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Enzo Concardi, "La mente e i luoghi"

18 Gennaio 2023 , Scritto da Raffaele Piazza Con tag #raffaele piazza, #recensioni, #saggi, #luoghi da conoscere, #enzo concardi

 

 

 

Il volume che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Claudio Smiraglia esauriente centrata e ricca di acribia.

La mente e i luoghi sottotitolato Montagne, viaggi, avventure, come scrive lo stesso Concardi nell’introduzione, è una pubblicazione sotto forma prevalentemente di articoli, di riflessione, brevi saggi di ricerca e qualche volta anche di narrazione di eventi.

Si suddivide in quattro parti: Messaggi in bottiglia (1), Dimensioni altre (2), Arpe fatate (III), Per le vie del mondo (IV), tutte suggestioni che rispecchiano una visione lirica e conoscitiva allo stesso tempo, frutto di decenni di frequentazioni montane e altre, effettuate per passione alla ricerca d’incontri, amicizie, momenti di vita intensi e significativi, finestre di solidarietà umana. Il bilancio è altamente positivo in termini di arricchimento generale dello spessore esistenziale e della gamma emotiva.

La ricerca esistenzialistica del senso della vita nelle sue varie circostanze associata al cronotopo, nel tendersi verso istanti perfetti che accadono senza sforzo e non si cercano, attimi spesso sottesi alla contemplazione estatica della natura che attraverso gli occhi entra nell’anima. Il primo frammento della prima sezione è intitolato “Natale da vivere, Natale da consumare” e nel leggerlo viene in mente il saggio di Benedetto Croce Perché non possiamo non dirci cristiani quando il Nostro afferma che la festa del Natale è entrata nel patrimonio storico di tutti i credenti e non credenti, cristiani e laici e potremmo aggiungere nelle coscienze di quasi tutti i popoli del pianeta terra e, del resto, ha scritto giustamente un teologo che con Gesù non si finisce mai a partire dai crocifissi d’oro al collo di ragazze e questo vale anche per gli agnostici e gli atei.

È anche una scrittura di denuncia a livello politico-sociale quella di Enzo perché è detto che in un Convegno del Club Alpino Italiano sono state denunciate tutte le distorsioni del sistema economico all’attacco del bene-montagna ai fini esclusivi di lucro senza la benché minima salvaguardia ambientale.

Invece scrive Enzo che la montagna autentica, quella dei montanari, delle vette, della civiltà alpina dei ghiacciai e delle bufere, delle rocce e dei rifugi, dei boschi e del vento delle cose antiche e del silenzio e dei valori umani, della saggezza e del coraggio, della memoria e della speranza delle suggestioni e delle emozioni… chi la ricerca ancora?    

Quindi è la montagna con il suo indiscutibile fascino la protagonista del libro perfettamente orchestrato architettonicamente composito e articolato e bello è il connubio che si viene a creare tra l’insieme dei frammenti e le affascinanti fotografie riprodotte (scattate quasi tutte dall’autore, tranne Valle Spluga che è di Domenico Lorusso).

E le montagne dette con urgenza non sono solo le Alpi e gli Appennini ma per esempio le Calanques che sono montagne calcaree biancheggianti che si gettano a precipizio nel mare con pareti altissime o formano baie o insenature dai fondali limpidissimi.

Ma c’è anche il rovescio della medaglia perché anche nella nostra contemporaneità tecnologica come si apprende dalle cronache continuano ad accadere incidenti mortali in montagna nella quale perdono la vita gli scalatori a conferma che la natura stessa è superiore all’uomo che è egli stesso natura ma che non è superiore a se stesso.

Raffaele Piazza  

 

 

Enzo Concardi, La mente e i luoghi. Montagne, viaggi e avventure, pref. Claudio Smiraglia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 240, isbn 978-88-31497-81-7, mianoposta@gmail.com.

 

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Dark

15 Gennaio 2023 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #patrizia poli, #recensioni, #serie tv, #televisione

 

 

 

 

Binge watching forsennato per questa superlativa serie basata sul time travel. Incastri, incroci e rimandi difficili quanto un cubo di Rubic, filosofia allo stato puro e continue interrogazioni sul tempo, sul determinismo, sul libero arbitrio, sul senso della vita e della morte.

Tutto è adesso, il presente non esiste perché frutto di interconnessioni con passato e futuro, il futuro condiziona il presente quanto il passato, ciò che deve accadere accadrà comunque. Il tempo è Dio, e non è compassionevole.

Persone che incontrano e magari uccidono il proprio doppio più giovane o più vecchio, o il corrispondente di sé nell’altra dimensione. Madri che sono figlie delle proprie figlie. Figli che conducono nel passato il proprio padre bambino. Un rompicapo affascinante quanto arduo da ricostruire.

Nella terza stagione scopriamo che ci sono anche più realtà parallele e che i personaggi tanto amati in realtà non esistono, ma questo ci piace meno, preferiamo le prime due.

Un applauso comunque agli autori che – almeno loro – non hanno perso il filo, e al cast di bravi attori, numeroso poiché per rappresentare molti singoli personaggi si sono usate tre persone diverse. Ridotto, invece, il luogo in cui si svolge la storia e veramente poche, quasi claustrofobiche, le location, ma ciò non inficia la profondità spazio-temporale della trama.

Molto si basa su un dualismo manicheo, luce e buio, Eva e Adamo, ma tutto si risolve col ritorno allo status quo ante – una eucatastrofe triste e malinconica - prima che la creazione della macchina del tempo a opera dell’orologiaio (Dio? Il Big Bang?) scindesse l’universo creando altre due realtà parallele.

Un ottimo lavoro che dà da pensare, come tutta la buona fantascienza.

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"Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Wanda Lombardi" a cura di Enzo Concardi

14 Gennaio 2023 , Scritto da Marco Zelioli Con tag #marco zelioli, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

ANALISI RAGIONATA DEI SAGGI CRITICI

RIGUARDO WANDA LOMBARDI

A cura di Enzo Concardi

 

Un nuovo "Cammeo" arricchisce la produzione di Guido Miano Editore: è il libro curato da Enzo Concardi e dedicato alla Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Wanda Lombardi, che ripercorre la nutrita produzione poetica della scrittrice.

Il curatore raccoglie nelle cinque parti principali del libro una rassegna di vari scritti della recente critica sulle opere della Lombardi, soffermandosi sulla poetica generale, su tematiche “trasversali” che si trovano nella sua produzione (come ben illustrato nel capitolo “Il tempo, il cosmo, l’oggi e il divino: un viaggio trasversale e ascensionale”), su accostamenti a poeti stranieri e sui “connubi artistici”, mettendo in risalto l’attenzione al mondo giovanile, che la Lombardi dimostra avere molto a cuore, da insegnante di scuole secondarie qual è stata.

Ne esce un ritratto artistico interessante e completo, che invoglia a leggere, o rileggere, le sue opere, anche grazie alla breve antologia della produzione poetica della scrittrice che chiude il volumetto, spaziando dalla prima raccolta Sensazioni (2001) a quella più recente Volo nell’arte (2021). Un volumetto agile ma denso, che compendia bene le linee portanti della poetica ed i messaggi essenziali della poesia di Wanda Lombardi.

Utile non solo ai suoi estimatori, che possono così avere un suo ritratto artistico aggiornato e completo, ma anche (forse soprattutto) per introdurre nuovi lettori alla ricchezza di sfumature di questa scrittrice semplice e delicata, interessante.

Marco Zelioli

 

 

Enzo Concardi (a cura di), Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Wanda Lombardi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 84, isbn 978-88-31497-48-0, mianoposta@gmail.com.

 

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Floriano Romboli, "Il fascino e la forza della letteratura"

13 Gennaio 2023 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #saggi

 

 

 

 

 

IL FASCINO E LA FORZA

DELLA LETTERATURA

 

VOL. 2:  FOGAZZARO – DANTE

DE SANCTIS – MALAPARTE

D’ANNUNZIO – DE ROBERTO

SANMINIATELLI

 

 

Non c’è tema, argomento, problema, dimensione, aspetto dell’umano vivere che la letteratura non abbia trattato in ogni epoca, cultura, civiltà, territorio del nostro pianeta, ovviamente dopo l’avvento della scrittura, che ha gradualmente sostituito la trasmissione orale del sapere, delle conoscenze, delle creazioni spirituali dell’uomo. Tale affermazione non va interpretata in senso apologetico, poiché mi pare inequivocabile che essa provenga da dati di fatto, cioè dai contenuti dei testi di ogni genere. Questa riflessione mi è sorta spontanea nell’accingermi a scrivere la premessa al secondo volume di Floriano Romboli, ovvero Il fascino e la forza della letteratura, continuazione cronologica e progettuale del primo tomo, entrambi quindi dedicati ai saggi di critica letteraria dello studioso e scrittore di Pontedera. A taluni potrà sembrare scontato e banale quanto si va dicendo ma, purtroppo, oggi non è così: il termine letteratura viene spesso citato, anche da esponenti di pubbliche istituzioni, in senso dispregiativo, come se fosse il prodotto di un mondo a sé stante, coltivatore di utopie e di sogni, inutile allo sviluppo della società e della civiltà, mentre è vero il contrario. Il fascino e la forza della letteratura dipendono proprio dal fatto che essa è stata ed è presente nella storia umana denunciando il negativo, testimoniando i valori fondamentali dell’uomo e proponendo modelli antropologici e spirituali progressivi. Ciò perché, nella gran parte dei casi, lo scrittore cerca la verità, mentre il politico mira al potere: sono due prospettive divaricanti.

 Lo si evince chiaramente se si leggono con attenzione, interesse, passione i lavori di Floriano Romboli, che hanno la capacità di coinvolgere il lettore in un cammino alla scoperta della bellezza della cultura letteraria, dal momento che egli non si limita a quella che potrebbe essere un’asettica esposizione ‘tecnica’ ed ‘accademica’, poiché riesce a far vivere e brillare di luce propria ogni autore ed ogni opera, di cui ricostruisce l’humus psicologico, familiare, sociale, storico e dunque epocale, riportando anche eventi esistenziali, travagli e aneddoti per una loro più approfondita comprensione. Inoltre stupisce favorevolmente la ricchezza delle fonti citate e comparate, in modo da non far apparire solo la sua versione, dando così la possibilità al lettore di confronti dialettici fecondi: iniziò con tale metodo l’avventura della critica letteraria italiana agli albori dell’Umanesimo con Francesco Petrarca, considerato a ragione un capostipite nel campo, sostenuta dalla ricerca dell’interpretazione autentica dei testi. In definitiva i saggi qui pubblicati risultano sommamente stimolanti da ogni punto di vista, ed io riterrei principalmente dai versanti gnoseologici e noetici, ovvero suscitatori di sapere e pensiero.

Saggi che riguardano: Fogazzaro, Dante, De Sanctis, Malaparte, D’Annunzio, De Roberto, Sanminiatelli – come sintetizzato in esergo quasi come sottotitolo – ma che in realtà si occupano direttamente o indirettamente di altri autori chiamati in causa dal critico per allargare le visioni in materia, come vedremo di seguito. Se vogliamo storicizzare il periodo e i periodi in cui essi sono contestualizzati, potremmo suggerire a grandi linee la collocazione dei confini tra Otto e Novecento, tra Risorgimento e Grande Guerra, con sconfinamenti all’indietro nel caso di Dante (in verità si tratta delle riflessioni di pontefici contemporanei) e in avanti con Sanminiatelli. Gli alvei culturali principali sono allora quelli del Positivismo (soprattutto per la prospettiva evoluzionistica) e del Decadentismo, nella sua accezione più ampia, che può comprendere lo spiritualismo fogazzariano; il frammentismo; l’aggressività futurista e le componenti irrazionalistiche; il sensismo, il panismo e la dottrina del superuomo mutuata dal D’Annunzio dalla cultura tedesca (Nietzsche). Ma saremo più precisi ora nel presentare al lettore i singoli saggi.

Il primo di questi è inedito e porta come titolo: Fogazzaro e i suoi due “Piccoli mondi”. Si tratta naturalmente dell’analisi di alcuni aspetti dei due romanzi storico-psicologici dello scrittore vicentino: Piccolo mondo antico (1895 - ambientato essenzialmente in Valsolda nell’epoca risorgimentale) e Piccolo mondo moderno (1901 - prosecuzione cronologica del primo nell’Italia post-unitaria e nella terra natale del Fogazzaro). L’esiguità dello spazio ci costringe ad essere stringati, e questo vale anche per gli altri saggi. La prima notazione interessante di Romboli riguarda il legame stretto esistente - nella narrazione delle vicende dei coniugi Maironi e degli altri personaggi – tra le varie forme del paesaggio, le tonalità delle cromaticità e gli stati d’animo dei protagonisti: qui rientrano le descrizioni paesistiche dell’amata Valsolda, brani – come una lettera di Luisa a Franco esule a Torino – dove gli elementi naturali assumono valenze spirituali e proiezioni trascendenti. Un’altra cifra dominante le dinamiche del romanzo sono attinenti al contrasto buio-luce, all’antitesi tra l’oscurità di taluni risvolti interiori e le illuminazioni che subentrano negli slanci ideali verso il futuro, per cui esiste sempre un travaglio intimo nel quale si dibattono le anime e le coscienze messe a nudo dall’autore. Simili dualismi o bipolarizzazioni sono presenti anche nelle dimensioni politiche e sociali, nel motivo patriottico-indipendistico-risorgimentale (Franco: «Servir l’Italia, morir per lei!»), che tuttavia lasciano sullo sfondo la presenza del popolo, verso il quale il Fogazzaro ha sempre avuto un atteggiamento paternalistico.

 Fondamentale – secondo Romboli – nel rapporto matrimoniale tra Franco e Luisa è la diversa sostanza della fede religiosa, che li fa agire in contrasto anche davanti alla tragedia familiare della morte della figlia: lui ha ereditato i valori tradizionali dall’ambiente nativo ed a quelli è saldamente ancorato; lei ha ricevuto dal padre non-credente i valori della ragione, della giustizia e sviluppa riflessioni problematiche che la porteranno anche a ribellarsi a Dio a causa del dolore per la perdita della piccola Maria. In tutto ciò si svela un’altra conferma della tesi del critico: il conflitto come legge che regola la vita interna delle anime e le relazioni tra le stesse. Condivisibile anche la sua osservazione sull’accostamento operato da Giorgio Bàrberi Squarotti con I Promessi Sposi manzoniani, considerato fuorviante: le tematiche fogazzariane sono forse più rintracciabili talvolta – seppur con le dovute cautele - nel Tommaseo (Sebenico 1802 – Firenze 1874) di Fede e bellezza (1842), ritenuto dalla critica anticipatore della sensibilità decadentistica (sensismo e moralismo; sensualità e religiosità; terra e cielo). Problematiche che riscontriamo maggiormente sviluppate dal Fogazzaro in Malombra (1881) e in Piccolo mondo moderno, dove il protagonista Piero Maironi fatica a trattenere la sua sessualità repressa quando incontra l’affascinante Jeanne Dessalle. Il secondo piccolo mondo nasce come prosecuzione storica del primo, ma si svolge sotto il segno della crisi per il tramonto degli ideali risorgimentali ed è immerso nella nostalgia del mondo antico, dei suoi valori, delle sue figure autorevoli, delle sue atmosfere. Infatti il nuovo mondo politico post-unitario della provincia veneta mostra una precoce decadenza e un immiserimento ideale a favore di anguste dimensioni localistiche. L’acribìa di Romboli ci fa conoscere anche una comparazione interessante con Hippolyte Taine (Vouziers, 1828 – Parigi, 1893) tratta da Les origines de la France contemporaines (1876-1893). Né l’amore, né la politica saranno comunque i mondi definitivi del protagonista: dopo la morte della moglie Elisa si realizza la metamorfosi verso la vita religiosa, nella «chiamata impellente a vivere e a operare nella Chiesa di Dio». Una sorta di vittoria finale della fede per una ritrovata pace interiore, fuori dalle delusioni del mondo.

Gli altri saggi del libro sono già stati pubblicati: L’opera di Dante nelle riflessioni storico-culturali ed etico-religiose di alcuni papi contemporanei in “Soglie. Rivista quadrimestrale di poesia e critica letteraria”, anno XXI, n° 2-3, agosto-dicembre 2019, Badia San Savino - Cascina (PI). Questo più breve lavoro inizia con le considerazioni di Benedetto XV (1854-1922) sulla genialità di Dante e sulla sua certa appartenenza alla Chiesa, essendo la Divina Commedia un’opera scritta per la glorificazione di Dio (Enciclica In praeclara summorum, 1921). Dopo aver elogiato le sue prese di posizione contro la Grande Guerra, definita «l’inutile strage», Romboli sottolinea l’importanza della ‘riabilitazione’ dell’opera De Monarchia, attuata anche da Leone XIII (1810-1903), il papa dell’enciclica sociale Rerum novarum. Sulla stessa linea si colloca Paolo VI (1897-1978), fine intellettuale, che istituisce una cattedra di studi danteschi, ammira lo spessore teologico di Dante e ne riafferma la ‘cattolicità’ (lettera apostolica Altissimi cantus, 1965). Così anche papa Francesco (2021). Ed in chiusura l’autore sottolinea la singolare comunanza di vedute su Dante fra il magistero religioso e la critica moderna, in particolare con la citazione di Giovanni Getto (1913-2002) in relazione al Paradiso.

Anche il terzo saggio - La prospettiva evoluzionistica e l’avvenire dell’uomo. Alcune note sulla letteratura italiana al passaggio dall’Otto al Novecento - appare sulla rivista precedente, ma dell’anno XIV, n°1, aprile 2012). Argomento affascinante che viene sviluppato dall’autore in modo esteso e con dovizia di riferimenti culturali, di cui segnaliamo i più significativi. L’analisi del pensiero del Taine apre lo studio, annotando alcuni dei suoi preferiti bersagli storico-filosofici: il razionalismo, l’astrattismo ideologico, il giacobinismo, per arrivare a dimostrare la permanenza nell’uomo degli istinti bestiali e distruttivi. Qui Romboli si allaccia alla nota teoria darwinania de L’origine della specie (1859) e de L’origine dell’uomo (1871) sulla selezione naturale ma, con il De Sanctis (1817-1883), si astiene dall’entrare negli aspetti scientifici, sottolineando che essa va considerata come una nuova visione del mondo, poiché Darwin (1809-1882) è un vero e proprio maître à penser (espressione del De Sanctis). Seguono poi altri contributi favorevoli a Darwin: Arturo Graf (1848-1913) che dichiara superato il Linneo; Roberto Ardigò (1828-1920), la duplicità della natura umana; Ernst Haeckel (1834-1919) con la sua “legge biogenetica fondamentale”. Il contrasto bestia-uomo viene indi ricercato nel D’Annunzio (1863-1938) a partire da Maia (1903) e nei suoi eterni conflitti tra Eros, Morale, Uomo e Superuomo. In Pascoli (1855-1912) che auspica il superamento della parte ferina ed aggressiva verso una continua ascesa antropologica e morale. Così anche nel Fogazzaro (1841-1911) che tenta una conciliazione fra darwinismo e fede cristiana, come più tardi Teilhard de Chardin (1881/1955), in modo più articolato e complesso: L’avvenire dell’uomo (1946), Il fenomeno umano (1955); il Fogazzaro soprattutto di Malombra (1881 – conflitto brutalità-umanità) che in conclusione dichiara che non discendiamo dal bruto, ma da esso ascendiamo.

La Grande Guerra nelle pagine di scrittori italiani del primo Novecento: Federico De Roberto, Curzio Malaparte, Gabriele D’Annunzio (pubblicato nei “Quaderni dell’Associazione di Cultura Classica”, Delegazione di Pontedera, novembre 2018): ecco il successivo prezioso lavoro di questo volume. Le testimonianze sulla Grande Guerra riguardano soprattutto diari, frammenti, lettere, pochi romanzi (Monelli, Alvaro). La disumanità del conflitto emerge da chi l’ha vissuto, come il soldato Gualtiero del Guerra (1889-1951); dai ripensamenti di diversi intellettuali interventisti (Serra, Lussu); dal nazionalista-patriottico Federico De Roberto (1861-1927) nel racconto La paura: guerra di trincea sotto il tiro dei cecchini austriaci, la follia dei suicidi; dalle contraddizioni di Curzio Malaparte (1898-1957) che vede Caporetto come lotta di classe e rivoluzione. Fa eccezione il protagonismo dannunziano: il Vate esalta l’eroismo, ama le violente invettive, perde un occhio dopo un incidente aereo… ma ha pietà per i soldati morti e l’autore conclude che l’arte sua (Il notturno) è superiore all’ideologia.

Si passa poi al penultimo saggio: A proposito di Francesco De Sanctis (pubblicato in “Rassegna Lucchese. Periodico di cultura”, n°17-18, autunno 1983 - inverno 1984, edizioni: Maria Pacini Fazzi). L’inscindibilità tra critica letteraria e impegno civile nell’opera e nella vita desanctisiane è la tesi difesa da Romboli, che mette in guardia dalle appropriazioni ideologiche (Gamsci, Croce, Gentile), afferma l’unità fra etica ed estetica, non simpatizza con Asor Rosa nei suoi giudizi liquidatori.

Trattando Il tema della natura nella narrativa di Bino Sanminiatelli (pubblicato in “La rassegna della letteratura italiana”, serie IX, n°2, luglio-dicembre 1998, edizioni Le Lettere) Romboli chiude con un motivo lirico-bucolico il suo libro, sebbene ci dica che il Sanminiatelli (1896-1984) non sia solo un autore che esprime un grande amore per la libertà e la genuinità della natura, per il mondo animale, per il tratteggio paesistico (ammirato da Emilio Cecchi,) in quanto la sua riflessione si espande ad un naturismo filosofico che contempla il rapporto uomo-universo, s’addentra nel mistero del cosmo, attua un processo alla civiltà, denuncia la contraddizione città-campagna, lascia spazio alla satira di costume, alla meditazione sulla morte e sul significato della vita.

Enzo Concardi

 

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L’AUTORE

Floriano Romboli (Pontedera, 1949) ha compiuto i suoi studi presso la Scuola Normale Superiore di Pisa ed è stato per tanti anni insegnante di materie letterarie e latino nei licei. Si è interessato alla cultura rinascimentale, studiando soprattutto l’epica del Tasso; è poi passato ad occuparsi della letteratura italiana ed europea fra Otto e Novecento, nonché di narrativa e poesia contemporanee. È stato docente di letteratura italiana presso la Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario (SSIS) dell’Università di Pisa. Tra le sue numerose pubblicazioni: Un’ipotesi per D’Annunzio. Note sui romanzi (1986); Le ragioni della natura. Un profilo critico di Bino Sanminiatelli (1991); La letteratura come valore. Scritti su Carducci, D’Annunzio, Fogazzaro (1998); Fogazzaro (2000); Natura e civiltà (2005); L’azzardo e l’amore. La ricerca poetica di Nazario Pardini (2018). Ha curato l’edizione dei Racconti di Fogazzaro (1992) e di opere di Bino Sanminiatelli, di Eugenio Niccolini, di Dino Carlesi, nonché del diario dell’ufficiale pontederese Gualtiero Del Guerra alla prima guerra mondiale. Collabora a riviste specialistiche e a periodici di cultura generale e politica. Ha prefato i volumi di Nazario Pardini: Le voci della sera (1995), Le simulazioni dell’azzurro (2002), Scampoli serali di un venditore di arazzi (2012), I dintorni della vita. Conversazione con Thanatos (2019); ha scritto la postfazione della raccolta Alla volta di Lèucade (1999) prefata da Vittorio Vettori. Nel 2020 ha conseguito il premio “Una penna a Pontedera”, 32a edizione per l’anno 2019.

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Floriano Romboli, Il fascino e la forza della letteratura, vol.2, pref. di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 148, isbn 978-88-31497-93-0, mianoposta@gmail.com.

 

 

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29esimo Trofeo RiLL per il miglior racconto fantastico

12 Gennaio 2023 , Scritto da Redazione Con tag #concorsi

 

 

 

 

29esimo Trofeo RiLL per il miglior racconto fantastico

Scadenza: 20 marzo 2023

 

Sono aperte sino al 20 marzo 2023 le iscrizioni al 29esimo Trofeo RiLL per il miglior racconto fantastico, concorso letterario organizzato dall’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare, col patrocinio del festival internazionale Lucca Comics & Games e della casa editrice Acheron Books.

Possono partecipare al Trofeo RiLL storie fantasy, horror, di fantascienza e, in generale, ogni racconto sia (per trama e/o personaggi) “al di là del reale”.

Ogni autore/autrice può inviare una o più opere, purché inedite, originali e in lingua Italiana.

Da un decennio i racconti ricevuti sono oltre 300 all’anno (nel 2022: 371 racconti), scritti da autori/ autrici residenti in Italia e all’estero.

Ogni partecipante può decidere se inviare i racconti in modalità cartacea oppure elettronica. Per i/le partecipanti residenti all’estero, è raccomandata la spedizione in formato elettronico.

I dieci racconti finalisti del 29esimo Trofeo RiLL saranno pubblicati (senza nessun costo per i rispettivi autori/autrici) in un e-book della collana “Aspettando Mondi Incantati”, curata da RiLL. Inoltre, i migliori 4-5 racconti fra quelli finalisti saranno pubblicati (gratuitamente) nell’antologia del concorso (collana “Mondi Incantati”, ed. Acheron Books), che sarà presentata al festival internazionale Lucca Comics & Games (novembre 2023).

Infine, il racconto primo classificato sarà tradotto e pubblicato, sempre gratis, in Spagna (su Visiones, antologia annuale di Pórtico - Asociación Española de Fantasía, Ciencia Ficción y Terror) e in Sud Africa (su PROBE, il magazine dell’associazione SFFSA - Science Fiction and Fantasy South Africa).

L’autore/autrice del racconto primo classificato riceverà un premio di 250 euro.

La selezione dei dieci racconti finalisti sarà curata da RiLL. Ciascun testo partecipante sarà letto e valutato in forma anonima, cioè senza che i lettori-selezionatori conoscano il nome dell’autore/autrice.

La giuria del Trofeo RiLL stabilirà poi, fra i racconti finalisti, quelli da premiare e pubblicare nell’antologia “Mondi Incantati” del 2023. Fra i giurati dell’edizione 2022 del Trofeo RiLL: gli scrittori Donato Altomare, Mariangela Cerrino, Giulio Leoni, Gordiano Lupi, Massimo Pietroselli, Vanni Santoni, Sergio Valzania; lo sceneggiatore di fumetti e scrittore Roberto Recchioni; il sociologo e autore di giochi Luca Giuliano; l’anglista e saggista Cecilia Barella; la poetessa Alessandra Racca; i giornalisti ed autori di giochi Andrea Angiolino, Renato Genovese e Beniamino Sidoti.

Ogni partecipante al 29esimo Trofeo RiLL riceverà una copia omaggio dell’antologia “QUEL SIGNORE IN SALOTTO e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni” (ed. Acheron Books, 2022, collana Mondi Incantati), che prende il titolo dal racconto vincitore del 29esimo Trofeo RiLL, scritto dal modenese Nicola Catellani.

Il libro propone tredici storie: i migliori racconti del 28esimo Trofeo RiLL e di SFIDA 2022 (altro concorso bandito da RiLL) e i racconti vincitori di quattro premi per storie fantastiche organizzati all’estero (in Australia, Portogallo, Spagna e Sud Africa) e con cui il Trofeo RiLL collabora.

Tutti i libri della collana “Mondi Incantati” sono disponibili su Amazon, Delos Store, Lucca Fan Store, oltre che (a prezzo speciale) su RiLL.it

Gli e-book della serie “Aspettando Mondi Incantati”, dedicata ai racconti finalisti del Trofeo RiLL, sono invece disponibili nel Kindle Store di Amazon e, come EPUB, su KOBO, La Feltrinelli e Mondadori Store.

La cerimonia di premiazione del 29esimo Trofeo RiLL avrà luogo a inizio novembre 2023, a Lucca Comics & Games.

Per maggiori informazioni si rimanda al bando di concorso, all’e-mail e al sito di RiLL (che ospita ampie sezioni sul Trofeo RiLL e le connesse collane di antologie/ e-book).

 

Associazione RiLL - Riflessi di Luce Lunare

via Roberto Alessandri 10, 00151 Roma

https://www.rill.it/

info@rill.it

 

L’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare è attiva dai primi anni ’90.

La principale attività è il Trofeo RiLL per il miglior racconto fantastico, un premio letterario curato dal 1994 e che ha riscosso un interesse crescente fra gli/le appassionati e gli/le scrittori esordienti.

Dal Trofeo RiLL sono nate tre collane: “Mondi Incantati” (antologie con i racconti premiati in ogni annata di concorsi RiLLici), “Memorie dal Futuro” (antologie personali dedicate agli autori/ autrici che più si sono distinti nei premi organizzati da RiLL) e “Aspettando Mondi Incantati” (e-book che pubblicano i racconti finalisti di ogni edizione del Trofeo RiLL). Le antologie/ e-book curati da RiLL sono tutti realizzati senza alcun contributo da parte degli autori/ autrici.

Sul sito di RiLL sono on line molte informazioni sul Trofeo RiLL e le sue diverse edizioni, sugli altri concorsi e iniziative organizzate da RiLL e un vasto archivio di articoli e interviste.

 

 

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Alessandro Ceccherini, "Il mostro"

11 Gennaio 2023 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni, #saggi

 

 

 

 

Il mostro

Alessandro Ceccherini

Nottetempo, 2022

 

 

Ho appena terminato questo libro. Cinquecento pagine di una ricostruzione degli eventi del Mostro e che cercano di fare collimare tutte le insensatezze, imprecisioni, investigazioni a membro di loppide, prove artefatte e forse anche depistaggi. Mission Impossible insomma. Ceccherini, a cui riconosco una approfondita ricerca storia, politica e sociale degli ultimi 50 anni, prima di tutto commette un errore imperdonabile che fa crollare tutta la sua impalcatura: pone la prima mutilazione pubica sulla Cambi nell'82, quando questa avvenne l'anno prima sulla De Nuccio. Se contiamo che al centro degli omicidi vi è un medico cocainomane e sessuomane che nella storia viene coinvolto a partire dal caso di Calenzano, i conti non tornano. Come poi si giustifichino le prime 3 coppie di delitti apparentemente senza connessione è un'acrobazia degna del Movimento Cassina: ovvero il primo un delitto passionale (messo in carcere un ritardato, verosimilmente innocente), il secondo una roba rituale massonica, così, de botto senza senso (cit), dal terzo in poi una strategia della tensione 2.0 in cui al quarto appunto coinvolgono il suddetto chirurgo sociopatico drogato, perché chi non metterebbe un piano per destabilizzare una nazione intera nelle mani di uno psicolabile lussurioso e con amicizie potenti senza tema che lo divulghi all'urbe e all'orbe? Tra le pieghe scorgiamo quel mentecatto del Pacciani che si insinua trascinando quell'altro Torsolo del Vanni che piano piano vengono utilizzati come capri espiatori. In mezzo ci passano tutti: Licio Gelli, Rodolfo Fiesoli, la Massoneria, la Magistratura, i Servizi Segreti, i Carabinieri, la CIA, lo scandalo del Forteto, la morte di Rino Gaetano e qualche spicciolo che sto sicuramente dimenticando. Un guazzabuglio in cui si perdono con grande facilità il filo e le connessioni e che diventa poco credibile perché, pallottoliere alla mano, si parla di 16 persone uccise rimaste senza giustizia per un complotto che ha coinvolto a occhio un centinaio di persone senza che nessuna mai abbia parlato per salvarsi. Nemmeno quella faina del Lotti, che addirittura finisce per autoaccusarsi nella sua oligofrenia certificata. Possibile? Tutto lo è teoricamente, ma se stiamo messi così male a omertà, depistaggi, forze dell'ordine e magistratura incapaci, beh, allora ci meritiamo tutto. In due parole: mi è parso una inutile complicazione di una storia criminale più facilmente giustificabile con l'operato del classico assassino seriale, mai trovato perché ai tempi mentalità e tecniche investigative erano inadeguate. Ma il Rasoio di Occam gli fa proprio così schifo?

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Gabriella Veschi, "Imprevisti Battiti"

10 Gennaio 2023 , Scritto da Michele Miano Con tag #michele miano, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

La complessa personalità di Gabriella Veschi ci induce ad una particolare valutazione della sua opera letteraria: oltre a dedicarsi alla poesia si occupa di critica letteraria con saggi e monografie su autori contemporanei e del passato.

La sua poesia evita di limitarsi ad una immediata descrizione e ricezione del reale. Intento della poetessa è quello di librarsi al di sopra delle contingenze del mondo, delle sue fragili miserie, per assurgere ad una dimensione che schiuda le porte ad una primigenia purezza.

Una poesia che attinge direttamente ad una dimensione lirica soggettiva, dove il tono sommesso e colloquiale conferisce alla composizioni un pacato ritmo, venato da una sottile malinconia di fondo.

Poesia che ad una attenta lettura risulta scarnificata e che va al di là delle immagini, dei riferimenti terreni per inseguire una metafisica verginità che non è di questo mondo. La sua è una poesia di umano e cosmico contrasto tra vita e morte, luce ed ombra, inverno e primavera, gioia e dolore, allegria e pessimismo cadenzata tuttavia con levità di toni e di sapienti scansioni a volte discorsiva, sempre sorretta dal dettato lirico che non ignora la lezione della melica italiana di classica fattura. L’ispirazione di Gabriella Veschi affonda le radici in un ampio registro: a volte prevale l’amarezza, il disincanto distaccato di chi osserva la realtà caduca ed effimera altre volte sembra cogliere nelle immagini e negli spettacoli della natura i profondi significati della realtà e della vita, in una ricerca di armonia e luce, di una pace profonda.

Si legga a titolo esemplificativo la lirica Cosa rimarrà: «Cosa rimarrà / delle bellezze del creato, / delle bionde messi ondeggianti / alla carezza del vento, / della distesa celeste, / della serena calma del mare / nelle frizzanti sere d’estate, / delle umide ampolle di nebbia / al passaggio del / malinconico autunno…».

La poetessa sa evocare affetti dal profondo e percepisce le voci del mistero, la ricerca insondabile di un’altra strada; al riguardo emblematica la poesia Alternativa: «… cerco una luce che / mi conduca alla / ricercata pace / dopo i giorni / sconvolti dai / vortici della / bufera…».

Avverte la fuggevolezza del tempo, insieme alla tragicità dell’indifferenza umana che rende vana a volte la stessa parola. Il suo linguaggio di solito controllato, a volte rivela una certa irruenza, segno di una viva passionalità e di un’energia che attraversano il suo mondo interiore, aperto al delicato sentire, come anche l’impulso dei sensi. La poetessa sa opporsi con vigore all’ingiustizia e alle sconfitte, seppure cosciente del potere dell’illusione, che spesso ottenebra e oscura i nostri tempi come in Guerra in Ucraina: «Parole respinte / di fronte agli orrori / di una guerra senza senso / né soluzione…». Dove agli orrori della guerra e delle lacerazioni sociali antepone una profonda e pacata spiritualità. Il suo è un grido di donna ferita, ma anche un’anima capace di meditare e urlare all’infinito il suo disappunto, trasformando il dolore in schietta poesia.

E ancora: «…Fuori il mondo / destabilizzato / non risponde, / freddo e amorfo / come un manichino / incancrenito…» (La piazza degli orrori).

Se nella magia della natura ella riscopre i valori universali che l’uomo ha quasi del tutto perduto, è per ritrovare i suoi equilibri interiori che amalgama il suo pensiero con la purezza del sentimento. Veschi è poetessa che canta l’angoscia della fragilità umana che non ha scampo. Sa essere sguardo di donna del proprio tempo, che sa cogliere e interpretare il dolore, la solitudine, la morte della speranza, la sconfitta consapevole. Le ribellioni, le guerre, i soprusi la violenza non sono altro che la personificazione di un’inarrestabile forza che altera anche le coscienze più fortificate nello spirito, dalle quali però ella si discosta. La sua è una voce che si alza dal magma vulcanico dei crudi interessi umani, una voce che trova nel verso il proprio testamento spirituale, il proprio messaggio di rinascita dei valori umani.

Una versificazione la sua a volte dirompente ed essenziale, che sa cogliere della società ipertrofizzata dal puro utilitarismo, una cronistoria della nostra civiltà tecnologica, della nullificazione che scardina la vera identità dell’uomo. Tuttavia, nonostante lo scandaglio dolente, Gabriella Veschi sembra trovare in un rapporto generoso e fecondo con la vita, la natura, i fatti e le vicende che dominano le sue giornate di ricerca interiore per approdare fortunatamente a una poesia ricca di emozioni, impreziosita da immagini liriche ma anche di meditazione e di valori e descrizioni naturalistiche.

E così emergono delicati quadretti che dipingono la sua città; si legga Ad Ancona, un mattino: «…Il cielo terso / si estende / sfolgorante nel suo / pallido celeste, / si affaccia nel / vuoto di una / finestra senza vetri, / a fotografare / i resti / di un anfiteatro intatto, / splendore desolato…» dove sembra prevalere un atteggiamento più lirico, di pura contemplazione, di scavo interiore, un’oasi di serenità dove estraniarsi dai mali del vivere quotidiano.

La poesia diventa così rifugio, espressione estetica e che in qualche modo consola, guarisce, risana mentre la memoria affiora qua e là e ne sorregge la vera ispirazione.

Una poesia che in sintesi cede il passo alla speranza, «… inizia la folle corsa, / dimentica del dolore / ti elevi verso il cielo…» (Cavalcando), in quanto per la nostra autrice, abbandonarsi alla scrittura è già vivere di spirituale trascendenza.

Michele Miano

 

 

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L’AUTORE

Gabriella Veschi (Ancona, 1959) insegna Materie letterarie presso il Liceo artistico Mannucci di Ancona. Si è occupata di teorie della traduzione e di Letteratura italiana e straniera, pubblicando articoli e saggi critici in riviste e libri riguardanti vari scrittori: Dolores Prato, Ugo Betti, Stanislao Nievo, Sebastiano Vassalli, Leonardo Sciascia, Amelia Rosselli, Sylvia Plath. Per la poesia ha pubblicato le raccolte: Salita e simili (2016), 28 Novembre (2017), Tra natura, memoria e aneliti d’infinito (2021), Il fragile filo dell’esistenza (2022).

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Gabriella Veschi, Imprevisti battiti, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 90, isbn 978-88-31497-95-4, mianoposta@gmail.com.

 

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Antonio Corona, "Oltre la neve"

9 Gennaio 2023 , Scritto da Rita Bompadre Con tag #rita bompadre, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Oltre la neve di Antonio Corona (La Vita Felice, 2022 pp. 68 € 12.00) contiene l'incisività della scrittura interiore, rivolge una profonda riflessione sulle congiunture inattese e miracolose delle relazioni umane, sottintese nella curva emotiva dell'esistenza. La poesia di Antonio Corona nobilita la sostanza sublime della meraviglia, sussurra la magia delle attese, offre il dono di una sequenza lirica scandita dall'immediatezza di una confidenziale, intima verità e dalle occasioni di felicità inaspettata. Genera la volontà dell'innocenza, dà vita allo svolgimento migrante dello spirito, rapito dall'incoraggiamento della sensibilità. Antonio Corona sostiene l'interezza dei propri pensieri rivolgendo il candore del suo sguardo sull'umanità, elogia, all'interno della seduzione quotidiana, l'interrogativo esistenziale, assegna all'essenza delle incrinature e dei tormenti la sensazione istintiva del vuoto. Ascolta l'invisibile forza evocativa del silenzio, riempie la saggezza del cuore attraverso il profumo di un abbraccio, la gentilezza di una complicità, celebra la permanenza seducente dell'amore. Leggere Oltre la neve significa assistere a un insegnamento di consapevolezza, oltrepassare tra le pagine la limpida ispirazione dei ricordi, apprezzare l'intonazione serena della consistenza, trascendere la bellezza dell'immaginazione. I testi sprigionano oscillazioni sentimentali, suggeriscono la loro efficace intuizione dalla forma interpretativa dell'esperienza vissuta, arricchiscono, nell'ordinamento stilistico di quattro suddivisioni esplicative: Sublimazione, Caduta, Riposo, Ritorno alla terra, il credito del sentire. La memoria emotiva circonda la sincerità dei versi, spinge la personale crescita intellettiva dell'autore verso una compiuta elaborazione della propria maturità artistica, rintraccia l'estensione della comprensione e della vicinanza al senso di appartenenza, ritrova il percorso affettivo dell'anima. Oltre la neve è anche una metafora introspettiva in cui le parole restituiscono il suono ovattato della tenerezza, rendono più vivo il desiderio, raggiungono l'equilibrio e il conforto, alleggeriscono i risentimenti quando il velo del passato non oscura il presente. Il significato simbolico del candido manto che imbianca l'orizzonte ricopre l'atmosfera incantata del sogno e va oltre la destinazione di ogni speranza. Il poeta spiega una rinascita capace di rigenerare la pace con noi stessi, rilassare la natura delle cose, riconciliare l'armonia degli incontri e delle relazioni. Ogni immagine cristallizzata riempie la mente con lo spazio inconscio, scioglie la fragilità, intensifica la fortunata e protetta risorsa dei vincoli romantici. La scrittura delicata e raffinata di Antonio Corona rinnova il percorso sovrumano della commozione, nel legame indissolubile con un linguaggio autentico e parla attraverso l'espressione traslata di un'aderenza mediatrice tra spiritualità e carnalità come nel contatto divino tra cielo e terra, nella dolce lusinga del trascorrere del tempo. Infine mi permetto di dedicare ad Antonio Corona un'ispirata esortazione, nella piacevole suggestione delle parole del poeta Tito Balestra, con l'augurio che ne farà tesoro nel momento opportuno: “Se hai una montagna di neve tienila all'ombra”.

 

 

Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/

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Non sarà manna dal cielo

né verità che ci uccide

ma come letto di fieno

saprà di vita che siede.

 

                               *BIANCA  ATTESA

 

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Imprigionami in un gesto di libertà

assolvimi con la sentenza di una carezza

fammi arrossire con l'ardore di un sorriso

accompagnami altrove e sentirò la felicità

nei tuoi passi ancora incerti.

 

Sarò bolla di sapone che permane.

 

                                                  *SARO'

 

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CHIEDILO ALLA NEVE

 

Chiedilo alla neve perché ci amiamo:

si scioglierà per divenir sorgente

o muterà in ghiaccio che scalfiremo.

Poi un giorno diverrà vapore

e moriremo lievi.

 

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Cerca dentro i tuoi silenzi

la ricchezza del pensiero,

non è mai leggero il pane

capace di assorbire la zuppa.

 

                                                                   

                                  *CERCA

 

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In una vecchia firma

un'assenza che non mente.

Nero su bianco permane agli atti

un passaggio di morte obbligata

che ci offende in scala 1:100

come un progetto, studiato a tavolino.

 

                                          *IN UNA VECCHIA FIRMA

 

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COS'È LA VITA?

 

Quando anch'io me lo chiederò

sarà ormai troppo tardi:

scoprirò ch'è vuoto inspiegabile

che riempie ogni spazio rimasto.

 

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DI COSA È FATTO IL  CIELO

 

Di parole nude è fatto il cielo

d'inchiostro sulla pelle i desideri

e noi – di stelle morenti.

 

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VARIANTI

 

Amare l'impossibile

è la vita che danza sulle punte

fino a farle sanguinare.

 

Amare il possibile

è la morte che siede a colazione

assaporando un croissant.

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Francesco Rossi, "Scorie d'esperienza"

6 Gennaio 2023 , Scritto da Raffaele Piazza Con tag #raffaele piazza, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Francesco Rossi

SCORIE D’ESPERIENZA

 

Scorie d’Esperienza, la raccolta di poesie di Francesco Rossi che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Floriano Romboli esauriente, acuta e ricca di acribia intitolata: Dare un senso alla vita: il coraggio, la fatica e la rabbia di un poeta, parole che hanno un valore programmatico da intendersi nel senso a livello di coscienza letteraria dell’incontrovertibile valore salvifico della poesia stessa per varcare la soglia del senso stesso per liberarsi da una vita alienante e giungere o almeno arrivare in prossimità della possibilità di abitare poeticamente la terra in fusione e armonia con essa.

La poetica di Rossi è connotata da intellettualismo e anche talvolta da accenni di poesia civile (non a caso il riferimento esplicito a Pasolini): «Il Poeta tra l’umile s’addentra / Italia che vive sotterranea, / trìvia per il passato popolare, / lontana origine della coscienza… // Di fronte alla storia qual muta varia / si scontra l’ “ègo” borghese invischiato /…» (A miglior vate le ceneri…).

Si diceva di liberazione e in realtà dal titolo della raccolta emerge la parola “scorie” da intendersi come residuo di un processo per esempio di estrazione di un metallo da un minerale, qualcosa di cui liberarsi. Sembrerebbe che qui metaforicamente le scorie (per antonomasia inutili e dannose) possano avere un risvolto ottimistico e positivo e divenire esse stesse poesie come frutto dell’esperienza.

L’autore del volume è nato nel 1973 a Jesi (AN) e ha pubblicato numerose opere letterarie.

Il libro è scandito nelle seguenti sezioni: Ouverture pasoliniana, Via Crucis, Ozio di Marca, ed è composito e articolato architettonicamente.

Quindi nel suo poiein il poeta si rivela un eclettico ritrovando nella sua produzione tematiche svariate anche se a livello stilistico formale tutte le poesie sono connotate da un comune denominatore, quello di una parola detta con urgenza che provoca complessità e che ha un forte impatto con il lettore a livello emozionale, lettore stesso che è meglio che legga per due volte le poesie per una maggiore comprensione anche se non si ritrova mai né l’alogico, né l’anarchico nel distendersi dei versi dei componimenti che brillano per icasticità.

C’è anche il tema della poesia che riflette sulla poesia, si ripiega su se stessa: «Smania il Poeta di parlare al mondo, / di raccontare, di offrire se stesso, / a un contesto sociale di valori!...» (L’usignolo che stonato canta…) e il tono usato dal poeta è spesso assertivo e gnomico.

I titoli della prima sezione riprendono quelli dei libri pasoliniani: «Dalle contraddizioni alle storture / in cui s’organizza il politicare / al notar termina estemporaneo / lo strumento dell’animo al Poeta, / sgualcito fiore d’origine tersa…» (Predicatore visionario).

Nella sezione Via Crucis ritroviamo inizialmente i componimenti per le tappe della via crucis stessa e il linguaggio intonandosi al tema si fa crudo e mistico: «…Dio non può esser che figlio a se stesso, / se la casa è l’equivalente Amore / che eguaglia i fini con la sua scienza, / che ogni speranza attende alla veggenza…» (Cristo condannato a morte).

Quindi attraverso le scorie dell’esperienza si ricostruisce un discorso e se c’è un proverbio tedesco che afferma che se l’esperienza è il nome che noi diamo ai nostri errori si può affermare che dopo esserci corretti ed essere maturati ci vorrà solo un minimo di impegno per riuscire in tutto: amore, lavoro, amicizia.

Raffaele Piazza

 

Francesco Rossi, Scorie d’esperienza, pref. di Floriano Romboli, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 188, isbn 978-88-31497-90-9, mianoposta@gmail.com.

 

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Giuseppe Benassi, "Il luogo giusto in cui morire"

5 Gennaio 2023 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #patrizia poli, #recensioni

 

 

 

 

 

 

Un luogo giusto in cui morire

Giuseppe Benassi

L’Erudita, 2022

pp 167

19,00

 

Il più cattivo e il più doloroso dei romanzi scritti da Giuseppe Benassi con protagonista l’avvocato Borrani. Un morto ammazzato nei gabinetti della stazione di Livorno, del cui omicidio verrà sospettato lo stesso Borrani, un’asta pubblica, un casolare in quel di Pomarance, sono gli elementi di questo giallo atipico che è un pretesto per due cose: interrogarsi sulla morte e scandagliare l’abisso di alcune possibilità erotiche.

L’esoterismo dei romanzi precedenti si stempera nel grottesco personaggio di Lalla Stella, l’avvocatessa astrologa, i protagonisti stessi si trasformano in una sorta di figure dei tarocchi che agiscono di nascosto per creare l’intreccio e la sorpresa finale, le citazioni e i rimandi colti debordano in una pletora di domande senza risposta, in un flusso di coscienza compulsivo attorno al senso della vita e della morte.

Come sempre in Benassi, il sublime lirico della natura – il sogno di una nuova vita nel casale di Pomarance quasi assorbito per osmosi dal morto – si mescola al repellente di certi sordidi ambienti e personaggi, di certe espressioni crude e volgari. Questa volta, oltre al consueto paesaggio labronico, gli avvenimenti si svolgono nella campagna toscana, selvaggia e sulfurea. Sempre riscontrate in Benassi fascinazioni etrusche, qui rappresentate dal richiamo all’obesus etruscus. Sempre più acida, solforosa e angosciosa la natura del suo personaggio, che non guarda agli altri con bonario distacco, bensì proprio con disprezzo.

Ma c’è anche un ammiccamento sempre più deciso alla china scivolosa e intrigante della lascivia, che un po’ spaventa e un po’ attira il protagonista. Negli ambienti omosessuali, infatti, matura l’omicidio di Nado Leri, e tutto il tessuto narrativo è costellato di rimandi al mondo gay, con le varie icone pop, da Mina a Patty Pravo. Il protagonista sembra rendere, di romanzo in romanzo, più esplicito e meno rimosso questo desiderio, all’inizio latente al punto da spingerlo verso una frequentazione insistente dell’altro sesso.

Ora però il tempo è trascorso, e il protagonista deve fare i conti con la Morte, colei che tutto annulla, e che, prima di arrivare, ti vuole vedere in faccia, vuole che tu riveli in primis a te stesso chi sei veramente. Per questo motivo Borrani si lascia trascinare in una storia pericolosa, ben sapendo di correre il rischio di finire in galera, perché, in lui come in tutti noi, cova il desiderio velleitario di una svolta, di una rinascita prima che sia troppo tardi, prima che l’abitudine – tutto sommato comoda e confortante – rappresentata dalla eterna fidanzata Messori, lo stritoli al punto di non lasciargli altre vie d’uscita se non la morte. Quella morte alla quale bisogna prepararsi, quella morte per cui bisogna, magari con un certo anticipo, scoprire il luogo giusto.

 

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