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signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

Un saluto al 2018 aspettando il 2019 con lo sguardo rivolto al FUTURO

31 Dicembre 2018 , Scritto da Cinzia Diddi Con tag #cinzia diddi, #psicologia

 

 

 

 

"Uno è la madre di diecimila." 

Un noto pensatore e fondatore del Buddismo dal nome Nichiren Daishonin era solito citare nei suoi scritti questa frase: "UNO È LA MADRE DI DIECIMILA". 

Il significato è molto profondo. 

Sta ad indicare che tutto inizia da un singolo passo. 

Continuando a fare un passo dopo l'altro sarete in grado di raggiungere anche gli obiettivi più difficili.

Il SUCCESSO SCATURISCE DAGLI SFORZI!!!

Il futuro non è qualcosa da aspettare passivamente, ma qualcosa che va creato

I sogni e gli ideali che nutrirete vi aiuteranno a costruire il vostro personale futuro e a illuminare la strada che avete di fronte. 

La chiave è non mollare mai.

Le persone si possono distinguere dal loro atteggiamento: positivo o negativo.

L'atteggiamento fa la differenza.

Le persone con atteggiamento positivo sono consapevoli di dover iniziare tutto da zero con la certezza di non dover mai demordere. 

Le persone con un atteggiamento negativo, al contrario, misurano se stesse in relazione alla perfezione, spesso non si sentono all'altezza e hanno la tendenza a demordere.

Quindi, per quanto difficile possa essere la strada che avete intrapreso, se continuate a sforzarvi con atteggiamento positivo farete sicuramente dei progressi. 

Un illustre accademico una volta mi disse che nell'imparare qualcosa di nuovo, o nell'intraprendere nuovi percorsi o progetti, spesso si incontra un muro che SEMBRA impossibile da superare.

Ecco!!!! 

Proprio quello è il momento decisivo.

È lì che bisogna mantenere la determinazione, senza esitazioni, con atteggiamento positivo, continuando ad avanzare, un passo alla volta.

In questo modo alla fine, la strada si aprirà.

Buon anno a Tutti!!! 

 

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Radio Blog: #paginesocial Il salotto dei Betta

31 Dicembre 2018 , Scritto da Chiara Pugliese Con tag #chiara pugliese, #radioblog, #pagine social, #carolina paoli

 

 

Lettrici forti, anzi fortissime! Ne ospitiamo sempre volentieri su Radio Blog e stavolta è il turno di  Carolina Paoli, moderatrice della pagina Facebook  Il Salotto dei Betta - Segnalazione&Recensione Romanzi
Carolina ci farà chiudere il 2018 con due consigli di lettura fantasy: 

 

- La stirpe del drago - Il risveglio dell'antico signore di  Angela Biondi -  Gilgamesh Edizioni 
- Claus di  Andrea Erre Ciaravella -  CASTA Editore 

 

E quindi, per l'ultima volta in questo 2018, non mi resta che augurarvi BUON ASCOLTO!   

BUON ANNO da tutta la redazione di signoradeifiltri.blog!

 

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Le borse, vere ... Tentazioni ...

31 Dicembre 2018 , Scritto da Daniela Lombardi Con tag #daniela lombardi, #cinzia diddi, #moda

 

 

    

 

 

Le borse sono certamente uno degli accessori più amati dalle donne. Si deve partire da lontano per vedere la nascita della borsa, partire addirittura  dalla preistoria.  E i primi a usarle sono stati gli uomini primitivi, che accartocciavano le pelli di animali per trasportare armi ed utensili e, in seguito, con la nascita e la circolazione della moneta, le borse da uomo si diffusero maggiormente.

 

Durante il Rinascimento le borse iniziano ad essere considerate degli accessori legati alla moda e i materiali utilizzati per realizzarle e decorarle sono sempre più prestigiosi: cuoio, velluto, broccati, rasi, fiocchi, nastri, oro e pietre preziose.

 

Borse e moda quindi, strettamente legate in un connubio che sarebbe resistito fino ai nostri giorni.

 

Fra ottocento e novecento, con la nascita della borghesia, la donna inizia a essere sempre più indipendente ed è allora che la borsa diventa un forte simbolo di emancipazione femminile e, con la crescita delle attività femminili, un accessorio indispensabile.

 

Per  la donna è diventata una vera e propria seconda casa, dove mettere un po’ della propria vita, dei propri sentimenti.  

Cosa dovranno mai contenere quelle borse versione maxi, che sembrano quasi delle valigie per viaggi intercontinentali? E perché invece, in certe occasioni, compaiono a fianco delle signore delle versioni micro che nemmeno si possono definire borse? In quelle cosa ci entra delle sorelle più grandi, le maxi? E perché invece qualche donna sceglie lo zainetto?  

 

Pensando forse a tutto questo Cinzi Diddi ha creato una linea di borse veramente eccezionale, delle vere … Tentazioni …

 

Ci sono di tutte le grandezze, di ogni colore, per ogni occasione. Sono in pelle artigianali di rara bellezza e perfezione, creazioni uniche, che caratterizzano la femminilità, ognuna può scegliere il modello che più la rispecchia … e non sentitevi in colpa quando vi trovate ad avere acquistato l’ennesima borsa: dopotutto avete comprato un accessorio di valenza storica…

 

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Alessandro Ticozzi, "L'inviato dalla rete" volume 1 e 2

30 Dicembre 2018 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #cinema, #musica

Alessandro Ticozzi, "L'inviato dalla rete" volume 1 e 2Alessandro Ticozzi, "L'inviato dalla rete" volume 1 e 2

 

 

Alessandro Ticozzi

L’inviato dalla rete volume 1 e 2

Sensoinverso (2013 – 2015)

 

Alessandro Ticozzi è un esperto di cinema, saggista sintetico e poliedrico ma anche abile intervistatore, che di tanto in tanto raccoglie il frutto del suo lavoro in agili compendi pubblicati da Sensoinverso Edizioni. L'inviato nella rete è il suo progetto più ambizioso, per adesso pensato in due volumi, ma siamo convinti che presto ne arriverà un terzo. Nel primo tomo (2013) l'attenzione è dedicata soprattutto ai protagonisti del cinema, di tanto in tanto divagando in musica, con prefazione di Enrico Vaime e capitoletti riservati a Leonardo Celi, Andrea Pergolari, Mario Brenta, Jerry Calà - un pezzo straordinario che forse per la prima volta indaga sociologicamente il lavoro da regista -, Gian Piero Brunetta, Nino Manfredi, Donatella Baglivo, Mario Monicelli, Dino Risi, Mina e Battisti, Alberto Lattuada (regista che l'autore ha trattato in un'ottima e forse troppo rapida monografia), Enrico Maria Salerno (un lavoro specifico Ticozzi l'ha dedicato anche al grande attore - regista), Luigi Zampa, Giorgio Gaber, Vittorio Caprioli, Massimo Munaro (teatro), Gabriele Ferzetti, Tinto Brass (in questo caso sono io che ho dedicato un intero volume al più originale regista erotico italiano), Paolo Pietrangeli che ci parla del padre, Paolo Poli (forse una delle ultime interviste), Luigi Comencini, Adriana Asti, Arnoldo Foà, Carlo Lizzani (un grande del 900), Paola Gassman, Renato Pozzetto, Nani Loy, Rodolfo Sonego, Ugo Tognazzi, Luigi Magni, Ettore Scola, Enrico Vanzina, Mauro Bolognini, Pasquale Festa Campanile, Sergio Corbucci (raccontato dalla moglie Nori), Francesco Rosi, Vittorio De Sica (visto da Manul, il figlio musicista), Antonello Falqui (padre del varietà televisivo), Elio Petri, Roberto Rossellini (narrato da Renzo), Bud Spencer, Milo Manara (divagando sul fumetto che tanto ricorda il cinema), Folco Quilici, Fassbinder, Giuliano Montaldo, Massimo Bertarelli (e la critica), Ugo Gregoretti, Raf  Vallone (visto da Arabella).

Nel secondo volume (2015) troviamo un'altra messe di informazioni e di interviste che l'appassionato non può lasciarsi sfuggire. Molta musica questa volta, preponderante rispetto al cinema, al punto di realizzare – per interviste – una piccola storia della canzone d’autore italiana. Pino Strabioli introduce una raccolta di brevi saggi e colloqui che vedono protagonisti Raimondo Vianello, Corrado, Costanzo, Maselli, Zurlini (raccontato dal figlio), Damiano Damiani (ricordato dalla figlia), Germi, Emmer, Age & Scarpelli, Pontecorvo, De Santis, Monicelli, Vancini, Risi, Germi, Zurlini, Garinei, Maselli ... Un capitolo è riservato alla passione della mia vita, quel Roberto Vecchioni che attraversa con le sue liriche anche il mio ultimo romanzo (Sogni e altiforni). Un altro capitolo è per il grande Enzo Jannacci, cantautore originale e geniale che ha percorso la mia adolescenza illuminandola con i suoi sorrisi amari. E poi si prosegue in musica: Vanoni, Conte, Paoli, Lauzi, Tenco, Zucchero, Modugno, Battiato, Venditti (e la sua decadenza), Morandi, Dalla, De Andrè (visto da Dori Ghezzi), Branduardi, Daniele, Baglioni, De Gregori, Guccini, Nannini, Mogol, Martini, Ligabue, Fossati, Milva, Bennato, Celentano, Rossi e Consoli. Non poteva mancare un omaggio sentito a Sergio Leone, padre del western all’italiana, e un racconto appassionato sull’immenso Dario Fo, visto da Mario Pirovano, scritto per Le reti di Dedalus. In alcuni casi sono i protagonisti diretti a parlare, in altri sono figli, amici, critici, conoscenti stretti e collaboratori. L'autore non esprime giudizi, concede la parola e si lascia andare al gusto del reportage affabulatorio. Due lavori interessanti che contengono anni di lavoro svolto da Ticozzi per media telematici come Le Reti di Dedalus, News Candiani, Quarto Potere, Radiophonica e Spettacoli News. Consigliato per lettura e consultazione, utile in ogni biblioteca di cinema, musica e spettacolo.

 

Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

 

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Intervista a Mimmo Tuccillo

29 Dicembre 2018 , Scritto da Daniela Lombardi Con tag #daniela lombardi, #mimmo tuccillo, #moda, #intervista, #televisione

 

 

 

 

Lo stilista Mimmo Tuccillo non è certo nuovo a vestire personaggi del mondo dello spettacolo, l’incontro con Vladimir Luxuria è stato particolarmente felice. Si è svolto grazie a Carlo Cremona, che ha invitato lo stilista al  "Festival Internazionale del Cinema " Omovies... Gran Galà.

Per  l’occasione ha vestito Vladimir Luxuria, e la collaborazione fra i due continuerà anche in futuro.

Mimmo Tuccillo dichiara che: “Noi artisti diamo una mano ed una voce in più per chi non ha la forza, sostegno e appoggi familiari e sociali. Io sono sempre in prima linea per i più deboli. Sono contro ogni forma di violenza, contro l’omofobia. Bisognerebbe insegnare fin da piccoli i bambini al rispetto. Con Vladimir Luxuria ho avuto subito un ottimo approccio e la nostra collaborazione continuerà…  è speciale!”.

 

Come definirebbe Mimmo Tuccillo se stesso?

Un artigiano al servizio della moda e dell’arte.

 

Come si è avvicinato alla moda?

Sono sempre stato attratto dalla moda, infatti fin da bambino realizzavo abiti per le mie amiche con cose riciclate, insomma giocavo a fare lo stilista.

 

Che tipo di abiti realizza?

Io vivo al sud e per fortuna ci sono ancora molte ragazze che sognano l’abito da sposa ed io li realizzo materializzando i loro sogni, ma anche abiti per grandi occasioni.

A cosa si ispira?

Il mondo stesso è fonte di ispirazione: dalla realtà urbana, dalla natura. Il processo creativo è frutto di continua ricerca, come gli abiti ispirati a correnti pittoriche e architettoniche.

Veste molti personaggi del mondo dello spettacolo, ci può fare qualche nome?

Ultimamente vesto Antonella Clerici per “Standing Ovation”, Tina Cipollari nei vari programmi Mediaset, Ivana Spagna, Silvia Mezzanotte, Francesca Rettondini, Cecilia Gasdia, Gabriela Barros, Monica Rogledi, Justin Mattera, Veronica Maya, Carmen Di Pietro, Barbara Chiappini e molte altre, e tra i politici Pina Castiello e Paola Concia.

 

Che cosa è la vera eleganza?

Eleganza è sinonimo di buon gusto, è innata, ed è equilibrio ed armonia.                                                                                                                              

Come sono stati i suoi inizi?

Normale iter scolastico, specializzazioni in ricami a mano, cucito e dieci anni di gavetta in importanti atelier.

 

Il made in Italy che importanza ha?

L’Italia è al primo posto da sempre la capitale

 

Quali sono state le tappe più importanti della tua carriera?    

Oscar della moda dal teatro greco di Taormina diretta Rai uno, Le note degli angeli diretta Rai Uno, La voce di padre Pio diretta Rai  Uno, Al posto tuo Alda D’Eusanio Rai Due, Stelle emergenti Rai Due, Gran galà di capodanno diretta Rai Uno, Festival di Sanremo Ivana Spagna,  Cinema Reality Matteo Garrone, “Passione” John Turturro.

 

 

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Concorso "Fai viaggiare la tua storia"

28 Dicembre 2018 , Scritto da Riccardo Barbagallo Con tag #concorsi

 

 

 

 

Dopo il successo delle prime due edizioni, torna il Premio promosso da Autogrill e Libromania dedicato al talento e alla passione per la scrittura: Fai viaggiare la tua storia

Autogrill, società leader nella ristorazione per chi viaggia, e Libromania, società nata dalla partnership tra DeA Planeta Libri e Newton Compton Editori attiva nell’editoria digitale e nella promozione editoriale, proseguono la loro collaborazione nel mercato librario e con Fai viaggiare la tua storia confermano il loro impegno nella ricerca della qualità e del talento. Il Premio ha l’obiettivo di ricercare storie che siano in grado di emozionare, di raccontare la realtà e di soddisfare la curiosità e gli interessi dei lettori. 

Fai viaggiare la tua storia si rivolge ai tanti aspiranti autori di narrativa, che hanno un romanzo inedito nel cassetto e sono alla ricerca di una vera opportunità per farsi notare da un editore e arrivare a un vasto pubblico di lettori. 

Per partecipare all’iniziativa occorre registrarsi su http://autogrill.libromania.net e candidare la propria opera tra il 7 dicembre 2018 e il 31 marzo 2019. Il manoscritto dovrà avere un numero di caratteri compresi tra 240.000 e i 600.000. La selezione sarà curata da Libromania insieme a una giuria di esperti, composta da scrittori, editor e editori delle case editrici (tra cui Raffaello Avanzini – Newton Compton Editori – e Daniel Cladera – DeA Planeta Libri), che selezioneranno le opere finaliste, decideranno quale premiare con la pubblicazione in edizione cartacea e individueranno i dieci titoli da pubblicare in digitale. Quest’anno faranno parte della giuria anche Gabriele Colleoni (Vicedirettore del Giornale di Brescia) e i vincitori della prima e della seconda edizione del Premio, Irma Cantoni e Alessandro Marchi. 

I finalisti e il vincitore di Fai viaggiare la tua storia saranno comunicati a maggio 2019 in un evento dedicato. L’opera vincitrice sarà pubblicata entro luglio 2019 e sarà disponibile in anteprima nei punti vendita Autogrill e poi nelle librerie. Tutte le opere finaliste saranno pubblicate in eBook entro l’estate 2019. 

Tu non ci credere mai di Alessandro Marchi è stato il romanzo vincitore della seconda edizione del Premio, un intenso romanzo in cui le memorie familiari si intrecciano con la Storia. Oltre a Tu non ci credere mai, edito anche in una seconda edizione in abbinamento al Giornale di Brescia, le 10 opere finaliste sono state pubblicate in eBook. La prima edizione era stata vinta da Il bosco di Mila di Irma Cantoni, un thriller originale e sorprendente ambientato nella provincia di Brescia. 

L’iniziativa, con le sue prime due edizioni, ha coinvolto circa 1.600 aspiranti autori e ha visto la pubblicazione di un totale di 28 libri in digitale, tutti con servizio di print on demand

«È motivo di orgoglio per Libromania proseguire questa collaborazione con un partner prestigioso come Autogrill. Anche attraverso questa sinergia, come dimostrato dalle scorse edizioni e dai risultati raggiunti, possiamo continuare a impegnarci nello scouting letterario e raggiungere così un bacino di autori esordienti e potenziali lettori sempre più ampio. Auspichiamo che il numero dei partecipanti continui ad aumentare e sempre più potenziali autori possano credere in questa iniziativa per realizzare il loro sogno e farsi conoscere al grande pubblico, come accaduto negli ultimi due anni a Irma Cantoni e Alessandro Marchi» dice Stefano Bordigoni, Amministrato Delegato Libromania. 
  
Il regolamento completo è disponibile sul sito http://autogrill.libromania.net
Per informazioni sul concorso, scrivere a libromania@libromania.net 



 

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Radio Blog: Cristiano Pedrini

27 Dicembre 2018 , Scritto da Chiara Pugliese Con tag #chiara pugliese, #radioblog, #cristiano pedrini

 

 

 
Salutiamo e accogliamo nel nostro salotto virtuale Cristiano Pedrini Autore che questo pomeriggio si presenterà a Radio Blog e ci parlerà del suo nuovo libro Il piano inferiore.
"Può un pesciolino domare uno squalo?", ascoltate questo audio e lo saprete!
E se dopo avrete la curiosità di leggere questa storia, cliccate qui : https://amzn.to/2EL6fo7
 
Buon ascolto
 
A cura di Chiara Pugliese
Musica: Incompetch
Per contattarci: radioblog2017@gmail.com
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Accessori in esclusiva per un brand

27 Dicembre 2018 , Scritto da Daniela Lombardi Con tag #daniela lombardi, #cinzia diddi, #moda

 

 

 

 

 

L'arte di disegnare e creare abiti, che per la designer Cinzia Diddi è diventata passione, lavoro e divertimento, si completa con quella di Emiliana e le sue creazioni .

I Bijoux di Emiliana e Enrico Morgante sono veri e propri gioielli, studiati in esclusiva per la nostra casa di moda e in tiratura limitata. By.Me è il marchio della sua linea di "Preziosi".

Bijoux di Design, gioielli e accessori davvero unici, frutto di una costante ricerca e di un approccio giovane e mai scontato: materiali insoliti, componenti ecologiche ed ecosostenibili, bijoux creativi e ricercati, nati dall'assunto per cui creatività, progettazione e fantasia hanno un ruolo sempre più importante rispetto al valore economico dei materiali utilizzati.

 Un po' quello che serve oggi, un modo per far sentire la donna preziosa senza necessariamente dover spendere cifre folli. (Cinzia Diddi)                                                                                                                                                                                                                            

 

Come nasce il brand By.Me?

 

Il brand nasce come una fusione perfetta tra genio e manualità, l'estro e le capacita realizzative di due cugini che hanno fatto del motto 'l'unione fa la forza' il loro punto di saldo...

 

A chi vi ispirate?

 

Le nostre idee vengono dalla città, da un'idea improvvisa fissata subito su carta con appunti, schizzi, idee di materiali... appunti e disegni che vengono poi elaborati e destinati a un oggetto adatto a una donna ricercata, non banale, originale ma sempre di tendenza.

 

Come create i vostri bijoux?

 

Come dicevamo prima, la creazione viene dopo una fase di studio, di scelta del materiale, di 'trovate' tecniche originali... poi la fase manuale forse è la più divertente, anche perché ci permette di passare tempo insieme dove spesso nascono nuove idee...

 

Il mondo della moda e dello spettacolo ha apprezzato le vostre creazioni?

 

Abbiamo iniziato questa avventura con qualche nome noto dello spettacolo... è stata un sfida... noi siamo un piccolo brand e farsi strada nella concorrenza è impresa ardua... per fortuna apprezzano il nostro lavoro, ci definiscono originali e ci piace pensare che un accessorio By.Me venga indossato in TV

 

Come è nato l’incontro con la griffe Tentazioni by Cinzia Diddi?

 

Galeotta fu un'estate in Sardegna potremmo dire, e anche questa è stata una bella sfida... troviamo che la fusione tra menti creative sia davvero una bella cosa, moda e accessori vanno di pari passo e noi ci siamo incontrati, dando il via ad una collaborazione davvero stimolante...

 

 

Cosa significa creare bijoux in esclusiva per una casa di moda?

 

È un impegno maggiore rispetto a quello che siamo abituati  a fare noi solitamente... significa studiare dei materiali migliori rispetto a quelli  solitamente usati... una ricerca maggiore di dettagli che, anche se con semplicità, renderanno il bijoux pensato per loro ancora più affascinante... vuol dire cercare di essere riconoscibili come marchio By.Me su un outfit di un altro brand in questo caso "Tentazioni by Cinzia Diddi"

 

 

Oltre ai bijoux nelle vostre creazioni è prevista qualche new entry?

 

Stiamo approcciando il discorso accessorio borsa, pochette, elementi che non possono mancare nel guardaroba della donna By.Me... è decisamente impegnativo ma se l'unione fa la forza siamo sicuri di poter tirare fuori delle belle creazioni anche in questo ambito.

 

                                                                                                                                                                                                                              

 

 

 

 

 

 

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Coniunctio Oppositorum nel concerto per pianoforte e orchestra “L’imperatore”

26 Dicembre 2018 , Scritto da Guido Mina Di Sospiro Con tag #guido mina di sospiro, #saggi, #musica

 

 

 

Di Guido Mina Di Sospiro, originalmente pubblicato su New English Review sotto il titolo di Coniunctio Oppositorum in Beethoven's Emperor Concerto; tradotto da Patrizia Poli.

 

[Dal 1833 al 1838 il compositore francese Hector Berlioz scrisse un insieme di saggi che complessivamente venne conosciuto come Étude critique des symphonies de Beethoven, diventando così il più grande sostenitore di Beethoven in Francia. Mentre le intuizioni musicologiche sono degne di nota, lo stile è così carico e appassionato che, per la nostra sensibilità contemporanea, appare eccessivo. Essendo io ugualmente entusiasta del concerto l’Imperatore di Beethoven, ho pensato di scrivere un pezzo nello stile di Berlioz. Sebbene un approccio del genere possa puzzare di postmodernismo, la mia passione è sincera. Preparatevi pertanto a leggere qualcosa che scaturisce direttamente dall’epoca romantica.]

 

I musicologi sostengono che, nella storia della musica classica, la sinfonia e la sonata sono le più ambiziose forme di composizione. In effetti, il concerto per uno o più strumenti e orchestra è inevitabilmente più teatrale, promuovendo spesso, piuttosto che la musica in sé, un vacuo virtuosismo. Ma il concerto l’Imperatore di Beethoven per piano e orchestra eleva la generalmente ovvia contrapposizione tra solista e orchestra a una compiuta integrazione di animus e anima, sole e luna, i due elementi opposti dell’universo, in un trionfalmente riuscito esempio di coniunctio oppositorum (da non confondersi con il non-dualismo di filosofi pedanti).

Quanto segue dovrebbe incoraggiare i lettori a tornare alla fonte, cioè, al concerto stesso, che sia la prima volta che lo ascoltano o l’ennesima.

Il Concerto per pianoforte n° 5 in mi bemolle maggiore opera 73 l’Imperatore è il prototipo della perfezione concertistica. L’orchestra è la donna; il piano, l’uomo; la loro musica insieme, fare l’amore.

D’altra parte, che cosa significa “concerto”? Dal fiorentino antico, accordo, armonia, probabilmente dal tardo Latino concertus, participio passato di con-cernere, mescolarsi. I successivi tentativi di compositori meno dotati non reggono il confronto; alcuni sono di fatto risibili, specialmente il primo di Tchaikovsky, avventuroso ma istrionico e vuoto. Lo strumento solista che lotta contro l’orchestra; l’orchestra che cerca di sommergere il solista in caotici fortissimi. Maschio e femmina, in lite l’un con l’altro, che si azzuffano in pubblico!

Per ritornare all’Imperatore:

 

I. Allegro

Il primo movimento è ciò che gli smidollati uomini a venire – modernisti, esistenzialisti – non avrebbero mai potuto concepire, men che meno comporre. L’orchestra introduce il pianoforte improvvisamente: un sonoro, fortissimo tutti, solo pochi secondi e poi – à toi, mon amour, lei, l’orchestra, sembra sottointendere. E il piano la compiace con fantastici arpeggi e scale, riversandosi scintillante in un abbagliante, cadenzato, sfoggio di virtuosismo, ma non fine a se stesso. Lui, il piano, sta facendo tutto ciò per la sua amata, l’orchestra. Nella speranza di fare una buona impressione, non c’è niente di meglio che l’esuberanza. I fortissimi accentuanti dell’orchestra sembrano confermare che tale esuberanza è gradita. Poi, finiscono i fuochi d’artificio e i due si mettono all’opera.

Innegabilmente colpita dal suo corteggiamento, e dal grado di preparazione che ha evidentemente  comportato, lei accetta le sue ouvertures. Il tema è introdotto. E poi, che cos’è? È amore allo stato puro.

L’orchestra stessa gli mostra che non intende ricevere passivamente le sue attenzioni. La sua ispirazione e la sua abilità sono pari alle sue. Ed è ugualmente agile, cosa straordinaria, visto che conta cinquanta o più strumenti. Così è lei che prende il comando, e il piano si zittisce, rispettoso e ammirato mentre, senza che nessuno l’ascolti, piange sommessamente.

È tempo di essere di nuovo uniti. Lui ascende alle altezze di lei con una scala vertiginosa, che si livella con un trillo prolungato. Il piano vorrebbe poter sostenere le note come un organo, ma appena una nota è formata, comincia a svanire. Il trillo è il suo espediente per sostenere le note indefinitamente. D’altronde nessuno meglio di lui sa come cesellare simmetricamente melodie celestiali dagli accordi trancianti dei suoi martelletti. Percussivo o meno, tutto ciò che sa fare è cantare.   

Poi il tema è suonato di nuovo, questa volta più gentilmente. Ma presto la passione monta ancora e riconquista i due. È un altro fortissimo, poi un piano, mentre il tempo continua a mutare – niente sembra in grado di fermare le loro emozioni e i loro virtuosismi. Suonano con abbandono, e tuttavia si trattengono, attenti a non oltrepassare i rispettivi confini, fin troppo consapevoli che, se ciò accadesse, ne risulterebbero rumore e tormento invece che musica e amore.

È una sfida, ma entrambi gli sfidanti rispettano le regole autoimposte. E le ampie modulazioni enarmoniche; lo schema tonale così rispettosamente rivoluzionario (tenendo il genio dentro la bottiglia, piegando ed estendendo le regole, ma in ultimo rispettandole, Beethoven risulta più potente che il suo contemporaneo Schubert, il quale, invece, avendo lasciato uscire il genio dalla bottiglia, modulava liberamente verso tonalità distanti); gli accordi martellati dagli strati più profondi della psiche del piano, pronti a balzare avanti, sconfinando in vero e proprio romanticismo. 

Ma qui il piano inverte la marcia impetuosa, e regredisce, sorprendentemente, al contrappunto. Non è ancora tempo di balzare avanti. L’orchestra ritorna perentoriamente o alla dominante o alla tonica, nel tentativo di non superare il limite, in modo che non si verifichi una rottura, ma un’estasi. Il piano entra ed esce di scena con scale cromatiche, mentre l’orchestra approva e continua a suonare. Persino la cadenza diventa ridondante - l’intero movimento è intriso di  virtuosismo, è virtuosismo. Per il bene dell’amore, questo e altro!

L’Allegro termina all’unisono, forte, fortissimo e poi piano, oscillando ampiamente in dinamica ed emozioni. “Ti ho mostrato tutti i miei fuochi d’artificio,” annuncia il piano, “non potremmo adesso fare l’amore carezzevolmente?”

L’orchestra dà il suo consenso con tre accordi conclusivi.

È tempo di riposare.

 

II. Adagio un poco mosso

 

Le parole più forti di un amante sono quelle sussurrate nell’orecchio dell’amata. È L’orchestra, i suoi archi – dovrei dire le sue mani? – che inizia a carezzare. Partecipano anche alcuni strumenti a fiato. Una breve sospensione... e il piano deve intervenire.

Dapprima esitantemente melodico, e tuttavia con la perfetta volizione di un dio, canta la sua melodia in modo celeste, che contrasto con il suo precedente esibizionismo! Non si tratta che di poche scale discendenti.

E noi,

       che pensiamo alla grazia come a qualcosa che

                                                                                       ascende

                                                                                                          rimaniamone, ora, sconcertati

                                                                                                                                                      sentendola

                                                                                                                                                                                     discendere

                             

Ma lui non può resistere alla tentazione di alcuni trilli.

“Molto bene, dunque,” dichiara l’orchestra, “ma non eccedere!”

Presto lui riprende la melodia, e lei lo accompagna con signorile delicatezza. Poi è lui ad accompagnare, e lei a cantare, il suo flauto sopra gli archi. Questi sono i modi degli amanti. Adagio, ma, un poco mosso…

Il piano annuncia un cambio di direzione, timidamente, due volte...

Poi,

 

III. Rondò: Allegro ma non troppo

 

È un’improvvisa esplosione!

I due intonano uno sfolgorantemente volteggiante rondò, che reitera le stesse emozioni ma in toni più vividi e in tempo più serrato. Uomo e donna pienamente inebriati dal loro valzer rapido e sincopato, sebbene mai fuori controllo, mai lasciandosi andare a un caos orgiastico. Al contrario, il loro abbandono è conscio e inconscio allo stesso tempo. Volteggiando, ruotando, piroettando, disegnando cerchi, orbitando – non è ciò che fanno i pianeti nella loro annuale ricerca di amore empireo?

Dalla velocità e dall’altezza inebriante dell’Allegro, il piano rallenta la sua corsa, e ingaggia un duo con, fra tutti gli strumenti, i timpani! È la naturale conclusione di così tanto dare e ricevere.

I due si baciano per l’ultima volta, nel modo in cui si baciano gli amanti dopo che la loro passione si è placata. È un momento di tale enormità sia musicale sia spirituale, Dio ne è partecipe. Se la storia dell’umanità terminasse su quelle note finali, non sarebbe del tutto inaccettabile.

Sfortunatamente, Beethoven concluse il concerto con un bang, una ricapitolazione finale. Uno stridente fortissimo sia di piano sia di orchestra segue quel momento di sublime divinità. Convenzioni del tempo. È quasi come se due amanti, dopo aver fatto l’amore, si chiedessero l’un l’altro: “Ti è piaciuto?” e urlassero le loro risposte ai quattro venti.

 
***
 
 
From 1833 to 1838 French composer Hector Berlioz wrote what cumulatively became known as A Critical Study of Beethoven's Nine Symphonies, thus becoming Beethoven's greatest champion in France. While the musicological insights are noteworthy, the style is so florid and passionate that, to our contemporary sensibilities, it comes off as over the top. As I am equally enthusiastic about Beethoven's Emperor concert, I thought I would write a piece about it in the style of Berlioz. Though such an approach may reek of post-modernism, my passion is sincere. Just prepare yourself to read something straight out of the Romantic Age.
 
Musicologists maintain that, in the history of classical music, the symphony and the sonata are the more ambitious form of composition. In effect, the concerto for one or more instruments and orchestra is inevitably more theatrical, often promoting, rather than music per se, vacuous virtuosity. But Beethoven’s “Emperor” concerto for piano and orchestra elevates the generally facile juxtaposition between soloist and orchestra to an accomplished integration of Animus and Anima, sun and moon, the two opposing elements of the universe in a triumphantly réussi instance of coniunctio oppositorum.
The following should encourage readers to go back to the source, i.e., the concerto itself, whether it be the first time they listen to it, or the umpteenth.
 
Beethoven’s Klavierkonzert No. 5 [Piano Concerto No. 5 in E flat major Op. 73 (“Emperor”)] is the prototype of concerting perfection. The orchestra being the woman; the piano, the man; their music together, lovemaking.
 
What does concert mean anyway? From Italian concerto, from Old Italian, agreement, harmony, possibly from Late Latin concertus, past participle of con-cernere, to mingle together. Later attempts of less gifted composers pale in comparison; some are actually laughable, especially Tchaikovsky’s first, swashbuckling but histrionic and hollow. The solo instrument struggling against the orchestra; the orchestra trying to drown the soloist in jumbled fortissimi.Male and female at odds with one another, brawling in public!
 
To return to the Emperor.
 
 
I. Allegro
 
The first movement is what enfeebled men to come—modernists, existentialists—could never have conceived of, let alone composed. The orchestra introduces the piano abruptly: a loud, fortissimo tutti, just a few seconds and then—à toi, mon amour, she, the orchestra, seems to imply. And the piano obliges her with fantastic arpeggi and scale-figures, cascading scintillatingly in a dazzling, cadenza-like display of virtuosity, but not end in itself. He, the piano, is doing this for his lover, the orchestra. Hoping to impress her, there is nothing like flamboyance to do so. Her punctuating fortissimi seem to confirm that he is pleasing her. Then, the fireworks are over and the two settle down to business.
 
Undeniably impressed by his courtship and by the degree of preparation that’s clearly gone into it, she accepts his overtures. The theme is introduced. And then, what is it? It is unadulterated love.
 
The orchestra herself shows him that she doesn’t intend to be a passive receiver of his attentions. Her inspiration and her prowess are equal to his. And even as nimble, which is amazing, for she numbers fifty instruments or more. So she takes the lead, and the piano keeps quiet, respectfully and admiringly while, unheard by anyone, he gently weeps.
 
It is time to be united again. He ascends to her heights by ways of a vertiginous scale, which levels off with a sustained trill. He wishes he could sustain notes like an organ, but as soon as a note is struck, it starts waning. A trill is his expedient to sustain his notes indefinitely. But then no one better than he knows how to chisel symmetrically heavenly melodies out of the chopping chords of his hammers. Percussive or not, all he can do is sing.
 
Then the theme is played again, more gently this time. But before long, passion builds up again, and re-conquers the two. It’s another fortissimo, then a piano, while the tempo keeps changing—nothing will stop their emotions and dexterity. They play with abandonment, and yet restraint, careful not to overstep their respective bounds, knowing only too well that if that should happen, noise and pain would result, rather than music and love.
 
It is a challenge, but both challengers respect the self-imposed rules. And the wide-ranging enharmonic modulations; the key-scheme so respectfully revolutionary (by keeping the genie inside the bottle, by bending and stretching the rules but ultimately respecting them, Beethoven was more powerful than his contemporary Schubert, who instead did let the genie out of the bottle, and would modulate freely to distant tonalities); the chords hammered out from the deepest layers of the piano’s psyche, ready to leap forward, into full-blown romanticism.
 
But here the piano reverts his impetuous march, and recedes, astonishingly, to counterpoint. It is not time to leap yet. The orchestra returns peremptorily to either the dominant or tonic, in a bid not take it all too far, lest breakage should ensue, not rapture. The piano enters and departs the scene with chromatic scales, while the orchestra approves and plays on. Even the cadenza becomes redundant—the whole movement is awash in virtuosity, it is virtuosity. For the sake of love, this and more!
 
The Allegro ends in unison, forte, fortissimo, and then piano, oscillating widely in dynamics and emotions. “I’ve shown you all my pyrotechnics,” the piano announces, “could we now make love caressingly?”
 
The orchestra gives consent with three conclusive chords.
 
It’s time to repose.
 
 
II. Adagio un poco mosso
 
A lover’s strongest words are the ones whispered in his lover’s ears. It is the orchestra, her strings—should I say her hands?—who begin the caressing. A few reeds participate too. A brief suspension . . . and the piano must intervene.
 
Hesitantly melodic at first, and yet with the perfect deliberation of a god, he sings his tune in a celeste-like manner, what a contrast with his former flamboyant self! It’s but a few descending scales.
 
And we, who think of grace as rising, let
 

us

            be

               disconcerted

              hearing it . . .

                       descend.

          

But he can’t resist the temptation of a few t(h)rills.

 
“Very well then,” declares the orchestra, “but do not exceed!”
 
Soon he resumes the melody, and she accompanies him with ladylike delicacy. Then it is he who accompanies, and she who sings, her flutes above her strings. Those are the ways of lovers. Adagio, but, un poco mosso . . .
 
The piano announces a change in direction, timidly, twice . . .
 
Then,
 
 
III. Rondò: Allegro ma non troppo
 
it’s a sudden explosion!
 
He and she intone an effulgently gyrating rondò, which reiterates the same emotion but in more vivid tones and faster tempo. Man and woman fully intoxicated by their syncopated, fast waltz, but never quite out of control, never trespassing into orgiastic chaos. On the contrary, their abandonment is conscious and unconscious at once. Gyrating, rotating, spinning, circling, orbiting—isn’t that what planets do in their annular pursuits of empyrean love?
 
From the dizzying speed and height of the Allegro, the piano slows down his race, and engages in a duo with the timpani, of all instruments! It’s the natural conclusion to so much giving and taking.
 
The two kiss for the last time, the way lovers kiss after their passion is placated. It is a moment of such musical as well as spiritual enormity, God partakes of it. If the history of mankind ended on those final notes, it wouldn’t be entirely unacceptable.
 
Lamentably, Beethoven finished the concerto with a bang, a final run-up. A clashing fortissimo of both piano and orchestra follows that moment of sublime divinity. Conventions of the time. It’s almost as if two lovers, after having made love, asked each other, “Did you like it?” and shouted their answer for the world to hear.

 

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Natale

25 Dicembre 2018 , Scritto da Lorenzo Barbieri Con tag #lorenzo barbieri, #racconto, #unasettimanamagica

                                                            

 

 

 

Alla fine è arrivato il giorno tanto atteso dal mondo intero. Il giorno dove lo spirito della festa prende corpo attraverso una esternazione ossessiva di luci, di odori di cucina, di dolci, di zenzero e cannella. La strade dovrebbero essere piene di neve per rendere suggestiva l’atmosfera, però difficilmente capita, almeno alle nostre latitudini. Non è certo il clima, però, quello che conta, quanto la festa. Nel profondo nord si dice abiti colui che è l’emblema unico, quello che oggi verrebbe chiamato il testimonial, visto che si vive solo di pubblicità. Lui si dedica ogni volta, ormai da troppi anni, alla gioia dei piccoli portando in giro per il globo la sua slitta magica che vola, trainata da renne ancora più magiche. È arrivato il giorno, dove tutti aspettano l’uomo in rosso e dalla barba bianca. I bambini preparano l’albero sotto il quale sperano di trovare realizzati i loro desideri, gli adulti cercano di adeguarsi allo spirito di festa che aleggia come una nebbia dolciastra per le strade e contamina l’animo degli uomini. Sono pochi quelli che cercano, con grandi sforzi, di tener duro per tutto il periodo, di resistere a questa smania di festa a ogni costo. Loro conoscono i sacrifici fatti per undici mesi l’anno e vederli sperperati in una settimana non rientra nei loro desideri. Altri, invece, si arrendono al fiume di euforia godereccia, di tradizioni che vengono rispolverate ogni anno,  in nome di antiche credenze che impongono riti e costumi sempre uguali.

La cerimonia della partenza dal sito lontano e innevato è pronta, l’uomo in rosso, rubicondo e ridanciano si appresta a partire:

"Andiamo amiche mie, è tempo di partire, la slitta è pronta ed è bella carica, quest’anno partiremo in anticipo per accontentare quanti più bambini possibile. Ne hanno un disperato bisogno, devono poter ancora credere in noi, prigionieri come sono di diavolerie moderne che fanno perdere di vista lo spirito del Natale che dovrebbe essere nei loro cuori. Li ho visti, durante  tutto l’anno, soli, immusoniti e, persi dietro un piccolo quadrante luminoso a bruciarsi gli occhi guardando delle cose insulse e diseducative. Non hanno fatto dei disegni, non hanno scritto le letterine, sapete, ne sono arrivate meno della metà di quante ne arrivavano fino a pochi anni fa. Se continua così, saremo destinati a scomparire nel nulla, senza quello spirito e  la convinzione della nostra esistenza nei loro cuori, noi non abbiamo ragione di esistere. Saremo solo un ricordo di quello che siamo stati e, forse, nessuno nel tempo si ricorderà più di come era il Natale e di cosa significava. Allora andiamo, forza ragazze mettiamoci in viaggio, diamoci da fare, potrebbe essere l’ultima volta  per noi."

Vola l’uomo in rosso senza età, vola sopra i tetti e i camini fumanti, lascia durante il cammino doni e scie luminose di bontà, d’amore e comprensione. Domani, purtroppo, sarà un giorno normale, uno dei tanti che si dovranno affrontare e la magia di questa notte sarà passata, come una nuvola rosa di un  tramonto, che svanisce nel buio

 

 

 

 

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