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pietro pancamo

Franco Buffoni, "Betelgeuse e altre poesie scientifiche"

21 Settembre 2022 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Betelgeuse e altre poesie scientifiche

Franco Buffoni

collana «Lo Specchio»

 Mondadori Milano 2021

 pp. 160, € 20,00

 

 

Come lo spazio-tempo che abitiamo è costantemente attraversato dall’eco residua del Big Bang, così i componimenti di Betelgeuse e altre poesie scientifiche sono percorsi in ogni istante da un’ironia pervasiva, che assume le sembianze ubique di una vera e propria radiazione di fondo. Quest’ultima l’autore sa gestirla con maestria; anzi, ben conscio del fatto che l’ironia è solitamente in grado di trasformare in filosofia persino il dolore, Franco Buffoni (fantasticando sulle numerose crudeltà – frivole e frizzantine, si sa! – che l’esistenza quotidiana non manca mai d’infliggere, spietata al volo ed en passant come soltanto lei, e nessun altro, riesce ad essere di norma) si mette a ragionare alacremente, e con humour tanto didattico quanto didascalico, sui molti guai combinati nei secoli dalla nostra ridicola arroganza e ci indica, nella morte, non l’estrema (f)unzione, ma l’estrema autoironia della vita stessa. Il tutto sulla falsariga di un poetare sempre inscritto entro i saldi confini di una mente davvero acuta che, prendendo a pretesto le nozioni scientifiche più disparate, le trasforma in altrettanti simboli della nostra condizione, dandosi a riflettere in piena sagacia sulle sventure pandemiche – nonché gli smisurati vizi e vezzi (mortalmente finanziari) – che affliggono le giornate di noi esseri umani:

«Mentre da Roma cercavo sul Corriere/ Le notizie sul contagio a Gallarate,/ L’occhio mi è caduto sul servizio/ Con le foto da Marte. Trentaquattro istantanee/ Inviate da Curiosity, il rover della Nasa/ che da otto anni vaga sul pianeta./ Il Sole da Marte in un tramonto blu,/ Mount Sharp e il cratere di Gale,/ I sedimenti di un antico fiume/ Rocce meteoriti e dune/ E poi ad un tratto quel pallino chiaro/ The Earth/ La Terra vista dal cortile del vicino/ con le fidejussioni i rogiti i contratti/ Le zone rosse ed arancioni/ Le bare bianche senza estreme unzioni» (p. 141).

 

Pietro Pancamo

(pietro.pancamo@alice.it;pipancam@tin.it)

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Tito Pioli, "Per dire sole dico Oggipolenta"

13 Agosto 2021 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #recensioni, #fantascienza

 

 

 

 

Tito Pioli

Per dire Sole dico Oggipolenta

 

collana «formelunghe»

 Del Vecchio Editore, Bracciano (Roma), 2021

 pp. 192

 € 18,00

 

 

Un romanzo coraggioso, dalla fantasia ica(u)stica, si spinge avanti in un futuro non lontano, per descrivere un’Italia allo sbando: infatti la nostra penisola, in preda a un’invasione economica “sferrata” dalla Cina, si crogiola suina in un’ignoranza dilagante che, pur vergognosa, è ormai assurta nella vita di tutti (giovani e adulti) a simbolo d’appartenenza nazionale e, dunque, a motivo d’orgoglio collettivo. Intanto la violenza si eleva, per vie telematiche, ad abitudine giornaliera, capace d’aizzare nell’animo d’ognuno gli istinti, per così dire, più distopici e deformi; ecco ad esempio che cosa ci racconta, in proposito, uno fra i personaggi femminili, più rappresentativi dell’intero libro: “[…] avevo creato un lavoro sulla morte, quello era il vero motore della società, mica l’amore mica le amicizie mica lo sport o i libri, la morte era il vero motore e quindi io Nicla ho cominciato facendo un sito con solo video di uomini squartati, di donne che si picchiano, di bambini picchiati, di incidenti mortali, di decapitati, fu un eccezionale successo e cominciavo a incassare con le pubblicità.

La pubblicità è il metro del successo.

Planetario”.

A combattere con tenacia e visionarietà estreme la cancerosa deriva –sia morale che intellettiva– del mondo e dell’umanità, è il protagonista Berto Pinto, un professore ribelle che, nel dipanarsi di pagine e capitoli, si muove di continuo fra rutilanti spunti o, meglio, sputi narrativi in faccia a un Paese che ha dimenticato la propria lingua, addirittura, e che riesce solo a scimmiottare, ormai, l’inglese abbaiante degl’innumerevoli brani rap in arrivo da oltreoceano. E se, in un simile scenario, l’unico “valore” superstite è il calcio di serie A, allora bisogna sfruttarlo opportunamente, questo “nobilissimo” ideale del pallone, per obbligare gli italiani ad acquisire una maggior consapevolezza di sé: “[Io Berto] ho incontrato l’imprenditore cinese Zhao Shuping perché […] un tempo gli avevo insegnato a parlare italiano e allora con lui abbiamo fatto una santa alleanza […] Così lui, che aveva quasi tutte le squadre di calcio italiano, ha detto: «Io ho una idea, io sono cinese, sono geniale come voi italiani», e ha detto: «Insegniamo allo stadio a parlare italiano agli italiani».

«Sì,» –ho detto io– «gli fai questo ricatto agli italiani: o imparate a parlare italiano […] oppure non vi faccio più vedere le partite» […] A San Siro è stato il debutto […] il grande imprenditore Zhao Shuping […] ha urlato alla folla: «Cari tifosi italiani, oggi prima lezione di italiano, saranno dieci lezioni in tutti gli stadi italiani e voi dovete rispondere urlando, se imparate, ancora calcio, se non imparate, calcio nel culo» […] O calcio o calcio nel culo era una scelta senza via d’uscita […] «Prima lezione,» –urlava Zhao Shuping– «aeroplano, si dice aeroplano…», e tutto lo stadio urlava: «Aeroplano, non aereoplano». […] La terza lezione la tenni io, […] ero felice al microfono, davanti a ottantamila studenti, non mi era mai capitato.

«Il congiuntivo. È importante che tu abbia superato l’esame e non: è importante che tu hai superato l’esame», e il popolo a gran voce rispondeva e urlava: «È importante che tu abbia superato l’esame», diamine, ora gli italiani sapevano il congiuntivo […]”.

E ricordare il proprio idioma naturale è sempre una cura formidabile e miracolosa: non per nulla è in grado di ridonare – con minuzia – identità e autocoscienza alla gente nel suo complesso come ai singoli individui, rendendo tutti meno vulnerabili alle storture assortite, e fra l’altro necrofile, della “ticnologia” moderna (sì, la stessa che ci sta pian piano deprivando – anche nella realtà, purtroppo – di ogni buona e proficua “inibizione” culturale o scolastica o spirituale e che ha dannosamente guarito, dal complesso “d’interiorità”, perfino gli artisti. Ma, per fortuna, non Tito Pioli).

 

Pietro Pancamo

(pietro.pancamo@alice.it; pipancam@tin.it)

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Neocristianesimo

11 Maggio 2021 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #racconto

 

 

 

I

 

 

Nel sogno m’appare una croce quasi celtica: al posto del classico cerchio, ecco infatti, all’intersezione dei bracci, la riproduzione stilizzata (“stenografa”, dunque?) di un pallone da calcio; per cui sempre un cerchio (ricolmo, però, di parecchi esagoni bianchi e neri).

Non vi sarebbe alcunché di strano nella visione; solo che la croce è svettante e incombe minacciosa su di me. Che significa? Mi sono macchiato? Qual è la mia colpa? Parlami, El Marada!

 

II

Un sentimento d’inquietudine m’oscura il petto; frattanto il mattino è fosco, come se tutto il mare si stesse sciogliendo in vapore acqueo. Ma quando raggiungo la chiesetta sul promontorio, a te intitolata, il mio cuore per un attimo si rischiara. Entro e m’inginocchio dinanzi all’altare, per salmodiarti la santa preghiera: «Com’è detto nei taccuini sinottici dell’eterna terna o trinità arbitrale, quando tu – che in genere crossi il perdono nella mente dei fedeli e mistiche rivelazioni, sagge come un VAR –, protendesti coraggioso la Mano de Dios, per deviare il Covid da qualunque proposito omicida, il Messia resuscitò nel terzo tempo e ti annunciò cordiale: «Oggi sarai con me nel Regno dei Gol, ove entrerai fulmineamente, come un destro nella porta. Sì, tu sarai il Destro del Signore!». E fu allora che assurgesti alla traversa col sacro nome di El Marada».

Il parroco mi ha visto e sentito. Per questo adesso mi sorride luminoso e s’avvicina.

«Se qualcosa ti tormenta, spingendoti a cercare la verità» –sussurra paterno– «recati in pellegrinaggio, figliolo mio».

E mi porge un volantino. È la pubblicità del nuovo albergo extralusso, appena inaugurato in Vaticano, e recita così: «Per il Giubileo, vieni a Roma, o credente fervoroso: “Il Resort… o” ti accoglierà».

 

Pietro Pancamo

(pietro.pancamo@alice.it; pipancam@tin.it)

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Follia

10 Maggio 2021 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #racconto

 

 

 

 

Dopo un ricovero alquanto lungo nel reparto “Oftalmologia” dell’ospedale, l’artista fallito, affetto da un’esistenza d’insuccessi continui, si trova adesso in una clinica per i disagi mentali; infatti nello studio della psicologa assegnatagli, eccolo seduto a raccontare, per filo e per segno, le dinamiche della rovina. È la prima visita e lui, in tono costernato, si lamenta così: «Quando, con una lettera che li definiva un’autentica schifezza, perfino il mensile ciclostilato della parrocchia rifiutò i miei scatti, immediatamente la verità mi apparve chiara. Chiara per intero. Per questo gridai al riflesso nello specchio del mio salotto: “Non capisci? Ho la memoria fotografica, io, e qualunque tipo di luce,  solare o artificiale, che percorrendomi gli occhi mi arrivasse al cervello, cancellerebbe all’istante i miei ricordi. Ineluttabilmente. Insomma nel chiuso del mio cranio le cose andrebbero proprio come quando uno è nella camera oscura, intento a sviluppare con gli acidi, e la porta si spalanca d’improvviso, mandando in malora sia i negativi, sia le immagini appena nate”».

«E magari il riflesso le rispose alcunché?», domanda la dottoressa, che, non conoscendo ancora bene il caso, si permette un velo d’ironia nella voce.

«Ovviamente! Mi disse: “Sospettavo già che le vittime dell’Alzheimer fossero, in realtà, gente come me: poveretti il cui passato si dissolve per colpa della luce e non certo di un disturbo chimico o nervoso. Perciò l’unico modo per salvarmi è trascorrere il resto della vita nel buio più completo. Sì, ad esempio mi rintanerò nella mia stanza, dopo averne sbarrato ogni minima finestra e svitato, com’è giusto, tutte le lampadine. Tutte”».

«Lei era d’accordo con questo piano?», s’informa la psicologa, col sorriso mellifluo di chi asseconda lo scemo del villaggio.

«No. Ed anzi ne avevo colto subito il punto debole. Tanto che proruppi: “Stupido, nulla può essere sprangato ermeticamente! Per cui durante il giorno qualche spiffero di luce, prima o poi, si insinuerà inevitabilmente fra i listelli delle persiane. E sai che farà? Mi colpirà le iridi a tradimento, elidendomi le fotogr… i ricordi!”».

«E lei, allora, trovò una soluzione migliore?», sogghigna, beffarda, la psicologa, non aspettandosi quanto sta per accadere.

«Certo: un eccesso di acidi!», esclama l’artista con fermezza. E si toglie, di scatto, gli occhiali neri da cieco.

 

Pietro Pancamo

(pietro.pancamo@alice.it; pipancam@tin.it)

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Mani

9 Maggio 2021 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #racconto

 

 

 

 

Non potendo sopportare un mondo, divenuto da tempo il regno dell’odio, i baci e gli abbracci preferirono partire per rifugiarsi in Paradiso: ecco perché dismisero con sollievo sia noi e i nostri corpi (intenti a delitti recidivi, fra cui gli stupri assassini), sia le nostre labbra (suggelli continui di patti aberranti, ad esempio mafiosi) abbandonandoci al destino che purtroppo ci attendeva. Fu proprio allora, infatti, che persino negli angoli più remoti della Terra, mani a tradimento sbucarono dal nulla all’improvviso, tempestandoci di schiaffoni insolenti e a perdita d’occhio che – nell’abbattersi collerici sulle nostre guance, per stravolgerle di netto – eran spesso accompagnati da pizzicotti così feroci, da staccarci le gote o quasi. Ovunque eravamo insomma angariati da una furia tremenda, da raffiche di mani che dispensavano percosse a volontà, ma anche “ganascini” dolorosi – e questa situazione, intollerabile quanto mostruosa, si protrasse per anni interminabili, obbligandoci a un passo fatale: redimerci e optare per l’amore.

«Ebbene sia» –proclamarono i capi di stato in seduta congiunta e a nome della razza umana intera – «Rinunciamo per sempre a ciò che abbiamo di più caro: l’odio».

A una simile dichiarazione, solennemente intrisa di sincerità e sacrificio, le mani iraconde – forse strumento del Cielo – cessarono all’istante di malmenarci a iosa; poi, commosse, si strinsero due a due in tanti nodi serrati, composti di dita. In tal modo ogni coppia formò un pugno (innocuo, per fortuna, dato che in realtà era quello intrecciato della preghiera).

Ormai i soli ceffoni autorizzati, ed effettivamente presenti qui sul nostro pianeta, furon gli “schiaffi” che le mani di ciascuno (adulto o bimbo che fosse) si scambiarono a vicenda nel gesto dell’applauso: l’applauso che accolse corale il ritorno festoso dei baci e degli abbracci.

 

Pietro Pancamo

(pietro.pancamo@alice.it; pipancam@tin.it)

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La finestra del medico

8 Maggio 2021 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #racconto

 

 

 

 

Dal turno di notte, Ribolatti rincasò più stravolto del solito. La continua lotta in corsia gli aveva spezzato i nervi, negli ultimi quattro mesi, e la sua mente stava cedendo, con violenta facilità, alla fatica, alla paura… al dolore. In genere l’unico sollievo, quando finalmente poteva rientrare dall’ospedale, era camminare trafelato su e giù nel salone. Così scostò sia tavolini che poltrone, anche quel mattino, e aprì la finestra per avere un po’ d’aria; solo che il bagliore intenso del cielo, un cielo che prese subito a passargli con insistenza davanti agli occhi, lo accecò d’impeto, suscitandogli un rigurgito di rabbia che lo spinse ad affacciarsi.

«Lo so!» –gridò Ribolatti alle villette intorno, sparse lungo un pendio delle Retiche– «Voi coglioni dediti al televisore, credete ai virologi di Bruno Vespa, e quindi al famoso salto di specie dai pipistrelli all’uomo! Ma la verità è un’altra: quelli che si sono ammalati di Covid sono vampiri, in realtà. Schifosi vampiri! Perciò nessun salto di specie. Anzi!».

Rifiatò un attimo, per aggiungere a squarciagola: «Gran coglioni, andate dal falegname o nel bosco a comprare o fabbricarvi un paletto di frassino! Poi tornate a casa e se nel vostro nucleo familiare c’è per caso qualche guarito, trafiggetegli il cuore!».

Ormai era in preda a una furia delirante: a un autentico accesso di follia, insomma.

«E non dimenticate di trucidare anche i medici! Perché, sebbene la vostra tv adorata proclami il contrario, noi non siamo affatto eroi. Siamo traditori, invece! Adesso lo capisco! Traditori dell’umanità, che cercano di tenere in vita un branco di mostri assassini!».

Fu pronunciando queste parole che Ribolatti richiuse un battente della finestra, per colpirlo con tutte le forze. Il vetro esplose all’istante, e fra le schegge cadute sul pavimento del salone, colui che –prima d’impazzire– era stato un dottore esemplare, scelse la più lunga e aguzza.

«Somiglia ad un paletto, quasi», pensò ottenebrato, stringendola nel pugno coperto di sangue. E senza aspettare, se la piantò brutalmente in un occhio, mentre il suo cuore si riempiva di lacrime.

 

Pietro Pancamo

(pietro.pancamo@alice.it; pipancam@tin.it)

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Dossier 2090

18 Dicembre 2020 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #racconto, #unasettimanamagica

 

 

 

 

10 ottobre 3062

Egregio professor Cefa(lù) Pesca(tori?),

come da accordi telepatici le invio –debitamente corredati di alcune mie note esplicative in corsivo– i documenti preparatori e di consultazione sui quali intendo basare la mia tesina.

Dal momento che il mio Matter Teleportation Fax mi dà noie ultimamente, la prego di confermarmi l’avvenuta ricezione del presente messaggio.

Grazie e a presto risentirci,

Peter Pan(camo)

 

Elenco dei documenti allegati:

- N. 1 brani tratti da un giornale inglese.

- Lo slogan principale della campagna promozionale 2089-90.

- Una delle mail arrivate in Vaticano dal febbraio del 2090 in poi.

- Una delle risposte da parte del Vaticano.

- N. 1 stralci da un’intervista audio.

***

Traduzione e trascrizione parziali di un articolo uscito sul quotidiano di Liverpool «Daily Bread» il 27 gennaio 2090.

“La cosiddetta “Sacra sindrome” è il morbo psichico che ha contagiato i Paesi cattolici e consiste nel desiderio “sfegatato” di comprarsi uno o più di quei Gesù artificiali, e concepiti in laboratorio, che i biochimici vaticani hanno di recente prodotto in serie, cioè per clonazione, a partire dai vari segmenti di DNA, contenuti nel sangue rappreso che macchia da millenni la Sindone di Torino.

Sin da quando il Pontefice Prospero Rockefeller II li ha lanciati sul mercato il 25 dicembre scorso, questi Messia, figli della scienza, sono andati letteralmente a ruba. Merito della campagna pubblicitaria ideata dalla Curia romana, ma anche del prezzo, naturalmente: gli Unti del Signore “made in humanity” costano infatti trenta euro cadauno (denaro più denaro meno). Insomma una cifra per nulla esorbitante ed anzi assai conveniente (tanto che ormai quasi tutti i cattolici hanno in casa il loro bravo PC o Personal Christ!)”.

 

Lo slogan principale della vasta e capillare campagna promozionale che, scatenando ad arte la “Sacra sindrome”, fruttò alla Chiesa, tra la fine del 2089 e l’inizio del ’90, uno strabiliante successo di vendite:

“Personal Christ

e di miracoli

ne avrai un poltergeist!”

 

Da una delle numerose mail che, dal febbraio del 2090, cominciarono ad affluire in Vaticano.

“Sua Santità,

con questa mia sono ad esigere la restituzione, con effetto immediato, dei trenta euro da me investiti nell’acquisto della App. non analogica o digitale, ma biochimica, denominata “Personal Christ”. Essa si è infatti rivelata. Già, si è rivelata guasta e mal funzionante: prova ne sia che, invece di farmi risparmiare sulla spesa moltiplicando i pani e i pesci, o meglio ancora le banconote presenti nel mio portafogli, perde tempo ad annunciarmi il Vangelo.

Essendo la situazione insostenibile sul serio, rimango in attesa di sue nuove al riguardo.

 

In fede (cattolica),

Giuda Iscarioti

Via della Tamerice, 1

070430 Israeltown, Roma - Italy”.

 

Da una delle mail che il segretario del Papa, avendo ricevuto ordine di respingere in toto le richieste di risarcimento, non mancava d’inviare a coloro, ed erano sempre di più, che si lamentavano del proprio Personal Christ.

“Gentilissimo Iscarioti,

lei non sarà mai rimborsato. Il motivo? Semplicissimo: per Gesù no, ma per denaro noi preti faremmo qualunque cosa (persino immolarci per il prossimo, ad esempio, o magari opporci finalmente all’Islam fondamentalista). Dunque il denaro, e solo il denaro, ci rende davvero cristiani e degni di chiamarci uomini di Dio. Ecco perché la sua richiesta di risarcimento non verrà esaudita. Ed ecco perché, altresì, essa non può fare a meno (tanto per riprendere il suo “simpatico” giochino di parole) di rivelarsi, e soprattutto tradirsi, per ciò che realmente è: un’orrida e sacrilega bestemmia, dinanzi alla quale il mio cuore (e, ne son certo, anche quello di Sua Santità) si riempie d’una rabbia immensa e legittima, che mi spinge a risponderle, caro Iscarioti: «Anathema sit!» o, tradotto, «C’at vègna on cancher!».

In fede (cattolica),

Padre Emiliano Romagnoli”.

 

Trascrizione parziale di un audio-file, contenente un’intervista rilasciata a marzo del 2090 da un non meglio identificato parroco di Ostia Lido che, sotto lo pseudonimo di Don Melisso P., aveva pubblicato proprio allora un instant e-book di successo intitolato Cento dosi di coca prima di veder morto Gesù.

Don Melisso: Anch’io mi son trovato a rigettare, seccamente e senz’appello, non ricordo più quante istanze di rimborso o indennizzo. Tuttavia confesso che quasi la capisco questa gente inviperita, che protesta un giorno dopo l’altro, a voce o per iscritto, con tale e tanta indignazione. Infatti –come lei sa bene, Eccellenza– agli ecclesiastici d’ogni ordine e grado, il Papa ha regalato, dimostrandosi assai magnanimo, un Gesù gratuito: un Gesù omaggio! Io il mio l’ho prevosto (pardon... preposto) a farmi da sagrestano, perpetua e chierichetto. Ma non sono granché contento; a servire Messa e tener pulito se la cava persino abbastanza, se vogliamo; però quando gli chiedo di far comparire –non so... da uno dei miei cappelli– la colomba della pace o lo Spirito Santo, lui proprio non ci riesce.

Padre Claudio Cardinale (l’intervistatore; era un eminente prelato-giornalista e dirigeva il prestigioso mensile «CEI Today»): Oh martirio e dannazione, anche lei!... Ebbene, continuare a nasconderlo è inutile, oramai: dal DNA –come del resto è addirittura ovvio, se ci si pensa– è stato possibile sintetizzare, del Cristo, solo la componente umana.

Don Melisso: Ah, ecco perché i PC sono così negati per i miracoli!

Padre Claudio Cardinale (meditabondo e con un sospiro): Già, i miracoli... i mancati miracoli –che Dio, nella sua bontà, perdoni le asfissianti e petulanti pretese di risarcimento–  sono una delusione niente male per i fedeli. E anche per lei, a quanto capisco. (Dopo un attimo di silenzio e con sospetto; forse guardando storto Don Melisso) Mi dica –e glielo domando soprattutto a nome degli alti porporati che costituiscono il pubblico di «CT»[1]–, adesso che le ho svelato l’arcano, cioè la questioncella del DNA, la scandalizza molto che noi vertici vaticani abbiamo cercato di truffare il mondo per soldi?

Don Melisso: Nemmeno un po’, Eccellenza. Il denaro è la scorciatoia, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di esso[2].

Padre Claudio Cardinale: Questo sì che è Vangelo: autentico Vangelo per le mie orecchie!

Don Melisso: Ma non per quelle del mio PC, purtroppo: si figuri che, quando mi sfianco a spacciar droga ai parrocchiani per arrotondare le questue e l’otto per mille, invece di darmi una mano –una benedettissima mano, che il Signore lo strafulmini!–, insiste a blaterare parabole, ammonimenti e discorsi vari della montagna.

«Insomma, sei cieco? Hai gli impasti d’argilla sugli occhi?» – mi capita di urlargli, nei momenti di esasperazione – «Non lo vedi che abitiamo al mare?».

Padre Claudio Cardinale: Giusta osservazione. E lui?

Don Melisso: Beh, cito testualmente dall’e-book: «Lo vedo! Acciderba se lo vedo!», mi ha risposto una mattina, ringhiando di rabbia. Solo che era quello vero, non il mio PC. Sì, una mattina il Gesù vero m’è apparso dinanzi dal nulla (o forse da un cappello, finalmente!) e mentre io ancora lo fissavo a bocca aperta, frastornato com’ero dal tono furente con cui m’aveva appena apostrofato, lui si è girato di scatto ed è corso via a precipizio. Dal telegiornale ho poi saputo che era andato sul Calvario a crocifiggersi di nuovo. «Stavolta, però, in segno di suicidio!», sembra che abbia gridato a squarciagola, in preda all’accesso d’ira che lo ha colto, un istante prima di morire[3]”.

 

 

Pietro Pancamo (pipancam@tin.it; pietro.pancamo@alice.it)-

 


[1] Abbreviazione di «CEI Today».

[2] Probabile rielaborazione del versetto biblico “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14, 6).

[3] Di morire per sempre.

Soltanto la collera può ispirare un cupio dissolvi, tale da convincere Gesù stesso a ricusare la propria natura divina ed eterna. Questa almeno è la teoria che m’impegno, sin d’ora, a sviluppare nella tesina.

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Complimenti di buon anno

31 Dicembre 2019 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #unasettimanamagica, #poesia

 

 

 

Humour nero ed umor nero

son due cose differenti;

lo sa bene il criminale:

l’assassino ancora attivo,

l’assassino dunque in corso

che mi dice quanto segue:

«Complimenti di buon anno

a tutti i miei peccati:

è molto più poetico

uccidere a Natale!».

 

Pietro Pancamo

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Nessun dogma

24 Dicembre 2019 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #unasettimanamagica, #postaunpresepe

 

 

Nessun dogma, ma solo verità “emporicamente” dimostrabili in questo Natale di regali e mercatini.

Tu pure, o Gesù Bambino, nella tua fredda stalla sei ora lì a testimoniare che il mondo degli uomini, come risaputo, è sempre (e quindi tutto) una benedetta mangiatoia.

 

Pietro Pancamo

 

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Poesie e altro ancora.

21 Luglio 2019 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #poesia

 

 

 

Poesie

 

Mi dico

 

Mi dico

all’indomani della notte:

«In fondo la vita

è un dolore come tanti».

 

***

 

Nel mio subconscio

 

Nel mio subconscio,

il mare non tocca

e domani, dunque,

è un’altra notte.

 

***

 

Speranza

 

La terra promessa,

l’unica,

è quella del sepolcro.

 

***

 

Io

 

I chi sono?

Un poeta qualunque:

diciamo, ecco,

un “vattelappesca”.

 

 

 

Un piccolo monologo

Dormendo senza posa nell’angolo degli incubi, mi trovo a coprire, qui in Valtellina, un tratto di vita dove ogni strato di terra è acqua fossile, brava davvero a intralciarmi il cammino con valve antiche, che atteggiandosi a pietre e rocce affioranti, mi rendono il passo anonimo e sommario, impreciso e imprecisato.

 

 

 

Aforismi

 

Spes ultima dea: ovvero la speranza è l’ultima speranza.

 

***

 

Per i delusi e i rassegnati non c’è mai serenità; al massimo un disprezzo signorile e distaccato.

 

***

 

L’ironia è la serenità degli infelici.

 

***

 

Dittico degli elettroni

 

1) La nascita è l’anodo, la morte il catodo. La corrente fra questi due poli è giusto chiamarla vita?

 

2) Senza il catodo, nessuna corrente. Dunque la morte è necessaria?

 

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