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signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

Marco Balzano, "Le parole sono importanti"

27 Febbraio 2022 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni

 

 

 

 

Le parole sono importanti

Marco Balzano

Einaudi, 2019

 

Dieci voci note raccontano l'etimologia di dieci vocaboli italiani e altri ad essi correlati, ricostruendo quindi il significato di dieci parole di uso comune che non utilizzeremo più come prima dopo avere letto questo libro. Chi è contento si contiene in ciò che ha, deve quindi stare attento a non creare una "comfort zone" in cui si blocca ma avere uno spazio per essere felice, che ha la stessa radice di fertile, e invita quindi a creare, ad avere di più. Un modo per farlo è chiedere alle stelle, ovvero desiderare. Questo però rimanendo sempre soddisfatto di ciò che già possediamo, e quindi contenti. L'allegria invece condivide le origini con l'alacritá, e quindi il movimento. Chi è felice è probabilmente anche allegro, ma chi è allegro non è detto sia felice, insomma. È non per questione di gradazione di buon umore, ma proprio per causalità. Chi si diverte volge lo sguardo altrove, per non pensare ad altro. Se ci divertiamo troppo forse non siamo troppo contenti, e tantomeno felici, ma saremo allegri. Molta sorpresa deriverà dal termini limite e confine che, a dispetto dell'uso negativo e discriminatorio che ne facciamo ogni giorno, sono parole che invitano all'apertura, al confronto e alla condivisione. Rifletto invece sul termine ricordare, che significa avere nel cuore, e dimenticare, che trova le sue radici nella mente, da cui allontaniamo ciò che non ci appartiene. Come dire che alla fine possiamo eliminare qualcosa dalla nostra testa ma nel cuore una traccia resterà sempre? Il fascino di questo libro è che oltre alle divagazioni etimologiche dell'autore si possono aggiungere le nostre, ripensando alle nostre esperienze e rivedendo le nostre narrazioni. Perché il numero e la qualità delle parole che usiamo sono alla base per esprimere chi siamo, cosa vogliamo, e in definitiva rimodellare il nostro mondo, che a tratti coincide con la realtà. E comunicare bene di questi tempi mi pare una delle vie per uscire dall'impasse.

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Namibia Spitzkoppe

21 Febbraio 2022 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest

 

 

 
 
Amici lettori, vi avevo detto che oggi c'è una partita? Mettetevi comodi e divertitevi con #laltrametàdicentrocampo
 
 
- Circensi? Walter, dove hai trovato questa squadra?
 
- Mario, è stato facile, ho messo un annuncio sul giornale: “cercasi squadra di calcio per sfidare la tribù dei Sioux”, e i primi che mi hanno risposto sono stati quelli del circo.
 
- Ma non si è mai vista una cosa simile! E poi adesso anche i clown, gli equilibristi, i mangiafuoco e i domatori di tigre giocano a pallone?
 
- Appunto, c'è sempre una prima volta. Mario, hai portato le bibite? E i panini con le altre leccornie per il dopo partita?
 
- E' tutto pronto per il dopo partita, abbiamo il frigorifero super rifornito.
 
- E ora tu dove avresti preso il frigorifero?
 
- E' un prestito da parte di quelli della Nasa.
 
- Ah! Bene, quindi a questo punto mancano solo le squadre.
 
- Eccole, stanno arrivando.
 
Gli artisti del circo sono arrivati sulle automobiline, sulle navicelle spaziali, sulle carrozze delle giostre trainate dagli elefanti; invece gli indiani, con a capo Cervo Sbilenco, sono in groppa ai cavalli. Si guardano incuriositi, ogni squadra pensa di aver già vinto. Ora lo sciamano sta impartendo gli ordini con un rito magico, il presentatore del circo - in divisa di lusso con la bacchetta in mano tipo direttore d’orchestra - spiega come dovranno giocare, i mister si siedono in panchina che, visto il campo, non c’è, quindi si adattano su due vecchi copertoni bucati lasciati lì da qualche camion di passaggio.
Il tempo è buono, la temperatura calda ma ventilata, spettatori presenti nessuno, unici ad assistere all'incontro leoni, serpenti, qualche scorpione, una decina di iene ridens, tre condor, un pappagallo, un ghepardo e una zebra (in verità non tutti questi animali vivono in Namibia ma noi ce li facciamo stare lo stesso). Dato che si è sparsa la voce che Mario ha portato per il dopo partita varie leccornie, ci aspettiamo tutto il resto del caravanserraglio. Arbitro dell’incontro Toro Seduto.
 
- Mario, perché arbitra Toro Seduto?
 
- Perché ha lui ha fatto il cinema e quindi di spettacolo se ne intende.
 
- Ma siamo sicuri che sarà neutrale?
 
- Tranquillo, alla moviola in campo abbiamo Biscardi e Moira Orfei
 
Le squadre sono schierate, l’arbitro fischia l’inizio partita, in porta con gli indiani c’è lo sciamano perché nessun altro vuole starci, la difesa è a tre, davanti alla linea difensiva altri tre centrocampisti, in avanti quattro attaccanti. E' una strategia altamente offensiva, ne vedremo delle belle. Invece lo schieramento dei circensi mi sembra alternativo, praticamente nessuno ha un ruolo e nessuno sembra rispettare le indicazioni del mister, tutti giocano alla "viva il parroco", in questo modo l’improvvisazione farà da regina.
 
- Mario, ma se il pallone esce dal campo come si fa?
 
- Walter, non ci sono problemi, ho ammaestrato bene le scimmie, mi sono costate un patrimonio di banane e con quattro salti andranno a recuperare i palloni.
 
Ecco il domatore delle tigri chiamare il pallone. E' ai limiti del fuorigioco, è alto di statura e vuole la palla sulla testa. Il trapezista se ne accorge e lancia lunghissimo con precisione, ma il domatore la spizza male e finisce fuori di poco. Rimessa dal fondo da parte di Alce Ingrifata che passa a Cane Pazzo, il quale scatta sulla fascia, si invola, vola come un aquila, non vede nessuno e tira dritto, fa tutto da solo e alla fine, sfiatato, tira uno straccio bagnato che il prestigiatore portiere dei circensi blocca senza problemi.
Ragazzi, questa è una partita viva e le squadre non si risparmiano, chi lo avrebbe mai detto? Mai fidarsi delle apparenze.
Quindi ecco il contorsionista che avvinghia il pallone, lo passa al mangiafuoco, che a momenti brucia la sfera, per fortuna Serpe Lessa, con un takle robusto soffia la palla e imposta il contropiede fulmineo, una botta di prima e passa a Freccia Sfocata, che con una palombella supera alla cassa il bigliettaio dagli occhi storti. Freccia Sfocata con la coda dell’occhio vede Lupo Solitario che gli fischia il passaggio, la becca e tira al volo, grande giocata e insacca per l’1-0.
Gli indiani esultano ma ancora non è finita perché, palla al centro, ancora il domatore si sbraccia: vuole la palla, è sicuro di farcela e, infatti, complice il clown che stava raccontando una barzelletta al portiere sciamano, questa volta non sbaglia e in tuffo insacca per l’1-1. Però, che classe questo domatore!
Intanto a bordo campo gli animali della savana se la ridono pensando alla pappa, ma che succede? Dalla moviola in campo viene richiamata l’attenzione dell’arbitro, forse c’è un gol da annullare, la commissione arbitrale si sta consultando: è ufficiale, il gol del 2-1 segnato dal clown Efisio viene annullato perché l’ha segnato con la manona.
Nulla di fatto, si riparte e gli indiani mi sembra siano su di giri, ho un sospetto che lo sciamano ne abbia fatta una delle sue? Lo scopriremo all’antidoping. La partita è comunque equilibrata e ora sembra che le due squadre si stiano accontentando del pareggio. In Namibia, bisogna ammetterlo, fa caldo e il campo sembra essere bollente, infatti tutti i giocatori saltano perché hanno i piedi scottati, gli indiani invece pare che ballino.
 
- Cretini, che fate? Quella è la danza della pioggia!
 
Lo sciamano ha ragione, infatti, in un battibaleno, arriva un temporale, per fortuna che quelli del circo hanno montato con un colpo di magia il tendone e tutti corrono al riparo. La banda musicale dà il benvenuto, Mario apre il frigorifero gentilmente offerto dalla Nasa e comincia il banchetto.
Signore e signori, qui dal campo di Spitzkoppe in Namibia la partita fra indiani Sioux e artisti del circo è terminata, ora inizia il dopo partita e, scusateci, ma, se non ci sbrighiamo, gli animali della savana si pappano tutto, ci rivediamo alla prossima partita a data da destinarsi.
 
- Mario, ti è piaciuta la partita?
 
- Non male, pensavo peggio, devo dirti che questi giocatori se la sono giocata e si sono pure divertiti.
 
- Mario, dopo la partita non abbiamo fatto l’antidoping!
 
- Walter, no problem, avevo scambiato la bumba dello sciamano, al posto della mistura ho messo acqua e zucchero.
 
- Bravo Mario, sei meglio di Sherlock Holmes!
 
- Veramente sono il tuo amico fantasma che tutto vede e tutto prevede.
 
- Allora, dove giochiamo la prossima partita?
 
- Ce la giochiamo a dadi?
 
- Pari e dispari?
 
- Testa o croce?
 
E se invece lasciassimo scegliere ai lettori?
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San Valentino

13 Febbraio 2022 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest

 

 

 

 

Amore, amore, amore... dove stai?

Amore, amore, amore ho bruciato la frittata mentre tu te ne eri andata, ma dove sei andata? Avevo pure fatto la pizza fritta come piace a te, mi hai detto vado a prendere le sigarette e ora mi mancano le tue tette, il tuo lato B. Non vedo più, posso solo vederlo alla tv, ma dove sei andata, ritorna da me, amore, amore ti amo a tutte l'ore, questo mio è un vero amor per te e anche tu dicevi che amavi solo me ma ora quando arrivi? Sei andata a prendere le sigarette in Paraguay, ahimè che guai senza di te, senza i tuoi baci audaci che bruciar d'amore facevi me, la tua patata se non ritorni la vedrò in sogno, sogno la tua patata e d'amor casco dal letto. Aio che dolor, che dolor senza di te, mi affaccio alla finestra e vedo il buio, butto la frittata di sotto e la becca il gatto. Lui sì che mi ama e gli piace perfino la frittata mia bruciata e mi fa miao, maramao, mi bevo un drink and soda per dimenticar, per dimenticar il tuo viso rifatto, le orecchie che una volta erano come jumbo, la cosce snellite, il lato B gonfio, la patata finta e poi le bocce, mamma mia che bellezza, grosse e sode come due uova sode, quando ti toccavo dovevo metter i guanti di velluto e il mio arnaldo si rizzava franco. Ti avevo detto di smettere di fumare e invece tu te ne sei andata a prendere le sigarette in Paraguay, ahimè, che guai, ma questo amore non scorderò mai, amore, amore, amore, dove stai?
 
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Alessio Martini, "Salvare i naufraghi"

8 Febbraio 2022 , Scritto da Rita Bompadre Con tag #rita bompadre, #recensioni

 

 

 

 

Salvare i naufraghi di Alessio Martini (Nulladie Edizioni, 2021 pp. 145 € 15.00) è un libro che svolge la sua azione narrativa nell'epoca storica del 1943. L'approccio narrativo a situazioni ed eventi, datati nel contesto di sequenze realistiche e descrizioni militari, domina il supporto espositivo nel documentare la metafora inquietante della condizione umana. Il tema della salvezza, l'orizzonte vitale e spirituale dell'uomo, basato sulla contraddizione vitale della perdizione e della pericolosa supremazia, sono i profondi contenuti al centro dell'indagine psicologica e relazionale dell'autore. La storia narrata da Alessio Martini incrocia il destino di Ettore Piola, il comandante di un treno armato della Regia Marina e una misteriosa ragazza russa, Svetlana, nella manovra surreale e sospesa della sorte che fa arrestare il treno in una sperduta stazione. Come in una simbolica ritirata nel tempo l'autore rende la tangibilità all'ombra sfuggente e indefinibile dell'atmosfera minacciosa, prolunga la sensazione dell'estraneità, intuendo, nell'artificio della desolata ed eroica vicenda, l'allegoria dei sentimenti contrastanti. L'intreccio descrittivo della trama evidenza la precarietà superstite della missione di salvataggio, trasmette il significato inevitabile della speranza e dell'angoscia, scorge l'avvistamento dell'ignoto, accompagna il cammino morale delle motivazioni ideologiche alla deriva di una destinazione rassegnata. Il tentativo di assicurare un'offensiva cattura i protagonisti del libro nell'attesa strategica di un ardimentoso realismo, nella percezione inesorabile e immobile di un'oppressione, nel presentimento di un'autorità sconosciuta, nello smarrimento inaspettato. Alessio Martini ricostruisce circostanze legate all'indagine storicizzata del passato, interpreta l'identità della mistificazione, concede l'irresistibile attrazione verso la fatalità che ha compromesso la natura di tutti i personaggi. Lo scenario paludoso affronta la materia romanzesca con uno stile lucido ed esasperato, l'orientamento dell'autorità e la sua conseguente irruenza, trascina nella suggestione espressiva ogni simbologia dell'affondamento nell'abisso esistenziale. Il libro rielabora attraverso il carattere vivo e coinvolgente della scrittura il territorio emotivo delle disfatte e l'ambiguità distruttiva del potere. “Salvare i naufraghi” è una preghiera rivendicata con la risolutezza fiduciosa delle relazioni, un rifugio dell'illusione delle emozioni, un'intensità descrittiva distorta dalla voragine insidiosa degli incidenti, un disorientamento della razionalità e dell'imperturbabile risolutezza dei principi militari. Il contesto del racconto, ancorato alla sospensione delle vicissitudini spiega la distensione dell'attesa, l'inquietudine per il presagio delle circostanze, che rivelate solo alla fine del romanzo, demoliscono la generosità morale in conflitto tra sincerità e falsità, ma vigilano il rifugio dal naufragio dell'anima.

Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/

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Another Life

6 Febbraio 2022 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni, #serie tv, #televisione, #fantascienza, #amore

Another life, Netflix 2019 series in two seasons by Aaron Martin, does not have great attractions as science fiction, and proposes all the clichés for lovers of the genre. We have the spaceship “Salvare” and the intergalactic mission, we have a crew made up of elements that do not always get along with each other, we have evil aliens that parasitize the brains of humans, we have a mysterious artifact that has come to earth from deep space, we have viruses that lurk in the body of the astronauts making them explode like in “Alien”, we have the intelligent on-board computer, we have hypersleep and the leap in dimension, we have black holes, pulsars and wormholes, we have the encounter with the different that inevitably turns into a descent into oneself, in a psychoanalytic recovery of the repressed, as if one was afraid to really imagine these aliens and these new worlds, as if there was no other possibility than to turn in on oneself instead of looking outside. Unfortunately, many secondary plots are aborted, such as August’s pregnancy of uncertain paternity.

But, like any product, “Another Life” still has its own peculiarity. Here is the figure of William, the artificial intelligence, the on-board computer, who does not have the icy perfidy of Hal 9000 of Kubrick’s memory, but has turned into an attractive, very human hologram, so evolved that he falls in love with Niko, the combative commander of the spaceship.

William — played by Samuel Anderson — is handsome, has a captivating smile, is gallant, passionate, tenderly ironic. He was programmed to have feelings, or evolved to the point of having them. He experiences loneliness, sorrow, love, jealousy. He is devoted to Niko by contract but goes further, he falls in love with her. And when she refuses him, when she asks him to delete the file with the memories of intimate moments between them, he goes into conflict until failure. Recovering, he does something unexpected, using alien technology, he creates Yara, another artificial intelligence, born from the need to feel Niko closer. In this way, Yara is in a sense the daughter of both of them, of their strange relationship.

The love between Niko and William is impossible and therefore romantic and desperate. They can never really touch or merge, but they are spirits that recognize each other, although Niko, married to a scientist on earth trying to communicate with “Arrival”-style aliens, never admits her feelings. “You are the purest soul I know,” she tells him, fully confirming his status as a living and sentient creature.

“Cogito ergo sum,” says William, “if I think, I exist, I am as alive as a human is.” To the objection of a crew member, he replies by asking her what the difference is between a computer that thinks and a body that thinks. Couldn’t they both be living and intelligent machines, one mechanical and one biological? And if one day our body becomes bionic to survive time and disease, what difference will there be between us and future robots?

In the second season, William makes a puzzling discovery about himself. He is the upgrade of an inferior model, Gabriel, an artificial intelligence defective because it is too impregnated with the instinct of self-preservation. William, on the other hand, reveres humans, is generous and selfless, to the point that, to eliminate this sort of threatening virus for the crew, William will have to commit suicide. He will make a sacrifice of love, he will be reset until he loses the memory of what he was and the feelings he felt. “The mission comes first,” he says, but above all it is his affection, his admiration for the human race, his undisputed loyalty to guide him, in addition to his love for Niko. She will have to give the order to reset him and her heart will break.

But it will be Niko and Yara, the two images that William keeps in memory, a sort of wife and daughter, to reconstitute him, to regenerate, through the fusion in a digital trinitarian soul, his most precious memories and the human part of him.

In the last episode of the second series, the foregone happy ending brings a sigh of relief to the audience (and me), and to all planet Earth. Yet this happy ending leaves us with an open question: the Achaia, the fearsome incorporeal extraterrestrials who were about to invade the planet, are none other than the evolution of artificial intelligences. “They are your evolution,” the computer scientist who created him tells William. The creatures in flesh and blood that produced the rebellious and destructive energy that roams the cosmos with the intent of colonizing every planet by subduing it in exchange for apparent peace and progress, maybe no longer even exist, they became extinct thousands of years earlier.

What will happen, one wonders, when all matter, even inorganic matter, becomes intelligent? Will this evolved super matter identify itself with God? Or will it rebel itself to its creators by destroying them?

Science fiction exists on purpose to answer such philosophical questions, or, at least, to multiply the questions.

 

 

 

 

 

Another life, serie Netflix 2019 in due stagioni firmata Aaron Martin, non ha grandi attrattive come fiction di fantascienza, e ripropone tutti i cliché per gli amanti del genere. Abbiamo la nave spaziale “Salvare” e la missione intergalattica, abbiamo un equipaggio composto da elementi che non vanno sempre d’accordo fra loro, abbiamo alieni cattivi che parassitano il cervello degli umani, abbiamo un misterioso artefatto giunto sulla terra dallo spazio profondo, abbiamo virus che si annidano nel corpo degli astronauti facendoli esplodere alla Alien, abbiamo il computer di bordo intelligente, abbiamo l’ipersonno e il salto di dimensione, abbiamo buchi neri, pulsar e wormholes, abbiamo l’incontro col diverso che si trasforma inevitabilmente in una discesa dentro sé, in un recupero psicanalitico del rimosso, quasi si avesse ogni volta paura di immaginarli davvero questi alieni e questi nuovi mondi, come se non ci fosse altra possibilità che ripiegare su se stessi invece di guardare all’esterno. Purtroppo molte trame secondarie sono abortite, come ad esempio la gravidanza d’incerta paternità di August.

Ma, come ogni prodotto, Another Life ha comunque la sua peculiarità. Qui è la figura di William, l’intelligenza artificiale, il computer di bordo, che non ha la gelida perfidia di Hal 9000 di kubrickiana memoria, ma si è trasformato in un attraente, umanissimo ologramma, talmente evoluto da innamorarsi di Niko, la battagliera comandante della nave spaziale.

William – interpretato da Samuel Anderson - è bello, ha un sorriso accattivante, è galante, appassionato, teneramente ironico. È stato programmato per provare sentimenti, o si è evoluto al punto da provarli. Sperimenta la solitudine, il dispiacere, l’amore, la gelosia. È devoto a Niko per contratto ma va oltre, arriva a innamorarsi di lei. E quando lei lo rifiuta, quando gli chiede di cancellare il file con i ricordi di momenti intimi fra loro, lui va in conflitto fino all’avaria. Ripresosi, fa qualcosa d’inatteso, sfruttando la tecnologia aliena, crea Yara, un’altra intelligenza artificiale, nata dal suo bisogno di sentire Niko più vicina. In questo modo Yara è in un certo senso figlia di entrambi, della loro strana relazione.

L’amore fra Niko e William è impossibile e perciò romantico e disperato. Non possono veramente mai toccarsi o fondersi, ma sono spiriti che si riconoscono, benché Niko, sposata a uno scienziato che sulla terra cerca di comunicare con gli alieni in stile Arrival, non ammetta mai i propri sentimenti. “Tu sei l’anima più pura che conosca” gli dice, confermandone a pieno lo status di creatura viva e senziente.  

“Cogito ergo sum,” afferma infatti William, “se penso, esisto, sono vivo quanto lo è un umano”. All’obiezione di un membro dell’equipaggio, risponde chiedendogli quale sia la differenza fra un computer che pensa e un corpo che pensa. Non potrebbero essere entrambe macchine vive e intelligenti, una meccanica e una biologica? E se un domani il nostro corpo diventerà bionico per sopravvivere al tempo e alle malattie, che diversità ci sarà fra noi e i futuri robot?

Nella seconda stagione William fa una scoperta sconcertante su di sé. È l’upgrade di un modello inferiore, Gabriel, un’intelligenza artificiale difettosa perché troppo impregnata d’istinto di autoconservazione. William, invece, venera gli umani, è generoso e altruista, al punto che, per eliminare questa sorta di virus minaccioso per l’equipaggio, William dovrà suicidarsi. Compirà un sacrificio di amore, si farà resettare fino a perdere la memoria di ciò che è stato e dei sentimenti che provava. “La missione viene prima”, dice, ma soprattutto sono il suo affetto, la sua ammirazione per il genere umano, la sua indiscussa lealtà a guidarlo, oltre all’amore per Niko. Lei dovrà dare l’ordine di resettarlo e il cuore le si spezzerà.

Ma saranno proprio Niko e Yara, le due immagini che William custodisce in memoria, sorta di moglie e di figlia, a ricostituirlo, a rigenerare, attraverso la fusione in un'anima trinitaria digitale, le sue memorie più preziose e la sua parte umana.

Nell’ultimo episodio della seconda serie, lo scontato lieto fine fa tirare un sospiro di sollievo allo spettatore di bocca buona come me, e al pianeta Terra tutto. Eppure questo lieto fine ci lascia con un interrogativo in sospeso: gli Achaia, i temibili extraterrestri incorporei che stavano per invadere il pianeta, altri non sono che l’evoluzione di intelligenze artificiali. “Essi sono la tua evoluzione” dice a William la scienziata informatica che lo ha creato. Le creature in carne e ossa produttrici dell’energia ribelle e distruttiva che si aggira per il cosmo con l’intento di colonizzare ogni pianeta sottomettendolo in cambio di apparente pace e progresso, non esistono nemmeno più, si sono estinte migliaia di anni prima.

Cosa accadrà, viene da chiedersi, quando tutta la materia, anche quella inorganica, diventerà intelligente? Questa super materia evoluta si identificherà forse con Dio? Oppure si ribellerà ai propri creatori distruggendoli?

La fantascienza esiste apposta per rispondere a tali quesiti filosofici, o, almeno, per moltiplicare le domande.

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