LA POESIA DI WANDA LOMBARDI NELLA CRITICA ITALIANA
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LA POESIA DI WANDA LOMBARDI NELLA CRITICA ITALIANA
Guido Miano Editore, Milano 2025
La poesia di Wanda Lombardi nella critica italiana è una pubblicazione fresca di stampa (maggio 2025 - Milano), curata dalla Casa Editrice Guido Miano per i tipi della collana Il Cammeo. Trattasi di un’opera appartenente alla saggistica letteraria, in quanto raccoglie prefazioni, recensioni, premesse, comparazioni tematiche e stilistiche con autori stranieri, analisi ragionate delle interpretazioni critiche. Nella presentazione, curata da Maria Rizzi, vengono sottolineati soprattutto i motivi fondamentali della poetica di Wanda Lombardi, intorno ai quali ruotano in sostanza tutti gli interventi scelti ed entrati a far parte di questa antologia della critica; motivi che si possono sintetizzare emblematicamente intorno a parole-chiavi, come: spiritualità, anima, realismo mistico, ricerca della pace interiore e fra i popoli, presenza di Dio nella vita quotidiana, l’educazione della gioventù, la triade dolore-pessimismo-speranza, le radici sannitiche (la poetessa è nativa di Morcone in provincia di Benevento), fede nella Trascendenza. La Rizzi sottolinea anche il contributo della Lombardi alla cultura locale e nazionale, poiché “… le sue opere sono state inserite presso biblioteche… a disposizione degli studenti, realizzando il suo desiderio di lasciare un tesoro non solo morale alle nuove generazioni...”. Un dato biografico significativo è l’esperienza vissuta al Nord come insegnante nelle scuole secondarie; conclusa la fase didattica è tornata nell’amato Sannio, dove si è dedicata alla scrittura, dalla quale emergono inequivocabilmente i segni di una giovinezza non felice, causa della sua visione dolorosa dell’esistenza.
La poetessa in realtà, oltre che alla lirica in versi - sulla quale è strutturata la pubblicazione che stiamo presentando - si è dedicata anche ad altri generi letterari e principalmente la narrativa e il teatro: vorrei qui richiamare l’attenzione del lettore soltanto su alcuni titoli significativi, emblematici, paradigmatici del suo approccio alla realtà, che quindi suggeriscono per proiezione la cifra letteraria personale. Tra le sillogi poetiche: Il senso della vita, Nel vento dell’esistere, Voci dell’anima, Oltre il tempo, Nel silenzio. Tra le opere in prosa: Sulla scia del destino (romanzo), Proverbi e modi di dire morconesi (studio linguistico). E la commedia Una volta ...c’era. Prima del florilegio critico sulla sua poesia, era già stato pubblicato un lavoro simile, ovvero Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Wanda Lombardi (a cura di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2022). E ora è doveroso citare gli AA.VV. che hanno apposto la loro firma in calce agli stralci critici editi, e cioè il coro di voci costituenti le diverse interpretazioni della poetica lombardiana: Amato Fabio, Angrisani Alfonso, Castrucci Anna, Cauchi Tito, Cerniglia Rossella, Concardi Enzo, Luzzio Francesca, Magrograssi Sandra, Manitta Giuseppe, Mellea Marcella, Miano Guido, Occidente Lupo Rita, Onorato Carlo, Pardini Nazario, Piazza Raffaele, Prisco Ada, Rizzi Maria, Romboli Floriano, Rubino Monica, Santoro Mario, Veschi Gabriella, Zelioli Marco.
Infine, per concludere, spulciamo qua e là un paio di lacerti dei nostri critici, lasciandoli anonimi per non scontentare nessuno, e che consentiranno ulteriormente un certo avvicinamento alla personalità artistica della Lombardi: «... In questi testi, la dimensione paesaggistica, densa di suggestioni affettive e nostalgiche, appare devotamente ancorata al passato e al ricordo. In altri testi, ci discostiamo decisamente da questa visione, attraversata da una mite e fluente elegia dove il paesaggio è trascrizione dell’anima, per inoltrarci nei dedali di un “presente” che traccia un quadro sconfortante del decadimento dell’odierna società nei suoi valori più alti ed autentici, e del trionfo di nuovi idoli - potere e denaro - che in un egoismo sfrenato conducono all’odio, alla sopraffazione e alla violenza ...». «... Ne consegue anche la scelta fideistico-religiosa quale atto di ferma speranza e di abbandono alla volontà di Colui che intende appieno i desiderî e le necessità delle sue creature. In alcuni luoghi la voce dell’autrice assume i tratti dell’invocazione accorata, dell’intensa preghiera...».
Non resta che leggere il saggio per scoprire tutto il resto.
Enzo Concardi
AA. VV., La poesia di Wanda Lombardi nella critica italiana, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 104, isbn 979-12-81351-57-8, mianoposta@gmail.com.
Marco Zelioli, "Speranze di pace"
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Speranze di pace
Marco Zelioli
Guido Miano Editore, Milano 2025.
Speranze di pace, di Marco Zelioli, coniuga desideri, aspirazioni, progetti, che gran parte dell’umanità - o almeno coloro che vengono chiamati “uomini di buona volontà” - vorrebbero veder realizzati nella convivenza fra i popoli della Terra, al di là di ogni differenza esistente fra i gruppi umani che abitano il Pianeta, sia essa di carattere economico, sociale, politico, ideologico, religioso o altro. Le meditazioni dell’autore, se da un lato sono state sollecitate dagli eventi bellici degli ultimi tre anni, come egli stesso dichiara nella Nota di apertura, non costituiscono solo un richiamo all’attualità storica mondiale, ma intendono portare avanti un discorso più generale ed universale sul valore della pace come bene e dono prezioso che non va disperso e come volontà divina: «Non uccidere» (Quinto comandamento, Esodo, 20, 13) che dunque sancisce la natura sacra della vita, appartenente soltanto a Dio, e che nessun uomo può arrogarsi il diritto di sopprimere.
Forse per questo egli ha suddiviso il libro in tre parti: Guerra e pace, dove esprime il suo punto di vista - quello di un credente che è sequela degli insegnamenti evangelici e della Chiesa; Settimana santa e Via Crucis, dove i suoi commenti agli ultimi eventi della vita del Cristo assurgono anche a preghiera per la pace, un atteggiamento che contiene perdono, misericordia, pentimento, elementi necessari per essere costruttori di pace. Un messaggio allora che possiede basi teologiche e cristologiche, ma aperto a tutti coloro che ritengono la guerra disumana, perniciosa, inutile, imposta dai potenti per i loro interessi. A proposito si potrebbero citare alcuni versi di Bertolt Brecht, notoriamente pensatore marxista, ma non ortodosso, del Novecento: «La guerra che verrà non è la prima./ Prima ci sono state altre guerre./ Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti./ Fra i vinti la povera gente faceva la fame./ Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente» (dalla poesia La guerra che verrà o anche Breviario tedesco).
Vi sono nei testi alcuni passaggi-chiave per un cammino di pace - talvolta singole parole, talaltra versi interi, o anche più versi - che ricorrono con maggior frequenza, poiché indicano la strada da percorrere per acquisire disposizioni d’animo, cultura, mentalità, valori … necessari (conditio sine qua non) per realizzare veramente ciò che ancora oggi sembra essere sogno o utopia, da quando ci furono la caduta iniziale nel giardino dell’Eden (il peccato originale), il primo omicidio perpetrato da Caino su Abele, dando così inizio alla progressiva decadenza e divisione dell’umanità, poi dilagate con le conseguenze derivate dalla costruzione della Torre di Babele (Genesi 11,1-9), ovvero l’atto di ybris (orgoglio, superbia) da parte degli uomini verso Dio, principale responsabile della confusione linguistica fra i popoli del mondo: non si compresero più e iniziò la storia delle guerre perpetue, come in effetti è stata finora la storia umana.
I passaggi-chiave indicati da Zelioli non sono soltanto concetti intellettuali, sì nobili ma che lasciano le cose come stanno, ma devono farsi vita, incarnarsi in ogni persona e nelle strutture familiari, sociali e politiche: una generalizzata conversione alla pace è l’unica via possibile, così come nella storia sacra si è verificata l’Incarnazione del Cristo per la salvezza dell’uomo.
Seguiamo allora il nostro autore nel suo procedere e scopriamo quanto egli ami la pace con le sue accorate invocazioni a favore del dialogo e del cessate il fuoco, il “mai più la guerra” di Paolo VI: «Chiese d’Oriente, Chiese d’Occidente,/ brandite come arma la preghiera/ perché non passi come nulla fosse/ lo scempio che si compie con la guerra…» (Pace contro guerra 2). Ci furono anche in passato parole-chiave contro la guerra, come quella famosa di Benedetto XV (1° agosto 1917) che in un’esortazione apostolica indirizzata “ai capi dei popoli belligeranti” definì la Grande Guerra una “inutile strage”, locuzione utilizzata per la prima volta nella storia per dare un volto reale ad un conflitto: appello purtroppo inascoltato.
In Cento giorni troviamo i versi: «Eppur fratelli tutti noi nasciamo...» ma spesso «...ci scordiamo com’è bello/ e dolce che i fratelli stiano insieme». Fratelli tutti è una Enciclica (3 ottobre 2020) di Papa Francesco sulla fraternità e l’amicizia comunitaria, il cui titolo risale alle parole che il Santo di Assisi usava scrivendo ai fratelli e alle sorelle per proporre loro una forma di vita evangelica. E i due versi successivi (nel testo di Zelioli in corsivo) sono mutuati dal Salmo 133 di Davide, sovente cantato nelle liturgie cristiane.
Altro passaggio-chiave lo scopriamo fin già dal titolo della poesia Il perdono, via per la pace: «C’è troppa gente che pensa, convinta:/ “Quelli che donano il perdóno pèrdono”./ Invece è un modo semplice per vincere/ ogni conflitto fino alla radice…». Solo così si può spezzare la catena perversa di odi e vendette, «se vuoi la pace», «prepara la pace!».
Se il lettore visiterà almeno tutta la prima parte del libro, s’imbatterà in altre espressioni foriere di pace, in primis la speranza, la virtù teologale che supera le paure per realizzare i sogni, che si fonde con la preghiera, che rende possibile quel che sembra impossibile. La pace è una beatitudine evangelica e l’uomo di pace in situazioni di guerra si preoccupa delle vittime innocenti: questo ci ricorda Zelioli, non si può restare inerti ad osservare lo scempio delle ingiustizie, l’uccisione dei bambini, il grido delle madri di ogni terra e di ogni tempo; la cura del prossimo diventa ora ancora più urgente per chi vuole essere umano e cristiano. Tutti coloro che sono seminatori di morte sono chiamati in causa dall’autore, nelle guerre alla ribalta e nelle guerre dimenticate, che siano all’est o all’ovest, a destra o a sinistra: «Ascolta, Israele! Ascolta il tuo cuore!/ Non ascoltare la ruvida legge/ dell’occhio per occhio, dente per dente/ che infiniti lutti adduce alla Terra!// Cerca la pace con ogni straniero,/ ché tale tu fosti a lungo in passato/ e solo in pace trovasti giustizia.// Ritorna ad essere esempio di vita,/ non portatore d’orribile morte.// Per te invocasti pace: ora donala!» (Convivenza pacifica).
Infine assume un sapore profetico e di testimonianza in tali contesti, rivisitare le altre due parti del libro: Settimana santa e Via Crucis, ovvero le radici della missione del Cristo, un messaggio di salvezza e di pace per l’umanità.
Enzo Concardi
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L’AUTORE
Marco Zelioli (Monza, 1951) ha insegnato materie letterarie e diretto scuole statali in provincia e in città di Milano dal 1984 al 2015. Dal 1978 si è occupato di integrazione scolastica degli alunni con disabilità, seguendo le orme del padre, Aldo (1915-2008, ispettore centrale del Ministero della Pubblica Istruzione). Ha pubblicato le raccolte di poesie: Come spuma di onde (2017), Coriandoli di vita e di pensieri (2019), Briciole di vita (2020), Le mie lune e altre poesie (2021), Frammenti di luce (2021), Momenti (2023), Speranze di pace (2025). Ha inoltre pubblicato i libri: Le parole dell’handicap (2001), Introduzione alla ricerca e all’uso dei dati scolastici (2002), Se l’handicap è nella scuola (2004).
Marco Zelioli, Speranze di pace, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 72, isbn 979-12-81351-62-2, mianoposta@gmail.com.
Giorgio Bolla, "Navigando sotto il sole"
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Giorgio Bolla
Navigando sotto il sole
Guido Miano Editore, Milano 2025
Giorgio Bolla, poeta e saggista veneto, nato nel 1957, svolge la professione di chirurgo pediatra.
La sua è una poesia probabilmente “filosofica”, sicuramente necessaria (per lui), se è vero che la poesia salva la vita.
Il riferimento al sole nel titolo, nella raccolta che prendiamo in considerazione in questa sede, con la metafora della navigazione, che è quella dell’esistere, quella dell’affrontare la quotidianità che ha anche un risvolto epico, pare essere un segnale d’ottimismo nelle intenzioni di questo medico-poeta, perché il sole stesso per antonomasia è simbolo e portatore di luce e calore come elementi di consolazione e gioia.
Egli come chirurgo pediatrico di “Medici senza frontiere” fa appunto della sua vita stessa una nobile missione e non a caso la sua poesia ha incontrovertibilmente anche un afflato mistico.
La silloge presenta una prefazione di Michele Miano esauriente acuta e ricca di acribia.
È inserita nel testo una breve premessa dell’Autore nella quale il Nostro afferma che nel volume la sezione eponima nasce dalle impressioni vissute come chirurgo pediatra in Monrovia, capitale della Liberia, mentre la parte Progressione poetica è per il poeta l’avvicinamento lirico ad una data per lui importante.
I componimenti di Bolla formalmente sono connotati da una forte verticalità che si realizza attraverso versi scabri e brevissimi spesso costituiti solo da due o tre brevi parole.
L’io-poetante nell’esprimersi pare pervaso dalla sensazione della vita come quella di un sogno ad occhi aperti ed è in sé stesso molto autocentrato anche se a volte c’è un tu al quale si rivolge che presumibilmente potrebbe essere un’entità trascendente e inoltre il lettore si sente immerso leggendo questi versi, attraverso le descrizioni, nella natura e nei paesaggi della Liberia per noi occidentali infinitamente diversa dalle nostre città tecnologiche.
In Dietro la notte: «Dietro la notte/ arriva il vento/ dietro l’albero/ la notte arriva/ dove uomini soli/ scelgono il tempo/ nella loro costruzione/ io guardo il passo/ ma dove sta il tempo/ quando io non so?».
Molte poesie della raccolta sono brevi e molto concentrate come Raggiungi il bordo: «Raggiungi il bordo/ nel giorno più lungo/ raccogli la storia/ e vietane la stoltezza…».
Attraverso le parole di Giorgio, leggendo tra le righe, traspare un forte amore, un affetto inevitabile e spontaneo per i suoi piccoli pazienti dell’ospedale da lui operati con professionalità, come quando la professione di medico chirurgo diviene passione e si crea virtualmente un’osmosi tra i due aspetti, le due facce della stessa medaglia, quella del medico e quella del poeta e del resto anche nell’epoca attuale, come nei tempi passati, questo binomio è un fenomeno frequente.
In Io e Te leggiamo: «Io e Te/ avevamo creduto/ vicino alla certezza,/ di aver vinto la/ Signora./ È la scelta del tempo/ che è stata/ sbagliata/ ed ora, in questo tempo/ navighiamo/ in quel mondo/ parallelo/ che mai potrà far toccare/ la nostra povera/ vittoria».
Da notare che i componimenti della prima scansione appaiono anche tradotti in inglese e questo diviene motivo dell’accrescimento del fascino di questi versi, effusioni dell’anima per il fortunato lettore e che suscitano forti emozioni.
Quello che emerge nella superficie dei versi proviene da uno scavo interiore a dimostrazione del fatto che, come diceva Goethe, la poesia è sempre d’occasione e in questo caso in questi versi si avverte la manifestazione della condizione di un medico nato in Italia che vive in prima persona lo spaesamento in una terra lontana primitiva rispetto all’Europa, dove inevitabilmente più che nell’Occidente la natura domina sull’essere umano, e proprio attraverso la poesia in questo clima Bolla, realizzato nel lavoro e affascinato dalla parola, riesce a ritrovare una felice nuova identità.
Raffaele Piazza
Bolla Giorgio, Navigando sotto il sole, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 70, isbn 979-12-81351-56-1, mianoposta@gmail.com.
Antonietta Natalizio, "L'anima della speranza"
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L’anima della speranza
Antonietta Natalizio
Guido Miano Editore, Milano 2025
I poeti in genere amano ridare alle stampe le proprie opere, spesso a distanza di anni dalla loro prima data di pubblicazione. Non è detto che questo avvenga attraverso rifacimenti e revisioni delle singole poesie, o con un’edizione integralmente identica a quella originale: anzi, per lo più succede che essi preferiscano la forma di un florilegio poetico, costituito da liriche scelte dall’editore o da un suo critico letterario. È il caso della presente raccolta di Antonietta Natalizio, poetessa campana trapiantata in terra piemontese, che propone ai lettori una rassegna antologica costituita da suggestioni della parola e delle immagini, tratte da Officina poetica (2019), I colori delle emozioni (2022) e Grappolo di perle (2023).
Tre strutture stilistiche, tematiche e semantiche che sono certamente rappresentative della poetica dell’autrice in modo sufficientemente omogeneo – con alcune differenziazioni è ovvio – e quindi soggette ad un’analisi critica unitaria. Ad un prima approccio la scrittura della Natalizio appare come un insieme di raffigurazioni e scenari compiuti in sé e, allo stesso tempo, di versi e strofe aperte ad altre dimensioni lasciate intuire con rimandi prospettici e simbolici: da qui l’inserimento frequente di figure retoriche, sapientemente distribuite nella metrica e nelle scansioni, allo scopo di rendere i testi più efficaci, allusivi e, se vogliamo, criptici, così da indurre all’interrogarsi, al riflettere, al chiedersi le ragioni del messaggio.
Vi sono composizioni tenute in alti livelli di tensione comunicativa, con pregnanza di contenuti, con linguaggio di tenore classico, ed altre – forse volutamente – meno impegnate, più sul quotidiano, che conoscono talvolta anche pause d’ispirazione. È dunque necessaria una visitazione più ravvicinata dei testi che ci consente di entrare nel suo mondo poetico, costituito da numerose perle e da variegati colori, humus fondamentale della sua visione ottimistica della vita. Una delle cifre ricorrenti di tale anelito verso il futuro, il cielo, il bello della natura, s’identifica con la virtù teologale della speranza: la poetessa non accosta quasi mai il concetto di spes a terminologie religiose, probabilmente per non appesantire la liricità del verso, ma si può parlare di Dio, anche senza mai citarlo.
L’albero maestro è un inno alla speranza, una lirica ricca di simboli tratti dal mondo marinaresco, metafore, accostamenti tra linguaggio della natura e lessico umano, dove è chiaro l’intento pedagogico del messaggio: «Torre simbolo del mare,/ fiero, forte e umile/ indica la rotta./ Tra le onde del cuore…/ s’infrange ogni dì./ Vivaio di emozioni, / barlume di speranza…». Da questa iniziale fiammella che ravviva i cuori, si passa nell’epilogo alla potenza di una forza capace di metamorfosi: «…Accogliere è accompagnare,/ educare e sentirsi figlio./ Il giglio tra grandi scogli si erge,/ l’identità del simbolo./ Passato e presente si uniscono…/ bussano alla porta del tuo cuore/ nell’energia della speranza».
La fiaccola allarga lo sguardo dalla speranza, ancora citata, ad una visione più complessiva della vita, in cui emergono i valori fondamentali dell’uomo, si traccia una sorta di vademecum per uno stile di vita coerente con i principi professati. La poetessa qui richiama ad alcune parole-chiavi a sostegno della nostra esistenza, come luce, coraggio, amore, libertà, fede e passione: «…Dal credere o non credere,/ nasce la consapevolezza dell’uomo.// Credere è speranza, bellezza,/ coraggio di saper scegliere./ Vivere con passione/ anche per una sofferenza,/ aiutare con amore,/ fa nascere la speranza,/ l’immortalità del bene…».
In questo alveo di positività – che tanto si contrappone alle visioni minimaliste, nihiliste, riduttive, liquide dell’oggi filosofico – si sviluppa una poetica della verticalità, della trascendenza e del divino che esalta la spiritualità e l’anima dell’essere umano. Le visioni diventano metafisiche e metastoriche e, di conseguenza, le immagini poetiche luminose, coloratissime, proiettate nell’oltrità. Nella poesia Arcobaleno di luce, dopo aver richiamato ancora alla illuminazione della mente; ai colori gentili di viole, mughetti e gelsomini; alla felicità vissuta adesso e non rimandata, la Natalizio conclude la lirica con un distico ammiccante al soprannaturale: «L’occhio di Dio/ è più in alto». Così le vie dell’anima sono quelle preferite anche dall’ispirazione poetica, sulla scia dei semi gettati e germogliati nel terreno dell’amore (Spiritualità). In tale poetica va segnalata la suggestiva ed ammaliante Papaveri rossi, in un perfetto equilibrio tra natura (dorate spighe, blu del fiordaliso, folate di zagara, spodestati ulivi, uggiosi piovaschi…) e immagini dell’anima (velata, silenziosa, inerme, carezzevole …) fino all’emblematico verso: «L’invisibile diventa presenza!» (ovvero dimensione mistico-contemplativa).
Inoltre vanno certamente ricordate anche Ero lì, con le sue atmosfere rarefatte e di quiete, dal desiderio di ricerca di ariosi spazi («Mi accinsi ad esplorare/ nuovi silenzi…»), dalla tensione verso il cielo a portata di mano; e La Grazia, un inno alla vita e al suo Creatore: «…È un canto Altissimo!/ Istanti di felicità/ di eternità/ si respirano nell’anima…». E cosa sarebbe la vita senza l’Amore, si chiede la poetessa altrove, una domanda retorica diventata quasi un luogo comune nella nostra cultura sentimentale: la risposta è scontata, sarebbe nulla dal momento che, nella sua visione, l’amore è vita, gemma preziosa, fulgido sentimento, sinergia e conoscenza, dono, meraviglia… (L’Amore). E nell’incontro fra lei e lui («…mi voltai…/ ed incrociai i suoi occhi,/ il suo sorriso/ rapì il mio cuore…») si realizza il legame tra l’umano e il divino: «…Lo invitai a contemplare…/ la profondità del mare/ e l’intima presenza di Dio,/ perché nascesse…/ il più bel fiore del creato!»; inebriata e rapita da eros le sembra di volare «come un giovane gabbiano», di vivere fra «un tintinnio di emozioni,/ luci, suoni e colori», sfogliandosi «come una candida/ rosa rossa» (Un amore con le ali).
L’idillio continua nell’immersione quasi panica in mezzo alla natura: ne è testimonianza soprattutto la composizione Il risveglio del bosco, lirica in cui l’amore per il particolare spicca ovunque e si concretizza dando spazio agli abitanti della foresta, siano essi alberi, fiori o piccoli animali: il canto ha un suo significato simbolico, poiché il risveglio della natura nella stagione primaverile simboleggia il risveglio e la continuità della vita. Uno speciale “lirismo descrittivo” immaginifico ci introduce in un mondo fiabesco dimenticato dal vivere metropolitano, mondo che tuttavia è anche reale, solo se ci si mette alla sua ricerca: così ci accorgeremmo dell’esistenza degli ultimi lembi di neve sopravvissuti ai raggi del sole; del canto dell’usignolo, del fringuello, del picchiettio del picchio; del cuore vibrante in cerca del calore; del bucaneve, del leprotto e della volpe; dei castagni, delle querce, dei pini; delle fragoline, delle primule e delle piccole chiocciole… Tutto questo pulsare frenetico è racchiuso nell’incipit e nell’epilogo della lunga poesia, inizio e fine che ne stabiliscono il messaggio: «Il bosco, dopo il gelido inverno,/ si riapre alla vita./ Il cuore si rallegra,/ e con stupore osserva in silenzio/ le meraviglie del creato/ (…) Ondeggiano al leggero soffio di vento/ profumati anemoni, narcisi e ciclamini,/ come voler salutare da lontano,/ per non mancare all’appello/ del nuovo giorno che arrivato è già,/ e la vita che dà continuità».
Tali sono anche gli squarci naturalistici del Paesaggio simbolico, dove «la bellezza educa lo sguardo», mentre una variante sul tema è rappresentata da Il richiamo del mare, poesia in cui la natura assume volti severi, forti, selvaggi («onde di pietra», «mare in tempesta», «è ruggito dove tutto trema e ribolle», «l’indifferenza è selvaggia natura»), tanto da rievocare certi toni del romanticismo tedesco e dell’Ortis foscoliano. Ciò ci introduce a quei titoli emblematici della poesia della Natalizio che sono l’altra faccia della medaglia di quanto finora esposto, ma che registrano una realtà odierna e storica da non trascurare: Torre di Babele, chiaro simbolo della confusione spirituale, del dissolvimento dei valori, dell’umanità smarrita, di un mondo alla deriva; Il male di esistere, di evidente ispirazione montaliana, raffigurazione del vuoto esistenziale e della pietrificazione dei rapporti umani; Solitudine, non quella scelta che è quiete e meditazione, ma quella subita che è angoscia e disperazione; I violini parlano, memoria dei campi di concentramento nazisti, dura, efficace, immagini graffianti, condanna totale, il sonno della ragione, Milano Binario 21: il viaggio della morte»…; La nebbia, affascinante e misteriosa pensandola dal di fuori, ma nemica, ostile vissuta da dentro, quando diventa il buio della mente e t’impedisce il cammino, deviando dal destino che ti è stato assegnato; Anima arida, se si vivono assenze, distanze, negazioni affettive e sentimentali che lasciano gelo e indifferenza, invece che abbracci e slanci d’amore; Abisso, il riemergere dai fondali della mitica ninfa del mare, figura della classicità antica, immagine della memoria ovvero degli echi del passato…
Ma L’anima della speranza vive già di chiara luce…
Enzo Concardi
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L’AUTRICE
Antonietta Natalizio è nata a Nola, e vive in Piemonte. Scrittrice, Poetessa, Psicologa Clinica e di Comunità, da sempre è impegnata nel sociale. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Officina Poetica (2019), Quando si diventa anziani (2021), I Colori delle Emozioni, edizione italiano/inglese (2022), Calendario Letterario (2022), L’infinito è più blu (2023), Grappolo di perle (2023). Si occupa anche di pittura.
Antonietta Natalizio, L’anima della speranza, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 64, isbn 979-12-81351-37-0, mianoposta@gmail.com.
AA. VV., "La poesia di Wanda Lombardi nella critica italiana"
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AA. VV., La poesia di Wanda Lombardi nella critica italiana
Guido Miano Editore, Milano 2025
Mi trovo per l’ennesima volta a contatto con le opere, la storiografia e l’anima della poetessa di Morcone (Benevento), infinitamente cara al mio cuore. Il libro in oggetto è una ricca antologia di testi critici riguardanti la poesia di Wanda Lombardi, che ha dedicato alla spiritualità e ai versi il tempo terreno, nella consapevolezza che si prega e si scrive per alleviare le ferite dell’anima e per arrivare dove si annida l’invisibile.
Ho avuto l’onore di prefare due indimenticabili testi dell’autrice sannita: Tempi inquieti e altre poesie e l’Opera Omnia, e in questa carrellata di omaggi trovo la conferma al mio umile dire, alla convinzione che esiste una poesia che non è dipendenza dalle parole, ma desiderio di trascenderle.
Leggendo le sue liriche, solo in apparenza semplici e intimiste, si comprende come la mia Wanda raccolga nello scrigno del cuore i frutti di una semina commovente. Le sue opere sono state inserite presso biblioteche locali, nazionali, e accademiche, a disposizione degli studenti, realizzando il suo desiderio di lasciare un tesoro non solo morale alle nuove generazioni. Sono certa, peraltro, che i giovani attingono e attingeranno dallo scrigno del suo lirismo, che l’ottimo Raffaele Piazza definisce di “realismo mistico”.
La poesia, madre di tutte le arti, attraversa un periodo difficile, si potrebbe dire che naviga in burrasca a causa delle avanguardie artistiche, che proclamano la rottura con il passato e l’accelerazione verso la modernità. Tali movimenti sono contraddistinti da una forte carica di provocazione, i rimandi al significato si sono ingarbugliati al punto che regna sovrana l’ambiguità. In questo clima si avverte la necessità di attendere che i semi di pace di Wanda Lombardi sboccino e ci inondino con il loro profumo. Il “realismo mistico” va inteso come un modo per avere conoscenza; è vicino alla filosofia, ma in quest’ultima il metodo d’indagine è orizzontale, mentre nel misticismo è verticale. Per dirla con Don Bosco equivale a “camminare con i piedi sulla terra e abitare il cielo con il cuore”.
L’Autrice è allenata a incontrare Dio non ai margini dell’esistenza ma nella vita di ogni giorno. La sua lunga carriera di docente le ha consentito di confrontarsi con i giovani e la sua ispirazione le ha senza dubbio permesso di trasformare gli insegnamenti da requisiti basilari a desideri di cambiare il mondo. Mentre si tendeva ad arco verso gli studenti affrontava i dolori personali e, come sottolinea con efficacia Carlo Onorato, concepiva versi di meditazione filosofica sull’esistenza, attraverso i quali non parlava a Dio, ma ascoltava le Sue risposte. D’altronde la meditazione è un uso positivo e creativo della mente, che collega il mondo esterno a quello interno.
Wanda possiede, a mio umile avviso, due ali: l’amore e il raccoglimento. Se da un lato sembra plausibile considerarla un’artista pessimista, dall’altro va analizzato quanto peso hanno avuto le sottrazioni nei lunghi periodi del suo passato. Non sono mai riuscita a considerarla chiusa in se stessa, annientata, anche se nei suoi versi ho colto le angosce, lo struggimento. Lei canta il suo Sannio, la tenacia di un popolo mai domo, una terra ricca di storia e cultura, di dolci colline alternate a morbide valli, di borghi incantevoli. Canta e la fatica di vivere si scioglie in una dolce, struggente malinconia.
La poesia agisce catarticamente sullo spirito della Nostra ed è purificatrice anche per i fortunati che la leggono. Si potrebbe dire che “la grande poesia è un’eco che chiede all’ombra di ballare” (Carl Sandburg).
Wanda Lombardi, attraverso i suoi libri, è divenuta insegnante di Speranza. Ed è la speranza il sigillo della sua fede. Dio fornisce il vento, ma noi dobbiamo alzare le vele. Questo testo, che ha sapore di lascito artistico e morale, è scritto dai critici letterari, e da coloro che, come la sottoscritta, si sono innamorati della sua voce sin dai primi versi. Per lascito non intendo un testamento, Wanda continuerà a scrivere per tanti anni, ma una donazione. Ella affida al cielo le preghiere, agli uomini e alla natura rigogliosa della sua terra le poesie.
La nostra Autrice guarda il mondo con gli occhi della fede, è consapevole che ogni volta che si è trovata a bussare alla dimora della solitudine, della sofferenza, ad aprirle la porta è stato il Signore. Di questa sublime poetessa, temprata dalla sofferenza, mi ha colpito subito l’innocenza. Le ferite, che hanno costellato le sue stagioni, sono diventate inconsapevoli punti di forza, sa portarle sul petto e nella vita come medaglie.
Nel leggerla l’ho vissuta come un’amica caratterizzata da vellutata purezza. e ho considerato quanto sia estenuante il lavoro dei cuori innocenti: devono assorbire i rumori della realtà, gli aspetti marci e contaminati, continuando a emettere vibrazioni positive. Wanda non è pessimista, patisce la nostalgica malinconia di ciò che poteva essere e non è stato, ma senza rabbia, con la levità degli angeli. Il suo lirismo, in virtù di queste caratteristiche può dirsi non solo meditativo, bucolico, filosofico, ma anche civile. Per quanto questo pianeta sia macchiato di sangue, il colore del cielo resta sempre lo stesso, il profumo dei fiori è sempre stordente… un’Artista come la nostra lo ricorda in ogni lirica, e induce a perseguire il coraggio dei sogni.
Maria Rizzi
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L’AUTRICE
Wanda Lombardi è nata e vive a Morcone (Benevento), città dell’Alto Sannio. Laureata in Pedagogia, ha insegnato Materie Letterarie nelle scuole secondarie. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Sensazioni (2001), Nel silenzio (2002), Luce nella sera (2011), Oltre il tempo (2015), Voci dell’anima (2016), Gocce di rugiada (2017), Attimi lievi (2018), Il senso della vita (2019), Nel vento dell’esistere (2020, con traduzione in inglese), Volo nell’Arte (2021), Miti e realtà (2022), Opera Omnia (2023), Tempi inquieti e altre poesie (2024). I libri di narrativa: Proverbi e modi di dire morconesi (2008), Racconti fiabeschi, letture per la scuola (2011). I romanzi: L’eco del passato (2012), Sulla scia del destino (Poppi 2016). I testi teatrali: La fortuna dietro l’angolo, commedia in tre atti (2013), Una volta… c’era, commedia in tre atti (2014), Ce la faremo, commedia in tre atti (2016).
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AA. VV., La poesia di Wanda Lombardi nella critica italiana, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 104, isbn 979-12-81351-57-8, mianoposta@gmail.com.
Bianca come la neve
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Il biscotto della fortuna
Un falegname di nome Pino entra in un ristorante giapponese, dove si mangiano le migliori nipponerie della città di Quercia. Tutti i tavoli risultano occupati o prenotati, tranne un kotatsu con un morbido cuscino poggiato a terra.
«Dice il faggio: persona "levigata", persona onorata. Irasshaimase», lo saluta Ginkgo, il proprietario, accogliendolo con gentilezza in tenuta medievale che, data la bassissima statura, lo fa sembrare un bonsai più che un samurai.
Pino, da testa di legno che è, lo ignora. Si siede e ordina un vassoio di sushi, che non tarda a venire. Tuttavia si dimostra contrariato.
«Per mille chiodini del gazebo! Ehi, piccoletto giallo, le bacchette non sono di bambù, ma di plastica!» impreca l'artigiano.
«Perdoni, dare quelle che volere lei», si scusa Ginkgo con un inchino, piegando il torso e il capo verso il cliente legnoso, cioè lagnoso.
Il gestore del locale, risentito da tale scortesia e non potendo rispondere a tono per non tradire la tipica e rinomata educazione del Sol Levante, decide di rifarsi in ben altro modo.
Il bifolco, per dessert, chiede dell’anmitsu. Gli viene servito assieme a un Biscotto della Fortuna, nel quale è racchiuso un pezzetto di carta, che di norma riporta un motto oppure una frase profetica. Appena finito di divorare il dolcetto, apre il bigliettino e legge cosa c'è scritto: «Se non vuoi che qualcuno ti seghi le gambe con una sega circolare, paga il conto. Poi, circolare!»
Enza Sanna, "Epifanie"
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Enza Sanna
Epifanie
Guido Miano Editore, Milano 2025.
Poetessa, scrittrice, saggista e critico-letterario Enza Sanna è nata a Genova dove vive e opera.
Come scrive Maria Rizzi con acutezza nella prefazione a Epifanie, la raccolta di poesie di Enza Sanna che prendiamo in considerazione in questa sede, molte delle poesie che costituiscono il volume sono state scritte durante il periodo della pandemia e questo non è un caso.
A questo proposito si deve affermare che studi riconosciuti hanno dimostrato che nei tristissimi giorni della pandemia stessa molte persone che non avevano mai scritto poesie nell’era del verso libero si sono messe a scrivere versi, uomini e donne di tutte le età sono diventati poeti.
Ancora una volta quindi la poesia è divenuta tensione verso la salvezza con l’attaccamento alla vita nei giorni della paura e del dolore affinché la vita stessa non desse scacco e anche in quei giorni non mancava il desiderio di varcare la soglia della speranza, di trovare il montaliano varco per aggrapparsi a qualcosa che non poteva non essere che la scrittura poetica, praticata anche solo per sé stessi.
Epifania significa manifestazione e quindi anche misticamente la Sanna è conscia di essere mediatrice tra la musa, l’inconscio e lo Spirito Santo come diceva Borges, aggiungendovi l’impronta della sua soggettività, della sua anima e da questa mediazione con l’intervento dell’identità unica della persona, nascono i suoi versi sempre icastici e ben controllati.
A questo proposito come scrive la Rizzi la poetessa realizza la prima fuga dal quotidiano nella natura: il suo spirito entra negli alberi, nei prati, nel mare.
Da notare che il testo presenta una postfazione di Enzo Concardi profonda nel delineare la poetica della Sanna.
Nell’incontrovertibile cifra neo lirica la poetica della Sanna, connotata da una vena di riflessione dell’io-poetante sulle cose e i fenomeni, si tende alla linearità dell’incanto con una esemplare chiarezza e cristallinità che è sottesa a un pensiero complesso che comunque tende all’ottimismo come quando in un verso capovolgendo l’assunto, afferma che non c’è spina senza rosa.
Da notare che la silloge non è scandita in sezioni e che spesso leggendo queste poesie si ritrova la sensazione d’immergersi in un sogno ad occhi aperti.
Spesso il discorso si realizza in un inno alla vita come quando la Sanna scrive in Una nuvola d’oro: «Si rinnova intorno primavera/ nel risveglio della prodiga natura:/ a noi non è dato/ se non godere con gli occhi e col cuore/ dei suoi girotondi…»
In Quando la parola è immagine: «Fascinazione profonda per la bellezza/ la forza di trasmettere a chi legge/ la struggente densità dei pensieri/ degli affetti delle memorie/ dei sogni che abitano il cuore». Quella che potrebbe essere definita una poesia sulla poesia.
In Dell’invenzione poetica: «Mi sorprendo spesso a pensare/ la necessità dell’invenzione poetica/ coltivata a lungo nel cuore/ linfa vitale della nostra esistenza/ Perché l’estro poetico non è menzogna/ parola contro ragione e coscienza/ ma secondo ragione/ la cosa doveva essere/ e non è stata...»
Una grande originalità connota il poiein della Sanna in cui tutto è presunto, primevo e sorgivo.
Raffaele Piazza
Enza Sanna, Epifanie, prefazione di Maria Rizzi, postfazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 100, isbn 979-12-81351-48-6, mianoposta@gmail.com.
Enza Sanna, "Epifanie"
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Enza Sanna
Epifanie
Guido Miano Editore, Milano 2025
Vorremmo innanzitutto citare nella poesia “Nel silenzio della natura” i seguenti versi:
a) “Ho bisogno del silenzio della natura intorno/ per scrivere nel linguaggio dell’anima” dove la poetessa Sanna è alla ricerca di una dimensione interiore:
b) il “puer aeternus” che “ferma il tempo sul pendolo della giovinezza” e “che è in ciascuno di noi…”;
c) una strumentazione verbale… “musica” che “ti fa sentir fratello ad ogni prossimo”… e che “una sideralità dell’anima/ improvvisamente offusca”, in cui la Sanna esprime rammarico per l’opacizzazione dei suoi buoni sentimenti, da parte di una realtà non sempre amica;
d) la magistrale resa paesaggistica dei versi: “il mare della costa/ teso a violentar la rena…”;
e) notiamo la metafora nella poesia “Saga di famiglia”, nei versi “il fascino isolano/ di terre separate dal mondo…”;
f) nella poesia “Una nuvola d’oro” risplendente di versi quali “una mimosa fiorita”, “dona la sua nuova d’oro/ alla mia vista stupita”, in cui si percepisce l’aura del fiore terso, che la poetessa nota con rinnovato stupore.
Per quanto riguarda il resto del libro, si può dire che è ricorrente lo sguardo attento di una realtà in movimento, determinante stati d’animo alternativamente di gioia, di malinconica sofferenza interiore, ovviabile tramite un fanciullesco e cristallino stupore per eventi naturali ed umani.
I nostri complimenti vivissimi alla brava poetessa Enza Sanna !
Ad maiora ! …
Fulvia Donatella Narciso
NEL SILENZIO DELLA NATURA
Ho bisogno del silenzio della natura intorno
per scrivere nel linguaggio dell’anima
e di fronte alla natura la bellezza mi nutre
che è già di per sé preghiera,
pur con i suoi equilibri troppo spesso alterati
dal nostro modus vivendi eccessivamente invasivo.
Mi vive dentro quel puer aeternus
che è in ciascuno di noi
e ferma il tempo sul pendolo della giovinezza
con i suoi rimpianti e le sue attrattive
ad alimentare una strumentazione verbale
che attiene al mondo della musica
e ti fa sentir fratello ad ogni prossimo
anche se nel quotidiano si perdon certe tenerezze
che, pur sentite, una sideralità dell’anima
improvvisamente offusca.
Passo tra i filari spogli
cui dona brezze l’oro del sole
negli occhi i colori dell’autunno
e il loro splendore anche quando il vento
ha denudato i rami.
In lontananza il mare della costa
teso a violentar la rena
punteggiata di conchiglie sparse
dove, appoggiando l’orecchio,
ne senti le voci e il mare
in questo mio paese sonoro
per l’urto dell’onda contro la scogliera.
A sera svapora il pensiero nella foschia dei ricordi
e la volubilità delle dimenticanze
mentre l’eco del tempo
accende sogni e speranze
della giovinezza.
SAGA DI FAMIGLIA
In questa società votata al chiasso
alla ricerca degli assembramenti,
sfida al timore del contagio
e d’ogni pandemia,
mi attrae il fascino isolano
di terre separate dal mondo,
forse dal pieno della vita,
sospese in una dimensione altra
tra alterità e solitudine
nell’impagabile sensazione
di lasciarsi finalmente alle spalle
ogni stabile certezza.
Preziose perle di mare
falesie, fortificazioni a difesa
solitarie torri di vedetta
e per la gioia degli occhi
spettacoli naturali inaspettati a illuminare
l’isola di Arturo
capitale di cultura oggi.
Nel loro esserci
accompagnate da innumeri sorelle lacustri
non meno belle
pur con un fascino più meditabondo e austero:
le tue isole, madre
l’Isola dei Pescatori, l’Isola Bella
per sempre scolpite nel tuo cuore
perché là inizia la nostra storia
la vita della nostra famiglia,
indimenticabile “saga” d’ombre e di luci
come è della vita.
UNA NUVOLA D’ORO
Si rinnova intorno primavera
nel risveglio della prodiga natura:
a noi non è dato
se non godere con gli occhi e col cuore
dei suoi girotondi.
Questo mi suggerisce ogni anno
una mimosa fiorita
che nel giardino di casa
dona la sua nuvola d’oro
alla mia vista stupita.
Enza Sanna, Epifanie, prefazione di Maria Rizzi, postfazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 100, isbn 979-12-81351-48-6, mianoposta@gmail.com.
Daurija Campana, "Qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di blu, qualcosa di prestato"
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Daurija Campana
Qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di blu, qualcosa di prestato
Guido Miano Editore, Milano 2024
Abbiamo avuto – lo staff Miano e chi scrive - l’occasione di conoscere Daurija Campana e la sua famiglia nella città di Cesena, luogo di residenza, presentando, davanti a un folto pubblico, la raccolta precedente dal titolo: Sola tra memoria e dolore, della Casa Editrice milanese Guido Miano, per la quale stesi il saggio introduttivo. Fu un’accoglienza squisita, da cui è nato un rapporto fiduciario che ha generato la nascita e la pubblicazione dell’opera Qualcosa di nuovo (settembre 2024), appartenente alla collana “Parallelismo delle Arti”: l’autrice infatti è poetessa e pittrice e dunque il libro – che reca la prefazione di Michele Miano – si caratterizza per il connubio tra poesie e dipinti, essendo le diverse forme artistiche espressione di un’unica anima creatrice, di una sola sensibilità spirituale. Parole e colori s’incontrano e dialogano in qualunque caso, frutto di una felice istintività, o di un complesso e tormentato percorso interiore.
Mi soffermerò qui soprattutto sulla parte letteraria della pubblicazione, più consona alle mie competenze critiche, mentre esprimerò emozioni ed impressioni riguardo ai quadri inseriti in essa. I testi poetici di Daurija Campana penetrano in alcune dimensioni fondamentali dell’esistenza umana, toccano l’essenza delle cose e nascono da una sofferta elaborazione di eventi del passato per nulla cancellati, anzi dei quali ella vuole conservare memoria perenne. Vi sono, in tale contesto morale e spirituale simile ad un magma vulcanico, parentesi e pause o squarci di serenità conquistata a fatica, e costituiti da vissuti relazionali con la natura medicatrice e con la memoria stessa, sublimata da dolore in speranza: occorre qui leggere le poesie in cui l’autrice non si rassegna alla perdita di alcuni cari, che crede fermamente di rivedere in futuro, in altre dimensioni di vita. È questa la valenza più coinvolgente e commovente della sua poetica, in quanto tocca corde e sentimenti che, al contatto con il suo canto, possono risvegliarsi in tutti noi dal sonno in cui li abbiamo relegati per non soffrire a nostra volta.
Tale tematica è evidente in diverse composizioni. Si può citare Sera come testo paradigmatico: “Il giorno in cui potrò venire lieta/ a te ritornerò quasi ansimante/ e sotto quel cipresso che tu ami// mi troverai seduta a piene mani;/ e lì m’accoglierai con un sorriso,/ la luce brillerà sulla mia ombra// e parleremo ancor tutta la sera/ nascosti dal chiarore della notte./ Ma ora silenzioso tace il cuore// neppure sento aliti di vento/ acceso e spento il sole che ormai muore/ qui resto, né un conforto, né un colore”. Si realizza qui quella “corrispondenza di amorosi sensi” tra i vivi e i morti di foscoliana memoria, ma non solo, la poetessa esprime quella speranza cristiana del ricongiungimento con i propri cari nella dimensione della vita eterna. Sera è anche un modello formale di poesia classica: quattro terzine di immagini limpide, armoniose, dove vi è un equilibrio perfetto tra linguaggio e valenza semantica, tra fonetica e misura della parola. A Sera si possono accostare Sorrisi (“sanno ridere i nostri cuori”); il racconto fantastico contenuto ne Il lago, una sinfonia dell’infanzia, della giovinezza e della lancinante perdita di un sogno: “Da allora quanti anni son trascorsi?/ Troppi, senza di lui, e troppo pochi/ per lenire in qualche modo il dolore/ che turba dentro come una tempesta...”; Il bosco, struggente rimembranza del padre: “Tu non ci sei, mi manca la tua mano/ che conduceva ogni mio passo lontano…” e L’albero, la presenza-assenza del padre.
La Natura entra prepotentemente nella poetica dell’autrice con affinità sensitive di tipo pascoliano-dannunziano, versi onomatopeici, il segreto della pioggia-pianto (Non piace); con le rime studiate (alternanza a-c / b-d) delle sei quartine de Il canto del cuculo, un inno al lavoro nei campi dai modi pascoliani; con la delicata sensibilità rivolta alle effimere ma leggiadre creature che sono le farfalle (Vanessa cardui, Odette); con il canto alla Mietitrebbia, attaccamento alla vita agreste ormai perduta e con la leopardiana Nostalgia, tale perché rievoca la poesia di borgo cara al recanatese: qui è Meldola (“madre e matrona”), il paese natale, ad essere cantato, le vie, le piazze, la gente, le donne, i bambini, le lucciole e la “cara luna della sera”. … Poi il lettore saprà scoprire da sé le altre perle dell’anima della poetessa. Per quanto riguarda la pittura colpiscono gli occhi lucenti, profondi e gli sguardi indecifrabili, interroganti degli autoritratti; la tecnica praticamente perfetta nel dipingere i capelli delle figure femminili; i vividi colori della natura con le farfalle simbolo della leggerezza dell’essere; il pelo fulvo delle figure canine ritratto con maestria realistica…
Enzo Concardi
Daurija Campana, Qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di blu, qualcosa di prestato, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 80, isbn 979-12-81351-41-7, mianoposta@gmail.com.
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