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signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

racconto

31esimo Trofeo RiLL per il miglior racconto fantastico

13 Gennaio 2025 , Scritto da Redazione Con tag #concorsi, #racconto


 

 

Sono aperte fino al 20 marzo 2025 le iscrizioni al 31esimo Trofeo RiLL per il miglior racconto fantastico, concorso letterario organizzato dall’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare, col supporto del festival internazionale Lucca Comics & Games e della casa editrice Acheron Books.

 

Possono partecipare al Trofeo RiLL racconti fantasy, horror, di fantascienza e, in generale, ogni storia sia (per trama e/o personaggi) “al di là del reale”.

Ogni autore/autrice può inviare una o più opere, purché inedite, originali e in lingua Italiana.

Da oltre un decennio i racconti ricevuti sono più di 300 a edizione (nel 2024: 412 racconti), scritti da autori/ autrici residenti in Italia e all’estero.

I racconti possono essere spediti, a discrezione di ogni partecipante, in modalità cartacea oppure elettronica. Per chi risiede all’estero è raccomandata la spedizione in formato elettronico.

I dieci racconti finalisti del 31esimo Trofeo RiLL saranno pubblicati (senza alcun costo per i rispettivi autori/autrici) in un e-book della collana “Aspettando Mondi Incantati”, curata da RiLL e in uscita a ottobre 2025. Inoltre, i migliori cinque racconti tra i finalisti saranno pubblicati (sempre gratuitamente) nell’antologia del concorso (collana “Mondi Incantati”, ed. Acheron Books), che sarà presentata al festival internazionale Lucca Comics & Games (novembre 2025).

Infine, il racconto primo classificato sarà tradotto e pubblicato, sempre gratuitamente, all’estero: in Spagna (sull’antologia Visiones, curata da PÓRTICO – Asociación Española de Fantasía, Ciencia Ficción y Terror) e in Sud Africa (su PROBE, il magazine dell’associazione SFFSA – Science Fiction and Fantasy South Africa). Molti racconti premiati/ finalisti di passate edizioni del Trofeo RiLL sono stati recentemente tradotti e pubblicati anche in Germania (dalla casa editrice Barenklau Exklusiv) e in Polonia (dalla rivista Nowa Fantastyka).

L’autore/autrice del racconto primo classificato riceverà un premio di 250 euro.

La selezione dei racconti finalisti sarà curata da RiLL, valutando tutti i testi partecipanti in forma anonima (cioè senza che i lettori-selezionatori conoscano il nome dell’autore/autrice).

La giuria del Trofeo RiLL deciderà poi, fra i racconti finalisti, quelli da premiare e pubblicare nell’antologia “Mondi Incantati”. Fra i giurati dell’edizione 2024 del Trofeo RiLL: gli scrittori Donato Altomare, Mariangela Cerrino, Giulio Leoni, Gordiano Lupi, Massimo Pietroselli, Vanni Santoni, Sergio Valzania; gli accademici Luca Giuliano (Università “La Sapienza”, Roma) e Arielle Saiber (Johns Hopkins University, Baltimora – USA); l’anglista e saggista Cecilia Barella; la traduttrice Natalia Pola Miscioscia (anche collaboratrice della rivista polacca Nowa Fantastyka); la poetessa Alessandra Racca; i giornalisti ed autori di giochi Andrea Angiolino, Renato Genovese e Beniamino Sidoti.

Ogni partecipante al 31esimo Trofeo RiLL riceverà in omaggio una copia dell’antologia “SI RIPARANO MACCHINE DEL TEMPO e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni” (ed. Acheron Books, 2024, collana Mondi Incantati), che prende il nome dal racconto vincitore del 30esimo Trofeo RiLL, scritto dal messinese (ma residente in Croazia) Mauro Longo.

Il libro propone quattordici storie: i migliori racconti del 30esimo Trofeo RiLL e di SFIDA 2024 (altro concorso bandito da RiLL) e i racconti vincitori di quattro premi letterari per storie fantastiche organizzati all’estero (in Australia, Portogallo, Spagna e Sud Africa) e con cui il Trofeo RiLL è gemellato.

I libri della collana “Mondi Incantati” sono disponibili su Amazon, Unilibro.it, Delos Store, Mare Magnum, Toscana Libri, oltre che (a prezzo speciale) su RiLL.it

Gli e-book “Aspettando Mondi Incantati”, dedicata ai racconti finalisti del Trofeo RiLL, sono disponibili come kindle su Amazon e, come EPUB, su KOBO, La Feltrinelli e Mondadori Store.

La cerimonia di premiazione del 31esimo Trofeo RiLL si svolgerà nell’ambito del festival internazionale Lucca Comics & Games 2025 (29 ottobre / 2 novembre).

Per maggiori informazioni si rimanda al bando di concorso, all’e-mail e al sito di RiLL (che ospita ampie sezioni sul Trofeo RiLL e le connesse collane di antologie/ e-book).

 

 

Associazione RiLL - Riflessi di Luce Lunare

via Roberto Alessandri 10, 00151 Roma

https://www.rill.it/

info@rill.it

 

 

L’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare è attiva dai primi anni ’90.

La principale attività è il Trofeo RiLL per il miglior racconto fantastico, un premio letterario curato dal 1994 e che ha riscosso un interesse crescente fra gli/le appassionati e gli/le scrittori esordienti.

Dal Trofeo RiLL sono nate tre collane: “Mondi Incantati” (antologie con i racconti premiati in ogni annata di concorsi RiLLici), “Memorie dal Futuro” (antologie personali dedicate agli autori/ autrici che più si sono distinti nei premi organizzati da RiLL) e “Aspettando Mondi Incantati” (e-book che pubblicano i racconti finalisti di ogni edizione del Trofeo RiLL). Le antologie/ e-book curati da RiLL sono tutti realizzati senza alcun contributo da parte degli autori/ autrici.

Sul sito di RiLL sono on line molte informazioni sul Trofeo RiLL e le sue diverse edizioni, sugli altri concorsi e iniziative organizzate da RiLL e un vasto archivio di articoli e interviste.

 

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In banca

3 Gennaio 2025 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto, #immagini AI

 

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Era una tranquilla mattina negli uffici della SicilKas, una banca di Palermo. I clienti erano pochi e le mansioni da espletare da parte degli impiegati non risultavano impegnative.

Guido, il dipendente più anziano, fremeva dentro di sé, difatti in qualche modo teneva a bada l'euforia, d'altro canto quel lunedì 23 maggio 2016 lo considerava un giorno speciale.

Intorno alle undici, prese una moneta da un euro dalla tasca sinistra della giacca e si alzò dalla scrivania per piazzarsi davanti al distributore automatico per la pausa caffè. I colleghi a passi lesti si aggregarono a lui, che iniziò così ad attaccare con alcune battute fritte e rifritte.

Tutti i presenti lo ascoltavano con genuina simpatia, tranne uno: Arnoldo Vizzini, il direttore, un uomo rigoroso e serioso che mal sopportava lo spirito scherzoso del signor Guido, tra cui una ricorrente frase umoristica espressa in quel momento che suonva: «I soldini, in soldoni al soldo mio.»

Costui stette a origliare un po' dal corridoio finché sopraggiunse col chiaro scopo di disperdere la combriccola creatasi, nonché far trasparire quanto gli stesse sul cazzo il "clown" della filiale.

«La Spada, è da trent’anni che ci sorbiamo le sue solite minchiate da... quattro soldi!» sbottò. «Sempre pasta e fagioli, pasta e fagioli, pasta e fagioli…»

«È da trent'anni che anche lei è sempre lo stesso. Eppure non mi sono mai lamentato» gli rispose Guido sardonico, approfittando per togliersi un sassolino dalla scarpa.

I colleghi risero in simultanea e ne seguì un caloroso applauso.

«Fino all'ultimo, Cristo!» borbottò il superiore, allontanandosi dal gruppo per avviarsi verso la toilette.

«Sotto sotto l'hai mandato... a cagare» osservò, ammirata, Margherita la ragioniera.

«Eh, da domani sarò in pensione e vaffanculo al direttore!» le rispose il battutaro, tronfio di aver "incassato" una bella soddisfazione.

 

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L'ultimo ballo

2 Gennaio 2025 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #guseppe scilipoti, #racconto, #immagini AI

 

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«Sei ebrea?»

Angela non rispose e rimase a fissare un punto indefinito del pavimento di una piccola casa composta da una stanza malmessa e poco arredata che fungeva da rifugio. Uno strano silenzio regnò incontrastato per alcuni istanti che fu poi spezzato dal fracasso di un bombardamento in lontananza.

Horst Kleine, capitano delle SS, e la giovane infermiera erano i soli sopravvissuti del settimo battaglione, spazzato via dalle forze alleate. L'ufficiale prese un profondo respiro ed estrasse la Luger dalla fondina.

«Immagino che tu sia riuscita a nascondere le tue origini grazie a qualche scappatoia.»

Angela trasalì, indietreggiando d'istinto.

«Kommandant, non occorre, tanto siamo entrambi spacciati.»

Horst sorrise e appoggiò la pistola sul tavolo in legno massello, accanto a del pane raffermo e a una brocca piena d'acqua con due bicchieri.

«Desideravo alleggerirmi da questa inutile ferraglia. In verità non ho mai ucciso nessuno, la divisa che indosso è dovuta alla costrizione di mio padre. Prima di entrare tra le file del Reich, ero un bravo ballerino. Pensa che mi esibivo nei teatri più famosi della Germania» le raccontò con una voce calda e gentile, ma intrisa di malinconia.

Angela si riavvicinò, realizzando che in quell'uomo alto dai lineamenti fini e distesi, dai cortissimi capelli biondi e dagli occhi azzurri come il cielo terso, non vi era traccia di ostilità. 

A ridosso del muro scrostato c'era uno sgabello con un grammofono e un disco inserito. Il militare ruotò la manovella e nel giro di mezzo minuto le note del Tannhäuser, di Richard Wagner, sfarfallarono nella casetta.

«Balliamo!» esclamò Horst, mettendo la mano destra sul fianco sinistro di Angela.

«Io non so ballare...» 

«Ti guido io. Lasciati andare.» 

«Non credo che abbiamo abbastanza tempo» disse la ragazza versando lacrime copiose. «Un sibilo… una bomba sta quasi per colpirci.» 

«Ti prego» insistette Horst con dolcezza «Non voglio ballare da solo.»

Fecero una decina passi, accompagnati dalla musica di una delle opere più belle di tutti i tempi, finché si abbracciarono. Il  boato che seguì fu l'ultima cosa che sentirono.

 

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La Grande Statua

12 Dicembre 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

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La Grande Statua con gli occhi vitrei rivolti verso il cielo non si lascia impressionare dai violacei e violenti fulmini.

Massiccia e finemente levigata la figura, impassibile l'espressione, impossibile rompere quel cuore di pietra.

Consapevole di non poter scendere dal piedistallo, con celata rassegnazione si ostina a non mostrare sentimento alcuno.

E i secoli passano.

 

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La pozzanghera

2 Dicembre 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

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Da bambino cascai in una pozzanghera che si tramutò in un vortice scintillante. Nel rialzarmi, mi ritrovai sempre nella mia città, ma con la sola differenza che tutto appariva inverosimile. Difatti, mentre mi avviavo in una via di Barcellona Pozzo di Gotto, per prima cosa notai che le insegne dei negozi erano scritte capovolte, tra cui quella della frutteria Alosi che divenne isolA.

Persone, automobili, scooter e animali si muovevano come in un nastro riavvolto, inoltre, ascoltando le conversazioni della gente constatai che formulavano le frasi in mirror speakers. Provai un'angoscia indescrivibile, al punto che gli occhi mi si riempirono di lacrime.

«olocciP, èhcrep ignaip?» mi domandò un attempato signore ben vestito che stava percorrendo il marciapiede. 

«Non la capisco, mi dispiace» gli risposi singhiozzando.

«azroF e oiggaroc ehc opod elirpa eneiv oiggam!» disse l'uomo accarezzandomi il mento per poi allontanarsi in retro walking.

Assai rabbuiato, imboccai una stradetta senza uscita dove erano cinque carusi che giocavano col Super Santos, un tipico pallone in pvc, di colore arancione con bande nere. Nonostante l'assurdità della situazione, chiesi di unirmi a loro. Il gruppo annuì con un cenno della testa, continuando a palleggiare.

Giocai malissimo, non riuscivo ad effettuare nemmeno un passaggio corretto in quanto la partitella avveniva in modo bizzarro. I ragazzini mi urlarono contro molte volte, finché non mi trascinarono di peso fuori dal vicolo. Il più grande fra tutti mi diede una vigorosa spinta facendomi piombare su una pozzanghera.

«Disgraziato!» esclamò una voce che riconobbi subito, sentendomi afferrare il polso per tirarmi su. Mi guardai intorno, prendendo atto che ero ritornato alla normalità. 

Abbracciai la mia nonnina che, nel frattempo, si prodigava a ripulire i miei pantaloni beige con delle salviette umidificate. Decisi di non soffermarmi su quella pozza d’acqua dimensionale, sicurissimo che non mi avrebbe creduto.

«Niente, 'ste macchie non passano. È inutile che fai il ruffiano, ti avevo avvertito di non camminare all'indietro. Stanne certo che a casa le buscherai da tua madre.»

Da questa esperienza a dir poco surreale è possibile trarre la seguente morale: quando una giornata gira al contrario, non può che finire storta.

 

 

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(A)social network

1 Dicembre 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

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Vasco raggiunse i 3500 amici su Facebook.

Alle quattro del pomeriggio, mentre spegneva il PC, avvertì il silenzio avvolgerlo nella sua solitudine e singlitudine.

Lui solo dentro la stanza e tutto il mondo fuori.

 

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Lessons

14 Novembre 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto, #immagini AI

 

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I gessetti: stecche di solfato di calcio, per non tenere a stecchetto le nostre menti affamate di sapere. Da menzionare il cancellino, in quanto utile per cancellare diversi errori e molti problemi. Naturalmente, non prima di risolverli. 

Si può cambiare registro? Sì, è possibile, inoltre bisogna essere sempre pronti all'appello e svolgere al meglio i compiti quotidiani, al fine di non arrivare impreparati sia agli esami della vita sia agli esami di coscienza.

 

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La scala scultorea

13 Novembre 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto, #immagini AI

 

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Si chiamava Serafino. Era l'ultimo ospite arrivato al Conforto, una Comunità Alloggio per anziani situata nel messinese, dove lavoravo in qualità di Operatore Socio Sanitario.

«Prima di avere problemi di deambulazione, mi dilettavo con la scultura. Tu, caro ragazzo, si nota che non hai un cuore... di pietra» mi disse una sera, mentre lo aiutavo a indossare il pigiama.

Quell'uomo mi suscitava simpatia e tenerezza, oltretutto era evidente che desiderava scambiare quattro chiacchiere.

«Massì, nell'attesa che finisca sta' mezz'ora e che giunga l'unità notturna per smontare, mi trattengo un po' con lui» pensai. Nel frattempo, le mie due colleghe del servizio pomeridiano si erano già piazzate sul balcone della struttura a fumarsi una sigaretta e a spettegolare come loro solito.

E fu così che invitai quell'anziano signore, dalla gentile e colta parlantina, a pigliare il suo girello per avviarci in salone a sederci su due poltroncine. 

Serafino iniziò a raccontarmi con tanta amorevolezza della defunta consorte, soffermandosi soprattutto sui trascorsi della malattia che l'aveva resa invalida, costringendola a letto. Successivamente l'argomentazione si orientò sulla politica, definendosi egli un comunista cristiano, per poi riprendere il discorso inerente la sua passione per la scultura. Praticamente passò da falce e martello, a scalpello e martello. 

«Cinque anni fa, nel giardino della casa di campagna in cui abitavamo, decisi di realizzare una piccola scala rivolta verso l'alto. Secondo il mio intento, simboleggiava la congiunzione tra Cielo e Terra.» 

«Una scala rivolta verso l'alto...» ripetei, provando a immaginare quell'opera di sicura autorialità.

«Sai, quotidianamente mi cimentavo a crearla con impegno, tra l'altro con difficoltà, per via dell'età. Eh, mica avevo vent'anni come te.»

«Trentaquattro!» lo corressi.

«Ah, te ne davo dieci meno!» 

Sorrisi e ricambiai quel complimento accarezzandolo con un buffetto sulla guancia.

«L'estate scorsa, feci una specie di sogno. O forse si trattava di una visione. Non so.» Si prese una pausa per soffiarsi il naso con un fazzoletto e proseguì serioso. «In una notte ventosa, mia moglie, inaspettatamente, si alzò dal nostro lettone, mi baciò sulla fronte e uscì dalla camera. Restai paralizzato dallo sbigottimento, finché non indirizzai lo sguardo sulla finestra spalancata di colpo. Lei era lì, in giardino, accanto a un lampione che proiettava sull'erba un tremolante cerchio di luce.

«Mmm...» biascicai, annuendo assai colpito.

«La scala scultorea di cui ti parlavo si era allungata vistosamente, per di più era diventata traslucida, emanando un chiarore indescrivibile» continuò Serafino con la voce rotta dall'emozione.

«Incredibile!» esclamai inebetito.

«Angela mi salutò agitando una mano e piano piano salì i gradini, fino a che non sparì tra le nuvole. Improvvisamente la finestra si richiuse bruscamente e caddi in un sonno piacevole. La mattina seguente, al risveglio, la mia dolce metà c'era ancora. Tuttavia non dava più segni di vita.» 

Serafino, con le lacrime agli occhi dalla commozione, si sollevò sui braccioli della poltroncina, e, inoltrandosi nella sua stanza, mi augurò la buonanotte. 

Rimasi da solo, profondamente toccato. Neanche un minuto dopo suonò il citofono. Ebbi un sussulto. Era il cambio.

 

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Segaiolman

3 Novembre 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #racconto, #eros

 

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In una notte d'estate di circa venticinque anni fa, dal momento che non riuscivo a dormire, accesi la TV del soggiorno e mi misi a cazzeggiare con il telecomando alla ricerca di qualcosa di interessante, standomene spaparanzato nella poltrona reclinabile, a torso nudo e con addosso un paio di boxer da mare. Si erano fatte le tre e, dopo tantissimi zapping, mi sintonizzai su un canale privato che trasmetteva uno stuzzicante lungometraggio erotico, di produzione francese.

«Minchia!» esclamai tra me e me, inumidendo le labbra da adolescente allupato, dalla manovella sempre pronta. Non per niente, un mio compagno di scuola di allora, mi chiamava Segaiolman, un soprannome che non ritenni dispregiativo, al punto da identificarmi in un supereroe e nell'immaginarmi una S sul petto, tipo Superman.

Non appena mi fui assicurato che la porta del salone fosse chiusa, estrassi dalla tasca laterale un pacchetto di fazzoletti e mi distesi con i boxer abbassati.

Ancora oggi ricordo nitidamente alcune sequenze hot di quel film libidinoso: in un letto d’albergo, c’era una bonazza dai capelli neri a caschetto dalla frangia sexy, che si prodigava a cavalcare appassionatamente un marcantonio che le toccava e le succhiava le tette, piccole ma ben proporzionate.

Nel mentre tiravo su e giù lo sventrapapere, proprio sul più bello, udii il rumore della maniglia della porta. In maniera goffa, sollevai i boxer e, con il telecomando, pigiai un tasto a caso, finendo su un canale di televendite dove un tizio reclamizzava a gran voce dei tappeti persiani.

A passo lento, entrò mio padre, che si incamminò in direzione del tavolo da pranzo per prendere l’accendino, le sigarette e gli occhiali da vista. 

Mi ritrovai così in una posizione po' buffa, ovverosia non più disteso ma seduto ingobbito, tenendo la gamba sinistra a terra per nascondere con il piede scalzo il pacchetto di fazzoletti, quella destra sul poggiapiedi, il telecomando adagiato sulla patta gonfia e le braccia arcuate appoggiate sui braccioli. Finsi di sbadigliare e cercai di guardare lo schermo con aria annoiata, difatti speravo che mio padre, per dirla alla toscana, non avesse capito... una sega di in che cosa mi stessi cimentando mezzo minuto prima.

«T'accatari un tappitu? (Ti devi comprare un tappeto?)» mi chiese il babbo in dialetto messinese con un'espressione sorniona, piazzandosi di profilo davanti all'apparecchio televisivo.

«Mah… sai… quasi quasi...» farfugliai.

«Occhio però, perché dovrai prestare attenzione a non macchiarlo» mi disse annuendo divertito e se ne andò accendendosi una sigaretta.

In quel preciso istante, desideravo per davvero un tappeto. Un tappeto volante per l'esattezza, per scappare lontano assieme al mio imbarazzo.

 

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Hocus Porcus

2 Novembre 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

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C’erano una volta, in un piccolo castello della Valle d'Aosta, due sorelle streghe di mezza età di nome Hyra e Fedora, assai pigre e indolenti. Vivevano di rendita, in quanto in passato avevano brevettato l'Antifreezee, una pozione portentosa capace di rendere per quattro o cinque ore un qualsiasi individuo immune al freddo, persino il più estremo.

Per via della svogliatezza delle due sorcières, la cattiva igiene e il disordine regnavano sovrani, tra pile di bucato, luridume e ragnatele disseminate ovunque. Praticamente le uniche attività gradite erano dormire nei rispettivi letti dai materassi ad acqua e sangue, nonché leggere, bere e mangiare su divani sgualciti in pelle umana bretone.

Per il cibo, le suddette non dovevano nemmeno scomodarsi a uscire, visto che per le compere nei vari locali di Aosta si servivano di Oark, un minorco un po' scemotto dalle sembianze più umane che animalesche, al quale veniva affidata la lista delle pietanze da asporto, denaro per saldare i conti e dei sacchi di tele di ragno in carbonio.

Un giorno, Fedora realizzò che effettivamente la dimora versava in condizioni decisamente pietose, anche perché osservò blatte, scarafaggi e topi scorrazzare tranquillamente.

«Che schifo! Dai su, muovi quel culo mollo e aiutami a pulire!» ordinò alla sorella assonnacchiata, scuotendole il braccio.

Hyra, sbuffando, si alzò lentamente dallo sdrucito divanaccio e si guardò intorno.

«Per evitare che ci venga... il colpo della strega, che ne pensi di risolverla con la magia?» propose, assumendo l’espressione di una che la sa lunga.

«Con la magia?»

«Se rammenti bene, esistono diverse formule magiche mirate a sistemare e a lustrare ambienti interni.»

«Il problema è che se sbagliamo il procedimento, saranno pipistrelli amari. Quindi, occhio al mestolo» le disse Fedora, inducendola alla prudenza.

In quell'esatto momento, pezzi di intonaco caddero dal soffitto e contribuirono ad accrescere la sporcizia.

«Hai ragione, vecchia mia. Consiglio però di dispensarci almeno per i pavimenti e per le scale. Altrimenti stendiamo un velo... polveroso» ironizzò Hyra ridacchiando. «In merito, conosco un'indicata formula in rima. Nel recitarla, gli oggetti prescelti si muoveranno e spazzeranno al posto nostro.»

Fedora, malgrado fosse poco convinta, assecondò l’idea, difatti, sotto sotto non è che avesse così tanta voglia di faticare.

«Hocus Porcus, scope, pale e palette del castello, ripulite 'sto bordello!» evocò Hyra concentrandosi a occhi chiusi e ondeggiando un bastone ricurvo a trecentosessanta gradi.

All'improvviso comparvero una luce bluastra e strali di scintille che avvolsero per una decina di secondi l'intera struttura, dalla cantina alla torre.

«Ti sei rincoglionita, per caso? Come Hocus Porcus? Hocus Pocus, semmai, brutta megera!» reagì Fedora incazzata nera.

I numerosi attrezzi per spazzare, presenti in uno sgabuzzino senza porta, si animarono all'istante. Le palette si scontravano di continuo, mentre le scope si misero a saltellare qua e là, per poi "scopare" fra loro. Dalle “unioni” nacquero le scopette le quali si divertirono a far cascare e distruggere anfore, lumi, ampolle etc.

Hyra e Fedora, non ricordando la contromagia per annullare l'incantesimo, si misero a piangere e a gridare dalla disperazione finché scope, scopette e palette, forse colte dal dispiacere per il baccano e lo scempio causato, si placarono e ritornarono inanimate.

La coppia di streghe si accapigliò, tirandosi i capelli grigi e crespi. Verso sera "magicamente" si riappacificarono, del resto c'era da rimboccarsi le maniche in tutti i sensi.

«Dove non arriva la magia, arriva la buona volontà» sospirò Fedora nel gettare i primi cocci nella pattumiera con l'assenso di Hyra, consapevole di averla fatta... sporca.

 

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