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Un fante lassù. Uomini e vicende sul fronte italiano della grande guerra

17 Febbraio 2020 , Scritto da Valentino Appoloni Con tag #valentino appoloni, #recensioni, #storia

 

 

 

 

Il libro di Gino Cornali (Tarka edizioni) è il memoriale di un ventenne che come molti coetanei allo scoppio della guerra del 1915 sente l'impulso di partire volontario. Le sirene del patriottismo suonano fortissime anche per lui che come altri universitari si presenta subito in caserma per combattere contro l'Austria. Divenuto ufficiale di complemento, combatte nei momenti più delicati sugli altipiani e sul Carso; è a Passo Buole durante la Strafexpedition, poi sul Carso come tenente comanda una compagnia. Pur nel dolore della vita di trincea e pur non mancando molti screzi con ufficiali più insipienti che capaci, permane in lui la convinzione di aver fatto la scelta giusta. Vive il trauma di Caporetto che ci consegna con immagini efficaci; provenendo da un periodo nelle retrovie, il suo viaggio di ritorno verso il fronte gli fa incontrare migliaia di uomini in disarmo, senza guida, incamminati lungo i binari, frammischiati ai civili, convinti di dover solo scappare.

Due sono gli aspetti che in generale restano impressi; innanzitutto la fratellanza con gli altri ufficiali mentre con i subalterni c'è spesso un rapporto di stima reciproca. È questo mondo di relazioni cameratesche che l'autore sente purtroppo di perdere quando arriva il congedo, mentre si trova a Lubiana a guerra ampiamente terminata. Le paure per l'avvenire, i dubbi sulla vita da civile, il timore di aver perso tempo al fronte mentre i furbi si imboscavano nei posti migliori, l'angoscia di perdere gli amici veri emergono in modo struggente. È la fine di un mondo per un giovane che dopo quattro anni in divisa sente di dover ricominciare tutto da capo, come se non avesse fatto nulla nei suoi  anni migliori, aggravato dal fardello della trincea che poco servirà lontano dalle armi. C'è lo smarrire un'identità, costruita nei pericoli della guerra che aveva creato rapporti intensissimi tra uomini che dovevano contare gli uni sugli altri, correndo gli stessi rischi. Relazioni irripetibili, quindi.

L'altro aspetto attiene al dopoguerra e alle prevedibili difficoltà di inserimento, già messe in conto da chi prevedeva disordini sociali e quindi bisogno di guide forti. Come gli spiega infatti un suo superiore, ci vuole un dittatore che costringa all'obbedienza un popolo capace di perdersi, pronto a reclamare concessioni sproporzionate: "Vinceremo senza dubbio gli austriaci; ma bisogna poi vincere anche noi stessi. Vincere la pace, dopo aver vinto la guerra; e non tradire i morti col frustrare la vittoria. Sarà necessario un governo forte che non abbia paura del sangue e delle barricate (..) meglio un dittatore".

Non resterà in effetti, a molti tornati dal fronte, che buttarsi tra le braccia di chi era pronto a valorizzare la generazione dei reduci, pieni di ferite fisiche e morali e soprattutto timorosi di non vedere un adeguato riconoscimento dopo il sacrificio compiuto per vincere. Il memoriale, edito nel 1934, termina non a caso inneggiando "al Fante dello Javorkec e di quota 144, colui che aveva guarito le nostre malinconie", ossia al Duce. Così l'ex studente volontario di guerra contro l'autoritarismo degli Imperi Centrali, finì come tanti altri, nella complessa situazione storica del tempo, per appoggiare il regime autoritario che esaltava il grande sacrificio compiuto al fronte.

Resta un'opera intensa, con molte pagine liriche, scritta da un ventenne che portò la divisa dal 1915 fino al settembre 1919, quando fu congedato col grado di capitano dopo che il conflitto era terminato da quasi un anno.

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Sidus

13 Febbraio 2020 , Scritto da Cinzia Diddi Con tag #cinzia diddi, #moda, #cinema

 

 

 

 

Cinzia Diddi e la promessa a suo padre Ray Abruzzo nel cast La Storia della Stilista Cinzia Diddi. Regia Stefania Rossella Grassi.

 

Cinzia Diddi è un’apprezzatissima stilista fiorentina, nota per aver vestito importanti personaggi del mondo dello spettacolo. Il suo Luxury brand è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Sono terminate le riprese di Sidus, il nuovo film di Stefania Rossella Grassi, tratto dall'omonimo libro della stilista. Un sogno, una promessa fatta un padre, l’amore che supera anche la morte.

Nel cast Ray Abruzzo, Lorenzo Flaherty, Chiara Iezzi, Barbara Kal, Cinzia Diddi, Martina Marotta, Serena Baldaccini. "Il film 'Sidus’- ha dichiarato Cinzia Diddi - è una storia quasi surreale, in cui la bellezza e la meraviglia combattono contro le “tenebre” della terra. Il film che abbiamo appena terminato di girare è però anche una storia d’amore appassionante, un grande viaggio fisico e sentimentale, che parla di argomenti che devono appartenere sempre più al sentire comune: i valori, l’amore per il proprio lavoro, l’amore eterno che supera anche la morte e l’importanza della memoria".

Scritto da Stefania Rossella Grassi, direttore alla fotografia Bruno Cascio. Sidus è una produzione Bic production in coproduzione con Cinzia Diddi. Si ringraziano tutte le persone che hanno permesso la realizzazione del film per il prezioso supporto in fase di riprese.

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"License to Wed" (2007) Regia di Ken Kwapis

12 Febbraio 2020 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #recensioni, #cinema

 

 

 

 

Ho visionato proprio stamattina Licenza di matrimonio ("License to Wed" titolo originale in inglese) e, francamente, non si può certo definirlo un capolavoro né uno dei migliori film con Robin Williams, in quanto non porta nulla di innovativo.

Non è un brutto lungometraggio, semmai risulta nella media, e per di più godibile quanto basta. Se dovessi riassumere il prodotto cinematografico in due parole direi… irregolare e (troppo) bizzarro.

È doveroso fare un accenno alla trama: Sadie e Ben si amano e vogliono sposarsi con la benedizione e con la celebrazione dello stravagante reverendo Frank, il quale chiede, pardon, ordina, alla coppia di completare un corso di preparazione al matrimonio, formato da una serie di test veramente bislacchi, dalla durata di tre settimane. A complicare le cose i due fidanzati devono attenersi all’astinenza sessuale fino al giorno del loro sposalizio. Mica robetta, eh!

In sostanza, il susseguirsi narrativo mi è apparso decisamente prevedibile (pur senza spoilerare si capisce dove si vuole andare a parare), per non parlare di specifiche parti o sequenze tra noiosette e incredibili, fra cui il folle test “della guida alla cieca”, che si orienta su dell’apprezzato metaforico, visto che viene adeguatamente espresso il discorso "fede", nonché sul fatto che in un matrimonio ne possono accadere di cotte e di crude e, di conseguenza, bisogna avere coraggio e temperamento per affrontare la qualsiasi.

Come assistente, il reverendo dispone dell’aiuto di un adolescente paffuto, una specie di chierichetto o “perpetuo”, a metà tra l’angioletto e il diavoletto, che  ho trovato piuttosto simpatico e quindi ben inserito.

Soffermandomi sulla recitazione, Mandy Moore e John Krasinski, i “partner” principali, non risultano affatto due cattivi interpreti, al più un po’ anonimi; (non credo siano attori blasonatissimi), in compenso dispongono di quella necessaria chimica per far sì che il film proceda (quasi) senza intoppi. Ma è Williams colui che fa la differenza, sebbene il nostro caro “Sudy Nim” (così soprannominato a Hollywood e dintorni) non sia assolutamente quello degli anni novanta, si mantiene sullo standard con un atteggiamento da cabaret e, in un’occasione, addirittura da simil presentatore televisivo, ovvero quando si cimenta con una lezione di catechismo ai bambini della chiesa di St. Augustine.

Insomma, il noto e compianto artista raramente arriva a delle vere e proprie eruzioni comiche.  Si ha la sensazione che Williams si sia “controllato”, (ricordiamoci che non di rado la sua recitazione risultava improvvisata), forse a causa del fatto che interpreta un reverendo, oppure semplicemente ha dovuto adattarsi il più possibile al canovaccio, ehm, al copione imposto dagli autori e dal regista Ken Kwapis.

Circa le ambientazioni siamo sull’ok, l’unica critica sarebbero le sequenze ambientate in Giamaica sicuramente un po' troppo forzate. Si salvano pochissime gag, e un paio di frasi intrise di quell'humour che assai gradisco.

Ad esempio quando l'hostess dell'aereo diretto ai Caraibi si rivolge ai passeggeri dicendo:

--- Su questo volo è vietato fumare, ma una volta atterrati in Giamaica vi potrete accendere qualsiasi cosa! ----

Parliamoci chiaro: nel film non si ride mai in maniera sguaiata, peraltro negli ultimi quindici minuti la trama assume una tonalità seria/riflessiva,poiché lascia spazio al comparto romantico che commuove giusto un pochettino.

In conclusione, consiglio il film a voi spettatori? In verità vi dico: sì… ma non arriverete a consumare il DVD, ve lo garantisco.

 

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XXVI Trofeo RiLL per il miglior racconto fantastico

11 Febbraio 2020 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #concorsi

 

 

 

 

 

 

Sono aperte sino al 20 marzo 2020 le iscrizioni al XXVI Trofeo RiLL, premio letterario per racconti di genere fantastico curato dal 1994 dall’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare e patrocinato dal festival internazionale Lucca Comics & Games.

 

Possono partecipare al concorso storie fantasy, horror, di fantascienza e, in generale, ogni racconto sia (per trama e/o personaggi) “al di là del reale”.

Ogni autore/autrice può inviare una o più opere, purché inedite, originali e in lingua Italiana.

 

Da oltre un decennio i racconti partecipanti al Trofeo RiLL sono 250-300 a edizione, scritti da autori/ autrici residenti in Italia e all’estero (Australia, Brasile, Cina, Giappone, Svizzera, USA, oltre che paesi membri dell’Unione Europea). Nel 2019 i racconti ricevuti sono stati 345.

 

I dieci racconti finalisti del XXVI Trofeo RiLL saranno pubblicati (senza alcun costo per i rispettivi autori/ autrici) nel prossimo e-book della collana Aspettando Mondi Incantati, curata da RiLL e in uscita a ottobre 2020. Inoltre, i migliori racconti fra quelli finalisti saranno pubblicati (sempre gratuitamente) nell’antologia del concorso (collana Mondi Incantati, ed. Quality Games), che sarà presentata durante il festival internazionale Lucca Comics & Games (novembre 2020).

Il racconto primo classificato del XXVI Trofeo RiLL sarà tradotto e pubblicato, sempre gratuitamente:

- in Irlanda, sulla rivista di letteratura fantastica Albedo One;

- in Spagna, su Visiones, l’antologia dell’AEFCFT (Asociación Española de Fantasía, Ciencia Ficción y Terror);

- in Sud Africa, su PROBE, il magazine dell’associazione SFFSA (Science Fiction and Fantasy South Africa).

 

All’autore/autrice del racconto primo classificato andrà, infine, un premio di 250 euro.

 

RiLL selezionerà, fra tutti i racconti partecipanti, i dieci finalisti. Ciascun racconto partecipante sarà valutato in forma anonima (cioè senza che i lettori-selezionatori conoscano il nome dell’autore/autrice), considerando in particolare l’originalità della storia e la qualità della scrittura.

La giuria del Trofeo RiLL sceglierà poi, fra i racconti finalisti, quelli da premiare e pubblicare nell’antologia Mondi Incantati del 2020. Sono giurati del Trofeo RiLL, fra gli altri, gli scrittori Donato Altomare, Pierdomenico Baccalario, Mariangela Cerrino, Francesco Dimitri, Giulio Leoni, Gordiano Lupi, Massimo Pietroselli, Vanni Santoni, Sergio Valzania; gli accademici Luca Giuliano (Università “La Sapienza”, Roma) e Arielle Saiber (Bowdoin College, Maine – USA); la poetessa Alessandra Racca; i giornalisti ed autori di giochi Andrea Angiolino, Renato Genovese e Beniamino Sidoti.

 

Ogni partecipante al XXVI Trofeo RiLL riceverà una copia omaggio dell’antologia LEUCOSYA e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni (ed. Quality Games, 2019; collana Mondi Incantati), che prende il nome dal racconto vincitore del XXV Trofeo RiLL, scritto dalla romana Laura Silvestri.

Il libro propone dodici storie: i migliori racconti del XXV Trofeo RiLL e di SFIDA (altro premio organizzato da RiLL nel 2019) e i racconti vincitori di quattro concorsi letterari per storie fantastiche banditi all’estero (in Inghilterra, Irlanda, Australia e Sud Africa) e con cui il Trofeo RiLL è gemellato.

 

Tutte le antologie Mondi Incantati sono disponibili su Amazon e Delos Store, oltre che presso RiLL.

Nel Kindle Store di Amazon sono inoltre disponibili gli e-book della collana Aspettando Mondi Incantati, sempre curata da RiLL e dedicata ai racconti finalisti del Trofeo RiLL.

 

La cerimonia di premiazione del XXVI Trofeo RiLL si svolgerà nel novembre 2020, nell’ambito del festival internazionale Lucca Comics & Games.

 

Per maggiori informazioni sul XXVI Trofeo RiLL si rimanda al bando di concorso e al sito di RiLL, che ospita ampie sezioni sul Trofeo RiLL e la collana Mondi Incantati.

 

 

 

 

Associazione RiLL - Riflessi di Luce Lunare

via Roberto Alessandri 10, 00151 Roma

www.rill.it

www.riflessidilucelunare.it

info@rill.it

 

 

L’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare è attiva in ambito letterario e ludico dai primi anni ’90.

La principale attività associativa è il Trofeo RiLL per il miglior racconto fantastico, un premio letterario bandito dal 1994 e che ha riscosso un interesse crescente fra gli appassionati e gli scrittori esordienti.

Dal Trofeo RiLL sono nate tre collane di antologie: “Mondi Incantati” (con i racconti premiati in ogni annata di concorsi RiLLici), “Memorie dal Futuro” (antologie personali dedicate agli autori/ autrici che più si sono distinti nei premi organizzati da RiLL) e “Aspettando Mondi Incantati” (e-book che pubblicano i racconti finalisti di ogni edizione del Trofeo RiLL). Le antologie curate da RiLL sono tutte realizzate senza alcun contributo da parte degli autori.

Sul sito di RiLL sono on line molte informazioni sul Trofeo RiLL e le sue diverse edizioni, sugli altri concorsi e iniziative organizzate da RiLL e un vasto archivio di articoli e interviste.

 

 

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"James ou pas" (1970) Regia di Michel Soutter

8 Febbraio 2020 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #recensioni, #cinema

 

 

 

 

Dopo La Pomme, il regista Michel Soutter ci riprova un anno dopo con James ou pas, un film che ho trovato più assimilabile e più interessante rispetto al lungometraggio poc’anzi citato.

Soutter comunque non tradisce il suo marchio di fabbrica: non una Svizzera fatta di banche, di cioccolato e formaggio Emmental, ma un focalizzarsi su quel tipo di provincialismo estetico dove la routine è un piatto freddo tradizionale e quotidiano. Un paese neutrale, popolato da persone neutrali. Tutto è in bianco e nero oppure bianco o nero per cui il black & white implementato in questa opera filmica direi che è ideale.

Nel susseguirsi, o comunque nella narrazione, a parte lo stile e i dovuti collegamenti ed elementi presi in prestito dai precedenti film, si evita qualsiasi tentativo di costruire una vera e propria storia, mantenendo piuttosto quelle inflessioni drammatiche e introspettive che generano a momenti del surrealismo, specie nel finale. Hector, il protagonista interpretato dal veterano attore Jean-Luc Bideau, si ritrova a fare i conti con un omicidio di cui magari non è responsabile, oppure lo è solo dentro la sua testa. C’è quindi qualche elemento crime, viene addirittura chiamata in causa la polizia, l’indagine però spetta allo spettatore che, in base all’attenzione prestata al film in maniera indipendente, può tracciare, delineare, o comunque farsi un’idea di come sono realmente (o oniricamente) andate le cose. Chiavi di lettura, quindi? Umh, semmai chiavi di visione.

Ad ogni modo dall’incipit in poi seguiamo Hector, di professione tassista, che si imbatte (forse) casualmente in James, un enigmatico scapolo che vive in una abitazione collocata in un villaggio isolato. Improvvisamente Hector si ritrova coinvolto con degli sconosciuti e in situazioni che non riconosce ma in cui si lascia trascinare, a cominciare da Eva.

James ou pas  ha indubbiamente un suo (insolito) perché. Le sequenze, tra la varie cose, rappresentano campioni visivi della vita di allora, preparati con cura da un regista capace di tale indipendenza e coraggio. Numerose idee si intrecciano a formare un caleidoscopio di varie emozioni, a cominciare dai quei castelli in aria con dei tocchi di realismo.

Fondamentalmente il régisseur confeziona un'ispirata pellicola che possiamo definire indipendente e, per certi versi, anche sperimentale. Un viaggio mentale, un misto fra cinema e teatro d'avanguardia, per via di certi monologhi o, per meglio dire, la fusione di questi due elementi. Inutile scavare a fondo per cercare di estorcere i significati: l'opera va fruita senza farsi troppe domande e, di conseguenza, apprezzata per il lavoro di ricerca del linguaggio visivo totalmente al di fuori dei canoni cinematografici di allora e soprattutto di oggi, con una recitazione mai monocorde, sebbene certe sequenze possano risultare poco verosimili. Del resto i personaggi, anzi, Hector sulle battute finali sembrano essere pervasi dal dubbio. Ciò indubbiamente contagia lo spettatore, per di più generando incomprensioni, incomunicabilità, fallimenti interiori e quella routine di cui si è vittime che, “finalmente” una scossa “spezza.”

Promosso… fino all’ultimo fotogramma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

        

 

 

 

 

 

 

 

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Sono inJAZZato nero

7 Febbraio 2020 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #musica

 

 
 
Amici lettori della signoradeifiltri, mi scuso anticipatamente perché oggi sento di essere inJAZZato nero, perché? Perché se non l'avessi visto e ascoltato, l'accavallarsi di eventi quotidiani lo avrebbe fatto sfumare a mia insaputa nei meandri del web e allora, santi benedetti, invece ho visto e ascoltato Red Ronnie che, riferendosi alla selezione/partecipazione al festival di San Remo di un autore assai noto fra i giovanissimi,  lo criticava con la giugulare infiammata e con un cipiglio inJAZZato più di me. Non vado oltre perché se ne è già parlato nei giorni scorsi ma, in sintesi, Red Ronnie vedeva come il fumo agli occhi la prestazione scenico/canora di un cantante mascherato dei cui testi vi risparmio i contenuti. Ora lasciatemi dire questo, Red Ronnie aveva ampiamente ragione perché sono convinto che l'aspetto dell'"artista" è antiestetico, la sua musica e la sua interpretazione smusicata e non originale e, per finire, i suoi testi, oltre che possibilmente dannosi, sono anti artistici e, se è vero che da sempre l'arte vuol dire superare gli schemi del passato, in questo caso, il cantante mascherato con i suoi brani,con l'arte, appunto, non c'entra nulla. Stop, mi taccio, cambio canale e vado a sentire Miles Davis, Pino Daniele e pure i Santana.
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Elogio alla Margherita

5 Febbraio 2020 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #ricette

 

 

 

 

Amo da morire la pizza, nello specifico la Margherita, tanto da considerarla come il mio cibo preferito. Ora, non so se i gusti delle pizze vadano scritti in maiuscolo, mettiamo non sia necessario, la cosa mi può andar bene tranne sulla già citata pizza, in quanto per me rappresenta la Regina.

Oh, sono talmente fissato che, se si dovesse intendere il nome proprio di persona femminile, non lo associo al fiore ma direttamente alla pizza in questione.

Idem la ‘Margherita’ di Riccardo Cocciante specie la parte finale della canzone:

Perché Margherita è tutto, ed è lei la mia pazzia (qui ci starebbe la parola ‘pizza’)

Margherita, Margherita
Margherita, adesso è mia
Margherita è mia

La Marghi (mi permetto il lusso di darle un diminutivo) è semplice, e per di più con pochi ingredienti, ovvero farina, acqua, lievito, mozzarella, pomodoro, olio crudo e, come ciliegina sulla torta, pardon, sulla pizza, del basilico fresco.       

Riguardo l'impasto, prediligo il tipo sottile e disdegno assolutamente la pizza gomma. A tal proposito, impossibile dimenticare una Margheritona degna di nota, (giusto per usare un eufemismo) mangiata 8 anni fa, durante le vacanze in Grecia, a Rodi, quando, in una pizzeria italo-greca, mi fu servito un autentico copertone intriso di sugo e con del formaggiazzo. Indubbiamente la Margherita peggiore mai assaggiata, una pizza Michelin, e non mi riferisco alla famosa Guida francese che, tra le tante cose, prende in esame la gastronomia.

Vi starete chiedendo se a volte mi è capitato di cambiare pizza, vero?

Di norma non la rimpiazzo, magari saltuariamente mi concedo un diversivo, ad esempio mi capita di scegliere la Biancaneve, avente solo mozzarella, olio e origano, o la quattro formaggi, oppure la Margherita con würstel. In sostanza pizze "derivate", anche se, in verità, dopo averle divorate, rimango con quel senso di insoddisfazione e con pentimento annesso.

Probabilmente in termini di gusti posso apparire scontatissimo, lo so, ebbene, a questo punto, avendo fatto 30, faccio 31, raccontando un aneddoto.

Tanti anni fa, trovandomi in trasferta per un campo militare in Campania, precisamente a Battipaglia, in qualità di caporale dell’esercito, una sera, io, con un gruppo di commilitoni in libera uscita, girovangando decisi a mettere qualcosa sotto i denti, optammo per mangiare una pizza in uno dei locali migliori della città, che ci fu consigliato da un maresciallo originario di quei luoghi.

Appena entrati al ‘BattiPizza’ ci sedemmo in un lungo tavolo e, quasi subito, il cameriere ci portò i menù. Mi risulta difficile descrivere lo stupore derivato dalla sterminata tipologia di pizze. Ben 500!!!

C'era la pizza con i fagioli, la pizza col radicchio, la pizza al sushi, la pizza con surimi, la pizza con la Paella, la pizza alla brasiliana con palmito ed il catupiry (un formaggio cremoso), per non parlare delle pizze alla frutta (ananas, mela, cocco, avocado, macedonia etc.) fino ad arrivare alle pizze dolci (ad esempio quella nutella) e alle pizze gelato.

Sotto il menù a caratteri cubitali c'era scritto: “Guaglió, se la scelta non ti soddisfa, dimmi che pizza vuoi e ti dirò chi sei!”

Ridemmo a quelle parole, poiché pensammo che nel listone ogni fantasia tendeva a essere già soddisfatta a priori.

Per circa mezz'ora restammo a decidere quale pizza ordinare, giustamente leggere tutte le 500 tipologie richiedeva tempo. Alla fine ciascuno fece la propria ordinazione e… indovinate quale pizza prese il sottoscritto?

Ma è logico: la Margherita, d’altro canto pizza che si ama non si cambia!

"Toglietemi tutto ma non il mio Breil" recitava un famoso spot sugli orologi.

"Toglietemi tutto ma non la mia Margherita" affermo invece io.

Visto che seguo Eros Ramazzotti,  parodio un po’ il brano Più bella cosa, con la speranza che il cantante non la prenda a male.

"Ti mangerei di più. Per dirtelo ancora per dirti che, più buona cosa non c'è, più buona cosa di te. Unica come sei. Soffice quando vuoi. Grazie di esistere!"

Cari lettori, direi che ho esposto quanto basta, onde evitare che il testo diventi una “pizza”, aggiungo soltanto che, dopo la lettura, se deciderete di mangiarvi una rotonda o ovale oppure una quadrata a teglia è doveroso augurarvi: buona pizza a tutti!

Agli intenditori, invece, un augurio speciale: Buona Margherita a tutti!

E, mi raccomando, non scordatevi la birra. E pazienza se lievita la pancia, si vive una volta sola!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Bando di concorso locandina ENTE CAROSELLO STORICO DEI RIONI DI Cori

4 Febbraio 2020 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #concorso, #eventi

 

 

 

 

L’Ente Carosello Storico dei Rioni di Cori bandisce un concorso per la realizzazione della locandina dell’evento Carosello Storico dei Rioni di Cori per l’edizione 2020. È possibile partecipare al bando individualmente o in forma associata.

I candidati dovranno presentare la locandina (che sarà stampata e pubblicata sul sito web e sui social) in dimensioni A3 (297x420mm) in formato cartaceo e file su chiavetta USB entro e non oltre le ore 12.00 di venerdì 20 marzo 2020, presso l’ufficio protocollo del Comune di Cori, con indicato sulla busta anonima “Concorso locandina Carosello Storico dei Rioni di Cori anno 2020”. Il lavoro dovrà essere presentato in busta chiusa e non dovrà essere contrassegnato da nessuna firma. All’interno della stessa busta dovrà essere inserita una busta ben sigillata con all’interno il nome dell’autore del lavoro, recapito telefonico e la chiavetta USB che verrà restituita al proprietario al termine del concorso.

Il lavoro dovrà contenere alcune caratteristiche necessarie: - logo dell’Ente Carosello (già esistente) - la simbologia delle tre porte (colori o stemma) - evidenti riferimenti all’evento (sfilata storica e disputa del palio con la corsa all'anello) - le date dei quattro eventi principali (giuramento dei priori, palio Madonna del Soccorso, palio Sant’Oliva e festa rinascimentale, date che saranno comunicate dall'ente stesso).

L’Ente Carosello, con apposita commissione, si riserva la facoltà di visionare tutte le proposte pervenute per un controllo di corrispondenza a quanto richiesto e di selezionarne un congruo numero.

Le proposte selezionate dalla commissione verranno pubblicate sulla pagina Facebook dell’Ente Carosello e il lavoro che riceverà più likes sarà il lavoro che si aggiudicherà il concorso. Le proposte potranno ricevere like da martedì 24 marzo 2020 fino a domenica 29 marzo 2020. I likes che avranno valore saranno quelli messi alle foto pubblicate dalla pagina Ente Carosello e non quelli condivisi da terzi.

Entrambi i formati del materiale, sia cartaceo che digitale, resteranno di proprietà esclusiva dell’Ente Carosello Storico. Il premio per il vincitore del concorso sarà di € 300,00 (euro trecento). Per informazioni: Maria Teresa Luciani 333778 9442 - Alessia Bianchi 3275598204

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Concorso per la realizzazione del Palio in onore di Sant’Oliva EDIZIONE 2020

3 Febbraio 2020 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #concorsi, #eventi, #pittura

 

 

 

 

 

L’Ente Carosello, allo scopo di incentivare e incoraggiare la ricerca artistica e la conoscenza delle tradizioni e della cultura di Cori (LT), in occasione dell’edizione 2020 del Carosello Storico dei Rioni di Cori, bandisce un concorso per la realizzazione del Palio in onore di Sant’Oliva, mentre quello della Madonna del Soccorso verrà affidato direttamente.

Ai vincitori verrà commissionata la realizzazione definitiva del Palio che dovrà essere consegnato inderogabilmente entro il 30 aprile 2020 per permettere all’opera di sfilare nella processione votiva della festa in onore della SS. Madonna del Soccorso.

I concorrenti interessati dovranno presentare dei “cartoni” finiti, che rappresenteranno, nelle linee definitive, le proposte progettuali. Il “cartone” dovrà avere le dimensioni di cm 27 x 67 circa, tenendo presente comunque che i palii avranno la dimensione finale cm 80 x 200. Su ogni “cartone” verrà rappresentata una sola proposta che dovrà comprendere degli elementi non secondari che renda chiara la dedica del Palio a Sant’Oliva.

L’Ente ha stanziato come contributo di rimborso spese, la somma di € 1.000,00 (mille/00) per ciascun Palio. I lavori relativi al Palio di Sant’Oliva dovranno pervenire presso l’Ufficio Protocollo del Comune di Cori, entro le ore 12,00 di giovedì 20 febbraio 2020, con indicato: “Concorso Palio di Sant’Oliva 2020”.

Gli elaborati dovranno pervenire a cura, spese e rischio dei concorrenti, chiusi in plico sigillato e contrassegnato dal motto scelto. Ciascuna proposta, distinta dal motto, non dovrà riportare alcuna firma, né indicazioni relative alle generalità dell’autore. Il motto dovrà essere ripetuto su ciascuna proposta. In busta a parte, debitamente sigillata, con riportato all’esterno lo stesso motto e l’oggetto del concorso, sarà contenuta una scheda con il motto del progetto, nome, cognome, indirizzo del concorrente nonché uno scritto che illustri le tecniche pittoriche utilizzate.

La Commissione sarà composta di esperti ed il giudizio espresso dalla stessa sarà insindacabile. I lavori saranno patrimonio dell’Ente e potranno essere utilizzati o modificati in qualsiasi momento senza che l’autore possa accampare nessun diritto. Per informazioni: Maria Teresa Luciani 333 778 9442 

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Sacha Naspini, "I Cariolanti"

2 Febbraio 2020 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni

 

 

 

 

Sacha Naspini
I Cariolanti

E/O - febbraio 2020 - pp. 176 - euro 16
(disponibile in E-book)

 

La nuova vita de I Cariolanti, il romanzo più cupo e duro di Sacha Naspini, uscito per i tipi di Elliott alcuni anni fa, adesso in catalogo E/O, dopo il successo de Le case del malcontento e la conferma con il thriller psicologico Ossigeno. Vediamo come lo presenta la Casa Editrice di Elena Ferrante: “Aldo è un disertore della Prima Guerra. Invece di partire per il fronte decide di costruire un rifugio sotterraneo nei boschi per prendersi cura della sua famiglia: una moglie, un figlio. Bastiano è un bambino. Al chiuso della tana sperimenta le contingenze della vita: il freddo, il caldo, la fame. Soprattutto la fame. Finché la guerra non finisce e Bastiano esce allo scoperto. Ma lo fa segnato dagli stenti, ogni impulso fa capo al luogo da cui proviene: una buca. E poi la propensione alla natura (vera, bestiale), che si infrange con le dinamiche violente che comandano il mondo degli uomini. Bastiano è un ragazzo quando impara l’amore. Sperimenta il carcere, quindi la ferocia del secondo conflitto mondiale. Si confronta con inaspettati segreti di famiglia. I Cariolanti è un romanzo di deformazione. Tredici fotografie di un’Italia gotica, rurale, notturna. Tredici istantanee della vita di un uomo nato di traverso. Questa è la sua storia”.

Se non mangio tutto poi arrivano i Cariolanti. Quando li sogno sono in due, un uomo e una donna vestiti male, scavati fino all’osso e con tutti i capelli appiccicati sulla faccia. Camminano strascicando i piedi nudi, sporchi di sangue e terra. E dita bitorzolute, e braccia lunghe, anzi lunghissime, fino alle ginocchia. Lunghissime e secche. I Cariolanti si chiamano così perché si tirano dietro un carrettino sgangherato, sopra c’è un lenzuolo che una volta era bianco ma che adesso è tutto zozzo e logoro. Pieno di patacche schifose. Da là sotto a volte spuntano dei piedini di bimbo. I Cariolanti hanno sempre fame. Se a cena qualche bimbo viziato non mangia tutto, di notte arrivano loro, ti prendono e ti portano via per mangiarti vivo nella loro tana.

L’incipit del nuovo romanzo di Sacha Naspini è terrificante e suggestivo, precipita il lettore in un clima di angoscia claustrofobica che si fa sempre più intenso, citando a piene mani le leggende maremmane e l’horror gotico italiano. Il romanzo è ambientato nel 1918, nella campagna toscana, si svolge quasi tutto all’interno di una buca, dove un uomo che non vuol partire per la guerra si è nascosto insieme al figlio di nove anni e sua moglie. Il padre si procura il cibo con rapide uscite, spesso la famiglia è costretta a cibarsi di vermi e di resti di carne umana. Nello squallore generale spicca la storia di Bastiano, innamorato di Sara, figlia del padrone per cui va a lavorare, ma le cose non vanno come vorrebbe e tutto finisce in una turpe serie di omicidi. Sacha Naspini racconta una storia dura, indaga la bestialità umana, l’istinto di chi uccide per sopravvivere, imbastendo un romanzo che sta a metà strada tra una novella di Maremma e una fiaba nera. Naspini è autore che ama cambiare genere da un libro all’altro: esordisce con una storia di pedofilia ambientata nelle campagne toscane (L’ingrato), prosegue con un noir ambientato a Praga che indaga il rapporto padre-figlia (I sassi - Edizioni Il Foglio), va avanti con Never Alone (Voras) e la figura del doppio. A ogni nuovo lavoro registriamo uno stile diverso, un nuovo modo di raccontare, un tipo di narrazione che non ha niente in comune con la precedente. I suoi lettori attendevano il ritorno di Bastiano. E/O li ha accontentati.

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