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signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

racconto

Raffaele Gatta, "L'odore del caffe amaro"

5 Maggio 2024 , Scritto da Rita Bompadre Con tag #rita bompadre, #recensioni, #racconto

 

 

 

 

“La prudente follia del riverbero emotivo”con questa premurosa e significativa espressione trascritta nell'intestazione, Raffaele Gatta spiega il suo romanzo L'odore del caffè amaro (Robin Edizioni, 2013 pp. 190 € 13.00). Si tratta di una raccolta di racconti articolata in un ordine di lettura di piccoli capitoli in cui lo strumento creativo della narrazione illumina la riflessione esistenziale, nell'effetto riflesso della condivisione sensibile intorno alle vicende della vita, alla superficie provvisoria delle emozioni. Raffaele Gatta prende a pretesto l'occasione di assaporare il profumo del caffè, come metafora di estrazione culturale, dal sapore intimista e suggestivo, come elemento di complicità e di solidarietà nei confronti del vissuto quotidiano, come interpretazione del piacevole e catartico intervallo dalle difficoltà individuali e dall'insidioso sentore di tematiche importanti e universali come la disagevole precarietà del lavoro, il risvolto ambiguo e contraddittorio della morale, le vicissitudini speculative dell'etica. Scopre, attraverso la consuetudine specifica e simbolica del senso antico e terapeutico del caffè, la magica connessione esplorativa degli incontri, l'affabile espressione di un'invitante peculiarità sociale, intuisce l'acceso desiderio della comunicabilità e l'interessante indagine intellettuale, nella strategia di affascinanti e coinvolgenti storie, nel consolidamento immersivo delle relazioni umane. L'odore del caffè amaro diffonde la gradevole e piacevole attrazione verso il destino dei personaggi, assorbiti nella ritualità di un'occasione vitale in cui la misura ipotecaria del tempo incrocia la sua naturale agilità e supera la vischiosità degli eventi. Il profumo percepibile dei sentimenti circonda l'evoluzione della memoria emotiva, sprigiona la riservatezza della densità affettiva, dona a ogni contesto il sapore della speranza. Raffaele Gatta utilizza l'accurata puntualità dei suoi pensieri e traduce l'essenzialità nella brevità di un'istantanea, ordina la specialità discorsiva di ogni assaggio introspettivo, con accattivante laconicità, giostra la  sintesi di una sperimentazione linguistica caratterizzando l'avventura immaginativa nelle parole giuste, l'applicazione ermetica nei dettami provocanti del nondetto, il dettaglio evocativo della confidenza, nel rilievo fondamentale di ogni segreto. Si interroga sull'integrazione dei personaggi intorno alla promessa di abitare ogni nuovo giorno in tutte le sue imprevedibili dinamiche, nelle intenzioni della fiducia,  combattere le paure, fronteggiare l'ansia delle sconfitte, proteggere l'incanto dell'amore, nella coerenza filosofica delle esperienze. Il libro analizza il legittimo intervallo di ogni passaggio della vita, accompagna il cammino del sogno, accoglie lo spostamento della luce, protegge il riscatto dei personaggi, nell'intento di rimuovere la deriva della solitudine. Raffaele Gatta conduce la raffinata qualità metaletteraria delle sue micronarrazioni nella struggente e matura consapevolezza della realtà in ogni palpabile e visibile contraccolpo, occupa il luogo intimo d'adozione della  narrativa immediata, nella fulminea e impulsiva osservazione dell'ordinario, nella coraggiosa sfida per la determinata direzione nella corrente sinuosa del vivere. Invita il lettore a considerare la fragilità umana della società contemporanea come la qualità straordinaria e necessaria all'ineluttabilità della legge di natura, nella scorrevolezza della comprensione dei punti di forza, quando la vulnerabilità delle sensazioni riceve in dono l'insospettabile meraviglia del cuore.

 

Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/

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Zombie

2 Maggio 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

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Orde di famelici zombie spuntano da ogni dove. Le armi e le trappole riescono a malapena a contenerli, oltretutto risultano sorprendentemente veloci e imprevedibili. 

«Li mortacci loro e di chi nun li ammazza!» diceva spesso Walter, fino a quando non è diventato un non morto. Ciò che è rimasto di quel caro amico mio romano è una poltiglia sanguinante sull'erba, in quanto è stato necessario lanciargli addosso una granata. 

Stamane ho trovato rifugio all'interno di un faro funzionante, sbarrando l'accesso nel migliore dei modi e con la speranza che i militari possano ripulire l'area esterna al più presto. Da quassù osservo centinaia di cadaveri ambulanti che, con quei gemiti lamentosi e versi gutturali, rappresentano la fonte dei miei incubi intrisi di orrore e paranoia. 

Durante le terrificanti visioni oniriche, mi appare frequentemente il corpo crivellato di pallottole e il volto insanguinato di Gaia, la mia fidanzata. Mai e poi le avrei fatto del male. Dio quanto l'amavo!

Immancabilmente, mi risveglio urlando, steso su un vecchio e puzzolente materasso appoggiato sul pavimento. Da un certo punto di vista, dormire è peggio che stare svegli. 

Dopo aver contato le munizioni delle due Beretta 92-FS, che tengo nella doppia fondina a tracolla, sprofondo su una logora sedia per rimuginare sui drammatici avvenimenti causati dall’epidemia zombiesca. Tra le varie cose realizzo che si è rivelata una buona idea lasciare il precedente rifugio e abbandonare i miei compagni per restare da solo. Non sopportavo più i loro sguardi, le loro voci e il finto positivismo di alcuni. Inoltre temevo per la mia incolumità, infatti non sono rari i casi in cui, nei nascondigli stessi, le persone si tramutano improvvisamente in zombie, per non parlare di quelli che, nel perdere il lume della ragione, sparano all'impazzata a tutto ciò che si muove. Non infetti compresi.

Da ieri, la cicatrice, mi duole un po'. Chissà, probabilmente il morso sul collo, causato da uno di quei morti viventi, mi ha lasciato qualche strascico, se non addirittura un qualcosa di peggiore, nonostante una settimana fa, in un ospedale da campo improvvisato, mi abbiano somministrato in extremis un siero denominato "Z-Type." 

Mi è venuta una fame tremenda, ho troppa voglia di carne. Rovisto nello zaino alpino carico di viveri per prendere due scatolette di Simmenthal e dei filetti essiccati di maiale da una razione K. 

Ora mi chiedo: lì sotto, cioè ai piedi del faro, va a finire che mi aggregherò con gli zombie per banchettare assieme oppure continueranno ad aspettare per banchettare su di me?   

 

 

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Il Falco

1 Maggio 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

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Oggi Piazza Duomo è semideserta, riesco a scorgere in lontananza una ragazza con un cane al guinzaglio, un gruppo di turisti asiatici e un anziano signore che tiene la mano al nipotino. Meglio così, adoro i posti tranquilli. 

A dispetto delle previsioni meteo che indicavano un clima fresco e ventoso, la giornata, in realtà, si rivela molto soleggiata. Uff! Il giubbotto in pelle che indosso mi sta accaldando. Il problema è che non posso togliermelo. 

All'improvviso, si materializza un uomo che barcolla vistosamente. È trasandato, ha gli occhi arrossati, il viso emaciato e i capelli lunghi e unti. Sicuramente si tratta di un drogato che vuole chiedermi dei soldi. 

«Scusa, hai qualcosa per me? Sto male!» esordisce "l'elegantone."

«Ehi, non sono mica un farmacista!»

«Ho bisogno di un po' di coca» continua il tossico, ignorando la mia ironia. 

È evidente che mi ha preso per uno spacciatore. Adesso lo sistemo io. Abbasso mezza cerniera del giubbotto per lasciargli intravedere la fondina a tracolla con pistola annessa.

«Se vuoi, ho una Beretta calibro nove con quindici stupefacenti confetti. Ti assicuro che te ne basterà solo uno per farti vedere il paradiso» reagisco con un tono da duro e con il chiaro intento di spaventarlo al fine di levarmelo dalle palle.

«Ah, quindi sei un collega?» mi domanda il tizio, sorridendo. 

Dopo qualche secondo di spiazzamento, realizzo che costui è un agente di polizia della Squadra Falchi, un'unità preposta al contrasto della microcriminalità.

«A quanto pare non sai riconoscere uno sbirro da un pusher» gli dico secco.

«Mi ha ingannato il tuo chiodo.» 

«Che? Il giubbotto?» esclamo quasi irritato. 

«Già, un po’ troppo per un pomeriggio caldo come questo, difatti pensavo che nascondessi la roba lì dentro. Ti saluto» conclude il "Falco", dandomi le spalle e ricominciando a ciondolare in direzione di una viuzza. 

Bah, roba... da matti!

 

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Magnus

30 Aprile 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto, #animali

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Magnus, il pastore tedesco della famiglia Moretti, da tempo assai malconcio, si avviò all'interno della cuccia. Un profondo senso di stanchezza lo colse, fino a che si assopì. 

Quel sonno fu dolcissimo e breve. Al risveglio, si accorse con stupore di non avere più addosso l'odiato collare. Alzò rapidamente lo sguardo e scorse un oggetto luminoso dalla forma arrotondata che volava sopra il cielo color turchese. Magnus, scodinzolando allegramente e con la lingua di fuori, cominciò a correre in quel giardino straordinariamente bello per inseguire ciò che aveva appena avvistato, finché quel "qualcosa" non si dissolse su un lago cristallino.

Un angelo lo chiamò per nome e gli lanciò un'aureola a mo' di frisbee. Magnus spiccò un gran balzo e afferrò al volo quello che ormai era diventato il suo nuovo giocattolo, riportandolo a quell’essere celestiale, prontissimo a ripetere il gioco, libero e felice nel Regno di Dio.

 

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Il Giuse, un ragazzo di provincia

29 Aprile 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

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Salite, discese, arrampicate e tantissimi ruzzoloni.

 

 

 

 

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Nota dell'autore: si racconta che Ernest Hemingway prese un tovagliolo del bar, scrisse un romanzo in sei parole, lo fece passare tra i commensali e raccolse le vincite di una scommessa di dieci dollari.

Mentre Giuseppe Scilipoti, cioè il sottoscritto, ha preso un pezzo di carta, ha scritto un romanzo autobiografico in sei parole, per poi trascriverlo dentro un file in formato DOC, vincendo così una scommessa con sé stesso.

 

 

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Pier Francesco Grasselli, "La Bambola"

28 Aprile 2024 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #recensioni, #gordiano lupi, #racconto

 

 

 

 

Entrare nel mondo letterario di Pier Francesco Grasselli è come tuffarsi in un oceano vasto e pieno di sorprese. La sua prosa, ora calma e riflessiva, ora tempestosa e provocatoria, ci conduce in luoghi inesplorati. I suoi scritti spaziano attraverso una gamma sorprendentemente vasta di temi e stili, rendendo ogni sua opera una novità e una sorpresa.

Noto come uno degli autori più provocatori e poliedrici del panorama letterario italiano contemporaneo, famoso per il suo spirito anticonformista e per il suo audace disprezzo per il mainstream, Grasselli è un autore che non teme di esplorare e sovvertire. Stavolta ci regala La Bambola. Cinque racconti, edito da Il Foglio Letterario.

Il racconto che apre dà il titolo alla raccolta, "La Bambola", è una satira pungente sulla direzione presa da mondo moderno. Ambientata in un futuro distopico e iper-erotizzato, la storia ha come protagonista lo scrittore Raimondo Spallanzani (che abbiamo già visto nel romanzo breve “La Musa” (Edizioni Pendragon) e nella raccolta di racconti “Uno scrittore all’Inferno” (pubblicato dall’autore in modo indipendente) e intrisa di critica sociale. Lo stile ricorda le narrazioni di Philip Dick, però in salsa erotica. Alla maniera di Cronenberg, Grasselli utilizza una prosa diretta e senza fronzoli per immergerci in una realtà disturbante, popolata di AI che non solo interagiscono con gli umani ma ne influenzano desideri e perversioni.

Proseguendo, "Tempo pazzo" si rivela un delizioso gioco metafisico, con il clima che si fa metafora delle incongruenze della vita umana. Un divertente racconto che sa tanto di commedia degli equivoci. Grasselli gioca con le aspettative del lettore, creando una trama che si dispiega in modo inaspettato.

Nella vena di Doyle, ma con un pizzico di surrealismo alla Bulgakov, "Sherlock Holmes e il mistero di Villa Liffredi" trasferisce il celebre detective in una Parma contemporanea e paranormale. Grasselli reinventa Holmes in chiave moderna, trasformando il classico investigatore in un disinvolto uomo di mondo con un debole per il soprannaturale.

Uno dei gioielli della raccolta è senz’altro "Breve storia della contessa Matilde di Fossalta", novella che intreccia la narrazione storica con elementi gotici e surreali. Un omaggio ai grandi classici del romanticismo, arricchito da una freschezza tutta contemporanea.

La Bambola è l’ultima fatica di un autore che non teme di esplorare e di sovvertire. A ogni pagina, l'autore destabilizza le aspettative del lettore e reinventa il modo in cui la narrativa può essere sperimentata, offrendo un'esperienza di lettura sempre avvincente, a tratti esilarante. Pier Francesco Grasselli dimostra ancora una volta di essere un maestro nell'usare la letteratura come uno specchio deformante attraverso cui esaminare gli aspetti grotteschi di questa nostra società, con una versatilità e una disinvoltura che rendono questa raccolta di racconti una lettura frizzante e piacevolissima, un'opera perfetta per chi cerca nella letteratura non solo evasione, ma anche stimolo intellettuale e provocazione. La Bambola è anche un viaggio attraverso generi letterari differenti, ricco di trovate sorprendenti e originali, e conferma Grasselli come uno degli autori più interessanti e controversi del nostro tempo.

 

Per acquistarlo:

 

AMAZON - https://www.amazon.es/bambola-Narrativa-Pier-Francesco-Grasselli/dp/8876069615

 

IBS - https://www.ibs.it/bambola-libro-pier-francesco-grasselli/e/9788876069611

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La madre di Sara

7 Aprile 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

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Sara appoggiò dei fiori sopra una sedia e si sedette sul bordo del letto accanto ad Ada, la madre, accarezzandole la testa. Poi si rivolse a Sergei, l'infermiere ucraino, un uomo gentile, ma riservato.

«A colazione ha mangiato?» gli chiese. 

L'operatore sanitario fece un cenno negativo col capo ed uscì dalla stanza per continuare a svolgere le mansioni.

Sara sospirò, tenendo la mano dell'anziana genitrice, come per paura di perderla anche fisicamente da un momento all'altro. Ada rimase immobile, con un'espressione vitrea che contribuiva a rafforzare quella sorta di baratro invalicabile.

La mattinata passò, l'orario di visita finì, tra silenzi, qualche frase e poche righe scritte su della carta beige da una figlia sopraffatta dal cupo dolore.

«Mammina, tornerò domani» le promise Sara, dandole un bacio sulla fronte. Nel lasciare la camera dimenticò la penna stilografica e il diario aperto sul comodino da RSA dalle quattro ruote piroettanti. 

Ecco cosa aveva scritto quel giorno, in data 29 settembre 2018: 

«Caro diario, oggi è l'onomastico della mamma, le ho portato un mazzo di girasoli. Li ha sempre adorati, tanto da desiderare di riceverli in regalo ad ogni occasione.

Lei, l'angelo più dolce, è stata rapita da un mostro terribile ed io non riesco a liberarla. E mai ci riuscirò.

Quanto mi manca la sua...»

Le parole si interrompevano bruscamente. Tuttavia alcune macchie circolari, che rappresentavano impronte di lacrime, in un certo senso proseguivano quel fiume in piena di emozioni d'inchiostro.

 

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La casa colonica

6 Aprile 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

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Una casa distrutta, lasciata in balia del trascorrere del tempo. Una casa fantasma senza fantasmi. Una casa che una volta aveva un focolare domestico. Evocazione e suggestione, ecco cosa provo. 

Io, soldato, mi ritrovo col tipico camuffamento militare per un addestramento ai Colli San Rizzo, imboscato in mezzo al marciume con un fucile caricato a salve in attesa dei “nemici.

Non sono da solo. Gioele, il mio commilitone, fa caciara con il cellulare, non prendendo seriamente il compito assegnato. Gli chiedo di fare silenzio e di mostrare osservanza per questa dimora rurale. 

«In caso verremo "ammazzati", ci pagheranno lo stesso» mi dice con leggerezza. 

Quattro spari. Siamo stati “colpiti”, peccando ahimè di distrazione. Ci accasciamo per rendere realistica la simulazione, per poi rialzarci e raggiungere il plotone. Quel che è certo è che un pezzettino del mio cuore è rimasto lì, a terra, vicino a un decrepito caminetto.

 

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Il meteorite gigante

5 Aprile 2024 , Scritto da Giuseppe scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto, #fantascienza

 

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Un meteorite gigante, tra una quarantina di minuti, si schianterà sulla Terra, si prevede una catena di eruzioni dalle quali seguirà l'esplosione che spazzerà via tutto quanto.

Negli ultimi anni gli scienziati hanno vagliato le possibilità di evitare l'imminente catastrofe, senza però giungere a una soluzione. Addirittura un generale dell'Aeronautica Spaziale ha proposto di distruggere l'enorme aerolite tramite i missili atomici, praticamente seguendo l'esempio di un antichissimo lungometraggio intitolato Meteor con Sean Connery e Natalie Wood, per poi sentirsi dire dai vertici dell'Esagono che tale idea era da ritenersi mera fantascienza.

Ho deciso di restare a casa. Le ciotole di popcorn, di patatine e di salatini che si trovano sul tavolino del salotto, aspettano di essere svuotate. Nel frattempo in TV stanno trasmettendo la diretta. 

Cercherò di non commuovermi durante le sequenze dell'impatto che sancirà la fine del pianeta Terra, tra l'altro disabitata visto che venne abbandonata dai nostri antenati circa trecento anni fa.

Meno male che ho pagato l'abbonamento mensile a Mars Channel, sennò mi perdevo l'evento.

 

 

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Tahiti

1 Marzo 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

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«Tu che vivi sui coralli ai piedi dell'arcobaleno, senza vetri alle finestre...» (da Io vicino io lontano dell'album Aloha pubblicato nel 1984 dai Pooh.)

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Dodi si svegliò alle cinque del mattino. Si vestì con abiti leggeri, indossò il suo adorato capellino rossoblù del Bologna e scivolò di soppiatto dalla camera da letto. Uscì dal bungalow in direzione di una delle spiagge più belle del mondo. Programmò di rincasare un paio d'ore dopo, magari prima che Mareta, la moglie, e Rainui, il figlio di sette anni, si accorgessero della sua assenza. In caso, l'avrebbero raggiunto, portandosi dietro un pallone da calcio e tre portavivande contenenti del poisson cru.

Seguì un breve percorso lastricato e disseminato da palme da cocco, per poi ritrovarsi in una distesa incontaminata di sabbia rosa. Il mare in penombra aspettava il sole per assumere mille sfumature di turchese. Si tolse i sandali e sedette sopra la canoa spiaggiata di Natai, un caro amico pescatore.

«Tahiti, ti sorridono i mari, Tahiti, i granchietti ti fanno ciao» canticchiò Dodi, storpiando allegramente la sigla di Heidi, un cartone animato della sua infanzia. 

Nell'osservare l'alba, si lasciò avvolgere dalla magia di quel luogo, per di più realizzando per l'ennesima volta di aver fatto bene ad accettare un lavoro da pilota di jet privati a Papetee.

L'Italia, di certo, non gli mancava.

 

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