L’Orsa e Arcade

Dopo la tragica corsa di Fetonte, Giove ispezionò le case degli dèi per controllare che fossero ancora solide e sicure. Quando fu certo che nessun pericolo minacciava l’Olimpo, si recò sulla Terra per aiutare gli uomini a ricostruire il loro mondo distrutto: fece spuntare di nuovo l’erba e le fronde degli alberi, i fiumi e le fonti ebbero acqua limpida e fresca, i monti e le valli tornarono a verdeggiare...
Mentre andava e veniva da un capo all’altro della Terra, in Arcadia vide una fanciulla che lo colpì profondamente.
Si chiamava Callisto, che significa «bellissima», ed era veramente degna del suo nome.
Callisto non amava filare e tessere come le giovinette della sua età e neppure passare il tempo davanti allo specchio per acconciarsi i capelli e le vesti. Adorava Diana, sorella di Febo Apollo, una dea molto schiva e solitaria.
Diana non amava le feste e ai banchetti dell’Olimpo preferiva il silenzio e la quiete della natura, perciò viveva nei boschi insieme ad altre fanciulle: cacciavano, correvano, ridevano. E nuotavano nei fiumi. Avevano giurato di vivere sempre insieme e di non aver niente a che fare con gli uomini. Erano tutte belle e allegre.
Anche Callisto faceva parte di questa schiera e Diana la preferiva a ogni altra. Alla dea non interessavano gli amori e le frivolezze, ma credeva nell’amicizia, manteneva sempre la parola data e non sopportava l’inganno. Guai a tradire la fiducia di Diana! Il suo affetto poteva trasformarsi in un odio feroce, implacabile. Callisto sapeva tutto questo, ma non fu capace di sfuggire al suo destino.
Un giorno, quando il caldo era particolarmente cocente, la fanciulla si rifugiò in un bosco di alberi antichi e forti; stanca per la caccia e per le lunghe corse, si fermò, mise a terra l’arco, si sdraiò nell’erba e appoggiò la testa sulla faretra colorata.
Appena Giove la vide, stanca e senza le sue compagne, pensò:
«Certamente Giunone non verrà mai a sapere niente di questa mia nuova avventura ... E se anche lo sapesse? Sarebbero urla e strepiti, lo so, ma ne vale comunque la pena!»
Subito prende l'aspetto di Diana, si avvicina a Callisto e le chiede:
- Mia cara compagna, dove sei stata oggi a caccia? -
La fanciulla sorride, fiduciosa, e sta per rispondere ... ma subito si trova stretta in un abbraccio appassionato dal quale non sa liberarsi ... Quando capisce la verità, Giove è già tornato sull’Olimpo.
Ed ecco giungere la vera Diana con il suo seguito, stanca ma felice per la selvaggina uccisa. Scorge Callisto e la chiama; la fanciulla teme che sia di nuovo Giove travestito e cerca di fuggire, poi vede le compagne e capisce che non c'è inganno.
Ma non è più la stessa: si sente in colpa, arrossisce, ha perduto la sua allegria e non ha più il coraggio di correre accanto a Diana, per prima, davanti a tutte le altre. Le compagne intuiscono che è accaduto qualcosa, ma tacciono e la dea è troppo presa dalla caccia e dai boschi per capire. Finché un giorno ...
Erano passati quasi nove mesi e come sempre Diana e le sue compagne correvano e cacciavano nelle selve.
Il sole era alto e la dea, stanca e accaldata, propose di fare un bagno nel fiume.
Lì vicino, nel folto di un bosco, scorreva un ruscello che veniva giù dal monte bisbigliando e rotolando nella sabbia.
Diana toccò l’acqua con la punta del piede: era fresca e limpida. Le piacque e chiamò le compagne:
- Facciamo il bagno, nessuno può vederci! - disse.
Si tolse le vesti e si tuffò nel ruscello; tutte le fanciulle, ridendo, la imitarono.
Solo Callisto arrossisce e cerca di prendere tempo.
- Dai, spogliati e vieni, che aspetti? - le gridano le compagne - E bellissimo, vieni! -
E alcune, visto che lei indugia, escono dall’acqua e per gioco le sfilano la veste ...
Un silenzio di gelo scende nella selva, nessuno più grida, nessuno ride: ecco perché Callisto è sempre triste e silenziosa, ecco che cosa le è accaduto quel lontano pomeriggio, quando era sola nel bosco ...
«Povera Callisto, povera amica nostra! Pensano le compagne. Diana non avrà pietà di te: hai tradito il giuramento»
Lo sguardo della dea si posa un attimo sulla fanciulla. Non c’è più traccia dell’antico affetto, solo rancore e condanna.
- Vattene di qui e non tornare mai più - le grida - Non sei degna di bagnarti in queste acque sacre, non sei degna di noi!
Callisto non cerca di spiegare, di dire che non è sua la co¬pa: fugge via disperata, senza dire una parola, e si rifugia in un bosco lontano. Qui nasce il suo bambino, bello e robusto. Lo chiama Arcade, perché è nato in Arcadia.
La moglie di Giove, intanto, si era accorta dell’inganno e aspettava la vendetta. Così scese nel bosco e si presentò a Callisto, che teneva fra le braccia il figlioletto.
- Tuo figlio vivrà, non temere: sono la regina dell’Olimpo e non mi vendico sui bambini - disse la dea - Tu sola pagherai per l’affronto che ho subito. Le tue bianche braccia hanno affascinato Giove? Ecco, ora sono coperte di peli neri e ispidi, le tue mani delicate diventano lunghe ed hanno unghie ricurve, il tuo bel visino che l’ha stregato, si deforma e si allarga … La tua voce gentile non commuoverà più nessuno perché è diventata roca e fa solo paura. Solo la mente rimarrà quella di sempre, perché tu possa ricordare che non si inganna la moglie di Giove -
Giunone ha appena finito di parlare e davanti a lei non c’è più la bella Callisto, ma una nera orsa che alza verso il cielo le zampe adunche: chiede aiuto a Giove, il vero colpevole, e lo accusa per la sua ingratitudine …
Erano passati quindici anni e il figlio di Callisto, allevato dalle divinità dei boschi, era divenuto un giovane cacciatore, bello e coraggioso.
Un giorno, mentre inseguiva cervi sul monte Erimanto, si trovò improvvisamente davanti un’orsa gigantesca che si fermò di colpo, guardandolo ... Arcade non riconobbe sua madre e fece un passo indietro, spaventato: quegli occhi scuri lo fissavano in modo così intenso, così misterioso! L’orsa fece per avvicinarsi e il giovane inarcò la freccia, pronto a colpire ...
Ma il padre Giove vigilava e, dopo tanta solitudine, tanto dolore, ecco il premio: madre e figlio si sollevano in aria e un vento rapido e leggero li colloca nel cielo, l’uno vicino all’altra, trasformati in due costellazioni eterne e luminose!
Quando Giunone seppe la notizia, andò su tutte le furie: la sua rivale trasformata in stella e assunta in cielo vicino al figlio! Piangendo lacrime di rabbia, si recò da Oceano e Teti, dèi del mare, che l’avevano allevata da bambina e chiese loro aiuto:
- Sono stata umiliata e ingannata, miei cari. Non posso cambiare la volontà di Giove, ma vi prego, esaudite almeno questo mio desiderio: impedite all’Orsa di scendere a bagnarsi nelle vostre acque limpide e pure! Tenetela relegata nell’alto del cielo ... –
Oceano e Teti acconsentirono: per questo l’Orsa non tramonta nel mare, come le altre costellazioni, ma rimane sempre ferma nell’infinito …
Giunone, finalmente placata, tornò all’Olimpo sul suo cocchio tirato dai pavoni, decorati con innumerevoli occhi lucenti.
I pavoni avevano da poco questo ornamento, da quando cioè era morto Argo; anche il corvo in questo periodo si era trasformato: da bianco era divenuto nero...