Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

Enrica Ceccarini, "Cinovagabondi"

25 Maggio 2022 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #patrizia poli, #recensioni, #animali

 

 

 

 

Cinovagabondi

Enrica Ceccarini

2021

 

 

Ci serve un mondo in cui io sono il mormorio delle acque che si svegliano da sonni ghiacciati e tu le radici delle piccole piante, tenere ossa del bosco.” (pag 140)

 

Di solito i libri dei contatti Facebook mi arrivano su richiesta dell’autore, che desidera una recensione, o della casa editrice, o dell’ufficio stampa. Quelli che compro di mia iniziativa sono classici o best seller internazionali in lingua inglese. Per Cinovagabondi ho fatto un’eccezione. Ho conosciuto su Facebook l’autrice, Enrica Ceccarini, e non ho potuto fare a meno di seguire le sue riflessioni. Perché Enrica Ceccarini parla di cani in quanto educatrice cinofila di grande esperienza, e io ho un cane. E perché Enrica Ceccarini scrive da Dio, è una delle migliori scrittrici viventi e non sto dicendo una panzana, né facendo una marchetta a una amica. In realtà, non ci conosciamo se non di nome, né ci scambiamo mai messaggi o informazioni private. Per capire se dico la verità o no, leggetela e seguite la sua pagina.

Enrica dice di sé di essere Asperger e io, da ansiosa sociale, capisco alcune, se non tutte, delle sue difficoltà di relazione. Ma non mi interessa la sua competenza relazionale, bensì la sua inarrivabile bravura come scrittrice, sia in questo libro che nei post che pubblica su Facebook. Qui mi verrebbe da aprire una parentesi. Scrittore è chi ha una copia del proprio romanzo al Salone del libro o chi, con la parola scritta, tocca il cuore delle persone? Ammiro Enrica con molta bonaria invidia. Per quanto mi possa sforzare di essere coinvolgente nei miei romanzi, di essere intensa, non lo sarò mai nemmeno un briciolo di come lo è lei. Ogni volta che leggo un suo pezzo mi si attorcigliano le budella e mi si annoda la gola dal pianto. Nessuno come lei sa emozionare, no, di più, sa dilaniare l’anima. Leggete il capitolo “In memoria del grande Big Jack” e poi ditemi se non è vero.

Ma veniamo all’argomento del libro, che, per inciso, ha una copertina finto invecchiato e un interno patinato, quasi a mettere in evidenza la doppia anima dell’autrice, colta ed istintiva allo stesso tempo. L’argomento sono, ovviamente, i cani. Il nuovo modo di intendere i cani.

Nell’arco degli ultimi 15/20 anni tutti i vecchi concetti di cinofilia – la dominanza, il capobranco, ma anche il gentilismo a suon di würstel e bocconcini – si sono ribaltati, sebbene in molti casi siano ancora duri a morire. La figura del vecchio addestratore, dell’”uomo di cani”, è stata sostituita da una moltitudine di giovani educatori laureati in neuroscienze e indirizzati verso un approccio cognitivo, basato sul concetto che il cane è un essere senziente, intelligente e pensante, dotato di memoria, ragionamento ed emozioni.

In questo suo testo Enrica ci accompagna verso l’ascolto del cane, al fine di costruire un rapporto basato sulla reciprocità, sul rispetto, sulla comprensione, sulla fiducia. E mentre aiutiamo il cane nel suo percorso cognitivo ed emozionale, possiamo curare – prendendone coscienza – anche molte delle nostre ferite interiori.

Fin da quando ho mosso i primi passi nella relazione con il mio cane, ho sentito il bisogno e la mancanza di autenticità di ciò che mi veniva imposto dalla cinofilia vecchio stampo. Era una sensazione più che un ragionamento. Non poteva, mi dicevo, basarsi tutto sulla prevaricazione dell’uomo sul cane, sulla leadership, sul controllo delle iniziative, sulla centripetazione. Me lo confermavano gli occhi smarriti della mia Abra quando cercavo d’impormi su di lei con la prepotenza scambiandola per autorevolezza, me lo ribadivano la sua ansia, i suoi blocchi, i suoi rifiuti.

Poi, grazie a educatori preparati e consapevoli, ho scoperto che quello che sentivo era giusto, che è tutto più semplice di come ce lo spiegano, che il cane non diventa un mostro se lo abitui a pensare con la propria testa, se ti fidi di lui, se gli permetti di scegliere cosa è meglio, se smetti di punire quello che non può controllare, cioè le sue emozioni. Insomma, se gli lasci fare il cane.

Che l’amore di un cane sia incondizionato è una storia che ci piace raccontarci, spiega Enrica, il cane ama chi è capace di rivelarlo a se stesso, chi non lo vuole diverso da ciò che è, con le sue specificità filogenetiche, di vissuto e di razza. Enrica e gli educatori come lei non trasformano il cane su richiesta del proprietario, semmai mediano fra le esigenze del cane e quelle del proprietario e dell’ambiente.  

 

Davvero all’alba di questa vertiginosa, dilagante nuova consapevolezza vogliamo continuare a raccontarci che un pezzetto di würstel possa appagare i cani più del sentirsi liberi di vivere la propria vita e fare le proprie scelte?” (pag 116)  

Mostra altro

Robert T. Kiyosaki, "Padre ricco padre povero"

24 Maggio 2022 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni

 

 

 

 

Padre ricco padre povero

Robert T. Kiyosaki

Gribaudi, 2004

 

Questo libro, dalla copertina bruttissima mai cambiata, è davvero un testo che tutti dovrebbero leggere, sottolineare e rileggere, ma soprattutto mettere in pratica. In 6 capitoli, Kiyosaki, un vero milionario, ci spiega come fare soldi, anche tanti, perché no, pur senza essere Musk o Bezos. Il trucco sta nel capire che i soldi che i veri ricchi fanno non vengono dallo stipendio, ma proprio no! Il salario, o come lo si voglia chiamare, è la ruota che ci intrappola come criceti che la percorriamo senza andare da nessuna parte, sempre in affanno a far quadrare i conti con le bollette e le spese. Il punto fondamentale del saggio è che noi classe medio-povera abbiamo la mentalità del consumo, i ricchi dell'investimento. Stop. Date la stessa cifra, enorme o miserabile, a due persone con queste mentalità e vedrete il diverso utilizzo: chi ha una mentalità da povero la userà per comprare beni deficitari, ovvero oggetti che costano o che si svalutano, il ricco li investirà, magari rischiando, o in beni che aumentano potenzialmente di valore, in fondi, in beni immobili. Insomma il povero lavora per il denaro, per il ricco è il denaro a lavorare, standoci ovviamente dietro. Il povero va a debito col mutuo, il leasing o altro, perché gli hanno insegnato che "un po' di debito fa bene". Verissimo, peccato che si ometta la seconda parte, e cioè che il bene è delle banche. Il ricco magari va per anni in affitto o compra una macchina di lusso solo quando ha già fatto gli investimenti importanti. Se pensiamo che comunque non sapremmo da dove iniziare per investire, oggi è pieno di corsi serissimi, dalla pianificazione finanziaria al trading on line, che con poca spesa possono iniziarci a giocare con i nostri risparmi minimizzando, ma mai riducendoli, i rischi di perdita. Perché anche con i soldi occorre leggerezza. E indovinate chi considera i soldi come amici e non se ne cruccia tanto se ne perde qualcuno per strada?

Mostra altro

Cose buone che succedono a Roma

23 Maggio 2022 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #racconto

 
 

 

 
 
 
Amici lettori del blog sfavillante di luce ed energia culturale, ecco a voi la cronaca di un episodio accaduto a Roma. Ormai cambia tutto, cambia il clima, cambiano gli usi e i costumi, le mode e le tendenze, le attrazioni e le abitudini, insomma la vita è bella perché è varia (cit. Mario er benzinaro) e noi la prendiamo così com'è e voi?
 
COSE CHE SUCCEDONO A ROMA
 
Ho visto un gabbiano mangiare la pizza. La pizza era rossa e il gabbiano era pazzo per la pizza. Gli piaceva così tanto che, senza paura, se la pappava in mezzo alla strada da solo, perché era pazzo per la pizza, che era rossa con il pomodor, e che cazz, così bon che nessuno lo doveva disturbar. Che bella scena, lui che la gustava manco fosse uno scimpanzé, oppure come  il mio amico Armando che tutti sanno che è esagerato e va pazzo per la pizza rossa, solo che Armando come il gabbiano le ali non ha. Sentite questa novità: il pennuto bianco dalle grandi ali, una volta acchiappata la pappa, si alza in volo con la pizza, come un pazzo si libra sopra i palazzi e poi si butta in picchiata con un giro della morte a pelo strada. Io lo so perché con la bicicletta anch'io l'ho seguito in cielo per dirgli: "Gabbiano, ma nella pizza rossa hai trovato il peperoncino?". Ma lui mica mi ha sentito, ha continuato a volare, e dei cassonetti pieni di leccornie non gliene è fregato un casso, e che cazz, come un razzo si è ficcato dentro al bar, ha fregato un bicchierino di limoncello ed è uscito dalla finestra del retro. Mario er benzinaro, seduto al tavolino, l'ha visto ma non ha detto niente al barista che neanche se ne è accorto. Voi pensate che sia finita? Macché, dalla finestra, ancora con la pizza rossa in mezzo al becco, è riuscito a farsi un goccio di limoncello, con un ruttino di filato ha sfiorato il fioraio, con le zampe ha grattato come un flash una rosa rossa. Minchia, ma chi è 'sto gabbiano "extraordinario"?
Io avevo messo il turbo alla bicicletta e lo seguivo curioso di vedere questa storia come andava a finire e, infatti, il gabbiano, ormai pazzo della pizza rossa digerita con il limoncello, la rosa sgraffignata la lanciò alla cassiera delle giostre che, felice, fece fare tanti giri gratis ai ragazzini, i quali risero come matti quando videro il gabbiano fare la popò sulla testa di Raimondo il bidello che, infuriato, montò su un cavallo alato, rincorse il gabbiano per dirgliene quattro. "Raimondo, vuoi un goccio di limoncello così facciamo pace?" il pennuto apostrofò il bidello. L'ometto ridendo accettò l'omaggio del gabbiano e tutti insieme, me compreso, in bicicletta andammo allo stadio a vedere la partita.

 

Mostra altro

Shadowhunters

18 Maggio 2022 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #patrizia poli, #recensioni, #serie tv, #televisione

 

 

 

 

In questo periodo ho fatto una scorpacciata dell’universo Shadowhunters. Ho visto il film di Harald Swart del 2013, seguito tutte le stagioni della serie tv (2016-2019), e letto il primo libro, City of Bones, scritto benissimo da Cassandra Clare nel 2007. Se i libri della Clare sono belli e circostanziati, il film è gradevole, mentre la serie Tv non brilla – poiché si è puntato più sull’aspetto fisico dei protagonisti che sulle loro doti recitative –   anche se finisci per affezionarti comunque ai personaggi.

Shadowhunters raccoglie e mescola tutti i miti dell’urban fantasy moderno: i vampiri buoni e i lupi mannari – mutuati dalla saga immortale di Stephanie Meyer– gli stregoni, e, per finire, gli angeli e demoni in stile Fallen (2009).

Gli shadowhunters sono cacciatori di demoni con il corpo tatuato di rune magiche. Nella loro missione vengono coadiuvati, oppure ostacolati, dalle creature del mondo nascosto. Il più famoso degli shadowhunters, Valentine Morgenstern (Morningstar come in Lucifer!) è diventato il signore del male, sorta di Voldemort o Sauron, per tornare alle origini letterarie. Alla stregua di Dart Fener in Star Wars, incrocia il suo destino con quello dei figli perduti.

Dentro ognuno di noi c’è una parte buia e inquietante, il famoso “lato oscuro della forza”. Esperimenti condotti da Valentine prima della nascita hanno fatto sì che alcuni shadowhunters abbiano sangue di demone, altri di angelo. E durante le tre stagioni della saga tutti sperimentano, in modo un po’ ripetitivo e prevedibile, momenti in cui passano dalla parte del male.

Simon, l’amico del cuore, brevemente fidanzato della protagonista Clary Fray, vampirizzato per salvargli la vita, risulta il più solare dei personaggi, ne è un simbolo il suo essere un “daylighter”, un diurno, l’unico vampiro capace di circolare alla luce del sole senza incenerirsi. Per contrasto, Jace Erondale, con il suo alto lignaggio e il suo puro sangue angelico, appare cupo, tenebroso e perciò attraente. Di lui s’innamora Clary e qui scatta l’inghippo perché, per un notevole numero di puntate, si pensa che i due siano fratelli, preda di una passione incestuosa. Ma non lo sono, per fortuna loro, e quello che poteva essere un forbidden love diventa un tira e molla adolescenziale nel down world delle creature fatate. Jace è biondo, bello come il sole ma cupo e tormentato da un passato doloroso e da un padre che lo ha cresciuto con la violenza, cercando di soffocare in lui ogni debolezza. Clary è la figlia del cattivo ma è coraggiosa, compassionevole e determinata a seguire gli impulsi del cuore più di quelli della ragione. 

Di tutti i personaggi, i meno caratterizzati, e forse meno simpatici, sono proprio Clary e Jace, probabilmente per la non eccessiva bravura degli attori che li impersonano, almeno nella serie tv.  Il finale della loro storia d’amore è inaspettato e straziante. Strappa senz’altro qualche lacrima, sebbene lasci aperta la porta alla speranza

Il motivo dell’incesto è ripreso dall’attrazione perversa che Jonathan Morgenstern, effettivo fratello di Clary, prova per la bella sorella. Shadowhunters è una storia inclusiva che più di così non si può, fra omosessualità maschile e femminile, differenze di colore e nazionalità, interconnessioni fra mondani (cioè umani) e creature della notte, amori fra vampiri e lupi mannari, fra elfi e cacciatori di demoni, fra stregoni e umani, fra umani e vampiri e chi più ne ha più ne metta.  

Un legame particolare è quello che si crea fra Rafael, il capo dei vampiri, e Isabel. Il loro rapporto malato ha tutto l’aspetto di una dipendenza. Lui non fa sesso con lei ma beve il suo sangue. Lei ha bisogno del veleno di lui al pari di una droga, con tanto di crisi di astinenza.

Come in tutte le serie a partire da Beverly Hills 90210, il gioco delle coppie è infinito e non si sa chi sta con chi. Simon ha una storia con Clary, poi con Maia, la lupa mannara, e infine con Isabel. A spiccare sono Alec, omosessuale innamorato dello stregone Magnus – storia, la loro, complicata anche dall’immortalità di uno dei due – e, appunto, Simon, il più amabile, estroverso e altruista dei vampiri.

È interessante capire come, con gli anni, il mito si stratifichi. Per gli adolescenti di oggi già i moderni vampiri di Twilight (2005) appartengono al passato. Nessuno più ormai penserebbe al blood sucker come alla creatura solo diabolica di Polidori o di Stoker. L’umanizzazione del vampiro è cominciata nel 1976 con Anne Rice e i suoi Louis e Lestat. Insomma, il mito si crea da una mescolanza, un sincretismo di tutto ciò che è stato detto, scritto e filmato in passato.

Concludendo, una come me, che da sessanta anni si nutre di pensiero fantastico, con gli shadowhunters - sebbene non costituiscano la migliore saga mai vista - ci va comunque a nozze.        

Mostra altro

XII edizione Festival Europa in versi

17 Maggio 2022 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #eventi, #poesia

 

 

 

 

“Località e globalizzazione” è il tema portante della dodicesima edizione del Festival Europa in Versi, creato e diretto da Laura Garavaglia.

Il fil rouge dell’edizione è la “località” definita dalle interazioni quotidiane, ma le dimensioni globali divengono sempre più importanti e il senso di ciò che accade localmente, tutto ciò che caratterizza lo spazio dell’esperienza quotidiana, trova origine anche nella connessione che si stabilisce a livello globale. Nel contesto che stiamo vivendo – anche e soprattutto in questo periodo - il concetto di “identità culturale” costituisce l’insieme dei riferimenti per il quale una persona o un gruppo si definisce e desidera di essere riconosciuto: implica le libertà inerenti alla dignità della persona e integra - in un processo permanente - la diversità culturale, il particolare e l’universale, la memoria e il progetto. Questi concetti sembrano più che mai fondamentali durante questi drammatici mesi in  cui è in corso una guerra che mai avremmo pensato potesse scoppiare. Quindi, se lo scorso anno il Festival è stato dedicato alle donne afghane, quest'anno sarà dedicato alla pace.

 

Sabato 28 maggio, ore 15

Villa Gallia, ingresso da Passeggiata Villa Olmo, Como

Reading internazionale di poesia

 

• “P.P.P. Poesie Per Pasolini: tra località e globalizzazione a cent’anni dalla nascita un omaggio poetico da parte di grandi autori” a cura di Roberto Galaverni, giornalista culturale del Corriere della Sera che introdurrà il Festival insieme a Laura Garavaglia direttore artistico

• Reading di Poesia Internazionale al pianoforte il M° Tonino Scala

a seguire

• Premiazione dei vincitori e dei finalisti del Premio Internazionale Europa in versi e in prosa

Per la durata dell'evento mostra realizzata dai ragazzi dell’Istituto Isis Paolo Carcano e book shop con antologie e libri a cura de La Casa della Poesia di Como

Ingresso libero fino ad esaurimento posti con iscrizione consigliata sul sito www.europainversi.org

 

Mostra altro

Manifesto della nuova arte moderna cosmodromica

16 Maggio 2022 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte

 

 

 

 

Nel panorama dell’arte universale era mancante uno "stèreotropico" che avvicinasse l’osservatore al piacere di analizzare con analisi cosmica l’immagine dell’arte condivisa. L’arte è un qualcosa che avvicina le aspettative al criterio di illuminare la percezione sensitiva; se ne sentiva il bisogno come tutti abbiamo bisogno dell’aria che respiriamo, un ritmo soft e melodico che, attraverso il colore diffuso - lasciando emergere l’anima controversa in un abbraccio cosmico - riflette come uno specchio sintetico. Il visitatore, l’osservatore di un'opera artistica, ha bisogno di sentirsi attratto da un'energia profonda che attiri il magnetismo intrinseco e, appunto, "stèreotropico". Gli artisti possiedono la capacità magnetica di respingere l’imbarco di forze imperfette per realizzare arte dall'animo impermeabile, con l’apertura verso orizzonti sconfinati che travalicano le mete dell’immaginario storto, ed è così che nasce l’arte moderna cosmodromica, un movimento perpetuo e ottimistico sul versante che non pone limiti adiacenti, ma bensì dissipa colore energetico e vitale. Ed è così che nasce l’arte per tutti e non per pochi, quei pochi che si invadono, tutti per tutti, infine, che al rimirare dell’arte si sollazzano. L’arte moderna cosmodromica non ha contaminazioni ma contiene i presupposti per un'alienazione criptica per la quale ognuno, che sia competente o dispari, possa godere di tutta la sostanza sostantiva di questa nuova forma espressiva senza orpelli o questioni mistiche.

Mostra altro

Marco Melillo, "Nuova canzone felice"

15 Maggio 2022 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Marco Melillo
Nuova canzone felice
Marco Saya Edizioni, 2021

 Euro 12 – Pag. - 135

 

Marco Saya è un editore che dimostra tutta la sua passione per la poesia sin dalla cura con cui pubblica i suoi libri, dal prezzo contenuto (12 euro per 135 pagine) e dalla scelta felice degli autori. La collana Sottotraccia diretta da Antonio Bux - autore che apprezzo per averlo pubblicato con Il Foglio Letterario - contiene vere perle che vanno da Gabriele Galloni (L’estate del mondo) allo stesso Antonio Bux (Sativi), passando per Sergio Bertolino (La sete) e Valentina Murrocu (La vita così com’è). E poi sono libri così belli che fanno venire la voglia di collezionarli tutti, con una copertina bianco lucido, una carta anticata di color giallo e un formato accattivante, per restare al solo aspetto esteriore. Parliamo un po’ di Melillo e della sua poesia civile, molto pasoliniana, dalla parte di Malvolio, se vogliamo rievocare una polemica storica tra due giganti della letteratura. La nuova canzone felice del poeta napoletano si divide in quattro sezioni: Mediterraneo, Disperanza, Dalle case d’altri e Invisibile mondo; liriche che parlano di mare e naufragi involontari, di profughi e persone senza una terra in cerca di approdo sicuro, si rivolge al mondo guardandolo dalla parte degli ultimi. Opera prima intensa e piena di contenuti, matura e compiuta, di un autore quarantenne, già vincitore del premio Ortese, pubblicato da Poeti e Poesia diretta da Elio Pecora, finalista del Premio Napoli e del Città di Conza. Una colta prefazione di Enzo Rega introduce l’opera facendo riferimento alla funzione della poesia come incontro con gli altri, cosa che Melillo compie fino in fondo, cercando le parole giuste per esprimere la sua compassione con tutti gli emarginati. Poesia di libertà e di sensazioni, di principi morali e sofferenze, di dolore e rimpianto, ma anche di lotta per un mondo migliore. Vi lascio alcuni testi in lettura, ché la poesia va letta più volte, persino mandata a memoria - come dice uno che stimo di nome Nicola Crocetti - ma spiegata proprio no …

 

Partiamo dall’incipit della prima sezione Mediterraneo:

Per navigare l’incerta lettura del mondo
la mappa è l’agire politico, l’acquisizione
di segni stranieri
dove vive il tu per intero
senza sillabare le forme che veste
la logica, finché il potere è una patria mortale.

Entro in cielo
divoro il libro
fisso sull’asfalto
una canzone.

 

L’orrore

La notte sbaglia la di sopra di loro.

Facile dare la colpa a chi scappa
chi spinge qualcosa di vivo
nel mare inautentico dell’abbondanza.

Facile pure il parlare
purché la vergogna abbia tratto lezione
dalla stessa legge

l’errore

oltraggiando un confine deciso dalle istituzioni
una muta di scogli spacciando parole
.


Tratto dalla Sezione seconda - Disperanza
 

Cos’è poesia? Andare via
star lontani dai corteggiamenti
di chiunque sia, perché il giorno
che venga a cercarti
chi c’era caduto davvero
non sia un giro inutile
tra chi ti scansa di spalle
bifronte coi suoi sentimenti
e chi vive sperduto tra i sensi
del mondo, ammesso
ai suoi pentimenti.

 

(si fa riferimento ad Alvaro Mutis e alla definizione di poesia come moneta inutile che paga i peccati altrui con le false intenzioni di offrire agli uomini la speranza)

 

Dalla Sezione Terza – Case d’altri

 

C’è un silenzio portentoso
accanto alla ginestra,
quando giungi
per la sua finestra
godi
la sua veglia originale
la tempesta di sterilità
che ci circonda, fissa
addirittura il gusto del pensiero
le sue forme,
noi che siamo epura
come docili carogne.

 

Dalla Sezione Quarta – Invisibile mondo
 

Digiuna l’aria il lamento,
ti prendo allora
che senza pensieri
non stringi, ti fai sicura
di traffico ancora alle mani.
È il vivo abbraccio dei morti
raccontano che
non bisogna fermare
questa polveriera di sogni,
di poesia senza bandiera.

 

Gordiano Lupi
www.ilfoglioletterario.it

 

Mostra altro

Biondi, Ballucchi, Pinelli, "La dama degli abissi"

12 Maggio 2022 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #vignette e illustrazioni

 

 

 

 

Biondi -  Ballucchi - Pinelli
La dama degli abissi - La storia segreta di Elisa Bonaparte
Euro 16,00 – Pag. 48 – Kleinerflug, 2021
www.kleinerflug.com

 

Oggi ho letto uno dei fumetti peggiori che mi siano passati tra le mani (e in vita mia ne ho letti tanti!): La dama degli abissi - La storia segreta di Elisa Bonaparte. Niente di male, sono molte le cose brutte diffuse a piene mani nel mondo delle lettere e delle arti in generale, ma questa è addirittura finanziata dal Comune di Piombino e non se ne comprende il motivo. La dama degli abissi mette in ridicolo una gloria maremmana come la Principessa Elisa, sorella di Napoleone Bonaparte, a Piombino da tutti detta (in senso dispregiativo) la Baciocca, perché aveva sposato un Baciocchi, principe di Lucca. Gli autori del fumetto non si curano di rispettare minimamente la realtà storica, limitandosi a qualche tavola che riproduce piazza Bovio e la Cittadella,  in cambio di una pessima narrazione fantasy che potrebbe avere come protagonista qualsiasi eroina immaginaria. Il disegno è stile manga, ma del peggiore, involuto e grottesco, quasi caricaturale, con alcuni spaccati paesaggistici e molti primi piani di personaggi con gli occhi enormi. Il sonno della ragione genera mostri, infatti in questo fumetto ce ne sono molti, scaturiti da demenziali parti oniriche e dalla fantasia aberrante di autori che non hanno neppure perso tempo a studiare le origini di Elisa. Ci sarebbero state molte leggende da sfruttare in senso fumettistico, come quella di un’Elisa mangiatrice di uomini che dopo aver portato a letto i più bei giovani di Piombino li mandava a morire facendoli precipitare dalle cento scalinate, proprio sotto la sua regale residenza. Il lettore locale si chiede come mai vengano finanziate operazioni simili, perché se sono soldi di un editore sprovveduto il problema è tutto suo, quando i denari sono dei contribuenti magari è lecito farsi delle domande. Roberto Mosi, che ha scritto un bel libro su Elisa, molto documentato, potrebbe sporgere querela, ma anche il fantasma di Ivan Tognarini (storico eminente di Piombino) potrebbe far passare agli autori sogni infausti, così come Nedo Tavera potrebbe presentare un esposto per la dissacrazione del suo grande lavoro da storico. La cultura è finita nelle ultime mani a Piombino, dove si organizzano eventi e presentazioni di libri solo di autori Mondadori ed Einaudi, di tanto in tanto qualche Rizzoli, tutta gente di serie A, nessun locale che farebbe scomparire, neppure quando si parla di cose che dovrebbero essere di interesse nostrano. Concludo dicendo che 16 euro per 48 pagine a colori sono decisamente troppe, se poi il prodotto è fanzinaro, trasandato, disegnato e scritto senza cura, diventano quasi un affronto. Da evitare. Per conoscere la figura di Elisa Bonaparte consiglio la lettura di libri storici sul tema.

Mostra altro

Nicola Crocetti, Jovanotti, "Poesie da spiaggia"

11 Maggio 2022 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Nicola Crocetti – Jovanotti
Poesie da spiaggia
Crocetti Editore, 2022

Pag. 200 –Euro 15

 

Davvero una strana coppia quella composta da Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, e Nicola Crocetti, sia per età che per campi d’interesse, il primo cantante rock e pop, autore di ispirati testi poetici, il secondo traduttore di poeti greci e gran cultore della poesia in Italia. Ho spesso affermato che se Nicola Crocetti non esistesse bisognerebbe inventarlo, perché è riuscito a portare la poesia in edicola con la sua bella rivista (Poesia, appunto) che leggo dai tempi della scuola, adesso diventata rivista - libro grazie a Feltrinelli. Jovanotti, invece, è riuscito a far entrare la poesia a Sanremo, recitando una stupenda lirica di Mariangela Gualtieri nel salone del teatro Ariston, un piccolo gioiello tra anonime canzoni che di poetico avevano ben poco. L’operazione Poesia da spiaggia è interessante, perché non è tanto volta a commercializzare la poesia quando a far capire che sotto l’ombrellone, accanto al romanzo giallo e al thriller, si possono leggere anche liriche di autori interessanti, che i nostri selezionatori di fiducia consigliano grazie a un agile tascabile. Crocetti non poteva fare a meno di inserire nella sua personale selezione il grande Costantino Kavafis, pure se manca la mia poesia preferita, la lirica dei giorni passati visti come candele spente, ma scorrendo le pagine trovate una composita selezione di autori, che va da Mario Luzi ad Aldo Nove, passando per Rimbaud, Pasolini, Hikmet, Saffo e Dolci. Jovanotti e Crocetti con questo ottimo libro che si fa leggere con passione e partecipazione si augurano di poter avvicinare un buon numero di lettori al genere letterario per eccellenza. Tra i tanti consigli di lettura citiamo una poesia d’amore di Neruda, un testo di Amichai, un buon lavoro di De Luca, persino Sanguineti (la per me ignota Ballata delle donne, una tantum poesia non sperimentale), Mannick, Baudelaire, Athanasulis (il mare t’empirà di sogni. Ti lascio / il mio sorriso amareggiato; fanne scialo, / ma non tradirmi), Wilcock (abbi fiducia nella vita / e non nelle ideologie …), Quasimodo (E come potevamo noi cantare / con il piede straniero sopra il cuore), Pascoli (m’affaccio alla finestra, e vedo il mare), Ungaretti (ricorderai d’avermi atteso tanto, / e avrai negli occhi un rapido sospiro), Giudici (Inoltre metti in versi che morire / è possibile a tutti più che nascere / e in ogni caso l’essere è più del dire), Anaghnostakis (Bisogna piantare le parole come chiodi / che non le porti via il vento), Andrade (minatore dell’amore, scavo senza tregua / fino a scoprire il filone dell’infinito). Un’antologia variegata, dove ogni lettore può trovare poeti affini alla sua sensibilità, che sviscera il tema del mare e del viaggio, dell’avventura di una vita da impostare nei modi più impensati. Tutti abbiamo i nostri libri del cuore, gli autori di cui da giovani ci siamo innamorati e non li abbiamo più abbandonati; Crocetti e Jovanotti ne presentano una buona selezione, che fa capire l’utilità della poesia in questo nostro mondo, di sicuro maggiore rispetto a un romanzo giallo o al solito noir declinato ormai in tutte le salse.

Mostra altro

Gordiano Lupi, Fabio Strinati, "Dagli Appennini al Tirreno"

9 Maggio 2022 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #patrizia poli, #gordiano lupi, #recensioni, #poesia, #fabio strinati

 

 

 

 

Dagli Appennini al Tirreno

Gordiano Lupi e Fabio Strinati

Edizioni Il Foglio, 2022

 

Ho sempre pensato che Gordiano Lupi scrivesse già poesia in prosa e qui, in Dagli Appennini al Tirreno silloge che raccoglie insieme liriche sue e di Fabio Strinati – non faccio alcuno sforzo per adeguarmi al cambiamento di registro. Poesia era e poesia rimane.

I paesaggi di Lupi sono sempre gli stessi, quelli del ricordo. Canta “la sua provincia”, Piombino, “nido accogliente per ogni ritorno”, il posto più denso di significati perché vi si è svolto tutto quello che ha poi avuto valore, perché ogni attimo di presente si è trasformato in un passato trasfigurato dal ricordo, divenuto nostalgia feroce. Pazienza se, dove giocava da bambino, ora Lupi siede nella tarda maturità con in mano un giornale. I pratini sterrati sono gli stessi, il vento porta gli stessi suoni e gli stessi colori, e lui è avvolto dalla stessa maledetta nostalgia, il cuore strutto da memorie perdute, da ambizioni fallite e da quella “brama di rifiorire” che prende a una certa età ma non è mai soddisfatta.

Un realismo composto di piccole cose, sempre uguali, ripetute all’infinito, trasformate e poetizzate dal tempo. Una poesia piana e distesa, anche se le parole sono distillate con cura. Incisi che ricordano Caproni (a messa non andava) e enjambement che rendono colloquiale il versificare.

Il coprotagonista di questa raccolta è Fabio Strinati, poeta che avevo già avuto modo di leggere. Il suo mondo non è la Maremma bensì le Marche, il suo mare è l’Adriatico. Lo troviamo immerso in un paesaggio che è, sì, quello appenninico, fatto di selve e masserie, ma è anche interiore, nutrito di sentimenti privati come l’amore verso la Donna con la d maiuscola, uno sfuggente eterno femminino.

Poesia discorsiva quella di Lupi, più comprensibile e per questo più struggente, versi maggiormente ricercati quelli di Strinati, molto maturati rispetto alle prove precedenti, frutto di grande rispetto per la parola e di grande ricerca stilistica ancora in divenire, sospesa fra “arcaismo ed ermetismo”, come giustamente afferma Alberto Figliolia nella prefazione.

Una bella raccolta corredata di fotografie in bianco e nero, testimone della funzione consolatoria che la poesia ancora oggi possiede, dolce carezza per il nostro cuore affannato.

Mostra altro
1 2 > >>