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Arte al bar: ROMERO BRITTO "Agostino"

11 Ottobre 2018 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte

"Agostino" di Romero Britto e l'omaggio di Walter Fest"Agostino" di Romero Britto e l'omaggio di Walter Fest

"Agostino" di Romero Britto e l'omaggio di Walter Fest

 

 

 

Prima che inizi, vorrei porgervi, amici lettori della signoradeifiltri, il mio più grande ringraziamento per tutti gli attestati di stima e di apprezzamento che sto ricevendo sia in privato che in redazione.
Insieme ai miei fedeli personaggi del bar ci inchiniamo di fronte alla vostra generosità, il nostro miglior modo per ringraziarvi sarà di continuare a colorarvi la vita coinvolgendovi simpaticamente nelle nostre avventure artistiche perché... (cit. Walter Fest)... l'arte è per tutti...

Molto bene, oggi vi parlerò di un artista conosciuto grazie a due amici, Paolo e Diego, titolari di un negozio di abbigliamento casual, compagni nella vita e nel lavoro che, dopo un loro viaggio a Miami, hanno riportato l'opera d'arte che oggi andremo a descrivere, realizzata da un popolare artista brasiliano, che da anni lavora negli States, Romero Britto.

Ma prima dobbiamo aspettare che finiscano la partita a flipper, mentre il juke box di Gianni suona tutto Otis Rush, ottima colonna sonora da atmosfera perché la partita è infiammata e chi perde stasera cucinerà.
 

- Chi ha vinto?
 

- Io, il più forte, ma non hai visto come je dò de sponda?
 

- Ma stai zitto che sei sempre al limite del tilt!
 

- Chi, io?
 

- Dillo che non ci stai mai a perdere!
 

- Tranquillo, sono un buono, non la vedi la mia faccia da buono? Anche se hai perso, stasera cuciniamo insieme e non se ne parla più.
 

- Allora, carissimi, avete portato l'opera di Romero Britto?
 

- Sì, eccola.
 

Dovete sapere, amici lettori, che Paolo e Diego hanno 12 Jack Russell, ai quali sono affezionatissimi e così, fra le opere di Romero Britto, non hanno potuto fare a meno di scegliere questo soggetto che rappresenta un cane, ma al quale l'artista non ha dato un titolo. Io idealmente ho intitolato la sua opera e il mio scarabocchio Agostino, il cane più anziano della banda.

Il cane è notoriamente il più fedele amico dell'uomo, l'animale che prende il cuore degli umani sempre di più disumani, l'animale che non finisce mai di impartirci lezioni di vita, il suo esempio, insieme all'amore universale, quell'eterno sentimento che, senza fare distinzione di sesso, salverà il mondo, un amore che addolcisce i pensieri e disegna il sorriso, è vitale, non possiamo assolutamente farne a meno.
E tutto questo Romero Britto lo sa, lui nato in Brasile nel 1963, autodidatta. Dopo gli inizi on the road come street artist, si stabilisce negli USA a Miami per continuare e migliorare il personale linguaggio espressivo, Miami una città che sarà per lui il motore propulsivo per la sua arte.

 

"L'arte può farti vedere le cose in modo entusiasmante e totalmente diverso. Può darti il potere di volare" Romero Britto.
 

La sua grande carica interiore e il suo talento, che sprizza gioia da tutti i pori, non passano inosservati e, con il suo stile, comincia a farsi apprezzare fra numerosi personaggi pubblici dello sport e dello spettacolo. Nell'89, poco più che ventenne, disegna l'etichetta per la bottiglia di un'importante casa, e da lì, sempre in ambito pubblicitario, collaborerà con grandi marchi internazionali e le sue opere verranno esposte in tutto il mondo.

Romero Britto, grazie alla filosofia della sua arte, verrà incaricato come artista ufficiale in più manifestazioni sportive di carattere mondiale.
 

"Per me l'arte rappresenta la celebrazione delle cose semplici e buone della vita, le mie creazioni sono allegri veicoli per diffondere il bello e la gioia del mondo" Romero Britto.


Idealmente possiamo avvicinare l'artista brasiliano a Andy Warhol, Keith Haring, Roy Lichtenstein, nella tecnica astratta ricorda il cubismo, ma per questa volta voglio uscire dagli schemi, non definirò Romero Britto nella maniera per la quale si è affermato, un pop artista, un cubista moderno, un grafitista, un neo pop, macché, io voglio identificarlo come un "realizzatore di felicità", un vero artista senza nessuna classificazione, voglio semplicemente vederlo come un artista felice che realizza felicità, oh yes a great happy artist!!!

Non a caso, tutta la sua produzione artistica, dal formato più piccolo a quello più grande, attira l'attenzione dell'osservatore, travolgendolo e coinvolgendolo come in un cartoon. Tutti, nessuno escluso, siamo stati bambini e conserveremo per la vita, nei nostri ricordi, i colori, la spontaneità dell'essere stati, appunto, bambini. Il fumetto e i cartoni animati sono la calamita che ci attira indietro nel tempo per ricordarci il mondo della gioia, della fantasia e della spensieratezza.

I toni di Romero Britto sono felicità. Nei rossi, nei gialli, nei blu, nei verdi, nei viola e in tutto il resto della gamma dei colori pastello c'è tantissima felicità, e le linee nette, semplici, pulite, con i contorni in nero che esaltano la lucentezza delle forme, sono il lasciapassare per il mondo dell'immaginazione. Il suo essere artista realizzatore di felicità è contagioso, amici lettori, vi conviene farvi attaccare da questa malattia, lasciatevi contagiare dai colori brillanti di Romero Britto, è una malattia necessaria se volete essere felici.
Anche se quotato a livello mondiale, la produzione artistica è disponibile per tutte le tasche, la sua diffusione quasi industriale è un vero esempio di come "l'arte possa essere per tutti", una definizione che è anche alla base della mia arte al bar ed è quello che Romero Britto ha concretamente fatto a livello globale come suo stile di vita.
L'opera che abbiamo di fronte a noi ci è stata gentilmente concessa da Paolo e Diego, si tratta di una serigrafia smaltata in alluminio alta circa 30 cm. I colori mantra di Romero Britto sono quelli che devono darci il buongiorno la mattina, oppure rilassarci quando siamo arrabbiati, farci sorridere se abbiamo motivi per piangere, darci allegria e carica propositiva se abbiamo l'ennesimo esame della vita da superare, oppure farci vedere il nostro cane trasformato in un cartoon che vuole parlare con noi, ci vuole saltare addosso per dirci che pure lui è felice ma che è stanco della solita pappa, chi di voi non parla con il proprio amico a quattro zampe? I colori e le forme di Romero Britto hanno questo potere, dare voce e luce alla fantasia, quella che troppe volte ci manca, tritata come negli ingranaggi di tempi moderni di Charlot.

 

- Paolo e Diego, ci lasciate Agostino ancora un po'?
 

- Certamente, ma spero che siate assicurati sulla vita perché, se gli succede qualcosa, sono guai!
 

- Veramente abbiamo come guardia di sorveglianza solo Giovanna la milanese e la sua stecca da biliardo.
 

- Uelà, ho pure le palle eh!... (Dal fondo della sala).
 

- Non sappiamo se possiamo fidarci molto ma siamo buoni e facciamo affidamento sul vostro amore per l'arte.
 

- Tranquilli.
 

- Mica tanto.
 

- Paolo e Diego, ricordatevi che noi con la fantasia possiamo anche trasformare Giovanna in Rocky che mena cazzottoni.
 

- Stiamo a posto!
 

- Adrianaaaa!!... Adrianaaaa!...
 

E così, amici lettori del blog che vi parla come se fossimo sulla Route 66, vi salutiamo e vi aspettiamo al prossimo artista, andremo ancora negli States, altra tappa Chicago.

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Piccoli trucchi che facilitano la vita

10 Ottobre 2018 , Scritto da Nicole Con tag #nicole, #i rimedi di nonna rosa

 

 

 

 

Ciao dalla vostra Nicole, sempre rossa, sempre riccioluta e ancora single.

Oggi ho due consigli freschi freschi per voi.

 

1. Quando vuotate la bottiglia della passata di pomodoro, non gettatela. Allungate il residuo con acqua, condite con sale, tabasco, salsa Worchester e limone. Ecco pronto un bell’aperitivo saporito!

2. Avete presente la fastidiosa sensazione dei collant che cadono? Infilateci sopra un paio di slip e starete belle comode.

 

Et voilà, piccole cose che facilitano la vita.

 

Scrivete alla vostra Nicole, chiedetemi consiglio su tutto, anche su questioni di cuore. Ricordate la vecchia posta delle riviste femminili? Ecco, io sono qui e vi ascolto. E, chissà, magari fra voi c’è anche qualcuno per me.

nicole.sdf@tim.it

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Elena Ferrante, "L'amica geniale"

9 Ottobre 2018 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

 

 

 

 

L’amica geniale

Elena Ferrante

Edizioni E/O, 2011

pp 327

18,00

 

Solitamente recensisco libri su richiesta di autori o case editrici e lascio in silenzio le mie letture personali. Ci sono testi però, i cosiddetti “casi editoriali”, che tutti tengono in mano sul treno o sotto l’ombrellone, e allora due parole te le strappano per forza. Così finalmente anch’io ho letto L’amica geniale, della fantomatica Elena Ferrante. Non so se comprerò gli altri volumi della saga e, se lo farò, sarà solo per la curiosità di vedere cosa accade, come procede la trama. Si badi bene, non è che il libro difetti in quanto a scrittura. È senz’altro un ottimo stile, quello della Ferrante, crudo e moderno, ma un prepotente effetto di straniamento impedisce qualsiasi empatia coi personaggi.

A me è sorto il dubbio che, più che raccontare la storia di Lenù e Lila, amiche napoletane una buona e una cattivella, si tratti di metanarrativa. Lenù, Elena, che, guarda caso, si chiama come l’autrice (o come lo pseudonimo con cui si firma l’autrice) è, a mio avviso, lo scrittore innamorato del suo personaggio, cioè Lila, di cui viviseziona  sentimenti. Lo fa con morbosità tutta di maniera, mentre noi, indifferenti e solo lievemente incuriositi, restiamo a guardare.

Questo accade soprattutto nella prima metà del primo libro – l’unico da me affrontato per ora – e il meccanismo s’incrina un poco solo nel finale, con un minimo di spessore in più dato a Lenù, la voce narrante. Come afferma Jacopo Cirillo su Linkiesta: “È la dissoluzione del personaggio a discapito dell’insieme di discorsi che si fanno attorno a lui”. E queste due, Lenù e Lila, alla fine, stanno antipatiche a tutti.

Più che un’amica, Lila è “il Personaggio”, e mi pare inverosimile il suo giganteggiare nella mente e nella vita di Lenù fino al punto da oscurarne persino i fratelli, che non hanno nome né volto. Per Lenù Lila è tutto, è ciò che dà sapore alla vita nei vicoli del quartiere – mai nominato – di Napoli, è un’attrazione esagerata e forse omosessuale, è la spinta a compiere qualsiasi gesto e persino a farsi una cultura.

Lenù è brava a scuola e lo sarà sempre più, studia per primeggiare sull’amica in una gara mai cominciata davvero e mai finita, ma anche, sottilmente, perché pure Lila studi attraverso di lei, per interposta persona, perché entrambe siano l’amica geniale l’una dell’altra.

A questo punto della recensione correrebbe l’obbligo di dire che “il vero personaggio è Napoli”. Manco per niente, qui Napoli è astratta come freddi e astratti sono i personaggi, soprattutto quelli femminili, ma non si tratta neanche di “un luogo dell’anima”, altro cliché delle recensioni, perché, alla fine, certi vizi e certe abitudini napoletani in fin dei conti lo sono. Piuttosto direi che, come dei personaggi stessi, si tratta di un luogo di cui non frega niente a nessuno.   

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Il cervo volante e gli uomini

8 Ottobre 2018 , Scritto da Laura Nuti Con tag #laura nuti, #miti e leggende, #sezione primavera

 

 

 

 

Da Le Metamorfosi di Ovidio, storie del diluvio 

 

 

Giove smise di parlare e la grande sala rimase in silenzio. Ma fu un attimo...

 

- Non solo la casa di Licaone doveva essere distrutta, ma tutte le case! - gridò Marte,il dio della guerra.

 

- Sì! Gli uomini non meritano pietà: sono creature sel­vagge, assetate di sangue! – fece eco Vulcano, il dio del fuoco.

 

- Oppure esseri impauriti, senza dignità, senza corag­gio! - incalzò Apollo, il dio della musica.

 

Alcuni dèi scossero tristemente il capo, altri mormorarono: - Ma come sarà la Terra quando avremo distrutto gli uo­mini? Chi ci offrirà incenso sugli altari? Il mondo sarà abitato solo dalle belve feroci? -

Dopo l’ira, nel cuore dei numi si faceva strada lo sgomento.

 

- Non temete! - li rassicurò Giove - Io vi prometto una stirpe diversa da questa, fatta di uomini nuovi: essi ame­ranno la vita e la pace, il loro cuore sarà giovane e innocente... Ora però lasciatemi solo: devo pensare, riflettere... -

 

Gli dèi uscirono uno dopo l’altro; parlavano fra loro tur­bati, con il cuore diviso fra la rabbia e il dolore.

Quando la grande sala fu vuota, Giove rimase solo con i suoi pensieri.

 

- Colpirò la Terra con tutti i miei fulmini e la ridurrò a un deserto di cenere! - disse fra sé - No, è pericoloso: non de­vo dimenticare la profezia ... -

 

Quando era salito al trono, Giove aveva potuto leggere nel libro del Destino:«Un giorno le fiamme avvolgeranno il mare, la Terra, il cielo e le dimore degli dèi precipiteranno dall’ Olimpo!» c’era scritto.

 

- So che questo accadrà... - sospirò Giove - Nessuno può cambiare il Destino; però non voglio affrettarlo! Userò l’acqua, non fuoco, per annientare gli uomini: scatenerò il diluvio! -

 

Quindi, senza indugiare ancora, chiamò Eolo, il re dei venti.

Eolo accorse veloce dalle sue lontane isole, circondate da mura di bronzo; lì viveva felice, insieme alla moglie e ai do­dici figli, sei maschi e sei femmine, tutti giovani, allegri e ro­busti; un’altra figlia, Alcione, sposa fedele di re Ceice, abitava in Tessaglia.

I dodici principi passavano il tempo ban­chettando nel loro palazzo, sdraiati su letti di nuvole; la men­sa era sempre imbandita con ricche vivande e il profumo del cibo avvolgeva i commensali in un dolce torpore ...

Appena giunto, Eolo si inchinò davanti al re degli dèi: una veste dorata gli ricopriva il corpo tozzo; lunghi capelli bian­chi, ricciuti e scomposti, incorniciavano il volto paffuto e bo­nario.

 

- Il momento è grave e ho bisogno di te! - disse Giove con aria cupa.

 

Subito gli occhi grigi di Eolo si fecero attenti.

 

- Ordina ad Aquilone e a tutti i venti che disperdono le nubi, di non muoversi dalle loro grotte - proseguì il re degli dèi - Invece dai via libera a Noto, il vento del Sud che porta le tempeste, e scatena la sua furia: lo fermerai solo quando la mia aquila volerà alta nel cielo!-

 

- Farò come chiedi, mio signore - rispose Eolo.

 

Dalla sua faccia rubiconda era scomparsa l’aria serena di sempre: capiva che qualcosa di terribile stava per accadere, perciò non fece domande e volò nelle sue isole a eseguire gli ordini di Giove ...

Ed ecco, Noto esce furibondo dalla sua reggia di pietra: ha il corpo di un uccello gigantesco, coperto di piume nere; le grandi ali sono madide di pioggia, gli occhi mandano lampi; la barba incolta, la chioma, la fronte corrucciata, sono avvolte da scure nebbie. Vola sopra le nubi e le preme con forza; poi scuote le ali ...

Subito il cielo echeggia di tuoni, le saette fendo­no l’aria e la pioggia si rovescia scrosciando sulla Terra! Anche Iride, la dea dell’arcobaleno, vola in aiuto di Noto: solleva la lunga veste colorata per muoversi in fretta, poi raduna le nubi e le riempie d’acqua, per renderle più gonfie.

Giove osserva e riflette.

 

- Il cielo non basta... - pensa - Devo scatenare il mare! -

 

Allora si rivolge a Nettuno, suo fratello e re di tutte le ac­que. Il dio promette aiuto e convoca i fiumi.

 

- Non c’è tempo da perdere - dice loro, scuotendo la chioma azzurra - Parlo in nome di Giove, perciò non fate domande: date via libera alle correnti e lasciate che esse dila­ghino ovunque, senza alcun freno!-

 

I fiumi non osano replicare e subito aprono le bocche delle sorgenti: valanghe d’acqua precipitano rombando verso il ma­re...

Intanto Nettuno, col suo tridente, percuote il suolo: la terra trema e gli argini che trattengono i fiumi crollano rovi­nosamente. L’acqua si rovescia nelle campagne, travolge gli alberi, i campi di grano, i greggi, le case, i templi, gli uomini; ciò che non crolla, viene sommerso. Da quell’oceano di fango, affiorano solo le punte delle torri; poi anch’esse scompaiono. Non c’è più confine fra terra e mare: tutto è un’immensa di­stesa d’acqua fredda e grigia ...

Gli uomini, sconvolti, cercano scampo: alcuni fuggono so­pra le alture, altri salgono sulle barche e remano nella tempe­sta; sotto le prore, vedono i campi sommersi e i tetti delle lo­ro case; i pesci guizzano fra gli alberi dei giardini; dove prima pascolavano i greggi, ora le foche rotolano i loro corpi tozzi. Il lupo nuota accanto alle pecore; l’acqua insegue le tigri, i leo­pardi e il veloce cerbiatto; la corrente travolge il cinghiale ro­busto; gli uccelli, stanchi per il lungo volo, precipitano nei gorghi perché non c’è terra su cui posarsi. Il mare, orribilmen­te gonfio, ha coperto le valli e i flutti mescolano la loro bianca schiuma alla neve che copre le cime dei monti ...

Giove, dall’alto del cielo, osserva l’immane tragedia: il volto è di pietra, gli occhi lucenti; una mano stringe forte lo scettro, l’altra è premuta sul petto, per sostenere il peso che lo opprime.

 

- Nessuno ha chiesto perdono agli dèi e a me, che sono il padre di tutti i mortali. Solo imprecazioni, grida di rabbia e di odio, fino alla fine... – sospira - Basterebbe una parola, una parola pietosa e fermerei il diluvio: una parola, per crede­re di nuovo negli uomini e nel futuro!-

 

Ed ecco ...

 

- Perdonaci, re degli dèi e nostro padre: abbiamo merita­to la tua ira, ma vieni ugualmente in nostro aiuto ... -

 

Sono frasi dette con voce sommessa, ma vincono il fragore della tempesta e giungono dritte alle orecchie di Giove!

Egli scruta fra le nebbie, percorre con occhio attento il mare infuriato e vede ...

Su una piccola barca, un uomo e una donna, abbracciati, pregano devotamente: sono Deucalione, figlio di Prometeo, e sua moglie Pirra. Per nove giorni e no­ve notti hanno resistito alla bufera; ora si sentono vicini alla fine e vogliono morire insieme, pregando gli dèi. Di tanti uo­mini e donne che popolavano la Terra, solo loro sono rimasti: gli unici esseri capaci di pronunciare parole pietose.

Subito Giove scuote lo scettro e l’aquila che stava immo­bile sulla punta d’oro, vola in alto nel cielo. Eolo la vede ed esulta: è giunto il momento di fermare il diluvio! Il dio fa un cenno ... Subito cessano i tuoni e la coltre delle nubi si squarcia; Noto fugge nella sua reggia di pietra, mentre Aquilone e gli altri venti benigni soffiano con forza e disperdono le neb­bie scure.

Il padre Giove guida la piccola barca verso le terre della Focide, dove sorge il monte Parnaso: è così alto che le sue due cime sovrastano le nubi e toccano le stelle; solo quelle punte aguzze, coperte di alberi scuri, sporgono dal mare.

Lì Giove fa approdare i due sposi e quando essi pongono piede sulla terra, il cervo volante, sporgendosi da un ramo, li guarda incuriosito.

Pochi giorni prima quello strano insetto era un cacciatore di cervi, Cerambo, amico delle ninfe dei boschi. Quando il mare stava per sommergere la terra, le fanciulle divine lo avevano trasformato. Cerambo, sollevato in aria da solide ali, era sfuggito al diluvio volando sulla cima del monte Parnaso; lì si era rifugiato fra i rami di una quercia.

Da allora, la sua testa adorna di corna robuste, in ricordo dei cervi che uccise; questo insetto teme ancora di restare som­merso, perciò sta aggrappato alle foglie degli alberi...

 

 

Dopo aver condotto in salvo Deucalione e sua moglie, Giove torna veloce sull’Olimpo e convoca Nettuno.

- Fratello, - gli dice - ferma la furia dei mare, arresta i fiumi: è tempo che il diluvio cessi e che la vita ritorni sulla terra!-

Subito il dio del mare depone a terra il tridente e chiama a gran voce suo figlio.

Tritone emerge dalle acque in tempesta: fra le onde affiorano le spalle coperte di alghe e la coda di pesce. Porta al collo una conchiglia cava e ritorta, legata a un filo di perle: è la buccina, il cui suono ha il potere di scatenare o di placare le bufere.

- Figlio, - esclama Nettuno - ordina ai fiumi di tornare nei loro letti e alle onde di placarsi! -

Il dio scuote la barba verde, coperta di gocce salate, porta alla bocca la conchiglia e soffia con tutto il suo fiato ... Un suono intenso si propaga sulla grande distesa grigia: i fiumi, i ruscelli, le fonti odono quel richiamo e subito, obbedienti, tornano nelle loro dimore.

Di nuovo si vedono spuntare le cime dei monti, poi le torri, i colli, gli alberi e i tetti delle case; infine riemerge la terra, gonfia d’acqua e coperta di fango: il diluvio è cessato!

Deucalione e Pirra, dall’alto del Parnaso, osservavano quel mondo desolato; i loro occhi erano colmi di lacrime.

- Moglie mia, - disse Deucalione rompendo per primo il silenzio - noi siamo gli unici esseri viventi rimasti sulla Terra: tutto il resto l’ha portato via il mare –

- Ringrazio gli dèi per averti salvato, caro sposo - rispose Pirra - Cosa avrei fatto senza di te, in questo mondo deserto? È terribile vivere soli!-

- Oh, se potessi anch’io creare gli uomini dalla terra e dare loro la vita, come fece mio padre ... - sospirò Deucalione - Sorgerebbero nuove città, le campagne avrebbero ricche messi e gli altari incenso odoroso ... Ma come possiamo, noi due, ridare vita alla Terra?-

- Preghiamo gli dèi!- esclamò Pirra - Loro ci hanno salvato dalle acque e loro ci daranno aiuto anche in questa difficile prova ... -

In mezzo a un prato coperto di fango, sorgeva un tempio, prima bianco e lucente, ora grigio e disadorno. Era dedicato a Temi, la dea che predice il futuro. Lì vicino scorreva un fiume, da poco rientrato nei suoi argini ma ancora gonfio di pioggia. I due sposi si avvicinarono, attinsero acqua e si bagnarono il capo per purificarsi; poi entrarono nel tempio.

Sull’altare nasceva il muschio e la fiamma era spenta. Pirra, con le dita delicate, strappò le erbe dal marmo prezioso; Deucalione, raccogliendo l’acqua nel cavo della mano, lavò gradini del tempio e li asciugò con la veste consunta. Poi i due sposi si inginocchiarono e, baciando la terra, pregarono così:

- Grande Temi, ormai l’ira degli dèi si è placata e il diluvio è cessato. Non lasciare che il mondo rimanga un deserto, insegnaci come porre rimedio a una tale rovina!

La dea si commosse e dette questo responso:

- La vostra preghiera è stata accolta: voi popolerete di nuovo la Terra! Ora lasciate il mio tempio, velatevi il capo, sciogliete le vesti e mentre vi allontanate, gettate dietro le spalle le ossa dell’Antica Madre... -

Deucalione e Pirra rimasero a lungo muti per lo stupore.

- Che cosa dobbiamo fare, moglie mia? - chiese infine Deucalione, desolato - Che cosa significano queste parole? -

-  Non so, ma io non spargerò al vento le ossa della mia cara madre: sarebbe un sacrilegio… - rispose Pirra - Perdonami o dea, ma non posso obbedirti! -

Poi si inginocchiò, raccolse una zolla fangosa dalla quale spuntavano fili d’erba e disse, piangendo: - Non ci saranno più uomini al mondo: solo la terra continuerà a generare frutti, a dare la vita ... -

A quelle parole, il volto di Deucalione s’illumina e i suoi occhi brillano di viva luce.

Tende le braccia a Pirra e la stringe a sé.

- La terra ... dare la vita ... Oh, mia saggia sposa! - esclama. - Tu hai saputo comprendere il volere della dea! È la Terra L’Antica Madre: da lei sono nati i primi esseri viventi, da lei nasceranno i nuovi! -

- E le pietre, che stanno dentro la terra, sono le sue ossa: queste dobbiamo gettarci dietro le spalle! - fa eco Pirra - Forse stiamo sbagliando, forse i nostri sono folli pensieri... ma perché non tentare?-

Così i due sposi si allontanano dal tempio, l’uno accanto all’altra, e, mentre camminano, lanciano all’indietro dei sassi, come ha ordinato la dea Temi.

Ed ecco, le pietre perdono la loro durezza, si ammorbidiscono, si allungano e cominciano a prendere forma... Una forma non ancora distinta, simile a quella di una statua appena iniziata, ma umana! I sassi scagliati da Pirra diventano donne, quelli lanciati da Deucalione, uomini; e quelle creature nuove sono tutte belle, giovani e serene.

Di nuovo il Sole brilla nel cielo e scalda la Madre Terra col suo abbraccio luminoso: fiori, piante e messi dorate spuntano nei campi e sulle colline; poi fanno la loro comparsa gli animali, gli uccelli, le eleganti farfalle. La terra diventa uno splendido giardino ...

Dall’alto dell’Olimpo, Giove osserva quel mondo nuovo e sorride ai suoi figli.

 

 

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Lara Carbonaro e la tecnica del wire

7 Ottobre 2018 , Scritto da Daniela Lombardi Con tag #daniela lombardi, #lara carbonaro, #moda

 

 

 

 

Chi è Lara Carbonaro e i suoi Capricci Pendenti?

 

Mi chiamo Lara, sono nata a Cremona 46 anni fa.

Sono una Dirigente di Comunità e lavoro nelle scuole come educatrice per utenti diversamente abili.

Poter disegnare e creare è una vera espressione artistica per me, un hobby bellissimo, ed è  attraverso le mie creazioni, interamente fatte a mano, che col tempo mi sono fatta conoscere.

Wire significa filo, una tecnica americana che utilizza questo materiale per ottenere bijoux di forme diverse abbinate a pendenti in pietre dure, pietre naturali, cristalli, swarovski, legni, resine…

 

Parlami del tuo percorso artistico.

 

È partito tutto dalla passione per gli accessori, in particolare gli orecchini che ho sempre indossato.

Non avevo nessuna base e nessuna idea precisa, solo la mia fantasia e voglia di creare.

Così pian piano mi sono informata, documentata su cosa potesse servirmi ed ho iniziato.

Per me è un impegno di anni, di formazione, di grande stimolo per realizzare qualcosa di diverso e soprattutto personalizzabile.

 

A chi ti ispiri?

 

Lascio spazio alla fantasia, creatività, mi capita spesso che guardando le pietre dure o cristalli, immagino già la mia creazione finita, e quindi la realizzo.

Amo la moda, ma non mi piace molto seguirla, tendo se possibile a farla... e spero le mie creazioni restino nel tempo.

 

Come sei arrivata a creare bijoux?

 

Il mondo del bijoux è infinito, ce ne sono di tutti i generi, ma 6/7 anni fa, il wire era un po' una novità, ecco perché ho scelto questo genere, per differenziarmi dal resto.

Indossandoli mi sono resa conto che suscitavano curiosità nella gente e cominciarono le richieste.

 

Come li crei?

 

I miei strumenti principalmente sono le mani, poi  la fantasia, pinze, martelli per varie texture e, col tempo, volendo curare sempre più i dettagli, macchinari di precisione per tagli ed embossed.

 

 

Molte star li indossanoci puoi dire qualche nome?

 

Uno dei primi contatti è stata la bellissima e squisita persona Nadia Bengala, con la quale poi è nata una vera e sincera amicizia che oramai dura da anni... lei è una vera capricciosa!!

Facebook ed i social in generale, se utilizzati bene, sono veramente una grande vetrina e opportunità.

Justine Mattera l'ho contattata personalmente, come anche Jessica Polsky, Laura Torrisi, Laura Freddi.

Poi è arrivata la collaborazione con  Mediaset: Patrizia Rossetti, Manuela Folliero, Marina Graziani, Francesca Leto, Nadia Rinaldi, Monica Setta, Alessia Mancini e l'anno scorso, nel "Grande Fratello Vip", Carmen di Pietro e alcune influencer attuali.

Un paio d'anni fa ho conosciuto Alba Parietti, donna con carattere e personalità spiccata che con me è stata veramente disponibile e che ringrazio sempre.

Recentemente ho avuto l'occasione di fornire i miei accessori per il film "Tutto Liscio" con Mariagrazia Cucinotta. Bellissima esperienza.

Prossimamente Stefania Orlando, e Ilary Blasi nel Grande Fratello Vip 2018.

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Prima sagra del prosciutto cotto al vino di Cori

6 Ottobre 2018 , Scritto da Marco Castaldi Con tag #marco castaldi, #eventi, #ricette

 

 

 

 

Il 13 Ottobre debutta la manifestazione dedicata alla promozione e alla valorizzazione dell’eccellenza gastronomica tipica del territorio. In programma degustazioni, folklore della bandiera, musica jazz e popolare.

Sabato 13 Ottobre, a piazza del Tempio d’Ercole, si volgerà la prima edizione della Sagra del Prosciutto cotto al vino bianco di Cori, manifestazione ad ingresso libero organizzata dal Comune di Cori – Assessorato all’Agricoltura e Sportello Unico per le Attività Agricole – e dalla Pro Loco Cori, con il contributo dell’ARSIAL – Regione Lazio, in collaborazione con l’Associazione Volontariato e Protezione Civile di Cori e gli studenti dell’indirizzo alberghiero dell’IIS San Benedetto di Latina.

Il protagonista dell’iniziativa – sostenibile, perché aderente alla campagna Plastic Free - è una eccellenza esclusiva della tradizione contadina corese, dal gusto unico, frutto di un peculiare processo di trasformazione, le cui testimonianze risalgono agli inizi del Novecento; in origine conosciuto come Prosciutto della Madonna, perché particolarmente venduto nella seconda domenica di Maggio in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna del Soccorso.

Gli stand apriranno alle ore 16:30. Presso quelli con Denominazione Comunale (De.Co.) sarà possibile effettuare una degustazione gratuita del Prosciutto cotto al vino bianco di Cori, insieme ai vini autoctoni di qualità e ai prodotti dolciari locali messi a disposizione dalle cantine e dai biscottifici del territorio. Acquistando il tagliando sagra da 2 euro si avrà diritto a 2 assaggi di prosciutto e 3 di vino. Saranno presenti anche i produttori tradizionali abilitati solo alla vendita.

Faranno da cornice l’esibizione dell’arte del maneggiar l’insegna proposta dagli Sbandieratori di Cori (ore 17:00) e i concerti del musicista Marco Serangeli (ore 17:30), dell’ensemble “Jazz Funk Quartet” (ore 19:00) e del gruppo di musica popolare “I Brigallè” (ore 21:15). Alle ore 18:00 la Gara Gastronomica tra i ristoratori dedicata alla riscoperta, promozione e valorizzazione dei piatti tipici a base di Prosciutto cotto al vino bianco di Cori. Interverranno rappresentanti di Regione Lazio, ARSIAL e Amministrazione Comunale.

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La mia estate in Sardegna

5 Ottobre 2018 , Scritto da Daniela Lombardi Con tag #cinzia diddi, #daniela lombardi, #moda

 

 

 

 

 

L’estate è la stagione della libertà, dei sorrisi e del profumo di salsedine ma anche degli incontri e delle nuove idee.

Idee che nascono dalla spensieratezza e dal relax tipico dei giorni di vacanza.

 

Quindi c’è stato un incontro che ha dato vita a nuove idee, secondo quanto dice?

 

Sì, quest’anno,  per vacanza e per lavoro, ho passato l'estate in Sardegnain questa splendida isola dal suggestivo paesaggio. Molte le cose che ho fatto ed ho seguito.

Qui sono solita incontrare amici, molti di loro passano le vacanze in Sardegna tra questi  ho rivisto con immenso piacere un carissimo amico, Stefano Masciarelli, di una simpatia esplosiva.

Lasciato a fine aprile sul palco di una esilarante commedia,  Una moglie da rubare, al quale avevo curato gli abiti di scena. Reduce pertanto da un fragoroso successo di questa splendida tournée teatrale finita ad aprile con la bellissima e bravissima Patrizia Pellegrini.

Commedia esilarante, ironica, dove i protagonisti si incontrano in una girandola di colpi di scena inaspettati.

 

Cosa è  nato dal vostro incontro in Sardegna?

 

Beh! Stefano Masciarelli è una di quelle persone con cui si passano ore in deliziosa compagnia, la sua comicità è contagiosa.

Ed è proprio in Sardegna, durante in nostro pomeriggio di saluti, che ho conosciuto sua moglie Emiliana Morgante, che è letteralmente un mix di allegria e raffinatezza.

Da quell'incontro deriva l'unione della mia arte e della sua, allo scopo di completare la figura femminile.

L'arte di disegnare e creare abiti, che per me è diventata passione, lavoro e divertimento, si completa con quella di Emiliana, e le sue creazioni, che realizza con il cugino Emilio Morgante.

I Bijoux di Emiliana sono veri e propri gioiellistudiati in esclusiva per la nostra casa di moda e in tiratura limitata.

By Me  è il marchio della sua linea di "preziosi".

 

In che modo trovano spazio nella sua griffe?

 

Li ritengo Bijoux  di Designer  gioielli e accessori davvero unici, frutto di una costante ricerca e di un approccio giovane e mai scontato: materiali insoliti, componenti ecologiche ed ecosostenibili, bijoux creativi e ricercati, nati dall'assunto per cui creatività, progettazione e fantasia hanno un ruolo sempre più importante rispetto al valore economico dei materiali utilizzati

Un po' quello che serve oggi, un modo per far sentire la donna preziosa senza necessariamente dover spendere cifre folli.

 

 

Dove possiamo trovare la vostra arte?

 

Se vi "sintonizzate" su tentazionibycinziadiddi.it potete trovare un area dedicata alla connect tra il marchio di gioielli By Me e la nostra casa di moda.

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Arte al bar: LUIGI MONTANARINI Composizione "Sterlizie"

4 Ottobre 2018 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #pittura, #arte, #arte al bar

"Sterlizia" di Luigi Montanarini e l'omaggio di Walter Fest "Sterlizia" di Luigi Montanarini e l'omaggio di Walter Fest

"Sterlizia" di Luigi Montanarini e l'omaggio di Walter Fest

 

 

 

Oggi al bar è calma piatta, amici della signoradeifiltri, sono cose che ogni tanto capitano anche da noi, quelle giornate silenziose, tranquille, insonorizzate.

Gianni, da dietro il bancone, le capisce al volo e, per tenerci svegli, accende il juke box della casa. La musica la sceglie lui, ci possiamo fidare, non sbaglia mai e questa mattina abbiamo in esclusiva per noi tutto Ray Charles.
 

- Gianni, non male questa roba!
 

- Conosco i miei polli.
 

- Bravo, casca proprio a fagiolo, oggi volevo parlarvi dell'opera di un artista italiano, Luigi Montanarini, e mi serviva un interlocutore o una interlocutrice frizzante.
 

- La vuoi pure briosa? (Michele il tappezziere.)
 

- (Giovanna la milanese)... Oh! Artista da strapazzo, scrittore mezza cartuccia che non sei altro, io ti ho dato la dritta ma per il resto non pensare a me che di arte non ci capisco un casso, se vuoi parlare con qualcuno, prova con la sartina, eccola là.

 
- La sartina?

 

- Ma sì, la Francesca, la ragazzina, la giovane stilista, ma sei proprio di coccio, questa estate mi ha disegnato ed elaborato quel paio di shorts che tutti voi sporcaccioni mi guardavate le chiappe!
 

- Ehhhh!!! (Tutti in coro.)


- Beh, me li aveva fatti a mano la Francesca, è in gamba la ragazzina, mica come voi lazzaroni!!...
 

- Francesca, se ti offriamo la colazione, rimani a parlare di arte con noi?
 

- Certamente, chi paga?
 

- Dai, tranquilla, offre la ditta, ma dopo me lo cuci un bottoncino, ino, ino, tu che con ago e filo in mano hai le mani d'oro?
 

- Sì, Gianni, con piacere.
 

Luigi Montanarini (1906-1998), artista fiorentino ma romano per volere del fato, sin da giovane l'arte del disegno è nel suo cuore, nel suo animo, nel suo sguardo rapace e curioso di scrutare la realtà e di rappresentarla attraverso le linee e le pennellate.

E sin da giovane vuole anche trasformare il mondo in colorata poesia. Gli Uffizi sono casa sua, ne detiene le chiavi d'accesso, conosce il linguaggio e la parola d'ordine per entrare, passione e amore per l'arte. Poco più che ventenne visita Parigi in quel periodo storico baricentro dell'arte europea; al ritorno s'iscrive all'accademia di belle arti, che per lui è come andare al fronte, una battaglia artistica dietro l'altra con la realtà da disegnare. 

Lui, con gli strumenti in mano, vuole raffigurare le cose della vita come sue modelle schiave del suo talento. E' talmente appassionato che studia e disegna l'anatomia, intanto la matita scorre amorevolmente come la poesia di Omero, e lascia indelebili segni nella sua anima, che è un tutt'uno con le sue mani. Se avesse potuto scegliere, avrebbe scelto di essere partorito già con la matita in mano.

Ormai maturo si trasferisce a Roma, altra città dove da sempre si respira arte e che in quel momento sta per diventare la fucina, l'officina, la fabbrica degli artisti italiani, e Luigi Montanarini ne sarà fra i protagonisti.

Dopo la guerra, l'arte ha il potere di reagire al dramma, nessuno restituirà l'umanità persa ma l'arte può lenire il dolore e colorare il passato, a Roma nasceranno movimenti nuovi che faranno la storia dell'arte e, dalle ceneri, gli artisti sfonderanno nuovi orizzonti.

Dopo gli eventi bellici per oltre 50 anni Montanarini ha lavorato incessantemente per l'arte, era il suo modus vivendi, il suo contribuire alla ricostruzione della cultura, è stato un insegnante, un leader carismatico e, per l'esperienza maturata, un'autorità artistica importante e rappresentativa.
 

- Sai, Francesca, che questo artista lo possiamo paragonare a tua nonna che ti ha insegnato l'arte del cucito? Gli anziani hanno il compito e la responsabilità di insegnare ai più giovani le arti, soprattutto in questo periodo storico ultra moderno nel quale si rischia di perdere di vista ciò che è artigianale.

Luigi Montanarini era un artista nato agli inizi del '900 e, nel corso della sua esistenza, aveva accumulato un grande bagaglio di esperienza che mise sempre al servizio dei più giovani, proprio come te. Se lui ora fosse qui, ti direbbe di inseguire con entusiasmo le tue ispirazioni, di lavorare sodo per guadagnartele e di non arrenderti mai perché prima o poi avrai anche tu la tua opportunità, solo lavorando, sacrificandoti se necessario, raggiungerai l'obiettivo delle tue realizzazioni.
 

- Magari, ci spero proprio, fare la stilista è quello che amo di più.
 

- Sei fortunata, perché predisposta per natura e, grazie a tua nonna, hai ricevuto per discendenza il suo talento. A proposito di natura, vogliamo parlare dell'opera del nostro artista?
 

- Sì, non vedo l'ora.
 

- E' un'opera del 1948, un olio su tela nel formato 80x60, un astratto informale il cui titolo è "Sterlizie", una pianta molto colorata originaria dell'Africa meridionale.

Nella composizione l'artista ha creato una forma geometrica armonica, i toni di colore ricordano il cielo, il mare, la vegetazione, il calore della terra di provenienza. Le pennellate sono veloci, istintive, non c'è casualità perché nell'azione pittorica prevale la passione dell'artista, che rende dinamica l'immagine scomponendla in astrazione moderna. 

L'artista, nel corso del suo lavoro, ha sperimentato la sintesi delle forme e, in questo caso, attraverso la sua pittura quasi grezza, primitiva, ha voluto anche rappresentare il lato naturalistico e selvaggio del continente africano. Nell'opera dai colori equilibrati staccano in alto i due fiori dai petali rosso acceso che, vibrando, illuminano la scena, emozionando l'osservatore.
 

- Questa composizione sarebbe un bel texture per un abito lungo estivo.
 

- Brava, Francesca, vedi come l'arte può essere messa in relazione con la moda?
 

- Vorrei sognare.
 

- Certo che puoi, sognare ad occhi aperti significa pensare, immaginare, studiare nuove forme, tutto ti porterà, sperimentando, alla ricerca dell'originalità che poi è lo stimolo, la molla della creatività. Devi sognare, ragazzina, e a te fortunatamente non costa fatica.
 

- Ohhhh... mi si è fatto tardi... devo lasciarvi... Gianni, il bottone te lo cucio più tardi...
 

-Tranquilla, tengo la camicia più aperta così metto in mostra il mio fascino!
 

Dal fondo della sala qualcuno fa... pprrrrrrr!!
 

Non fateci caso, amici lettori del blog che è serio ma a volte ci piace giocare, il nostro bar è un covo artistico anche di burloni, lasciamo che Francesca, la giovane stilista, vada al lavoro, le auguriamo che realizzi presto i suoi sogni, noi rimaniamo ancora un po' in compagnia dei colori di Luigi Montanarini, prenderemo un bel caffè e vi aspetteremo per il prossimo appuntamento. Siete mai stati a Miami? Sarà ancora un gran piacere parlare di arte insieme a voi. 

 

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Il lupo

1 Ottobre 2018 , Scritto da Laura Nuti Con tag #laura nuti, #miti e leggende, #sezione primavera

 

 

 

 

Da Le Metamorfosi di Ovidio, Storie del diluvio 

 

L’Olimpo è il monte più alto di tutta la Grecia e la sua ci­ma è sempre ammantata di nubi; lassù vivono gli dèi, eterna­mente belli e felici: la pioggia non bagna le loro case di marmo e il vento gelido non soffia alle loro porte, la malattia e la mor­te non spezzano lo scorrere dei loro giorni.

Ci fu un tempo, però, un tempo molto lontano, in cui quella serenità fu tur­bata ...

Giove, il re degli dèi, sedeva sul trono d’avorio posto al centro della sua reggia. Il volto maestoso era sconvolto dall’ira e dal dolore.

 

- Non riesco a credere a ciò che è accaduto... - pensava fra sé - Ricordo quando nei mondo regnava l’età dell’oro: la terra produceva da sola i suoi frutti, il miele stillava dagli al­beri e ovunque scorrevano fiumi di tiepido latte, la primavera regnava eterna! Le città non avevano mura per la difesa perché non c’erano nemici, non esistevano soldati, né elmi, né spade. Come tutto è diverso da allora! Sono il re dell’ Olimpo: devo agire e provvedere... Ma come?-

All’improvviso Giove si scosse dai suoi pensieri.

 

- Ho deciso! - esclamò - Convocherò un’assemblea di tutti gli dèi: racconterò loro la verità e insieme stabiliremo che cosa fare -

 

Nell’alto del cielo, quando è sereno, si vede una strada fat­ta di stelle: si chiama via Lattea, perché è candida e luminosa. Le dimore di molti numi sorgono sui due lati della strada e, quando Giove li convoca, essi percorrono frettolosi il sentiero che li porta alla reggia.

Anche quella volta gli dèi risposero senza indugiare all’ap­pello del loro sovrano. Quando furono riuniti, Giove fece il suo ingresso nella sala adorna di marmi e sedette sui trono, dal quale dominava l’intera assemblea: stringeva in mano lo scettro e i suoi occhi mandavano strani bagliori.

 

- Che cosa è mai accaduto? - pensavano gli immortali.

 

Quando Giove iniziò a parlare, nella grande sala scese un silenzio carico d’attesa.

 

- Ciò che sto per dirvi è terribile. Io stesso tremo nel pro­nunciare queste parole, ma non c’è scampo: è necessario che gli uomini siano annientati e che il loro mondo venga distrutto!-

 

Un fremito di orrore si levò dai troni di marmo: nessuno degli dèi parlava, ma i loro occhi erano pieni di domande.

 

- Ho tentato ogni altra via, credete, ma invano... - ri­prese a dire Giove dopo un attimo di silenzio - Gli uomini sono divenuti belve feroci: giorno e notte scavano la terra in cerca d’oro per i loro forzieri e di ferro per le armi, ovunque ci sono soprusi, inganni, violenze. Marito e moglie si odiano, i figli disprezzano i genitori, i fratelli ingannano i fratelli ... Il sangue scorre a fiumi sulla Terra! Ascoltate la mia storia, poi giudicherete se quanto affermo corrisponde a verità. L’Arcadia è stata a lungo una terra felice, governata da uomini saggi; poi è salito al trono Licaone, un tiranno crudele; egli ha osato sfidarmi e ha ordito trame contro di me, Giove, che sono il signore del tuono e del fulmine!!! -

 

Sul volto del dio la tristezza era scomparsa e il ricordo dell’affronto subito faceva balenare lampi sinistri nei suoi occhi; furente, scosse la testa ricciuta e il cielo, la terra e il mare tre­marono sotto la collera divina.

 

- Come è potuto accadere?!? - esclamarono all’unisono i numi, frementi di sdegno –Dopo che abbiamo sconfitto i Giganti, nessuno ha mai osato ... -

 

- Licaone ha già pagato per i suoi delitti, non temete! Tuonò Giove - Ora vi dirò in che modo mi sono vendicato -

 

La voce severa e i gesti autorevoli fecero cessare il clamo­re. Quando il silenzio calò di nuovo nella grande sala, il re de­gli dèi riprese a narrare:

 

- Da tempo giungevano alle mie orecchie tristi notizie sul­la malvagità degli uomini; così, un giorno, decisi di andare a vedere di persona, sperando che ciò non fosse vero. Scesi dall’Olimpo e, travestito da viandante, esplorai la Terra in tutte le direzioni. Voi non potete sapere quello che vidi: la realtà era peggiore di ogni immaginazione! Non ci sono parole per de­scriverla …

Dopo molti giorni di cammino, avevo ormai percorso monti coperti di foreste, valli abitate da animali selvatici, cit­tà protese verso il mare: ovunque regnavano violenza e morte. Ero stanco e affranto. Scendeva la sera, quando giunsi nella terra di Licaone.

La sua dimora, dalle mura scure e massicce, sorgeva su un’altura e dominava le casupole raccolte intorno a una piazza, strette l’una all’altra come per difendersi da un'oscura mi­naccia. In cielo già brillava la luna, bianca e fredda. Tutto era sinistro, cupo, come avvolto in una cappa di piombo. Quan­do giunsi nella piazza, uomini, donne e bambini si avvicinaro­no a me, timorosi...

 

- Perché sei venuto in questo luogo maledetto? Fuggi, finché sei in tempo! Fuggi!-mormoravano, pieni di sgomen­to.

 

Allora mi feci riconoscere! Tutti si inginocchiarono e co­minciarono a pregare e a piangere. Cercavo di confortarli, ma invano: avevano perduto il coraggio, la speranza; non erano più persone, ma animali braccati, in preda a una sconfinata paura.

 

- Vengo a darvi aiuto e giustizia... - ripetevo - Non temete: sono Giove, il re degli dèi e degli uomini!-

 

- Ma questi non sono uomini! - esclamò all’improvviso una voce beffarda e sinistra - Sono bestie stupide e codar­de! -

 

Preceduto da una schiera di armati, Licaone fa irruzione nella piazza: i suoi capelli sono grigi, grigio il mantello, grigio il volto, nel quale, come una ferita, si apre la bocca crudele.

 

- Pregate pure questo dio... se è veramente un dio! - dice guardando con feroce disprezzo i sudditi inginocchiati e tre­manti - Domani lui tornerà nel suo regno, e voi resterete qui, nel mio... -

 

La luna lo bagna con la sua luce fredda e Licaone si stringe nel mantello. Odia la luna: quell'astro lucente lo riempie di terrore e di furore.

Fisso il suo volto rabbioso, ma lui sostiene il mio sguardo; all’improvviso in quegli occhi brilla una luce sinistra. Io leggo, inorridito, i suoi pensieri ...

 

- Stanotte saprò se costui è veramente un dio! - dice fra sé lo sciagurato - Mentre dorme, gli taglierò la gola! Prima, però, ho in mente un’altra prova, una prova veramente degna di Giove, il protettore degli ospiti! -

 

Licaone mi invita alla sua mensa, poi se ne va, circondato dai soldati. La piazza ora è deserta, tutto è tornato silenzioso

Non sono l’unico straniero in quell’infelice paese. C’è un altro ospite alla reggia: il figlio del re dei Molossi. Il padre l’ha mandato a invocare pietà per la sua terra, che Licaone sta mettendo a ferro e fuoco. Il giovane principe teme Licaone, ne conosce bene la ferocia …  Ma sa che Giove protegge gli ospi­ti: la sua ira si abbatte senza pietà su chi non li rispetta.

 

- Il re dell’Arcadia non oserà sfidare il re degli dèi! - pensa il giovane; e si abbandona fiducioso al sonno.

 

Nella sala del castello, le fiaccole illuminano la grande ta­vola e le stoviglie d’oro mandano bagliori. Non c’è cibo sul de­sco; al centro, solo una brocca di cristallo: il vino che contie­ne ha il colore del sangue ...

Licaone, avvolto nel suo manto grigio, siede sul trono a un lato della mensa; io gli sono di fronte, su una panca di quercia. Mi guarda dritto negli occhi, senza dire una parola: fra poco saprà se sono veramente un dio!

All’improvviso, uno squillo di tromba rompe il silenzio. Il re sorride: la bocca crudele si apre in un ghigno e scopre denti affilati, bianchissimi.

 

- Ora porteranno la cena... - dice sibilando - È una pietanza raffinata quella che ti offro, o Giove, creata per te, che proteggi l’ospite -

 

Due servi entrano nella sala: sorreggono un enorme vas­soio colmo di carne fumante; le loro mani tremano, gli occhi non osano guardare quella vivanda ...

Balzo in piedi gridando: la mensa si capovolge, il vassoio si rovescia e il cibo si sparge per terra ... Un cibo orrendo: ciò che resta del principe dei Mo­lossi!

Le fiaccole si spengono, ma subito un nuovo fuoco, divi­no, invade la reggia maledetta: le colonne si spezzano, le mura crollano, la cenere avvolge le scure macerie. Licaone compren­de e trema: solo un dio poteva indovinare il suo misfatto … L’ospite misterioso era veramente Giove!

Il re fugge nella campagna, e mentre corre, ulula di furore; sì, ulula, perché la sua gola non sa più proferire parole, il man­tello grigio è divenuto pelo irto e fitto, le braccia sono lunghe zampe. Ora Licaone è un lupo che strazia i deboli agnelli. Del re che era un tempo, ha conservato la bocca feroce, l’ani­ma rabbiosa e il terrore per la bianca luna ... »

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