cinema
Roma che non abbozza
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I PREMI FINALI DEL 48 HOUR FILM PROJECT ITALIA XVI edizione
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Con la premiazione presso il Teatro Italia di Roma si è conclusa la sedicesima edizione di 48 Hour Film Project Italia, competizione cinematografica che coinvolge 140 città in 5 continenti e Roma come unica tappa italiana. Dopo Los Angeles, Parigi, Shanghai anche Roma, nel weekend tra il 18 e il 20 novembre scorso, è stata invasa da centinaia di giovani e agguerriti professionisti del cinema impegnati nella realizzazione di un cortometraggio in sole 48 ore. L'evento, prodotto e organizzato da Le Bestevem - Tania Innamorati, Eva Basteiro-Bertoli ed Ester Stigliano – ha visto come film vincitore il corto 'Con il piede giusto', diretto da Ivana Gloria realizzato con la squadra Finché c’è vita, che gareggerà con i cortometraggi provenienti da tutto il mondo al Filmpalooza 2023. Qui, oltre al Gran Premio finale, potrà aggiudicarsi la possibilità di concorrere nella sezione Court Métrage al Festival di Cannes 2023.
La Giuria del 48 Hour Film Project Italia 2022, composta dal regista e sceneggiatore Paolo Virzì, dalla sceneggiatrice Heidrun Schleef, dal direttore della fotografia, il Premio Oscar Philippe Rousselot, dal montatore Bernat Vilaplana, dallo scenografo Massimiliano Sturiale, dal tecnico del suono Maricetta Lombardo e dalla truccatrice Jana Carboni, ha premiato:
Miglior corto: 'Con il piede giusto', diretto da Ivana Gloria, della squadra Finché c’è vita
Miglior regia: Ivana Gloria per 'Con il piede giusto', della squadra Finché c’è vita
Miglior sceneggiatura: Ivana Gloria per 'Con il piede giusto', della squadra Finché c’è vita
Migliore attrice: Brigitta Fiertler per il corto 'Change' della squadra Onda’s corporation
Miglior attore: Filippo Contri per il corto 'A tempo debito' della squadra Real Regaz
Miglior fotografia: Marco Ranieri per 'Togli un posto a tavola' della squadra Viaggi organizzati
Miglior trucco e acconciatura: Sveva Germana Viesti per il corto 'Lacryma' della squadra Pellicola Produzioni
Migliori costumi: Sara Marino per 'Fitoterapia' della squadra Class97
Miglior scenografia: Roberta Infante per 'No plant B' della squadra EffettoNotte
Miglior suono: Riccardo De Cillis e Lorenzo Di Tria per 'Uncoming out' della squadra The happy hours
Migliore colonna sonora: Maria Chiara Casa per 'No plant B' della squadra EffettoNotte
Miglior montaggio: Amelia Sartorelli per 'Oxy bar' della squadra I Marchetta
E' stato anche consegnato il Premio del Pubblico al corto 'Ancora in fiore' della squadra Filma Manent, che ha totalizzato 1007 commenti su YouTube
“Questa sedicesima edizione del 48HFP è stata – dichiara la direzione artistica de Le Bestevem - molto difficile da organizzare sia in termini di risorse economiche a disposizione che di disponibilità delle location. Tornare in presenza dopo due anni di pandemia e due edizioni digitali è stato, in termini organizzativi, molto difficile, tra sale e teatri chiusi e costi di affitto triplicati. Nonostante tutto, abbiamo registrato un aumento esponenziale dei numeri delle squadre iscritte e del riscontro sui social, concludendo meravigliosamente questa edizione. Possiamo anticipare con orgoglio che il successo delle edizioni italiane non è passato inosservato: abbiamo in cantiere una enorme sorpresa per i partecipanti al concorso. La sveleremo a breve sui nostri canali social...”
Il 48 Hour Film Project Italia è un progetto promosso da Roma Capitale-Assessorato alla Cultura, è vincitore dell'Avviso Pubblico Contemporaneamente Roma 2020 – 2021 –2022 curato dal Dipartimento Attività Culturali ed è realizzato in collaborazione con SIAE. È realizzato sotto l'altro patrocinio del Parlamento Europeo. New partners per la sedicesima edizione sono stati: @weshort_ e @pignetofilmfestival.
Per maggiori informazioni:
https://www.48hourfilm.com/it/rome-it
https://it-it.facebook.com/the48hourfilmproject.italia/
https://www.youtube.com/watch?v=lWc8ALP-eRE&list=PLrFF_CKcdIHotORbJc0baMzr9DIEftmfK
roma@48hourfilm.com
Il fantasma di Alessandro Appiani, un film che non ti aspetti...
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Il regista sipontino Stefano Simone ritorna con un nuovo film e questa volta lo fa, più che mai, in maniera inconsueta e sorprendente. Il titolo del film - Il fantasma di Alessandro Appiani - potrebbe trarre in inganno gli spettatori, inducendoli a pensare a una pellicola horror o velata di mistero, come spesso il regista ci ha abituati in questi anni. E invece ecco la sorpresa: il lungometraggio, di circa un’ora e mezza, è una bella commedia, leggera e con un paio di gag spiritose.
Un film che scorre senza pause e che rende la visione godibile per lo spettatore. Non mancano i riferimenti ad altri film del camaleontico regista, in particolare a L’uomo col cilindro. Infatti, in una scena viene mostrato alla protagonista un libro intitolato Luoghi arcani e misteriosi con l’immagine di Villa Rosa che campeggia sulla copertina (Villa Rosa è la location dove è ambientata la narrazione de L’uomo col cilindro). Altro riferimento al medesimo film è la camminata dei protagonisti sui binari morti.
Pur essendo una commedia, un filo di mistero percorre tutta la pellicola e annoda le morti di alcuni personaggi alla presenza di un fantasma, quello di Alessandro Appiani. Il finale è un piacevole colpo di scena. Come le location risultano appropriate al contesto, anche la musica si mostra funzionale, coinvolgendo lo spettatore e creando suspense. Ben curati i dialoghi. Ma a fare alzare l’asticella del livello qualitativo del lungometraggio è senza dubbio la bravura di tutti gli attori, specialmente dei giovani protagonisti Rosa Vairo e Matteo Mangiacotti, veri talenti naturali.
Giacomo Telera
Stonebreakers
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Stati Uniti, 2020: nel mezzo della rivolta Black Lives Matter e dell’elezione presidenziale, scoppia la battaglia sui monumenti storici. Un conflitto culturale che travolge statue di Cristoforo Colombo, confederati e padri fondatori, e mette in discussione il racconto mitico americano. Esplorando un panorama memoriale in trasformazione, Stonebreakers interroga il rapporto tra Storia e lotta politica in un’America che, mai come oggi, è chiamata fare i conti con il proprio passato.
Il film si avvale della produzione della Awen Films - con Isaak J. Liptzin, Curtis Caesar John, Andrea Fumagalli e lo stesso regista - e della direzione della fotografia di Isaak J. Liptzin, del montaggio di Andrea Fumagalli e delle musiche originali di Francesco Venturi.
“Quando l’onda delle proteste del Black Lives Matter si è riversata per le strade delle maggiori città americane – ricorda il regista - a New York avevo da poco messo in pausa la produzione di un documentario sul mito di Cristoforo Colombo e sulle controversie legate alla celebrazione del Columbus Day. Con l’arrivo della pandemia il tema sembrava finito in secondo piano, ma ho dovuto ricredermi subito, quando la prima statua di Colombo è stata abbattuta nel mezzo delle proteste per l’uccisione di George Floyd. Ho deciso in quel momento di allargare lo sguardo del film, di non fermarmi a Colombo e di affrontare il nodo della memoria americana nella sua totalità. Stonebreakers è sia la testimonianza di una stagione straordinaria che un contributo a un dibattito pubblico sul ruolo della memoria e della public history. Fare i conti con il passato non significa congelarlo dentro un monumento, ma affrontarlo, riaprirlo alla discussione e continuare ad attualizzarlo. Mi auguro che questo film possa incoraggiare il suo pubblico a condividere questa responsabilità e a immaginare monumenti che non rappresentano solo eroi armati a cavallo che si impongono dall’alto di un piedistallo, ma che esprimano una storia di cui siamo al tempo stesso spettatori, interlocutori e critici protagonisti”.
IL REGISTA
Valerio Ciriaci è un documentarista italiano che vive negli Stati Uniti. Nato a Roma, Valerio si laurea in Scienze delle Comunicazione all’Università La Sapienza nel 2011, con una tesi su Jean Rouch e l'etno-fiction. Nello stesso anno si trasferisce a New York per frequentare il corso di cinema documentario della New York Film Academy. Nel 2012 fonda la casa di produzione Awen Films, con la quale realizza documentari indipendenti, video editoriali e altre produzioni audiovisive. I suoi corti documentari, Melodico (2012), Treasure - The Story of Marcus Hook (2013) e Iom Romì (2017) sono stati selezionati in numerosi film festival internazionali, tra cui Big Sky Documentary Film Festival, Hot Springs Documentary Film Festival, Bari International Film Festival e New York Jewish Film Festival presso il Lincoln Center. Nel 2015 realizza il suo primo lungometraggio, If Only I Were That Warrior, vincitore del Premio Imperdibili al 56˚ Festival dei Popoli e del Globo d’Oro 2016 per il miglior documentario italiano. Nel 2019, al 60˚ Festival dei Popoli, presenta Mister Wonderland, che riceve il premio 'Il Cinemino' e verrà in seguito diffuso sulla Rai in Italia e su PBS negli Stati Uniti.
Durata: 70'
Anno di produzione: 2022
Formato: DCI 4K (4096 x 2160)
Il fantasma di Alessandro Appiani (2022) di Stefano Simone
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Stefano Simone si conferma autore interessante e versatile, cambiando del tutto genere dopo gli ultimi lavori che spaziavano dal fantastico al thriller, con alcune incursioni nel tema sociale e dei diritti umani. Il fantasma di Alessandro Appiani è commedia thriller, qualcosa che in Italia si fa davvero poco, in parte riferibile a lavori internazionali come IT, per il tono e per la presenza dei ragazzini che indagano, fatte le debite proporzioni. Qui ci troviamo di fronte a un lavoro a basso budget che fa del cinema teatrale la sua maggior forza, con interpretazioni credibili da parte dei giovani attori, un cast interessante nel quale spicca la protagonista Rosa Vairo, per espressività e naturalezza. La sceneggiatura di Matteo Simone, Roberto Lanzone e Giuseppe Bollino parte da un romanzo di Gordiano Lupi, senza stravolgerlo nella storia, ma calandolo alla perfezione in un mondo popolato da adolescenti. L’operazione può dirsi riuscita, perché Silvia Lepri (Vairo) resta la ragazza sognatrice che sin dall’infanzia ha la straordinaria capacità di sentire le voci a grande distanza (idea di Aldo Zelli, dal racconto Le voci lontane). Nella versione del cineasta di Manfredonia si avvale della complicità di due amici come Luigi (Mangiacotti) e Carlo (Balta) per investigare su una serie di omicidi che sembrano collegati alla leggenda del fantasma di Alessandro Appiani e del suo castello abbandonato. Spinti dalla curiosità, i tre adolescenti iniziano un’indagine personale, basandosi sui libri di leggende popolari del professor Luisi, uno storico locale che cerca di riabilitare la figura del principe. Mentre la polizia brancola nel buio, sarà proprio il trio a risolvere il mistero. Non diciamo altro sulla trama, perché il film è un vero e proprio giallo con ben quattro omicidi e un colpevole, che lo spettatore scoprirà soltanto verso la fine, nel corso di una sequenza ad alta tensione. Veniamo ai pregi della pellicola, che sono molti, a partire da un cartone animato inziale che racconta la storia del delitto di Alessandro Appiani (episodio storico, avvenuto a Piombino nel 1580) avvalendosi di un singolare quanto originale rap in sottofondo. Pare di essere tornati nel cinema degli anni Settanta, quando spesso le commedie italiane venivano introdotte da un divertente disegno animato. Sara Strafile e Lucia Zullo sono davvero brave e realizzano un prodotto di godibile freschezza. Il film è ben fotografato da Tommaso Visentino, che conferisce le atmosfere giuste alla narrazione, passando senza soluzione di continuità dai toni cupi e giallastri dei notturni ai luminosi esterni. Stefano Simone dimostra di aver raggiunto un buon livello di maturità tecnica, che lo rende capace di affrontare sia i piani sequenza che i campi e controcampi per gestire i dialoghi di un film in gran parte teatrale, come impostazione narrativa. Non mancano le annotazioni d’autore come la scena del dialogo tra il nonno (Potito, molto bravo) e Silvia, dove il vecchio discetta sul valore dei sogni e sulla crudeltà della guerra, senza dimenticare il valore simbolico del binario (ricorrente nei film di Simone) con gli adolescenti che camminano lungo la linea ferroviaria, pronti per affrontare la vita. Il film ha un tono da commedia che non ha precedenti nel cinema del regista pugliese, alcuni personaggi sono volutamente grotteschi e caricaturali, come il giovane scrittore Paolo Lanfranchi (Simone), che parla senza capire il senso delle parole e usa piuttosto che a sproposito (come fanno in molti!). Per non parlare dell’inetto ispettore di polizia (Tricarico) e del suo assistente (Di Trani) che deve sopportare la prosopopea del superiore e la sua arroganza nell’imputarsi meriti inesistenti. Da notare alcune riuscite gag all’interno del castello abbandonato, dove gli sceneggiatori si prendono gioco degli stereotipi del cinema horror di bassa lega. Ottimo Matteo Mangiacotti nella parte dello studente secchione innamorato di Silvia e molto bene Simone Balta, il più giovane del terzetto che porta un tocco di leggerezza alla formazione dei giovani detective. Rosa Vairo è perfetta come indagatrice dell’incubo dotata di poteri soprannaturali, che confida solo al giovane amico Carlo, espressiva e sorridente, mai in difficoltà con la gestione del personaggio. Tra i pochi adulti, spicca l’interpretazione di Carlo Cinque, nei panni di un allucinato professor Luisi, scrittore ossessionato dalla figura di un principe calunniato dalla storia. Nota di merito per Stefano Simone, perché non è facile dirigere giovani attori e farli recitare in maniera spontanea e naturale, senza incertezze di sorta. Termino con il montaggio serrato, che contribuisce a creare suspense nelle sequenze più importanti, come durante la visita notturna al castello abbandonato. Ottima la scelta del suono in presa diretta che conferisce veridicità e spontaneità al materiale narrativo. Colonna sonora come sempre (sin dai tempi di Cappuccetto Rosso) del fido Luca Auriemma, una costante positiva nei film del regista sipontino. Attendiamo novità sulla distribuzione, che crediamo sarà soprattutto televisiva, anche se il film meriterebbe attenzione da parte di cinema indipendenti, festival e rassegne a tema.
Regia: Stefano Simone. Soggetto: Gordiano Lupi (romando), Aldo Zelli (idea). Sceneggiatura: Roberto Lanzone, Giuseppe Bollino. Musiche: Luca Auriemma. Fotografia: Tommaso Visentino. Animazione: Sara Strafile, Lucia Zullo. Aiuto Regia: Francesco Trotta. Fonici di presa diretta: Giovanni Casalino, Robb MC. Produzione: Running TV International. Genere: Commedia / Thriller. Formato: DCP / Colore. Durata: 84’. Paese di Produzione: Italia, 2022. Interpreti: Rosa Vairo (Silvia), Matteo Mangiacotti (Luigi), Simone Balta (Carlo), Bruno Simone (Paolo Lanfranchi), Antonia Notarangelo (amica di Lanfranchi), Carlo Cinque (Mario Luisi), Sara Pellegrino (amica di Lanfranchi), Gianluca Di Trani (assistente di polizia Righetti), Cory Di Pierro (madre di Silvia), Antonio Potito (il nonno), Pasquale Tricarico (ispettore Franceschini), Moussa Camara (senzatetto che vive nel castello), Isabella Gentile (madre di Lanfranchi).
Nope
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Jordan Peele mi era piaciuto con il suo surreale e corrosivo Get out, per cui mi ha incuriosito questo suo nuovo lavoro che comincia con una scena se non altro originale: un uomo viene ucciso da una moneta che ad alta velocità cade dal cielo conficcandoglisi nel cervello. I figli devono prendersi cura del ranch ma le cose non vanno bene. Finché il giovane non si rende conto che nei cieli della sperduta valle in cui vive dimora quello che pare a tutti gli effetti un UFO. E insieme alla sorella decide di "svoltare" riprendendolo, magari creando una piattaforma propria, per andare dalla mitica Oprah e diventare ricchi e famosi. Alternata alla storia principale viene proposta in flashback quella di Gordie, personaggio fittizio di una sitcom anni '90 interpretato da uno scimpanzé che un giorno, senza motivo, uccise quasi tutti i presenti sul set risparmiando solo due bimbi. Nope è un film che affronta tanti temi ma che ha per protagonista lo sguardo: nostro sul mondo, del mondo su di noi. Oggi immortalare il mondo ha trasceso i comuni fini artistici per diventare una immensa fonte di guadagno: dallo scatto dell'influencer a chi riprende un omicidio, alle telecamere di sorveglianza che, ignare, testimoniano tragedie. Il primo che le posta, le divulga, le trova, si accaparra fama e soldi. Per le polemiche c'è spazio dopo. Ma a Peele interessa il mentre: quanto costa ottenere quello scatto, quel video perfetto che potrebbe cambiarti la vita? Magari la vita stessa. Perché in definitiva con lo sguardo cerchiamo di replicare ciò che facciamo da millenni: controllare la Natura, che notoriamente, la sa molto più lunga di noi, e se vuole, con un buffetto ci scaraventa all'inferno. La strage di Gordie, il calcio iniziale del cavallo, la terrificante scena allo spettacolo di rodeo, ci indicano più volte che le reazioni esterne a noi sono spesso imprevedibili. E invece gli sguardi perenni dei protagonisti a scrutare le nuvole, la chrome ball sul set, il pozzo che scatta le foto al cielo, siamo noi che pur guardando in alto vediamo solo il nostro dito furiosamente egocentrico. Non a caso tra i due figli, chi trova la chiave di volta è il fratello più riservato che, addestrando i cavalli, sa che il predatore non va mai guardato negli occhi e quando lo vede li tiene bassi. Come dire umiltà, voliamo basso, mettiamoci da parte ogni tanto. E guardiamo che fine fa lo scatto perfetto fatto dalla esuberante sorella quando alla fine si rende conto di essere sopravvissuta nonostante tutto. Fotografia davvero notevole.
La santa piccola di Silvia Brunelli
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La santa piccola (2021)
di Silvia Brunelli
La santa piccola è la convincente opera prima di Silvia Brunelli, prodotta con l’aiuto della Biennale di Venezia e di altre realtà territoriali come Mosaicon Film, Antracine, Nuovo Teatro Sanità e Accademia di Belle Arti di Napoli. Presentata al Farnese di Roma, selezionata al Tribeca Film Festival, ha dato il via a un tour italiano che la porterà nei cinema di Ragusa, Iglesias, Bologna, Caserta, per approdare a Napoli, quartiere Sanità, luogo naturale dove tutto è cominciato. La pellicola è tratta dal buon romanzo di Vincenzo Restivo (Milena Edizioni, collana di narrativa LGBT), sceneggiato dalla regista in collaborazione con Francesca Scanu, ambientata benissimo in una Napoli solare e vitale, nel quartiere Sanità, dove convivono superstizione e miseria, religiosità diffusa e quotidiane mancanze. Si racconta una storia di amicizia tra due ragazzi, Lino e Mario, che dopo notti di sesso sfrenato e avventure nel rione, sembra sfociare in qualcosa di più intenso, ma soltanto il secondo cerca l’approccio omosessuale, mentre il primo non trova il coraggio per osare e interrompe persino l’amicizia. La regista è bravissima a descrivere la vita quotidiana di un quartiere povero, dove sembra non accadere niente, fino allo sconvolgente evento che irrompe nell’ordinario e modifica il corso degli eventi. Personaggio principale della vicenda la piccola santa, suo malgrado, Annaluce (sorellina di Lino) che fa volare una colomba apparentemente morta e sembra resuscitare la madre intossicata dal gas. Tutto il quartiere grida al miracolo e la povera casa di Perla - madre depressa abbandonata dal marito - si popola subito di fedeli come se fosse un santuario. Silvia Brunelli dipinge con mano felice un’umanità povera e dolente, con tratti pasoliniani, una macchina a mano convulsa e nervosa che si alterna alla macchina fissa per inquadrature mai banali di volti, vicoli e piazze. Attori giovani e bravi, sia Pellegrino (Lino) che Antonucci (Mario), ben guidati in complesse (ma credibili) sequenze erotiche che a tratti sconfinano nell’hard. Per la prima volta sullo schermo, la giovanissima Sophia Guastaferro non se la cava male, così come Pina Di Gennaro (Perla) è una convincente madre depressa. Fotografia luminosa di una Napoli periferica con suggestivi spaccati marini, curata da Sammy Paravan, colonna sonora a base di suggestioni partenopee di Emiliano Rubbi, mentre la regista cura in parte anche un compassato montaggio, secondo le regole del miglior cinema d’autore. Questa è una storia che racconta di tenerezza e di crudeltà - spiega la regista - di bisogno di credere che qualcosa di buono e di superiore possa accadere, di speranza che qualcosa ci salverà dalla quotidianità e dalla sua monotonia. A nostro parere l’autrice centra il bersaglio alla perfezione, dimostrando che il buon cinema italiano (come si faceva un tempo) esiste, bisogna solo scoprirlo, senza fermarsi alle pellicole promosse da televisioni e circuiti multisala.
Titolo originale: La santa piccola. Anno 2021. Paese di Produzione: Italia. Genere: Drammatico. Produzione: Rain Dogs Production, con la collaborazione di Mosaicon Film, Antracine, Nuovo Teatro Sanità, Accademia Belle Arti di Napoli. Durata: 97’. Regia: Silvia Brunelli. Soggetto: Vincenzo Restivo (romanzo omonimo). Sceneggiatura: Silvia Brunelli, Francesca Scanu. Fotografia: Sammy Paravan. Montaggio: Luna Gualano, Silvia Brunelli. Musiche: Emiliano Rubbi. Distribuzione internazionale: Minerva Pictures Group, TVCO. Distribuzione Italia: Rain Dogs Production, Emera film. Interpreti: Francesco Pellegrino (Lino), Vincenzo Antonucci (Mario), Sophia Guastaferro (Annaluce), Pina Di Gennaro (Perla), Gianfelice Imparato (Don Gennaro), Alessandra Mantice (Assia), Sara Ricci (Marina), Carlo Gertrude.
GIALLO BERICO – Summer Edition
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SHATTER Edizioni, in collaborazione con l’Associazione Culturale Amour Braque, presenta “GIALLO BERICO – Summer Edition”, versione spin-off della rassegna cinematografica e letteraria dedicata al genere giallo/thriller, la cui prima edizione ha avuto luogo il 18 e 19 febbraio 2022 presso la Sala Maggiore di Ponte di Barbarano (VI).
Dopo il successo riscosso dalla prima edizione, a grande richiesta, “GIALLO BERICO” torna in una versione tutta da scoprire e per l’occasione cambia location e “aspetto”: l’appuntamento con il brivido è fissato infatti per il 18 giugno 2022 presso la Sala Polivalente del Comune di Agugliaro (VI).
L’evento, a ingresso libero previa prenotazione, vedrà protagonisti della giornata scrittori, reporter, documentaristi, saggisti e giornalisti investigativi che trasformeranno ancora una volta la suggestiva cornice dei colli berici in uno spazio di informazione, approfondimento, cultura e, non per ultimo, intrattenimento.
Al centro della Summer Edition due fatti di sangue che hanno profondamente segnato un solco nella nera italiana: la strage di Erba e l’efferato delitto Pasolini. In occasione del centenario dalla nascita del regista, intellettuale, scrittore e poeta, infatti, GIALLO BERICO rende omaggio a uno dei più grandi esponenti del Novecento, brutalmente assassinato e sul cui omicidio ancora oggi non mancano ombre e misteri.
A ripercorrere, come da titolo del libro inchiesta, L’ultima notte di Pasolini sarà il reporter Paolo Cochi, autore anche dell’omonimo documentario e che per l’occasione verrà proiettato, che ha co-firmato il volume, edito da Runa, assieme all’avvocato Nino Marazzita e il criminologo Francesco Bruno. L’incontro, moderato dalla giornalista Daniela Boresi, sarà preceduto dalla lettura di alcuni passi da “Le Ceneri di Gramsci” di Pier Paolo Pasolini, a cura di Amour Braque.
L’altro fatto di sangue in cartellone è poi la tristemente nota strage di Erba. A far luce su un caso ancora oggi dibattuto e che vede dietro le sbarre, accusati di omicidio plurimo, Olindo Romano e Rosa Bazzi, sarà il giornalista investigativo Edoardo Montolli, autore della controinchiesta, assieme a Felice Manti, “Il grande abbaglio”, trasposto poi anche in podcast e del quale sarà possibile ascoltare alcuni passaggi. Oggi, che tanti dubbi sono stati sollevati sulla colpevolezza di Olindo e Rosa e che il dibattito sulla coppia si è riaperto, il libro è stato riproposto in versione aggiornata, sulla base delle scoperte fatte dagli autori. A moderare l’incontro sarà il già professore di Diritto penale presso l’Università di Ferrara Guido Casaroli.
Ma come da format originale, anche GIALLO BERICO Summer Edition rende omaggio ai classici della letteratura gialla. E per l’occasione lo fa chiamando in causa un ospite d’eccezione: l’investigatore per eccellenza Sherlock Holmes, protagonista di alcuni dei racconti del giallista Rino Casazza che presenterà le indagini del più noto indagatore alle prese, per i Gialli di Crime, con lo squartatore, Lupin e il mannaro del Lario, per citarne alcuni.
Più ampio spazio poi al cinema giallo e ai cult movies anni Settanta-Ottanta che hanno caratterizzato la scena italiana con la partecipazione di Antonio Tentori, sceneggiatore che ha lavorato al fianco dei più grandi registi di genere di casa nostra quali Dario Argento, Lucio Fulci, Joe D’Amato, Bruno Mattei e che presenterà due volumi, editi da SHATTER Edizioni, da lui scritti: La notte degli assassini – Cult movies del thriller italiano anni Settanta, saggio che prende in analisi titoli celebri e meno del giallo made in Italy, e La mano guantata della morte, sceneggiatura quest’ultima co-firmata da Nico Parente. E quale occasione migliore per portare in scena una performance teatrale che rievochi il nostro cinema più glorioso? Ed ecco infatti entrare in azione Alessandro Romano e Veronica Galeazzo, che daranno vita a una messinscena liberamente ispirata dal capolavoro di Dario Argento Quattro mosche di velluto grigio.
Ad inaugurare la sezione 2 PASSI NEL GIALLO sarà invece la scrittrice Paola Totis, autrice del romanzo La compagnia del silenzio (Logikal Edizioni), in un incontro moderato da Fabio Berton e che comprenderà alcune letture a cura di Amour Braque.
Un evento imperdibile per tutti gli amanti del brivido che, a partire dalle 17.30 di sabato 18 giugno, potranno accedere alla Sala Polivalente di Agugliaro.
La direzione artistica di “GIALLO BERICO” è di Nico Parente.
Per info e prenotazioni: gialloberico@shatteragency.com
Festival del Cinema Città di Spello
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Si è conclusa l'undicesima edizione 'Festival del Cinema Città di Spello ed i Borghi Umbri - Le Professioni del Cinema', ideato da Donatella Cocchini e dal regista Fabrizio Cattani. L’Auditorium San Domenico di Foligno ha fatto da cornice alle premiazioni, in cui ha trionfato, cinque professionisti premiati, 'Qui rido io' di Mario Martone. Alessandro D’Anna per il trucco, Ursula Patzak per i costumi, Marco Perna per le acconciature, Giancarlo Muselli per la scenografia e Rodolfo Migliari per gli effetti speciali. All’opera diretta da Martone è andato anche il premio come miglior film decretato dalla giuria dei giornalisti umbri. Tre, invece, i riconoscimenti assegnati all’opera 'I nostri fantasmi' di Alessandro Capitani: quello per la sceneggiatura, con il premio ritirato dallo stesso regista, quello per il montaggio del suono a Filippo Barracco e quello per il creatore di suoni a Ivan Caso. Il premio per il miglior autore della fotografia e quello per il miglior fonico di presa diretta sono andati rispettivamente a Renato Berta e Simone Olivero entrambi professionisti del film 'Il buco' di Michelangelo Frammartino. A chiudere il cerchio 'Il silenzio grande' di Alessandro Gassman che si è aggiudicato il premio per le musiche grazie ai maestri Pivio e Aldo De Scalzi, 'Piccolo corpo' con Nadia Trevisan a cui è andato il riconoscimento per il miglior organizzatore/produttore esecutivo e, infine, 'L’Arminuta' che ha vinto il riconoscimento per il miglior montaggio assegnato a Roberto Missiroli. Sempre a 'L’Arminuta' è andato anche il premio di Cinemaitaliano.info
Ecco tutti i premi del festival:
Miglior montatore: Roberto Missiroli per 'L’Arminuta' di Giuseppe Bonito
Miglior truccatore: Alessandro D’Anna per 'Qui rido io' di Mario Martone
Miglior costumista: Ursula Patzak per 'Qui rido io' di Mario Martone
Miglior colonna sonora: Pivio e Aldo De Scalzi per 'Il silenzio grande' di Alessandro Gassman
Miglior autore della fotografia cinematografica: Renato Berta per 'Il buco' di Michelangelo Frammartino
Miglior sceneggiatura: Alessandro Capitani per 'I nostri fantasmi' di Alessandro Capitani
Miglior creatore di suoni: Ivan Caso per 'I nostri fantasmi' di Alessandro Capitani
Miglior acconciatore: Marco Perna per 'Qui rido io' di Mario Martone
Miglior scenografo: Giancarlo Muselli per 'Qui rido io' di Mario Martone
Miglior fonico di presa diretta: Simone Olivero per 'Il buco' di Michelangelo Frammartino
Migliori effetti speciali: Rodolfo Migliari per 'Qui rido io' di Mario Martone
Miglior montaggio del suono: Filippo Barracco per 'I nostri fantasmi' di Alessandro Capitani
Miglior organizzatore/produttore esecutivo: Nadia Trevisan per 'Piccolo corpo' di Laura Samani
Miglior film internazionale: 'La persona peggiore del mondo' di Joachim Trier
Nella sezione cortometraggi:
Best short film: 'A moment of magic' di Andrea Casadio
Special jury price: 'Intolerance' di Lorenzo Giovenga e Giuliano Giacomelli
Premio Giuria Giornalisti Umbri
Miglior film: 'Qui rido io' di Mario Martone
Premio Cinemaitaliano.Info
Miglior film: 'L’Arminuta' di Giuseppe Bonito
Premio Cineteca Nazionale Centro Sperimentale Di Cinematografia
Miglior documentario: 'Zenerù' di Andrea Grasselli
Motivazione: Per la capacità di far scoprire allo spettatore la vita del personaggio, Flaminio Beretta, standogli accanto con rispetto ed empatia pur nella eccezionalità di una scelta ermetica molto lontana dalla frenesia e dalla virtualità del mondo contemporaneo. Attraverso Flaminio, inoltre, il regista riesce a raccontare senza didascalismi un territorio e le sue tradizioni, come quella antichissima dello Zenerù che dà il titolo al documentario.
PREMIO GIURIA INTERNAZIONALE DELLA WILLIAM PENN UNIVERSITY - OSKALOOSA - IOWA
Miglior documentario: 'Zenerù' di Andrea Grasselli
Miglior cortometraggio: 'A Moment of magic' di Andrea Casadio
Miglior backstage serie tv: 'Domina' di Alessia Colombo
Documentari
Miglior documentario: 'I am the Revolution' di Benedetta Argentieri
Motivazione: In un mondo sempre più lacerato da guerre e violenze, con un’attenzione particolare oggi alla drammatica situazione in Ucraina, alla crisi umanitaria divampata nel cuore dell’Europa, il reportage di Benedetta Argentieri ‘I am the Revolution’ ci consegna un potente ritratto di donne, tre testimoni di resilienza e riscatto tra i territori dell’Afghanistan, della Siria e dell’Iraq. Un appassionato racconto di chi si batte in prima linea contro la schiavitù, le discriminazioni e le limitazioni sociali-culturali ai danni dei più fragili. ‘I am the Revolution’ si configura come un emozionante grido di protesta, un vibrante inno di libertà. E di pace.
Premio Agenda 2030
'Revenge room' di Diego Botta
Nella sezione dedicata ai backstage:
Miglior backstage serie tv: 'A casa tutti bene' di Sara Albani
Miglior backstage film: 'Sorelle per sempre' di Andrea Porporati
Tre i Premi Speciali consegnati, a cominciare dal 'Premio all’Eccellenza', consegnato dal direttore di Rai per il sociale, Giovanni Parapini all’attrice Marina Confalone', protagonista di un incontro con il pubblico moderato dal giornalista e critico cinematografico Alessandro Boschi e con la partecipazione in collegamento dell’attore e regista Alessandro Gassmann.
Poi, il 'Premio Carlo Savina' assegnato dalla famiglia del celebre maestro al compositore, autore di testi e sound designer Matteo Curallo, che ha incantato il pubblico del San Domenico con una performance musicale affiancato dalla violoncellista Irina Solinas. Infine, il 'Premio Ermanno Olmi' andato al regista de 'Il buco', Michelangelo Frammartino in collegamento da Locarno.
Premio Miglior Giovane Promessa - Dopo Ginevra Francesconi, presente al Festival nella serata di venerdì nell’ambito del progetto 'Agenda 2030', a distinguersi quest’anno tra le giovani promesse è stata la piccola Carlotta De Leonardis, tra le protagoniste del film 'L’Arminuta' di Giuseppe Bonito. A sceglierla una giuria composta da alcuni membri dell’Associazione Agenti dello Spettacolo, rappresentati sul palco da Stefano Chiappi e Mira Topcieva.
Per il secondo anno consecutivo, inoltre, il Festival ha ospitato il Premio 'Meno di Trenta', iniziativa curata da Silvia Saitta e Stefano Amadio con cinemaitaliano.info e dedicata agli artisti del cinema e della serialità televisiva con meno di trent’anni. Cinque i riconoscimenti assegnati in occasione delle premiazioni:
Miglior attrice cinema:
Aurora Giovinazzo
Aurora Giovinazzo ha acceso una scintilla nella giuria. Una fiamma che è la stessa con cui incendia la sua protagonista Matilde in Freaks Out, figlia di una guerra che cercherà di superare con l'aiuto della sua banda di scapestrati, ma soprattutto attingendo da quel potere che è il medesimo che Aurora mette nelle proprie interpretazioni. Un'eroina che si illumina e che ci permette di guardare al futuro, che auguriamo possa risplendere per questa attrice, a cui va un premio che ci ricorda anche la magia del cinema italiano e della capacità delle sue emozioni.
Miglior attore cinema:
Francesco Russo
Motivazione: nel cinema italiano c’è in atto un Rinascimento del “genere” cinematografico, in cui l’Horror si sta facendo spazio: Francesco Russo l’ha intercettato e s’è misurato con un ruolo fuori dal coro per il classico orrorifico, destreggiandosi con un dialetto lontano dal suo di nascita. Francesco conferma una versatile capacità di plasmarsi, già colta ne L’amica geniale o in un’opera come Pecore in erba, ma che nel film di De Feo e Strippoli spicca, permettendoci di parlare di talento. Questo riconoscimento è per come, con il personaggio di Fabrizio, consenta s’intercetti l’essere calzante nel ruolo ma anche tutta la duttilità che gli appartiene e che pensiamo possa aprirgli la porta principale del grande schermo.
Miglior attrice serie tv:
Cristina Cappelli
Motivazione: per averci regalato, con genuina ed efficace semplicità, il ritratto contemporaneo di una donna forte, ma allo stesso tempo vulnerabile, alle prese con dubbi e paure che sono specchio di una generazione. Abile nell'alternare, con la complicità del collega Angelo Spagnoletti, momenti comici a momenti più drammatici, Cristina è riuscita a superare in scioltezza la sua prima grande sfida in un ruolo da co-protagonista, dimostrando una maturità ed un talento che ci auguriamo le possano regalare un futuro promettente nel panorama cinematografico e seriale italiano.
Miglior attore serie tv:
Angelo Spagnoletti
Motivazione: per aver tratteggiato un ragazzo, Daniel, che poteva risultare il solito protagonista per il quale si fa fatica tifare, ma che invece ha saputo dimostrarsi un ragazzo onesto, divertente e sincero con cui potersi immedesimare. In lui sono racchiuse le speranze di una generazione di mezzo, quella dei trentenni, che guarda con nostalgia al passato e un po’ di paura al futuro. Il merito di Angelo è anche quello di aver saputo trovare una chimica perfetta con gli altri personaggi, in primis con la co-protagonista Cristina Cappelli, aiutandoli a brillare e a non farli diventare preda dell’ombra di Daniel.
Menzione della Giuria:
Giulia Dragotto
Motivazione: per la sua incredibile performance in Anna di Niccolò Ammaniti. L’inesperienza, la messa in scena impegnativa, il fatto che l’intera serie pesasse sulle sue spalle sono stati tutti ostacoli che si sono sbriciolati ai piedi del suo talento cristallino, che appare istintivo in una così giovane interprete e che promette un futuro di grandezza. Data la natura distopica della storia che è stata chiamata a mettere in scena, Giulia è riuscita a trasmettere sentimenti ed emozioni difficili da immaginare anche per interpreti navigati, e ha fatto innamorare all’unanimità i membri della giuria.
Tra i tanti ospiti presenti alla cerimonia di premiazione, condotta da Francesco Castiglione, anche il padrino del festival Alessandro Sperduti e gli attori Ester Pantano, Liliana Fiorelli, Francesco Foti e Valeria Fabrizi. E proprio l’attrice di 'Che Dio ci aiuti', è salita sul palco per un momento dedicato a 'Tata Giacobetti e il Quartetto Cetra', celebrati dall’omaggio musicale di 'Un bacio a mezzanotte' che ha visto esibirsi lo stesso Castiglione insieme a Simona Fiordi.
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Inception
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A un anno e mezzo dall'ultima volta, decido di rivedere Inception per la quarta volta, incuriosita da un articolo in cui si faceva notare come uno dei protagonisti, l'allora Ellen Page, nel film si chiama Ariadne, come l'Arianna del labirinto, e non a caso è lei l'architetta dei mondi onirici abitati dalla squadra di Cobb, il vero protagonista. Ricordo che quando tempo fa parlai con entusiasmo del film a una cara amica, lei mi rispose che Inception era molto più di un meccanismo perfetto di scatole cinesi che di aprono in sequenza: era un discorso sull'inconscio e sulla realtà di ciò che viviamo. A quei tempi non avevo strumenti per capire il messaggio che mi veniva dato, per cui archiviai tutto nel mio cassetto "cose che forse un giorno mi saranno chiare". Sempre nello stesso articolo mi incuriosiva la frase "Cobb è un uomo come noi, frammentato e separato dal suo Paese e dalla sua famiglia". Ho provato quindi a leggere il film in senso psicoanalitico/mitologico: Cobb è l'uomo moderno inteso come maschio, privato del suo principio femminile, impersonato dalla moglie, che egli teme e tiene segregata a un livello del suo inconscio assai profondo. Il principio maschile è rappresentato dal sole, dal fare, dalla determinazione, dalla razionalità, da tutto ciò che è prima della soglia (ovvero la vita) mentre il femminile è lunare, oscuro, magico, emotivo, vendicativo, e attratto da tutto ciò è oltre la vita. La coppia, che ha vissuto anni felici insieme, entra in crisi quando i due si separano per la morte di lei, morte causata da lui, che le ha instillato il dubbio che la sua esistenza onirica non fosse reale. Lei sceglie di oltrepassare la soglia vendicandosi di lui, lui resta al di qua, isolato da tutti. Tutto ciò che gli rimane è intrufolarsi negli inconsci altrui come un ladro, in quanto nel suo si annida la sua pericolosa metà che lo vuole trascinare nel mondo ctonio insieme a lei. Alla fine, se Michael Caine non ha mentito e l'ultima scena è reale, Cobb si è riunito alla sua famiglia, ha ritrovato la sua completezza, e c'è riuscito nel momento in cui ha capito che la sua parte femminile era già dentro di sé, ciò che aveva relegato nello scantinato era una sbiadita idea della complessità femminile, che accettare il suo lato buio e lasciare andare quella figura mostruosa gli avrebbero permesso di integrarlo di nuovo. Se invece Caine ha mentito, allora Cobb è rimasto la sotto, ha abbandonato il suo principio maschile e ha preferito vivere nel sonno degli inferi per non affrontare una realtà dolorosa. Resta un film che rivedrei all'infinito, qualunque interpretazione gli si voglia dare.