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signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

Altezza

30 Aprile 2023 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

Immagine generata con Pic Finder

 

«Il problema è che preferisco i ragazzi alti, da un metro e ottanta centimetri in poi. Tu non superi il metro e settanta. Peccato, sai? Sei un bel ragazzo e sei pure simpatico» mi disse Veronica, una ragazza che avevo conosciuto settimane prima, in una sera d'estate, tramite amici. Questi ultimi, pur restando nei paraggi, ci lasciarono da soli sul lungomare poiché intuirono un evidente interesse da parte mia.

«Un metro e settantuno!» precisai con un finto sorriso, oltretutto consapevole di non poter combinare nulla solo perché mancavano all'appello nove centimetri del cazzo. 

«Non sei alto! Scusa, eh!» replicò la "geometra", per di più muovendo una mano in verticale a mo' di righello, dandomi così il colpo di grazia. 

«Misura questo, eh!» stavo per esclamare con il proposito di farle un gestaccio, ma per fortuna mi trattenni. 

Improvvisamente quella picciotta milazzese mi apparve antipatica e indelicata. Non mi rimaneva altro che calare il sipario. 

«L'importante non è essere alti, ma essere all'altezza» conclusi deglutendo, poi dignitosamente alzai i tacchi e impettito m'incamminai in direzione della comitiva. 

Dalla mia espressione intrisa di mestizia, gli amici, immaginando l'esito l'infruttuoso, si dimostrarono molto solidali, specie Franco che mi offrii una pacca sulla spalle e un paio di birre.

Avevo vent'anni.  

 

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Grazia Marzulli, "Nella carezza del vento sbocciano i fiori"

28 Aprile 2023 , Scritto da Marco Zelioli Con tag #marco zelioli, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Grazia Marzulli, Nella carezza del vento, sbocciano fiori, Guido Miano Editore, Milano 2023. 

 

 

Grazia Marzulli, fine e colta scrittrice, che esordì nel 1998 con Il volo di Penelope, ci ripropone parte della sua più che ventennale opera poetica con queste poesie, entrate nella collana “Alcyone 2000” di Guido Miano Editore, col sempre utile e ricco apparato critico-bibliografico.

Già titolo e sottotitolo della silloge ci danno sensazioni di dolcezza e di meraviglia, che ritornano frequentissime nei versi qui raccolti, tra i quali non mancano degli inediti, che si innestano con naturalezza nel fluire di sensazioni dei precedenti già pubblicati, come testimonia Incanto (nella penultima sezione, Anemoni) che chiude così: “…Tu pioggia sole vento in un istante / folata di ponente e maestrale / impeto che travolge e fugge via... // Sarà follia o fluida realtà? // Nel bagliore di un lampo / si scioglierà l’incanto”.

La ricchezza di immagini e di metafore che si trovano nelle poesie della Marzulli non mortificano mai il ritmo sempre leggero dei versi, impreziositi a volte, ma mai appesantiti, dal ricorso a parole poco in voga al giorno d’oggi – fin dalla prima poesia della raccolta, La mia favola, definita “… franta dal tempo”.  Se nella prima parte, Il volo di Penelope, anche la struttura delle poesie è “classica”, nelle poesie tratte dalla seconda parte, Salsedine (1999), si nota una grande differenza: alcuni versi sono allineati a sinistra, altri a destra, altri al centro, in un variare anche ottico di disposizione delle parole che contribuisce ad attirare l’attenzione del lettore. Ciò si ripete, ma con minore frequenza ed impatto visivo, nelle seguenti parti della raccolta.

Vi sono accenni molto personali, e critici, alle mode d’oggi, ad un mondo un po’ ‘fasullo’, per cui Michele Miano nella Prefazione può osservare che la scrittrice “rivela una sfiducia nel presente, nella società odierna, nel dominio tecnologico, simbolo di annullamento della libertà individuale”. Fra tutto, però, il continuo intreccio di passato e presente finisce col ‘redimere’ anche le storture di quell’oggi così apparentemente lontano dal gusto della Marzulli. Perché alla fine, in ogni caso, la vita è nel presente, e comunque il passato è anche ricordo di spavento (“… / incubi atroci... / cado nel vuoto / l’eco risento nelle orecchie / d’un edificio squarciato / si sbarrano gli occhi / si rizza la pelle allo schianto...” – da Schegge di guerra), e di lutto (“… Ora che mi manchi, / se mi affiora da insidie una lama / e mi strugge la lacerazione / la bellezza per me si fa tigre, / poi rampante mi porge un sorriso, / il tuo sorriso” – da A mia madre).

Non mancano squarci sorprendenti, descrizioni che colpiscono per la loro rapidità, come: “Sbiadire lento di caseggiati / e ciminiere color vaniglia / metafisici cubi e bottiglie / nello spazio alienato…” (incipit della poesia Lungo i binari del tempo); o descrizioni concitate di stati d’animo, come in Ricerca: “…Tasta note stridenti / di astruse interferenze / nella suite a due voci / nella suite a più voci / allarme improvviso / timore diffuso / fastidio crescente / nodo in gola-tarlo nella mente…”.

Siamo di fronte ad un’antologia (perché tale è la raccolta in cinque parti di questa carezza del vento) veramente ricca e ‘trasparente’ – nel senso che fa trasparire i solidi fondamenti del linguaggio della scrittrice, tanto ancorato al passato classico (quasi distaccato, fisso e ‘preciso’), quanto consapevole del presente (sempre mutevole, vivo, concreto e vario): in un continuo divenire che, “per non smarrire il senso di una vita” – ultimo verso di Taglio sartoriale – non lascia troppo spazio alla pur naturale Nostalgia; perché, come chiude l’omonima poesia: “La vita guarda avanti”. Ed ecco, sbocciano i fiori: continuano a sbocciare, quasi come miracolo della vita presente che va con fiducia verso il futuro; e nell’ultima sezione, raccolta di inediti non a caso intitolata Fiori della Resilienza, si legge: “Nella carriera come nella vita / sia lieve ogni tuo passo e ponderato. // … // E l’imprinting del cuore / illumini il progetto. // Forgialo in eleganza e / come tu sai procedi / a passi di danza” (inizio e fine di A passi di danza). Sembra così di venir lanciati verso una nuova prospettiva, da scoprire leggendo questo libro di Grazia Marzulli.

Marco Zelioli

 

 

Grazia Marzulli, Nella carezza del vento, sbocciano fiori, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 96, isbn 978-88-31497-98-5, mianoposta@gmail.com.

 

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ADDIO ALLE ARMI DI Ernest Miller Hemingway (1899 – 1961)

25 Aprile 2023 , Scritto da Valentino Appoloni Con tag #valentino appoloni, #recensioni

 

 

 

 

 

Ci si accosta con reverenza a quello che è ritenuto un capolavoro, impreziosito dalla traduzione di Fernanda Pivano che tanto si adoperò per far conoscere gli autori americani in Italia.
La vicenda si svolge in buona parte sul fronte italiano durante la prima guerra mondiale e il protagonista è un giovane ufficiale americano della Croce Rossa.

Lo stesso Hemingway prestò servizio come autista di ambulanza in Italia in quegli anni, venendo ferito. Devo dire che l'edizione Mondadori è davvero ricca di materiale introduttivo e critico; per l'autore la genesi dell'opera fu molto articolata e complessa, disturbata da vicissitudini e fatti luttuosi e richiese importanti rettifiche editoriali. Furono scritti ben quarantasette finali diversi.
Purtroppo nell'introduzione si accenna chiaramente all'epilogo del libro e questo può spiacere a chi si accinge a leggere. La traduzione della Pivano, considerata notevole, personalmente non mi ha impressionato. Le frequenti ripetizioni per me sono un fatto di inaccuratezza che affatica la lettura di una prosa già volutamente secca e scarna, poco seducente.

Il giovane protagonista si innamora di un'infermiera inglese e tutto ruota intorno alla loro storia d'amore, mentre sta per avvenire il disastroso evento di Caporetto. Sinceramente i dialoghi tra i due amanti mi sono sembrati poco persuasivi, mai travolgenti, anche se probabilmente lo scopo è proprio quello di descrivere personalità senza grandi principi o valori, bisognose di un rapporto vivo mentre intorno ci sono incertezza, sofferenza e morte.

Efficace invece la descrizione della ritirata di Caporetto, anche se una nota dell'editore scrive che gli Arditi nacquero dopo Caporetto, in realtà nacquero prima, nel luglio del 1917. Sembra, in generale, che la storia della coppia cresca a fatica, immersa in momenti piuttosto fatui che fanno pensare agli altri romanzi dell'autore ricchi di mondanità, momenti conviviali, godimenti, edonismo. Solo la figura del cappellano, non certo approfondita, ma seria e austera, pare fare da contraltare alla leggerezza del protagonista che deve fuggire con l'amante in Svizzera dove ancora si parla a lungo di pranzi, cene, passeggiate in posti innevati, mentre altrove la guerra continua.
Il finale del libro è obiettivamente impressionante e indimenticabile. Il dramma viene declinato con cupa lentezza e in modo impersonale, senza enfasi, in maniera diretta, quasi spietata, con una secchezza micidiale. La laboriosa scelta tra i vari finali non è stata certo infelice dal punto di vista artistico. Lascia infatti un senso di nulla e di irrimediabile tristezza. Dalla guerra non viene niente di buono sembra dire lo scrittore; nessun conflitto salva qualcosa. Anche una guerra combattuta per nobili ragioni ha conseguenze disastrose.

Nel dettaglio, a questo proposito scrisse Hemingway: " ... ma a provocare, iniziare e far scoppiare le guerre sono le solite rivalità economiche e i porci che ne traggono profitto. Ritengo che tutti quelli che hanno da guadagnare da una guerra e che contribuiscono a causarla andrebbero fucilati il giorno che inizia, da rappresentanti accreditati dei leali cittadini di quei paesi che si accingono a combatterla".

 

Valentino Appoloni

Nota della direttrice: 

 

Personalmente, ritengo lo stile di Hemingway - che non mi piace come persona ma adoro come scrittore - inconfondibile, fatto proprio di quelle ripetizioni, di parole scabre e primigenie, di piccoli gesti monotoni dall'apparenza inutile. Uno stile che diventa sciatto e banale solo nei tanti imitatori. 

Circa le ricche introduzioni dell'edizione Mondadori,  il concetto di "spoiler" ai miei tempi (sono nata nel 61) non esisteva. La letteratura non era assimilabile alle serie tv, e gli Oscar Mondadori, come i tascabili Bur - ma anche gli sceneggiati televisivi - assolvevano al compito didascalico di acculturare la popolazione. Se si parlava di un romanzo si faceva critica letteraria e non ci si preoccupava di anticipare il finale. 

Parizia Poli 

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Simona Friio, "Magar Mulieres"

24 Aprile 2023 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #patrizia poli, #recensioni

 

 

 

 

Magar Mulieres

Simona Friio

2016

pp 291

 

Il bello di questo romanzo è l’ambientazione, che richiama una pagina dei Promessi Sposi, fra l’assalto ai forni di Milano, la peste e l’inquisizione. Catapultati in atmosfere alla Rembrandt, fra venefici, torture inenarrabili, lugubri prigioni, e polverosi grimori pieni di arcane formule magiche, ci lasciamo avvincere da una vicenda dalle tinte gialle e cupe.  

Chi ha ucciso Alfonso Della Favilla? A indagare è l’inquisitore spagnolo Manuel Idalgo Raya, affascinate e atipico uomo di chiesa desideroso della verità – non solo quella dei dogmi ecclesiastici – precursore di una libertà di coscienza e di spirito che già prefigura il successivo secolo dei lumi.

Attorno all’assassinio di Alfonso e ad altre morti sospette, ruotano diverse figure, da Antonio Della Favilla, giovane marchese omosessuale, a Gian Mattia Oli, untuoso e subdolo clericale, alle due sorelle di Antonio, Anna e Caterina, d’una bellezza quieta e gentile la prima, sfolgorante e lasciva adescatrice la seconda.

La narrazione sposta ad ogni capitolo il fuoco del punto di vista, immergendoci di volta in volta nei pensieri nascosti di tutti i protagonisti, nessuno escluso. Ma al di là della storia poliziesca, ciò che colpisce è la ricostruzione d’epoca, dal vestiario, alla descrizione particolareggiata delle torture, ai documenti ufficiali, alle pozioni venefiche. Un bell’affresco seicentesco, insomma, che ammalia e cattura il lettore, proprio come uno dei malefici della “magar mulier”, la diabolica quanto bella Caterina Della Favilla.

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L'esorcista del papa

23 Aprile 2023 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni, #cinema

 

 

 

 

Pur con un rischio boiata del 99% sono andata a vedere l'ex gladiatore nei panni di Padre Gabriele Amorth solo per la compagnia del collega e il cinema con poltrone reclinabili e la Coca Cola gusto lampone. Un ormai irrimediabilmente imbolsito Russel Crowe che gira Roma in motocicletta senza mai separarsi dalla sua fiaschetta di bruciabudella, viene fortemente osteggiato dal Vaticano nel suo ruolo di esorcista, nonostante il Papa in carica (un Franco Nero nei panni di Woytila ancora meno probabile del protagonista) lo appoggi. Spedito in Catalogna, dove arriva in motocicletta (e da lì per me non è stato più possibile restare seria), per un ragazzino posseduto da Asmodeo, il più potente dei Diavoli, inizia a praticare i suoi rituali con il prete locale, un giovane prelato con la passione per le adolescenti con le tette grosse. A parte i soliti numeri tipo voci stile Pazuzu, persone che camminano come ragni, gente che vola ecc ecc, si segnalano tra le scene più trash Woytila che ha uno sbocco chilometrico di sangue in faccia al vescovo piu viscido della congregazione, e la lambretta che il nostro Crowe utilizza come un tuttofare alla maniera di McGyver. Ovviamente alla fine il bambino viene salvato grazie a dei medaglioni stile Sailor Moon che hanno il potere di liquefare i demoni evocati, tanto che ci si chiede perché non li avesse tirati fuori prima, visto che li teneva nella cassetta di emergenza sul portapacchi della motocicletta. Tutto questo mentre lo stesso Crowe/Amorth è posseduto da Asmodeo solo che a lui chissà perché, non fa effetto. Tralascio le battutine all'americana stile "Padre, mio figlio è posseduto dal demonio, che facciamo?" e lui "Un bel caffè" o dopo la battaglia demoniaca il giovane prete spagnolo gli chiede "Padre, in che condizioni sono?" e lui "Stai veramente dimmerda". Però sulle poltroncine reclinabili era quasi sopportabile.

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Maria Angela Eugenia Storti, "Itinerari di letteratura del novecento tra tradizione ed innovazione"

20 Aprile 2023 , Scritto da Lea di Salvo Con tag #lea di salvo, #recensioni, #saggi

 

 

 

 

 

ITINERARI DI LETTERATURA DEL NOVECENTO

TRA TRADIZIONE ED INNOVAZIONE

 

Memorie artistiche a confronto: Mann, Kafka, Woolf, Eliot,

Beckett, Wedekind, Pirandello, Montale

 

 

Il testo è suddiviso in tre sezioni che costituiscono rivisitazioni di alcune opere del Novecento, viste in relazione ad autori di più paesi, e vuole fornire un contributo di analisi comparata. Le sezioni sono a loro volta rappresentative dei generi letterari più esplorati nel ‘900 e sono atte a fornire un tentativo operativo finalizzato alla rivisitazione di alcune tematiche ricorrenti del periodo in questione.

Nella fattispecie, verranno esaminate per la sezione - “romanzo” - alcune peculiarità afferenti al modo di esplorare modernità/tradizione; sete di conoscenza/potere, nonché evoluzioni delle tecniche narrative e dei loro nuclei concettuali attraverso le opere di T. Mann, F. Kafka, V. Woolf e T. S. Eliot.

La seconda sezione, dedicata alla drammaturgia, ospita argomentazioni che tendono ad evidenziare i diversi approcci tematici, nonché ad approfondire le complesse dicotomie che coinvolgono gli attori-maschere alle prese con le loro performances, viste attraverso gli occhi dei diversi drammaturghi che hanno dato loro vita. La trattazione si riferirà ad alcuni scritti teatrali di L. Pirandello, F. Wedekind e S. Beckett, nonché alle loro differenti modalità esistenziali, espresse attraverso tecniche distinte e variegate. Proprio in tale contesto vengono acutamente evidenziati i nessi dialettici che legano la sicilianità di Pirandello ad un europeismo inteso non solo come aspirazione ad una civiltà più ampia, ma anche come partecipazione alla prorompente realtà della società moderna in cui lievitano i sintomi di una emergente crisi borghese.

L’autrice, mediante una sistematica analisi epistemologica, mette altresì in rilievo come sia lo scrittore agrigentino, che altri artisti del Modernismo, attraverso i personaggi delle loro rispettive opere, vivano il crollo radicale di valori quali i sentimenti, la religione, la società e lo stato, per poi divenire i testimoni sgomenti del nulla. È proprio tutto questo a determinare il relativismo che si afferma nella letteratura moderna, motivo per il quale la scrittrice attraverso un’acuta analisi dei testi presi in esame, riesce a mettere significativamente in rilievo, l’epocale cambiamento avvenuto nell’ambito letterario. Proprio in ragione di tale cambiamento, l’artista non rappresenta più un punto di vista che gli si dispiega davanti, ma un frammento di consapevolezza perduto nel caos della fenomenica realtà del tutto.

Poiché il pensiero è ritenuto una mediazione tra l’esistenza e l’essenza, ciò che appare concreto, stabile ed indiscutibile alla sensibilità comune, per lo scrittore non rappresenta infatti che una facciata fittizia che nasconde il vuoto. Seguendo tale percorso, il testo in questione giunge al denso nucleo di quella dialettica pirandelliana della maschera e del volto per la quale si è anche parlato di ‘‘relatività’’. Ad una concezione della vita vissuta tumultuosamente in una polemica fremente, ribelle e di dolorante pietà, Pirandello stesso dà il nome di umorismo che per lui, come è noto si traduce nel ‘‘sentimento del contrario”, concezione per cui il pathos si tuffa e si smorza nella fredda acqua della riflessione.

L’ultima parte, avrà toni più lirici e curerà alcuni aspetti poetici affini e non, nelle figure di E. Montale e di T. S. Eliot. Questi ultimi ed in particolare Montale, dichiarano di non sapere più ‘‘nulla’’ e per tanto si astengono da emettere giudizi, sentendosi solo in grado di prendere coscienza dell’assoluta dimensione aleatoria di tutte ‘‘le cose umane”.

La raccolta di questi saggi costituirà un testo esemplificativo che, senza pretese, sarà atto ad evidenziare i moderni contesti storico-culturali, al fine di consentire approfondimenti tematici legati prevalentemente all’evoluzione della cultura dei paesi anglofoni e mitteleuropei con squarci di memorie italiane, nel periodo tra le due guerre mondiali. Il contributo mira ad analizzare in forma sintetica, non convenzionale ed antiaccademica, le differenti prospettive estetiche della cultura moderna e postmoderna. La ricerca del passato da parte dello scrittore del Novecento e nel contempo la fuga da questo, unitamente ad un rifiuto dei vecchi canoni delle tecniche narrative, simbolizza il disperato tentativo della generazione tra e post le due guerre, di vivere con estrema intensità “ogni singolo momento della trattazione” preferibilmente attraverso “l’impersonalità” che spesso dà origine ad una frammentarietà linguistica, al “nonsense” ai “puns”, al monosillabo ed infine... al silenzio.

 Lea Di Salvo

 

 

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L’AUTRICE

 

Maria Angela Eugenia Storti è nata a Palermo, dove vive ed opera. Laureatasi in germanistica con il Prof. Furio Jesi, ha insegnato lingua e letteratura inglese presso il liceo delle Scienze Umane “G. A. de Cosmi” di Palermo. È autrice di saggi ed articoli prevalentemente inerenti ad autori stranieri, quali ad esempio: Goethe, Brecht, Mann, Beckett, ecc..., nonché di recensioni letterarie ed artistiche. Ha vinto alcune borse di studio in Germania ed in Austria e la sua formazione è altresì legata ai suoi interessi per gli studi anglofoni. Non mancano tra le costanti attività culturali, quelle connesse alla sua ricerca conoscitiva, nata in seno al teatro, a cui si affiancano trasposizioni di sue personali esperienze artistiche, corredate da seminari e laboratori teatrali, ideati a fini didattici. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Il Cantastorie (2010), Giostra di balocchi (2013), Tempo di raccolta (2015), Letto di stelle (2017); il saggio: Crisi di identità e protesta in Beckett e Brecht (2012); è inoltre autrice di short stories e pièces teatrali ancora inedite. È stata insignita di vari premi letterari e si è classificata al primo posto nell’anno 2015 durante la 23a edizione del Premio Letterario Internazionale “La Rocca”, Città di S. Miniato (Pisa).

 

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Maria Angela Eugenia Storti, Itinerari di letteratura del Novecento tra tradizione ed innovazione, pref. di Lea Di Salvo, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 82, isbn 978-88-31497-99-2, mianoposta@gmail.com.

 

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Marzia Sottero, "Nel mondo incantato della strega Magdaluna"

19 Aprile 2023 , Scritto da Rita Bompadre Con tag #rita bompadre, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Nel mondo incantato della strega Magdaluna di Marzia Sottero (Hever Edizioni, 2022 pp. 32 €10.00), con i disegni di Cristina Bo, è una divertente e vivace collezione di filastrocche. Marzia Sottero illustra con spiritosa predisposizione alla materia del fantastico, la strategia stravagante della strega Magdaluna e presenta i formidabili alleati delle sue bizzarre avventure. Il libro offre in ogni avvincente composizione lo spunto favoloso di un insegnamento, accompagna nella potenzialità evocativa della lettura la formazione degli stratagemmi adoperati nel mondo magico, prolunga oltre l'elemento sensibile il conseguimento delle capacità prodigiose delle imprese. Dilata la relazione descrittiva nella spontanea comprensione e nell'influenza emotiva, esalta l'esplorazione infinita dell'immaginazione nei significati originali e fantasiosi. L'autrice espone lo strumento istruttivo della filastrocca alla capacità esemplare della parola che acquista una destinazione giocosa, nel carattere allegro e burlone del linguaggio, adeguato saggiamente alle favolose necessità del contenuto espressivo. Impiega un convincente codice esplicativo per interpretare l'universo straordinario di Magdaluna, affida ai complici collaboratori della strega Tappo il topo, Nokkio il ranocchio, Spillo il ragno, il gatto Nerone, il gufo Gugo, postino d'eccezione, i pipistrelli Pippi e Strello il compito di orientare l'applicazione delle attività energiche e risolute, rivolte sempre verso una puntuale e accurata finalità. Attraverso gli eccentrici arnesi del mestiere, la Sfera Magica, Scopa la scopa pilota, Saetta la magica bacchetta, Pentola il calderone ramato, Perga la dotta pergamena, Magdaluna realizza i suoi curiosi esperimenti, emana il sortilegio di ogni effetto prodigioso nell'entità inconsueta del mondo fatato, esercita il potere suggestivo dell'arte della meraviglia, compie la potente e fenomenale materia delle predizioni, il mistero affascinante delle imprese rapite dall'entusiasmo delle vicende inaspettate. Marzia Sottero possiede il dono di elevare i suoi ammalianti testi nella spontanea e semplice efficacia illustrativa, nella relazione eccezionale del prodigioso imprevisto, conserva il frutto fulmineo e imponderabile della fantasia, rinnova uno stile incisivo, chiaro e leggero. Propone la sorprendente capacità di modificare il corso naturale degli eventi con l'intenzione miracolosa della volontà che difende dai pericoli e restituisce il bene sistemando ogni sentimento. Nel mondo incantato della strega Magdaluna spiega il complesso degli effetti singolari, gli accorgimenti incredibili dell'universo fiabesco. Elaborato nella brevità, vitale e rapida dei brani, il libro mostra l'aspetto spiritoso e bizzarro del contenuto pedagogico ed edificante, raggiunge l'obiettivo di intrattenere con euforia e di educare. L'autenticità combinata al ritmo naturale ed esclusivo della cantilena evidenzia la natura dei gesti nell'irreale, ne esalta il significato, rappresenta un valido avvicinamento alla forma ancestrale della comunicazione, stimola la curiosità, esercita il suo valore nella evoluzione conoscitiva ed emozionale. Gianni Rodari definiva le filastrocche “giocattoli sonori”, congegni ideali per apprendere la saggezza di ogni occasione didattica, per prendere familiarità con il linguaggio dell'invenzione e della scoperta. Marzia Sottero, nel gioco delle parole, adempie magistralmente a questo compito divulgativo.

 

Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/

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Imma Tataranni

18 Aprile 2023 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #patrizia poli, #recensioni, #serie tv

 

 

 

 

Non amo i gialli, specialmente quelli che si risolvono nell’arco di un episodio, e il personaggio principale di questa serie italiana a colpo d’occhio non mi attirava, perciò non avevo ancora visto Imma Tataranni, serie tratta dai romanzi di Mariolina Venezia. Poi, complice la noia di alcune recenti serie americane (tipo Outer Banks), ho deciso di dare una possibilità al sostituto procuratore di Matera.

Sono rimasta folgorata. Era dai tempi di Lucifer che una serie non mi coinvolgeva emotivamente a tal punto. Non per la splendida location lucana. Non per la comicità da commedia all’italiana o la fantastica caratterizzazione dei personaggi. Non per l’ironia della sceneggiatura e, allo stesso tempo, per la partecipazione empatica alle vicende di sospettati, vittime e colpevoli. No, è perché si tratta della più bella storia d’amore degli ultimi anni. Imma e Calogiuri hanno persino un loro gruppo di fan su Facebook. Pura quintessenza amorosa, straziante come tutti gli amori impossibili, il loro legame è reso struggente dalla bravura stratosferica della protagonista Vanessa Scalera.

Lei è Immacolata Tataranni, sostituto procuratore di Matera, spauracchio della procura, dal carattere rigido e intransigente circa i valori della legalità. È, comunque, una donna buona, empatica e profondamente femminile. Il suo piglio da iena, le sue movenze sgraziate, la sua lingua tagliente che non fa sconti a nessuno, contrastano con i vestiti coloratissimi e i tacchi che le conferiscono un’andatura goffa e traballante.  Possiede una famiglia normale e felice, una figlia adolescente con la quale ha ordinari contrasti, una suocera arcigna e impicciona e, soprattutto, un bravo marito, comprensivo, premuroso e innamorato. Si capisce che lo ha sposato in gioventù perché lo amava e non se ne è mai pentita.

Ma in procura arriva lui, Ippazio Calogiuri, giovane e timido appuntato, poi maresciallo, con il quale non riesce a essere brusca ed esigente come con tutti gli altri. Lui è bello come il sole, gentile, intelligente, coraggioso, professionale. Soprattutto, ha la metà dei suoi anni, al punto che lei viene persino scambiata per la madre. La Tataranni è il superiore, è più vecchia di lui ed è felicemente sposata. S’innamorano, tuttavia, perdutamente l’uno dell’altra, nonostante le convenzioni e le regole. Lui ammira in lei la donna volitiva, super-intelligente, dotata di intuito e memoria di ferro, sebbene più anziana e non particolarmente bella. Lei vede in lui l’innocenza, la purezza del cuore, la possibilità di rinascere, di lasciarsi travolgere da un presente che annulla il passato ma non ha futuro. Più sono costretti a stare divisi, a non sfogare la crescente e traboccante passione, più essa cresce, li dilania, li tormenta.

Il loro amore appassionato è declinato in un duplice registro: da una parte la struggente sofferenza, ben resa dalla magistrale recitazione degli attori, dall’altra un’amabile ironia che trasforma le apparizioni di lui in spassosi richiami cinematografici, come la divertentissima citazione da Top Gun.

Per ora siamo alla seconda stagione e in trepidante attesa della terza. Non per il bozzettismo gustoso o gli intrighi polizieschi, e nemmeno per i tanti spassosi e curiosi personaggi secondari, ma in quanto tutti speriamo che Imma e il suo bel maresciallo finiscano prima o poi insieme, perché la fedeltà, i buoni principi, il senso della famiglia vanno pure bene nella realtà, ma il sogno vuole altro, vuole la carne e il sangue, vuole le stelle e il firmamento. E in questo bellissimo sogno lucano, per un amore come quello fra Imma e Calogiuri non c’è logica o razionalità che tenga.    

 

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Mia

16 Aprile 2023 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni, #cinema

 

 

 

 

Mia è un film che andrebbe mostrato e spiegato nelle scuole superiori. Parla di una quindicenne graziosa, studiosa, seria, che si trova alle prese col primo amore che però ha 20 anni, figlio di papà, ed è palesemente manipolatorio. La ragazza continuerà la relazione nonostante gli amici e il padre cerchino di dissuaderla e questo gesto le costerà quasi la vita, distruggendo anche quella dei genitori. I temi trattati sono tanti: l'adolescenza con la sua fragilità, l'abuso sessuale, il revenge porn, quel sottile equilibrio tra educare un figlio, amarlo e fare il suo bene, tre cose che non sempre coincidono. Anzi. Soprattutto nel tratteggio psicologico dei genitori emergono questioni importanti. Mentre il padre si rende subito conto dei pericoli a cui sta andando incontro Mia (come dice alla moglie "Lo so io che mi passava per la testa a 20 anni") in quanto maschio, che sa come vengono educati mediamente gli appartenenti al suo sesso, sa che spesso agiscono per dimostrare qualcosa più che per sentimento, sa che in certe situazioni gli uomini tendono a controllare, oggettificare, la madre, intrisa di una visione stereotipata e romantica sul "primo amore", infila un paio di lenti rosa con cui osservare questa relazione tossica che le cresce in casa, normalizzando la figlia che ha smesso di truccarsi o vestirsi, che sta sempre isolata, che ha smesso di giocare a pallavolo. Così Mia andrà fino in fondo per scoprire le parti più miserabili di una relazione amorosa: la violenza fisica e psicologica, la gogna mediatica sul web, devastanti per una donna adulta, insostenibile per una ragazzina. E anche nel dopo i genitori si divideranno: la madre che assiste la figlia in ospedale, ricucendo un filo con la vita di noi coscienti, raccontando, condividendo. E il padre invece, annientato da quelle immagini che gli rivelano una figlia ormai suo malgrado diventata donna e che lui non accetta, che si rifugia nei video in cui era ancora la bimbetta amorevole di papà. Il finale inaspettato, amaro, tragico induce alla riflessione sulla prevenzione di certo fatti, sulla giustizia, su un ruolo dei maschi nella nostra società che, siano essi predatori siano giustizieri, non escono dallo schema della violenza.

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Gordiano Lupi & Patrizio Avella, "Pier Paolo Pasolini, il cinema, l'amore e Roma."

15 Aprile 2023 , Scritto da Redazione Con tag #recensioni, #cinema

 

 

 

 

 

Gordiano Lupi & Patrizio Avella
Pier Paolo Pasolini, il cinema, l’amore e Roma
Il Foglio Letterario Edizioni, 2023 – Pag. 462 – Euro 16

 

Un libro su Pier Paolo Pasolini non cattedratico e dogmatico, ma facile e piacevole da leggere come se fosse un romanzo. Gli autori scelgono il filo conduttore del cinema e della vita, corredando l’opera con alcune poesie e diversi brani legati all’esistenza e alla produzione letteraria dello scrittore bolognese. Gordiano Lupi analizza uno dopo l’altro i film del grande regista che a un certo punto della sua vita – pur digiuno di tecnica che apprende da Tonino Delli Colli – decide che non può accontentarsi di narrare con la forma romanzo e decide di passare alle immagini evocative tipiche di un cinema di poesia. Le recensioni, in ordine cronologico, sono molto leggibili, non scritte con intellettualismi cinefili spesso incomprensibili, ma con la volontà di rendere semplice anche ciò che può apparire complesso. Il lettore conoscerà tutti i misteri di Accattone, perché Fellini non lo avrebbe voluto far uscire, ma anche le problematiche di un enigmatico Salò, la poesia de La rabbia e de La terra vista dalla luna, per non parlare di Che cosa sono le nuvole? e di Teorema. Patrizio Avella, invece, esperto di cucina e profondo conoscitore di Roma, svela i gusti di Pasolini in fatto di ristoranti e di cibo, va alla scoperta dei luoghi dove il poeta ha vissuto, indaga il suo amore per il calcio (l’ultima rappresentazione dell’umanità), svela gli amori dello scrittore, le donne (e gli uomini) importanti della sua vita. Federica Marchetti, altra collaboratrice del volume, impagina alcuni luoghi simbolo della biografia romana pasoliniana, prende per mano il lettore, lo conduce nei vicoli più reconditi di Roma e lo porta a scoprire le strade della Tuscia. Un libro che farà conoscere il Pasolini segreto, il suo intimo più profondo, le cose che pochi hanno osato scrivere, che convincerà a passare serate davanti al video per rivedere una filmografia suggestiva che percorre le borgate romane, i misteri della vita, la religione e la trasgressione, fino alla dicotomia amore e morte. Non solo, il lettore si troverà a dover provare i piatti semplici delle trattorie romane amati da Pasolini, deciderà persino di fare un viaggio a Roma per vedere quei luoghi e provare le stesse emozioni del nostro più grande intellettuale del Novecento. Il libro è corredato di foto e illustrazioni. Copertina bellissima e originale di Antonio Guacci che ritrae un insolito Pasolini con la maglia del suo Bologna, gli immancabili occhiali da sole e la macchina da presa. Consigliata la lettura.

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