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saggi

Maria Angela Eugenia Storti, "Itinerari di letteratura del Novecento tra tradizione ed innovazione"

27 Aprile 2024 , Scritto da Tito Cauchi Con tag #recensioni, #saggi, #tito cauchi

 

 

 

 

Maria Angela Eugenia Storti

 Itinerari di letteratura del Novecento tra tradizione ed innovazione

Guido Miano Editore, Milano 2023

 

Maria Angela Eugenia Storti, laureata in germanistica, è nata a Palermo, dove vive e ha insegnato. Opera in attività teatrali a fini didattici; ha pubblicato sillogi poetiche e saggi; alcuni fra questi ultimi sono raccolti nel volume Itinerari di letteratura del Novecento (Guido Miano Editore, Milano 2023), che chiama scrigno dei suoi sogni più intimi”, è dedicato ai suoi affetti più cari. Il sottotitolo completo specifica trattarsi di “Memorie artistiche a confronto” dei seguenti autori: Mann, Kafka, Woolf, Eliot, Beckett, Wedekind, Pirandello, Montale. Nella sua nota chiarisce che riguarda autori di cultura anglosassone e tedesca con agganci ad alcuni scrittori italiani di “espressione” europea; non di “comparazioni” si tratta, bensì di “collegamenti”. Spiega altresì che gli artisti, in un certo senso, esprimono le diverse anime della società in cui vivono; tuttavia, esemplificando, osserva che coloro che se ne discostano vengono etichettati, per esempio: di annichilimento (come Kafka), o di rivoluzione (come Brecht, qui non esaminato) o di oscillazione tra realtà borghese e mondo artistico (come Mann).

Quanto alla struttura del volume ci chiarisce la prefazione di Lea Di Salvo, la quale ne indica tre sezioni; e cioè: il Romanzo, attraverso le opere di T. Mann, F. Kafka, V. Woolf e T. S. Eliot; il Teatro, in cui si veicola la comunicazione in ambito di modernismo di portata europea, attraverso F. Wedekind, S. Beckett e L. Pirandello che qui trova collocazione con la sua sicilianità. Infine la terza sezione riguarda la Poesia comprendente insieme E. Montale e T. S. Eliot, i quali prendono le distanze dalle assolutezze, considerano la aleatorietà degli eventi. Insomma il volume mira allo svecchiamento delle letterature ampliandone i singoli confini in cui si inseriscono “squarci di memorie italiane, nel periodo tra le due guerre mondiali (…) preferibilmente attraverso l’impersonalità (…) che spesso dà origine ad una frammentarietà linguistica, al nonsense (…) e infine al silenzio”. Il sottoscritto potrebbe fermarsi qui, tuttavia prosegue sulle orme del volume, omettendo citazioni e riferimenti, per snellire l’esposizione, sia pure zoppicando.

 

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IL ROMANZO

 

Paul Thomas Mann (Lubecca, 1875 - Zurigo, 1955). Quanto al Romanzo, Maria Angela Eugenia Storti inizia con lo scrittore tedesco, esaminando, in particolare, l’opera Doctor Faustus (1947), nell’ottica del “lamento” e della “celebrazione”. Il tema del patto con il diavolo è abbastanza noto nei racconti popolari tedeschi e non solo; ma non ha niente a che vedere con il più vecchio “Faust” goethiano (del 1808). Mann trova occasione per denunciare la “decadenza e la fine della civiltà borghese”, con riferimento agli eventi bellici conclusi con la disfatta della Germania.

Tento una approssimativa sintesi. Nel suo romanzo abbiamo andamenti narrativi e saggistici senza distinzione, aggrovigliati in un sapiente gioco di contrasti. Mann prende a pretesto “un compendio romanzato di storia della musica” e un testo di filosofia, argomentando sul linguaggio nei vari ambiti comunicativi, in particolare del suono e della vista, per concludere che è necessario ricercare nuovi modi di espressione.

Il romanzo si svolge in un virtuosismo lessicale di piani a incastro in cui tutti i personaggi sono caratterizzati in modo ben distinguibile, in tutto e per tutto (timbro di voce, aspetto fisico, ecc.). Si fa uso di parodia e di formule tradizionali per farne caricature. I due protagonisti principali sono amici, Adrian e Serenus, agiscono in uno scambio continuo di ruoli, ma assumono un “significato simbolico”: Adrian rispecchia “la figura del musicista tedesco (…) vittima di cerebralismi diabolici”, vuole raggiungere la fama; Serenus è un umanista che contrappone il valore della parola ed è la voce narrante. Tuttavia essi sono le due anime dell’autore, Thomas Mann, che ora estraniandosi osserva la società; ora interprete, ne subisce le contraddizioni (questo è quello che mi pare di capire) nell’eterno confronto tra bene e male, tra Dio e Satana. Metaforicamente Mann si riferisce non (solo) all’uomo, bensì al popolo tedesco. Egli è ora l’uno, ora l’altro dei personaggi, volendo fare percepire la disfatta della Germania “in cui i colpevoli non sono da ricercare solo tra i gerarchi nazisti (…). non si può dire io non sapevo, non è permesso, e solo un occhio ci si può coprire, uno solo”.

 

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Franz Kafka (Praga, 1883 – Kierling, 1924) è il risultato di una rosa di culture molto diverse tra loro: quella slava (di Praga), quella tedesca (avendo studiato in Germania), quella ebraica (essendo figlio di un israelita), nonché di cultura francese per via delle sue letture. Aveva una formazione ampia con l’inclinazione alla metafisica, alla ironia e all’assurdo, perciò infittisce di oggetti e di personaggi impregnandoli di simbolismo e curandone molto i particolari con forte realismo. Il tutto gli conferisce un’immaginazione demoniaca e assurda.

Insoddisfatto delle sue opere, pubblicò solo il racconto La metamorfosi nel 1916 (traslato in versione cinematografica), con chiara allusione all’isolamento dell’uomo, alla sua alienazione. Gli altri tre romanzi, oltre un Diario, vengono pubblicati postumi. Il Castello, nel 1926, è l’ultimo dei suoi romanzi, rimasto incompiuto; il castello è il luogo della burocrazia dove è difficile entrare e sbrigare delle pratiche gravando alquanto sulla frustrazione degli abitanti; il protagonista, vittima di questo senso di frustrazione, si chiama K. (proprio così), un agrimensore, e la narrazione è affidata all’altra figura di nome Olga. Il processo viene pubblicato nel 1925, è sullo stesso tenore del precedente, perché il protagonista, che si chiama Joseph K., è uno “scrupoloso impiegato”, che viene arrestato improvvisamente senza spiegazione alcuna, condotto in una cava e giustiziato.

Kafka si allontanava dalla letteratura contemporanea giudicata decadente, “ha descritto incubi e pensieri, scaturiti dalla realtà del quotidiano. In tutti gli scritti kafkiani le storie narrate sembrano appartenere al mondo spettrale delle visioni” (La lettera k campeggia nei suoi personaggi).

 

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Virginia Woolf (Londra, 1882 - Rodmell, 1941). Negli anni Venti le venne chiesto di redigere una relazione avente per oggetto “la donna e il romanzo”, per alcune conferenze da dedicarsi a studentesse dei college inglesi. La scrittrice si allontanò dagli stereotipi attesi, che volevano la donna relegata agli standard domestici; tuttavia la sua ricerca sprona le donne a uscire dal proprio guscio e a rivendicare la propria autonomia culturale e uscire dalla anonimità. Mirava ad una narrazione verticale e non orizzontale, cioè a rappresentare la realtà, specialmente delle donne, “in profondità, piuttosto che in estensione”. Perciò la sua scrittura recupera i “processi mentali dei suoi protagonisti”.

Molte delle sue idee troviamo nel suo saggio Una stanza tutta per sé, con chiara allusione alla autonomia auspicata delle donne. Concepisce la vita nella sua molteplicità di forme e fa uso di simbolismo e di motivi conduttori come tecnica narrativa; concepisce l’arte in chiave di comunicazione. Fra le altre opere ricordiamo Mrs Dalloway. Invita la donna alla riflessione, all’autocoscienza, a superare la loro anonimità, trasformare la loro solitudine nel diritto di riservarsi un momento di scrittura e creativo più in generale. Invita la società a considerare sotto nuova luce stranezze eventuali delle donne, di non rinchiuderle nei manicomi e di non ignorare la loro genialità.

Virginia infatti aveva tendenze suicide e ha lottato per essere riconosciuta nella sua identità. Esortò le donne, sì a scrivere, ma senza dimenticare che “la mente degli artisti è androgina”. Infine, Storti, così conclude: “Lo ‘sbriciolamento’ dell’Io, il suo conseguente ‘flusso di coscienza’, ‘apre le stanze e le finestre’ a nuovi itinerari e costituisce il contrappunto drammatico della trasformazione dell’esperienza creativa femminile”.

 

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Thomas Stearns Eliot (Saint Louis, 1888 - Londra, 1965). La letteratura inglese del Novecento fu attraversata da fermenti innovativi ove si inserisce Eliot che si era trasferito in Inghilterra; saggista, critico e poeta, uno fra i più grandi del Novecento. Nuovi movimenti scuotevano gli scrittori europei. Si abbandonava il verso classico a favore del verso libero; ci si staccava dal dolce canto per diventare scopritori dell’animo umano. Lo scrittore americano scrive in modo fluido senza curarsi dei nessi di collegamento, suscitando così degli scossoni interpretativi; e favorendo molte possibilità di collegamenti ipertestuali.

Fra le sue opere ricordiamo la sua prima poesia importante che si intitola Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock (del 1911), Poems (1920), “dove gioca sull’opposizione tra passato e presente, tra schemi tragici e farseschi”. Nasce una nuova poesia, che lascia l’Io lirico per farsi Epico e lascia le forme statiche per fare spazio alle necessità della storia. Eliot è aperto a nuove visioni, a una nuova “fioritura delle messi”, ai simbolisti francesi, ai mistici medievali. Si incrociano le varie arti, miti e leggende come nel poemetto Il Re Pescatore (del 1922), un essere tra il divino e un redivivo Tiresia, veggente del mito classico, giustificandone l’esistenza sotto una prospettiva allegorica. Tuttavia il suo capolavoro è La terra desolata (1921) che si ispira al mito medievale del Sacro Graal legato ai temi della decadenza e alla ricerca della resurrezione. Egli si colloca tra l’antico e il moderno.

 

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IL TEATRO

 

Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936). M. A. E. Storti apre l’argomento del palcoscenico con uno scrittore fra i più celebri italiani di levatura internazionale. Era un intellettuale, aveva studiato anche in Germania e ha avuto confronti con altri intellettuali del tempo. Cresciuto fra i templi greci della sua città, si è nutrito del mito classico in veste della sicilianità dei suoi tempi, nel fondo teneva uno strato di romanticismo e di filosofia. È riuscito a innovare il teatro e ha “sprovincializzato il teatro siciliano”. Sostenitore di un’arte rivelatrice dei caratteri reali delle persone.

Nelle sue opere abbiamo l’umorismo, cui dedica l’opera omonima L’umorismo (del 1908); abbiamo la comicità, le situazioni assurde, la metafora della maschera dietro cui viviamo, il sentimento del contrario. I suoi drammi evolvono a sorpresa. Sul piano contenutistico, sotto sotto, presenta intenti sociali e denunce (Morire e vivere insieme; mi sovviene Il fu Mattia Pascal).

I suoi personaggi sono tutti caratterizzati psicologicamente, presentano sdoppiamento dentro la vasta gamma dei sentimenti, del pianto, del riso, dell’inganno, del cinismo. È riuscito a fondere forma e contenuto. Infine la Storti conclude così: “Il linguaggio, unica modalità vitale, tradisce se stesso attraverso il dialogo-monologo dei personaggi che, a causa di una mancata comunicazione, testimoniano la disperazione dell’uomo moderno, la cui solitudine tra le cose trova come unico conforto la parola”. (p.54). Credo si riveli in tal modo nell’Agrigentino il “sentimento del contrario”.

 

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Frank Wedekind (Hannover, 1864 - Monaco di Baviera, 1918), la sua arte viene collocata nell’ambito espressionista. Autore di drammi, fra gli altri, di Lo spirito della terra e di Il vaso di Pandora; in quest’ultima opera, sotto i riflettori, è una donna di nome Lulu, “presentata come l’incarnazione del fascino impossibile da addomesticare per l’ipocrita uomo donatore.” È la donna che incarna l’ambiguità, in ogni senso. Le due opere inizialmente pubblicate insieme furono censurate e in seguito pubblicate autonomamente.

Il nome di Pandora fa esplicito riferimento al mito classico, cioè del sacco che contiene imprigionate tutte le furie per volontà di Zeus. Difatti etimologicamente significa “colei che tutto dona”. Lulu è tutto, nel bene e nel male (è un ninnolo, è Eva, è senza pudore, ha una bellezza angelica e al contrario ha una bellezza demoniaca), gli aggettivi non sono sufficienti a descriverla. Lulu si sente legata soltanto a suo padre, ormai nel regno dei morti.

Nella morale contemporanea di tutti, Lulu (prostituta) non poteva godere del consenso nella società; perciò, per redimersi al giudizio del mondo, l’autore la fa morire per mano di un criminale. Lulu è un “nome balbettato tra l’infantile e l’erotico” che fa tenerezza. La sua ambiguità la porta ad amare un’altra donna, anch’essa segnata da esperienze erotiche. “Sia la Lulu (da tutti donata), che infine la Geschwitz (colei che tutto dona), costituenti due parti indispensabili alla completa costruzione di Pandora, pagano il loro riscatto attraverso una lunga e faticosa catarsi”.

 

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Samuel Barclay Beckett (Dublino, 1906 - Parigi, 1989), drammaturgo, scrittore, poeta, traduttore e sceneggiatore irlandese. Al contrario di molti autori la sua drammaturgia è ridotta all’osso, si appoggia su eventi minuti insignificanti, quasi senza nessi logici, un paradosso. Il suo viene definito “Teatro dell’assurdo”. Eppure traccia profili umani dei personaggi; specie nelle sue opere teatrali più famose Aspettando Godot (1952) e Finale di partita (1957), egli mette in luce la “crisi di identità tra elegia e parodia giullaresca”.

Sottolinea l’incomunicabilità umana, attraverso un linguaggio comune, quasi dimesso, di tutti i giorni della chiacchiera quotidiana. I suoi personaggi sono fortemente caratterizzati fisicamente e simbolicamente (per esempio con menomazioni fisiche).

 

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LA POESIA

 

Ed eccoci alla terza sezione di Itinerari di letteratura del Novecento, di Maria Angela Eugenia Storti. Come si può notare tutti gli autori presi in esame vissero e operarono soprattutto tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Dunque nell’ambito della poesia diventa argomento il rapporto tra l’Io (obsoleto) e il Noi (che avanza), il tema dell’esistenza, l’uso del simbolismo, quindi il “correlativo oggettivo”. E cioè giungere al lettore usando forma e contenuto che facciano presa su meccanismi psico sociologici. Ebbene la realtà del mondo senza false illusioni, sono i motivi che accomunano Montale ed Eliot.

Eugenio Montale (Genova, 1896 – Milano, 1981), uno fra i più grandi poeti italiani mette in atto la sua poetica attraverso la sua prima raccolta, Ossi di seppia (1925); dove “ossi” sta per precarietà della vita, da cui deriva “il male di vivere”, l’angoscia di vivere. E anche Thomas Stearns Eliot, di cui si è scritto più sopra, a proposito, in particolare, de Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock (1911), esprime il senso della solitudine nella sua prima poesia, in cui Prufrock è (pressappoco) l’uomo che non sa amare e si chiude in sé stesso, ma deve prendere coscienza.

Entrambi scelsero una lingua di uso ordinario (di uno di Noi), uno stile asciutto, ridotto all’essenziale; nondimeno “Di difficile comprensione appare l’opera di Montale per molti, e per altri Eliot fu considerato un poeta elitario, la cui gelida intelligenza gli impediva di condividere le comuni emozioni umane.”

 

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Maria Angela Eugenia Storti si congeda definendo gli scrittori, coinvolgenti, “apostoli dell’immaginazione”, donatori ai lettori di “pezzi di vita” (mie virgolette). Penso che recensire un volume come Itinerari di letteratura del Novecento, che comprenda una raccolta di saggi, diventi un’impresa ardua. Tratta di otto autori fra i massimi del panorama letterario, di cui sei sono Premi Nobel: Mann, Eliot, Beckett, Wedekind, Pirandello, Montale (Kafka e Woolf, probabilmente non fecero in tempo). Recensire diventa un impegno non indifferente, una scommessa; argomenti così specifici, anche a procedere a passo d’uomo, come si suol dire, rischiano di fare prendere cantonate.

In chiusura desidero compiacermi della presenza di due poeti italiani, uno del Nord, l’altro del Sud, che rappresentano due realtà diverse, sia pure in tempi differenti. Questi Itinerari meritano certamente molto di più; tuttavia penso che anche una interpretazione zoppa possa tornare utile, quanto meno stimolante e illuminante per imprese analoghe. La lettura è interessante e coinvolgente, perché se ne vorrebbe sapere sempre di più, anche perché i temi trattati sono attuali.

 

26 aprile 2024, Tito Cauchi

 

 

 

Maria Angela Eugenia Storti, Itinerari di letteratura del Novecento tra tradizione ed innovazione, pref. di Lea Di Salvo, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 82, isbn 978-88-31497-99-2, mianoposta@gmail.com.

 

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"Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Maurizio Zanon" a cura di Enzo Concardi

25 Aprile 2024 , Scritto da Maria Rizzi Con tag #recensioni, #poesia, #saggi, #maria rizzi

 

 

 

 

Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Maurizio Zanon

a cura di Enzo Concardi 

Guido Miano Editore, Milano 2024.

 

Nel testo Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Maurizio Zanon (Guido Miano Editore, 2024), è condotta un’ottima, interessantissima disamina del poeta, saggista e narratore veneziano attraverso le voci dei critici che hanno dato contributi ai contenuti e allo stile delle suo numerose Opere. Vengono citati, tra gli altri, Giampietro Cudin, Mario Stefani, Enzo Concardi, Nazario Pardini, Guido Miano, Angela Ambrosini. Conosco questo prolifero artista tramite due sue Sillogi, che ho recensito e amato molto: Tutto fu bello qui del 2020 e Fralezze del 2023. Trovarlo in un’Opera di ampio respiro come l’Analisi ragionata mi ha spinto a ripercorrere le sue orme dagli esordi, con Prime poesie, attraverso le splendide derive dei saggi che celebri Autori, come Dino Manzelli e Flavio Andreoli hanno dedicato a Zanon.

In questo splendido libro, corredato di foto che riprendono alcuni momenti artistici del Nostro, non manca una collana di cammei lirici, intitolata “Antologia essenziale delle poesie”.  Sul greto del tempo in versi del Poeta sembra siano state raccolte perle sparse, concepite nel corso di circa quarant’anni di attività. Il tempo funge da lente d’ingrandimento per rendere nitida la visione del mondo di un autore e i suoi eventuali cambi di passo. Talvolta da giovani si tende a procedere in un orizzonte infinito, mentre con il trascorrere del tempo si riconoscono le parti e i confini. Non è il caso di Maurizio Zanon, o almeno non mi sembra. Leggendo la lirica del 1987 Andando e ascoltando, tratta dall’omonima silloge, sono stata immediatamente trafitta dalle emozioni che mi rapirono nella raccolta Tutto fu bello qui: “Andando e ascoltando / i discorsi del vento / più leggero io mi sento / tra i misteri del tempo”. Il canto si srotola in quattro settenari che racchiudono il mestiere del Poeta, il suo spartito sempre spalancato, le note che si alzano lievi e danzano dolcissime nella brezza e nello scorrere dei giorni, e la capacità, data solo agli artisti, di trarre enigmi anche dalle soluzioni. Attraverso i versi è possibile imbrigliare l’energia e plasmare la realtà percorrendo grandi distanze in un istante. Il mistero non rappresenta un muro, ma un orizzonte: “Felicità sta nel non sapere / ogni passo che verrà di nostra vita” (Felicità, da Liriche scelte, 2010).

Tema ricorrente di Zanon è il cammino, inteso come ‘andare verso’, un senso eracliteo dell’esistenza, vista in continuo divenire. Si muove il cielo, il mare, si muovono gli anni. La destinazione dei percorsi non sono luoghi, ma nuovi modi di vedere le cose.  “… Nulla rimane / nello scorrere inesorabile : questo radicato / cammino di storia è destinato a dissolversi” (da Come il sole d’autunno, 2011). Restano intatti l’amore per la donna e la fede, punti cardine di un’anima che non vaga inquieta tra le burrasche, ma sa posarsi lieve sulle sponde della laguna, a meditare, a fare bilanci, a visitare le isole care della memoria. Non finirà questo amore /che rinasce ogni giorno al canto d’usignoli! (Non finirà questo amore, da Poesie d’amore, 1991). Trovo straordinario tra anime inquiete, disorientate, che cercano nei versi una catarsi, scoprire un uomo che smentisce l’assunto della vocazione artistica sposa dell’infelicità.

L’autore concepisce il sentimento per eccellenza come un viaggio ai confini di se stesso, un’esperienza che consente di essere simili a fuoco, di bruciarsi ed esplodere dentro “Un fuoco interiore che mai si spegne / brucia l’anima nel costante pensiero” (Passione, da Fralezze, 2023). E sa intendere la fede come una continua evoluzione spirituale, un cammino in verticalità nella certezza che “Dio è sensibile al cuore, non alla ragione” (Blaise Pascal). Nelle liriche sparse è presente una preghiera a David Maria Turoldo, presbitero, teologo e filosofo, nato nei primi anni del ‘900, che sostenne il progetto Nomadelfia per accogliere gli orfani di guerra; un sacerdote che condusse una grande avventura nella storia e nella chiesa italiana schierandosi sempre a favore del civile, del sociale.

In riferimento alle rimembranze, il tempo in fieri dell’Autore non concede di tornare indietro. Zanon, come tutti i grandi sognatori, è consapevole che basta sfiorare il filo teso di un profumo per far risuonare i ricordi. “Vivo l’oggi / pensando a come vivere il domani / ma è l’ieri che non si può più: / attendo allora un tempo senza tempo” (da Un tempo senza tempo, 2007).  Il tempo cui allude il Nostro è quello che consente di restare a stretto contatto con l’anima, di attribuire senso al passaggio terreno. Nel tempo senza tempo nulla si crea o si distrugge, è la stessa essenza  che continua a esistere assumendo varie forme, trasformandosi di continuo. “Ci siamo consumati fino a morire / sotto un cielo da cui ci aspettiamo ancora grandi cose” (Tutto fu bello qui, da Tutto passa, 2019). Da Eraclito si passa a Platone nel suo vertiginoso dialogo intitolato “Il Parmenide”, che asseriva. “La natura dell’istante è qualcosa di assurdo (atopos), che giace tra la quiete e il moto, al di fuori di ogni tempo”.

Quando ho avuto l’onore di recensire questo meraviglioso artista, che non ha bisogno di ricorrere alle figure retoriche per rendere superbo il suo canto, mi soffermai sull’amore per Venezia, una città che ben s’identifica con il non tempo, in quanto esiste in una dimensione esotica, in una sorta di gioco illusionistico, in una delle forme del mistero e dell’altrove. Zanon non poteva che nascere lì, un luogo che emerge dal mare o forse affonda nel mare. “Venezia bizantina / si stende in riflessi dorati / rivivo memorie passate / su carezze d’onde / ove si posano / gondole d’opaca luce” (Venezia bizantina, da Giallo oro di sole, 1995).  La forza del sentimento amoroso, della spiritualità e del legame alle radici dà risalto a un aspetto tanto intrigante quanto raro, che caratterizza il Poeta veneziano: la costanza, intesa non come energia ferma, ma come volontà di raggiungere le più alte vette, non attraverso improvvisi scatti, ma lavorando anche di notte sugli obiettivi raggiunti.

Maria Rizzi

 

 

Enzo Concardi (a cura di), Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Maurizio Zanon, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 100, isbn 979-12-81351-24-0, mianoposta@gmail.com.

 

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Alfredo Alessio Conti, "Liriche scelte"

24 Aprile 2024 , Scritto da Tito Cauchi Con tag #recensioni, #poesia, #saggi

 

 

 

 

Alfredo Alessio Conti

LIRICHE SCELTE

 

Alfredo Alessio Conti è lombardo nativo di Bosisio (nel 1967) in provincia di Lecco e vive a Livigno (Sondrio). Ha un curriculum culturale e professionale di tutto rispetto: ha studiato Filosofia, ha formazione teologica, è un educatore, svolge convegni sulle problematiche giovanili e sul disagio sociale; ha pubblicato una ventina di opere tra poesia e prosa. Quest’opera, dal titolo trasparente, Liriche scelte (Guido Miano Editore, Milano 2024), contiene raggruppate poesie in tre capitoli, ciascuno con prefazione a sé.

Il volume è presentato dall’editore Guido Miano, il quale fra l’altro sottolinea le finalità di “indicare di taluni autori un solco di scrittura nella quale sia da individuare una sorta di fratellanza d’arte, nel nostro caso della poesia”, entro una cornice sovranazionale. Ecco le Letterature comparate che consentono accostamenti tra il Nostro e tre illustri autori stranieri, scegliendo le liriche in base alle tematiche più rilevanti, rispettivamente: l’esistenza, l’amore, la religiosità. Così di seguito.

 

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Enzo Concardi (Zibido S. Giacomo, Milano, 1949), poeta e critico letterario, svolge la sua disamina sulla prima sezione della raccolta, denominando la sua prefazione con il titolo “Le problematiche esistenziali in Alfredo Alessio Conti e in Fernando Pessoa” (1888-1935), poeta portoghese autore di Ho pena delle stelle. Il Critico vuole evidenziare che “Nel groviglio esistenziale vissuto dal poeta” i vari aspetti presenti nella nostra società contemporanea vengono oggettivati seguendo tre direttrici (per esemplificare): bibliche, socratiche, ungarettiane, citandone versi in tal senso. Qui anticipo rispettivamente: l’essere e ritornare “polvere”, il “conosci te stesso”, sentirsi fragili come “foglia d’autunno”. Inoltre avverte che i vari contrasti lirici sono segni di una certa “disperazione ontologica”; tuttavia conclude spiegando che “Se Pessoa è considerato poeta del ‘pessimismo totale’, Conti lo affianca fino ad un certo punto (…) per poi accedere ad una teleologia sostenuta in ultima analisi da speranze metafisiche ed escatologiche con bagliori divini”. Insomma sull’esistenzialismo, nel Nostro, è una continua ricerca, anch’essa tripartita: sull’origine, sul destino e sul senso della vita. Argomenti sui quali il Poeta insiste (con anafore) per rafforzare il proprio sentire e i contrasti apparenti (ossimori) sui quali riflette, sono un bisogno biologico di rassicurazione.

La lettura del testo poetico difatti ci conferma il pensiero di Alfredo Alessio Conti, ossia l’argomento comparativo proposto sull’esistenza, ci accompagna tutta la vita. Citerò alcuni versi che reputo molto significativi, per dare ulteriore conferma del sentire intimo del Nostro. Verrebbe da dire che al di là del big bang, l’essere umano rimane con domande irrisolte. Ci affanniamo a rincorrere mete, come ricchezza e carriera, ma poi assistiamo al fallimento della società opulenta ed egoista, senza volerci rendere conto della precarietà della vita, così il Poeta commenta: “Nel respiro del vento/ vivo/ come foglia d’autunno” (p.13, Esistenza) con chiaro richiamo a Ungaretti. Egli sente su di sé le sofferenze degli ultimi, considerati come fratelli; sente che questa è “la bellezza/ dell’essere, dell’esserci” (p.16). È consapevole del travaglio che vive, sa che la morte non guarda nessuno in faccia; difatti considera la vita già un “sarcofago” e indica la terra come “materna morte” (p.17).

Riscontriamo il richiamo dell’antico motto socratico per conoscersi dentro e comprendere meglio gli altri. Il tempo scorre inesorabilmente: “Anni/ di solitudine e silenzi/ di sofferenze/ (…) / mi sono messo/ in disparte/ e tutte le porte/ si chiusero.” (p.23). Opponiamo fra noi steccati e muri, la diffidenza ci allontana dalla bellezza della natura, dalla sua armonia. Si chiede: “Quali domande avranno risposte/ prima che la mia vita finisca, ma/ rimarranno sepolte con me.” (p. 28). Siamo mutevoli: “sento/ l’usura del mio corpo/ andarsene/ con le energie spese/ in queste inutili/ battaglie.” (p.31). Infine: “naufrago/ nella mia/ solitudine” (p.32); e ancora: Siamo “un alito di vento/ immortale/ sul finire/ della vita” (p.33). Sono parole molto significative, dal senso compiuto, provengono dal fondo dell’anima e racchiudono travaglio interiore e riflessione.

 

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Gabriella Veschi (Ancona 1959) formatasi in Lingue e Letterature comparate, tratta “Il tema dell’amore in Alfredo Alessio Conti e in Pablo Neruda” (1904-1973), cileno, uno dei massimi scrittori del Novecento, autore di Cento sonetti d’amore. Per entrambi i poeti la donna è tutto; nel Nostro la malinconia d’amore per una donna lontana palpita struggente; il suo è un inno all’amore che si eterna grazie alla sua intensità. La Critica sottolinea, da parte del Nostro, il modo oculato del lessico che gli consente di esprimere sentimenti pure contrastanti come iperboliche note di sensualità senza scadere nel banale e nel volgare; così l’uso di “un armonioso succedersi di sinestesie, allitterazioni e paronomasie”, accorgimenti stilistici tali da suscitare le sensazioni desiderate.

Perciò passo ai testi poetici senza andare oltre, poiché il tema dell’amore è così universalmente trattato e abusato, e non vorrei ripetere cose ovvie. La lettura conferma la continua dichiarazione d’amore in cui il Poeta pone un’aura intorno alla donna amata elevata sopra ogni cosa; così “L’amore è un fiume travolgente/ sempre in piena/ dirompente” (p.49). È noto che quando si è innamorati si tocca il cielo con un dito, ma pure si sprofonda in un abisso; il Poeta crede che, comunque sia, gli spiriti di entrambi si uniscano dopo la morte, perché intenso è l’amore suo per lei. Lo struggimento di cui si è scritto sopra, è palpabile; nondimeno alcuni passi, toccano o forse nascondono, una perdita o un distacco come in questi versi: “L’ho sepolto lì/ in quel piccolo cimitero di montagna/ il desiderio d’incontrarti” (p.38); perciò questa dichiarazione assomiglia ad una ammissione di conforto.

 

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Ed eccoci al toscano Floriano Romboli (Pontedera, 1949), docente di materie letterarie, che tratta del tema della religiosità, al terzo capitolo intitolato “L’incontro con Dio e con le creature nell’itinerario spirituale di Alfredo Alessio Conti. Il lascito poetico di Paul Claudel (1868-1955). Il poeta francese nelle sue Opere poetiche “amò declinare la fede religiosa” e anche in Conti “è ricorrente l’idea dell’esistenza individuale come itinerario, come cammino” in cui è possibile incontrare Dio e acquisire una giusta direzione o condotta di vita, fra tante perplessità e attese. Il Critico osserva quanto i limiti umani siano un ostacolo per compenetrarsi negli altri; nel Nostro ammira l’accuratezza lessicale di forma discorsiva e lineare; parla di naturale slancio religioso nel poeta Conti, “di un senso di sincera comunione fisica e spirituale con tutti gli esseri” (p.65); parla dell’intimo interiore che il poeta riesce a “esteriorizzare” ricorrendo alle similitudini.

Conti, poeta dell’amore verso la natura, verso il creato che è armonia, pur dichiarandosi “nomade spirituale”, scrive: “se ne va/ ramingo/ nell’anima nel cuore nelle membra/ e ritorna a Te/ con parole semplici/ a Te che leggi/ e vivi/ ed è un ritrovarsi/ sullo stesso cammino” (p.68). Si raccoglie nel silenzio delle tombe e pensa che le anime siano in attesa della resurrezione; con il suo carico di debolezze chiede perdono a Dio e aiuto, ma continua a confidare in “quell’altra vita” che “prima o poi verrà” (p.78). La sua spiritualità si riflette in un ‘tu’ discorsivo che si allarga all’altro; “Osservo la luna/ riflessa nel ruscello/ (…) //Lassù/ è magia, è poesia.” (p.73). Il tema dell’esistenza è presente anche qui; e il verbo, mi viene da dire, che si fa carne è nel più volte indicato “logos”, che vuol dire parola quanto discorso, seme quanto vita, sta a noi essere predisposti all’ascolto. Ascoltare così i passi che ci stanno vicini, per un amore fraterno. “Veglia/ sulla mia esule vita/ e/ riconducimi/ piano piano/ a Te.” (p.87). Sentendosi, come è naturale, un nulla nei confronti di Dio infinito, promette che non si stancherà di cercarlo: “Ti cercherò/ (…) // Ti cercherò…/ fino a quando/ TU/ mi aprirai la porta.” (p.93), una invocazione che sa di dichiarazione di fede; dopo di che il Poeta si assolve da solo.

 

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Fin qui ho cercato di seguire nell’ordine il volume di Alfredo Alessio Conti, Liriche scelte, anche nella sua architettura, nel rispetto verso l’Autore. Tornano utili al lettore i tre contributi critici (oltre quello dell’Editore); tuttavia confesso che, per via dello stacco tra un capitolo e l’altro, mi sono sentito un po’ spiazzato, è stato come se mi fossi trovato tre volumi e non uno solo (Disorientato forse per la poca dimestichezza, del sottoscritto, alla lettura del digitale). Mi sembra chiaro l’intento del volume circa la comparazione del Conti ai tre poeti stranieri (Pessoa, Neruda, Claudel, dei quali sono citati i titoli delle rispettive opere di comparazione). Così facendo viene ampliata la conoscenza oltre confine, il che conferisce maggiore prestigio all’Autore. Comunque, le singole tre tesi, circa l’esistenza, l’amore, la spiritualità del Nostro, si reggono da sole.

Generalmente le poesie sono brevi e in stile discorsivo, dialogo-monologo, come è in uso da alcuni decenni; il numero delle sillabe è variabile e tendenzialmente fa percepire un senso di palpitazione. Le oltre settanta poesie, pressocché equamente distribuite nelle tre sezioni, propongono liriche scelte dalle medesime raccolte pubblicate, tranne una particolarità singola, a partire dalle più recenti e a scendere, oltre che ad altre forse inedite. Per completezza aggiungo l’elenco dei titoli delle raccolte anche per il loro significato intrinseco: Il mistero ultimo della vita (2022), Tutto è respiro (2021), Sulla soglia dell’infinito (2021), La verità nascosta (2020), Quando un poeta se ne va (2019). Inoltre ciascun capitolo ha attinto in modo esclusivo ad altre sillogi, nell’ordine: il primo capitolo, E in questo mal di vivere (2002); il secondo, Avvolto dal tuo tenero amore (1998); e il terzo, Salmodiando Dio oggi (2008) e Vivo di te (2007). Lo sguardo sui titoli, come sui versi, non ci restituisce meri elementi decorativi, ma un’anima. Si sa che la poesia, come tutte le arti, si presta all’interpretazione, è suggestiva. Salvo interpretazioni che possono sviarmi, reputo titoli che fanno intuire un animo che rivela ricerca, indaga e sonda i misteri primordiali della vita.

Tito Cauchi

 

 

 

Alfredo Alessio Conti, Liriche scelte, prefazioni di Enzo Concardi, Floriano Romboli, Gabriella Veschi; Guido Miano Editore, Milano 2024, pp.104, isbn 979-12-81351-25-7, mianoposta@gmail.com.

 

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Floriano Romboli, "Il fascino e la forza della letteratura" vol 3

22 Febbraio 2024 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #floriano romboli, #recensioni, #saggi

 

 

 

 

 

Floriano Romboli

Il fascino e la forza della letteratura, vol.3

Saggi su Antonio Fogazzaro, Dante Alighieri, Arturo Graf, Alfred Tennyson, Giosuè Carducci, Luigi Capuana

Guido Miano Editore, 2024

 

Salutiamo con vivo interesse e dichiarata curiosità la pubblicazione del terzo volume de Il fascino e la forza della letteratura del critico toscano Floriano Romboli, lavoro che esce nella collana Il Cammeo dell’Editore Guido Miano di Milano. Tale riferimento - sebbene già espresso dall’autore nella sua premessa - è importante ribadirlo, poiché la collana si prefigge lo scopo di avvicinare il lettore - cittadino, studente, appassionato - al mondo delle lettere, miniera inesauribile di cultura, conoscenza, storia, stimoli personali e sociali. La divulgazione è opera meritoria, tuttavia non può non rispettare certi canoni di profondità, serietà, competenza, documentazione che Floriano Romboli garantisce fino in fondo, data la sua statura di studioso di livello universitario e oltre, la sua pluriennale militanza teorico-pratica nell’insegnamento e nella ricerca storico-testuale, concretizzata anche dall’abbondanza di pubblicazioni, saggi, esposizioni seminariali: il tutto sorretto da una personale ed autentica passione per la sua materia, nella quale si è specializzato considerando gli autori - poeti, scrittori, saggisti, filosofi - prima di tutto come uomini contestuati nel loro tempo e nella loro cultura, di cui non vanno trascurate le vicende biografiche che possono aver inciso sulla loro visione del mondo, dei quali mette in risalto le luci ma anche le ombre con giudizi pacati ed obiettivi, dettati da un’apertura mentale che si addice ad uno studioso che fa parlare i suoi personaggi.

Infatti, uno dei metodi di analisi del critico consiste nel citare spesso brani originali delle opere oggetto di studio, così che anche il lettore – questo soggetto che non dobbiamo mai dimenticare – può rendersi conto di “ciò che ha veramente detto” il tal poeta o il talaltro narratore. Rientra nello stile analitico di Romboli anche la scrupolosità nel porre in evidenza le fonti delle citazioni – per un rimando ad ulteriori approfondimenti – e quell’altro prezioso humus culturale rappresentato dalla letteratura comparata, ovvero il confronto tra autori simili in alcuni concezioni, ma appartenenti ad alvei ideologici ed epocali diversi, oppure l’accostamento tra autori fra loro contemporanei rilevandone le somiglianze tematiche o stilistiche, piuttosto che le divergenze di pensiero od estetiche. Vengono così alla luce le influenze reciproche, le coniugazioni nazionali filtrate dal retaggio della tradizione, i nuclei tematici e i motivi ispiratori dei singoli autori, ognuno dei quali imprime, anche all’interno di una medesima scuola di pensiero, il proprio marchio personale: basta citare per questo volume l’ultimo saggio dedicato da Romboli a L’arte “impersonale” e l’opera romanzesca di Luigi Capuana nell’ambito di una pubblicazione intorno a Il verismo italiano fra naturalismo francese e cultura europea.

In precedenza, nei primi due tomi, egli aveva trattato le più svariate esperienze letterarie, dimostrando una buona dose di ecletticità nei suoi interessi e nelle sue preferenze: dai classici ai meno frequentati autori dalla critica e dal pubblico; dal Medio Evo alla contemporaneità; dalla poesia alla narrativa alla saggistica filosofica; da scrittori italiani ad altri europei. Merita menzionarle - tali suddette esperienze - in questa prefazione, per verificare ciò e constatare poi la continuità e le novità con il presente volume. Nel libro del 2021 apparivano: Incontri con Dante e la Commedia: la lettura critica di alcuni interpreti di grande autorità culturale; Aspetti del linguaggio poetico del Tasso; Arturo Graf, la scienza positiva, il darwinismo sociale; Zola e Fogazzaro, paragrafi per un confronto; Il personaggio di Ulisse nell’opera poetica di Nazario Pardini. Nella rassegna successiva pubblicata nel 2023, ecco entrare in scena: Fogazzaro e i suoi due “Piccoli Mondi”; L’opera di Dante nelle riflessioni storico-culturali ed etico-religiose di alcuni Papi contemporanei; La prospettiva evoluzionistica e l’avvenire dell’uomo. Alcune note sulla letteratura italiana al passaggio dall’Ottocento al Novecento; La Grande Guerra nelle pagine di scrittori italiani del primo Novecento: Federico De Roberto, Curzio Malaparte, Gabriele D’Annunzio; A proposito di Francesco De Sanctis; Il tema della natura nella narrativa di Bino Sanminiatelli.

Risulta ora agevole constatare la presenza continua, nei tre volumi pubblicati, delle figure di Dante, Fogazzaro, Graf e del personaggio mitologico di Ulisse, mentre le novità di questa terza proposta sono costituite da Tennyson, Carducci, Capuana. Dei saggi che qui il lettore potrà visitare, estraggo quelle che ritengo ‘curiosità interessanti’ per invogliare alla lettura.

 

S’inizia con: Il commiato di Fogazzaro. Alcune proposte critiche per Leila, pubblicato in “Letteratura e pensiero” (Anno V, ottobre-dicembre 2023, n°18, Il Convivio Editore, Castiglione di Sicilia, CT). Romboli parla di ‘commiato’ in quanto Leila, apparso nel 1910, costituisce ‘il canto del cigno’ dello scrittore vicentino (morirà nell’anno successivo), e scritto, secondo la critica più accreditata, per allontanarsi dal tema religioso de Il Santo (1905), nonostante che il protagonista maschile – Massimo Alberti – sia un discepolo del Santo. Egli s’innamora di Leila ma, su questo filone sentimentale, s’innesta il cammino spirituale dei due, nel quale l’Alberti prende gradualmente le distanze dalle dispute teologiche, rientrando nel seno materno della Chiesa, a condizione che questa stia dalla parte dei poveri e degli ultimi e si liberi dalle pesanti strutture formali che imbrigliano la fede. A differenza de Il Santo - libro condannato dal Vaticano - Leila si svolge spesso in chiave di commedia, trovando posto sia il comico che le macchiette di contorno. Tuttavia il Fogazzaro non riesce per nulla nel suo intento riparatorio: la Chiesa mette all’indice pure quest’ultima sua opera, la quale suscita le critiche anche dei modernisti.

Tra le peculiarità romboliane di questo saggio vi sono le antitesi che sottolinea, tra cui: buio-luce, che si proiettano sugli stati d’animo e sul paesaggio; sensualità-religiosità, ovvero la lotta interiore tra bisogni istintuali e ideali spirituali (belle le pagine sulla femminilità di Leila, sull’amore sensuale vissuto con Massimo, la scena del bagno notturno della protagonista che, sola, s’immerge nelle acque… audace per quell’epoca) ed altrettanto significativa la parallela ricerca dei due amanti della autentica testimonianza cristiana… Romboli esemplifica poi con dovizia di citazioni le altre numerose antitesi contenute nel testo riguardanti il linguaggio che, nel contempo, afferma e nega; tradizione-modernismo, dibattito teologico-religioso-ecclesiale che tra fine Ottocento e inizi Novecento ha caratterizzato il cattolicesimo, tra i fautori della conservazione e i sostenitori di una profonda riforma spirituale secondo un Vangelo sine glossa: Fogazzaro dapprima è tra i polemisti anticlericali (famoso il suo invito al Papa ad uscire dal Vaticano) per poi attestarsi sulle posizioni di un modernismo più moderato, in quanto per lui la triade Dio-Uomo-Chiesa restava, in ultima analisi, intoccabile. Infine mi paiono importanti le conclusioni di Romboli sullo spirito di modernità del Fogazzaro, contenente il «... relativismo conoscitivo, la mobilità polipsichica, l’assenza sconsolante di riferimenti paradigmatici per il pensare e per l’agire» e, per rendere ancor più chiari tali concetti, cita un passaggio di Arte e coscienza d’oggi (1893) del fuori campo - nel senso di appartenenza ideologica - Luigi Pirandello: «Ci sentiamo come smarriti, anzi come perduti in un cieco, immenso labirinto, circondato tutt’intorno da un mistero impenetrabile. Di vie ce ne sono tante: quale sarà la vera?...». Sempre attuale.

Si prosegue con il saggio Alle radici storiche dell’opera artistico-culturale di Dante: due recenti biografie, pubblicato nella rivista “La Nuova Tribuna Letteraria” (numero: luglio-settembre, 2021, Venilia Editrice, Lozzo Atestino, PD). I testi ai quali si riferisce il critico sono esattamente: Dante. Il romanzo della sua vita (2012) di Marco Santagata e Dante (2020) di Alessandro Barbero. Alternando le citazioni dell’uno e dell’altro e inserendo proprie considerazioni storico-esegetiche, Romboli fa luce su alcuni aspetti della vita di Dante che possono aver inciso ed influenzato i contenuti delle sue opere. Troviamo dunque la descrizione della Firenze dei tempi di Dante fino al suo esilio (1302); notizie sulle sue modeste condizioni economiche; l’ammissione nella ristretta cerchia dell’aristocrazia di letterati pensatori, tra cui Guido Cavalcanti, «uno dei più altezzosi e violenti» (Barbero); l’opinione di Romboli sul carattere di Dante, a cui attribuisce «... un illimitato senso di sé, … un ego smisurato, … una vivissima auto-stima», probabilmente perché nella Commedia egli si erge a giudice dei suoi contemporanei, dannandoli senza appello o salvandoli senza averne l’autorità. L’impegno civile di Dante viene bollato dal Santagata come se fosse «stato posseduto dal demone della politica», passione che lo condurrà fino alla tragedia dell’esilio. Curiosa la parentesi dedicata al Boccaccio - ammiratore del grande fiorentino - citato per il suo rimprovero a Dante, che avrebbe perso tempo a sposarsi e a metter su famiglia, togliendo così energie al lavoro intellettuale. Mentre Barbero propende per definirlo politicamente un popolano, seppur moderato, gli altri due mettono maggiormente in luce il salto dal municipalismo alle concezioni universali del De Monarchia, basate sulla preminenza dell’Impero. Al termine del saggio Romboli accenna alla concezione della nobiltà d’animo e non di sangue di Dante - comune agli stilnovisti - rivoluzionaria per l’epoca, e si auspica: «... che il grande poeta, dopo la morte, abbia avuto conforto per le pene patite e trovato finalmente quiete al suo tormento immedicabile sulla terra».

Il terzo saggio non è dedicato ad un autore in particolare, ma tratta di una tematica che si sviluppa sempre sulle antitesi che spesso Romboli analizza: Il principio di causalità e i diritti dello spirito, pubblicato in “Letteratura e pensiero” (numero: Anno V, luglio-settembre 2023, n°17, Il Convivio Editore, Castiglione di Sicilia, CT). In apertura egli si avvale del pensiero di Roberto Ardigò, maestro del positivismo italiano, per definire la mentalità scientifica del determinismo, principio che quest’ultimo pone in contrapposizione a «i sogni mendaci dei dogmi religiosi» (La morale dei positivisti, 1879). Viene poi chiamato in causa Pirandello che irride alla cultura scientifica del suo tempo e d’altro canto, dopo aver ridimensionato il «pianetino terra» e l’essere umano ad un nulla, dichiara la vita senza scopo ed in balìa della «legge universale della causalità», attaccando i tentativi di Graf e Fogazzaro di conciliare scienza e religione, ovvero i diritti dello spirito richiamati da loro in opposizione ai limiti dell’atteggiamento «materialistico e scientizzante» (Romboli). In particolare Graf parla delle ragioni del vivere come la ricerca religiosa dell’uomo e Fogazzaro (non discendiamo dai bruti, ma ascendiamo da loro) ipotizza la possibilità - come del resto Graf - di una conciliazione fra materia e spirito, fra evoluzione e religione. Tale problematica è sviluppata da quest’ultimo - verso cui Romboli nutre forti simpatie - anche nel romanzo di idee Il riscatto (1901) che costituisce un graduale avvicinamento alle dimensioni del mistero.

A dimostrazione del feeling intellettuale Romboli-Graf, ecco che il successivo lavoro si sofferma ancora sullo studioso nativo di Atene: Arturo Graf e la morte di Ulisse (Con una nota su Tennyson). Altri episodî nel percorso tematico-letterari, pubblicato in “Soglie. Rivista quadrimestrale di poesia e di critica letteraria” (numero: Anno XII, n°1, aprile 2010, Badia San Savino - Cascina, PI). Dopo l’iniziale sintesi sul mito operativo di Ulisse che ancora oggi agisce sia nella cultura che nell’immaginario collettivo (simboleggiando di volta in volta l’astuzia, il coraggio, l’intelligenza, la sete di sapere, lo spirito d’avventura, la ricerca dell’ignoto) il critico toscano raffronta le varie raffigurazioni del personaggio. C’è l’Ulisse omerico (Iliade, Odissea), quello virgiliano nell’Eneide, quello dantesco nell’Inferno della Commedia. La fortuna letteraria del “Laerziade” prosegue con altre rielaborazioni effettuate, ad esempio, dal Tasso nella Gerusalemme Liberata, da Primo Levi in Se questo è un uomo (un capitolo del libro s’intitola proprio Il canto di Ulisse), da Pascoli e D’Annunzio. Tuttavia l’analisi di Romboli si sofferma più a lungo sul contributo di Arturo Graf, riscontrabile nel poemetto L’ultimo viaggio di Ulisse, parte della raccolta poetica Le Danaidi. Il racconto in versi di Graf va dalla noia di Ulisse per la quotidianità domestica dopo il ritorno ad Itaca, fino alla sua morte a seguito del “folle volo”: ricalca quindi il modello dantesco di un Ulisse pienamente consapevole del ruolo di faro dell’umanità nella ricerca del vero. Nel mezzo Romboli ci mette un accostamento all’Ulysses (1833) di Alfred Tennyson, nel quale riscontra non poche somiglianze con il personaggio grafiano; la narratività del poemetto con annotazioni filologiche: endecasillabi a rima baciata, ripetizione lessicale o sintagmatica in un verso o in gruppi di versi, le indicazioni cronotopiche, l’uso dell’enjambement…; l’emergere nell’essenza umana di due componenti compresenti: l’animale di natura e l’animale di cultura; il carattere di conquista della spedizione dei marinai greci grafiani, i quali sono in numero di 200 e in sette navi (non un unico vascello come quelle dantesco); la presenza della natura come elemento cupo e minaccioso incombente sul destino umano… Il vortice marino che distrugge le navi dell’avventura dell’Ulisse grafiano è un monito all’impeto smisurato insito nell’uomo nel voler sfidare la Natura e la Divinità. Il saggio si conclude con la sottolineatura da parte di Romboli dello sguardo interessato di Graf verso il «programma di rinnovamento teologico-religioso dei modernisti» con l’accoglienza favorevole del romanzo Il Santo di Fogazzaro e, infine, accreditandolo come anticipatore di forme e motivi poetici novecenteschi.

Giunge ora l’interessante indagine su particolari aspetti dell’età giovanile, e delle relative opere, del poeta maremmano: Carducci nell’epistolario e nella poesia, pubblicato in Carducci e il Basso Valdarno alla metà del XIX secolo (Atti del convegno di studi a San Miniato, 26 ottobre 1985. Biblioteca della «Miscellanea Storica della Valdelsa» vol. 8, Società Storica della Valdelsa, Castelfiorentino 1988), indagine che permette di conoscere eventi e scritti assai poco divulgati dalla pubblicistica letteraria. Tra essi sintetizziamo: le difficoltà economiche del giovane Carducci; le aspirazioni sempre nutrite per la gloria letteraria e i sacrifici per arrivare al successo; il doloroso evento del suicidio del fratello Dante e la lettera toccante scritta dal poeta; la venerazione dei contemporanei e la graduale demitizzazione post mortem; l’ispirazione patriottica con l’accusa di nazionalismo solo libresco e l’involuzione monarchica; il suo antiromanticismo dovuto anche al Risorgimento incompiuto; la polemica contro il presente sociale; il suo realismo classico con modelli danteschi, stilnovistici, leopardiani… E Romboli conclude: «... possiamo indicare proprio in certe pagine dell’epistolario le prove più felici e più sicuramente preludenti alla futura, grande arte carducciana».

Il sesto e ultimo saggio è ancora comparativo fra differenziazioni all’interno di una stessa corrente letteraria: L’arte “impersonale” e l’opera romanzesca di Luigi Capuana, pubblicato nel volume AA.VV. Il verismo italiano fra naturalismo francese e cultura europea, a cura di Romano Luperini, Editore Manni, Lecce 2007. Capuana si rifà ai modelli francesi, sposando il romanzo verista come genere tipico della sua epoca: l’arte oggettiva, dimenticando l’artista. Tuttavia, mentre il naturalismo francese è di denuncia sociale e talvolta scandalistico, il verismo di Capuana è liberale-conservatore, scarsamente sensibile ai problemi sociali e raffigura le genti di Sicilia con un occhio etnologico. Per i francesi è una visione del mondo, per Capuana un metodo di analisi: vi è in lui una componente idealistico- hegeliana.

Enzo Concardi

 

 

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L’AUTORE

Floriano Romboli (Pontedera, 1949) ha compiuto i suoi studi presso la Scuola Normale Superiore di Pisa ed è stato per tanti anni insegnante di materie letterarie e latino nei licei. Si è interessato alla cultura rinascimentale, studiando soprattutto l’epica del Tasso; è poi passato ad occuparsi della letteratura italiana ed europea fra Otto e Novecento, nonché di narrativa e poesia contemporanee. È stato docente di letteratura italiana presso la Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario (SSIS) dell’Università di Pisa. Tra le sue numerose pubblicazioni: Un’ipotesi per D’Annunzio. Note sui romanzi (1986); Le ragioni della natura. Un profilo critico di Bino Sanminiatelli (1991); La letteratura come valore. Scritti su Carducci, D’Annunzio, Fogazzaro (1998); Fogazzaro (2000); Natura e civiltà (2005); L’azzardo e l’amore. La ricerca poetica di Nazario Pardini (2018). Ha curato l’edizione dei Racconti di Fogazzaro (1992) e di opere di Bino Sanminiatelli, di Eugenio Niccolini, di Dino Carlesi, nonché del diario dell’ufficiale pontederese Gualtiero Del Guerra alla prima guerra mondiale. Collabora a riviste specialistiche e a periodici di cultura generale e politica. Ha prefato i volumi di Nazario Pardini: Le voci della sera (1995), Le simulazioni dell’azzurro (2002), Scampoli serali di un venditore di arazzi (2012), I dintorni della vita. Conversazione con Thanatos (2019); ha scritto la postfazione della raccolta Alla volta di Lèucade (1999) prefata da Vittorio Vettori. Con Guido Miano Editore ha pubblicato i libri di saggistica: Il fascino e la forza della letteratura, vol.1 (2021), vol.2 (2023), vol.3 (2024). Nel 2020 ha conseguito il premio “Una penna a Pontedera”, 32a edizione per l’anno 2019.

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Floriano Romboli, Il fascino e la forza della letteratura, vol.3, pref. di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 192, isbn 979-12-81351-26-4, mianoposta@gmail.com.

 

 

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Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Maurizio Zanon

30 Gennaio 2024 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #saggi, #poesia

 

 

 

 

Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Maurizio Zanon

a cura di Enzo Concardi

Guido Miano Editore, 2024.

 

Il presente lavoro si prefigge la finalità di ordinare il materiale costituito dai contributi della critica letteraria a commento delle opere poetiche di Maurizio Zanon. Il contesto nel quale si può inquadrare riguarda le principali tendenze contemporanee circa le metodiche degli aspetti filologici, circa le analisi comparative testuali, altresì in relazione alle varie interpretazioni scaturenti dalle diverse scuole di pensiero. Un autore attento a quanto è stato scritto su di lui, si dimostra sensibile all’importante ruolo che la critica letteraria svolge nella storia culturale, poiché percepisce che la comunicazione e la divulgazione dei messaggi insiti nella sua scrittura hanno bisogno di una mediazione tra il soggetto creativo e il soggetto ricettivo, comunemente identificato nel lettore. Non esistendo tuttavia un unico modello di lettore, ma tanti lettori ognuno con la propria preparazione culturale e con i propri gusti letterari, ecco la necessità di quella che abbiamo chiamato mediazione, che viene solitamente attribuita appunto ad un terzo soggetto, il critico letterario, che potremmo definire un lettore speciale che possiede gli strumenti esegetici per sviscerare integralmente o quasi, lessico e contenuti specifici del soggetto creativo.  

Maurizio Zanon, consapevole di tutto ciò, ha voluto dare alle stampe questa sorta di opera omnia della critica a suggello di una carriera letteraria che lo ha visto esprimersi soprattutto attraverso la poesia. Ed è da qui che partiamo, col definire ed inquadrare, seppur con una certa sintesi, i cardini principali della critica letteraria italiana, con cenni storici e tendenze attuali. Si potrà così acquisire una visione più pertinente delle basi culturali dinamiche dell’analisi critica ed applicarle, nello specifico, alle opere di Maurizio Zanon. (…).

C’è nella poesia di Zanon un filone d’ispirazione naturalistica, che visita i luoghi nei quali è attratto dagli incanti della natura, dalle misure cosmiche, dalle metamorfosi stagionali: non sono solo luoghi fisici, geografici, paesaggistici, dal momento che queste contemplazioni si trasformano, attraverso l’elaborazione del pensiero, in luoghi dell’anima e dello spirito e nasce così certamente una sorta di filosofia della natura. Accanto, c’è poi un viscerale attaccamento alle radici lagunari che, nel suo caso, sono cittadine e il suo rapporto duale, conflittuale con Venezia rappresenta un altro ceppo lirico di somma rilevanza, poiché mette in gioco le origini e il destino di quella che è la patria del poeta, che sfida i suoi sentimenti d’amore infinito, mostrando un volto diverso da quello desiderato dal figlio tradito. Nasce qui, invece, una specie di canto civile di sofferta testimonianza. Su tali tracce si muovono i critici analisti dei testi in tema, che suddividiamo in due parti. (…)

Sul filo del rasoio delle varie dimensioni temporali si sviluppano spesso i legami esistenti tra le nostre rimembranze in generale, i nostri vissuti sentimentali in particolare. Gli amori posseggono tutti l’itinerario che percorre l’oggi, ma con riverberi appartenenti a ieri e con proiezioni verso il domani. I grandi maestri del vivere umano insistono, nei loro insegnamenti di saggezza, sulle caratteristiche valoriali delle filosofie del tempo e dell’essere, sulla gestione sapienziale del panta rei da parte dell’individuo e dei gruppi umani. Così la letteratura e la poesia hanno sempre attinto a piene mani a queste tematiche, perché appartenenti alla vita concreta e a quella sognata. Così le opere di Maurizio Zanon riflettono tutte ampiamente una problematica direi quasi ineludibile per un poeta come lui, abituato a riflessioni profonde, filosofiche e nello stesso tempo attente ai cosiddetti “segni dei tempi”, ovvero agli stili di vita contemporanei. Così la critica ha registrato tali aspetti della sua poetica, mettendo in risalto la sua ricerca e il suo viaggio nell’avventura umana. (…).

Enzo Concardi

 

 

Enzo Concardi (a cura di), Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Maurizio Zanon, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 100, isbn 979-12-81351-24-0, mianoposta@gmail.com.

 

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Vladimiro Giacché, "Hegel - La Dialettica"

12 Dicembre 2023 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #saggi, #filosofia

 

 

Vladimiro Giacché
HEGEL – La Dialettica
Introduzione al pensiero hegeliano
Diarkos – Euro 18 – Pag. 225

 

Un mestiere complesso e utile è quello del divulgatore che rende semplice il difficile, pur mantenendo intatta la complessità del tema trattato. Vladimiro Giacché - laureato in filosofia alla Normale di Pisa - fa molto bene questo lavoro, occupandosi della sua materia e rendendo comprensibile un autore importante come Hegel, mostro sacro per gli studenti liceali. Giacché aveva scritto una prima edizione del volume, andata ben presto esaurita, quindi si è visto motivato ad ampliare il lavoro, dopo essersi occupato anche di scienza della logica, storia tedesca e filosofia ottocentesca tra idealismo e positivismo. Questo volume edito da Diarkos è un’introduzione al pensiero di Hegel scritta in un linguaggio semplice, chiaro e accessibile anche ai profani, che introduce alla dialettica, il più importante libro del pensatore, la base della sua teoria filosofica. Si parte dagli scritti giovanili in tema di religione e filosofia, la critica della morale kantiana, passando per la fenomenologia dello spirito come forma di conoscenza, per arrivare alla scienza della logica e alla filosofia della natura e dello spirito. Il libro prende in esame il pensiero di Hegel ma non trascura gli hegelisti, gli adepti, la scuola hegeliana, infine pone l’accento sull’influenza del pensatore nel mondo scientifico e letterario. Tra le concezioni più importanti e ancora attuali troviamo il pensiero sullo Stato, l’importanza della contraddizione e della dialettica, le considerazioni sulla funzione dell’arte, oltre al ragionamento sistematico - storico su realtà e razionale. Tutta la seconda parte del libro consiste in una corposa antologia di letture per dare la parola a Hegel e far conoscere il pensatore con brani scelti dalle singole opere. Per finire abbiamo alcuni approfondimenti sulla considerazione ciò che è reale è razionale e un apparato critico, in appendice a un lavoro interessante, utile ai fini dello studio, come primo approccio sul pensiero filosofico di Hegel. Un volume importante, per la sua semplicità colta, sia per gli studenti di materie filosofiche che per i semplici appassionati di cose culturali. Hegel è alla base del pensiero storico - letterario di tutto il Novecento.

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ANALISI RAGIONATA DEI SAGGI CRITICI RIGUARDO SERGIO CAMELLINI A cura di Enzo Concardi

30 Novembre 2023 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #saggi, #poesia

 

 

 

 

Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Sergio Camellini

 a cura di Enzo Concardi

 Guido Miano Editore, Milano 2023.

 

Sergio Camellini, nativo di Sassuolo (Mo), vive a Modena ed esercita la professione di psicologo clinico, attività che gli è stata d’aiuto anche nella poesia, in quanto l’ha predisposto ad ascoltare la voce degli altri. È studioso dell’arte povera della civiltà contadina e dei suoi mestieri. Fin dall’infanzia si soffermava a rimirare i lavoratori dei campi e gli artigiani nelle botteghe: calzolai, fabbri, ceramisti, sarti, fornai... mostrando interesse per tutti coloro che si dimostravano dotati di autentica creatività. Conseguenza di questa sua profonda passione per il mondo agreste è stata la fondazione, a Borgo Serrazzone (Mo), sull’Appennino modenese, di una “Casa-Museo d’Arte povera della civiltà contadina e dei mestieri” che consente ai visitatori di compiere un viaggio a ritroso nel tempo, tra i ricordi del passato, avendo la possibilità di vedere quasi 2.500 arnesi e attrezzi di lavoro che documentano la cultura, la vita contadina e artigianale di quei luoghi: fabbri, falegnami, calzolai, sarti, vignaioli, fornai, tessitrici, lavandaie, stiratrici, barbieri, intagliatori, ecc… (…).

Illustrare le finalità del presente saggio significa anche articolare le varie parti di cui si compone, poiché tutto il materiale a disposizione del critico va ordinato, suddiviso, collocato nei contesti tematici pertinenti, non per una mania classificatoria, ma per consentire al lettore un approccio chiaro e logico alla poetica complessiva di Sergio Camellini. Ed allora è conseguente il fatto che ci si muove all’interno delle principali tendenze contemporanee riguardo le metodiche degli aspetti filologici, circa le analisi comparative testuali, tenendo conto degli apporti delle varie scuole di pensiero sull’asse esegetico del classico bipolarismo forma-contenuto. Qui mi preme subito dire che un autore attento a quanto è stato scritto sulla sua opera, si dimostra sensibile all’importante ruolo che la critica letteraria svolge nella storia culturale, poiché percepisce che la comunicazione e la divulgazione dei messaggi insiti nella sua scrittura hanno bisogno di una mediazione tra soggetto creativo e soggetto ricettivo, ovvero il lettore. Non esistendo tuttavia un metafisico ruminante di letteratura, ma storici e concreti esploratori del mondo librario, ognuno col suo livello culturale e con le proprie attese interiori, ecco la necessità di ciò che abbiamo chiamato mediazione, ovvero il compito del critico letterario, ruminante particolare, deputato a sviscerare con i suoi strumenti lessico ed argomenti, onde porli a disposizione di tutti.

 

Sergio Camellini, uomo di mondo e quindi consapevole di tutto ciò, ha voluto dare alle stampe questa sorta di opera omnia della critica a suggello di una carriera letteraria che lo ha visto esprimersi soprattutto attraverso la poesia. È da qui che partiamo, col definire ed inquadrare, seppur con la dovuta sintesi, i cardini principali della critica letteraria italiana, con cenni storici e tendenze attuali. Si potrà così acquisire una visione più pertinente delle basi culturali dinamiche dell’analisi critica ed applicarle alle sue opere. Se dunque prendiamo in esame le letture e le interpretazioni, apparse sotto forme diverse - prefazioni, recensioni, articoli, saggi - possiamo notare come esse, nel loro sviluppo, rispondano a quella ormai sempre più diffusa corrente contemporanea definita critica multifattoriale, ovvero lo studio degli svariati e molteplici aspetti dei lavori letterari posti sotto la lente d’ingrandimento delle scuole di pensiero, dall’Ottocento ad oggi, in un’epoca che è già stata definita da taluni post-crociana, cioè dopo colui che viene ritenuto l’ultimo grande maestro in materia. La critica multifattoriale non è per nulla volta verso il relativismo culturale, né si muove nelle aree dei facili sincretismi, tendenti ad appiattire le differenze con le loro manie unificatrici. Al contrario si è resa conto che non è intelligente chiudersi nei recinti ideologici, e che spesso le diverse scuole di pensiero, non sono alternative fra loro, ma piuttosto risultano complementari. (….).

I saggi critici su Sergio Camellini analizzano sia le strutture interne alla poetica, sia lo sviluppo dinamico-temporale, ovvero la visuale diacronica. Oggi il critico si muove sempre di più in una direzione gnoseologica, cercando di non essere semplicemente un recensore che emette solo giudizi estetici, ma uno studioso-specialista che agisce anche con metodi scientifici cognitivi, per giungere a delineare le opere letterarie nella loro completezza e globalità, dalla genesi alle strutture formali; dai messaggi contenuti al mondo interiore e alla personalità dell’autore; dalle valenze stilistiche a quelle storico-sociali; dalle influenze culturali esterne alle originalità intrinseche; dal lavoro sulla parola alle immagini e alle figure retoriche.

Insomma per scoprire quale è la sete, quali sono i sogni, quale è la sostanza antropologica nonché spirituale dell’uomo e dell’artista. E dunque questo lavoro non si configura solo come un insieme di analecta della critica letteraria sull’opera di Sergio Camellini, ma si prefigge lo scopo più ampio di uno studio della sua poetica ed estetica.

Enzo Concardi

 

 

 

Enzo Concardi (a cura di), Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Sergio Camellini, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 100, isbn 979-12-81351-19-6, mianoposta@gmail.com.

 

 

 

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Aldo Dalla Vecchia, "L'occhio magico"

28 Ottobre 2023 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni, #televisione, #saggi

 

 

 

 

L’occhio magico

Aldo Dalla Vecchia

Graphe.it, 2023

 

Un amore lungo una vita quello fra Aldo Dalla Vecchia – scrittore e autore televisivo – e la tivù, magica scatola nata prima che lui ed io venissimo al mondo, e che adesso non è più solo schermo posato su un mobiletto – magari un vecchio carrello con la lucina sopra “perché altrimenti fa male agli occhi” – ma è declinato in molte versioni: dal tablet, al telefonino, al monitor del pc.

Alla vigilia del settantesimo compleanno di mamma Rai, in questo saggio, sottotitolato “Breve storia della televisione italiana”, l’autore ripercorre i decenni che vanno dagli anni cinquanta ai giorni nostri: la nascita delle trasmissioni, i primi programmi con un’audience oggi impensabile, la funzione di alfabetizzazione oltre all’intrattenimento, il passaggio alla tv colorata e la nascita delle reti alternative alla Rai, la fine del duopolio, il proliferare delle piattaforme e dello streaming. Persino gli anni della pandemia, con gli studi televisivi in lockdown e Sanremo senza pubblico in platea. Fino a oggi la televisione ha sempre trovato, e forse troverà ancora, un modo per sopravvivere.  

Storia di programmi, questa di Dalla Vecchia – ché molti solo a sentirli nominare sbloccano ricordi – ma anche di eventi storici dall’enorme risonanza mediatica, e di vicende interne alla gestione e direzione del mondo televisivo stesso. La tv come specchio della società, capace di testimoniarne, ma anche di anticiparne e orientarne, i cambiamenti.

Si è passati dalle trasmissioni come Lascia o raddoppia, che creavano veri e propri gruppi di ascolto raccolti attorno al focolare tv, alle serate infinite allungate da interminabili pubblicità solo per seguire una puntata di Elisa di Rivombrosa, alla fruizione attuale di una, o persino mezza, puntata alla volta della serie tv preferita, magari seguita sullo schermo di un telefonino.

Si racconta l’essenziale, in questo piacevole testo, addirittura “in pillole”, senza analisi cervellotiche ma con un linguaggio chiaro e agile, capace di attrarre sia boomer, che quei programmi hanno seguiti e amati, sia millennials, abituati alla fruizione veloce e sintetica di ogni contenuto.

Un’operazione culturale, nostalgica – come sempre in Dalla Vecchia – ed educativa verso le giovani generazioni, che conoscono solo gli anni Duemila e non sanno da dove siano sbocciati certi generi e certe pietre miliari in grado di condizionare la produzione successiva, oltre al costume dell’epoca.

Forse, sarà grazie anche a questo saggio, se certi programmi come Techetechetè, non saranno considerati solo come tristi e barbosi necrologi.  

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Maria Angela Eugenia Storti, "Itinerari di letteratura del novecento tra tradizione e innovazione"

23 Ottobre 2023 , Scritto da Maria Elena Mignosi Picone Con tag #maria elena mignosi picone, #recensioni, #saggi

 

 

 

 

 

Maria Angela Eugenia Storti

ITINERARI DI LETTERATURA DEL NOVECENTO

TRA TRADIZIONE ED INNOVAZIONE

 

Memorie artistiche a confronto: Mann, Kafka, Woolf, Eliot,

Beckett, Wedekind, Pirandello, Montale

 

Come quando un campo, sia pure di buona terra, non viene irrigato con l’acqua, allora succede che le piante, che pur vi possono attecchire, però non possono crescere; come quando in una famiglia si vive tra i contrasti e i figli non sono inondati di amore, allora succede che la loro crescita è minacciata da crisi e disagi; così anche nelle nazioni che i governanti spingono a guerre, provocando disperazione, allora si rompe l’equilibrio nell’animo delle persone e viene compromessa la loro stabilità emotiva e psichica.

È questo il terremoto spirituale subentrato in seguito alle due guerre mondiali nel Millenovecento, che ha stravolto quell’ordine, quell’armonia, quella consapevolezza, che invece caratterizzavano i secoli precedenti.

L’autrice del libro Itinerari di Letteratura del Novecento tra Tradizione ed Innovazione (G. Miano Editore, 2023), Maria Angela Eugenia Storti, appassionata cultrice di Letteratura germanica e anglosassone, professoressa di Lingua e Letteratura Inglese presso il Liceo di Scienze Umane “G. De Cosmi” di Palermo, ha preso in esame vari autori, tedeschi o inglesi, (ma anche qualche italiano come Pirandello e Montale) quali Thomas Mann, Franz Kafka, Virginia Wolf, Thomas Eliot, trattando in loro, nella parte iniziale del libro, il genere del romanzo.

Poi l’autrice prosegue prendendo in considerazione il teatro con appunto Luigi Pirandello, oltre a Frank Wedekind e Samuel Beckett; infine conclude con la poesia negli autori Thomas Mann e Eugenio Montale.

Ritornando al romanzo, La terra desolata di Thomas Eliot già esprime nel titolo stesso, la desolazione, e La montagna incantata di Thomas Mann è come un rifugio da questa desolazione, pur essendo un luogo di malattia, di sofferenza, però ricco di amabilità e di bontà. Sono da accostare tra di loro questi due temi a dimostrazione del fatto che gli atteggiamenti di rottura, di ribellione, tipici del Novecento, non sono dettati da estrosità e stravaganza, da qualcosa di superficiale, ma piuttosto sono dettati da profondo dolore che cela un desiderio vivissimo di umanità e auspica fortemente l’incanto della bontà.

Certo, di fronte agli orrori perpetrati in questo periodo, si avverte il non senso della guerra, e con questo il non senso della vita. Viene meno ogni punto di riferimento, e gli uomini si sentono come “uomini vuoti”.

Però ora l’attenzione si sposta dalle cose esterne alla vita di dentro, alla psiche. Ne è un esempio Virginia Woolf che sostiene che in una biografia, come in un diario, sono da prendere in considerazione non tanto i fatti, le date e luoghi, quanto “la coscienza”, cioè i pensieri, i sentimenti, le emozioni, le scelte, le decisioni. Nell’opera di Virginia Woolf risalta inoltre l’anelito all'emancipazione della donna che, per la mentalità di allora, valeva solo se madre di famiglia o suora, il resto, se poetessa, scrittrice o artista, veniva bersagliata come estrosa e strana, quasi portasse in sé una vergogna e allora a una donna così non rimaneva altro che il rifugio nella propria “stanza”. E poi “la solitudine” di Franz Kafka, il disagio esistenziale. È veramente una situazione tragica.

Nel teatro ancora più forte che altrove è la rottura con il passato. Già sin dallo scenario che non è più un paesaggio o un ambiente come prima ma perde la sua consistenza per ridursi al minimo, quasi scompare: lo scenario si fa scarno, spoglio. Anche il dialogo spesso è sostituito dal monologo. Il teatro del Novecento è veramente una rivoluzione. Prevale la sensazionalità, il simbolismo, la critica alla morale borghese, spesso ipocrita e perfino crudele. Il teatro si afferma travalicando i confini regionali per sconfinare in campo europeo o addirittura mondiale.

 Significativo “Il Teatro dell’assurdo” in cui si pone l’accento sulla assurdità della vita.

E infine la poesia. Il “correlativo oggettivo” accomuna Eliot e Montale. Si mette in risalto il “mal di vivere”. Anche nella poesia una rivoluzione a cominciare dalla forma. Non più la metrica con le strofe, i versi, le rime; il contenuto esprime bagliori di sentimento come lampi nel cielo che traducono le emozioni, i pensieri e i sentimenti con esasperata soggettività. La poesia è fulgore di vibrazioni di animo.

È tutta una innovazione che si affianca talora alla tradizione. È la modernità che coinvolge anche la pittura, la musica.

“Tradizione” e “Innovazione”, tradizione e modernità si scontrano, si incontrano e sussistono più o meno armonicamente.

Maria Elena Mignosi Picone

 

 

 

Maria Angela Eugenia Storti, Itinerari di letteratura del Novecento tra tradizione ed innovazione, pref. di Lea Di Salvo, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 82, isbn 978-88-31497-99-2, mianoposta@gmail.com.

 

 

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Michele Petullà e Viola Petullà, "Teorie evoluzionistiche in antropologia"

8 Settembre 2023 , Scritto da Maria Elena Mignosi Picone Con tag #maria elena mignosi picone, #recensioni, #saggi

 

 

 

 

Michele Petullà – Viola Petullà

 

TEORIE EVOLUZIONISTICHE IN ANTROPOLOGIA

Modelli e sviluppi

 

 

Come Copernico rivoluzionò il Sistema Tolemaico così Darwin rivoluzionò il Creazionismo, cioè la concezione del Dio Creatore, con il conseguente Piano Provvidenziale divino, finalizzato alla Vita Eterna per l’uomo.

Nella sostanza, si tratta in fondo di un riecheggiamento del passaggio dal Teocentrismo all’Antropocentrismo, dominanti rispettivamente nel Medio Evo e nel Rinascimento.

L’uomo viene considerato ora non tanto nella sua umanità ma più specificatamente nella sua fisicità; e fioriscono gli studi intorno all’essere umano sotto questo aspetto, tanto da dar luogo ad una nuova disciplina, l’Antropologia, che comprende anche Sociologia, Archeologia con attenzione in particolare anche allo studio dei Fossili, e considerando l’uomo sia in sé, come individuo, sia in rapporto alla società.

La novità di questo studio è che si considera l’essere umano alla stregua di ogni altro essere vivente, appartenente al regno animale o vegetale. Viene presa in considerazione, dell’uomo, specialmente l’anima sensitiva, che ha in comune con gli animali, prescindendo dall’anima spirituale, per la quale si ha la somiglianza con Dio. Quindi è esclusa ogni trascendenza, e siamo lontani, o meglio dire autonomi, dalla Teoria Tomistica, di San Tommaso, che vede l’uomo a immagine e somiglianza di Dio, in quanto possiede lo spirito perché Dio è Spirito.

A questo punto saremmo indotti a pensare ad una frattura tra Creazionismo ed Evoluzionismo. Ma in effetti non c’è tra queste due concezioni di pensiero una contrapposizione. Basti pensare ad esempio al mare. Esso c’è sempre, è un elemento del Creato, che esiste nella sua fissità. Ma quanto moto ha in sé, quanta trasformazione, quanta diversità tanto da cambiare sempre, di colore, di moto, di tutto! È sempre uguale e sempre diverso. Così hanno ragione tutti e due. I Creazionisti e gli Evoluzionisti. Sono perfettamente conciliabili gli antichi filosofi greci, Parmenide, sostenitore dell’Essere, Immutabile, ed Eraclito per il quale “tutto scorre”. Del resto lo stesso Darwin ha confidato di non essere ateo ma di credere in un Dio Creatore.

L’Evoluzionismo ha conferito al Creazionismo o Fissismo vivacità, dinamismo, in fondo un maggiore realismo. L’uomo, in conclusione, è sempre lo stesso ma col tempo cambia sempre: mentalità, usanze e consuetudini, e tanto altro ancora.

Gli autori, Michele e Viola Petullà, del saggio Teorie evoluzionistiche in antropologia. Modelli e sviluppo (G. Miano Editore, 2023), hanno esaminato a fondo l’Evoluzionismo, non solo sotto l’aspetto scientifico ma anche storico, spaziando anche a ritroso nel tempo per individuarne gli antecedenti.

Il fine cui mirano con quest’opera è la diffusione nelle scuole, soprattutto nei Licei a indirizzo “Scienze umane e pedagogiche”.

Da prendere soprattutto in considerazione, in questo libro, è la parte in cui gli autori mettono in guardia dalle interpretazioni improprie delle novità di carattere scientifico. Infatti l’Evoluzionismo, male interpretato, ha portato alla concezione della superiorità della razza. E conosciamo tutti gli orrori che ne sono derivati. Questo succede quando si sconfina dal campo scientifico e si applica la scoperta in altri campi, come la filosofia, l’etica, la morale. Portiamo ad esempio la teoria della relatività di Einstein, che, traslata al di fuori della scienza, divenne, (pure al di fuori delle opinioni, rispetto alle quali è accettabile), relativismo, con la negazione di una verità assoluta. E il conseguente sbandamento della società.

L’ideale sarebbe per i giovani integrare l’Evoluzionismo con il Tomismo, in modo da considerare Darwin non disgiunto da San Tommaso, o ancora più indietro nel tempo da Aristotele. Così si avrebbe una idea completa dell’essere umano, sia come anima sensitiva che come anima spirituale.

E l’uomo non sarebbe equiparato, quando va dal medico, all’animale quando lo portano dal veterinario.

Non possiamo ignorare che l’uomo non è solo un insieme di molecole e cellule ma è soprattutto scintilla di Dio.

Maria Elena Mignosi Picone

 

 

 

Michele PetullÀ, Viola PetullÀ, Teorie evoluzionistiche in antropologia. Modelli e sviluppi, premessa di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 84, isbn 979-12-81351-01-1, mianoposta@gmail.com.

 

 

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