Cerca risultati per “giovanna strano”
Le Tellier, "L'anomalia"
Neocristianesimo
I
Nel sogno m’appare una croce quasi celtica: al posto del classico cerchio, ecco infatti, all’intersezione dei bracci, la riproduzione stilizzata (“stenografa”, dunque?) di un pallone da calcio; per cui sempre un cerchio (ricolmo, però, di parecchi esagoni bianchi e neri).
Non vi sarebbe alcunché di strano nella visione; solo che la croce è svettante e incombe minacciosa su di me. Che significa? Mi sono macchiato? Qual è la mia colpa? Parlami, El Marada!
II
Un sentimento d’inquietudine m’oscura il petto; frattanto il mattino è fosco, come se tutto il mare si stesse sciogliendo in vapore acqueo. Ma quando raggiungo la chiesetta sul promontorio, a te intitolata, il mio cuore per un attimo si rischiara. Entro e m’inginocchio dinanzi all’altare, per salmodiarti la santa preghiera: «Com’è detto nei taccuini sinottici dell’eterna terna o trinità arbitrale, quando tu – che in genere crossi il perdono nella mente dei fedeli e mistiche rivelazioni, sagge come un VAR –, protendesti coraggioso la Mano de Dios, per deviare il Covid da qualunque proposito omicida, il Messia resuscitò nel terzo tempo e ti annunciò cordiale: «Oggi sarai con me nel Regno dei Gol, ove entrerai fulmineamente, come un destro nella porta. Sì, tu sarai il Destro del Signore!». E fu allora che assurgesti alla traversa col sacro nome di El Marada».
Il parroco mi ha visto e sentito. Per questo adesso mi sorride luminoso e s’avvicina.
«Se qualcosa ti tormenta, spingendoti a cercare la verità» –sussurra paterno– «recati in pellegrinaggio, figliolo mio».
E mi porge un volantino. È la pubblicità del nuovo albergo extralusso, appena inaugurato in Vaticano, e recita così: «Per il Giubileo, vieni a Roma, o credente fervoroso: “Il Resort… o” ti accoglierà».
Pietro Pancamo
(pietro.pancamo@alice.it; pipancam@tin.it)
Patrizia Poli, "L'ultima luna"
Carmen Totaro, "Un bacio dietro al ginocchio"
Giuseppe Benassi, "Tra le tue sgrinfie"
Tra le tue sgrinfie
Giuseppe Benassi
Manni, 2020
pp 126
15,00
In quest’ultimo romanzo di Giuseppe Benassi, l’avvocato Borrani, protagonista di tutti i suoi libri precedenti, compare solo di sfuggita. Personaggio principale è l’ingegner Mazza, un uomo arrivato al capolinea della vita, destinato a morire, o per suicidio o per un tumore che gli sta aggredendo lo stomaco. Mazza è pieno di debiti, ed è nei guai con la giustizia. Viene salvato dal contatto con un figuro losco e potente.
"Zia Carmela" è un vecchio falsario omosessuale, dedito a non ben definiti traffici, e a capo di una rete di malaffare. Grazie a lui Mazza si ritroverà libero dai debiti, dal cancro che lo consumava e dalla sua vita precedente; grazie a lui scoprirà che la defunta moglie lo tradiva e che quello che credeva suo figlio in realtà non lo era.
Ma questo è solo l’inizio di una sorta di rinascimento interiore che corrisponde alla degradazione totale, all’abbandono a una vita forse sempre sognata ma mai osata.
Affiliarsi a "Zia Carmela", al giovane pakistano Safik e al cane Ciro, significa per Mazza riconoscere l’ipocrisia e la falsità dell’esistenza borghese. Mazza compie quel salto che Borrani ha sempre solo immaginato, un tuffo nell’immondo, nel sordido, l’abbandono a persone dello stesso sesso, come se Dorian Gray si lanciasse finalmente nel ritratto. Non a caso "Zia Carmela" è un pittore di grande talento, capace di cogliere l’attimo metafisico in cui gli opposti si toccano, la coniunctio oppositorum sempre presente nei romanzi di Benassi.
Morte e vita, luce e ombra, tramonto e alba s’intrecciano, così come lo squallore si fonde con la purezza. Alla fine il protagonista sarà per la prima volta libero, e ricostruirà con quegli esseri strani, e diabolicamente innocenti, una nuova esistenza più autentica.
Esistono due forme di decadimento, ci dice l’autore, quello squallido e vuoto delle scene ambientate alla stazione di Pisa - ormai irriconoscibile fra spacciatori, alcolisti e senza fissa dimora - e quello fantasmagorico, circense, raffinato seppur abietto di "Zia Carmela". Che differenza fra la quotidianità deludente della vita di Mazza e le ombre corrusche dei sublimi quadri del vecchio falsario dipinti al suono di musiche eccelse. È la medesima differenza che intercorre fra la prosaicità di certe descrizioni urbane - in uno stile paratattico, efficace ma troppo insistito - e il lirismo della natura e degli animali, sempre innocenti e puliti in Benassi.
The Fall
Fa uno strano effetto vedere dopo venticinque anni la protagonista di X files, sempre nel ruolo di una poliziotta molto capace, dare la caccia a Mr Grey, quello delle cinquanta sfumature, qui un assistente sociale con famiglia a carico che durante le ore notturne si diverte a identificare tra giovani professioniste di Belfast le sue future vittime da serial killer strangolatore. Si può guardare come un noir, godendosi la suspense del gioco ad alta tensione tra l'agente Stella e il predatore braccato, che non esita a esibire quel lato narcisistico che caratterizza spesso questo tipo di criminali. Si può apprezzare l'introduzione psicologica del serial killer, molto curata, e dei vari personaggi, credibili e le cui fragilità vengono esposte ma mai dichiarate apertamente. Oppure si può leggere tra le righe un'amara constatazione di quello che è il ruolo imposto alle donne e ai loro corpi nella nostra società. Stella è una donna con un lato maschile molto sviluppato e non lo nasconde. Non esita a contattare uomini che ritiene attraenti a prima vista per notti di sesso che non si ripeteranno più, non esita a soddisfare i suoi desideri "più particolari", non si fa intimorire da altri uomini. Rifiuta le etichette che si danno in genere alle donne per pietismo, la vittimizzazione e l'agiografia delle sante contro le puttane, sa di avere scelto di combattere sia contro il crimine sia all'interno di una organizzazione maschilista e paramilitare, sa che la debolezza è richiesta al suo sesso, che ne sa fare un'arma al momento giusto, ma che è anche ciò che la condanna alle critiche feroci di chi accusa le vittime di "non avere reagito". Sa che essere assertive, quando si è donne, si paga col giudizio di arroganza e freddezza da parte degli altri. E lo dice, abbastanza spesso, durante tutte e tre le stagioni. Basta sapere ascoltare.
Nassin Honayar: l'artista dalla forza espressiva oltre il destino
Amici lettori, ci rivediamo al prossimo evento artistico e sarà sempre un piacere.
Ferenc Karinthy, "Epepe"
Qualche settimana fa ho letto la notizia di una signora sordomuta che doveva andare a Bologna ed è finita in Polonia. Mi è tornata in mente questa assurda notizia leggendo questo libro di cui sentii parlare qualche anno fa, a seguito della pubblicazione di Adelphi. A Budai, linguista ungherese, accade la stessa cosa, con la differenza che lui finisce in una nazione misteriosa dove si parla un idioma incomprensibile e di cui lui non riesce a cogliere nemmeno i suoni, tanto sono pronunciati in maniera bizzarra, e dove la gente conduce una vita caotica e frenetica, perennemente in coda o occupata ad accapigliarsi, litigare e inveire. Budai usa ogni trucco possibile per cercare di ricostruire l'oscura sintassi facendo ricorso a tutte le sue conoscenze di poliglotta, insegnandoci diverse sottigliezze sullo studio delle lingue e la loro classificazione ma non risolvendo nulla di fatto. Nemmeno i gesti sono un linguaggio universale e ammesso che l'amore, inteso in senso più fisico che mentale, lo sia, non offre che una pausa ristoratrice nella confusione da cui Budai è avvolto. La situazione precipita abbastanza velocemente, il protagonista si accontenta di sopravvivere e Epepe, sempre che si chiami così e non Dede, Eveve o altro, l'unica persona con cui era riuscito ad avere un rapporto emotivo, sparisce dalla sua vita inghiottito dalla Storia di questo strano Paese, dedito a caos e rivoluzioni come pochi altri, tanto che lo stesso Budai inizia a ipotizzare che forse nessuno riesca davvero a comunicare in maniera efficace in quella incomprensibile comunità. Più volte durante la lettura mi sono chiesta se la storia fosse fine a se stessa o ci fosse un secondo livello di lettura, tipo, che so, l'incomunicabilitá nella società dell'individualismo o l'ego che si sente perso quando si scontra con i diversi punti di vista della realtà oppure se, come dice Carrére nella prefazione, Epepe "rientra nella narrativa pura, ammesso che una cosa simile esista: narrativa da orologiaio, ludica, chiusa sul proprio risultato". Non so, certamente è una piacevole lettura che consiglio.
Midnight Mass
In una piccola isola di pescatori in crisi economica da anni giunge un giovane prete a sostituire temporaneamente l'anziano reverendo che è stato ricoverato in ospedale durante un pellegrinaggio. La comunità è inevitabilmente autoreferenziale, cattolica, affamata di fede, poco collegata col continente. Pochi sono i non praticanti o di fede diversa ma convivono serenamente. L'unica bigotta invasata sopravvive nonostante sia antipatica anche alla sua immagine riflessa. Ma subito è palese che qualcosa è arrivato insieme al parroco: un'entità oscura che scatena eventi latori di funesti presagi. E, subito dopo, il primo miracolo durante la messa, davanti a tutti, agognato e inspiegabile, come tutti i miracoli. Come prevedibile la gente rinnova il fervore verso la chiesa ma alcuni strani comportamenti del religioso e misteriose sparizioni notturne ci fanno intuire che la distinzione tra bene e male non è così evidente. Questa miniserie in 7 puntate, che mi ha ricordato il romanzo "Hex" ma che di horror ha poco e nulla, ha molteplici piani di lettura che si svelano in un bellissimo dialogo sulla morte tra due ex che si rivedono, e un bellissimo monologo finale su cosa sia la vita, con riflessioni che molto devono a certa psicoanalisi di Hillman e filosofia orientale. Il prete, che come un pappagallo ripete il mantra dell'accettazione all'ex alcolista, è il primo che la infrange sconvolgendo la comunità con un miracolo, inteso come un vero e proprio atto devastante che avrà ricadute sulla vita di tutti. I miracoli non sono desideri. I miracoli, di qualunque natura siano, vanno contro le leggi della fisica o dell'etica, e i vantaggi che essi comportano ricadono per forza sulla comunità con costi spesso insostenibili. Sia che invertiamo il processo dell'entropia, sia che godiamo di vantaggi economici, sociali o sanitari, da un'altra parte paghiamo noi o i nostri simili. E se rincorriamo ciecamente questi sogni, se ci facciamo condurre da persone che celano uno spirito corrotto dietro la rispettabile patina di costrutti sociali accettati dalla maggioranza, sanciremo in breve tempo la nostra distruzione. Il mondo si può sicuramente cambiare ma solo dopo averlo accettato per ciò che è, riconoscendo nella nostra vita non un vuoto simulacro da proteggere egoisticamente, bensì un dono molto meno materiale da offrire alla bellezza a cui viene continuamente esposto. Ma anche quella va prima trovata, e la serenità, la non appartenenza a nessuno degli schieramenti in gioco, di qualunque gioco si parli, l'eresia in senso etimologico, sono l'unico modo efficace.
Old
Attimi di smarrimento.
Mi trovo seduto su una strana sedia, in un grande salone. Non sono da solo, mi tengono compagnia altre persone, la maggior parte in età avanzata, tra l'altro da qui scorgo un corridoio pieno di gente affaccendata. Sembra di essere all'ospedale, ma non è un ospedale e nel contempo sembra di essere in una casa, ma non è la mia casa.
Addosso ho una calda coperta e, nel cercare di sistemarla meglio, mi casca sul pavimento. Non posso raccoglierla, me lo impedisce una fascia fastidiosa che mi lega a questa carretta con le ruote.
Qualcuno mi sposta in bagno. Osservo uno specchio.
Attimi di smarrimento.
Non riesco a ricordare chi è la persona che ho davanti, nonostante abbia un qualcosa di familiare. È così vecchio, ha i capelli bianchi, il viso rugoso e le mani nodose. Provo a parlargli. Purtroppo non mi è possibile, ho perso la capacità di esprimermi.
Lascio perdere.
Noto una ragazza vestita di viola che sta preparando degli asciugamani. Mi sorride.
«Amore, adesso ci facciamo una doccia!» mi dice. È bellissima, non vedo l'ora di lavarmi con lei.
Attimi di smarrimento.
Ehi, perché sono tutto bagnato? Evidentemente ha piovuto ed ero senza ombrello.
Attimi di smarrimento.
Chi mi ha messo a letto? Una fanciulla col camice color lillà mi raddrizza il cuscino e mi sistema il lenzuolo. Le sue carezze e le sue parole suonano gentili. Figlia mia, se potessi, ti racconterei una favola.
Attimi di smarrimento.
Un tizio dall'espressione bieca afferma a quella signorina che risulto pazzo e rincoglionito, per di più con prepotenza mi ficca in bocca un cucchiaio di sciroppo amarissimo.
Protesto gorgogliando, mio fratello è proprio un maleducato. Nel frattempo quei due si bisticciano come bambini. Che buffi!
Rido.
Attimi di smarrimento.
Ai lati del letto, quattro cancelli mi fanno sentire come se fossi un prigioniero. Cerco di spingerne uno con quel po' di energia che ho.
Piango.
«Tesoro, stai buono. Le sbarre servono per non farti cascare a terra» mi spiega un angelo meraviglioso dal completino viola, dandomi un bacetto.
Rido.
Attimi di smarrimento.
Le luci si spengono.
Che è 'sto buio?
Ho paura.
Piango.
Mi scappa la pipì.
Piango.