gordiano lupi
Maria Antonietta Schiavina, "Nonni"
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Maria Antonietta Schiavina
Nonni
Oak Edizioni, 2022
Euro 25 – Pag. 400
Nonni, antologia curata dalla giornalista Maria Antonietta Schiavina, autrice anche dell’ultimo racconto dedicato a nonna Piera, è un gran bel libro da regalare, non solo per le feste ma per tutto l’anno. Scegliete bene il destinatario del dono, perché servono lettori non adusi al thriller e al noir, meglio disposti a emozionarsi, più propensi a commuoversi. I racconti sono davvero tutti affascinanti, intrisi di nostalgia e di memoria storica, ricordano un nonno e fanno venire a mente un’epoca che se n’è andata, volti una pagina e incontri un’altra emozione. Autori famosi, veri e propri personaggi del mondo dello spettacolo, scrittori meno noti, esordienti e narratori esperti, uniti in un unico afflato letterario per celebrare il ricordo dei tanto amati nonni. Sono di parte, lo ammetto, dentro c’è anche un mio racconto, che vede il solito Giovanni (mio alter ego in Calcio e acciaio e in Sogni e altiforni) raccontare per l’ennesima volta la storia del nonno (materno) amiatino, che da Seggiano finisce a Terracina, quindi in America a far fortuna, poi prigioniero degli austriaci nella Grande Guerra, salvo per miracolo, infine operaio dell’Ilva, a Piombino. Nonni contiene racconti di Francesca Lenzi, Elena Pecchia, Fabio Canessa, Pupi Avati, Carlo Conti, Rossano Pazzagli, Letizia Papi, Maila Papi, Maurizio Costanzo, Enrico Vanzina, Elena Ciurli, Manolo Morandini, Lino Banfi, Marco Vito, Gianfranco Benedettini, Divina Vitale, Francesca Ghiribelli, Leo Picchi, Rosa Velasco, Gino Paoli, Achille Onorato, Cristiano Militello, Monica Grandi, Giulia Campinoti, Rita Nannelli, Renzo Arbore, Sergio Staino, Dario Ballantini, Leo Gullotta, Maria Antonietta Schiavina, Bruno Manfellotto ... e chi più ne ha più ne metta! Un’antologia di ben 400 pagine, pubblicata da Oak Edizioni di San Vincenzo. Copertina stilizzata con in primo piano un nonno e un nipote di Fabio Leonardi. Per ordini diretti dall’editore, scrivete a info@oakedizioni.it oppure fate un salto su https://oakstore.it.
AA.VV A cura di Alberto Figliolia, "Tifosi interisti per sempre"
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AA.VV – a cura di Alberto Figliolia
Tifosi interisti per sempre
Il grande racconto della passione nerazzurra
Edizioni della Sera, 2022 - Euro 14- pag. 160
www.edizionidellasera.com
Alberto Figliolia raduna attorno a sé un gruppo di scrittori innamorati della grande Inter, praticamente due squadre al completo, ben 22 autori, oltre lui stesso nelle vesti di allenatore - giocatore. Tra gli autori dei racconti citiamo Claudio Agostini, Federico Zanda, Giovanni Marrucci, Nicola Colombo, Lorenzo Meyer, Francesco Rota, Giulio Ervino, Albert Borsalino e un grande prefatore come il centravanti Renato Cappellini. Luigi Garlando scrive: “È dallo stile, dall’eleganza del cuore che si riconoscono gli interisti. Noi interisti siamo artisti pazzi, nati sotto la luna piena di marzo, ma il nostro cuore è una spugna immersa nel coraggio”. Come posso non dargli ragione? Sono interista da un lontano giorno del 1966 quando mio padre era in poltrona e bestemmiava per colpa d’un dentista che eliminava l’Italia dai mondiali d’Inghilterra. Sono interista dai tempi del mago Helenio Herrera che vinceva campionati e coppe, al cinema gli facevano la parodia sia Franco Franchi che Alberto Sordi, ma in campo non ce n’era per nessuno, altro che Mouriño! Sono interista da quando scalpitavo sin dal venerdì sera per andare la domenica con mio padre, pronto prima dell’alba in attesa del treno, a Firenze o a Roma per veder giocare Mazzola, Suarez, Jair e Vieri. Sono interista da sempre, anche se perdiamo con il Bologna per colpa d’un portiere che non raccoglie un passaggio, anche se non vinciamo campionati per anni, insomma, non sono juventino, il nerazzurro è una fede. Pure la squadra della mia città (Atletico Piombino) indossa identica maglia e fa parte - proprio come l’Internazionale di Milano - dei miei amori inossidabili. Il libro è una raccolta di racconti, l’impostazione è sentimentale, si viaggia sulle ali del ricordo, con un pensiero unico espresso a più voci, guidate da un direttore d’orchestra come Alberto Figliolia, che lega i ricordi con il filo sottile della nostalgia. Renato Cappellini firma l’introduzione, la sua figurina Panini è una mia personale madeleine, me lo ricordo con la maglia della Roma, del Varese, persino del Como e della Fiorentina, ero un bimbo quando segnò un gol al Real Madrid, vestito di nerazzurro, in Coppa dei Campioni. Alberto Figliolia lo conosco come esperto di calcio e di basket, critico letterario, giornalista sportivo, persino poeta (ottime le sue liriche nel mondo dello sport), ma in questo lavoro è anche ottimo selezionatore di talenti. I racconti ci portano a spasso nel tempo, fanno conoscere stagioni diverse della nostra Inter, ci ricordano che ha vestito la gloriosa maglia anche Vastola, non solo Meazza, Skoglund, Facchetti, Sarti, Burgnich, Lorenzi … Tifosi interisti per sempre è un libro che non può mancare nella biblioteca del tifoso nerazzurro, bello sin dalla copertina a colori che raffigura Spillo Altobelli, palla al piede, pubblico in dissolvenza, il centravanti che mi porta indietro nel tempo alla riscoperta della giovinezza.
Claudio Cherubini, "Uscire da Matrix"
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Uscire da Matrix
Claudio Cherubini
Editore: Youcanprint
ISBN: 979-12-20375-29-0
Pagine: 291 p. brossura
Anno edizione: 2021
Amiamo tutti, chi più e chi meno, la comodità. Ergo, quando siamo costretti o semplicemente se ci viene chiesto di abbandonare la cosiddetta e celebre comfort zone storciamo il naso e la bocca. E poi vogliamo pure rispondere seccamente di no, sentendoci talora persino offesi per tale richiesta. Ma scherziamo?
Perché dobbiamo farlo? E brutalmente poi ci chiediamo pure che vantaggi possiamo trarre da ciò. Siamo- insomma - sotto sotto tutti dei gran abitudinari e pensare, anche solo minimamente, di stravolgere la nostra quotidianità, per non parlare poi della nostra stessa vita! No, non ci pensiamo nemmeno. Non ne abbiamo voglia e ne abbiamo una gran paura. Farlo sarebbe - in sostanza - come buttarsi nel vuoto senza un paracadute. Ma agendo così non ci rendiamo conto che non solo non riusciamo a conoscere sul serio il mondo che ci circonda, che è davvero molto vasto e nasconde non solo tante brutture ma anche infinite bellezze, così come il nostro interiore che - se vogliamo - potrebbe rivelarsi ancora più affascinante, oltre che complesso. E se non ci conosciamo sul serio, come possiamo sapere che cosa vogliamo dalla nostra esistenza e da noi stessi? E se non ci capiamo davvero, non siamo in grado di rispettarci e di amarci nel profondo, non solo con la mente ma anche con il cuore e con l'anima. Come possiamo - dunque - illuderci, perché di assoluta e mera illusione, di rispettare e amare gli altri? Cherubini ci invita, tra le pagine della sua seconda opera, decisamente ben scritta, su queste tematiche che prendiamo un po' troppo sotto gamba. nascondendoci dietro al fatto che siamo sempre troppo indaffarati e di corsa per poterlo fare. Ma anche questa è una scusa per non guardarci dentro e per non lottare per chi siamo. Lungimirante.
Contatti:
https://twitter.com/cherubao
Sante Rodella, "Gatti, uomini e tutto il resto"
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Sante Rodella
Gatti, uomini e tutto il resto
Sensoinverso Edizioni - Pag. 150 – Euro 14
Un libro autobiografico questo Gatti, uomini e tutto il resto, una narrazione intima e profonda, che parte da lutti sentiti e situazioni intime difficili, complicate da pandemia e isolamento. Per fortuna che ci sono gli animali, verrebbe da dire, siano gatti o cani risolvono il problema della solitudine e della mancanza di affetto, dell’impossibilità di poter avere uno scambio di idee con altre persone. Il protagonista del racconto si sceglie per amico una gattina, subito dopo la morte dell’amata madre, in piena pandemia, che riesce a dare pace interiore e un rinnovato entusiasmo. Sante Rodella, attraverso l’amore per un felino, dedica un libro al gatto come entità assoluta, divinizzata dagli egizi, perseguitata dai cristiani nel Medio Evo, considerata diabolica, vicina a Satana, amica delle streghe. Al centro del libro sta comunque il gatto, visto nel suo rapporto con gli uomini, animale valorizzato da brevi narrazioni dove è sempre in primo piano l’amicizia che cede il passo ai comici rapporti con le gatte e con i cani (del tutto diversi), mentre l’uomo osserva e sorride, alleviando le sue pene. Il materiale letterario è composito, si va dal racconto al dialogo semi filosofico (leopardiano), passando per le riflessioni sulla gelosia e la fedeltà, analisi sui sentimenti, per finire con una serie di storie che vedono protagonista il felino. Autoironia e introspezione, dialoghi filosofici sul senso della vita e narrativa pura, racconto comico - direi tragicomico, come l’esistenza - e divagazioni sentimentali, il tutto accompagnato da un immanente senso della morte, una consapevolezza dell’età che avanza, segnato dalle parole di un autore profondo, mai banale, consapevole delle cose che (attraverso metafora) vuol dire. Sante Rodella ha pubblicato Liz e dintorni (biografia di Liz Taylor), Il prof. di religione (autobiografico), Ausonia (romanzo storico), Ultimo Divo (biografia non autorizzata di Gianni Macchia). Noi che li abbiamo letti quasi tutti, ve li consigliamo spassionatamente. Sensoinverso, tra l’altro, è un editore serio e capace, che produce buoni libri dall’aspetto grafico accattivante.
Roberto Mistretta, "Rosario Livatino - L'uomo, il giudice, il credente"
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Roberto Mistretta
Rosario Livatino - L’uomo, il giudice, il credente
Edizioni Paoline - Pag. 440 - Euro 22
Dopo l’ottimo libro su don Ferdinando Di Noto e la sua battaglia in favore dei bambini, Edizioni Paoline affida a Roberto Mistretta un lavoro altrettanto importante - direi quasi indispensabile - sulla figura del giudice Rosario Livatino, già pubblicato sette anni fa, ma rivisto e ampliato dopo la beatificazione di un uomo definito martire di giustizia e della fede. Roberto Mistretta è scrittore conosciuto per i piacevoli romanzi gialli che vedono protagonista il pacioso commissario Bonanno (Premio Tedeschi, 2019), ma anche di racconti per bambini e saggi divulgativi a tema sociale. Rosario Livatino è un personaggio che affascina lo scrittore siciliano, perché è un uomo coraggioso e indomito, appassionato difensore della legalità, profondo conoscitore del diritto e della società, sorretto da una fede forte, convinto che il suo unico compito fosse quello di servire lo Stato. Livatino, il giudice ragazzino, ha compiuto il suo dovere fino in fondo, contro tutto e tutti, questo libro gliene dà merito, sin dalla presentazione evangelica, scritta da monsignor Russotto, che lo definisce l’uomo delle Beatitudini, un giudice santo pur se profondamente uomo, un coraggioso eroe del Vangelo e della giustizia. Mistretta prosegue sul solco tracciato dalla fede, perché avvisa il lettore che il suo libro - oggi più di sette anni fa - è dedicato soprattutto a chi crede nel Vangelo e si propone di mettere in evidenza l’umanità e la profonda spiritualità del giudice ragazzino. Prima di cominciare a scrivere su Livatino, l’autore si reca in pellegrinaggio ad Agrigento e sosta in raccoglimento davanti alla camicia intrisa del suo sangue, quella che indossava il giorno del martirio. Il libro è dedicato a un Beato, a un giudice integerrimo, eroe della fede, servitore dello Stato, che pone sempre Dio e la legge al centro del suo lavoro. Trentotto anni ancora da compiere, il più giovane magistrato ucciso in Italia, il primo a essere dichiarato Beato. Il libro si sviluppa in cinque parti: L’uomo e il magistrato, Le agende specchio dell’anima, Sangue innocente, La vita oltre la morte: i miracoli, Interventi pubblici di Rosario Livatino. Mistretta racconta vita e opere di un uomo cresciuto a pane e diritto, destinato a compiere grandi cose sin dai tempi del liceo e di una doppia laurea, magistrato zelante e meticoloso che indaga su uomini intoccabili e pericolosi, su potenti mafiosi che ne decretano la condanna a morte. Livatino era un uomo schivo, non si lasciava intervistare, non amava la ribalta, neppure le fotografie, preferiva lavorare con passione (persino in ferie!) e compiere il suo dovere senza esibire successi e impegno. Il giudice ragazzino, dopo la morte si è meritato gli onori di un film girato da Alessandro di Robilant tra Comitini, Naro e Agrigento, per narrare la vita e la figura di un magistrato ucciso da quella mafia che aveva cercato di combattere. Mistretta racconta il metodo di lavoro, approfondisce l’uso delle agende che contengono elementi importanti per ricostruire il suo pensiero e il lato umano di un personaggio che soffriva un grande senso di isolamento, cercando rifugio nella fede in Dio. Terribile il capitolo intitolato Quel cornuto lo dobbiamo ammazzare, dove da buon scrittore di thriller l’autore ricostruisce l’organizzazione dell’omicidio e l’agguato a un uomo indifeso, vittima sacrificale di un sistema corrotto. Cosa vi ho fatto, picciotti? Ha appena il tempo di sussurrare il giudice ragazzino, finito da cinque colpi di pistola. Tieni, pezzo di merda! È la terribile risposta che accompagna gli spari. Mitra e pistola, poi un colpo in pieno volto. Mistretta racconta tutto, con stile piano e suadente, grazie a capitoli brevi e testimonianze, con umile partecipazione alla vita di un Beato, di un futuro Santo. Non mancano le parole dei pentiti e i miracoli compiuti, ma anche se non credete al soprannaturale e se non avete fede, il più grande miracolo di quest’uomo è aver affrontato la vita come la morte, convinto di fare il proprio dovere e di servire lo Stato fino in fondo. Leggete questo libro e approfondite la sua esistenza. Vi sarà utile.
Il fantasma di Alessandro Appiani (2022) di Stefano Simone
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Stefano Simone si conferma autore interessante e versatile, cambiando del tutto genere dopo gli ultimi lavori che spaziavano dal fantastico al thriller, con alcune incursioni nel tema sociale e dei diritti umani. Il fantasma di Alessandro Appiani è commedia thriller, qualcosa che in Italia si fa davvero poco, in parte riferibile a lavori internazionali come IT, per il tono e per la presenza dei ragazzini che indagano, fatte le debite proporzioni. Qui ci troviamo di fronte a un lavoro a basso budget che fa del cinema teatrale la sua maggior forza, con interpretazioni credibili da parte dei giovani attori, un cast interessante nel quale spicca la protagonista Rosa Vairo, per espressività e naturalezza. La sceneggiatura di Matteo Simone, Roberto Lanzone e Giuseppe Bollino parte da un romanzo di Gordiano Lupi, senza stravolgerlo nella storia, ma calandolo alla perfezione in un mondo popolato da adolescenti. L’operazione può dirsi riuscita, perché Silvia Lepri (Vairo) resta la ragazza sognatrice che sin dall’infanzia ha la straordinaria capacità di sentire le voci a grande distanza (idea di Aldo Zelli, dal racconto Le voci lontane). Nella versione del cineasta di Manfredonia si avvale della complicità di due amici come Luigi (Mangiacotti) e Carlo (Balta) per investigare su una serie di omicidi che sembrano collegati alla leggenda del fantasma di Alessandro Appiani e del suo castello abbandonato. Spinti dalla curiosità, i tre adolescenti iniziano un’indagine personale, basandosi sui libri di leggende popolari del professor Luisi, uno storico locale che cerca di riabilitare la figura del principe. Mentre la polizia brancola nel buio, sarà proprio il trio a risolvere il mistero. Non diciamo altro sulla trama, perché il film è un vero e proprio giallo con ben quattro omicidi e un colpevole, che lo spettatore scoprirà soltanto verso la fine, nel corso di una sequenza ad alta tensione. Veniamo ai pregi della pellicola, che sono molti, a partire da un cartone animato inziale che racconta la storia del delitto di Alessandro Appiani (episodio storico, avvenuto a Piombino nel 1580) avvalendosi di un singolare quanto originale rap in sottofondo. Pare di essere tornati nel cinema degli anni Settanta, quando spesso le commedie italiane venivano introdotte da un divertente disegno animato. Sara Strafile e Lucia Zullo sono davvero brave e realizzano un prodotto di godibile freschezza. Il film è ben fotografato da Tommaso Visentino, che conferisce le atmosfere giuste alla narrazione, passando senza soluzione di continuità dai toni cupi e giallastri dei notturni ai luminosi esterni. Stefano Simone dimostra di aver raggiunto un buon livello di maturità tecnica, che lo rende capace di affrontare sia i piani sequenza che i campi e controcampi per gestire i dialoghi di un film in gran parte teatrale, come impostazione narrativa. Non mancano le annotazioni d’autore come la scena del dialogo tra il nonno (Potito, molto bravo) e Silvia, dove il vecchio discetta sul valore dei sogni e sulla crudeltà della guerra, senza dimenticare il valore simbolico del binario (ricorrente nei film di Simone) con gli adolescenti che camminano lungo la linea ferroviaria, pronti per affrontare la vita. Il film ha un tono da commedia che non ha precedenti nel cinema del regista pugliese, alcuni personaggi sono volutamente grotteschi e caricaturali, come il giovane scrittore Paolo Lanfranchi (Simone), che parla senza capire il senso delle parole e usa piuttosto che a sproposito (come fanno in molti!). Per non parlare dell’inetto ispettore di polizia (Tricarico) e del suo assistente (Di Trani) che deve sopportare la prosopopea del superiore e la sua arroganza nell’imputarsi meriti inesistenti. Da notare alcune riuscite gag all’interno del castello abbandonato, dove gli sceneggiatori si prendono gioco degli stereotipi del cinema horror di bassa lega. Ottimo Matteo Mangiacotti nella parte dello studente secchione innamorato di Silvia e molto bene Simone Balta, il più giovane del terzetto che porta un tocco di leggerezza alla formazione dei giovani detective. Rosa Vairo è perfetta come indagatrice dell’incubo dotata di poteri soprannaturali, che confida solo al giovane amico Carlo, espressiva e sorridente, mai in difficoltà con la gestione del personaggio. Tra i pochi adulti, spicca l’interpretazione di Carlo Cinque, nei panni di un allucinato professor Luisi, scrittore ossessionato dalla figura di un principe calunniato dalla storia. Nota di merito per Stefano Simone, perché non è facile dirigere giovani attori e farli recitare in maniera spontanea e naturale, senza incertezze di sorta. Termino con il montaggio serrato, che contribuisce a creare suspense nelle sequenze più importanti, come durante la visita notturna al castello abbandonato. Ottima la scelta del suono in presa diretta che conferisce veridicità e spontaneità al materiale narrativo. Colonna sonora come sempre (sin dai tempi di Cappuccetto Rosso) del fido Luca Auriemma, una costante positiva nei film del regista sipontino. Attendiamo novità sulla distribuzione, che crediamo sarà soprattutto televisiva, anche se il film meriterebbe attenzione da parte di cinema indipendenti, festival e rassegne a tema.
Regia: Stefano Simone. Soggetto: Gordiano Lupi (romando), Aldo Zelli (idea). Sceneggiatura: Roberto Lanzone, Giuseppe Bollino. Musiche: Luca Auriemma. Fotografia: Tommaso Visentino. Animazione: Sara Strafile, Lucia Zullo. Aiuto Regia: Francesco Trotta. Fonici di presa diretta: Giovanni Casalino, Robb MC. Produzione: Running TV International. Genere: Commedia / Thriller. Formato: DCP / Colore. Durata: 84’. Paese di Produzione: Italia, 2022. Interpreti: Rosa Vairo (Silvia), Matteo Mangiacotti (Luigi), Simone Balta (Carlo), Bruno Simone (Paolo Lanfranchi), Antonia Notarangelo (amica di Lanfranchi), Carlo Cinque (Mario Luisi), Sara Pellegrino (amica di Lanfranchi), Gianluca Di Trani (assistente di polizia Righetti), Cory Di Pierro (madre di Silvia), Antonio Potito (il nonno), Pasquale Tricarico (ispettore Franceschini), Moussa Camara (senzatetto che vive nel castello), Isabella Gentile (madre di Lanfranchi).
Maria Teresa Liuzzo, tra narrativa e poesia, nel solco dell’amore
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Il nostro paese è ricco di intellettuali e di case editrici che lavorano nell’ombra, perseguendo un ben preciso programma culturale, non finalizzato a scopi economici. Maria Teresa Liuzzo, per esempio, dirige la rivista Le Muse, edita da Agar Editrice di Reggio Calabria, si occupa di musica lirica, drammaturgia, scrive romanzi e poesie, insegna nelle università statunitensi ed è corrispondente per riviste internazionali. Tra i suoi romanzi - tutti editi da Agar - consigliamo E adesso parto! (2019), Non dirmi che ho amato il vento! (2021), La luce del ritorno (2022) e L’ombra affamata della madre (2022). La scrittura di Maria Teresa Liuzzo è intensa e ricca di simboli, finisce per fare poesia anche quando scrive prosa, il suo valore lirico è assoluto, così come molti passaggi sono ricchi di simboli espressionistici e surreali. Gli uccelli cantano con voce di pianto, la notte non ha pietà, il viola cangiante della sera si allarga a valle come un fiume, la sete morde le labbra in un gioco crudele, il sangue impazzisce dentro il ventre … La scelta lessicale è sempre molto accurata, quando si leggono queste pagine la mente vola verso la miglior scrittura ottocentesca, ricca di elementi descrittivi e di suggestioni romantiche. Tutto questo lo riscontriamo in misura superiore nell’opera in versi che abbiamo analizzato in maniera compiuta, Danza la notte sulle tue pupille, di recente pubblicazione, dove le tematiche amorose ed esistenziali sono sviscerate con passione e intensità. Parole musicali, termini insoliti, versi liberi dotati di una metrica intrinseca e di un andamento poetico naturale. Leggiamo il componimento che apre la raccolta.
Danza la notte nelle tue pupille
e sui nostri corpi avvinti
al candore di un fiato disperso
nel cuore che alita l’éllera di un sogno,
là dove l’incoscienza
s’impreziosisce del limite
lasciando dietro di sé
albe e mondi di sabbia
a farsi sangue di falene.
Il colore dei tuoi occhi
veste la solitudine dell’ora
e sgomitola la sapienza dei corpi
ombre di un desiderio mai dissolto,
sulle labbra graffi di memoria, che geme
in lenzuola di geometrie allo specchio.
Leggiamo un’altra lirica che affronta con efficacia e intensità il tema della solitudine umana, la fine di un amore, la passione perduta che si stempera in un ultimo abbraccio, un cesto di ricordi che contiene una rosa aggrappata a brividi di sangue.
Sola
come la notte e la morte …
Nel cesto dei ricordi l’ultima rosa
aggrappata a un brivido di sangue.
Piango al lume del silenzio
perché nessuno veda
il dolore dell’ultimo abbraccio,
il calore dell’ultima sfida.
Forse il profumo dell’ombra
mi è daccanto
nel suo lembo di cielo
ancora intatto.
La poetessa veste trine di spume, è il mare, se in lei ti perdi. Ricompone acque perché i sogni non anneghino, fa delle rocce pagine di parole innamorate, tiene ben stretto tra le mani il tessuto della vita. Mentre scrive un vento di gabbiani solleva orli di mare e molecole di sangue scompongono il tempo. Vera poesia, senza ombra di dubbio, che deve soltanto essere letta, senza alcun bisogno di forbite spiegazioni che fior di critici (Mauro D’ Castelli) hanno comunque dedicato a questi versi. Concludiamo il nostro intervento da lettore appassionato con una lirica sul senso del passato.
Ritornare fanciulli,
inventare amori senza volto
nelle strette dell’angoscia.
Il carminio dei gerani
dipinge bocche nuove
su ferite di nubi immacolate.
Geometrie cristalline
in un soffio di pula;
sorrisi e insidie,
io pensieri fatti sangue.
l’oro dei raggi
disegna le finestre
tra sinfonia di voci
e specchi di bottiglia.
Una considerazione finale la dedichiamo alla rivista Le Muse, giunta al ventiduesimo anno di pubblicazione, un bimestrale di grande formato che si occupa di arte e cultura, che in questo numero estivo approfondisce le figure dei classici Novalis e Vittorini, oltre alla contemporanea Antonella Di Siena, per finire con ospitare racconti, poesie, interventi critici e recensioni. Per informazioni la mail è rivistalemuse@libero.it.
Ricordando Franco Micheletti
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Venerdì 16 settembre – ore 17
SALA UNITRE di Via Torino
Piombino (LI)
RICORDANDO FRANCO MICHELETTI
Gordiano Lupi, Lucilla Lazzarini, Stefano Tamburini e Patrizia Lessi ricorderanno la figura di uomo e di scrittore di Franco Micheletti, ripercorrendo e rileggendo pagine tratte dai suoi testi principali, da Cronache maremmane a Piombino in bianco e nero, passando per Piombino tra storia e leggenda e Piombino com’era. Tutti i libri dello scrittore piombinese sono stati ristampati e resi disponibili dal Foglio Letterario Edizioni, che ha donato una copia di ogni volume - vista l’importanza ai fini della memoria storica locale - all’Archivio Storico e alla Biblioteca Civica Falesiana. Gordiano Lupi ha ricordato l’amico scrittore (tra i primi collaboratori della rivista Il Foglio Letterario) in Amarcord Piombino – I ragazzi di via Gaeta, con questo brano.
Franco Micheletti e la memoria del passato
Franco Micheletti non era soltanto un autore del Foglio Letterario. Era un amico. Era un amico vero. Soltanto la malattia è riuscita a fermarlo. Da qualche tempo non era più lo stesso, si vedeva sempre meno alle nostre iniziative. Non ce l’ha fatta neppure per la festa dei vent’anni. So quanto ci avrebbe tenuto, sempre così presente, trasmetteva entusiasmo, ci sosteneva. Franco amava la sua Piombino, conosceva ogni angolo della città, ricordava vizi e virtù dei personaggi simbolo del recente passato. Rimpiangeva le cose perdute, quelle che non sarebbero potute tornare, sottolineava il cambiamento, lo smarrimento d’una città vitale, pronta a lottare per i propri diritti, per un futuro migliore. Franco ha scritto libri bellissimi sui personaggi piombinesi e sulla piccola storia quotidiana, veri capolavori di provincia da riscoprire, da far leggere alle nuove generazioni. Ricordo la dolente e nostalgica narrazione del suo Cronache maremmane, contenitore di storie della Piombino anni Cinquanta e Sessanta, cui sono seguiti i racconti anni Settanta di Piombino in bianco e nero, fino al recente Piombino com’era, ricco di aneddoti e ricordi del tempo passato. E adesso che pure lui è entrato a far parte dei ricordi vado fiero di averlo conosciuto, di aver pubblicato i suoi libri, di averlo convinto a continuare, perché c’è tanto bisogno di memoria storica in questi tempi tristi. Abbiamo scritto pure un libro a sei mani: Piombino tra storia e leggenda, che ci ha visti assieme alla pittrice Elena Migliorini per raccontare (piccoli Proust di provincia) la nostra città perduta.
Oggi mi sento un poco più solo, piango un amico, ricordo uno scrittore vero, uno che intingeva la penna nelle ferite della vita, operazione più complessa - di certo più utile - che scrivere gialli, noir e thriller alla moda. Franco Micheletti ci ha permesso di non dimenticare Zoccolino, Fischione, Isa dei gabbiani, Cecco Nero, Bruno Tiradiritti, Netto, Remo, il Conte Scoglio, Pino il cenciaio, l’ammiraglio Curione e molti altri personaggi che popolano i suoi libri, resi immortali dalla sua memoria enciclopedica, rivitalizzati dalla sua fantasia di scrittore. Pare ancora di sentirlo parlare davanti al Bar Cristallo, far vibrare la sua voce inconfondibile per narrare la vita delle persone che un tempo passavano da corso Italia dirette verso piazza Bovio e Trastevere. Franco sapeva raccontare storie come i narratori d’una volta, gli intrattenitori davanti a un focolare, solo per fermare le parole che uscivano come un fiume in piena dalle sue labbra si è convinto a scriverle. Ed è stato un bene, perché adesso sono un patrimonio comune, piccola storia quotidiana, racconti della nostra comunità. Non so davvero dove tu sia, caro Franco. Spero che esista un Paradiso, un luogo capace di unire scrittori, pescatori e cacciatori, tutte cose che ti sono appartenute, le tue vere passioni. Spero che esista un Dio - pure se sono povero di fede, scettico come sempre, incapace di certezze - e resto in attesa di rivederti.
Gianni Mattencini, "Taceranno anche i passeri"
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Tutto ebbe inizio con la morte del coadiutore Gaetano Innamorato. Un dipendente delle Ferrovie di Stato, schivo e solitario, che scelse di suicidarsi all’interno del proprio ufficio di Bari, alle diciassette e venticinque di martedì 27 aprile, nel 1926. In un’epoca in cui il fascismo era salito al potere e consolidava la propria posizione con una politica statalista e centralista, uno scandalo all’interno delle Ferrovie sarebbe stato assai deleterio. Ed è proprio per questo che il procuratore del Re aveva fretta di chiudere la vicenda e archiviare il fascicolo, appurando che si trattasse di un gesto estremo, ma senza alcuna istigazione esterna. Non era però dello stesso avviso il sostituto procuratore, Alcide Saponaro, che in questa vicenda aveva colto sin da subito delle possibili implicazioni di reato e una chance per fare presto carriera. Si avvalse, in questa indagine, dell’aiuto materiale del maresciallo Albino Casati, il quale seguiva la pista tracciata dal magistrato, ma anche il proprio intuito professionale, che lo conduceva ad approfondire la provenienza dell’archivio fotografico trovato in casa del suicida. «L’esito dell’esame era stato prontamente riferito dai regi carabinieri in un ben strutturato seguito di rapporto in cui si avanzava l’ipotesi che le fotografie provenissero almeno in parte dal mercato d’Oltralpe, perché nel retro di talune di esse erano indicate didascalie piccanti in lingua francese. Inoltre, si faceva rilevare la coincidenza, probabilmente non del tutto casuale, che la Rosa Diodato in Dossetti, la donna conosciuta dall’Innamorato in Abano Terme, aveva un precedente di rimpatrio in Italia proprio dal suolo francese per sospetto esercizio del poco nobile mestiere nella città di Parigi. Si trattava di collegamenti assai labili, è vero, ma le prime indagini si conducono così, alimentando d’ipotesi i sospetti e verificandone la fondatezza». Un giallo davvero avvincente, architettato con maestria dalla penna capace dell’ex magistrato ora prolifico scrittore investigativo, Gianni Mattencini, che descrive con compiutezza quegli anni dominati dall’ascesa del fascismo, adattando lo stile in modo conferme all’epoca.
SCHEDA TECNICA
Genere: Narrativa
Pagine: 240
Prezzo: € 16,00
Codice Ean: 9791254510810
Data di uscita: 20/6/2022
LINK DI VENDITA ON-LINE
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Pier Francesco Grasselli, "I maschilisti"
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Il romanzo più piccante dell'estate 2022 è senza dubbio I Maschilisti (Mursia Editore) di Pier Francesco Grasselli, prolifico autore che solo pochi mesi fa era in libreria con la raccolta di poesie d’amore, tutte dedicate alla stessa donna, "Poesie d'amore a una stronza" (Edizioni Il Foglio Letterario). Con quella storia d'amore in poesia, che in qualche modo si richiamava alle “Cento poesie d'amore a Ladyhawke” di Mari, Pier Francesco Grasselli ha dimostrato che quando è scritta bene la poesia può competere con la narrativa nel tenere in ostaggio il lettore dall'inizio alla fine di un libro. Recentemente il poliedrico autore emiliano ha dato alla luce il suo ventitreesimo libro, un romanzo anticonformista e politicamente scorrettissimo, che sprizza testosterone, uno stile di scrittura elettrizzante, a tratti pirotecnico, che non ti consente di staccare gli occhi dalle pagine fino alla fine del libro (io l'ho cominciato alle sei del pomeriggio, per finirlo alle due di notte). Cose che non capitano spesso oggigiorno, né con la letteratura di casa nostra né con quella straniera. Il romanzo, leggero e scorrevole ma tutt’altro che superficiale, si inserisce nella serie di opere decisamente personali che l'autore stesso ha definito la sua "autobiografia erotica", lo stile spiritoso e incalzante ricorda vagamente quello di Lorenzo Licalzi nel Privilegio di essere un guru, con qualche calcolatissima virata sul trash. Come nei precedenti Fanculo amore (Mursia 2009) e Tromba Daria (Independently Pubblished, 2017), il soggetto di I Maschilisti (Mursia 2022) è il sesso, le burrascose relazioni del protagonista con le donne e la sua “rocambolesca” vita sessuale. Un ideale libro da ombrellone, adatto a chi ama le letture frizzanti, imprevedibili… e piacevolmente indecenti.