Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

Aldo

31 Ottobre 2023 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti

 

Immagine generata con Pic Finder AI

 

 

 

Lentamente, molto lentamente, stringendosi nel cappotto e tenendo in mano qualcosa, si avvicina a me col capo abbassato e lo sguardo rabbuiato.

Da quando per forza di causa maggiore le nostre strade hanno preso due direzioni diverse, ci incontriamo una volta all'anno per la solita ricorrenza. Confesso di amarlo ancora pazzamente, pur consapevole che si è sposato con un'altra donna dalla quale ha avuto due figli sani e belli.

Sono gelosa? Ebbene sì, però non dovrei perché... no, nemmeno stavolta ce la faccio. Quanto vorrei... sprofondare sotto terra. Ops, che battuta infelice! 

In questo preciso istante, tra lacrime e singhiozzi, Aldo adagia un mazzo di rose rosse sulla mia tomba.

 

Mostra altro

Aldo Dalla Vecchia, "L'occhio magico"

28 Ottobre 2023 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni, #televisione, #saggi

 

 

 

 

L’occhio magico

Aldo Dalla Vecchia

Graphe.it, 2023

 

Un amore lungo una vita quello fra Aldo Dalla Vecchia – scrittore e autore televisivo – e la tivù, magica scatola nata prima che lui ed io venissimo al mondo, e che adesso non è più solo schermo posato su un mobiletto – magari un vecchio carrello con la lucina sopra “perché altrimenti fa male agli occhi” – ma è declinato in molte versioni: dal tablet, al telefonino, al monitor del pc.

Alla vigilia del settantesimo compleanno di mamma Rai, in questo saggio, sottotitolato “Breve storia della televisione italiana”, l’autore ripercorre i decenni che vanno dagli anni cinquanta ai giorni nostri: la nascita delle trasmissioni, i primi programmi con un’audience oggi impensabile, la funzione di alfabetizzazione oltre all’intrattenimento, il passaggio alla tv colorata e la nascita delle reti alternative alla Rai, la fine del duopolio, il proliferare delle piattaforme e dello streaming. Persino gli anni della pandemia, con gli studi televisivi in lockdown e Sanremo senza pubblico in platea. Fino a oggi la televisione ha sempre trovato, e forse troverà ancora, un modo per sopravvivere.  

Storia di programmi, questa di Dalla Vecchia – ché molti solo a sentirli nominare sbloccano ricordi – ma anche di eventi storici dall’enorme risonanza mediatica, e di vicende interne alla gestione e direzione del mondo televisivo stesso. La tv come specchio della società, capace di testimoniarne, ma anche di anticiparne e orientarne, i cambiamenti.

Si è passati dalle trasmissioni come Lascia o raddoppia, che creavano veri e propri gruppi di ascolto raccolti attorno al focolare tv, alle serate infinite allungate da interminabili pubblicità solo per seguire una puntata di Elisa di Rivombrosa, alla fruizione attuale di una, o persino mezza, puntata alla volta della serie tv preferita, magari seguita sullo schermo di un telefonino.

Si racconta l’essenziale, in questo piacevole testo, addirittura “in pillole”, senza analisi cervellotiche ma con un linguaggio chiaro e agile, capace di attrarre sia boomer, che quei programmi hanno seguiti e amati, sia millennials, abituati alla fruizione veloce e sintetica di ogni contenuto.

Un’operazione culturale, nostalgica – come sempre in Dalla Vecchia – ed educativa verso le giovani generazioni, che conoscono solo gli anni Duemila e non sanno da dove siano sbocciati certi generi e certe pietre miliari in grado di condizionare la produzione successiva, oltre al costume dell’epoca.

Forse, sarà grazie anche a questo saggio, se certi programmi come Techetechetè, non saranno considerati solo come tristi e barbosi necrologi.  

Mostra altro

Wanda Lombardi, "Opera Omnia"

27 Ottobre 2023 , Scritto da Maria Rizzi Con tag #maria rizzi, #recensioni, #poesia

 

 

 

OperaOmnia

di Wanda Lombardi,

Guido Miano Editore, Milano 2023

 

L’eccellente autrice di Morcone, in provincia di Benevento, ha al suo attivo numerose raccolte di poesie, e la sottoscritta ha avuto l’onore di recensirla e conoscerla nell’opera Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Wanda Lombardi (2022) sempre a cura di Guido Miano Editore. La presente Opera Omnia, arrivata alla seconda edizione (la prima è uscita nel 2018), è una scelta antologica molto vasta delle poesie di Wanda Lombardi, nella quale sono concentrati i suoi migliori motivi ispiratori.

La prima sezione che incontriamo si compone di testi tratti dalla raccolta Miti e Realtà del 2022; nella lirica Vento inclemente, la poetessa si definisce «viandante stanca» e si dedica innanzitutto alla narrazione degli affetti, ovvero alla mitologia della sua famiglia. Cerca il calore della madre nella pelle, il suo odore nei vestiti, consapevole che ella custodisce per sempre, al di là del percorso terreno, le chiavi della sua anima, e continua a coniare la moneta del suo carattere. La Lombardi cede al disincanto, lo stato d’animo che non ama le strade affollate, preferisce salire su strette scalinate di pietra, affacciarsi da un belvedere e guardare con malinconia il mondo piccolo e lontano. Si percepisce nello stile l’eco dei grandi della nostra letteratura, in particolare di Giacomo Leopardi, nel contenuto un’innocenza che commuove, uno stupore verso il dato di fatto che l’oceano del tempo restituisce i fantasmi del passato, che si sperava fossero naufragati.

Il tema del naufragio sembra confacente alla poetica della Nostra, che recita: «…Ideali smarriti in roveti spinosi / senza altro lasciare / della loro fuggevole esistenza / che lacrime» (Sogni nel vento). Eppure nello scorrere i meravigliosi versi scanditi dal timbro, spesso dal metro classico e da rara musicalità, si ha la sensazione che l’Autrice si alleni a imparare la strana bellezza del verbo, subire e a tenerselo come stella polare. Nel leggerla immagino che ella possieda un nascondiglio interiore nel quale rifugiarsi, una sorta di santuario emotivo accessibile solo a coloro che hanno affinità elettive.

Per esprimere il suo ‘sogno di dialogo e di pace’ la Lombardi ricorre alla Natura, madre benigna e fonte di catarsi lirica. Il canto si leva anche ai miti dell’antichità: Dafne, Nike Aptera, Afrodite, Cassandra, dimostrando che nulla vi è di favolistico nella mitologia, che nella sua originale forma non era semplicemente il racconto di storie, bensì realtà vissuta. Cito alcuni versi della lirica Ad Afrodite, che testimoniano quanto la mitologia sia parte pulsante di ogni forma di vita, e forse soprattutto della creatività. «…Oggi non più culto per te, / ma sempre d’amor riferimento sei, / invisibile forza che pur in nuova era / edifica o devasta…». La Lombardi nel suo lirismo si affida alla forza dei versi, con la certezza che i poeti scrivono di soppiatto, quasi all’insaputa di se stessi, realizzano un contrabbando sui confini, un furto sacro: «…Fedele compagna, / altri ideali hai sostituito, / hai nutrito la mia anima / e dato un senso alla mia vita / dal fato avverso straziata...» (Alla poesia).

L’Opera Omnia della Nostra viaggia a ritroso negli anni e ci consente di cogliere l’inchiostro, il sangue e l’amore nei vari stadi della sua vita. Nella seconda sezione, contenente liriche della raccolta Volo nell’arte del 2021, l’Autrice cita le sue Muse, le varie Arti, partendo dalla musica, e mi hanno colpito in modo particolare questi versi, tratti da Un album di fotografie: «…Un secolo di affetti perduti, / l’arte della foto, una gemma», che sottolineano come il denominatore comune di tutte le foto sia il tempo, che scivola tra le dita, fra gli occhi, il tempo delle cose, della gente, il tempo delle emozioni, un tempo che non sarà mai più lo stesso.  

La terza sezione, Nel vento dell’esistere del 2020, è una scelta di haiku, nella forma poetica rigorosamente giapponese di sole diciassette sillabe sullo schema metrico 5-7-5 dedicate ai temi della Natura («Speranza muta: / dei petali in caduta / risveglio eterno»), della Giovinezza («Luce nel viso... / È l’età del sorriso, / l’età più bella»), degli Affetti («Materno amore / a ogni altro superiore. / Forza del cuore»), della Società («Schiavo innocente / di perversioni e guerre. / Bimbo dolente»). Questi ultimi dimostrano l’impegno civile della Nostra, lo sguardo volto sulle guerre, le solitudini, la povertà…

Nella raccolta Il senso della vita del 2019, la Lombardi tratta i mali che affliggono il mondo e non solo… si sofferma sui problemi che minano i rapporti umani, come l’invidia, l’indifferenza e il rancore; «Muri d’odio / nell’odierno vivere, / monili arrugginiti / i vincoli di amicizia…» (Turbini di indifferenza). La definizione dei rancori come ‘monili arrugginiti’ credo possieda una forza incandescente, si potrebbe paragonare a un’epifania esistenziale. L’odio non ha peso, né valore, è riposto nel cassetto degli oggetti che non si usano, non appartiene più all’universo dei sentimenti. La Natura è sempre il riparo per ogni sventura. L’Autrice affresca prati, fiori, soffioni - i vestiti delle fate ero solita definirli da bambina -, e abbraccia la bellezza, vede tutto come possibile seme di qualcosa. William Shakespeare ha scritto: «E questa nostra vita, via dalla folla, trova lingue negli alberi, libri nei ruscelli, prediche nelle pietre, e ovunque il bene…». La Lombardi sposa senz’altro il suo aforisma e insegna con liriche di raso che ogni filo d’erba sembra contenere una biblioteca dedicata alla meraviglia, al silenzio e alla verità.

Nel 2018 incontriamo un’altra eccellente raccolta di haiku dal titolo Attimi lievi, nella quale l’Autrice dimostra di trovarsi a suo agio nell’idea poetica che sta alla base di questi componimenti: la rappresentazione dell’attimo, l’uso di immagini vivaci, la lettura d’un fiato e il senso di improvvisa illuminazione. Troviamo affrescate le quattro stagioni, l’amore e “il sociale”. Da quest’ultimo ho colto un gioiello autentico: «Vano afferrare / per strada la fortuna, / gocce di luna». Gli haiku ricordano l’ermetismo italiano, infatti sono stati adottati da poeti come Giuseppe Ungaretti. In essi il punto forte è la brevità associata al non detto.

Sempre viaggiando all’indietro nel tempo mi fermo sulla soglia del 2016 e delle liriche scelte da Voci dell’anima e, parafrasando i versi più illustri del nostro Giacomo Leopardi recito che «per poco il cor non si spaura» (L’infinito). Si inanellano versi che palesano quanto l’esperienza si dimostri la somma dei disinganni per la nostra Autrice. Si cresce nel delirio di onnipotenza, si cade, perché la vita è un perenne volo senza rete, e si matura non il cinismo, ma un’illuminante disillusione. «…Nel grembo immersa / di un crudo affanno / alzo l’amaro calice / della mia nera solitudine» (Frammenti). Il problema principale della poetessa sembra la solitudine, lo stato d’animo che rappresenta il punto a capo di ogni paragrafo, la nota fissa di tutte le musiche. A poco a poco cancella il limite tra l’io e il mondo finché tutto diventa sé e gli altri solo ombre. Ella sembra riferirsi alla propria condizione, in quanto è vissuta tra il rigore, in un ambiente privo di slanci emozionali, ma anche alla solitudine esistenziale. D’altronde si tratta dell’esperienza centrale e inevitabile di ogni uomo. L’artista vero indossa la sensibilità, l’abito più prezioso di cui l’intelligenza possa vestirsi e ne percepisce ogni aspetto. Le morbide colline, le vette del Matese nel Sannio attendono la Wanda Lombardi per restituirle il senso del meraviglioso. E l’attende l’amore per il lirismo: «Attingerò alla tua fonte, Musa, / per trovare parole di seta / e ricamare i giorni grigi di sole…» (Musa).

Il percorso nel tempo mi porta alle poesie tratte dalla raccolta del 2011 Luce nella sera; il santuario emotivo che emerge comprendo sia stato il frutto di una serie di furti perpetrati dall’esistenza ai danni della nostra dolcissima Autrice. «Mi dicesti parole d’amore / sussurrate nel vento, / volate su lembi di cielo / silenziosi e discreti…» (Mi dicesti). La fine di un rapporto a due è reso lacerante dal logorio dei silenzi; Giovanni Pascoli asseriva «Il dolore è ancor più dolore se tace». La sofferenza induce le anime più delicate a rifugiarsi nei versi, nella Fede. Oggi la chiamano resilienza, in realtà noi esseri umani non siamo vittime passive degli eventi, ma possediamo la forza interiore per reagire.

Il ricorso al ‘soffio divino’ si riscontra soprattutto nelle liriche del 2011, anche se la spiritualità della Poetessa si evince in tanti componimenti. Ella dedica versi al Signore, a Papa Wojtyla, a Padre Pio di Pietrelcina, che ‘giunse a Morcone vestito di niente’ e «…Da questa terra rupestre, / culla della tua santità, / con sacrifici immensi / il difficile cammino iniziavi / per la strada del Cielo…» (A Padre Pio, Santo, 16-6-2002).

L’avventura nella monografia di questa raffinata Artista termina con le liriche scelte dalle raccolte Nel silenzio del 2002 e Sensazioni del 2001 e, nonostante il salto temporale di vent’anni, le tematiche restano simili, si riscontra sempre la sensazione di mancanza profonda. Ma i versi dedicati alle Muse restano sublimi e danno l’impressione che il vuoto dell’anima possa intendersi come un’occasione per sentirci, vederci, accoglierci per ciò che siamo e disporci a scorgere la nostra Verità. «…D’improvviso ai viaggiatori tu offri / uno scenario di fiaba, / uno spettacolo sorprendente / di luci e colori / che fan palpitare il cuore / e sognare» (Magica Morcone). Lirica tesa alla verticalità, al bene supremo, al coraggio dei sogni. Le cicatrici caratterizzano la nostra Poetessa, la sua parola si fa carne attraverso esse, ma ella stessa tramite il ricorso ai miracoli del creato, alle arti in genere e alla Poesia nello specifico, insegna che rappresentano una forma di cura, sono mappe segrete delle storie, segni di forza.

La lettura dell’Opera Omnia di Wanda Lombardi mi ha coinvolta come poche. Ho fuso la mia anima con la sua, ho desiderato abbracciarla e dirle che le ferite sono i luoghi attraverso i quali la luce entra in noi. E che in fondo le stelle sono le cicatrici dell’universo…

Maria Rizzi

 

_________________

L’AUTRICE

Wanda Lombardi è nata e vive a Morcone (Benevento), città dell’Alto Sannio. Laureata in Pedagogia, ha insegnato Materie Letterarie nelle scuole secondarie. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Sensazioni (2001), Nel silenzio (2002), Luce nella sera (2011), Oltre il tempo (2015), Voci dell’anima (2016), Gocce di rugiada (2017), Opera Omnia (2018, prima edizione), Attimi lievi (2018), Il senso della vita (2019), Nel vento dell’esistere (2020, con traduzione in inglese), Volo nell’Arte (2021), Miti e realtà (2022). I libri di narrativa: Proverbi e modi di dire morconesi (2008), Racconti fiabeschi, letture per la scuola (2011). I romanzi: L’eco del passato (2012), Sulla scia del destino (Poppi 2016). I testi teatrali:  La fortuna dietro l’angolo, commedia in tre atti (2013), Una volta… c’era, commedia in tre atti (2014), Ce la faremo, commedia in tre atti (2016).

________________

 

Wanda Lombardi, Opera Omnia, II edizione, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 200, isbn 979-12-81351-13-4, mianoposta@gmail.com.

 

Mostra altro

La poesia come inno d'amore

26 Ottobre 2023 , Scritto da Floriano Romboli Con tag #floriano romboli, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

 

Angelo Fortuna, “Di là dall’orizzonte: utopiche trasparenze”

 G. Miano Editore, Milano 2023. 

 

Nella raccolta poetica di Angelo Fortuna Di là dall’orizzonte: utopiche trasparenze, pubblicata di recente dalla Casa Editrice Miano, il discorso lirico origina dall’interessante convergenza di un’intonazione prosastico-narrativa, piacevolmente colloquiale, e del felice, esuberante piglio descrittivo proprio dell’arte di uno scrittore sinceramente innamorato della sua terra, della bellezza paesistico-naturale e culturale di essa: «…Uno solo tra i fanciulli del quartiere, / silenzioso, timido, educato, / Giorgino, rampollo dal cuore d’oro, / a undici anni lasciò la compagnia, / benedetto da donna Venerina / (…) / Poco tempo trascorse da quel giorno / quando arrivò imprevedibilmente / il dì natale di donna Venerina / che col sorriso a Dio lo consacrò / e una sorpresa che il cuore ricolmò / di Giorgino e degli altri presenti…» (Un angelo a due passi da casa…); «…Folate di fuoco incendiano le vie, / le piazze, i tetti, le terrazze inerti, / le facciate, sagrati e scalinate / delle chiese dorate del Barocco. / Dilaga rabbioso, vento africano / (…) / Sotto un cielo azzurro celestino / impreziosito di rade nuvolette / candide, sorridenti, immacolate, / le ondate del soffio del Sahara si arrendono alla nitida bellezza» (Folate di fuoco sull’oro del Barocco).

La viva attenzione rivolta al coinvolgente spettacolo della natura rivela un inequivoco amor vitae («…Al galoppo l’arrivo di febbraio, / caldo sole in un mare d’azzurro, / ha risvegliato gli alberi infiacchiti, / retaggio d’un autunno già svanito, / oggi abbelliti dai colori intensi / dai mandorli fioriti in una notte / per riaprire i cuori alla speranza / coi sogni della luce sfolgorante…», Risveglio dei mandorli in fiore), nonostante l’amara consapevolezza della viziosità morale e delle desolanti malefatte individuali e soprattutto collettive che tante volte hanno caratterizzato la vicenda storica degli uomini («la stirpe canaglia di Caino», Ucraina: sarà triste la nostra Pasqua), come d’altronde l’attualità s’incarica ancora di dimostrare con efficacia ammonitrice, dati, ad esempio, i delitti delle mafie e la guerra d’aggressione criminale della Federazione russa di Vladimir Putin all’Ucraina.

In particolare vorrei porre in risalto la strategia di adibizione allegorizzante che Angelo Fortuna riserva - tramite altresì un uso ponderato, metodico dell’aggettivazione – alla rappresentazione intensa e partecipe del ciclico alternarsi delle stagioni, avvertite quali obiettivazione dell’antitesi primaria, dei contrasti costitutivi dell’intima dinamica del vivere, costantemente verificabili nel percorso etico ed esistenziale di ognuno: «Il lieto garrire delle rondini / rallegra immensi spazi azzurri / trionfanti dopo aver spazzato / coltri nuvolose in cieli cupi. / (…) / Incedi aprile, vittorioso e mite, / Pasqua di resurrezione è glorioso / obiettivo vincente del tuo onore. // Non indugiare tra fitte tenebre / tu che incarni la tiepida stagione / (…) / Sii tu, aprile dolce e gentile, / speranza ardita di pace e dignità, / guida sicura d’amore e libertà…» (Vieni, festoso aprile, corsivi miei, come in seguito); «…Chissà se lo squallore dell’inverno, / indecifrabile e buia lontananza / dal vibrante pulsare dell’essere, / allenterà la morsa di catene / che gelano ragione e sentimenti / degli anelanti alla luce chiara!…» (Freccia alata); «…Fatale il tentativo d’immersione / dove i tuoi pensieri, gioia e pena, / t’avvolgevano in un mondo tuo / pieno di mistero e stupore ignoto. // Il tempo infido, rapido, bugiardo, / frodatore di vite derubate, / brusco inghiottì giorni, mesi ed anni, / stagioni di diletti sentimenti, / di lieta formazione e conoscenza, / di cortesi puri impulsi affettivi…» (Avventura educativa d’amore).

I versi palesano sovente addensamenti riflessivi, momenti filosoficamente meditativi, preparatorî all’incontro con il mistero («…L’essere, concentrato di stupore / e mistero che gli uomini affatica…», Sfuggenti prospettive) e a quella confidente e amorosa sintonia spirituale con la Divinità, la quale sola può offrire una sintesi salvifica delle tante e disorientanti contraddizioni terrene; l’autore sa evocarne la presenza attiva e fortificante in un linguaggio di solenne, espressiva incisività: «…Oltre i concetti più complessi e arditi / nei campi sterminati d’infinito / dove l’Amore che a tutto dà senso / ci accoglierà sorriso a braccia aperte / nel suo seno vitale creatore / colmo di pienezza e di totalità…» (A Clara).

 Floriano Romboli

 

Angelo Fortuna, Di là dall’orizzonte: utopiche trasparenze, prefazione di Marcella Mellea, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 110, isbn 979-12-81351-15-8, mianoposta@gmail.com.

 

 

Mostra altro

Maria Angela Eugenia Storti, "Itinerari di letteratura del novecento tra tradizione e innovazione"

23 Ottobre 2023 , Scritto da Maria Elena Mignosi Picone Con tag #maria elena mignosi picone, #recensioni, #saggi

 

 

 

 

 

Maria Angela Eugenia Storti

ITINERARI DI LETTERATURA DEL NOVECENTO

TRA TRADIZIONE ED INNOVAZIONE

 

Memorie artistiche a confronto: Mann, Kafka, Woolf, Eliot,

Beckett, Wedekind, Pirandello, Montale

 

Come quando un campo, sia pure di buona terra, non viene irrigato con l’acqua, allora succede che le piante, che pur vi possono attecchire, però non possono crescere; come quando in una famiglia si vive tra i contrasti e i figli non sono inondati di amore, allora succede che la loro crescita è minacciata da crisi e disagi; così anche nelle nazioni che i governanti spingono a guerre, provocando disperazione, allora si rompe l’equilibrio nell’animo delle persone e viene compromessa la loro stabilità emotiva e psichica.

È questo il terremoto spirituale subentrato in seguito alle due guerre mondiali nel Millenovecento, che ha stravolto quell’ordine, quell’armonia, quella consapevolezza, che invece caratterizzavano i secoli precedenti.

L’autrice del libro Itinerari di Letteratura del Novecento tra Tradizione ed Innovazione (G. Miano Editore, 2023), Maria Angela Eugenia Storti, appassionata cultrice di Letteratura germanica e anglosassone, professoressa di Lingua e Letteratura Inglese presso il Liceo di Scienze Umane “G. De Cosmi” di Palermo, ha preso in esame vari autori, tedeschi o inglesi, (ma anche qualche italiano come Pirandello e Montale) quali Thomas Mann, Franz Kafka, Virginia Wolf, Thomas Eliot, trattando in loro, nella parte iniziale del libro, il genere del romanzo.

Poi l’autrice prosegue prendendo in considerazione il teatro con appunto Luigi Pirandello, oltre a Frank Wedekind e Samuel Beckett; infine conclude con la poesia negli autori Thomas Mann e Eugenio Montale.

Ritornando al romanzo, La terra desolata di Thomas Eliot già esprime nel titolo stesso, la desolazione, e La montagna incantata di Thomas Mann è come un rifugio da questa desolazione, pur essendo un luogo di malattia, di sofferenza, però ricco di amabilità e di bontà. Sono da accostare tra di loro questi due temi a dimostrazione del fatto che gli atteggiamenti di rottura, di ribellione, tipici del Novecento, non sono dettati da estrosità e stravaganza, da qualcosa di superficiale, ma piuttosto sono dettati da profondo dolore che cela un desiderio vivissimo di umanità e auspica fortemente l’incanto della bontà.

Certo, di fronte agli orrori perpetrati in questo periodo, si avverte il non senso della guerra, e con questo il non senso della vita. Viene meno ogni punto di riferimento, e gli uomini si sentono come “uomini vuoti”.

Però ora l’attenzione si sposta dalle cose esterne alla vita di dentro, alla psiche. Ne è un esempio Virginia Woolf che sostiene che in una biografia, come in un diario, sono da prendere in considerazione non tanto i fatti, le date e luoghi, quanto “la coscienza”, cioè i pensieri, i sentimenti, le emozioni, le scelte, le decisioni. Nell’opera di Virginia Woolf risalta inoltre l’anelito all'emancipazione della donna che, per la mentalità di allora, valeva solo se madre di famiglia o suora, il resto, se poetessa, scrittrice o artista, veniva bersagliata come estrosa e strana, quasi portasse in sé una vergogna e allora a una donna così non rimaneva altro che il rifugio nella propria “stanza”. E poi “la solitudine” di Franz Kafka, il disagio esistenziale. È veramente una situazione tragica.

Nel teatro ancora più forte che altrove è la rottura con il passato. Già sin dallo scenario che non è più un paesaggio o un ambiente come prima ma perde la sua consistenza per ridursi al minimo, quasi scompare: lo scenario si fa scarno, spoglio. Anche il dialogo spesso è sostituito dal monologo. Il teatro del Novecento è veramente una rivoluzione. Prevale la sensazionalità, il simbolismo, la critica alla morale borghese, spesso ipocrita e perfino crudele. Il teatro si afferma travalicando i confini regionali per sconfinare in campo europeo o addirittura mondiale.

 Significativo “Il Teatro dell’assurdo” in cui si pone l’accento sulla assurdità della vita.

E infine la poesia. Il “correlativo oggettivo” accomuna Eliot e Montale. Si mette in risalto il “mal di vivere”. Anche nella poesia una rivoluzione a cominciare dalla forma. Non più la metrica con le strofe, i versi, le rime; il contenuto esprime bagliori di sentimento come lampi nel cielo che traducono le emozioni, i pensieri e i sentimenti con esasperata soggettività. La poesia è fulgore di vibrazioni di animo.

È tutta una innovazione che si affianca talora alla tradizione. È la modernità che coinvolge anche la pittura, la musica.

“Tradizione” e “Innovazione”, tradizione e modernità si scontrano, si incontrano e sussistono più o meno armonicamente.

Maria Elena Mignosi Picone

 

 

 

Maria Angela Eugenia Storti, Itinerari di letteratura del Novecento tra tradizione ed innovazione, pref. di Lea Di Salvo, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 82, isbn 978-88-31497-99-2, mianoposta@gmail.com.

 

 

Mostra altro

Roberto Dobran, il poeta dell’amore e dell’esilio

22 Ottobre 2023 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #poesia

 

 

 

Amori miei - Tragicommedia sentimentale (puntoacapo, euro 12, pag.70) è l’ultimo lavoro di Roberto Dobran, poeta nativo di Pola, ma laureato a Urbino, a metà strada tra la Croazia e l’Italia, per molto tempo attivo a Lubiana e nella città natale dove scriveva per La voce del popolo di Fiume. Adesso si è stabilito a Gorizia e dalla città friulana al confine con la Slovenia, quasi per simboleggiare un evidente biculturalismo, ha pubblicato Implosioni (2001), Esodi (2003) - in italiano con Oppure edizioni e in croato - e Patacca globale (2013), oltre a scrivere articoli di critica letteraria e occuparsi di cultura istriana. Amori miei gode della collaborazione dello scrittore Francesco Tomada, già autore della raccolta di poesie Affrontare la gioia da soli e del romanzo Il figlio della lupa. In pratica Dobran compone un’opera intensa e potente che ha come tema di fondo l’amore e che fa ritornare per ben 29 volte il vocativo Amori miei, concludendosi con un’appendice di narrativa fiabesca - scritta da Tomada - come Prova sul campo. Amori miei non ripercorre storie sentimentali vissute in una sterile autobiografia, ma vorrebbe essere una sorta di specchio introspettivo per le esistenze degli altri, procedendo sotto forma di catarsi esistenziale lungo le strade di antiche frustrazioni. L’opera precedente - Esodi - invece è poesia dell’esilio e del ricordo, del tempo perduto sfuggente e fuggitivo, sogno di luoghi di affettuose discussioni familiari e culla di rilassanti sogni pomeridiani. Prendiamo una poesia da questa raccolta, un breve componimento intitolato Della sintesi: La vita, ecco, / può essere il sangue che sgorga / dalle vene, non c’è dubbio / come è gioia e come è / angoscia, ecco, / che essa venga a mancare, / magari d’improvviso / in un sordo tonfo / che copre tutto il resto. Adesso leggiamo una lirica da Amori miei, per la precisione l’intensa Good morning Mr. Nessuno: Posso avere il pozzo nero in fondo al cuore / o il sole che vi brilla dentro, è uguale. Amori / miei, il vostro allontanamento uccide a lama / lenta. Se non c’è catarsi, meglio esser oggetto / dell’attenzione di un plotone d’esecuzione rispetto / al fermo disinteressamento. Non dovesse terminare / il vostro silenzio, faccio prima se m’ammazzo. La tecnica poetica di Dobran è caratterizzata dal verso libero di lunghezza variabile, sempre di musicalità intensa, con scelta lessicale accurata e forbita, per comporre una tragicommedia esistenziale, raccontando con le sue opere la sconfortante vita di un esule e le complesse peripezie sentimentali di un essere umano.

Mostra altro

Wanda Lombardi, "Volo nell'arte"

20 Ottobre 2023 , Scritto da Raffaele Piazza Con tag #raffaele piazza, #recensioni, #poesia, #arte, #pittura

 

 

 

 

Wanda Lombardi

VOLO NELL’ARTE

 

«La pittura può risultare poesia muta, e la poesia pittura parlante. Per secoli sono prevalsi i principi dell’arte poetica di Orazio e l’assioma di Simonide di Ceo, riferito da Plutarco. E sono numerosi nella storia dell’arte i rapporti di amicizia tra pittori e poeti…»; così scrive Michele Miano nell’introduzione al volume che prendiamo in considerazione in questa sede: Wanda Lombardi, Volo nell’arte, Guido Miano Editore 2021.

La coesione e forza sinergica di pittura e poesia, il loro fondersi, sovrapporsi e intersecarsi è un capitolo affascinante nelle espressioni estetiche contemporanee che diventano ipertesti secondo le due linee di codice creando connubi affascinanti e non si tratta solo di pittura ma anche di scultura in immagini che suscitano effetti felici esaltando la sana immaturità del pensiero divergente.

L’Editore Guido Miano con questa pubblicazione e con altre della collana “Parallelismo delle Arti” ha capito la funzione catartica della poesia e dell’arte in generale come strumenti per esaltare giustamente la leggerezza della vita e che l’arte stessa è portatrice di serenità nel nostro liquido, consumistico e alienato postmoderno occidentale.

Entrando nel merito di Volo nell’arte di Wanda Lombardi è doveroso sottolineare che presenta una prefazione di Rossella Cerniglia esauriente e ricca di acribia. Il volume si dipana come una sintesi di parole e segni giocati sulla tastiera delle immagini pittoriche e scultoree e delle poesie nel realizzarsi di un felicissimo effetto globale per la qual cosa può essere letto come un ipertesto. Scorrendo il sommario del testo si nota che le poesie sono talora accostate ad immagini con le quali si creano rapporti osmotici di ispirazioni reciproche, magiche armonie esteriori e interiori e di rimandi che producono malia e sospensione.

Nella lirica Dipinto di poesia, titolo che racchiude l’essenza suddetta del testo, leggiamo: «Specchio della parola / una stupenda tela / ove il sorriso e la malinconia / soave s’intrecciano / al fascino di un paesaggio, / alla grazia di un interno. / Coinvolgenti storie / descritte con colori / ad ammaliar lo sguardo…»; questa poesia ben si accosta al dipinto Il poeta di Filippo Pirro che raffigura uno scrittore sognatore mentre dipinge parole sul mare.

Tra le tavole inserite, molto suggestiva è anche quella del pittore Franco Ruggero, Ragazza che si pettina, quadro suadente dalle tinte tenui e sfumate che riproduce una giovane donna dai bei lineamenti e dalle belle mani, dalle vesti policrome campita su uno sfondo che tende al carminio; affiancata alla riproduzione d’arte possiamo leggere la poesia di Wanda Lombardi Vanità: «Sentimento mai sopito vanità. / Esso serve a rinnovarsi, / ad apparir sempre migliori e in forma. / Come quello interiore, / ognor l’aspetto fisico è importante, / più giovane fa apparire, aitante / e nella cura del corpo più attraente. / Vanità talvolta estendesi ai pensieri / scelti con cura, molto raffinati / tesi a stupire e di sicuro effetto. / Ben venga allora sobria vanità / se essa almeno, breve tratto, / al mondo darà / parvenza di nitore».

I rapporti tra immagini e icone sono sottesi a qualcosa di indefinibile e di incerta identificazione che parrebbe trovare l’etimo nel concetto di tensione e di ricerca della bellezza come punto di coagulo di tensioni che tendono ad esaltare i valori dell’essere e non quelli dell’avere.

Nella lirica Note nell’aria leggiamo: «Manciate di fiori / soavi note si diffondono nell’aria, / e al vento ondeggiando affidano, / qual poesia, ritmi, accenti, dolci silenzi. / Profumo imprecisato di magia / quasi a rincorrere chimere / a lontananze arcane giunge / come speranza mai stanca di viaggiare…». I «dolci silenzi» e il «profumo di magia» si possono scorgere anche nel quadro Anna Maria del pittore pavese Attilio De Paoli da Carbonara che raffigura la moglie seduta vicino ad un albero, immersa in un’atmosfera incantata e sognante, mentre contempla un fiore tenuto in mano.

La poetica di Wanda Lombardi può essere considerata come neolirica tout-court e il suo poiein è sempre elegante e ben controllato e si articola come un esercizio di conoscenza implicitamente ispirato dalle immagini di autori eterogenei.

Raffaele Piazza   

 

Wanda Lombardi, Volo nell’arte, prefazione di Rossella Cerniglia; Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 80, isbn 978-88-31497-38-1; mianoposta@gmail.com.

 

Mostra altro

Pasquale Ciboddo, "Con la speranza"

18 Ottobre 2023 , Scritto da Maria Rizzi Con tag #maria rizzi, #recensioni, #poesia

 

 

 

“Con la Speranza”

Pasquale Ciboddo,

Guido Miano Editore, Milano 2023.

 

Ho avuto l’onore di cimentarmi con due sillogi di Pasquale Ciboddo, uno dei poeti sardi più noti, Andar via (di cui ho scritto la prefazione) ed Era segno sicuro (a cui ho dedicato una recensione) e la trilogia incredibilmente si compie con questa raccolta di liriche, che rappresenta, senz’ombra di dubbio, il proseguo degli altri due testi. Si tratta di una magnifica narrazione in versi, che ha come sfondo la Sardegna, che non può considerarsi solo un luogo fisico, ma soprattutto un evento e un modo di essere, una terra di gente rimasta appartata, dotata della facoltà primitiva di mescolare la realtà alla leggenda e al sogno. Il nostro Autore, pur intessuto in ogni fibra della sua isola, non tende ad allontanarsi, rivela un forte bisogno di schiettezza, di giustizia e di libertà.

Nel libro la vicenda della pandemia continua, probabilmente il Poeta ha iniziato a scrivere mentre il terribile virus imperversava dandoci la prova che la vita può cambiare in fretta, in un istante. Nel bel mezzo dell’esistenza ci troviamo nella morte. «Siamo sospesi / tra cielo e terra / e tra spazio e tempo / senza via di fuga. / Non rimane, pertanto, / che pregare Iddio / di porre fine almeno alla Pandemia. / Sarebbe una grazia / e una allegra via» (Tempo sospeso). L’avverbio ‘almeno’ segna la differenza, Ciboddo patisce anche lo strazio della guerra scoppiata in seguito all’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, e recita: «…La gente muore a catena / e il mondo rotola nell’abisso / di una micidiale guerra» (E il mondo).Un conflitto che ha riportato indietro la nostra storia verso epoche che credevamo aver lasciato alle spalle. E il conflitto, vicino geograficamente, non deve permetterci di dimenticare le guerre che si svolgono in altre zone del mondo, come nello Yemen, in Siria, in Etiopia… Non si può che dire con Martin Luther King Jr. «Le guerre sono pessimi scalpelli per scolpire un domani di pace».

Il nostro straordinario Autore continua in questa silloge a evidenziare l’equazione Uomo - Natura e a dimostrare quanto nel creato gli unici elementi imperfetti siamo noi uomini. Dio ci volle così, è vero, ma aggiunse ‘a sua immagine e somiglianza’ ed è avvenuto nei secoli un tradimento verso questo assunto, non siamo noi a doverci battere contro una natura matrigna, ma è quest’ultima, indifesa, a essere vittima dell’umanità. «…L’abbandono della natura, / una volta madre prolifica, / ha portato alla desertificazione. / Ora “arano” / col muso soltanto i cinghiali / e il suolo è pieno d’inciampi…» (Ora arano). Questi versi forti, aspri, selvaggi, mettono in luce quanto noi uomini temiamo la quiete e ci rifugiamo come greggi di pecore nelle città, mi si perdoni l’immagine che sa di paradosso. Dovremmo riuscire a pensare che non abbiamo ereditato il mondo dai nostri padri, ma lo abbiamo ricevuto in prestito dai figli e a loro dobbiamo restituirlo migliore di come lo abbiamo trovato. La lirica che dà il titolo alla raccolta è il sunto incandescente del pensiero del Poeta. «La guerra mondiale / era finita da poco. / Si seminava il grano / con la speranza / di una buona annata / per ricavare il fabbisogno / della sussistenza vitale /…/ e il mondo pian piano si riprese. / Ora c’è di nuovo / minaccia di guerra totale. / In Oriente / si lotta già con armi sofisticate. / C’è morte e paura / e si spera, però, / che le armi tacciano / subito e per sempre» (Con la speranza). Il testo sembra nichilista, ma dal vaso di Pandora si levano improvvisi inni alla Speranza, la piuma soffice posata su infiniti cuori. E la narrazione in versi di cui parlavo all’inizio si concretizza in tutta la sua chiarezza. Lo stile è fluido, immediato, sanguigno, evita le figure retoriche, scrive con insospettata musicalità e con la potenza evocativa di una terra ancora pervasa da umori virginali.

Ciboddo viaggia sul territorio della memoria per comprendere che la lezione più importante che la storia ci insegna è che non siamo in grado di imparare nulla da essa. Continuiamo a lasciarci militarizzare i cuori, le menti dai media. La pace non può fiorire se l’indifferenza e l’ignoranza sono nostre padrone. «Oggi Satana domina / il mondo intero. / Lucifero, dopo duemila anni / di prigione voluta da Dio / è libero e vaga sulla Terra / seminando il Male…» (È libero). Siamo in balia di troppi venti: pandemia, guerre, cambiamenti climatici, desertificazione delle zone rurali, e sembra che tra la mano del Signore e quella di Lucifero abbiamo finito per stringere la seconda. Ma lo sconforto, tangibile, pulsante nel racconto in versi, ha i suoi riscatti mistici e travolge con immagini, che possono essere soltanto miracoli del Dio dell’amore. «Natura piena / di sorprese colorate! / All’alba il sole innesca / un’esplosione di colori. / La foresta brulica di vita. / I raggi della Stella / portano luci / di arcobaleni. / L’ape vola sui fiori / li impollina e ne ricava / una dolcezza infinita / per la nostra vita» (Portano luci).

I toni del Poeta, in questa silloge, sono spesso dimessi, malinconici, si potrebbero forse definire crepuscolari, specchi dell’umana fragilità filtrata da un’anima di seta, che nel suo percorso narrativo ben delineato assume una sacralità innegabile, quella di un messaggio che abbraccia lo scibile del vissuto e del vivibile. E attraverso le liriche di Ciboddo si scopre, una volta di più, che la poesia rivela qualcosa che già esisteva prima di noi. Per questo è spesso legata al ritorno, come insegnano Leopardi, Pavese. La guerra, ossessione del Poeta, dimostra quanto nel ritorno si attui la nostra attesa più urgente: sapere cosa ci è veramente accaduto, perché torna a succedere. Ascoltare questa rivelazione diviene il compito e, nello stesso tempo, il fondamento della parola poetica di coloro che non si chiudono nelle famose torri d’avorio, ma scendono nelle strade per aprirsi ai problemi della società, della storia e della cronaca.

Splendida la lirica Per continuare, che illumina su uno spaccato del nostro tempo. Il periodo del Covid e quello successivo secondo le statistiche hanno avuto un impatto negativo sulla natalità, ma non sempre le indagini demoscopiche sono affidabili. Di fatto i bimbi nati negli anni del Coronavirus sono stati tanti e sembrava una realtà ossimorica rispetto ai rischi che si correvano e alle aspettative che si offrivano ai nuovi nati. La vita sa sorprendere e i giovani sanno credere: «La frenesia d’amore / prende anche i più giovani. / Sfoghi di sesso, / prima come adesso, / producono figli / per continuare / a perpetuare la vita…» (Per continuare).

Pasquale Ciboddo dimostra nelle sue liriche quanto spesso un cuore possa rompersi e al tempo stesso acquisire valore, dignità e attaccamento alla vita. «…Il laccio del male ci stringe / e i malvagi ci tendono tranelli. / Meditare e pregare / ci salva da tutti i pericoli» (Accerchiati dal male). La poesia, ispirata alla lettera apostolica “Salvifici doloris” di Papa Giovanni Paolo II, si addentra nel cuore della rivelazione cristiana per offrire l’esperienza della sofferenza come possibilità di un più grande amore. D’altronde non v’è dubbio che il dolore sia il gran maestro degli uomini. Sotto il suo soffio si sviluppano le anime. Il Poeta lascia intendere che soffrire equivalga ad avere un segreto in comune con Dio. La fede vacilla di fronte allo strazio che ci circonda, ma a illuminare in modo determinante sul significato del male resta la Croce di Gesù. E insieme alla Croce la Resurrezione. La sua Croce ci indica che la sofferenza può essere la via della distruzione del peccato, infatti attraverso essa Dio ha purificato i mali del mondo.

Il Poeta intarsia il suo viaggio di versi lontanissimi dal crepuscolarismo, dalla rabbia, dal sangue, versi incastonati come diamanti nel cuore indurito della vita. «È la pioggia sui prati / l’acqua su aride terre / la Primavera. / Stagione che si gode / da mattina a sera. / Vera arte sublime / donata al mondo / dalla Bontà Divina» (Vera arte). La nostra esistenza è un filo di seta sospeso in un gioco di rasoi, ma come il giunco resiste al maestrale più degli alberi secolari, così il filo di seta sa dimostrarsi più forte dei ‘lacci del male’.

La Natura, nella poetica di Ciboddo è rivelazione di Dio; forma di Arte perfetta, cosicché neanche un fiocco di neve sfugge alla sua mano modellatrice. Ogni ramo, ogni fiore, ogni foglia, ogni onda sembrano contenere una biblioteca dedicata alla meraviglia, al silenzio, alla bontà. Il Poeta indugia sulla memoria e ferma una pagina per raccontarsi: «Anche io da giovane / ho arato la terra, seminato / e mietuto con la falce / sotto il solleone d’Estate / per produrre il pane / di sussistenza vitale / durante l’ultima disastrosa / Guerra Mondiale. / Poi ho studiato / e scritto storie vere / della Gallura / poesie in gallurese / e in lingua italiana. / Scritti piaciuti / a tanta varia gente / e a dotti studiosi» (Scritti). La fatica nei campi, il secondo conflitto, gli studi, le poesie nella lingua sardo - gallurese, un sardo settentrionale con affinità a Sassari, Stintino, e con minoranze a Perfugas. Un dialetto che non manca di testi scritti già nel Medioevo con bassorilievi e anche nel settecento con componimenti poetici. Nella lirica Scritti il Nostro sembra mettere a fuoco i momenti cardine della sua esistenza. Dopo le sofferenze del secondo conflitto mondiale ha studiato e amato la scrittura e si potrebbe affermare, senza timore di sbagliare, che l’arte del comporre si è innamorata di lui. Ha prodotto opere nella lingua madre e in italiano ed è stato apprezzato da tanti, persone comuni e ‘dotti studiosi’.

La storia di Ciboddo dimostra che si sono interessati alle sue Opere autorevoli critici contemporanei, da Enzo Concardi a Ninnj Di Stefano Busà, a Raffaele Piazza, Elio Andriuoli, Giorgio Bárberi Squarotti, e molti altri. Di fatto il Poeta oltre a donarci poemetti, narrazioni in versi o componimenti che dir si voglia, è stato un insegnante e non ha mai trascurato la sua terra. Tuttora attinge la filosofia del vivere alla scuola della campagna gallurese e ne piange il destino con una pietas che scuote le fronde dell’anima: «…Siccità e caldo estremo / bruciano anche / l’anima della terra. / Siamo proprio dentro una serra. / Noi mortali impietriti / stiamo zitti a guardare. / E fame e miseria / attanagliano l’umana esistenza» (E fame e miseria).

Sicuramente Ciboddo coltiva nel suo dire diretto, privo di sperimentalismi, una filosofia del dolore e di ciò che, per grazia divina, passa. Uno stare dentro la vita nell’immanenza tra il Bene e il Male. Un trascorrere sospeso. Come ogni forma di Arte l’amore per la natura è un linguaggio comune che può trascendere i confini politici o sociali. Il discorso ecologico in questo contesto diviene dominante. Nella lirica appena citata l’Autore fa riferimento all’effetto serra e la principale causa che turba l’equilibrio dei gas serra in atmosfera sono le azioni degli esseri umani. Un altro fattore che turba gli equilibri è la deforestazione: la scomparsa delle foreste e delle piante, causata sia dall’agricoltura che dall’urbanizzazione, che ha ridotto la capacità degli alberi di assorbire l’anidride carbonica. Si sta verificando così la modificazione del clima terrestre sulla quale il Poeta insiste con dolente passione. «La vita è una catena / di ferro con più anelli / che per un tempo dura. / Ma se non si cura / la ruggine l’attacca / e qualche anello si stacca…» (Così la vita). Ho la sensazione che quest’ultimo sia uno dei pochissimi componimenti, se non il solo, nel quale il caro Pasquale Ciboddo indugia in una metafora. La vita dura se la si rispetta, se le si prestano le cure che destiniamo anche solo alle biciclette per evitare che l’indifferenza, ruggine dell’anima, la corroda. Ritengo la lettura di questo Artista paragonabile a un’esperienza catartica. Possiede la forza salvifica di riportarci a ragionare da esseri umani, desiderosi di proteggere la nostra dignità e il nostro slancio verso il prossimo e verso il creato. Dimostra che il lirismo non è quello che troppi vogliono far credere, può avere i denti e mordere, ma tramite le ferite destare dal sonno. Quando il potere ci spinge verso l’arroganza, la poesia ci ricorda i nostri limiti. Quando la miseria interiore restringe la sfera dei nostri interessi, i versi ci ricordano la ricchezza e la diversità dell’esistenza. Quando i rapporti corrompono, la poesia rigenera. In passato il lirismo era al centro della società, con la modernità si è ritirato ai suoi margini. Credo che un percorso in versi come quello del Poeta gallurese dimostri quanto l’esilio della poesia possa coincidere con l’esilio dei nostri sentimenti migliori.

Maria Rizzi

 

 

_________________

L’AUTORE

Pasquale Ciboddo è nato a Tempio Pausania (SS), in Gallura (Sardegna), nel 1936; già docente delle scuole elementari, è uno dei poeti sardi più noti in Italia (è conosciuto anche a Cuba), e ha al suo attivo numerose pubblicazioni poetiche e di narrativa con prefazioni e introduzioni di prestigiosi critici. Ha conseguito molti premi e riconoscimenti.

________________

 

Pasquale Ciboddo, Con la Speranza, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-14-1, mianoposta@gmail.com.

 

 

 

Mostra altro

ALCYONE 2000 QUADERNI DI POESIA E DI STUDI LETTERARI

17 Ottobre 2023 , Scritto da Giuseppe Zagarrio Marco Zelioli Enzo Concardi Domenico Porzio Con tag #giuseppe zagarrio, #marco zelioli, #enzo concardi, #domenico porzio, #recensioni, #poesia, #riviste letterarie

 


 

 

È uscito il n.17 di: ALCYONE 2000  QUADERNI DI POESIA E DI STUDI LETTERARI

 

 

Pubblicato il n.17 di “Alcyone 2000. Quaderni di poesia e di studi letterari”; Guido Miano Editore, Milano 2023. In questo volume articoli su Salvatore Quasimodo, Ignazio Silone, Alessandro Miano, Corrado ‘Iano’ Campisi, Annunziata Bevilacqua, ecc…. Opere d’arte di Giovanni Conservo, Arnaldo Pomodoro, Luciano Blotto, Don Marco Morelli, Roberta Fava.

 

«La notte, se guardiamo le stelle, sentiamo un brivido lungo di angoscia e ci sorprende l’inquietitudine di cose ignote o dimentica­te da tempo. Allora il timore di sperdersi nello spazio diventa il suo opposto: desiderio di sperdersi; e ad un punto si incontrano vita e morte di noi e di quello che è in noi e fuori di noi anche. Chi ama questa sensazione immediata di opposti ama la not­te ove lo strazio è anche dolcezza e l’incanto è affanno; e sospira in sillabe remote la poesia della vita e della morte che ognuno ha in noi nascosta e profonda. Canta allora il poeta in questo modo: «… Dammi vita nascosta / e se non sai me pure occulta, / notte aereo mare...» (Vita nascosta). «Saccheggiatrice d’inerzie e dolori / notte; difesa ai silenzi, / l’età rigermina / delle oblique tristezze...» (Inizio di pubertà). «…ciò che parve nostro ieri, / e ora è sepolto nella notte...» (Sillabe a Erato). «…mobile d’astri e di quiete / ci getta notte nel veloce inganno: /  pietre che l’acqua spolpa ad ogni foce...»   (Mobile d’astri e di quiete).

Quasimodo è poeta che ama a questo modo la notte: per quella sensazione, che da essa viene, di pienezza nell’annullamento e di delirio nell’angoscia. Ed è perciò che la notte si fa momento del­la sua vita spirituale e lirica, momento della sua poesia, forma del suo contenuto e stile dell’anima. In questo senso il paesaggio vero e proprio, cioè l’esterno del poeta si fa paesaggio interiore e anche viceversa…»

Giuseppe Zagarrio

 

  

*      *       *

 

«…Il nostro colloquio con Silone durò quasi tre ore: molto, molto più del previsto. Arrivò l’ora del the, che egli ci offrì; ci portarono anche dei biscottini. E alla fine di tutto quel tempo ci congedò dicendoci, più o meno: “Grazie perché avete voluto passare il pomeriggio della domenica con un vecchietto invece che andare a divertirvi o a ballare”.

Noi eravamo al settimo cielo per aver avuto un incontro indimenticabile – anche se avevamo dimenticato di portare un registratore, che ci avrebbe aiutato a scrivere per bene e in modo genuino il resoconto di quel pomeriggio così speciale. A dire il vero, non ci eravamo dimenticati di portare il registratore: non ci avevamo nemmeno lontanamente pensato! Veramente sprovveduti…

Nei giorni seguenti Marina ed io cercammo di raccogliere gli appunti della conversazione per formulare una specie di traccia come ‘base di lavoro’ per il gruppo di studio. Ne venne fuori un documentino piccolo piccolo, che spedimmo allo scrittore. Non era un gran che. Silone ce lo rimandò, corretto di suo pugno! Così era almeno degno di essere usato. Io stesso ribattei a macchina il documento da lui emendato, con altre nostre piccole aggiunte ispirateci dagli appunti di quel colloquio. Scrissi con la portatile di mio papà, cimelio di famiglia: una Olivetti MP1, la ‘nonna’ della Lettera 32. Glielo rispedimmo; Silone non rispose, segno, tutti credemmo, di approvazione…»

Marco Zelioli

 

*      *       *

«…Il Canzoniere dell’Anima di Alessandro Miano è l’opera, postuma del 2011, che raccoglie parte delle sue poesie – vi sono ancora tanti manoscritti inediti – da cui si evince l’esattezza di quella definizione conferitagli dalla critica di “Poeta dell’Assoluto”. Nonostante sia stata suddivisa in sette sezioni (Chi ha voce, Frate Francesco e altre poesie, Come una vela, Terra del sud, Minime trame, Per musica, Appendice - altre poesie), i testi costituiscono un unico corpo lirico, dove la cronologia non è evidenziata perché non ha alcun significato, in quanto il poeta è rimasto nel tempo sempre fedele a se stesso, in quella tensione ideale e spirituale che ha avuto la sua genesi nella giovinezza, mantenendosi tale fino al termine dei giorni terreni. Nella sua ispirazione è l’interiorità al centro di ogni creazione, ricca e vulcanica, patrimonio geloso custodito con discrezione, sensibilità, quasi con nascondimento, tanto era in lui alto il senso del rispetto dell’altro…».

Enzo Concardi

 

*      *       *

«Dopo quella di Moore a Firenze, la mostra di Arnaldo Pomodoro, alla milanese Rotonda della Besana, è la più importante rassegna di scultura contemporanea presentata in Italia. Sono queste le mostre che vorremmo vedere: escono da ogni compromesso di “routine” offrendo alla città una eco internazionale perché è certo che saranno molti e qualificati i visitatori che verranno da tutta l’Europa, e credo da oltre Atlantico, ad ascoltare il rigoroso “discorso” di Arnaldo Pomodoro e a vagliare i risultati plastici ed estetici conseguiti dall’artista, ormai famoso in più di un continente, il quale ha dato alla scultura italiana un indiscutibile primato…».

Domenico Porzio

 

Alcyone 2000 – Quaderni di Poesia e di Studi Letterari, n°17; Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 108, isbn 979-12-81351-16-5, mianoposta@gmail.com.

 

 

Mostra altro

Adriana Deminicis, "8Infinito8"

10 Ottobre 2023 , Scritto da Raffaele Piazza Con tag #raffaele piazza, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Adriana Deminicis, 8  Infinito  8La gemma di giada

Guido Miano Editore, Milano 2023

 

 

La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia.

Scrive il Nostro che La gemma di giada di Adriana Deminicis (G. Miano Editore, 2023)  è scritta in poesia, ma si tratta di una poesia-prosa, di un “raccontare” in versi il proprio io che, da un punto di partenza reale non soddisfacente e mancante dell’essenziale, tende a processi di sublimazioni e metamorfosi per raggiungere l’Infinito attraverso una completa compenetrazione con le realtà altre.

Si dice che la poesia è sempre metafisica e in questo caso l’assunto sfonda una porta aperta a partire dall’affascinante titolo 8 Infinito 8 e non a caso nell’obiettivo della macchina fotografica l’infinito spazio della distanza è rappresentato da un simbolo pari ad un otto e si può aggiungere che nella smorfia napoletana l’otto, qui ripetuto in modo ridondante, è il numero che si riferisce alla Madonna.

Come scrive il prefatore si tratta di un’opera del genere utopico, utopia ma non illusione, aggiungerei, perché la Fede come dice San Paolo è la certezza della Speranza e non deve mai abbandonare l’essere umano la tensione ad abitare poeticamente la terra.

Leggiamo in Infinito: «Abbondanza che risponde al richiamo, / lungimirante arrivo di due uccellini, / quasi a voler revocare con tangibile segno / i pensieri invalidanti, / le ali del vivere anche se nascoste c’erano, / così pure il mare e le onde che s’infrangevano…».

Tessuti linguistici affascinanti quelli che ci propone Adriana Deminicis e nella suddetta poesia si nota il movimento verso una saggezza che può essere raggiunta e diventare cosa tangibile come in tutte le poesie della raccolta varco di montaliana memoria perché nella nostra contemporaneità liquida e alienata e consumistica possono esistere i valori della giustizia, della famiglia e del bene attraverso il profitto domestico di generazioni che si passano il testimone.

Il titolo La gemma di giada fa pensare ad una fogliolina di una pianta aggettante verso la vita e veramente rarefatta connotata presumibilmente sia da un’essenza vegetale sia da un’essenza minerale perché la giada è una pietra.

Poetica frutto di un poiein intellettualistico in quello che si può considerare un poemetto: «C’era una consapevolezza / che non poteva essere ascoltata, / il più grande errore sarebbe stato / di ometterlo di farlo, / ma pochi sapevano che il pensiero consapevole / veniva a produrre qualcosa di speciale…» (C’era una consapevolezza).

E quel qualcosa di speciale è proprio l’anima di questa poesia stessa imbevuta di fascino e bellezza perché leggendo questi versi si ha l’impressione di essere immersi in un oceano della tranquillità lunare e la forma e lo stile sono sotto l’essenza di un’immensa leggiadria e sono controllatissimi in tutte le loro manifestazioni.

Una magia, una grande malia alimenta questo lavoro raffinato e ben cesellato e anche i versi lunghi sono sorvegliatissimi nel loro essere debordanti.

In ogni poesia il verso dell’incipit decolla soavemente per poi planare nelle chiuse e c’è un’apertura alla felicità e l’Infinito di leopardiana memoria potrebbe coincidere con Dio, con un «centro di gravità permanente che non ci faccia cambiare idea sulle cose e sulla gente» per citare il famoso testo di Franco Battiato,

Nel nominare l’infinito c’è una tensione mistica e religiosa sottesa e l’ansia verso un oltre se il tran tran quotidiano va stretto e noi siamo degli eroi appunto nell’epica dello stesso quotidiano.

Si tratta di costruire e ricostruire ogni giorno l’edificio della vita permeati da valori come l’amore e la fratellanza, l’arte, la compassione e l’ascesi per citare Schopenhauer.

Se l’essere umano è canna al vento è anche canna pensante sottesa alla speranza della felicità da ritrovare non in modo minimalistico in tutto anche nei due uccellini della poesia citata (Infinito di Deminicis) che potrebbero essere una gioia senza peso lungimiranti nella loro bellezza se nel Vangelo è scritto: «Voi valete più di molti passeri».

Raffaele Piazza   

 

Adriana Deminicis, 8 Infinito 8. La gemma di giada, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 100, isbn 979-12-81351-04-2, mianoposta@gmail.com.

 

           

Mostra altro
1 2 > >>