I rimedi di nonna Rosa: come sbiancare le unghie

Alta, magra, rossa e con i riccioli, così dovete pensarmi. Sono la vostra Nicole. (A proposito, per chi fosse interessato, sono anche single).
Mi occupo da sempre di estetica e oggi vi dico che, per avere unghie belle, chiare, pulite e splendenti, nonna Rosa raccomanderebbe di metterci sopra un po' di... dentifricio!
Eh, sì, il dentifricio fa miracoli, anche per l'acne, sapete, può tranquillamente sostituire la pomata ittiolo, ma questa è un'altra storia.
A risentirci presto, con un altro de #irimedidinonnarosa
Ah... pensavo... perché non mi scrivete? Sono qui per voi, pronta a risolvere tutti i vostri problemi, anche quelli sentimentali.
Ricordate la vecchia posta del cuore sulle riviste femminili? Ecco, aspetto le vostre lettere. Chiedetemi pure rimedi, consigli, trucchi e parlatemi delle vostre pene d'amore. Risponderò a ciascuno di voi dalle pagine di questo nostro blog.
Scrivete a nicole.sdf@tim.it
Un bacio da Nicole
La conversazione

La conversazione verbale ha perso d'importanza a vantaggio della parola scritta.
Una vola e l'altra resta, invece, ma una si fa "faccia a faccia", mentre l'altra si crea a distanza ed essa stessa, col suo autore, crea distanza dal suo lettore.
Vorrei che la nostra fosse civiltà dell'immaginazione, ma non è che viltà di ogni bella immagine che cela, dietro ad ogni bella maschera, ogni vero e brutto volto!!!
Luca Lapi
Mezzogiorno di cuoco
Sì, sì… più riguardo questi vecchi spot pubblicitari degli anni sessanta e settanta, più capisco quanto fossero avanti rispetto a noi. Quello della Carne Montana, con Gringo, il cattivo Black Jack e la bella Dolly, era un misto fra uno spaghetti western e un rap. Molto moderno, tutto musicato e in rima, con quelle desinenze che – mannaggia – dovevano sempre far rima con Gringo.
S’iniziava con:
Lassù nel Montana fra mandrie e cowboy c’è sempre qualcuno di troppo fra noi
E si finiva sempre con:
Il sole nel cielo è una palla di fuoco
Sarà mezzogiorno, mezzogiorno di cuoco
Vabbè... tanta nostalgia, tempi pionieristici e, allo stesso tempo, già molto maturi, anzi d'avanguardia. Tempi che non torneranno più.
Claudio Martinelli, Presidente e Direttore della scuola Danzerò di Prato, ci svela come rimanere in forma con la danza

In forma con la danza
Il fitness che va di moda ruba ritmi e movimenti alla danza. Allora perché non rimettersi in forma semplicemente… ballando? Abbiamo intervistato Claudio Martinelli, ballerino e coreografo di balli caraibici e di Modern jazz e Presidente e Direttore della scuola Danzerò di Prato, per capire quali sono le discipline di tendenza e i benefici che apporta la danza.
Claudio, quali sono le novità della prossima stagione?
Parlare di novità è abbastanza difficile, anche se da qualche anno in Italia spopola la Kizomba. Si tratta di un ballo di origine angolana che sta avendo grande successo. Hanno sempre un buon riscontro la Salsa, la Bachata e il Raggaeton, così come anche il tango argentino e la danza del ventre, anche se sono meno diffusi. Tra i più giovani continuano a destare molta attenzione la danza classica e l’hip hop.
Ci sono tipologie di danza più adatte a determinate persone e sconsigliate per altre?
Per quanto riguarda il ballo sociale non ci sono tipologie più o meno adatte, per quanto riguarda, invece, la danza sportiva o da show occorrono caratteristiche fisiche e mentali diverse. Tutti possono approcciarsi al mondo del ballo e, se seguiti nel modo giusto, possono ottenere ottimi risultati.
I maggiori benefici che si traggono dalla pratica del ballo e della danza sono senz’altro legati alla socializzazione, alla conoscenza di sé e all’equilibrio. Il valore aggiunto del ballo, che Curt Sahs definiva l’arte più completa in quanto si sviluppa nel tempo e nello spazio, è anche il fatto che oltre alla disciplina fisica implica l’ascolto e la comprensione della musica.
Che consiglio può dare agli aspiranti ballerini?
Consiglio a chiunque si approcci a questo mondo di farlo con una scuola di ballo seria e strutturata, evitando quelle che sono le offerte da “villaggio turistico”. Il ballo è divertimento soltanto attraverso lo studio: anche se blando e basilare, serve per ottenere risultati che durano nel tempo. Ai giovani che vogliono fare un percorso più impegnativo o addirittura professionale consiglio massima dedizione e massimo impegno, necessari per crearsi un mestiere che è tanto bello quanto duro.
Di Sonia Russo
Il "Salvini"

Era il più cazzone di tutti.
Dentro la ghenga era quello che valeva poco meno di un cazzo di niente.
Per quanto si vantasse che la sua scuola era sempre stata il marciapiede si capiva a colpo d’occhio che era una mammoletta. E per quanto lui ci si incistasse a dare un’impressione tutta diversa, acchittandosi e atteggiandosi da splendido, questo non faceva che caricarlo ancor più di un’aria ridicola, tipica di quello che vuole ma non può. Non ce n’era uno, tra di noi, che sarebbe mai ricorso a lui, se avesse avuto bisogno di una mano per sbrigare uno dei nostri soliti affarucci, perché da una lenza come quella non ti potevi aspettare altro che ti mollasse quattro a zero proprio sul più bello, quando magari tu stavi lì lì per chiudere la rapa e si sentivano le sirene della madama in avvicinamento o quando svaligiavi la cassa automatica e usciva fuori la guardia col ferro in mano, se ti aspettavi che quello lì ti venisse in aiuto stavi fresco. Per quello non lo facevamo mai partecipare, per quanto ce lo supplicasse tutti i giorni, facendo il ganassa coi resoconti dei suoi colpi fantomatici che ci propinava giusto per darci a bere che pure lui l’è un bel filone.
Si vedeva che ci pativa che noi avevamo sempre da contarne una, sul portavalori buttato giù con un uppercut dato bene o sulla fuga dai ghisa in sella al cinquantino sfiatato e lui ciccia.
Allora un bel giorno, tanto per far vedere di che stoffa era fatto, attaccò a far la teppa lui pure.
Solo che, messo com’era, per vincerla facile lui se la prendeva coi poveracci che trovava in giro, giusto per darsi un tono.
Per fare un esempio, se vedeva dei barboni a dormire tra i cartoni in un freddo siberiano, lui passava di lì e ci tirava le molotov: «Almeno vi scaldate!» gli sghignazzava dietro prima di sgommare via.
Quando vedeva un immigrato non perdeva occasione per prenderlo a sprangate o tirargli pietre e sampietrini, gridandogli: «Tornatene in Africa, brutta scimmia!» Questo però solo con quelli piccinini. Se per caso incontrava per strada un cristone nigeriano largo e lungo come un armadio era difficile che gli venisse voglia di offenderlo. Il più delle volte allora abbassava lo sguardo e tirava dritto.
E se trovava una zingarella pidocchiosa lì a stendere la mano per alzare un paio di euro di elemosina davanti a una chiesa gli veniva automatico ficcare un calcione al piattino delle offerte che lo mandava in orbita col pianto dirotto della poverella come sottofondo, subito prima di raccogliere le monetine, ficcarsele in tasca e sparire con un dito medio alzato esibito in faccia alla giovane rom.
Non che tutto questo migliorasse di una virgola il nostro giudizio su di lui, anzi, non facevamo che ignorarlo ancora peggio di prima: fare il forte con i più deboli lo rendeva ai nostri occhi come il nulla mischiato al niente.
Eppure lui andava avanti così. Se non se la prendeva con qualche tapino stava mica bene.
Ora spero si sarà capito perché nel giro quando parlavamo di lui lo chiamavamo… il “Salvini”.
GLI ABITI DI CINZIA DIDDI SONO APPRODATI SULL'ISOLA DEI FAMOSI: MODELLO D'ECCEZIONE UN GIUCAS CASELLA IN GRANDE FORMA!

Considero il mio lavoro una forma d'arte, quindi non tutti i giorni o tutti i momenti sono buoni per dare libero sfogo alla creatività perché è necessaria la giusta ispirazione.
Certo è che, quando il mio stato vitale è elevato, riesco a cogliere nell'ambiente che mi circonda ogni dettaglio e a trasformarlo in spunti e idee per creare.
Amo fare abiti da cerimonia o da grandi occasioni, dietro ai quali c’è un enorme lavoro ... in termini di creatività, di tecnica sartoriale, di ricerca dello stile, di scelta dei tessuti e accostamenti di materiali e accessori.
La parola chiave per me nel lavoro è DIVERTIRSI.
Una frase di Confucio dice: "Scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la tua vita"
Fortunatamente io faccio il lavoro che amo ... in questo modo lavorare diventa divertimento.
Anche vestire Giucas Casella all'Isola dei famosi è stata una vera parentesi divertente... ho accolto a braccia aperte questa esperienza.
La chiamo parentesi perché, in realtà, si discosta un po' da quello che faccio abitualmente e, pur discostandosi, non ho voluto tirarmi indietro. Ritengo che ogni esperienza sia in grado di arricchire il proprio bagaglio emotivo.
Nessuna consulenza di immagine in questo caso, dovevo semplicemente fare abiti comodi, casual e adatti al clima dell' Honduras.
Per Giucas ho scelto di fare T-shirt dai colori pastello, jeans, bermuda, giacche in cotone e scarpe in tela.
Arriva Lancillotto
Ripensando allo spot del miele Ambrosoli, dolce cara mammina, e a quello che vi presento oggi dei cracker Gran Pavesi, “arriva Lancillotto succede un 48”, vien da pensare che a quei tempi là - per il secondo si tratta del ventennio dal 65 all’85 - fossero molto più avanti di oggi. Pochi tratti, grafica e musica esile ma idee da teatro dell’assurdo, giochi di parole, insomma avanguardia e sperimentazione che oggi ci sogniamo.
Allora, dicevamo, arriva Lancillotto e arrivano anche re Artù, Ginevra e tutti i cavalieri della tavola rotonda. E quindi facciamo un bel passo indietro.
Lancillotto o il cavaliere della carretta, scritto tra il 1176-77, è la storia dell’amore esclusivo di Lancillotto per la regina Ginevra, moglie di Artù. La materia di Bretagna, o arturiana, affonda le proprie radici nella realtà storica di un condottiero britanno della fine del v secolo, che avrebbe contrastato con successo l’avanzata degli invasori sassoni, a favore della cultura celtica autoctona. C’è chi, invece, fa risalire Artù al romano Artorius.
Mentre nella poesia epica, come nella Chanson de Roland, le azioni dei vari eroi, ispirate da ideali religiosi nazionali, hanno sempre qualcosa di collettivo, quelle dei personaggi cortesi, soprattutto quelle dei romanzi di Chrètien de Troyes, sono espressioni dell’individualità del cavaliere.
L’autore del più noto romanzo arturiano è Thomas Malory, vissuto nel 1400, persona, tra l’altro, poco onesta e raccomandabile che visse da fuggiasco o da prigioniero.
Se il ciclo francese era imperniato anche sul significato mistico del santo Graal, con Malory la psicologia del personaggio diviene centrale. E la sua opera rappresenta la transizione dal romanzo medievale a quello moderno.
L’ideale (e la poesia) cortese ha al centro l’amore. La donna è signora, l’innamorato è suo servo e suddito del re, l’amore è fonte di elevazione spirituale, come sarà in seguito per Cavalcanti, Dante e la scuola dello stilnovo.
Anche il cinema si è occupato della materia arturiana con molti film. Se Il primo cavaliere di Jerry Zucker è insulso, Excalibur di John Boorman resta un capolavoro assoluto.
Altro grande mito è La storia di Tristano e Isotta, uno dei più grandi racconti d’amore e morte lasciato dal Medioevo in eredità all’età moderna. Dopo il più antico romanzo di Thomas, Tristan, scritto tra il 1160 e il 1190, non si contano le versioni, straniere e italiane: Schlegel, Tennyson, Swinburne, Wagner. Inesauribile il fascino sentimentale e la potenzialità suggestiva della storia. Il tema è quello del’amore fatale, l’amore ossessione, prodotto dal filtro, che non conosce limiti se non nella morte.
Radioblog: Bibliolibrò, la lettura su un calessino ape

Come sempre ricordiamo la nostra illustratrice ufficiale, Eva Pratesi, che potete conoscere meglio visitando la sua pagina web www.geographicnovel.com - I viaggi disegnati di Eva.
Musica: www.bensound.com
Illustrazioni: Eva Pratesi http://geographicnovel.com
Per contattarci: radioblog2017@gmail.com
Cinema e Malattie Rare

Alla Casa del Cinema di Roma, sabato 10 e domenica 11 febbraio, la terza edizione di “Uno Sguardo Raro”, Presidente di Giuria la regista Cinzia TH Torrini.
Primo festival cinematografico internazionale dedicato alle malattie rare.
Mille i film ricevuti, di cui 158 dall'Iran e 140 dall'Italia.
Si tiene a Roma, presso la Casa del Cinema, oggi sabato 10 e domenica 11 febbraio 2018, a ingresso gratuito fino a esaurimento posti, la terza edizione di “Uno sguardo raro”, primo festival di cinema dedicato alle malattie rare descritto da varie angolazioni in cortometraggi, cortometraggi Under 30, documentari, spot e cortissimi, realizzati con smartphone e tablet. Un festival 'portatore sano di emozioni', fatto di storie che raccontano quanto si possano superare i propri limiti fisici e non solo. Quasi mille i film – 18 quelli selezionati per la fase finale - tra corti e documentari ricevuti, di cui 158 dall'Iran, 140 dall'Italia, 97 dall'India, 52 dalla Turchia, 48 dalla Spagna e 43 dagli Stati Uniti. Tra i selezionati dalla Giuria di Qualità - presieduta dalla regista Cinzia TH Torrini - oltre a film italiani, opere da Indonesia, Spagna, Stati Uniti, Sud America e Nord Africa.
Durante la serata di premiazione sarà proiettato lo spot #limitizero, progetto dedicato a ragazzi e giovani adulti con emofilia realizzato dall'Osservatorio Malattie Rare in collaborazione con l'Istituto Europeo di Design di Milano, con la collaborazione di Fondazione Paracelso, FedEmo e Aice. L’obiettivo era quello di costruire, insieme ai ragazzi, una nuova immagine della malattia così poco conosciuta dalle nuove generazioni ed è stato reso possibile grazie al contributo non condizionato di Sobi Italia, azienda biofarmaceutica dedicata allo sviluppo di terapie innovative per le malattie rare che sostiene in maniera non condizionata anche il Festival.
Altro titolo in programma nella serata finale è il corto “Tess is Not Alone”, diretto da Bo Bigelow, papà di Tess, protagonista del corto, una bimba che soffre della mutazione USP7, malattia rara che causa disturbi dello sviluppo neurologico, anomalie della sostanza bianca, disturbi del linguaggio e dello spettro autistico. Bo ha dato vita a Boston al Festival Disorders – festival di film e cortometraggi sulle malattie raro, evento di grande successo gemellato con Uno Sguardo Raro.
Il festival prevede una Giuria Popolare, che coinvolge il pubblico: per farne parte è sufficiente scrivere alla mail info@unosguardoraro.org. Vi verrà riservato un posto in platea.
Uno Sguardo Raro, che anticipa la celebrazione della Giornata delle Malattie Rare del 28 febbraio prossimo, vede la direzione artistica dell'attrice e autrice Claudia Crisafio,presidente della Nove Produzioni, che produce il festival. Nato da un'idea della stessa Crisafio e di Serena Bartezzati, da tempo attiva nel mondo delle malattie rare e responsabile della comunicazione di Uniamo Fimr onlus, Federazione che raccoglie oltre 100 associazioni pazienti di malattia rara in Italia. Uno Sguardo Raro, che vanta diversi patrocini, è gemellato con lo storico concorso letterario, artistico e musicale “Il Volo di Pegaso”, dedicato a chi soffre di queste patologie, prodotto dal Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità.
Raccontare cosa significa vivere in modo diverso, accompagnati da difficoltà e, spesso, dal dolore è sempre difficile. I malati rari e le associazioni pazienti che li affiancano nel loro percorso quotidiano, fatto di piccole e grandi conquiste, hanno raccolto la sfida e negli anni hanno prodotto delle opere in cui aprono il loro complesso universo al pubblico. Il festival “Uno Sguardo Raro” nasce per dare spazio a queste narrazioni e stimolare una riflessione su come si stia evolvendo il registro di comunicazione di questo particolare tema. Shire, l’azienda biotech leader nelle malattie rare che a Boston promuove Disorder - The Rare Disease International Film Festival - ha deciso di sostenere il festival e presentare, nella serata di apertura, la webserie video dedicata alla Sindrome dell’Intestino Corto (SBS-IF film series), una condizione rara ancor oggi priva di riconoscimento nonostante il suo grande impatto sulla vita di chi ne soffre.
“L'obiettivo - sottolinea la direzione artistica - è quello di promuovere le migliori opere video sulle malattie rare per creare un punto d'incontro solidale tra il mondo del cinema e questo mondo e dare un impulso alla produzione di nuovi registri di comunicazione visiva sul tema. Un punto di partenza per raccontare come l'esperienza di chi ha già lottato e magari raggiunto qualche vittoria, sia una ricchezza da condividere. La nostra missione diventa quindi trasformare l’invisibilità dei malati rari in visibilità”.
Uno Sguardo Raro 2018 è organizzato da Nove Produzioni, patrocinato da Roma Capitale, Uniamo Fimr onlus, Istituto Superiore di Sanità, Rai Segretariato Sociale, Biblioteche di Roma, Agiscuola, Associazione 100 autori, Anac, Ferpi - Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, Roma Lazio Film Commission, in collaborazione con Casa del Cinema e Zétema, sostenuto dal contributo non condizionato di Sobi Swedish Orphan Biovitrum e Shire Italia.
Media Partner: Omar - Osservatorio malattie rare; Festival Partner: Il Volo di Pegaso, Perugia Social Photo Fest, Disorder - The Rare Disease International Film Festival.
Le malattie rare
In Europa una malattia è definita rara quando colpisce meno 1 persona ogni 5mila, ma il numero delle patologie è di circa 8mila. Si calcola che in Europa gli affetti da una patologia rara siano circa 30 milioni. In Italia sono 670mila le persone ufficialmente registrate come 'malate rare', ma si stima che siano circa un milione e mezzo, un numero che aumenta molto considerando i familiari coinvolti nell'assistenza. Molte sono malattie complesse, gravi, degenerative e invalidanti, fattori che possono portare all'impoverimento della famiglia, al suo isolamento e al suo sfaldamento. Alcune patologie, però, con una diagnosi precoce e adeguati trattamenti, consentono una buona qualità di vita.
Per informazioni
www.unosguardoraro.org
info@unosguardoraro.org
www.facebook.com/unosguardoraro/
Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo, "Il ragazzo invisibile seconda generazione"

Il ragazzo invisibile seconda generazione
Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo
Salani Editore, 2018
pp 202
14,90
Poco più di una sceneggiatura romanzata, Il ragazzo invisibile seconda generazione, seguito de Il ragazzo invisibile, romanzo scritto dagli sceneggiatori de l’omonimo film di Gabriele Salvatores uscito nel 2014, fa parte di un’operazione cross- mediale. Il romanzo esce per Salani in contemporanea col film e con un fumetto. Il primo film, però, almeno aveva fascino, il romanzo molto meno.
Ritroviamo Michele Silenzi tre anni dopo i fatti del primo film/libro. È ancora invisibile ma ha imparato a controllare i suoi poteri, è cresciuto, è sempre innamorato di Stella, sebbene non sappia farsi riamare. Il ritrovato padre Andrej ha cancellato la mente di tutti i protagonisti delle passate vicende e nessuno ricorda che è stato proprio lui a salvare Stella e gli altri. Soprattutto, l'amata madre adottiva Giovanna è morta in un incidente. Lei stava litigando al telefono con lui quando ha perso il controllo dell’auto e Michele non se lo perdona. Vive con il cane Mario in un appartamento sudicio e disordinato, gira fra una festa e l’altra, sta male dentro e non si dà pace.
In questo sequel ritroverà la vera madre ma non sarà un incontro felice. Nella sua vita, inoltre, irrompe un’altra persona, speciale come lui, la sorella gemella Nataša. Apparentemente i legami del sangue sembrano colmare il vuoto, ma la vera famiglia è quella che ci cresce e che ci ama, non quella genetica.
Se nel film di Salvatores il realismo, seppure magico, aveva un positivo sopravvento sulla fantasia - e si avvertivano tutti i turbamenti di un adolescente alle prese con i coetanei, con l’amore, con la società e i problemi della crescita - qui, dopo un inizio promettente, nonostante le buone intenzioni di approfondimento psicologico, si scende solo sul piano del romanzo/film d’azione.
Michele, Nataša e gli altri Speciali sono dei supereroi. Esserlo fino in fondo significa accettare la propria parte oscura, venire a patti con i sensi di colpa, ma anche scegliere di non crescere completamente, non uniformarsi, rimanere diversi seppure non in modo palese. Fuor di metafora, il conformismo è l’antitesi dell’essere Speciali, del non fare parte del gruppo avendo qualcosa in più: più sensibilità, più capacità, più intelletto. E si può scegliere di mettere le proprie doti a servizio del bene oppure del male, si può scegliere di allearsi con i “Babbani”, di harrypotteriana memoria, oppure distruggerli.
Tutto sommato, il personaggio meglio tratteggiato resta sempre Michele, gli altri sono solo stereotipi più cinematografici che letterari, specialmente il cattivo Zavarov. Se il primo film catturava per quel certo malinconico non so che, e per la novità di un fantastico made in Italy, il tentativo di creare una saga fumettistica autoctona, con tanto di pellicole, fumetti e romanzi, non ci pare abbia prodotto i risultati qualitativamente sperati.