikolaevka, in cui persero la vita quasi 50000 giovani, sia sulle altre tragiche battaglie».

Fabio Dainotti

 

 

Antonio Crisci, L’uomo di ghiaccio, introduzione di Michele Miano, II° edizione, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 136, isbn 978-88-31497-91-6, mianoposta@gmail.com.

 

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Ada d'Adamo, "Come d'aria"

11 Aprile 2023 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni

 

 

 

 

 

Come d'aria

Ada d'Adamo

Elliot, 2023

 

Morta due giorni dopo essere stata candidata allo Strega con questo libro, Ada d'Adamo racconta in queste poche pagine la sua esperienza profondissima e contraddittoria con la figlia Daria. Fatta d'aria, in un gioco di parole che evoca la leggerezza che occorre per vivere, soprattutto in certi frangenti, e l'antigravità di questa ragazzina tetraparetica, semicieca, epilettica e incapace di interagire col mondo a causa di un inadeguato sviluppo della massa cerebrale, che mai ha toccato terra, sempre sorretta da braccia amorevoli o da una carrozzina. La d'Adamo con molta sincerità, che le costerà anche diverse critiche e insulti, cerca di trovare il filo del groviglio di emozioni e sentimenti che si creano nel rapporto con un figlio affetto da grave disabilità. Dal senso di colpa per la precedente gravidanza interrotta per paura di perdere l'uomo della propria vita, l'amore incondizionato per una creatura di cui vive le limitazioni terrene diventando i suoi piedi, i suoi occhi, la sua voce, e al contempo la certezza, brutale ma reale che una diagnosi prenatale avrebbe posto fine alla gestazione per volontà materna. Le difficoltà burocratiche, la luminosità dei messaggi dei coetanei di Daria che la vedono come magica, una presenza importante nelle loro vite, quella dolorosa dolcezza che si vede solo nei momenti di buio. E poi la diagnosi di Ada, da subito grave: tumore metastatico. Tornare a curare se stessa, mettersi al primo posto per potere assicurare una continuità a quella figlia che non potrà mai sopravvivere senza i genitori. La terapia ormonale, il corpo devastato, smettere anche di chiedersi perché la vita ad alcuni impone prove talmente difficili. Stare lì, nel momento, vivere, lenire, andare avanti, e il futuro chissà come sarà, chissà quanto sarà. E nel mentre cercare di lasciare una testimonianza di tutto ciò che sia diario, introspezione, rivelazione per tutti noi che la leggiamo.

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Grazia Marzulli, "Nella carezza del vento, sbocciano fiori"

10 Aprile 2023 , Scritto da Raffaele Piazza Con tag #raffaele piazza, #recensioni, #poesia

 

 

GRAZIA MARZULLI

Nella carezza del vento, sbocciano fiori

 

 

Come scrive Michele Miano, nella prefazione al libro di poesia che prendiamo in considerazione in questa sede, la silloge di Grazia Marzulli Nella carezza del vento, sbocciano fiori, risulta un florilegio dei suoi volumi precedenti in aggiunta a vari testi inediti. Un verso strutturato il suo e non sempre di immediata e facile lettura proprio perché attinge al mondo classico.

Un fortissimo amore per una natura espressione dell’armonia del creato pare essere la cifra fondante della poetica dell’autrice, elemento costante nella sua ventennale attività letteraria.

Un poiein tout court neolirico quello che Grazia ci presenta del tutto in controtendenza con i vari sperimentalismi e neo orfismi che sono tipici dei libri di poesia del nostro panorama letterario italiano contemporaneo e potremmo dire internazionale.

Emerge nei testi una forte capacità di stupirsi nel seguire il sentiero della linearità dell’incanto e tale dono suscita nel lettore forti emozioni e gli restituisce sentimenti e pensieri che pensava di avere sperimentato nel preconscio ma che non erano mai venuti fuori nell’inverarsi di un esercizio di conoscenza attraverso una parola detta con urgenza, parola stessa che è luminosa e icastica e leggera nello stesso tempo e nonostante la complessità architettonica il volume può essere letto come un poemetto che ha per protagonista la natura.

E a proposito del tempo qui di lirica in lirica si realizza mirabilmente un’atemporalità, nella presenza stabile dell’attimo che s’innesta nel cronotopo nei versi levigati e sempre ben controllati.

Leggiamo in Il tempo delle more: «Vorrei tornare / a cogliere le more / con la freschezza / di tanti anni fa. // Pei viottoli / andavamo spensierati / con i bambini / cicalanti intorno / che si pungevano / tra i rovi dei cespugli / pregustando / la buona marmellata…».    

Al discorso naturalistico si affianca nel pervaderlo quello religioso e quella della poetessa è una religiosità serena e di ringraziamento a Dio per i doni che le restituisce e le elargisce.

Un ottimismo di fondo pare dunque permeare questi versi carichi di luminosità e speranza e la natura stessa espressione della divinità pare essere benevola verso l’essere umano che da creatura diviene persona, natura antitetica a quella della concezione leopardiana che la considerava matrigna e spietata nei confronti degli uomini.

Natura come spazio scenico o scenografico per usare una metafora teatrale quella messa in scena da Grazia e a volte c’è un tu al quale l’io-poetante si rivolge in modo accorato un tu che presumibilmente è l’amato e del quale ogni riferimento resta taciuto in atmosfere sempre rarefatte.

Leggiamo in Fuoco: «In cammino / sfidando nastri / dalla volta del cielo e annodando // All’arcobaleno i colori della vita / nella purezza dell’alba / ricerco essenze odorose. // E incontro tra i roghi / del crepuscolo virtuale un bimbo-eroe / solo tra i rovi al primo vagito…».

Magia, mistero e sospensione connotano questi versi che varcano per la loro essenza positiva la soglia della speranza postulando che la serenità stessa posso divenire felicità anche perché irradiata da bellezza e suadente mistero.

       Raffaele Piazza 

 

 

Grazia Marzulli, Nella carezza del vento, sbocciano fiori, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 96, isbn 978-88-31497-98-5, mianoposta@gmail.com.

 

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