L'archeologo
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Che scoperta sensazionale!
E pensare che per giorni interi abbiamo inutilmente scavato in tantissimi punti del deserto di Nubia, mentre in realtà, per accedere a questa fantomatica struttura architettonica, bisogna entrare in una grotta ben nascosta situata in una zona limitrofa di Khartum.
Quando farò ritorno negli Stati Uniti dimostrerò al rettore dell'Archaeological Institute of America di Boston, e ad altre esimie personalità, che il tempio di Mubri IV non è una leggenda, ponendo così fine alle loro irritanti canzonature.
Non posso che definire questo sito archeologico il più importante della mia carriera, sebbene dentro di me porterò dolorosi segni di mestizia, per via dei miei colleghi che non ce l'hanno fatta, vittime delle trappole, geniali e diaboliche, accuratamente predisposte dagli antichi nubiani. Sono l'unico sopravvissuto, sperando poi che i letali marchingegni siano finiti.
Accendo la torcia fissata sul caschetto e guardo attorno, trasecolato, la grande area appena rinvenuta. Le decine e decine di colonne sorreggono archi piuttosto imponenti, per non parlare delle statue raffiguranti guardie armate di lance che risultano di indicibile bellezza. Oltretutto il tempio è caratterizzato da una luce soffusa arancione, la quale sembra avere origine dalle decorative pareti misteriosamente fluorescenti, che mettono in risalto un sarcofago in quarzite posto al centro.
Mi avvicino lentamente, molto emozionato, finalmente posso analizzare quella che ritengo la tomba con il corpo imbalsamato del faraone. Bontà divina, il sepolcro è vuoto e per di più con il coperchio sul pavimento. E la mummia? Vi è di certo una spiegazione.
All'improvviso avverto un gemito rabbioso, al punto di rimanere paralizzato dal terrore. La sento vicinissima, il fiato fetido di una figura sinistra e minacciosa mi riempie i polmoni e nel contempo una mano fasciata e bisunta mi si posa su una spalla.
Ah, ecco dove era finita!
Il cono
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Avete presente i coni stradali solitamente di colore arancione dalle strisce bianche? Ebbene, anni fa, in un tardo pomeriggio, mentre stavo passeggiando, vidi uno di quei birilli sopra il marciapiede, precisamente di fronte a una graziosa abitazione dalla porta rosa confetto. Sogghignando, lo raccolsi per portarlo via dal momento che sapevo come sfruttarlo. A tal proposito, essendo stato invitato in un pub per un compleanno, decisi di adattarlo a mo' di cappellino da festa al fine di apparire originale.
Appena tornai a casa, utilizzai un trapano per ottenere due forellini, uno a destra e uno a sinistra per poi legare un elastico alle due estremità. Lo provai e notai divertito che calzava a pennello.
Quella sera non feci scalpore, semmai furore. Mattia, il festeggiato si congratulò entusiasticamente per l'idea e persino gli altri invitati fecero lo stesso, al punto di trovarmi al centro dell'attenzione nonché al centro della pista da ballo. Irene, la fidanzata di Federico, un caro amico mio, al contrario mostrò un certo disappunto nei miei confronti.
«Non capisco come fai con quella minchiata di plastica in testa ad avere così tanta considerazione» osservò stizzita.
Mi limitai a voltarmi per farle una linguaccia e, con estremo compiacimento, mi scatenai ballando, scherzando e ridendo con tutti.
A ogni modo, a quel cinesino bicolore rimasi "legato", tant'è vero che lo indossai in una mezza dozzina di occasioni. Purtroppo, nell'ultimo party, avvenne un episodio vomitevole nel vero senso della parola. In buona sostanza, ebbi la sciagurata idea di appoggiare il cono sopra una sedia, finché a un tizio grosso, grasso e coglione, dopo aver ingurgitato svariati pezzi di rosticceria siciliana e tracannato birra a go go, venne da vomitare. Come è facile immaginare, il cicciobomba in questione, per limitare il più possibile la figura di merda, afferrò la prima cosa utile che gli capitò tra le mani per passare dal conato al cono e rimetterci dentro. Bleargh!
Uscii dalla festa schifato, abbandonando quello stravagante e improvvisato copricapo festivo. Per consolarmi andai a prendermi un altro cono, gelato però, in un chioschetto vicino la spiaggia di Calderà.
Patate
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C'è chi piange per le cipolle e c'è chi piange per le patate. Suvvia, chi mai potrebbe versare delle lacrime per quest'ultime? Eppure quel qualcuno esiste: il sottoscritto!
La gente non capisce un tubero, spesso mi deride col fare dello spirito di patata. Pazienza, purtroppo non viviamo in un mondo perfetto.
Fatta questa premessa, ritengo doveroso prendere in esame il patataio che con l'Ape Piaggio si piazza ogni giorno sotto casa mia per reclamizzare le poverette. Immancabilmente rimango sconcertato nel vederle prigioniere in sacchi di juta con tanto di cartello in siculo. Ecco cosa c'è scritto: «Cu mancia patati un mori mai! (Chi mangia patate non muore mai!)»
Sì, può darsi, ma a che prezzo? Per dieci euro al sacco?
A ogni modo, il solo vedere le bucce delle patate mi fa ribrezzo, dal momento che pelarle lo considero un atto spietato. Altrettanto crudele gettare le sventurate, ad esempio, nel freddo di una teglia o di una padella, in attesa di essere arrostite o fritte.
Mi piacerebbe immaginare quelle patate che, nonostante siano consapevoli dell'imminente fine, la prendono con umoristica filosofia, con frasi del tipo "Cotta una patata, se ne pianta un'altra". "Le patate piccole fanno una frittata buona."
Adesso vorrei rendervi partecipi di ciò che ho sognato circa un mese fa. Mi trovavo in cucina, quando all'improvviso una decina di patate già spellate, in fila indiana, hanno preso la briga di lanciarsi in una pentola piena d'acqua. Oltretutto, durante il loro affondamento, si udiva una funesta sinfonia associabile alle famosissime e drammatiche sequenze del film Titanic, con l'aggiunta di un riadattamento di My Heart Will Go On cantato da Céline Dion. Eccovi uno stralcio del brano appena menzionato che sono riuscito a memorizzare:
«Love was when I loved Patatin
One Potato time I hold to
In my life well always fry oil»
Sapete che vi dico? A 'sto punto, le meschine meglio bollirle in acqua calda con l'intera buccia cosicché si possa conservare la loro dignità. Una volta lessate, visto che ormai il danno è fatto, le patate possono essere sbucciate e schiacciate al fine di ottenere pure il purè.
Stranger Things
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Stranger Things
È piaciuta a tutti questa serie del 2016, arrivata ormai alla quarta stagione, scritta dai Duffer Brothers. Non attira solo per la storia horror – forse un po’ ripetitiva col passare delle stagioni – piuttosto per i personaggi ben disegnati e distinti, e per l’atmosfera anni ottanta, meravigliosamente ricostruita. È indirizzata a un pubblico di nostalgici, orfani di un periodo straordinario del cinema, della musica e della letteratura fantastica, che qui ritrovano continue citazioni d’epoca, da Ritorno al futuro (1985), a I Goonies (1985), a Stand by me (1986) a E. T. (1982) a La storia infinita (1984) fino a Nightmare (1984) e ai romanzi di Terry Brooks.
Abiti, colonne sonore, oggetti di culto che ci riportano indietro, non solo ricreando un’ambientazione ma richiamando, in modo autoironico e celebrativo, Spielberg e tanti altri maestri dell’epoca più brillante del cinema americano.
Fra umorismo e sceneggiatura brillante, scene d’azione confezionate in modo perfetto ed effetti speciali straordinari, sgorga potente la sensazione di perdita, di fine inesorabile dell’infanzia, con tutto quello che comporta, ossia l’abbandono degli amici, la difficoltà di crescere e trovare il nostro posto nel mondo, la rottura di legami che apparivano indissolubili, la fine dell’età del sogno e dell’immaginazione dove tutto era ancora possibile, sostituita dal mondo degli adulti, con le cocenti delusioni e la scoperta della diversità, che per Eleven sono i poteri soprannaturali e per Will l’amore omosessuale per l’amico Mike.
Una serie commerciale e raffinata insieme, curata nei minimi dettagli, godibilissima. Un autentico tuffo nel passato.
Maria Antonietta Schiavina, "Nonni"
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Maria Antonietta Schiavina
Nonni
Oak Edizioni, 2022
Euro 25 – Pag. 400
Nonni, antologia curata dalla giornalista Maria Antonietta Schiavina, autrice anche dell’ultimo racconto dedicato a nonna Piera, è un gran bel libro da regalare, non solo per le feste ma per tutto l’anno. Scegliete bene il destinatario del dono, perché servono lettori non adusi al thriller e al noir, meglio disposti a emozionarsi, più propensi a commuoversi. I racconti sono davvero tutti affascinanti, intrisi di nostalgia e di memoria storica, ricordano un nonno e fanno venire a mente un’epoca che se n’è andata, volti una pagina e incontri un’altra emozione. Autori famosi, veri e propri personaggi del mondo dello spettacolo, scrittori meno noti, esordienti e narratori esperti, uniti in un unico afflato letterario per celebrare il ricordo dei tanto amati nonni. Sono di parte, lo ammetto, dentro c’è anche un mio racconto, che vede il solito Giovanni (mio alter ego in Calcio e acciaio e in Sogni e altiforni) raccontare per l’ennesima volta la storia del nonno (materno) amiatino, che da Seggiano finisce a Terracina, quindi in America a far fortuna, poi prigioniero degli austriaci nella Grande Guerra, salvo per miracolo, infine operaio dell’Ilva, a Piombino. Nonni contiene racconti di Francesca Lenzi, Elena Pecchia, Fabio Canessa, Pupi Avati, Carlo Conti, Rossano Pazzagli, Letizia Papi, Maila Papi, Maurizio Costanzo, Enrico Vanzina, Elena Ciurli, Manolo Morandini, Lino Banfi, Marco Vito, Gianfranco Benedettini, Divina Vitale, Francesca Ghiribelli, Leo Picchi, Rosa Velasco, Gino Paoli, Achille Onorato, Cristiano Militello, Monica Grandi, Giulia Campinoti, Rita Nannelli, Renzo Arbore, Sergio Staino, Dario Ballantini, Leo Gullotta, Maria Antonietta Schiavina, Bruno Manfellotto ... e chi più ne ha più ne metta! Un’antologia di ben 400 pagine, pubblicata da Oak Edizioni di San Vincenzo. Copertina stilizzata con in primo piano un nonno e un nipote di Fabio Leonardi. Per ordini diretti dall’editore, scrivete a info@oakedizioni.it oppure fate un salto su https://oakstore.it.
Magic
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La luna pendeva alta in un suggestivo cielo blu scuro, ove la luce cinerea ricreava un impulso di energia fatata che si increspava nell'aria.
Improvvisamente un fulgido raggio lunare illuminò un'insegna metallica in forma di calderone collocata sul muro di una locanda gestita da Grimilde, una ex strega della magia bianca che da tempo per ragioni "oscure" si era convertita alla magia nera.
Molti di coloro che praticavano le arti magiche, indipendentemente da dove si trovavano, avvertirono un invitante influsso, per poi a piccoli o grandi gruppi dirigersi davanti l'entrata della struttura ristorativa, in quanto all'interno si sarebbe svolta un'assemblea importante.
Le streghe si avviarono al luogo dell'incontro con le immancabili scope volteggianti e, una volta atterrate, si dislocarono in diversi punti, tra cui Amelia, una piccola streghetta in verde età dalla nomea di anticonformista che da sola preferì venire a piedi con una curiosissima ramazza a tracolla. I maghi, invece, arrivarono attraverso delle nuvole di polvere scintillante, mentre stregoni, incantatori, alchimisti, druidi etc. giunsero a destinazione nei modi più disparati: tappeti volanti, fiamme rosse, fiamme azzurre, fiamme grigie, teletrasporti e qualsivoglia.
In seguito la frotta, tramite un passaggio nascosto della locanda, si radunò in una gigantesca sala sotterranea avente una moltitudine di candele accese, in attesa che il Consiglio Magico si decidesse ad annunciare il motivo della convocazione.
Circa un'ora dopo il Mago dei Maghi si rivolse al folto gruppo battendo per quattro volte in terra con il bastone riccamente decorato.
«Stiamo attraversando un periodo difficile, la magia ai giorni nostri si sta indebolendo sempre di più, pertanto dobbiamo trovare una soluzione per rivitalizzarla» espose con un'espressione costernata.
Un mormorio echeggiò, finché Amelia si fece avanti, assai motivata a dire ciò che pensava senza peli… sulla scopa.
«Innanzitutto, già in partenza non è stato rispettato uno dei fondamentali Canoni Magici» cominciò a criticare. «È normale che siamo messi male!»
«Toh, eccola lì!» esclamò Furlì con una smorfia di derisione, un mago dai lunghi capelli bianchi e dalla tonaca marrone.
«Basta prendere in esame questa riunione» continuò Amelia, senza cagarlo di striscio. «Dovremmo stare in cerchio, invece di essere piazzati a cazzo di pipistrello.»
Gli astanti rimasero in silenzio, le considerazioni della giovane peperina non erano assolutamente da controbattere.
«Direi di unire la magia con la tecnologia! Vi saluto!» concluse, agitando la mano.
E, con l’ausilio della sua nuova scopa dal motore a razzo, azionò il turbo e alzando il dito medio schizzò via lasciando i presenti con un palmo di naso.
La vivace e schietta streghetta, di quel raduno, semplicemente ne aveva le ampolle piene.
Gli aiutanti di Babbo Natale
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Tutti sanno che gli elfi, i folletti e gli gnomi sono creature delle foreste, delle montagne e dei boschi, ma nessuno sa del loro impiego al Polo Nord, grazie a uno stratagemma del signor Natale, il soprastante di Santa Claus Town.
Come avvengono le furbissime operazioni di reclutamento? Semplice: a causa della massiccia deforestazione e dell'inarrestabile urbanizzazione, tali figure non hanno un posto dove andare, pertanto l'unico modo per garantirsi un tetto sopra la testa, nonché di portare la cioccolata in tavola, è quello di lavorare duramente.
Le numerose mansioni lavorative prevedono ad esempio la fabbricazione dei giocattoli, gli impacchettamenti, e la gestione della corrispondenza. Ecco, riguardo la posta, al contrario di quanto si possa credere, le letterine indirizzate non vengono affidate al diretto interessato. Quest’ultimo, al massimo, si occupa del “bestiame” e di accendere i tantissimi camini disseminati nel casermone costruito in blocchi di cemento di neve.
Da segnalare che l’omone grosso in rosso con la barba bianca riesce benissimo a tenere gli operatori in riga o, per dirla in altri termini, con due piedi in un natalizio stivale, inoltre non ha affatto bisogno di guardie oppure di telecamere per sorvegliare il personale in caso di evasioni.
A tal proposito, avventurarsi all'esterno del gigantesco igloo risulta una pessima idea in quanto gelarsi ed essere presi in consegna da quelli della Findus è sicuro come le renne che stanno in cielo.
La cintura di Babbo Natale
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Il caro Babbo Natale non indossa la cintura soltanto per stringersi i pantaloni, difatti la ritengo persino tecnologica, simile a quella di Batman. In fin dei conti, come può un individuo del genere entrare in ogni casa, calarsi dai camini, decifrare codici di sicurezza, aprire serrature, papparsi latte e biscotti, lasciare pacchi e pacchettini e infine svignarsela senza farsi notare?
Immagino poi che la sua toghissima cintura sia facilmente slacciabile, quindi pratica e funzionale anche per altre… esigenze.
Pensateci. Il suddetto viaggia intorno al mondo e, nell'introdursi nelle abitazioni, non credo che si scomodi a cercare il bagno per una copiosa pisciata. Perché copiosa? Eh, con tutte le bottiglie che si scola! Di Coca Cola, intendo. A tal proposito, la mattina di Natale, nell'eventualità di trovare una pozza giallognola sotto l'albero, non bisogna dare la colpa al nonno o al cane. Ebbene sì, al tizio grosso in rosso quando scappa scappa, pertanto sarebbe ingiusto biasimarlo, del resto stiamo parlando di un signore decisamente anziano e pieno di reumatismi che annualmente si prende la briga di partire dal Polo Nord per portare regali a tutti, belli e brutti.
Traggo le mie conclusioni rimaneggiando un noto proverbio: «A renna donata non si piscia in bocca»
Roma che non abbozza
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I PREMI FINALI DEL 48 HOUR FILM PROJECT ITALIA XVI edizione
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Con la premiazione presso il Teatro Italia di Roma si è conclusa la sedicesima edizione di 48 Hour Film Project Italia, competizione cinematografica che coinvolge 140 città in 5 continenti e Roma come unica tappa italiana. Dopo Los Angeles, Parigi, Shanghai anche Roma, nel weekend tra il 18 e il 20 novembre scorso, è stata invasa da centinaia di giovani e agguerriti professionisti del cinema impegnati nella realizzazione di un cortometraggio in sole 48 ore. L'evento, prodotto e organizzato da Le Bestevem - Tania Innamorati, Eva Basteiro-Bertoli ed Ester Stigliano – ha visto come film vincitore il corto 'Con il piede giusto', diretto da Ivana Gloria realizzato con la squadra Finché c’è vita, che gareggerà con i cortometraggi provenienti da tutto il mondo al Filmpalooza 2023. Qui, oltre al Gran Premio finale, potrà aggiudicarsi la possibilità di concorrere nella sezione Court Métrage al Festival di Cannes 2023.
La Giuria del 48 Hour Film Project Italia 2022, composta dal regista e sceneggiatore Paolo Virzì, dalla sceneggiatrice Heidrun Schleef, dal direttore della fotografia, il Premio Oscar Philippe Rousselot, dal montatore Bernat Vilaplana, dallo scenografo Massimiliano Sturiale, dal tecnico del suono Maricetta Lombardo e dalla truccatrice Jana Carboni, ha premiato:
Miglior corto: 'Con il piede giusto', diretto da Ivana Gloria, della squadra Finché c’è vita
Miglior regia: Ivana Gloria per 'Con il piede giusto', della squadra Finché c’è vita
Miglior sceneggiatura: Ivana Gloria per 'Con il piede giusto', della squadra Finché c’è vita
Migliore attrice: Brigitta Fiertler per il corto 'Change' della squadra Onda’s corporation
Miglior attore: Filippo Contri per il corto 'A tempo debito' della squadra Real Regaz
Miglior fotografia: Marco Ranieri per 'Togli un posto a tavola' della squadra Viaggi organizzati
Miglior trucco e acconciatura: Sveva Germana Viesti per il corto 'Lacryma' della squadra Pellicola Produzioni
Migliori costumi: Sara Marino per 'Fitoterapia' della squadra Class97
Miglior scenografia: Roberta Infante per 'No plant B' della squadra EffettoNotte
Miglior suono: Riccardo De Cillis e Lorenzo Di Tria per 'Uncoming out' della squadra The happy hours
Migliore colonna sonora: Maria Chiara Casa per 'No plant B' della squadra EffettoNotte
Miglior montaggio: Amelia Sartorelli per 'Oxy bar' della squadra I Marchetta
E' stato anche consegnato il Premio del Pubblico al corto 'Ancora in fiore' della squadra Filma Manent, che ha totalizzato 1007 commenti su YouTube
“Questa sedicesima edizione del 48HFP è stata – dichiara la direzione artistica de Le Bestevem - molto difficile da organizzare sia in termini di risorse economiche a disposizione che di disponibilità delle location. Tornare in presenza dopo due anni di pandemia e due edizioni digitali è stato, in termini organizzativi, molto difficile, tra sale e teatri chiusi e costi di affitto triplicati. Nonostante tutto, abbiamo registrato un aumento esponenziale dei numeri delle squadre iscritte e del riscontro sui social, concludendo meravigliosamente questa edizione. Possiamo anticipare con orgoglio che il successo delle edizioni italiane non è passato inosservato: abbiamo in cantiere una enorme sorpresa per i partecipanti al concorso. La sveleremo a breve sui nostri canali social...”
Il 48 Hour Film Project Italia è un progetto promosso da Roma Capitale-Assessorato alla Cultura, è vincitore dell'Avviso Pubblico Contemporaneamente Roma 2020 – 2021 –2022 curato dal Dipartimento Attività Culturali ed è realizzato in collaborazione con SIAE. È realizzato sotto l'altro patrocinio del Parlamento Europeo. New partners per la sedicesima edizione sono stati: @weshort_ e @pignetofilmfestival.
Per maggiori informazioni:
https://www.48hourfilm.com/it/rome-it
https://it-it.facebook.com/the48hourfilmproject.italia/
https://www.youtube.com/watch?v=lWc8ALP-eRE&list=PLrFF_CKcdIHotORbJc0baMzr9DIEftmfK
roma@48hourfilm.com