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signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

Cerca risultati per “giovanna strano”

Le Tellier, "L'anomalia"

30 Marzo 2021 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni, #fantascienza

 

 

 
 
 
L'anomalia
Hervé Le Tellier
2020
 
 
"Sì proprio così. Posso ricordarle la frase di Nietzsche? 'Le verità sono illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria'. In questo momento, l'intero pianeta si trova di fronte ad una verità inedita, che rimette in discussione tutte le nostre illusioni. È un segno che ci è stato inviato, indubitabilmente. Ma, pensare richiede tempo, ahimè. L'ironia sta nel fatto che essere virtuali implica forse maggiori doveri nei confronti del nostro prossimo, del nostro pianeta. Soprattutto collettivamente.
- E perché mai?-
- Perché - ed è stato già detto da un matematico - questo test non è destinato a noi in quanto individui. Questa simulazione pensa in termini di vastità oceaniche, se ne infischia del movimento di ogni singola molecola d'acqua. È dunque dalla specie umana nella sua interezza che la simulazione si aspetta una reazione. Non ci sarà nessun salvatore supremo. Dovremo salvarci da soli".
 
Leggere ora questo romanzo scritto ben prima del 2020 e che si incasella con difficoltà (fantascienza? Ucronia?) fa veramente uno strano effetto. Nel romanzo di Le Tellier, che si manda giù che è una delizia, accade l'impossibile, che è poi quanto scritto in sinossi. Un intero aereo con il suo contenuto umano viene misteriosamente "duplicato" durante una turbolenza. Ci si ritrova quindi con 243 esseri umani con medesimo DNA ma anche ricordi di quelli del medesimo aereo atterrato 3 mesi prima al JFK. A parte le ovvie difficoltà di gestire la situazione da un punto di vista sociale, psicologico, economico e militare,  diventa urgente capire come il fatto possa essere accaduto e chi ne sia il responsabile. E per trovare una spiegazione occorre scomodare Nick Bostrom, filosofo reale, e la sua disturbante teoria. Le problematiche per inserire i "doppioni" sul pianeta si sciolgono a poco a poco e tutti i rivoli costituiti dai 7 personaggi che il romanziere ha deciso di seguire confluiscono in un rassicurante lieto fine ma nessuno ha risposto alla domanda fondamentale: se i "cigni neri" sono come degli enormi quiz inviati alla specie umana per testare le loro risposte, dalla nostra risposta dipende o la nostra evoluzione verso uno stadio evolutivo più alto o il crash del sistema essere umano. E come la filosofia insegna, bisogna sempre affrontare i problemi, mai evitarli. Perché a ignorarli può succedere un problema di impaginazione delle ultime righe.
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Neocristianesimo

11 Maggio 2021 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #racconto

 

 

 

I

 

 

Nel sogno m’appare una croce quasi celtica: al posto del classico cerchio, ecco infatti, all’intersezione dei bracci, la riproduzione stilizzata (“stenografa”, dunque?) di un pallone da calcio; per cui sempre un cerchio (ricolmo, però, di parecchi esagoni bianchi e neri).

Non vi sarebbe alcunché di strano nella visione; solo che la croce è svettante e incombe minacciosa su di me. Che significa? Mi sono macchiato? Qual è la mia colpa? Parlami, El Marada!

 

II

Un sentimento d’inquietudine m’oscura il petto; frattanto il mattino è fosco, come se tutto il mare si stesse sciogliendo in vapore acqueo. Ma quando raggiungo la chiesetta sul promontorio, a te intitolata, il mio cuore per un attimo si rischiara. Entro e m’inginocchio dinanzi all’altare, per salmodiarti la santa preghiera: «Com’è detto nei taccuini sinottici dell’eterna terna o trinità arbitrale, quando tu – che in genere crossi il perdono nella mente dei fedeli e mistiche rivelazioni, sagge come un VAR –, protendesti coraggioso la Mano de Dios, per deviare il Covid da qualunque proposito omicida, il Messia resuscitò nel terzo tempo e ti annunciò cordiale: «Oggi sarai con me nel Regno dei Gol, ove entrerai fulmineamente, come un destro nella porta. Sì, tu sarai il Destro del Signore!». E fu allora che assurgesti alla traversa col sacro nome di El Marada».

Il parroco mi ha visto e sentito. Per questo adesso mi sorride luminoso e s’avvicina.

«Se qualcosa ti tormenta, spingendoti a cercare la verità» –sussurra paterno– «recati in pellegrinaggio, figliolo mio».

E mi porge un volantino. È la pubblicità del nuovo albergo extralusso, appena inaugurato in Vaticano, e recita così: «Per il Giubileo, vieni a Roma, o credente fervoroso: “Il Resort… o” ti accoglierà».

 

Pietro Pancamo

(pietro.pancamo@alice.it; pipancam@tin.it)

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Patrizia Poli, "L'ultima luna"

24 Febbraio 2021 , Scritto da Ida Verrei Con tag #patrizia poli, #lultimaluna, #idaverrei, #recensioni

 

 

 
 
 
 
Ogni parola è sempre scritta pensando ai lettori, ai cuori da far vibrare”, dice Patrizia Poli. E ci riesce, ancora una volta, con un romanzo che è storia, la storia di una vita che non si svolge sotto il segno di grandi avventure, né di episodi fortemente drammatici. Mary, la protagonista, non è un’eroina né una vittima, ci sono illusioni e delusioni, ma non guarda il mondo che la circonda con rancore, né con distacco, la sua storia si racconta su uno sfondo che spesso diventa il vero protagonista. Un contesto che diviene speciale, perché lo è e perché l’autrice così lo conosce, così lo ha vissuto.
Una storia, una vita, un mondo. Una strana casa a forma di manyatta, sull’orlo del Masai Mara, un’insolita famiglia inglese benestante, dove ciò che accomuna padre e figlia è il grande amore per l’Africa, la gioia e il piacere di galoppare per la savana, mentre la madre angloindiana vive chiusa in se stessa con l’unico sogno di lasciare il Kenya e andare a vivere in Inghilterra.
Dopo un dolore inaspettato, sempre inaspettato arriverà per Mary anche l’amore. Ma la storia non si chiuderà come la più tenera delle fiabe, ci saranno difficili prove che la protagonista dovrà affrontare, anche se ne uscirà arricchita e certamente più forte.
Più che la trama, quello che colpisce nel romanzo di Patrizia Poli è l’atmosfera che si nutre di riferimenti culturali ma soprattutto di emozioni che svelano immedesimazione e una tecnica descrittiva che combina ritratto e racconto. Come, per esempio, l’articolata narrazione dei cortei di animali per i boschi della savana, che si trasforma in un vero e proprio affresco della terra africana. E’ una sorta di mescolanza tra reportage e la memoria di emozioni assimilate alla fantasia.
Ancora un romanzo bello e particolare, che conferma Patrizia Poli scrittrice di talento.
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Carmen Totaro, "Un bacio dietro al ginocchio"

2 Giugno 2021 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni

 
 

 

 
 
 
Un bacio dietro al ginocchio
Carmen Totaro
Einaudi, 2021
 
 
"Aveva notato che lì, nella cava, le parole gridate disegnavano una curva e poi si disperdevano. Schizzavano in alto come un fuoco d'artificio e poi precipitavano, non ne restava nulla. Era come se si esaurisse la voce che le aveva pronunciate, e lei avrebbe voluto aggiungere la sua a quella della figlia, gridare allo stesso modo, più forte, piangere, perché neanche lei aveva ricevuto consolazione."
Nella preparazione al duello finale tra Ada e Elisa, madre e figlia, un duello degno di un western, con questa ambientazione abbacinante in una cava sperduta nel mezzo di un'assolata Sardegna, le parole sono proiettili che rimbalzano impazziti. 
Nel capitolo che apre il romanzo invece le parole sono stentate, non hanno getto, cadono vicino a chi le pronuncia, senza veramente raggiungere l'altra, ognuna recita la propria verità ma senza che l'altra davvero la ascolti.
Una cena di compleanno goffa e malriuscita, poi il rientro a casa. Ada resta sola, Elisa esce e nulla sarà più come prima né per i protagonisti né per noi lettori. Qualcosa accade, viene descritto ma mai spiegato veramente, anche se la soluzione appare semplice e logica, poche sono le alternative, per non dire nessuna. Ma quando Ada riporta i fatti è evidente come questi non combacino con quanto è accaduto. Veniamo trascinati in un giallo psicologico in cui la verità trova una sua strada attraverso questa dissonanza cognitiva continua tra narrato e riferito, in cui i perché si intuiscono, la psicologia di Ada si svela a ogni capitolo con le sue paure, la dipendenza affettiva, i fallimenti e le illusioni, il suo modo ottuso di interagire con gli amici della figlia, la sua indebita intrusione nelle vite altrui, il suo essere così giudicante. Elisa, gelida e determinata, tornerà ad abitare le pagine nella seconda metà, e proprio l'assenza di spiegazioni del suo gesto, ma un certo sollievo per il suo fallimento, ci indirizzano verso una ragazza confusa, arrabbiata, senza meta e irrisolta. Un notevole scavo in due personalità al limite che si trovano ad avere necessità dell'altra per uscire dal pozzo nero in cui languiscono da anni senza mai avere davvero il coraggio di ammettere la necessità di aiuto. "Forse, se ne avesse avuto coscienza, avrebbe potuto confessarle che la ammirava in un modo strano e terribile, perché può arrivare il momento in cui si deve avere il coraggio di bruciare tutto, anche la propria madre". Bello davvero.
 
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Giuseppe Benassi, "Tra le tue sgrinfie"

27 Settembre 2020 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

 

 

 

 

Tra le tue sgrinfie

Giuseppe Benassi

 

Manni, 2020

pp 126

15,00

 

In quest’ultimo romanzo di Giuseppe Benassi, l’avvocato Borrani, protagonista di tutti i suoi libri precedenti, compare solo di sfuggita. Personaggio principale è l’ingegner Mazza, un uomo arrivato al capolinea della vita, destinato a morire, o per suicidio o per un tumore che gli sta aggredendo lo stomaco. Mazza è pieno di debiti, ed è nei guai con la giustizia. Viene salvato dal contatto con un figuro losco e potente.

"Zia Carmela" è un vecchio falsario omosessuale, dedito a non ben definiti traffici, e a capo di una rete di malaffare. Grazie a lui Mazza si ritroverà libero dai debiti, dal cancro che lo consumava e dalla sua vita precedente; grazie a lui scoprirà che la defunta moglie lo tradiva e che quello che credeva suo figlio in realtà non lo era.

Ma questo è solo l’inizio di una sorta di rinascimento interiore che corrisponde alla degradazione totale, all’abbandono a una vita forse sempre sognata ma mai osata.

Affiliarsi a "Zia Carmela", al giovane pakistano Safik e al cane Ciro, significa per Mazza riconoscere l’ipocrisia e la falsità dell’esistenza borghese. Mazza compie quel salto che Borrani ha sempre solo immaginato, un tuffo nell’immondo, nel sordido, l’abbandono a persone dello stesso sesso, come se Dorian Gray si lanciasse finalmente nel ritratto. Non a caso "Zia Carmela" è un pittore di grande talento, capace di cogliere l’attimo metafisico in cui gli opposti si toccano, la coniunctio oppositorum sempre presente nei romanzi di Benassi.

Morte e vita, luce e ombra, tramonto e alba s’intrecciano, così come lo squallore si fonde con la purezza. Alla fine il protagonista sarà per la prima volta libero, e ricostruirà con quegli esseri strani, e diabolicamente innocenti, una nuova esistenza più autentica.

Esistono due forme di decadimento, ci dice l’autore, quello squallido e vuoto delle scene ambientate alla stazione di Pisa - ormai irriconoscibile fra spacciatori, alcolisti e senza fissa dimora - e quello fantasmagorico, circense, raffinato seppur abietto di "Zia Carmela". Che differenza fra la quotidianità deludente della vita di Mazza e le ombre corrusche dei sublimi quadri del vecchio falsario dipinti al suono di musiche eccelse. È la medesima differenza che intercorre fra la prosaicità di certe descrizioni urbane - in uno stile paratattico, efficace ma troppo insistito - e il lirismo della natura e degli animali, sempre innocenti e puliti in Benassi.

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The Fall

7 Dicembre 2021 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni, #serie tv, #televisione

 

 

 

 

Fa uno strano effetto vedere dopo venticinque anni la protagonista di X files, sempre nel ruolo di una poliziotta molto capace, dare la caccia a Mr Grey, quello delle cinquanta sfumature, qui un assistente sociale con famiglia a carico che durante le ore notturne si diverte a identificare tra giovani professioniste di Belfast le sue future vittime da serial killer strangolatore. Si può guardare come un noir, godendosi la suspense del gioco ad alta tensione tra l'agente Stella e il predatore braccato, che non esita a esibire quel lato narcisistico che caratterizza spesso questo tipo di criminali. Si può apprezzare l'introduzione psicologica del serial killer, molto curata, e dei vari personaggi, credibili e le cui fragilità vengono esposte ma mai dichiarate apertamente. Oppure si può leggere tra le righe un'amara constatazione di quello che è il ruolo imposto alle donne e ai loro corpi nella nostra società. Stella è una donna con un lato maschile molto sviluppato e non lo nasconde. Non esita a contattare uomini che ritiene attraenti a prima vista per notti di sesso che non si ripeteranno più, non esita a soddisfare i suoi desideri "più particolari", non si fa intimorire da altri uomini. Rifiuta le etichette che si danno in genere alle donne per pietismo, la vittimizzazione e l'agiografia delle sante contro le puttane, sa di avere scelto di combattere sia contro il crimine sia all'interno di una organizzazione maschilista e paramilitare, sa che la debolezza è richiesta al suo sesso, che ne sa fare un'arma al momento giusto, ma che è anche ciò che la condanna alle critiche feroci di chi accusa le vittime di "non avere reagito". Sa che essere assertive, quando si è donne, si paga col giudizio di arroganza e freddezza da parte degli altri. E lo dice, abbastanza spesso, durante tutte e tre le stagioni. Basta sapere ascoltare.

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Nassin Honayar: l'artista dalla forza espressiva oltre il destino

2 Dicembre 2021 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte, #vignette e illustrazioni, #pittura

 

 


 
 
Amici lettori, c’è chi nasce pompiere, chi dottore, chi commesso in un negozio di scarpe, chi autista, chi maestro, chi prete, chi calciatore, ognuno di noi nasce già dotato di una predisposizione verso qualcosa, un talento innato che nessuno ha chiesto ma che ci viene donato dal destino, da qualche altra congiunzione astrale o semplicemente trasmesso dai geni dei nostri antenati.
Nassim è nata artista e vi garantisco che essere artista significa croce e delizia, privilegio e maledizione, essere artista è semplicemente essere se stessi, si è nati artisti e ciò basta, logicamente qualcuno artista lo diventa anche grazie al lavoro e alla forza di volontà ma in ogni caso essere artista a volte significa essere identificati come marziani, oppure come gente da tenere alla larga. Vi sembra strano? Eppure è così, in tutto il mondo può succedere che un artista, nato/nata tale, non possa esprimere il proprio linguaggio, un linguaggio universale, perché, amici lettori, l’arte è un vero messaggio universale che tutti, ad ogni latitudine, possiamo comprendere, ammirare, godere. La vita è bella e l’arte aggiunge colore e armonia alla bellezza del creato.
Nassim tutto questo lo sa, è il suo lavoro, il suo scopo, il suo motivo di essere al mondo. La sua mission è di fare arte nella maniera che straripa dalla sua mente e dal suo cuore, con una forza espressiva che va oltre il destino. Le sue opere sono raffinate, equilibrate, i colori soft oppure strong, ho visto un rosso forte col botto pieno di passione, ho visto disegni di piccolo formato dalla grafia semplice e delicata. Il fumetto è la sua fantasia e l’allegria la sua filosofia.
Nassim Honaryar in questo finale di 2021 ha esposto Morrigan, ospitata dalla Ikigai art gallery in Roma, diretta da Alessia Ferraro. Ventuno opere di arte trascinante, coinvolgente. 
Amici lettori, questa artista sa andare oltre il destino e nessuno la fermerà, chi può fermare la fantasia? Nessuno al mondo e questo Nassim Honaryar lo sa, è la sua forza, è nata per questo.
Amici lettori, ci rivediamo al prossimo evento artistico e sarà sempre un piacere.
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Ferenc Karinthy, "Epepe"

9 Dicembre 2021 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensioni

 

 

 

 

Qualche settimana fa ho letto la notizia di una signora sordomuta che doveva andare a Bologna ed è finita in Polonia. Mi è tornata in mente questa assurda notizia leggendo questo libro di cui sentii parlare qualche anno fa, a seguito della pubblicazione di Adelphi. A Budai, linguista ungherese, accade la stessa cosa, con la differenza che lui finisce in una nazione misteriosa dove si parla un idioma incomprensibile e di cui lui non riesce a cogliere nemmeno i suoni, tanto sono pronunciati in maniera bizzarra, e dove la gente conduce una vita caotica e frenetica, perennemente in coda o occupata ad accapigliarsi, litigare e inveire. Budai usa ogni trucco possibile per cercare di ricostruire l'oscura sintassi facendo ricorso a tutte le sue conoscenze di poliglotta, insegnandoci diverse sottigliezze sullo studio delle lingue e la loro classificazione ma non risolvendo nulla di fatto. Nemmeno i gesti sono un linguaggio universale e ammesso che l'amore, inteso in senso più fisico che mentale, lo sia, non offre che una pausa ristoratrice nella confusione da cui Budai è avvolto. La situazione precipita abbastanza velocemente, il protagonista si accontenta di sopravvivere e Epepe, sempre che si chiami così e non Dede, Eveve o altro, l'unica persona con cui era riuscito ad avere un rapporto emotivo, sparisce dalla sua vita inghiottito dalla Storia di questo strano Paese, dedito a caos e rivoluzioni come pochi altri, tanto che lo stesso Budai inizia a ipotizzare che forse nessuno riesca davvero a comunicare in maniera efficace in quella incomprensibile comunità. Più volte durante la lettura mi sono chiesta se la storia fosse fine a se stessa o ci fosse un secondo livello di lettura, tipo, che so, l'incomunicabilitá nella società dell'individualismo o l'ego che si sente perso quando si scontra con i diversi punti di vista della realtà oppure se, come dice Carrére nella prefazione, Epepe "rientra nella narrativa pura, ammesso che una cosa simile esista: narrativa da orologiaio, ludica, chiusa sul proprio risultato". Non so, certamente è una piacevole lettura che consiglio.

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Midnight Mass

16 Novembre 2021 , Scritto da Altea Con tag #altea, #recensione, #serie tv, #televisione

 

 

 

 

In una piccola isola di pescatori in crisi economica da anni giunge un giovane prete a sostituire temporaneamente l'anziano reverendo che è stato ricoverato in ospedale durante un pellegrinaggio. La comunità è inevitabilmente autoreferenziale, cattolica, affamata di fede, poco collegata col continente. Pochi sono i non praticanti o di fede diversa ma convivono serenamente. L'unica bigotta invasata sopravvive nonostante sia antipatica anche alla sua immagine riflessa. Ma subito è palese che qualcosa è arrivato insieme al parroco: un'entità oscura che scatena eventi latori di funesti presagi. E, subito dopo, il primo miracolo durante la messa, davanti a tutti, agognato e inspiegabile, come tutti i miracoli. Come prevedibile la gente rinnova il fervore verso la chiesa ma alcuni strani comportamenti del religioso e misteriose sparizioni notturne ci fanno intuire che la distinzione tra bene e male non è così evidente. Questa miniserie in 7 puntate, che mi ha ricordato il romanzo "Hex" ma che di  horror ha poco e nulla, ha molteplici piani di lettura che si svelano in un bellissimo dialogo sulla morte tra due ex che si rivedono, e un bellissimo monologo finale su cosa sia la vita, con riflessioni che molto devono a certa psicoanalisi di Hillman e filosofia orientale. Il prete, che come un pappagallo ripete il mantra dell'accettazione all'ex alcolista, è il primo che la infrange sconvolgendo la comunità con un miracolo, inteso come un vero e proprio atto devastante che avrà ricadute sulla vita di tutti. I miracoli non sono desideri. I miracoli, di qualunque natura siano, vanno contro le leggi della fisica o dell'etica, e i vantaggi che essi comportano ricadono per forza sulla comunità con costi spesso insostenibili. Sia che invertiamo il processo dell'entropia, sia che godiamo di vantaggi economici, sociali o sanitari, da un'altra parte paghiamo noi o i nostri simili. E se rincorriamo ciecamente questi sogni, se ci facciamo condurre da persone che celano uno spirito corrotto dietro la rispettabile patina di costrutti sociali accettati dalla maggioranza, sanciremo in breve tempo la nostra distruzione. Il mondo si può sicuramente cambiare ma solo dopo averlo accettato per ciò che è, riconoscendo nella nostra vita non un vuoto simulacro da proteggere egoisticamente, bensì un dono molto meno materiale da offrire alla bellezza a cui viene continuamente esposto. Ma anche quella va prima trovata, e la serenità, la non appartenenza a nessuno degli schieramenti in gioco, di qualunque gioco si parli, l'eresia in senso etimologico, sono l'unico modo efficace. 

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Old

5 Aprile 2023 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

 

 

 

Attimi di smarrimento. 

Mi trovo seduto su una strana sedia, in un grande salone. Non sono da solo, mi tengono compagnia altre persone, la maggior parte in età avanzata, tra l'altro da qui scorgo un corridoio pieno di gente affaccendata. Sembra di essere all'ospedale, ma non è un ospedale e nel contempo sembra di essere in una casa, ma non è la mia casa. 

Addosso ho una calda coperta e, nel cercare di sistemarla meglio, mi casca sul pavimento. Non posso raccoglierla, me lo impedisce una fascia fastidiosa che mi lega a questa carretta con le ruote.

Qualcuno mi sposta in bagno. Osservo uno specchio. 

Attimi di smarrimento. 

Non riesco a ricordare chi è la persona che ho davanti, nonostante abbia un qualcosa di familiare. È così vecchio, ha i capelli bianchi, il viso rugoso e le mani nodose. Provo a parlargli. Purtroppo non mi è possibile, ho perso la capacità di esprimermi.

Lascio perdere. 

Noto una ragazza vestita di viola che sta preparando degli asciugamani. Mi sorride.

«Amore, adesso ci facciamo una doccia!» mi dice. È bellissima, non vedo l'ora di lavarmi con lei.

Attimi di smarrimento. 

Ehi, perché sono tutto bagnato? Evidentemente ha piovuto ed ero senza ombrello. 

Attimi di smarrimento. 

Chi mi ha messo a letto? Una fanciulla col camice color lillà mi raddrizza il cuscino e mi sistema il lenzuolo. Le sue carezze e le sue parole suonano gentili. Figlia mia, se potessi, ti racconterei una favola. 

Attimi di smarrimento. 

Un tizio dall'espressione bieca afferma a quella signorina che risulto pazzo e rincoglionito, per di più con prepotenza mi ficca in bocca un cucchiaio di sciroppo amarissimo.

Protesto gorgogliando, mio fratello è proprio un maleducato. Nel frattempo quei due si bisticciano come bambini. Che buffi!

Rido.

Attimi di smarrimento. 

Ai lati del letto, quattro cancelli mi fanno sentire come se fossi un prigioniero. Cerco di spingerne uno con quel po' di energia che ho. 

Piango.

«Tesoro, stai buono. Le sbarre servono per non farti cascare a terra» mi spiega un angelo meraviglioso dal completino viola, dandomi un bacetto.

Rido.

Attimi di smarrimento. 

Le luci si spengono.

Che è 'sto buio? 

Ho paura.

Piango.

Mi scappa la pipì.

Piango.

 

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