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signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

Il laboratorio creativo della Casa della Poesia di Como

31 Ottobre 2018 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #eventi, #fotografia, #musica, #vignette e illustrazioni, #poesia

 

 

 

 

 

La Casa della Poesia di Como è lieta di presentare il nuovo progetto delle Api dell’Invisibile: un ciclo di otto incontri pensati dai giovani e per i giovani, con lo scopo di condividere le proprie forme d’arte, di creare sul posto e di fare dell’arte uno strumento in grado di agire attivamente nel mondo.

 

Non lezioni frontali, ma riunioni di giovani e per i giovani: un vero e proprio laboratorio creativo. Gli incontri, distribuiti con cadenza mensile, a partire da sabato 17 novembre, sono pensati per ragazze e ragazzi tra i 15 e 30 anni, che abbiano la passione della scrittura poetica o in prosa, del disegno, della pittura, della musica o della fotografia.

 

Tanti i temi e tante le ispirazioni; portate la vostra penna, i vostri pennelli e i vostri strumenti, ma soprattutto portate la vostra testa: facciamo arte insieme!

 

Vi aspettiamo in tanti (tantissimi!) all’inaugurazione di questo nostro progetto, il 10 novembre 2018, alle ore 17, al Chiostrino Artificio (Piazzolo Terragni 4, 22100 Como) in sintonia con la mostra Di fronda in fronda dell’artista Gunza, le cui produzioni artistiche saranno affiancate da haiku e poesie.


 

17 NOVEMBRE 2018, sabato ore 17.00-19.00

Io oltre lo specchio

15 DICEMBRE 2018, sabato ore 17.00-19.00

Stanze di vita quotidiana

19 GENNAIO 2019, sabato ore 17.00-19.00

Cospiratori e poeti: poesia che fa politica

16 FEBBRAIO 2019, sabato ore 17.00-19.00

“Ti amo ma non te lo so dire” cit. Anonimo

16 MARZO 2019, sabato ore 17.00-19.00

Siamo tutti barbari: io e l’altro

 

20 APRILE 2019, sabato ore 17.00-19.00

Workshop Poetry Slam

11 MAGGIO 2019, ora e luogo da definirsi

Da Leopardi al Giappone: 3 versi per l’infinito.

Workshop di Haiku sulle rive del lago.

15 GIUGNO 2019, sabato ore 17.00-19.00

Sono solo canzonette - Psogos ed Eminem: rap e poesia.

​​

Contribuisci con la tua creatività, crea insieme a noi!
Location: Chiostrino Artificio, Piazzolo Terragni 4, 22100 Como

 

 

La partecipazione è libera, a tutti i giovani tra i 15 e i 30 anni che si interessano di arte, scrittura creativa in prosa o poetica, musica, disegno, dipinto e anche a tutti gli adulti che vogliono vedere i giovani in azione.

 

Un progetto dell’Associazione “La Casa della Poesia di Como“ e Le Api dell’Invisibile.

Responsabili del progetto: Martina Toppi e Carlotta Sinigaglia

 

Maggiori informazioni: 

lacasadellapoesiadicomo@gmail.com

martinatoppi43@gmail.com

segreteria.luminanda@gmail.com

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Un neopaganesimo contemporaneo praticabile

30 Ottobre 2018 , Scritto da Guido Mina Di Sospiro Con tag #guido mina di sospiro, #saggi, #cultura

 

 

 

 

[Pubblicato originalmente da Reality Sandwich sotto il titolo di A Viable, Contemporary Neopaganism; traduzione dall’inglese di Patrizia Poli.]

 

Quindi, se voglio che i messicani imparino il nome di Quetzalcoatl, è perché voglio che parlino con le lingue del loro stesso sangue. Vorrei che il mondo teutonico parlasse di nuovo in termini di Thor e Wotan e dell’albero Idrasil. E vorrei che il mondo druidico riconoscesse, onestamente, che il vischio è il loro mistero, e che loro stessi sono i Tuatha De Danaan vivi, ma sommersi. E un nuovo Hermes dovrebbe ritornare nel Mediterraneo, e un nuovo Ashtarot in Tunisia; e Mithra di nuovo in Persia  e Brahma tutto intero all’India, e il più vecchio dei draghi in Cina.” – D. H. Lawrence Il serpente piumato

Già nel 1968, Alain de Benoist fondò in Francia il gruppo di ricerca e di studi per la civiltà europea, un pool di esperti etno-nazionalisti che rifiutava il Cristianesimo e promuoveva il ritorno al paganesimo. Alcuni anni prima, a Findhorn, in Scozia, era nata quella che chiamiamo la New Age. Coloro che non accettavano la propaganda materialistica e atea dell’Occidente laico, ma che, allo tesso tempo, avvertivano che le risposte ai loro bisogni spirituali non si trovavano più nel Cristianesimo, stavano cercando nuove opzioni.

Per anni studente di religioni comparate e di esoterica accademica, io stesso considero il paganesimo una prospettiva praticabile, specialmente in Europa, mentre il tradizionalismo del genere sostenuto da Renè Guenon, Ananda Coomaraswamy, Titus Bruckhardt, Julius Evola e altri tradizionalisti del ventesimo secolo sembra realisticamente insostenibile. In altre parole, nonostante la mia buona volontà, trovo che pregare,  per dire, Mercurio o Odino o Mitra sia leggermente impraticabile, se non comico. D’altra parte, molte delle deità appartenenti alla mitologia greco romana furono di fatto incorporate nella religione cattolica romana. Quest’ultima, nonostante affermi l’opposto, è completamente politeista, per la fede nella Trinità, per la sovrabbondanza di santi maschi e femmine, e per la Vergine Maria adorata attraverso una moltitudine di apparizioni in paesi, e persino regioni, diversi all’interno della stessa nazione. Non potrebbe essere altrimenti, data l’ineluttabile influenza della mitologia che il cattolicesimo romano ha alla fine soppiantato.

Una caratteristica che distingue il Cattolicesimo dalle altre sette cristiane, e in realtà da tutte le religioni abramiche, è il già menzionato culto della Vergine, cioè il culto della Dea. Va da sé – letteralmente: nessun membro del clero cattolico lo ammetterebbe apertamente – che, nella religione cattolica, Nostra Signora è allo stesso tempo Cibele, Minerva, Diana, e varie altre dee dell’antichità. Una festività fra tutte  evidenzia questo: il 15 agosto è la festa dell’Assunzione, l’assunzione della Vergine Maria in cielo. In Italia questa festa è oggi chiamata “Ferragosto”. L’intera nazione chiude, e in questo, così come in popolarità, compete con il Natale. Infatti “Ferragosto” deriva dal latino “Feriae Augusti” (il riposo di Augusto), una festa fissata dall’imperatore Augusto nel 18 d.c. per celebrare il raccolto, il ciclo della fertilità e della maturazione, e, infine, la dea Diana.

Di conseguenza pregare la Vergine Maria evoca molte dee precedenti, delle quali lei è diventata, per così dire, un ricettacolo. Niente di tutto ciò mi era chiaro fino a circa quindici anni fa, e ancora mi meraviglio di tale fenomeno neopagano sotto mentite spoglie.

Viaggiando attraverso l’Europa cattolica in particolare ci s’imbatte in un certo numero di santuari mariani, eretti per celebrare l’apparizione della Madonna in uno specifico luogo. Ad esempio, alcuni saranno devoti alla Vergine di Loreto, altri a quella di Lourdes, o di Fatima – è sempre la stessa Madonna, ovviamente, ma ancora una volta sembrerebbe riaffermare i suoi tratti politeisti per il fatto di essere adorata sotto nomi diversi.

Recentemente, mia moglie ed io abbiamo celebrato un importante anniversario di matrimonio attraversando in auto la Spagna e la Francia. Volenti o nolenti, il sottotema del nostro grand tour è stato la Madonna.

Persino a  Girona, il posto dove stavamo e che abbiamo usato come base per esplorare le terre amate da Salvador Dalì, ci siamo imbattuti in una magnifica cattedrale gotica, in origine un foro romano in cima a una rampa di scale, dedicata a Nuestra Señora (Nostra Signora).

Dopodiché abbiamo fatto una breve tappa a Saragozza, per porgere omaggio a Nuestra Señora del Pilar (Nostra Signora del Pilar [Pilastro]). Poi avanti fino a Burgos, con la sua splendida e ricchissima cattedrale gotica, anch’essa dedicata a Nuestra Señora. Lo stesso dicasi per l’impressionante cattedrale di Leon, con una distesa di vetrate multicolori. Covadonga, nelle Asturie, rappresenta un pellegrinaggio mariano per l’intera Spagna; è dove un futuro re visigoto, Pelagio, vincendo una battaglia contro i mori – che, in ogni modo, odiavano il clima piovoso – fece in modo che le Asturie non fossero mai conquistate...  

In Francia, la nostra prima tappa è stata Rocamadour, non solo per Durlindana, la spada del paladino Rolando conficcata nella roccia ma, ovviamente, per Notre Dame (Nostra Signora), alla quale l’intero complesso medievale, magnificamente stratificato e intagliato nella roccia viva, è dedicato. Anche Rouen e Parigi hanno maestose cattedrali dedicate a Notre Dame.

Fra tutti questi luoghi, quello che ha “parlato” sia a mia moglie sia a me è stata la Basilica-Cattedral de Nuestra Señora del pilar, in Saragozza.

Mi corre l’obbligo di contestualizzare la nostra visita.

Si è trattato di una semplice tappa, sulla strada da Girona a Burgos. Essendo il trasferimento più lungo del nostro grand tour (670km), non c’era tempo da perdere. Inoltre, si dava il caso che fosse domenica, e la Basilica-Catedral era prevedibilmente affollata – ma per lo meno di fedeli, quindi in uso per ciò per cui era stata costruita, come luogo di culto piuttosto che come museo, com’è il caso, ad esempio, di Burgos. Cerco di essere un guidatore attento, e sono estremamente concentrato quando guido sulle autostrade o in qualsiasi altro posto che comporti alta velocità. Ma quando arrivo in città, mi rilasso e prendo fiato. Dopo tutto, un incidente in un parcheggio è un graffio, o un coccio, mentre un incidente in autostrada può facilmente essere mortale. Mia moglie, invece, diventa inquieta nel traffico e piuttosto impaziente nei parcheggi, suppongo per la voglia di arrivare. Così, mentre io mi rilasso, lei tende a innervosirsi. In un parcheggio sotterraneo, presso la Basilica–Catedral, stavo avendo difficoltà a parcheggiare la nostra grande Kia Carens (Carens? Ci credereste che i coreani le hanno dato il nome dal latino “carente”?), noleggiata a Barcellona. Alla fine di un breve battibecco, le ho detto: “Se sei così brava, parcheggiala tu”. Non ha gradito l’affronto, ma ha parcheggiato la macchina. Emergendo nella piazza, siamo stati gratificati da inaspettate proprozioni americane. L’enorme Basilica–Catedral al centro; altre due chiese su entrambi i lati dell’oblunga e immensa piazza; e il fiume Ebro dall’altra parte, attraversato da un glorioso ponte romano. Distratti, siamo entrati nell’affollata Basilica-Catedral e abbiamo subito trovato Nostra Signora del Pilar: una statuetta di esattamente trentasei centrimetri e mezzo posta in cima a un piccolo pilastro. Quell’immensa piazza con due co-cattedrali e un’altra chiesa importante; quell’enorme basilica cattedrale che risale agli inizi della Cristianità, poi costantemente modificata durnate i secoli—per questo? Non appena il mio intelletto ha formulato  tale domanda, mi sono trovato commosso fino alle lacrime. Non so perché. Mia molgie, di fianco a ma, era ugualmente sopraffatta. 

In altri santuari mariani lungo la strada eravamo riusciti ad avere il posto tutto per noi, ed eravamo in uno stato d’animo più calmo, più incline, si potrebbe dire, alla meditazione. Nella Basilica–Catedral era tutto l’opposto—eppure mai prima avevamo sperimentato niente del genere.

Nella mia beata ignoranza, non conoscevo l’esatta natura di questa particolare apparizione, sebbene io intuissi che doveva essere portentosa, dato che, in un viaggio precedente, avevo notato che la cattedrale di Chartres è anch’essa dedicata a Nostra Signora del Pilar. Così si dice:

“Secondo la leggenda, nei primi tempi della chiesa, il 2 gennaio del 40  d.c., l’apostolo Giacomo (Santiago) Maggiore stava predicando il Vangelo in Caesaraugusta (l’odierna Saragozza) presso il fiume Ebro, quando vide Maria, miracolosamente apparsa in carne e ossa su un pilastro, che gli chiedeva di ritornare a Gerusalemme. Si crede che il pilastro, che era trasportato da angeli, fosse lo stesso venerato in Saragozza, nella spagna di oggi. Guarigioni miracolose sono state segnalate nel luogo.”

Questa, ho appreso inoltre, è stata l’unica apparizione della Vergine prima della sua Assunzione in cielo (o Dormizione, come la chiamano gli anglicani), cioè mentre era ancora viva. È anche la prima apparizione mariana fra tutte, e la chiesa originariamente eretta per celebrarla è la prima chiesa della cristianità dedicata a Nostra Signora.

Così, nonostante l’importanza di tutti gli altri santuari mariani che abbiamo visitato prima e dopo di allora (ad esempio Guadalupe, nell’Estremadura, in Spagna, che poi, attraverso un’altra apparizione al di là dell’oceano Atlantico, divenne la Santa Patrona del Messico; Loreto, nelle Marche, in Italia, dove il santuario della Santa Casa si suppone contenga la casa nella quale ha vissuto la Vergine, trasportata in volo fin là attraverso il mare Adriatico dagli angeli), è poetico che questo, fra tutti, ci abbia commosso così profondamente—quello in cui è nato il culto della Vergine, ed è rinato il culto della Dea.    

Ma se doveste ancora pensare al marianesimo come ad un culto esclusivamente per Cattolici, sebbene io abbia cercato di mettere in evidenza le sue forti connotazioni pagane, considerate il nome della città “Los Angeles”. Mentre spesso ci si riferisce ad essa come alla Città degli angeli, il suo nome completo è: El Pueblo de Nuestra  Señora la Reina de los Angeles de Porciùncula – “La città di Nostra Signora la regina degli angeli della Porziuncola”. La Porziuncola è la chiesetta che San Francesco di Assisi restaurò dopo aver ricevuto una visione mistica, un’altra è la piccola cappella di Santa Maria degli Angeli, che più tardi divenne la sua casa. Sopra alla minuscola Porziuncola è stata costruita l’enorme basilica di Santa Maria degli Angeli. Così, persino Los Angeles ha un’origine squisitamente mariana—e risonanza?

“So if I want Mexicans to learn the name of Quetzalcoatl, it is because I want them to speak with the tongues of their own blood. I wish the Teutonic world would once more think in terms of Thor and Wotan, and the tree Igdrasil. And I wish the Druidic world would see, honestly, that in the mistletoe is their mystery, and that they themselves are the Tuatha De Danaan, alive, but submerged. And a new Hermes should come back to the Mediterranean, and a new Ashtarot to Tunis; and Mithras again to Persia, and Brahama unbroken to India, and the oldest of dragons to China.” —D.H. Lawrence, The Plumed Serpent

As early as in 1968, Alain de Benoist founded in France the Groupement de recherche et d’études pour la civilisation européenne, a ethnonationalist think-tank that rejected Christianity and advocated a return to Paganism. A few years before, at Findhorn, in Scotland, what we now call New Age was born. Those who did not buy the materialistic and atheistic propaganda of the secular West, but who at the same time no longer felt that the answers to their spiritual needs would be found in Christianity, were searching for new options.

For years a student of comparative religion and of scholarly esoterica, I myself find Neopaganism to be a viable prospect, especially in Europe, while Traditionalism of the sort advocated by René Guénon, Frithjof Schuon, Ananda Coomaraswamy, Titus Burckhardt, Julius Evola and other 20th century Traditionalists seems realistically untenable. In other words, despite my good will, I find praying to, say, Mercury, or Odin, or Mithras bordering on the impractical, if not on the silly. On the other hand, many of the deities belonging to Greco-Roman mythology were de facto incorporated into the Roman Catholic religion. The latter, despite its claims to the opposite, is thoroughly polytheistic, owing to its belief in the Trilogy; in an overabundance of male and female saints; and in the Holy Virgin, worshipped through a multitude of apparitions in different countries and even regions within the same country. It couldn’t be otherwise, given the inescapable influence of the mythology Roman Catholicism eventually supplanted.

One feature that distinguishes Catholicism from the other Christian sects, and indeed from all Abrahamic religions, is the mentioned cult of the Virgin, i.e., the cult of the Goddess. It goes without saying — quite literally: no member of the Catholic clergy would ever admit as much openly — that, within the Catholic religion, Our Lady is at once Cybele, Minerva, Diana, and various other goddesses of antiquity. One festivity above all illustrates this: the 15th of August is the Feast of the Assumption, the Assumption of the Virgin Mary into Heaven. In Italy such a feast is to this day called “Ferragosto”. The whole country shuts down, and in that, as well as in popularity, it rivals Christmas. In fact, “Ferragosto” comes from the Latin “Feriae Augusti” (Augustus’s rest), a celebration established by Emperor Augustus in 18 BC to celebrate the harvest, the cycle of fertility and ripening, and ultimately the goddess Diana.

Consequently praying to the Blessed Virgin Mary conjures up much earlier goddesses, too, of which she has become, so to speak, a repository. None of this was clear to me until about fifteen years ago, and I still marvel at this neopagan phenomenon in disguise.

When travelling across Catholic Europe in particular, one chances upon a number of Marian shrines, erected to celebrate her apparition in a specific place. Some people will be devoted to, say, the Virgin of Loreto, others of Lourdes, or of Fatima—it’s always the same Virgin, of course, but once more she would seem to be reasserting her inherent polytheistic traits by being worshiped under different names.

Recently my wife and I celebrated an important wedding anniversary by motoring across Spain and France. Willy-nilly, the sub-theme of our grand tour turned out to be Our Lady.

Even in Girona, the first place we stayed at and were using as a base from which to explore Salvador Dalí’s stomping grounds, we chanced upon a magnificent Gothic cathedral, originally the Roman forum atop a flight of steps, dedicated to Nuestra Señora (Our Lady).

We then paused briefly in Zaragoza to pay homage to Nuestra Señora del Pilar (Our Lady of the Pillar). Then on to Burgos, with its supremely rich and gorgeous Gothic cathedral, also dedicated to Nuestra Señora. The same goes for Léon’s impressive cathedral with acres of stained glass windows. Covadonga, in Asturias, is a Marian pilgrimage for the whole of Spain; that’s where a Visigothic king-to-be, Pelagius, by winning a battle against the Moors — who hated the rainy climate anyway — made sure that Asturias would never be conquered. Pelagius/Pelayo was helped in this battle by the Virgin. From a mini-kingdom born in a cave deep in the Asturian mountains to a world power and today a world language—who would have thought…

Over in France, our first stop was Rocamadour, not only for Durendal, paladin Roland’s sword stuck in the stone, but of course for Notre Dame (Our Lady), to whom the whole magnificently stratified medieval complex carved out of sheer rock is dedicated. Rouen and Paris have magnificent cathedrals dedicated to Notre Dame, too.

And yet, out of all these places, the one that “spoke” to both my wife and to me was the Basilica-Catedral de Nuestra Señora del Pilar, in Zaragoza.

I should contextualize our visit.

This was a mere stop, coming from Girona on the way to Burgos. Being the longest transfer in our grand tour (670 kms), there was no time to waste. Also, it happened to be a Sunday, and the Basilica-Catedral was predictably crammed—but at least with the faithful, hence being used for what it was intended, as a place of worship rather than as a museum, which is the case, for example, in Burgos. I try to be a careful driver, and am extremely concentrated when driving on highways or anywhere at high speed. But when I get to a town or to a city, I relax and decompress. After all, an accident in a parking lot is a scratch, or a dent, while an accident on a highway can easily be deadly. My wife, on the other hand, gets restless amid traffic and quite impatient in a parking lot, I suppose out of eagerness to have arrived already. So while I relax she tends to tense up. In an underground parking by the Basilica-Catedral I was a having trouble getting the maneuver right to park our largish Kia Carens (Carens? Would you believe the name the Koreans gave it? From the Latin, “lacking”?). We bickered, and I said, “If you’re so good at it, park it yourself.” She didn’t like such effrontery, but went ahead and parked the car. As we emerged in the plaza, we were treated to unexpected American spaces and scope: the gargantuan Basilica-Catedral in the center; two more churches at either end of the oblong and immense plaza; and the river Ebro on the other side, crossed there by a glorious Roman bridge. Still in a somewhat distracted mood, we entered the crowded Basilica-Catedral, and quickly found the Virgen del Pilar: a statuette of 14.37 inches exactly standing atop a smallish pillar. That immense plaza with two co-cathedrals and another church of merit; that enormous Basilica-Catedral dating back to the outset of Christianity and then constantly modified over time—all for this? No sooner had my intellect formulated this than I was moved to tears, and started weeping. I have no idea why. My wife, a few footsteps behind me, was equally overwhelmed.

In other Marian shrines along the way we had the place to ourselves, and were in a calmer mood, conducive, one would think, to meditation. It was all the opposite inside the Basilica-Catedral—and yet, we’d never experienced anything of the sort.

In my blissful ignorance, I didn’t know the exact nature of this particular apparition, though I realized it must be portentous as I was surprised to discover, on a previous journey, that the cathedral in Charters is also devoted to the Virgen del Pilar. There it follows:

“According to legend, in the early days of the Church on January 2nd, 40 AD, the Apostle James (Santiago) the Greater was proclaiming the Gospel in Caesaraugusta (present day Zaragoza) by the river Ebro, when he saw Mary miraculously appearing in the flesh on a pillar calling him to return to Jerusalem. The pillar, which was being carried by angels, is believed to be the same one venerated in Zaragoza, Spain today. Miraculous healings have been reported at the location.”

This, I also learned, was the only apparition of the Virgin before her Assumption into Heaven (or Dormition, as the Anglicans call it), i.e., while still alive. It is also the first Marian apparition of them all, and the church originally erected to celebrate it, the first church in Christianity dedicated to Our Lady.

So, the importance of all other Marian shrines we’ve visited before and since notwithstanding (for example, Guadalupe, in Extremadura, Spain, which then, through another apparition across the Atlantic Ocean, became the Patron Saint of Mexico; Loreto, in the Marche, Italy, where the Shrine of the Holy House supposedly contains the house in which the Virgin lived, flown there from across the Adriatic Sea by angels), it is poetic that this one, of them all, would move us so deeply—the one in which the cult of the Virgin was born, and the cult of the Goddess, reborn.

But should you still think of Marianism as a cult exclusively for Catholics, though I’ve been trying to point out its strong pagan connotations, consider the name of the city “Los Angeles”. While often referred to as the City of Angels, its full name is: El Pueblo de Nuestra Señora la Reina de los Ángeles de Porciúncula—“The Town of Our Lady the Queen of Angels of Porziuncola.” The Porziuncola is the little church that Saint Francis of Assisi restored after receiving a mystical vision; another one is the little chapel of Saint Mary of the Angels, which later became his house. On top of the tiny Porziuncala was built the huge Basilica of Saint Mary of the Angels. So even Los Angeles happens to have a distinctly Marian origin—and resonance?

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Arte al bar: DAVID HOCKNEY "A bigger interior with blue terrace and garden"

29 Ottobre 2018 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte, #arte al bar, #pittura

"A bigger interior with blue terrace and garden" di David Hockney e l'omaggio di Walter Fest"A bigger interior with blue terrace and garden" di David Hockney e l'omaggio di Walter Fest

"A bigger interior with blue terrace and garden" di David Hockney e l'omaggio di Walter Fest

 

 


Amici lettori del blog dove la luce della cultura è sempre accesa, tenetevi forte, oggi parleremo di arte, ma voglio ancora fare uno strappo alla regola, descriverò un'opera artistica ma, davanti a quell'opera, metterò un giovane anziano, che c'è di strano? Vi sembra tutto un po' confusionario? In questo caso considererò opera d'arte l'artista stesso che l'ha realizzata, e sapete perché lo faccio? Per darvi un esempio, un buon esempio, lo faccio per tutti quegli anziani che sono avviliti, vinti dalla vita, le spalle curve, lo sguardo spento, qualcuno spinto su una sedia a rotelle da chi parla un'altra lingua, stanchi e desiderosi ormai di percorrere alla svelta quel viale del tramonto, l'ultimo per tutti loro. E... se, invece, il tramonto potesse essere più colorato, più vivace, più allegro?

Ecco, signore e signori, sto per presentarvi David Hockney, un giovane di 81 anni, mi piaceva il suo sorriso, il suo sguardo mica arreso, chissà che stava pensando in quel momento, con la sua opera alle spalle, di fronte alla macchinetta fotografica del fotografo: "Ehi,  sbrigati, devo andare a prendere un dolcetto al rinfresco, ragazzo, ma tu non hai la gola secca?"... Sì, credo che questo fosse proprio quello che stava pensando in posa di fronte al fotografo.
Voi direte che non tutti hanno la sua fortuna e lo stesso destino, ora non voglio parlarvi di quello che gli ha riservato la sua lunga vita, David Hockney è un artista britannico del 1937, da sempre, sin da ragazzino, pittore, disegnatore, illustratore, incisore, fotografo, scenografo e chissà quale altra tecnica e linguaggio espressivo ha sperimentato... Fermi tutti... ha anche disegnato con l' i-phone e l'i-pad... e, anche se per lui il tempo è passato - a causa dell'età cala la vista, i movimenti rallentano, la forza si affievolisce, l'udito si "attappa", l'equilibrio statico è provvisorio - per lui, questo giovane di 81 anni dall'eterno sorriso, non si è mai esaurita l'energia vitale.

Ecco, io considero David Hockney una vera opera d'arte della natura, il nostro giovane anziano è ancora curioso, entusiasta, cammina reggendosi con un bastone, lo stesso per tutti quelli della sua età, eppure, quando inizia a lavorare, lo molla a terra e con la fantasia inizia a volare. Non so se lo avete notato, ma per tutti gli artisti che finora vi ho descritto, questa è una caratteristica analoga, e allora perché non dimenticare per un momento gli acciacchi e divertirsi con l'immaginazione? David Hockney è oltre 60 anni che lo fa, anzi di più, ora è come lo vedete, sicuramente penserete ad un vecchio signore arzillo, direte perché ancora non si sia stancato di fare le stesse cose? Ma no, avete capito male, lui non fa mai le stesse cose, le vive sempre e solamente in una maniera diversa. Ogni volta che si è tuffato, per farvi un esempio, nelle sue famose piscine (ha realizzato molte opere con protagonista la piscina e la trasparenza dell'acqua) tutte quelle volte sott'acqua vedeva qualcosa di nuovo, anzi, lo cercava con tutta la forza della sua fantasia. Fatelo anche voi, non abbiate paura, tuffatevi nell'armonia della sua arte, potrete vedere i suoi colori, ridere, gioire, sentirvi finalmente felici. Certo che la realtà è un'altra cosa, ma i colori della fantasia sono veri, naturali, guardatevi intorno, i rossi dei fiori, il blu del cielo, il verde dei prati, dovete solo mollare la tristezza dentro di voi, la rabbia, l'egoismo umano che ci siamo costruiti, sconfitta dopo sconfitta. David Hockney non è un eterno ragazzino, è un artista vero, ma la sua visione della vita potrebbe essere uguale alla nostra, la felicità di fronte all'allegria di un colore luminoso è uguale alla nostra, una forma infantile ci riporta indietro nel tempo, tutti allo stesso modo, a quando eravamo bambini, ed è incontrovertibile che tutti lo siamo stati. Sembra  un po' irrealizzabile vero?
Ora lasciatemi saltare la sua biografia, fin dai suoi inizi sarebbe una interminabile storia di successi e di lavori realizzati con le tecniche più svariate, vi citerò solo in breve chi è David Hockney.
E' nato a Bradford, in Inghilterra, il 9 luglio 1937. In un piccolo museo della sua città, il ragazzino ha mosso i primi passi nel mondo dei colori, poi, una riproduzione di un opera di Cezanne, una di quelle stampe che sanno di antico ma che per lui appariva come la cosa più bella del mondo, gli confermò il suo amore per l'arte, sapeva già quale sarebbe stato il suo destino, l'essere un artista di professione. Poi arrivò la conoscenza dei pittori italiani, insieme a tutta l'arte del resto del mondo, poi la scuola d'arte, poi la Royal college of art. Crescendo, la sicurezza dei propri mezzi, insieme alla sua passione, lo rendono un ribelle, un po' pazzo, quasi eccentrico, da disegnarsi un suo personale diploma al posto della classica tesi scritta, ma come avrebbe potuto fermare la tempesta creativa dentro di lui?

 

- Uelà, scrittore mezza cartuccia, ma ti sei accorto che stai facendo un monologo?
 

- Giovanna, hai ragione, sai, mi sono fatto prendere la mano, è proprio una persona fantastica, ma tu che ne pensi di questo vecchietto?
 

- Per me assomiglia al nonno di Patrizio, e poi ha lo sguardo vispo come qualcuno che ha appena rubato la cioccolata dalla dispensa.
 

- Io credo che la sua cioccolata siano i suoi colori, ci si tufferebbe a pesce... E invece, Mimmo, tu che ne pensi?
 

- Gli piace la musica, la samba e adora il Brasile!
 

- Mimmo, non credo che gli piaccia ballare, ma sicuramente prende ispirazione anche dalla musica, c'è un grande ritmo nelle sue opere.
 

- Sì, non è noioso (Mario il benzinaio.)
 

- Mario, per rimanere nel tuo campo, una volta ha decorato a modo suo una Bmw, rendendola fantastica, un giorno le auto saranno tutte più "colorate", stop alle solite auto uniformate.
 

David Hockney ha sperimentato moltissimo, sono famosi i suoi collage di polaroid, in quei montaggi c'è estro e voglia di divertirsi, e poi per lui, nato negli anni '30, ora, ritrovandosi nel pieno di una rivoluzione tecnologica, è una gioia infinita sperimentare le possibilità che offrono le innovazioni. L'artista, talmente curioso e giovane di spirito, non ha neanche paura dei pareri negativi di certi addetti ai lavori che vedono il progresso digitale come un ostacolo al modo tradizionale di fare arte, niente lavoro in studio, tavolozza, cavalletto, pennelli. David Hockney sa benissimo che l'arte, anche se realizzata con qualsiasi altro strumento alternativo e ipertecnologico, sopravvivrà sempre, anzi, per paradosso, l'arte sarà ancora il filo indistruttibile e indissolubile che ci terrà legati alla vera essenza della natura umana.
 

- Vorrei tanto essere un giocherellone come lui (Michele il tappezziere.)
 

- Certo che puoi, inizia a cambiare il colore della tua camicia.
 

- E poi?
 

- Guarda, Michele, se adesso offri il gelato a tutto il bar, ci mettiamo tutti a ballare la samba, Gianni, nel tuo juke box la abbiamo? (Dalia.)
 

- Sì, certo.


- Amici lettori, è veramente così, nei colori e nelle forme di David Hockney noi avvertiamo il sound della samba e, come la musica, la sua arte ci regalerà allegria. E' così che vuole essere il nostro artista britannico, che ora vive a Los Angeles perché gli piace il clima ed il cinema, lui vuole vivere nella gioia generata dalla fantasia... Non è un buon esempio? Se volete ballare con noi, forza, amici lettori, fatevi trasportare dalle note e dai colori, io resto ancora un po' a vedere il suo volto sorridente di fronte a quest'opera dal formato atipico. E' un esagonale esposto al Pompidou centre, "A bigger interior with blue terrace and garden".

Pensate, si tratta di un'opera del 2017, un acrilico su tela. Mi farò travolgere dalla luce di quei colori, rosa e fucsia per le pareti di fondo, verde rigoglioso del giardino, la passerella a toghe blu della terrazza a porticato sopra la piscina dal bordo giallo, immaginerò di affacciarmi da una di quelle finestre arancioni, lo guarderò mentre voi sognate Brasileiro, poi camminerò verso di lui e, come in un cartoon, prenderei per mano David Hockney per portarlo in giro per Roma in sella alla mia Vespa, ma di sicuro lui mi direbbe: "Walter, ma prima non possiamo mangiare anche noi un gelato?"... Goodbye, amici, ci rivediamo al prossimo artista e, a sorpresa, sarà ancora fantasia come non la vedevate da molti anni.


"È proprio il processo di guardare qualcosa che lo rende bello."
David Hockney

 

 

My friends,  readers of the blog where the light of culture is always on, hold on, today we will talk about art, but I still want to make an exception to the rule, I will describe an artistic work but, in front of that work, I will put a young elder, what is it that is strange? Does everything seem a little confusing? In this case, I will consider the artist who created it to be a work of art, and do you know why I do it? To give you an example, a good example, I do it for all those elderly who are dejected, overcome by life, their shoulders turned, their eyes off, someone pushed in a wheelchair by those who speak another language, tired and eager now to quickly walk that avenue of sunset, the last for all of them. And ... if, instead, the sunset could be more colorful, more lively, more cheerful?

Here, ladies and gentlemen, I'm about to introduce you to David Hockney, a young man of 81, I liked his smile, his look not yet surrendered. Who knows what  he was thinking at that moment, with his work behind him, in front of the camera of the photographer: "Hey, hurry up, I have to go and get some sweets at the reception, boy, but you do not have a dry throat?" ... Yes, I think this was just what he was thinking while posing in front of the photographer.

You will say that not everyone has his fortune and destiny, now I do not want to talk about what his long life has reserved for him, David Hockney is a British artist of 1937, since he was a child, he was painter, illustrator, engraver, photographer, scenographer and who knows what other technique and expressive language he has experimented ... He has also designed with i-phone and i-pad ... and, even if for him the time has passed - because of the age the sight falls, the movements slow down, the strength fades, the hearing "attappa", the static balance is temporary - for him, this 81-year-old boy with an eternal smile, the vital energy has never been exhausted.

Here, I consider David Hockney a true work of art of nature, our young elder is still curious, enthusiastic, walks holding a stick, the same for all those of his age, yet, when he starts working, he leaves it and, with the imagination, he starts flying. I do not know if you have noticed, but for all the artists I have described so far, this is a similar feature, so, why not forget for a moment the ailments and have fun with the imagination? David Hockney has done this for over 60 years, even more, now he is how you see him, surely you will ask why he has not got tired of doing the same things? But no, you misunderstand, he never does the same things, he always makes them in a different way. Every time he dived, to give you an example, in his famous pools (he made many works with the swimming pool and the transparency of the water) all those times underwater he saw something new, indeed, he was looking for it with all the strength of his imagination.

Do the same,  do not be afraid, dive into the harmony of his art, you can see his colours, you can laugh, rejoice, finally feel happy. Of course reality is something else, but the colours of fantasy are real, natural. Look around you, the red of flowers, the blue of the sky, the green of the meadows, you just have to give up the sadness inside you, the anger, the human egoism that we build, defeat after defeat. David Hockney is not an eternal boy, he is a true artist, but his vision of life could be the same as ours, happiness in the face of the joy of a luminous colour is the same as ours, a childish form takes us back in time, all the same, when we were children, and it is incontrovertible that we all were. It seems a bit unrealizable, right?

Now let me skip his biography, since its beginnings would be an endless history of successes and works made with the most varied techniques, I will mention only shortly who David Hockney is.

He was born in Bradford, England, July 9, 1937. In a small museum of his city, the boy took his first steps in the world of colours, then a reproduction of a work by Cezanne, one of those prints that smell of ancient, but for him it seemed like the most beautiful thing in the world, confirmed his love for art, he already knew what would have been his destiny, being an artist by profession. Then came the knowledge of Italian painters, along with all the art of the rest of the world, then the art school, then the Royal college of art. Growing up, his talent and passion make him a rebel, a bit crazy, almost eccentric, to draw his own diploma in place of the classic written thesis, but how could he stop the creative storm inside him ?

 

- Uela, writer, have you noticed that you're doing a monologue?

 

- Giovanna, you're right, you know, I got carried away, it's just a fantastic person, but what do you think of this old man?

 

- For me it looks like Patrick's grandfather, and he has a lively look, like someone who has just stolen the chocolate from the pantry.

 

- I believe that his chocolate are his colours, we would dive into them... And you, Mimmo, what do you think?

 

- He likes music, samba and loves Brazil!

 

- Mimmo, I do not think he likes to dance, but he certainly takes inspiration from music too, there is a great rhythm in his works.

 

- Yes, he's not boring (Mario who works at the gas station.)

 

- Mario, to remain in your field, once he decorated in his own way a Bmw, making it fantastic, one day the cars will all be more "coloured", enough  with the usual uniformity of cars.

David Hockney has experimented a lot, his collages of Polaroids are famous, in them there is inspiration and desire to have fun, and then for him, born in the '30s, now, finding himself in the middle of a technological revolution, it is an infinite joy to experience the possibilities that innovations offer. The artist, so curious and young in spirit, is not even afraid of the negative opinions of certain critics who see digital progress as an obstacle to the traditional way of doing art, no work in the studio, palette, easel, brushes. David Hockney knows very well that art, even if made with any other alternative and hypertechnological instrument, will always survive, indeed, paradoxically, art will still be the indestructible and indissoluble thread that will keep us linked to the true essence of human nature.

 

- I would love to be cheerful like him (Michele the upholsterer.)

 

 

- Of course you can, start changing the colour of your shirt.

 

- And then?

 

- Look, Michele, if you now offer ice cream to the whole bar, we all go to dance the samba. Gianni, do we have it in your juke box? (Dahlia.)

 

- Yes, sure.

 

- My friend readers, it is really like that, in the colours and forms of David Hockney we feel the sound of the samba and, like music, his art will give us joy. That's how he wants to be, our British artist, who now lives in Los Angeles because he likes the climate and the cinema, he wants to live in the joy generated by fantasy ... Is not that a good example? If you want to dance with us, come on, readers, let yourself be carried away by the notes and the colours, I will stay a little longer to see his smiling face in front of this atypical work. It is a hexagonal exhibited at Pompidou center, "A bigger interior with blue terrace and garden".

Think, this is a work of 2017, an acrylic on canvas. I will be overwhelmed by the light of those colours, pink and fuchsia for the back walls, lush green of the garden, the blue-toghe walkway of the porch terrace above the yellow-rimmed pool, I will imagine to look out from one of those orange windows, I will look at you while you dream of Brasileiro, then I will walk towards him and, like a cartoon, I would take David Hockney by the hand to carry him around Rome, riding my Vespa, but for sure he would tell me: "Walter, but cannot we eat an ice cream first? "... Goodbye, friends, we'll meet again at the next artist and, surprisingly, it will still be a fantasy, as you have not seen it for many years.

 

 

"It is precisely the process of looking at something that makes it beautiful."

David Hockney

Arte al bar: DAVID HOCKNEY "A bigger interior with blue terrace and garden"
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Notizie dal Premio Italo Calvino

28 Ottobre 2018 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #concorsi, #eventi

 

Siamo lieti di annunciare che martedì 6 novembre alle 17, presso l’Istituto della Enciclopedia Italiana di Roma (piazza della Enciclopedia Italiana, 4), si terrà l’incontro Creatività e innovazione linguistica nella narrativa italiana del terzo millennio, nato dalla collaborazione fra Treccani e il Premio Calvino.

Dopo i saluti di Massimo Bray, Direttore generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, e di Mario Marchetti, presidente del Premio Calvino, con Maria Teresa Carbone dialogano Valeria Della Valle, Paolo Di Paolo, Luca Doninelli e Giorgio Gianotto. Conclude una conversazione di Vanni Santoni con Giulio Nardo, vincitore della menzione Treccani della XXXI edizione con Sinfonia delle nuvole (sulla rivista L’Indice dei libri del mese trovate la motivazione e un estratto del testo). Potrete seguire l’incontro in diretta video sulla pagina Facebook del Premio Calvino.

La collaborazione prosegue nella XXXII edizione del Premio, ora in corso. Verrà assegnata anche quest’anno, infatti, la menzione Treccani all’opera finalista che «si distingua per originalità linguistica e creatività espressiva». Sul rapporto tra lingua e scrittura, e su molti altri temi, abbiamo intervistato sul nostro canale Youtube due dei partecipanti alla tavola rotonda, Luca Doninelli e Vanni Santoni.

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Lotta

27 Ottobre 2018 , Scritto da Luca Lapi Con tag #luca lapi, #le riflessioni di luca

 

 

 
"Lotta": sostantivo femminile, singolare.
     Nome comune di cosa.
     Voce del verbo: "lottare".
     Terza persona singolare.
     Occorre dare sostanza a questo sostantivo; riconoscerne l'"S.O.S." che lancia, quotidianamente, fare in modo che non si conceda sosta; riconoscerne la peculiarità, la singolarità femminile e non solo per una questione di grammatica; fare in modo che una pluralità di esseri umani, di ogni genere, si senta coinvolta in ogni lotta, a cui senta il dovere morale di partecipare, affinché la questione di grammatica eviti di diventare una questione drammatica.
     "Lotta": è nome comune di cosa, ma sarebbe importante che avesse il nome proprio di ogni essere umano.
     Lotta di ogni essere umano contro ogni avere disumano.
     "Lotta": è voce del verbo: lottare e sarebbe bello se avesse la voce di ogni essere umano che lotta.
     Sarebbe bello se ogni essere umano che lotta avesse voce in capitolo in un libro bello, vero e con un lieto fine.
     "Lotta per la verità..." affinché questa non perda l'accento che accentua la sua importanza e che la sua: "v" come: "vittoria", in lotta, non decada in una: "f", ferita, a morte, al termine di una battaglia: "efferata"!
 
          Luca Lapi luca.lapi@alice.it
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L’Orsa e Arcade

26 Ottobre 2018 , Scritto da Laura Nuti Con tag #laura nuti, #miti e leggende, #sezione primavera

 

 

 

 

Dopo la tragica corsa di Fetonte, Giove ispezionò le case degli dèi per controllare che fossero ancora solide e sicure. Quando fu certo che nessun pericolo minacciava l’Olimpo, si recò sulla Terra per aiutare gli uomini a ricostruire il loro mondo distrutto: fece spuntare di nuovo l’erba e le fronde degli alberi, i fiumi e le fonti ebbero acqua limpida e fresca, i monti e le valli tornarono a verdeggiare...

Mentre andava e veniva da un capo all’altro della Terra, in Arcadia vide una fanciulla che lo colpì profondamente.

Si chiamava Callisto, che significa «bellissima», ed era veramente degna del suo nome.

Callisto non amava filare e tessere come le giovinette della sua età e neppure passare il tempo davanti allo specchio per acconciarsi i capelli e le vesti. Adorava Diana, sorella di Febo Apollo, una dea molto schiva e solitaria.

Diana non amava le feste e ai banchetti dell’Olimpo preferiva il silenzio e la quiete della natura, perciò viveva nei boschi insieme ad altre fanciulle: cacciavano, correvano, ridevano. E nuotavano nei fiumi. Avevano giurato di vivere sempre insieme e di non aver niente a che fare con gli uomini. Erano tutte belle e allegre.

Anche Callisto faceva parte di questa schiera e Diana la preferiva a ogni altra. Alla dea non interessavano gli amori e le frivolezze, ma credeva nell’amicizia, manteneva sempre la parola data e non sopportava l’inganno. Guai a tradire la fiducia di Diana! Il suo affetto poteva trasformarsi in un odio feroce, implacabile. Callisto sapeva tutto questo, ma non fu capace di sfuggire al suo destino.

Un giorno, quando il caldo era particolarmente cocente, la fanciulla si rifugiò in un bosco di alberi antichi e forti; stanca per la caccia e per le lunghe corse, si fermò, mise a terra l’arco, si sdraiò nell’erba e appoggiò la testa sulla faretra colorata.

Appena Giove la vide, stanca e senza le sue compagne, pensò:

«Certamente Giunone non verrà mai a sapere niente di questa mia nuova avventura ... E se anche lo sapesse? Sarebbero urla e strepiti, lo so, ma ne vale comunque la pena!»

Subito prende l'aspetto di Diana, si avvicina a Callisto e le chiede:

- Mia cara compagna, dove sei stata oggi a caccia? -

La fanciulla sorride, fiduciosa, e sta per rispondere ... ma subito si trova stretta in un abbraccio appassionato dal quale non sa liberarsi ... Quando capisce la verità, Giove è già tornato sull’Olimpo.

Ed ecco giungere la vera Diana con il suo seguito, stanca ma felice per la selvaggina uccisa. Scorge Callisto e la chiama; la fanciulla teme che sia di nuovo Giove travestito e cerca di fuggire, poi vede le compagne e capisce che non c'è inganno.

Ma non è più la stessa: si sente in colpa, arrossisce, ha perduto la sua allegria e non ha più il coraggio di correre accanto a Diana, per prima, davanti a tutte le altre. Le compagne intuiscono che è accaduto qualcosa, ma tacciono e la dea è troppo presa dalla caccia e dai boschi per capire. Finché un giorno ...

Erano passati quasi nove mesi e come sempre Diana e le sue compagne correvano e cacciavano nelle selve.

Il sole era alto e la dea, stanca e accaldata, propose di fare un bagno nel fiume.

Lì vicino, nel folto di un bosco, scorreva un ruscello che veniva giù dal monte bisbigliando e rotolando nella sabbia.

Diana toccò l’acqua con la punta del piede: era fresca e limpida. Le piacque e chiamò le compagne:

- Facciamo il bagno, nessuno può vederci! - disse.

Si tolse le vesti e si tuffò nel ruscello; tutte le fanciulle, ridendo, la imitarono.

Solo Callisto arrossisce e cerca di prendere tempo.

- Dai, spogliati e vieni, che aspetti? - le gridano le compagne - E bellissimo, vieni! -

E alcune, visto che lei indugia, escono dall’acqua e per gioco le sfilano la veste ...

Un silenzio di gelo scende nella selva, nessuno più grida, nessuno ride: ecco perché Callisto è sempre triste e silenziosa, ecco che cosa le è accaduto quel lontano pomeriggio, quando era sola nel bosco ...

«Povera Callisto, povera amica nostra! Pensano le compagne. Diana non avrà pietà di te: hai tradito il giuramento»

Lo sguardo della dea si posa un attimo sulla fanciulla. Non c’è più traccia dell’antico affetto, solo rancore e condanna.

-  Vattene di qui e non tornare mai più - le grida - Non sei degna di bagnarti in queste acque sacre, non sei degna di noi!

Callisto non cerca di spiegare, di dire che non è sua la co¬pa: fugge via disperata, senza dire una parola, e si rifugia in un bosco lontano. Qui nasce il suo bambino, bello e robusto. Lo chiama Arcade, perché è nato in Arcadia.

La moglie di Giove, intanto, si era accorta dell’inganno e  aspettava la vendetta. Così scese nel bosco e si presentò a Callisto, che teneva fra le braccia il figlioletto.

- Tuo figlio vivrà, non temere: sono la regina dell’Olimpo e non mi vendico sui bambini - disse la dea - Tu sola pagherai per l’affronto che ho subito. Le tue bianche braccia hanno affascinato Giove? Ecco, ora sono coperte di peli neri e ispidi, le tue mani delicate diventano lunghe ed hanno unghie ricurve,  il tuo bel visino che l’ha stregato, si deforma e si allarga … La tua voce gentile non commuoverà più nessuno perché è diventata roca e fa solo paura. Solo la mente rimarrà quella di sempre, perché tu possa ricordare che non si inganna la moglie di Giove -

Giunone ha appena finito di parlare e davanti a lei non c’è più la bella Callisto, ma una nera orsa che alza verso il cielo le zampe adunche: chiede aiuto a Giove, il vero colpevole, e lo accusa per la sua ingratitudine …

Erano passati quindici anni e il figlio di Callisto, allevato dalle divinità dei boschi, era divenuto un giovane cacciatore, bello e coraggioso.

Un giorno, mentre inseguiva cervi sul monte Erimanto, si trovò improvvisamente davanti un’orsa gigantesca che si fermò di colpo, guardandolo ... Arcade non riconobbe sua madre e fece un passo indietro, spaventato: quegli occhi scuri lo fissavano in modo così intenso, così misterioso! L’orsa fece per avvicinarsi e il giovane inarcò la freccia, pronto a colpire ...

Ma il padre Giove vigilava e, dopo tanta solitudine, tanto dolore, ecco il premio: madre e figlio si sollevano in aria e un vento rapido e leggero li colloca nel cielo, l’uno vicino all’altra, trasformati in due costellazioni eterne e luminose!

Quando Giunone seppe la notizia, andò su tutte le furie: la sua rivale trasformata in stella e assunta in cielo vicino al figlio! Piangendo lacrime di rabbia, si recò da Oceano e Teti, dèi del mare, che l’avevano allevata da bambina e chiese loro aiuto:

- Sono stata umiliata e ingannata, miei cari. Non posso cambiare la volontà di Giove, ma vi prego, esaudite almeno questo mio desiderio: impedite all’Orsa di scendere a bagnarsi nelle vostre acque limpide e pure! Tenetela relegata nell’alto del cielo ... –

Oceano e Teti acconsentirono: per questo l’Orsa non tramonta nel mare, come le altre costellazioni, ma rimane sempre ferma nell’infinito …

Giunone, finalmente placata, tornò all’Olimpo sul suo cocchio tirato dai pavoni, decorati con innumerevoli occhi lucenti.

I pavoni avevano da poco questo ornamento, da quando cioè era morto Argo; anche il corvo in questo periodo si era trasformato: da bianco era divenuto nero...

 

 

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Cori di Nero Buono. L’arte e la musica nel Lazio delle meraviglie

25 Ottobre 2018 , Scritto da Marco Castaldi Con tag #marco castaldi, #eventi

 

 

 

 

Il 27 e 28 Ottobre il Complesso Monumentale di Sant’Oliva ospiterà la manifestazione Cori di Nero Buono, organizzata dal Comune di Cori – Assessorato all’Agricoltura – con finanziamento della Regione Lazio – bando “Lazio delle Meraviglie. L’iniziativa ha come protagonista l’antico vitigno autoctono coltivato quasi esclusivamente nel territorio corese, di cui rappresenta l’identità vinicola, recuperato e rilanciato dalle tre cantine locali che lo trasformano in vini rossi di qualità certificata dai marchi DOC e IGT.

La giornata di sabato si aprirà a Piazza Sant’Oliva alle ore 10:00 con i saluti istituzionali, tra gli altri del Sindaco Mauro De Lillis, dell’Assessore all’Agricoltura Simonetta Imperia e della Delegata alla Promozione del Territorio Sabrina Pistilli, con esibizione dell’arte del maneggiar l’insegna proposta degli Storici Sbandieratori delle Contrade di Cori. A seguire la tavola rotonda sull’attualità e le prospettive del settore, “Dal Nero Buono di Cori verso lo sviluppo del territorio”alla sala conferenze del Museo della Città e del Territorio di Cori dalle ore 10:30.

Tra gli invitati: Enrica OnoratiAssessore all’Agricoltura della Regione Lazio; Tommaso AgnoniPresidente della Fondazione Roffredo Caetani; Giuseppe Bonifazi, Professore ordinario della Sapienza Università di Roma; Carlo HausmannDirettore Agro Camera –Azienda Speciale della Camera di Commercio di Roma; Paolo Pietromarchi, Enologo ericercatore al Cra-Enc Italia CentraleRaffaele D’Amatobusiness consultant. Alle ore 19:30 nella Chiesa di Sant’Oliva il concerto dei Non Stop Jazz Quartet.

Domenica, dalle ore 10:00, sarà possibile effettuare visite guidate gratuite del museo a cura dell’Associazione culturale Arcadia, animate dalle musiche rinascimentali della Compagnia Tres Lusores. Alle ore 12:00 “Capitelli & Musici”, il racconto dei capitelli figurati del chiostro di Sant’Oliva con i musici Francesco Ciccone (violino) e Angelo Giuliani (percussioni e tamburo a cornice). Entrambi i giorni, a Palazzetto Luciani e nei giardini del museo, sono previste degustazioni dei vini Cincinnato, Marco Carpineti e Pietra Pinta, insieme ad altre tipicità come i prodotti bio dell’Az. Agr. Filippi; quelli De.Co. de Le Bontà e Macelleria Saccucci; gli oli EVOO e la pasticceria al Nero Buono di Maciste.

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Arte al bar: YOKO ONO "Wish tree"

24 Ottobre 2018 , Scritto da Walter Fest Con tag #arte al bar, #arte, #walter fest, #pittura

"Wish tree" di YOKO ONO e l'omaggio di Walter Fest"Wish tree" di YOKO ONO e l'omaggio di Walter Fest

"Wish tree" di YOKO ONO e l'omaggio di Walter Fest

 

 

 

 

- Ciao, Walter.
 

- Buongiorno a tutti.
 

- Ma quello è un bonsai?
 

- Sì, Gianni
 

- E che ci fai?
 

- Che dici, sta bene vicino al flipper?
 

- Sì, non male, ma perché lo hai portato qui?
 

- Ora ti spiego.
 

Amici lettori della signoradeifiltri, oggi, come avrete capito, il nostro appuntamento artistico sarà diverso dagli altri. Questo, come potete vedere con la fantasia, è un bonsai, una piccola pianta, avrei voluto portarne uno più grande, ma mettiamola così, consideriamola una azione artistica simbolica, vi parlerò di Yoko Ono, ma di lei, non per quello che pensate voi, parleremo di Yoko Ono artista e di una sua iniziativa molto speciale.
 

- Una volta io l'ho pure portata sul taxi (Tonino il tassista.)
 

- Ma sei sicuro che fosse lei?
 

- Come no, starà ancora a ridere perché per tutto il viaggio abbiamo cantato insieme gli stornelli romaneschi.
 

 -Non ci posso credere, lei che ha cantato in macchina insieme a te.
 

- Sì, e pure in giapponese!
 

- C'è qualcosa che non quadra.

Yoko Ono è una artista giapponese (Tokio 18 Febbraio 1933), artista poliedrica, disegnatrice, visual artist, performer, musicista, regista. Dopo la guerra, insieme alla sua famiglia, si trasferì negli USA ed è lì che, immediata, nacque la sua passione per pittura, musica e per ogni altra forma artistica moderna e innovativa. Negli anni '60 aderì al movimento Fluxus. Come per la stragrande maggior parte degli artisti, nel suo caso la sperimentazione di nuovi linguaggi divenne il suo impegno costante e appassionato nel mondo dell'arte. Arte concettuale, live performance, cinema alternativo, aveva molto coraggio, estro e una forza di volontà che la portava a rischiare, realizzando opere che sarebbero potute non venire apprezzate oppure rifiutate, ma è proprio questa la potenza dell'arte, non è mai esistito un artista che non abbia tentato nuovi percorsi in contro tendenza con la consuetudine e con le opinioni dei critici. Yoko Ono, durante tutta la sua carriera artistica, non si è mai risparmiata, lavorando a volte a fari spenti e venendo considerata a torto o a ragione "la più famosa artista sconosciuta: tutti conoscono il suo nome, ma nessuno sa cosa fa".
Ma, a mio avviso, forse il miglior apprezzamento che abbia potuto ricevere è stato questo, in occasione della proposta di laurea in belle arti alla Bard College nel 2002:

 

"Yoko Ono deve essere ringraziata per le opere che ha fatto, e celebrata per ciò che è venuta a rappresentare, nella storia dei media e in tutto il mondo: coraggio, elasticità, tenacia, indipendenza e soprattutto immaginazione e fiducia nel fatto che la pace e l'amore rimangono la via verso un futuro dell'umanità più luminoso e diverso."
Scott MacDonald

 

In questa affermazione le due parole "pace" e "amore" sono valori universalmente riconosciuti ma che quotidianamente vengono ignorati, in essi c'è tutta la filosofia dell'artista Giapponese. Yoko Ono, attraverso la sua creatività, si è da sempre attivamente prodigata in favore del pacifismo e del rispetto dei diritti umani.
 

"Sono sempre dentro di me ed ascolto cosa mi viene in mente. Sono come un condotto di un messaggio, che passa attraverso di me. Mi interesso a tutto, ugualmente, ogni giorno. Sono innamorata della vita, del mondo, in ogni istante".
Yoko Ono

 

- Certo che di acqua sotto i ponti deve averne vista tanta (Mario il benzinaio.)
 

- Sì, Mario, possiamo comunque dire che gli artisti, solitamente, hanno il vantaggio di non invecchiare mai, in cambio di questa prerogativa, lavorano e creano emozioni fino all'ultimo dei loro giorni a favore di tutta l'umanità.
 

- Insomma, adesso con questo bonsai che ci facciamo? (Dalia.)
 

- Ci facciamo una bella cosa, ma prima devo spiegarvi che ha combinato la nostra artista giapponese. Dal 1981 circa, Yoko Ono ha iniziato una serie di installazioni artistiche, consistenti nel mettere in mostra, in varie occasioni e in varie parti del mondo, degli alberi che, per colore e sintonia, si intonassero con l'ambiente ove collocati, gli spettatori venivano invitati a inserire fra rami e foglie, scritto su un pezzo di carta, un personale desiderio.
Queste sono le istruzioni su una wish piece del 1996:

 

"Esprimi un desiderio. Scrivilo su un foglio di carta. Piegalo e legalo intorno a un ramo di un albero dei desideri. Chiedi ai tuoi amici di fare lo stesso. Continua a desiderare. Fino a quando i rami sono coperti di desideri".
 

Nel rispetto della privacy di tutta la gente coinvolta, Yoko Ono non ha mai letto i desideri ma, al termine di ogni evento, ha raccolto tutti i desideri, per il momento oltre il milione, ponendoli alla base della "Imagine Peace Tower" sull'isola di Viðey nella baia di Kollafjörður in Islanda.
 

- Secondo me è un idea molto importante perché è una costante e irrefrenabile ricerca della pace, quello che più di ogni cosa ha bisogno il mondo.
 

- Adesso che ci penso, sai che una cosa del genere l'ho vista pochi anni fa dentro la stazione ferroviaria? Avevano messo un grande albero di Natale in mezzo al salone di transito dei passeggeri, prima di entrare ai binari, e tutta la gente che passava attaccava un fogliettino con un pensierino. (Dalia.)
 

- Vedi come il desiderio di qualcosa di veramente e profondamente umano può essere contagioso e imitabile? Yoko Ono forse non è stata la prima ma, grazie al suo impegno artistico, tutto il mondo sa che la pace si può immaginare e, se la si può immaginare, sarà anche possibile un giorno vederla arrivare. I nostri desideri, che vanno da cose semplici ad altre magari più fantasiose e anche irrealizzabili, sono comunque, in sintesi, semplicemente richieste di pace interiore, una pace inoltre estesa a tutto quello che ci circonda, se c'è pace nell'aria tutto gira bene e ogni problema si risolve. Ma adesso, per valutare l'importanza di questi "wish tree" proviamo a pensare a una cosa, ad esempio, come nel caso della stazione ferroviaria di Roma, proviamo a pensare a una moltiplicazione di iniziative di questo genere in tutto il mondo, proviamo a pensare a milioni di desideri sparsi per il globo, proviamo a pensare a una enorme diffusione di energia positiva che regala sorrisi a tutti, il sorriso è contagioso, se vedi qualcuno ridere non puoi farne a meno di farlo anche te ed è un qualcosa che ti fa stare bene, proviamo a pensare che tutti questi desideri riuniti diventino una forza formidabile che si allarga, supera confini e scioglie i cuori duri. Ci vorrà il tempo, oh, sì, ma, se noi tutti la immaginiamo, prima o poi arriverà. Questo è il messaggio che, attraverso la sua arte, Yoko Ono, in tutte le sue performance artistiche, mette in mostra per tutti noi.
 

- Senti, io vorrei che la Roma vincesse lo scudetto... Che faccio lo scrivo? (Gianni.)
 

- E dopo facciamo una grande festa?(Peppino o' pensionato.)
 

- Io scriverei una nuova canzone (Mimmo il musicista.)


- Boni, boni... io ho 60 anni e vorrei solo la salute (Dario.)
 

- E se finalmente tutto si aggiustasse? (Patrizia. )
 

- Pure il rubinetto che goccia? (Umberto.)
 

- Piano piano che arrivi un po' di serenità e che la mia via di Camerino torni ad essere popolata (Lorella.)
 

- Io finalmente innamorato della persona giusta (Giuseppe.) 
 

- A me basterebbero salute e serenità (Fabiola.)

 

- Mi dispiace per voi... io una vincita al superenalotto! (Alida.)
 

- Facciamo così... ora lasciamo il bonsai vicino al flipper, voi prendete un pezzo di carta, desiderate quello che volete e poi inseritelo fra i rami del piccolo albero. Anche voi lettori della signoradeifiltri, desiderate quello che preferite e, se avete dubbi, fatevi consigliare dal cuore che non sbaglia mai. Vi lascio con questo compito e vi aspetto al prossimo artista, anticipo che vi farò navigare ancora in un mare di colori e di fantasia, un giovane vecchio vi sorprenderà.

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Le nuove tendenze autunno inverno 2018

23 Ottobre 2018 , Scritto da Daniela Lombardi Con tag #daniela lombardi, #cinzia diddi, #moda

 

Cinzia Diddi presenta la nuova collezione Tentazioni autunno/inverno 2018 

La Collezione è grintosa, briosa ed elegante.

Il carattere distintivo di questo Autunno/inverno, ma un po’ il tratto caratteristico del brand, è l’eleganza e lo stile, curato e ricercato anche quando si tratta di abbigliamento sportivo.

Scrive Daisaku Ikeda, scrittore, educatore e filosofo orientale: ”La forza delle donne è la forza della terra. Quando una donna si mette all’opera, tutto cambia. Le donne possono trasformare la famiglia, la comunità e l’epoca in cui vivono e saranno proprio loro che trasformeranno il nostro mondo”.

La donna anche se “guerriera” deve mantenere la sua femminilità.

Di ispirazione questa potente frase per la collezione che presentiamo in questo Autunno/Inverno 2018.

Quest’anno anche la stagione più fredda si tinge dei colori dell’estate e della primavera, con nuance accese e vibranti che caratterizzano i nostri abiti.

La gamma di abiti ideati per la collezione donna Autunno/Inverno 2018 presenta una decisa impennata di decorazioni, di ricami e di tessuti preziosi. Si fanno strada il rosso, il giallo, l’arancione, il viola e, naturalmente, gliimmancabili blu e nero. La donna in rosso Tentazioni by Cinzia Diddi veste tinte anche shocking, che spesso si mescolano con il rosa, rendendo il colore protagonista ma non invadente.

La collezione va dal sensuale allo sportivo e la comodità nei capi sportivi incontra sempre l’eleganza.

La narrativa della collezione segue l’idea di donne moderne con un look sofisticato e versatile, che sia elegante ed urbano.

Il tocco sportivo con la presenza quasi costante del jeans, icona generazionale per eccellenza a cui nessuno può rinunciare, comodo ma, se sapientemente abbinato, anche elegante.

In questa collezione Autunno / Inverno 2019, il JEANS viene celebrato insieme alla DONNA.

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CORI E L’ANTICO BORGO. II CONCORSO DI ESTEMPORANEA DI  PITTURA DEDICATO AL MAESTRO FRANCESCO PORCARI

22 Ottobre 2018 , Scritto da Marco Castaldi Con tag #marco castaldi, #concorsi, #pittura, #eventi, #arte, #unasettimanamagica

 

 

 

 

 

In occasione delle festività natalizie e nell'ambito delle iniziative della II edizione del “Natale Insieme”, l’Associazione culturale Event Art, con il patrocinio del Comune di Cori, della Proloco Cori, e di Cori e Giulianello in Rete, organizza il II Concorso di Estemporanea di Pittura, “Cori e l’antico borgo”, avente come soggetto Cori, che avrà luogo il 15 e il 16 Dicembre in Via Madonna del Soccorso, dalle ore 10 alle ore 23.

Al concorso possono partecipare i pittori maggiorenni, professionisti e dilettanti, muniti dei mezzi necessari. Collocati in qualsiasi area libera del paese, i concorrenti potranno realizzare una sola opera, con qualunque tecnica pittorica, entro le dimensioni 40x40 cm - 100x100 cm, da consegnare entro le 17 di sabato presso l’Art Cafè. I dipinti saranno esposti al pubblico e verranno valutati entro le 16:30 della domenica.

Una giuria di esperti decreterà i primi 3 classificati che riceveranno, rispettivamente, 600€, 300€ e 200€. I giudici popolari attribuiranno il premio di 100€ ad un quarto vincitoreContestualmente si svolgerà una esposizione artistica aperta agli artisti di qualsiasi disciplina, compresi i concorsisti. Ciascuno disporrà di uno spazio espositivo di 2 metri su suolo pubblico gratuito con assegnazione in base all’ordine di arrivo.

L’iscrizione è obbligatoria, subordinata al versamento di una quota di partecipazione, alla compilazione della scheda di adesione, da perfezionare entro il 15 Novembre, come previsto dal regolamento, disponibile insieme al modulo di domanda sul sito istituzionale del Comune di Cori, oppure su pagina Facebook Event Art – Associazione culturaleContattievent.art@leqamail.it event.art@libero.it – 3400661677, 3387220977, 3801224703.

L’iniziativa è dedicata al Maestro Francesco Porcari (ritratto da Alessio Pistilli), venuto a mancare il 18 Novembre 2017. Uomo di spessore, rara umiltà, gentilezza e sensibilità. Artista di rilievo, capace di uno sguardo penetrante e disincantato sulla realtà contemporanea fatta di apparenza, inutile consumismo, “inganni tecnologici”, una chimera per i giovani, costretti in un mondo virtuale, in un'indifferenza portatrice di profonda solitudine.

 

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