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Sergio Camellini, "Opera omnia"

26 Febbraio 2023 , Scritto da Raffaele Piazza Con tag #raffaele piazza, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

 

Sergio Camellini

 

OPERA OMNIA

II edizione

 

Recensione di Raffaele Piazza

 

        

 

Il volume che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una premessa a cura dell’Editore e una prefazione di Michele Miano centrata, esauriente, acuta e ricca di acribia.

Come scrive il prefatore non è facile affrontare il discorso poetico e umano di Sergio Camellini, autore prolifico che ha scoperto la vocazione letteraria in età matura. La sua ricerca poetica originale e personalissima si radica in un fondamento antico ma sempre nuovo: il rapporto profondo che lega il proprio io nella più intima coscienza percettiva e individuale alla coscienza di un universo tutto inteso come il topos assoluto e naturale della poesia.

Figura di poeta e operatore culturale attivissima sullo scenario italiano attuale Sergio Camellini ha sostanzialmente un approccio gioioso alla vita ed esprime in gran parte della sua produzione un discorso che si rifà ad una sicura espressione forma di pedagogia della gioia.

La raccolta composita e articolata architettonicamente è scandita nelle seguenti sezioni: Lasciami di te un’emozione, I colori della fantasia, Ascolto i silenzi, Viandante dei sogni, S’accende una luce, Il canto delle Muse, Madre natura è vita, Tra le righe del pensiero, Ponte dei sogni, So di essere, Un sogno con le ali, Bagliori, Il pianeta delle nuvole rosa, Nel corpo un soffio dell’anima.

Una vena riflessiva e vagamente intellettualistica sottende le poesie di Camellini che non possono considerarsi neo liriche tout court anche se non mancano spesso accensioni liriche alle quali seguono subitanei spegnimenti nel percorrere i salvifici sentieri della linearità dell’incanto.

Il poeta con intelligenza punta la sua cinepresa interiore sulla realtà che lo circonda, che può essere anche una natura idilliaca da lui tanto amata.

La materia amorosa ed erotica è spesso espressione del poeta e c’è un tu femminile al quale egli si rivolge del quale ogni riferimento resta taciuto e l’amore detto con urgenza può essere anche quello per la poesia stessa, amore ricambiato che diviene il punto di partenza per giungere alla gioia e, visto il carattere allegro del poeta, quella da lui detta può essere una dimensione amorosa che, nell’aprirsi la coppia alla socialità, riesce a superare il limite della solitudine a due.

La vena intellettualistica riflessiva si realizza per esempio nella considerazione che l’autostima genera serenità.

Anche il sogno, che può essere rêverie, anima qualche composizione della raccolta come Vorrei scrivere un sogno: «Vorrei scrivere un sogno / con penna d’amore / che ci portasse là, / perché v’è libertà / anche s’adombra il vero; / è la fantastica / spontaneità / dello spirito onirico…».

Una caratteristica di questi versi è la forte chiarezza nei dettati sempre nitidi e luminosi leggeri e icastici che permette al poeta di raggiungere esiti alti con componimenti che decollano sulla pagina per poi planare dolcemente nelle chiuse.

A conferma di quanto suddetto in Versi calorosi leggiamo: «Con la penna / imbibita d’amore / tra le righe / dei pensieri / dov’eri? / Ogni parola / scritta / qualora resti sola / indispettita / scappa via, / se non trovi / allo schioccar / del fuoco / i versi calorosi / d’una poesia».

Forma e stile sono eleganti nella loro raffinatezza, nella realizzazione di un senso ottimistico della vita che giunge alla conclusione che la felicità è possibile.

Raffaele Piazza    

           

 

Sergio Camellini, Opera Omnia, II edizione, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 188, isbn 978-88-31497-97-8, mianoposta@gmail.com.

 

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Floriano Romboli, " Il fascino e la forza della letteratura" vol 2.

19 Febbraio 2023 , Scritto da Raffaele Piazza Con tag #raffaele piazza, #floriano romboli, #recensioni, #saggi

 

 

 

 

Floriano Romboli

 

IL FASCINO E LA FORZA DELLA LETTERATURA

VOL.2

Saggi su Fogazzaro - Dante – De Sanctis - Malaparte

D’Annunzio - De Roberto - Sanminiatelli

 

 

Dal titolo del saggio che prendiamo in considerazione in questa sede emerge la forte convinzione dell’autore che la letteratura è un mezzo potente per elevare la mente umana e che la lettura di romanzi, poesie e saggi è un’arma formidabile per l’anima e la psiche del lettore come espressione del pensiero divergente ,che diviene esercizio di conoscenza prezioso e necessario producendo una preziosa sintesi di conscio e inconscio e anche di corpo e mente.

Non c’è bisogno di essere psicologi, psicoanalisti o psichiatri per rendersi conto che immergersi in ottimi libri riequilibri il mondo interiore dell’essere umano che da caos diviene cosmo, come l’entrare in un’oasi nel deserto soprattutto nel tempo della pandemia e della guerra, e che la letteratura e l’arte in generale siano un valore fondante nel mare magnum di una società superficiale dove prevalgono i valori dell’avere su quelli dell’essere che portano ad una dimensione alienata e liquida dell’esistenza.

Ed era politically correct uno slogan televisivo di qualche anno fa che mostrava la vignetta che raffigurava un uomo che leggendo un libro diviene più alto fisicamente ma soprattutto interiormente, e il discorso complessivo si sintetizza con quello di una pedagogia della gioia e di un elogio dell’immaturità nel ritornare virtualmente il lettore stesso adulto bambino o adolescente.

Quanto suddetto si collega alle considerazioni sul libro classico, quello cartaceo, che è sopravvissuto ai fenomeni computer e internet, fenomeni che d’altro canto hanno fatto aumentare il potenziale della letteratura stessa nell’avvicinare alla tradizione nuove modalità di fruizione del piacere dei testi con il sorgere di siti e blog letterari e con il proliferare dei PDF e degli e-book, e quindi la letteratura stessa è diventata ancora più presente nella nostra complessa e contraddittoria ma anche affascinante contemporaneità.

Originale e intrigante la scelta degli autori da analizzare con accostamenti inediti e originali e certamente non casuale per la stessa coscienza letteraria di Romboli, acuta e profonda per il fatto di spaziare dalla cattedrale Dante Alighieri poeta medievale fino a Sanminiatelli poeta e critico dei nostri giorni.

Questo procedimento fornisce al volume in toto un carattere seducente e movimentato e per un’analisi metodica dell’opera servirebbe non una recensione ma uno scritto delle dimensioni di un saggio vista la complessità e la profondità del discorso esauriente e ricchissimo di acribia portato avanti da Floriano.

E c’è da mettere in rilievo come affermava Focault che la letteratura stessa è figlia del tempo in cui viene prodotta, della società nella quale si trova ad essere contestualizzata e quindi lo stesso Dante è figlio del Medio Evo come Sanminiatelli è figlio del postmoderno occidentale e come, per esempio, D’Annunzio è espressione della mentalità del Novecento.     

Come scrive Enzo Concardi nella premessa non c’è tema, argomento, problema, dimensione, aspetto dell’umano vivere che la letteratura non abbia trattato in ogni epoca, cultura, civiltà, territorio del nostro pianeta, ovviamente dopo l’avvento della scrittura, che ha gradualmente sostituito la trasmissione orale del sapere, delle conoscenze, delle creazioni spirituali dell’uomo. 

Scrive Romboli in L’opera di Dante nelle riflessioni storico culturali ed etico-religiose di alcuni Papi contemporanei che Benedetto Croce, alla fine de La poesia di Dante, la giustamente celebre monografia del 1921, dopo aver a lungo discorso del rapporto fra tradizione filosofico-culturale, problematiche teologiche e dottrinali, e valori artistico-letterari nella Commedia, concludeva sottolineando il significato universale del poema dantesco poiché in esso prontamente si riconosce «quella voce che ha il medesimo timbro fondamentale in tutti i grandi poeti ed artisti, sempre nuova, sempre antica, accolta da noi con sempre rinnovata trepidazione e gioia: la Poesia senza aggettivo. A coloro che parlano con quel divino o piuttosto umano accento si dava un tempo il nome di Genî; e Dante fu un Genio».

Un saggio da divorare utile sia per il lettore comune che per i critici letterari.

          Raffaele Piazza

 

Floriano Romboli, Il fascino e la forza della letteratura, vol.2, pref. di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 148, isbn 978-88-31497-93-0, mianoposta@gmail.com.

 

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Enza Sanna, "Nei giorni"

17 Febbraio 2023 , Scritto da Fabio Dainotti Con tag #fabio dainotti, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Si può affermare senza tema di smentite che la poesia di Enza Sanna si inscrive nel novero di quei poeti di pensiero che hanno abitato da sempre la repubblica delle lettere. Anche per questo l’autrice appare dedita a una incessante ricerca di senso. Il suo libro Nei giorni (pref. di Maria Rizzi, G. Miano editore, Milano, 2022), è infatti una vera e propria miniera di osservazioni e considerazioni; sull’accelerazione tecnologica (Quando la sera), su “un mondo passato troppo in fretta / dalla campagna all’industrializzazione”; sull’impoverimento dei “rapporti umani”;  sulla differenza che passa tra la musica, che è alleanza con le parole, e la poesia, che “vive nella propria autonomia”; sull’alterità e il totalmente altro; sul consumismo e la sottocultura (Adolescenza dell’anima); sulla caducità e il concetto sotteso dell' uomo come ‘essere-per-la-morte’; sul tramonto della civiltà contadina e le illusioni sul progresso. Ci si sofferma altresì sulla differenza tra mito e storia (Un arcobaleno con i piedi nel mare). Insomma, una poesia pensante.

Il pensiero di Sanna, che è stata docente di Lettere, è peraltro nutrito di ampie e meditate letture, che si innestano su una cultura solida. Si fa riferimento a un “innamoramento verghiano”, a un libro di viaggi di Carlo Levi, alle “tragedie greche”, a Pavese, a Moravia, solo per fare qualche nome.

La sua poiesi è quindi intessuta di citazioni: possiamo parlare di gusto citazionale; tutto il canone della letteratura occidentale viene convocato dalla scrivente. Tessere linguistiche e citazioni o allusioni rimandano a Dante, Ariosto, Leopardi, Carducci, Montale, D’Annunzio, Cardarelli, Baudelaire, Conrad e altri.

Scrive giustamente nella prefazione Maria Rizzi: «Vola sul piano metafisico… dietro l’apparente nichilismo».  Numerose sono infatti le metafore di sapore biblico o liturgico, sin dalla prima composizione. L’ultima parola che chiude la silloge, tra l’altro, è significativamente “Eterno”. La prefatrice sottolinea anche l’importanza dell’amore e la presenza del mare, percepito come una sorta di assoluto, di “metafora potente”.  I paesaggi marini della nativa Liguria e in genere di una natura mediterranea, di cui si avverte il fondo sensuale, vengono presentati a volte con una precisa referenzialità descrittiva, a volte trasfigurati; sono paesaggi inondati di luce; “luce” è un mot/clé, date le numerose occorrenze del termine e dei termini rientranti nel medesimo campo semantico.

L’io allinea inoltre riflessioni, sulla scorta delle vertiginose meditazioni di Sant’Agostino, sullo spazio tempo (Sentimento del tempo). Col tempo scompaiono le persone care, ma l’assenza può essere, come canta un grande maestro del 900, una “più acuta presenza” (La perdita e l’assenza). “Ha ali il tempo, volano gli anni”, si duole Enza, ripetendo il “ruit hora” di sempre. Inevitabile quindi il corredo di nostalgie per i luoghi (L’uomo del faro); per le persone care, che dimorano ormai “oltre la soglia” (si veda Natale in famiglia, dove si ricrea la magia di un caldo cerchio di affetti familiari); né va sottaciuto il rimpianto per l’infanzia fiabesca.

La poetessa non disdegna di affondare i suoi gangli conoscitivi negli “stati dell’inconscio”. Incontriamo da subito un titolo esemplificativo di tale tendenza: Necessaria regressione.

Una caratteristica fondamentale è senza meno l’attenzione ai problemi di tipo glottologico- linguistico. Si parla di “illocuzione”, in un testo che si sofferma sulla “parola”.  Si lamenta “l’impoverimento” del linguaggio in una società “omologata” (Le nuove solitudini).

In questo ambito si inseriscono le notazioni di poetica, consegnate eminentemente alle liriche Dello scrivere: “la letteratura è una menzogna… che dice il vero”, e Della poesia (“il come”, l’importanza dell’immaginazione).  Ma ci sono poi osservazioni sparse di poetica che attraversano il macrotesto. Allora leggiamo che la parola come sostituto dell’oggetto è inadeguata, ma sa “trasformare in fiaba il reale”, quindi ha un potere trasfigurante (si veda il prisma colorato attraverso cui passa la descrizione iniziale in Equinozio d’autunno). La poesia, la cui inutilità è “sublime” (Non ancora, forse), per Enza Sanna è verticale e attiene alla sfera del sacro; diventa patrimonio di tutti e non più del poeta; è considerata come una terapia; è frutto di ispirazione; predilige un linguaggio “allusivo” e gli intarsi versali; utilizza gli spazi bianchi; è pericolosa, a causa della sua “fascinazione”.

Non mancano i riferimenti agli eventi della cronaca. (Quando un ponte divide), con cenni alle problematiche legate a una stringente attualità, eventi passati in rassegna anche nell’ultimo, quindi importante, componimento, della raccolta.

Il lessico è ricercato e prezioso, anche in forza della presenza di termini appartenenti alla tradizione alta, di termini colti, aulici; di arcaismi, forestierismi, grecismi e latinismi e addirittura di nuovi coni o comunque di parole desuete.

Fabio Dainotti

 

 

Enza Sanna, Nei giorni, pref. di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 100, isbn 978-88-31497-89-3, mianoposta@gmail.com.

 

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Marisa Cossu, "Sintomi poetici"

16 Febbraio 2023 , Scritto da Maria Elena Mignosi Picone Con tag #maria elena mignosi picone, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

 

Marisa Cossu

SINTOMI POETICI

 

Il poeta vede il bello dove altri vedono il banale, scorge vita dove altri morte. Così la poetessa Marisa Cossu, già sin dalle pagine iniziali di questa silloge dal titolo Sintomi poetici (Guido Miano Editore, 2022), cioè nella prima parte Sentire il tempo, osservando e riflettendo su quel che le si offre davanti agli occhi, come le Trasparenti pareti delle case della sua strada, le sente palpitanti di vita («irradiano la vita»), laddove altri vedrebbero solo insignificanti pietre, mentre invece la intristisce la pietra che è il cuore indurito dell’uomo. Così come vede nel nido scavato nella battigia in riva al mare, non chiusura o isolamento, ma punto di partenza per spiccare il volo verso la libertà: «…Eppur l’abisso non ha in sé la morte /…/ Il nero alcione nella riva nato, / la libertà richiama nel cammino / dell’azzardo del vivere….» (Il nido).

Marisa Cossu riflette sul significato del tempo («il tempo non esiste», Senza tempo) che viene superato dall’eternità «dove sia sempre giorno» (Alice) come se noi, già qui in terra, fossimo inseriti in un tempo senza limite, nella infinità. In effetti qui, nella esistenza terrena, assaporiamo l’eternità, sentiamo l’infinito quando ci eleviamo nello spirito. «Io, piccola particola d’eterno» (“E quando miro in ciel arder le stelle”); «Io, minima particola d’eterno» (Ecco il mio cielo); «Ecco il mio cielo pieno di mistero: / mi incanto se rimiro ad occhi chiusi/ quell’infinito che si muove intero» (ivi).

Ma nelle sue riflessioni serpeggia l’idea che l’essere umano passa nella sua esistenza attraverso due fasi: prima si sente come incatenato, si sente in prigione, poi avviene un risveglio, l’irruzione della libertà che lo conduce verso alte mete. Simbolo di ciò è l’acqua sorgiva: «Quel getto che zampilla dalla roccia / l’acqua sorgiva … / rassomiglia alla stanza della vita: / sotto la terra dura perde il sole, // ma continua la corsa dove vuole…» (Acqua).

Forse sono questi i sintomi poetici: l’anelito allo svelamento, da quanto è sotterraneo alla pienezza della libertà che fa realizzare la propria essenza.

Non per nulla, nella copertina del libro vediamo una fanciulla sugli scogli in riva al mare, in atto di contemplazione, e il mare è segno di infinito, di libertà, di grandezza.

 

***

 

Nella seconda parte del libro, intitolata Stanze segrete, ritorna il tema del risveglio, e questa volta è il cigno che si eleva dal fango e spicca il volo. Nel cigno si cela l’autrice stessa che in questo librarsi in alto percepisce «Bellezza», che è l’espiazione, da lei voluta, e perciò volontaria e consapevole, di un destino avverso, in cerca di luce. E la luce arrivò. E fu amore. Da Le ceneri dell’io affiora allora l’identità. È lo svelamento della propria essenza. «…non saprò cosa gemmi dal torpore / di un oscuro destino / parte migliore, forse, di me stessa; / lo accettai per soffrire, / espiando la vita a me concessa / in cerca di una luce…» (Attesa).

Questa seconda parte, rispetto alla prima, scava maggiormente nella interiorità. Temi frequenti sono il fine dell’uomo, il suo destino, poi l’ignoto, il mistero, l’oltre, e in tutto questo c’è l’uomo che oscilla sempre tra il fango e il sublime. Ancora il richiamo della Bellezza con la Poesia, l’Arte. E tutti questi temi si intrecciano e sfociano dalla impetuosa ansia di conoscenza della poetessa. Ella riconosce l’Arte come dono: «L’Arte… / permeò di pura meraviglia / il mondo dell’umana conoscenza / svelando all’intelletto la bellezza. /… / Ma l’Arte venne e illuminò la scienza. / Si strinse dentro fossile conchiglia / che d’infinito a volte soffia il suono». È l’Arte infatti che ci introduce nel mondo dell’infinito.

 

***

 Ma cos’è la Bellezza se non lo splendore dell’Amore? Eccoci allora giunti alla terza parte che ha un titolo delizioso e molto significativo, Amo divinamente. Eh già. Si può parlare veramente di amore quando esso ricalca le orme dell’amore divino.

E quale amore è più simile a quello divino se non l’amore materno? Ecco allora, in questa terza parte, più di una poesia dedicata alla madre. «Mi passa accanto il tuo profumo, madre, /… lo sguardo tuo / che più lontano mira…» (A mia madre). Anche l’amore paterno, e, ricordando il genitore: «… In me di conoscenza, / di speranza e d’amore / seminò un campo vasto che aro ancora…» (Innesti). Anche l’amore di una moglie che presagisce la morte del marito che va in guerra. Ecco un richiamo allo struggente episodio del saluto di Andromaca al marito Ettore, come narrato nel poema omerico. «… Ahi! dolce sposa, presaga del lutto, / Cogli l’amore nell’abbraccio estremo, / Ama questo momento d’infinito» (Andromaca). E non poteva mancare Colui che è l’espressione più compiuta dell’amore divino, cioè dell’amore di Dio Padre, che è Gesù: «… quel dio-dentro che con voce lieta / nella vicenda umana si palesa…» (Questo Natale). Ma una constatazione amara: «… Quel figlio non lo vuole questa terra, / tutti rinchiusi nell’indifferenza / dove non c’è la pace né il perdono…» (ivi). Ma non viene meno la speranza che è «… quella parte d’infinito / che ne richiama l’ali pur se il nulla / volteggia insieme al desiderio estremo; /…/ Non so se nel ritorno / sia la resurrezione…» (Speranza).

Il pensiero dell’infinito, del mistero che si riveste di luce è associato, nella mente e nel cuore della poetessa, ad un colore che ben si accosta alla luce, e cioè l’argento. «Amore che d’argento ti rivesti…» (Argento). Argento che è dunque, luce, che è bellezza, la quale è dunque lo splendore dell’amore. E lo splendore dell’amore si palesa in qualcosa che è gesto gentile e delicato, il sorriso. «…Il riso nato dall’interno cuore / all’uomo venne in dono, unica e sola / forma creata dall’eterno Amore, / scintilla già pensata... / il riso è segno del soffio divino / e il Poeta ne scrive nel suo Canto…» (Il sorriso).

Maria Elena Mignosi Picone

 

 

 

Marisa Cossu, Sintomi poetici, prefazione di Nazario Pardini, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 92, isbn 978-88-31497-84-8, mianoposta@gmail.com.

 

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Intervista con l'artista Mario Schifano

12 Febbraio 2023 , Scritto da Walter Fest Con tag #le interviste pazze di Walter Fest, #interviste, #walter fest, #arte, #pittura

 
Omaggio di Walter Fest a Mario Schifano

 

 
 
 
Amici lettori,  questa è la prima di una serie di interviste dedicate a grandi artisti che hanno lavorato ed esposto le loro opere a Roma. Cosa dovete aspettarvi da questi incontri? E’ facile, insieme faremo un tour fra le bellezze di questa meravigliosa città, parlando di arte attraverso dialoghi impossibili, in un mix d'ironia e immaginazione. Allora, che fate, ci seguite? 
 
Eccomi, sono pronto, esco dal garage, Vespasidecar tour di piazza Margana e, per sicurezza, telefono a  Mario
 
Drinn, drinn
 
- Marioo, sei sveglio? Forza, che ti sto venendo a prendere, sbrigati e fatti trovare sotto al portone che sto arrivando!
 
Vi state chiedendo chi è Mario? Oggi intervisteremo e porteremo a spasso per Roma il famoso artista Mario Schifano.
 
Per Mario Schifano (Homs, 20 settembre 1934 – Roma, 26 gennaio 1998), grazie al  padre archeologo e restauratore, l’arte diventa il pane quotidiano. A venticinque anni la prima mostra a Roma, il suo carattere esuberante lo porta a rompere gli schemi dell’arte classica, tutta tavolozza e cavalletto, per sperimentare l’informale, l’astrazione e tutto ciò che è nuovo. La tecnologia e la modernità esaltano la sua immaginazione, l’artista è una forza della natura e così, poco più che trentenne, sbarca negli States.
E' troppo facile non venirne ispirato e condizionato ma la sua genialità sarà personale, originale, senza limiti. Ed infatti, insieme all’uso della materia e degli strumenti tradizionali, inizia a utilizzare la pellicola della macchina da presa come nuovo linguaggio espressivo. La fantasia lo spinge ad andare oltre, inizierà con il 16 mm per poi alzare l’asticella del suo talento a tutto tondo. La musica sarà la colonna sonora di ogni sua espressività.
Ha il potere di utilizzare nuove tecniche e nuovi linguaggi.  Nella sua azione artistica unica e originale non è mai solo, ma collabora in squadra con tutti coloro che insieme a lui sanno battere il tempo per un nuovo sound creativo.
Purtroppo l’iperattività richiede un costo pagare e il maestro subirà nel tempo alcuni periodi di ripensamenti e spunti di riflessione che lo porteranno a sfilarsi dalla scena e a lavorare in solitaria come un uccello in gabbia, per poi ritornare in pubblico più forte che mai.
La sua arte gira per il mondo attirando consensi, il formato delle sue opere è extralarge, la sua opera di grandi dimensioni è fatta per attrarre l’osservatore e farlo godere del colore così pieno di energia. 
Inoltre, Mario Schifano è attento e impegnato su alcune tematiche sociali, nella condivisione e nella consapevolezza che l’arte è uno degli strumenti migliori per fare luce sugli errori della nostra società.
Purtroppo morirà troppo presto nel cuore di Trastevere, lasciando a tutta l’umanità un patrimonio artistico di enorme valore.
 
 
- Walterino, devi aspettare un momentino!
 
- D’accordo, ho capito, sbrighiamoci che prima andiamo a far colazione a Piazza Esedra.
 
Mario esce dal portone  e indossa un maglione rosso Ferrari e un pantalone nero.
 
- Oh! Ma questa cos'è? Mica sarai matto?
 
- E’ una Vespa sidecar, non ti piace?
 
- Ma io preferisco le biciclette, non avevi una bella bici da corsa?
 
- Mario, non fare il difficile, Christo, che verrà dopo di te, non s’è lamentato, sappi che è veramente comoda, e poi non vedi quant’è bella?
 
- Forza, partiamo e facciamo velocemente quest’intervista  che devo lavorare, ce l’hai una sigaretta?
 
- No, lo vuoi un cioccolatino?
 
 
I due partono, direzione piazza Esedra, faranno colazione al bar. Splende il sole, è una bella mattinata romana, bella da vivere lentamente, quasi pigramente, e, a spasso per Roma, dopo parleranno di arte. Eccoli a bordo della Vespa sidecar, l’aria che ti accarezza è dolce e piacevole da farti ritornare indietro nel tempo.
 
- Senti, ma adesso dove andiamo?
 
- Sei pronto a dire la verità?
 
- Ci posso provare. Sì, vabbè, ma dove andiamo?
 
- Ecco, adesso, da piazza Esedra scendiamo per Via Nazionale, breve curva per via Cavour, poi via dei Fori, a sinistra lasciamo il Colosseo, giriamo a destra direzione piazza Venezia, un saluto doveroso al milite ignoto, gli giriamo dietro, poi in discesa verso via del teatro Marcello, e, infine, eccoci arrivati sulla sinistra alla bocca della verità.
 
- Oh! Ma c'è di fuori una bella fila!
 
- Non preoccuparti, mentre aspettiamo, parcheggiamo, e insieme conversiamo di arte, i lettori  sono curiosi di sentirti parlare.
 
- Lo riconosco, è stata una bella passeggiata; insomma, io sono molto legato alla città di Roma, e sai perché?
 
- Lo immagino, ma vorrei sentirlo da te.
 
- Roma è rimasta indietro nel tempo. Lo ammetto, a me piace tutto quello che è moderno, ma poi ritorniamo sempre al punto di partenza. L’umanità non può e non deve esse schiava della tecnologia, noi siamo geniali nella nostra naturalezza, nella nostra spontaneità, ed è allora che diamo il meglio di noi. Tutto quello che sembra vecchio e antico è così pieno di fantasia! E poi il cuore, il cuore, questa energia che muove tutto, senza il cuore la modernità che significato avrebbe? L'intelligenza artificiale mica tiene il cuore! Ma eccoci qua, Roma è antica ma troppo bella per esse considerata vecchia.
 
- La tua arte è sempre uscita dagli schemi.
 
- Naturalmente la sperimentazione serve proprio a questo, l'artista prova, studia, analizza, tenta nuove strade, mica tutti possiamo parlare la stessa lingua, sai che noia!
 
- Mario, come vedi l’attuale società?
 
- Un gran casino, la gente va di corsa, non rallenta, non s’accorge della bellezza, e poi tutti sono incazzati e, si sa, quando stai su di giri perdi la lucidità, non t’accorgi che le cose più belle stanno sotto al naso.
 
- E’ a questo che serve l’arte?
 
- Direi di sì, ma tutto deve iniziare dai ragazzini, quando sei piccolo sei libero nella testa e devi imparare subito le cose belle della vita, dopo sarebbe troppo tardi. Ma adesso non dobbiamo  essere catastrofisti, possiamo avere fiducia nel genere umano, finché c'è  l’arte c’è speranza.
 
- Mario, questa intervista sarà molto fantasiosa, puoi parlarci della tua “chimera” in piazza Santissima Annunziata a Firenze?
 
- Che grande esperienza!
 
- Grande come le dimensioni dell’opera?
 
- Sì, grande in tutto, dieci metri di lunghezza e quattro di altezza. Era il 1985 e me l’avevano chiesta per l’inaugurazione dell’anno dedicato agli Etruschi, la tela l’avevamo messa a terra. Per facilitare il trasporto, l’avevamo divisa in dieci parti di due metri per due e ho cominciato a lavorare con dentro una passione infinita, volevo fare tutto in una notte, ogni cosa ben organizzata, e mi sentivo gasato perché era tutto dal vivo, pure la gente intorno era viva, un bel pubblico numeroso, perbacco se era vivo, era rumoroso e  fastidioso, mi stavano addosso quasi a toccarmi.
 
- Non ti sentivi a disagio?
 
- Macché, mica li sentivo, e poi, a dirti la verità, nelle orecchie tutto era assordante ma più sentivo sconquasso e più mi divertivo, non avvertivo fatica né paura, ero tutto me stesso in sintonia con i colori e con la mia fantasia. Intanto, questa grande massa di colori prendeva forma come per magia.
 
- Una grande massa di colore nella quale la gente  poteva tuffarsi?
 
- No, al contrario: era l’arte, la mia arte, che abbracciava e veniva incontro alla gente. E' la bellezza dell’arte che ti avvolge come un sogno. La rappresentazione che stavo realizzando occupava lo spazio e, con amore, entrava in armonia con tutti quelli che erano presenti, un amore fatto di materia potente. Il bianco era pieno di luce e, come un sipario naturale, ne facevo uscire le chimere in una danza vorticosa verso la parte blu miscelata con il verde, una materia scura come la notte, dolce come la poesia, e poi in basso tutto rosso, rosso e giallo, rosso che diventa arancio, e poi pennellate forti di un verdone, era la terra che abbiamo sotto ai piedi, non la senti  come brucia di passione e come da sotto terra la storia del mondo ci ricorda dove siamo, chi siamo, cosa vogliamo?
 
-E poi? 
 
- E poi, quando abbiamo alzato in piedi l’opera, la gente non aveva più parole, tutti in silenzio, tutti zitti, perché l’arte aveva messo tutti d’accordo. E così ho fatto montare un trabattello, ci sono salito sopra e ho dato gli ultimi ritocchi, ho visto il colore fresco colare verso il basso, e con le mani lo amalgamavo, lo impastavo e danzavo insieme alle chimere nel mondo della fantasia. Gli spettatori pensavano che fossi un fenomeno, un semi-dio, macché, io ero solo uno di loro con il privilegio di essere nato artista.
 
- Mario, sei stato più genio o più sregolatezza?
 
- Sinceramente, mi sento più genio, sregolato è solo un'impressione, io la pittura la faccio mia, gli do dentro, l’energia ci fa bene, ci fa sentire vitali e in fusione con la natura che lascia andare la vita e le cose del mondo, camminare lentamente e poi d'un tratto di corsa, cancellando il tempo. Io ho viaggiato lungo il mio tempo e non mi sono mai annoiato, genio sì, sregolato no.
 
- Mario, sei pronto?
 
- A fare cosa?
 
- A mettere la mano nella bocca della verità, dai che tocca a noi.
 
- Prima mettila te, per esempio, dì la verità: ma davvero questa Vespa sidecar è reale, oppure una tua invenzione? 
 
- Mario, la mano lì dentro posso metterla senza problema, ti assicuro che è tutta verità, e poi chiedi a Picasso che una volta l'ha guidata e ha pure sgommato.
 
- Picasso? Bel tipetto, ha cambiato il mondo dell’arte.
 
- E la prossima volta chi ci porti?
 
-Te l’ho detto: prossimo appuntamento con Christo, e andremo a vedere via Veneto e le mura. Forza, adesso tocca a te mettere la mano nella bocca della verità.
 
- Giuro che, con la fantasia, null'altro che tanta fantasia, ho detto tutta la verità.
 
E dopo che, sfilando la mano, la bocca della verità ci ha risparmiato, è giunta l’ora del ritorno alla base.
 
- Mario, ti ringrazio, questa intervista è stata bella.
 
- Non perdiamo tempo, metti in moto che ho fretta, l’arte e il futuro non possono aspettare.
 
Amici lettori di signoradeifiltri, speriamo di avervi fatto passare qualche buon minuto in nostra compagnia, porto Mario Schifano a casa e dopo tornerò in garage. Pronti per un nuovo tour? Non mancate, sarà sempre un piacere farlo insieme a voi.
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Sergio Camellini, "Opera Omnia"

11 Febbraio 2023 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Sergio Camellini

 

OPERA OMNIA

II edizione

 

 

Il poeta modenese – nativo di Sassuolo – Sergio Camellini ha dato alle stampe la sua Opera Omnia (II edizione), che contempla una vasta selezione di raccolte poetiche e di liriche scritte e pubblicate fra il 2013 e il 2021. Il volume entra a far parte della collana di testi letterari Il pendolo d’Oro, della Casa Editrice Guido Miano di Milano, la quale è composta da monografie dedicate ad autori scelti. I titoli che appaiono nel libro, nel loro complesso, iniziano già a tracciare un orientamento, seppur abbozzato, circa la poetica dell’autore: Nel corpo un soffio dell’anima (2013); Il pianeta delle nuvole rosa (2014); Bagliori (2015); Un sogno con le ali (2016); So di essere (2016); Ponte dei sogni (2017); Tra le righe del pensiero (2018); Madre natura è vita (2019); Il canto delle Muse (2019); S’accende una luce (2020); Viandante dei sogni (2020); Ascolto i silenzi (2021); I colori della fantasia (2021); Lasciami di te un’emozione (2021). La personalità di Camellini è estroversa e comunicativa – esercita la professione di psicologo clinico – per cui anche in campo culturale e letterario ama presenziare agli eventi che lo vedono premiato come poeta, dove può incontrare personaggi dell’arte e dello spettacolo, come testimoniato dalle immagini fotografiche all’interno dell’Opera Omnia: tra questi citiamo i più famosi, come Vittorio Feltri (giornalista); Francesco Alberoni (sociologo); Marco Columbro (attore); Vittorio Sgarbi (critico d’arte); Dacia Maraini (scrittrice); Pippo Franco (comico); Pupi Avati (regista); Iva Zanicchi (cantante); Romina Power (attrice).

 Le tematiche che maggiormente s’incrociano nei suoi testi in modo trasversale, ovvero a rimbalzo da una silloge all’altra, sono attinenti alle emozioni e ai sentimenti con prevalenza dell’amore quale cardine della vita; alle dimensioni oniriche e pindariche, sostenute dalla fantasia e dalla creatività; alle problematiche dell’essere, dove emerge la ricerca interiore e si svela una poesia del positivo, anti-crisi e anti-depressiva, costituita da tante pillole di saggezza per “come vivere”; al rapporto con la natura ed il creato; a taluni contenuti della memoria, dagli affetti familiari ai ricordi dell’infanzia, dallo scorrere del tempo a squarci storici.

Il biglietto da visita della visione camelliniana mi pare essere questo, ovvero la poesia So di essere: «Non perdo di vista / me stesso, / né m’avvilisco / nonostante le avversità. // So chi sono, / so di essere, / so d’occupare / un posto quaggiù. // Voglio percorrere, / anche in salita, / quest’irto e affascinante / progetto di vita. // Certo che sì, è tutto mio, / allorché sempre / strettamente comunicante / con l’altrui realtà». Quattro quartine per affermare una precisa identità, un chiaro compito in questa vita, una salda volontà nel superare ogni ostacolo, una limpida coscienza del senso dell’altro: un progetto contro-corrente rispetto alle tendenze societarie e individuali odierne piegate verso lo smarrimento e la dispersione. Un progetto paradigmatico che tutti dovrebbero coniugare per vivere felici.

 Il poeta dunque denuncia sì l’attuale regressione antropologica (si legga la lirica Uomo dove sei?: «Eri presente … / cultura, / idee creative, / modi di essere / di pensare / di amare / … // Ora latiti: // … Uomo dove sei?»), ma per combatterla e superarla in ogni modo: volgendo il pensiero all’Immenso, ritrovando la sete d’Infinito, credendo nella Trascendenza, vivendo per la vittoria dell’Amore, visitando lo spessore dei silenzi-oasi dell’anima, leggendo il libro interiore alla scoperta dell’unicità di se stessi, coltivando la luce dentro di noi, lasciandosi catturare dalla poesia dell’essere, imparando dalle persone speciali, abbattendo muri e costruendo ponti… ed anche scegliendo l’ironia per superare l’incomunicabilità nel bon ton della vita. Inoltre bisogna ritrovare la capacità di sognare e realizzare i nostri sogni con il volo della fantasia, con il viatico delle muse delle arti (si legga la silloge I colori della fantasia).

Il capitolo dell’amore è al contempo autobiografico e femminino: l’elogio del poeta va alla donna libera, alla fanciulla gioiosa, alla semplicità dei modi, al rinnovarsi del sentimento, al vero amore, al valore dei piccoli gesti, al romanticismo delle atmosfere, all’amore che è dono («… l’amore / non misura ciò / che dà, / l’amore / confini segnati / non ne ha», Per dire amore).

Ed ancora nel canto di Camellini la natura è un inno alla vita e alla gioia: dalle nuvole rosa, alla luna, all’alba; dai mutamenti stagionali, alle bellezze cosmiche. E nella memoria custodisce il bel viso della madre, l’esempio del padre, gli odori della sua terra, i canti d’amore delle mondine, la civiltà e la cultura dell’Italia.

Enzo Concardi

 

Sergio Camellini, Opera Omnia, II edizione, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 188, isbn 978-88-31497-97-8, mianoposta@gmail.com.

 

 

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Angelo Barraco, "Fuga dall'est"

10 Febbraio 2023 , Scritto da Redazione Con tag #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Angelo Barraco
Fuga dall’Est
Quaderni di poesia

 

Questo libro è stato scritto nei primi mesi del 2022, quando è scoppiato il conflitto tra Russia e Ucraina. In quei giorni di marzo le città italiane si preparavano per accogliere gli sfollati e, parallelamente, si svolgevano numerose manifestazioni - da Nord a Sud - per dire “No” alla guerra. Nel corso di quei giorni ho intervistato volontari e associazioni che si mobilitavano per raccogliere beni di prima necessità e portarli in Ucraina, ma anche cittadini ucraini residenti in Italia che avevano i parenti in quei territori […]

Angelo Barraco racconta: “Con questo libro ho voluto raccontare la guerra dal punto di vista delle vittime. Molti rimangono imprigionati dentro i bunker antiaereo in attesa di un momento giusto per uscire, altri ancora non potranno mai farlo perché moriranno. Qualcuno riuscirà a fuggire e sarà fortunato, altri ancora rimarranno imprigionati in quell’inferno e moriranno intrappolati, senza mai trovare il fatidico momento giusto. Per molti non ci sarà mai. Alcuni saranno uccisi dai cecchini, ad altri finirà la benzina in mezzo ad una strada troppo isolata. Ho deciso di raccontare tutto in versi, quasi come fossero dei piccoli diari di una guerra che si sviluppa di territorio in territorio e ho voluto trasformare ogni pagina in una narrazione emotiva unica e attuale”.


DONBASS

Il cielo è grigio sopra la testa
Di chi alza lo sguardo e cammina per strada
In attesa di fuggire via
 Prima che l’ultimo respiro venga rubato dal vento.

Angelo Barraco nasce a Marsala, in provincia di Trapani, nel 1989. È un giornalista pubblicista. Collabora con diverse testate nazionali, internazionali, cartacee e web. È autore del libro CAOS (Bertoni Editore), pubblicato nel 2021.

 

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Decision to leave

9 Febbraio 2023 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni, #cinema

 

 

 

 

Questa immagine credo rappresenti al meglio la storia d'amore tra i due protagonisti: sensuale, ironica, misteriosa, asincrona. Lui è un poliziotto coreano, lei è la moglie del morto su cui lui indaga. Lui è sposato a una scienziata, una donna ipercontrollante e razionale che vede solo nei fine settimana e gli chiede di fare del sesso meccanico solo perché fa bene alla salute, mentre gli impedisce di mangiare sushi e fumare. Lei è una giovane badante cinese che parla un coreano un po' demodé, imparato dai drammi d'amore che guarda in TV. Lui è insonne ma impara a dormire meravigliosamente quando fa gli appostamenti per spiarla, perchè è rimasto folgorato da lei appena l'ha vista, e pazienza se è sospettata. Il sentimento di lui si trasforma in ossessione. Il suo acume di detective si annienterà di fronte al tocco delle mani ruvide di lei, sarà capace di scalare una montagna durante una nevicata per avere da lei l'unico bacio, un abbraccio gli costerà la deontologia di poliziotto.  La trama, come già in Oldboy, è decostruita temporalmente, per cui la storia procede, torna indietro per mostrare scene da un diverso punto di vista, apparentemente si interrompe o fa salti temporali, ma tutto ha un senso che si inserisce nel rigoroso filo logico della storia, per cui nessuno fa spiegoni riassuntivi, sta allo spettatore ricordare e mettere insieme i pezzi. Poetiche le scene in cui lui immagina di dormirle accanto, nel divano in cui lei mangia sensualmente il gelato col cucchiaino, mentre la osserva per lavoro. Il sonno ristoratore come conseguenza dell'amore vero, anche senza sesso consumato prima. Lei che quando vuole comunicare concetti profondi, vuole connettersi davvero al suo cuore, preferisce parlare il cinese e usare il traduttore automatico, perché mai siamo davvero noi stessi se non quando usiamo una lingua che non sia quella madre. Terribilmente ridicola e vera la scena in cui lui scambia il suo dramma d'amore con un pregiudicato che ha il suo stesso problema di cuore, dopo un inseguimento e prima che questo si getti da un tetto. Un Amour fou asincrono come l'intera storia, prima per lui e poi per lei, un sentimento totalizzante, viscerale che finirà per annientarli entrambi in modi e tempi diversi. E che dice molto su cosa ancora oggi, nonostante l'emancipazione, faccia colpo sui sessi: sugli uomini la donna ambigua, vittima e crudele allo stesso tempo, su noi donne l'uomo che rinuncia a tutto per noi, a costo di perderlo. Il finale non è lieto ed è molto melodrammatico: ovviamente sul mare, perché come diceva Confucio "alle persone sagge piace il mare, alle persone benevole la montagna" e lei, la femme fatale di questo film, non era certo benevola. Regia davvero strepitosa.

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Gabriella Veschi, "Imprevisti battiti"

8 Febbraio 2023 , Scritto da Raffaele Piazza Con tag #recensioni, #raffaele piazza, #poesia

 

 

 

 

Gabriella Veschi

IMPREVISTI BATTITI

 

           

Gabriella Veschi è nata ad Ancona nel 1959. Scrive Michele Miano nella prefazione centrata e ricca di acribia che la sua poesia evita di limitarsi ad un’immediata descrizione e ricezione del reale e che intento della poetessa è quello di librarsi al di sopra delle contingenze del mondo, delle sue fragili miserie, per assurgere ad una dimensione che schiuda le porte ad una primigenia purezza.

Potrebbe sembrare utopico l’ideale della Veschi nella nostra liquida e alienata contemporaneità segnata dalla guerra in Ucraina e dall’incubo della pandemia.

Tuttavia il suddetto ideale, che potrebbe sembrare un sogno ad occhi aperti, può essere raggiunto solo con la pratica della poesia che, come asseriva Maria Luisa Spaziani, è la forma più alta delle espressioni letterarie, e si apre al varco della speranza e della salvezza portando ad una salutare fusione di conscio e inconscio, di fisico e psichico nel poeta quando scrive e nel lettore dei versi, quando essi sono realizzati nei canoni della bellezza come in questo caso.

La raccolta è scandita nelle sezioni Vorrei, In agguato, La mia città e Follie di guerre.

Nella lirica Vorrei c’è il tema della metamorfosi quando l’io – poetante molto rarefatto e autocentrato nell’incipit, con un’immagine eterea e surreale, s’identifica in un cervo o nel mare d’agosto: «Vorrei essere / come quel cervo, / leggero / agile, / spensierato, / mentre spicca / il suo volo / librandosi nell’aria / incontaminata, / volando nel cielo / tra i profili dei monti…».

Cifra essenziale della poetica di questa autrice è una vena neolirica e a tratti elegiaca e pare che la poetessa consciamente, proprio attraverso il suo poiein, divenga persona se prima era creatura.

Come pure un forte amore per la natura anima i versi ed è affrontato il tema ecologico quando è detto l’orso polare senza più ghiacciai: «…Nulla rimamore per la natura anima arrà / tutto in fumo / per la cupidigia di / pochi / invasati / da false speranze» (Cosa rimarrà).

In Belle le parole c’è il tema della scrittura nella scrittura: «Belle le parole / trovate per caso, / tra libri sgualciti, / abbandonati / qua e là. // Non le uso, / le rimiro, / ammiro chi le / sparge ai quattro / venti», versi in cui la parola detta con urgenza sembra divenire magica e oracolare come il responso di una Sibilla.

In …In agguato… protagonista misterioso è un ululato del quale la provenienza e ogni altro riferimento vengono taciuti e che s’insinua nelle pieghe della mente dell’io-poetante come una forza arcana che tutto pare pervadere sussurrando e strepitando nel serpeggiare e strepitare.

Molte poesie del volume sono improntate alla verticalità e in ogni espressione forma e stile sono ben controllati e calibrati e tutto è efficacemente ed elegantemente risolto nei componimenti senza nessun ingorgo semantico o strutturale.

E anche la tematica della trascendenza è affronta da Gabriella in Nell’Aldilà dove forse suoni misteriosi e dolci melodie accoglieranno la stessa poetessa dopo la morte in un’estasi che pare non possa avere fine.

Si ritrova una forte tendenza alla linearità dell’incanto in molte parti della raccolta originale e riuscita anche per la chiarezza e la luminosità dei dettati che emozionano il fortunato lettore nel tendere al cosmo e non al caos.

          Raffaele Piazza

 

 

Gabriella Veschi, Imprevisti battiti, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 90, isbn 978-88-31497-95-4, mianoposta@gmail.com.

 

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ANALISI RAGIONATA DEI SAGGI CRITICI RIGUARDO WANDA LOMBARDI A cura di Enzo Concardi

7 Febbraio 2023 , Scritto da Gabriella Veschi Con tag #gabriella veschi, #recensioni, #saggi, #poesia

 

 

 

 

ANALISI RAGIONATA DEI SAGGI CRITICI

RIGUARDO WANDA LOMBARDI

A cura di Enzo Concardi

 

Molto esaustivo e coinvolgente si mostra lo studio condotto da Enzo Concardi nel saggio Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Wanda Lombardi, Guido Miano Editore, Milano 2022; l’eccellente critico letterario ripercorre il mondo poetico della versatile artista di Morcone, in provincia di Benevento, attraverso il puntuale riordino di tutti i contributi che la riguardano, seguendo l’iter delle pubblicazioni su un piano “diacronico”, rispettando l’ordine cronologico in modo da accompagnare il lettore in un percorso mirato alla piena comprensione della Weltanschauung dell’autrice e della sua evoluzione nel tempo. Il saggio si inserisce così nella collana di volumi “Il Cammeo” progettata dalla casa editrice Guido Miano affinché, come osserva Flaviano Romboli nella sua recensione, le tracce dei poeti non vengano dimenticate o disperse.

Il volume è corredato da una scheda bio-bibliografica comprensiva di tutte le opere poetiche, narrative, teatrali e dei testi critici; a conclusione l’Antologia essenziale delle poesie consente di assaporare alcune delle liriche tratte dalle numerose raccolte con cui Lombardi lascia la sua “lettera al mondo”.

Come osserva lo stesso Concardi nelle Note introduttive, la sentita esigenza di rivolgersi ai lettori rende la poesia di Wanda Lombardi un organismo vivente, sezionato, analizzato e ricomposto nelle sue più recondite sfaccettature grazie alle varie e innumerevoli forme di testi critici, nella molteplicità di punti di vista e filoni interpretativi. Dalla rivisitazione attenta e dettagliata di saggi, articoli e recensioni emergono i temi, disseminati in un “ventaglio di motivi lirici”; in primis si sottolinea come tutti gli interpreti abbiano individuato il discorso poetico di Lombardi come metafora del viaggio esistenziale alla ricerca di sé che diviene paradigmatico e si estende a tutta l’umanità (Giuseppe Manitta, recensione della raccolta Nel silenzio), in una poetica del dolore che evidenzia il dibattersi del soggetto lirico tra sofferenza e resilienza, disillusione e speranza (Monica Rubino, nel testo critico Malinconia, specchio di felicità).

In molti contributi si delineano le analogie che intercorrono tra la poetessa e due tra i più grandi scrittori della nostra letteratura, Leopardi e a Pascoli, dall’ansia di infinito alla rappresentazione di una natura ambivalente, a volte ingenerosa, per le sofferenze inflitte alle sue creature, ma più spesso cantata in tutta la sua bellezza, in un afflato lirico che suscita forti emozioni. Per Rubino le “dicotomie” sottese alla vita dell’uomo in Lombardi sfociano nell’oscillare tra gioia e dolore, proficue fonti di ispirazione, mentre Rossella Cerniglia, recensendo l’Opera Omnia (I° edizione) di Wanda Lombardi, rileva un passaggio costante “dal male al bene, dal dramma alla speranza, dall’indifferenza del mondo alla fede dell’anima”, in un continuo movimento dall’esterno all’interno. È dunque il forte sentimento religioso a sottrarre il soggetto poetico dal nichilismo leopardiano e a farlo rifugiare in un altrove di luce.

Marcella Mellea, nella recensione alla raccolta Il senso della vita coglie lo sguardo del soggetto lirico attento ai fenomeni del mondo contemporaneo e a tematiche attuali. Carlo Onorato (Prefazione alla raccolta Voci dell’anima) ravvisa il motivo ricorrente dell’assenza legata alla perdita di persone care e a molteplici vicissitudini, in una montaliana fatica dell’esistenza, costellata di luce e buio; Cerniglia, in riferimento alle liriche Mamma e Ricordi, sottolinea la presenza-assenza della madre, persa prematuramente ed è proprio Concardi a cogliere un “ricerca del tempo perduto” in alcune raccolte, volte ad un recupero memoriale in cui ritrovare le proprie certezze.

Lo studioso milanese si sofferma quindi sullo stile, analizzato secondo due diverse direttrici di pensiero: l’uso di termini aulici, vaghi e indefiniti, il ricorso al metro classico testimoniano, nella visione di Anna Castrucci, Rossella Cerniglia, Fabio Amato, uno stile legato alla tradizione classica di stampo neoclassico e ottocentesco, mentre Nazario Pardini, Enzo Concardi ed altri (tra i quali la sottoscritta) ne sottolineano anche l’aspetto innovativo, in un doppio canale che, partendo dal passato, arriva a fondersi con la modernità, dando vita ad un linguaggio sobrio e raffinato ma che nel contempo non rifugge da un tono più colloquiale, in un impasto del tutto originale ed unico.

Nazario Pardini inoltre riscontra affinità con Umberto Saba, per l’importanza assunta dalla parola e con Vittorio Sereni, per la “splenetica inquietudine” (Prefazione alla raccolta Il senso della vita).

Nel paragrafo Connubi artistici le comparazioni con numerosi artisti e autori stranieri confermano il carattere poliedrico di Wanda Lombardi, la sua maestria nel dipingere con le parole e l’universalità della sua poesia, destinata a oltrepassare i limiti spazio - temporali, come Concardi ben dimostra in questo volume imperdibile.

Gabriella Veschi

 

 

 

Enzo Concardi (a cura di), Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Wanda Lombardi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 84, isbn 978-88-31497-48-0, mianoposta@gmail.com.

 

 

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