rita bompadre
Gabriele Giuliani, "Quartine"
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“L'Uno diventa Due, /i Due diventano Tre, /e per mezzo del Terzo/il Quarto compie l'Unità” (Maria Profetissa) Questa intestazione appartiene a Quartine di Gabriele Giuliani (RPLibri, 2024 pp. 160 € 16.00) ed esprime nel contenuto il pensiero alchemico che contraddistingue l'intero orientamento del libro. La poesia di Gabriele Giuliani scompone l'interpretazione esoterica e simbolica dei segreti dell'esistenza umana. La seducente intonazione dei versi insegue il desiderio del poeta di abitare i sentimenti e di trasformare la percezione compiuta dello spirito, collega l'ascendente enigmatico delle parole all'antica sapienza di esaminare il significato filosofico del numero, inteso come principio di tutte le cose, di identificare ogni entità del reale in una relazione riconducibile alla natura del numero e alla sua stessa sostanza. Gabriele Giuliani analizza la propria visione del mondo attraverso l'iniziatica descrizione di ogni impressione vitale, il vincolo ancestrale e perfido tra anima e corpo, illustra il requisito della conoscenza come strumento speculativo di ricerca interiore, contempla il mutamento occulto delle emozioni, sperimenta l'oscillazione contrastante dell'equilibrio e l'inquietudine incalzante nella psiche umana, elabora l'identificazione del caos, dirige l'armonia cosmica, riconoscendo la purificazione dello spirito nel divenire, disgiunge l'essenza primordiale in un paradigma riflessivo di comunicazione e di comprensione con l'universo. Quartine suggerisce la suggestione del numero quattro, ricco di affascinanti definizioni nel mondo della numerologia per la sua consistenza perfetta, l'elemento rappresentativo, punto di riferimento determinante. Gabriele Giuliani circonda di un'aura impalpabile e ipnotica il rinnovamento della consapevolezza, addensando di luci e di ombre il proprio cammino di estensione emotiva, emana le introspettive tematiche della sua opera poetica con l'espediente complesso e intellettuale delle metafore, il carattere geometrico della decifrazione, le proprietà ascetiche e misteriose dei rimandi letterari, la radice impenetrabile e indecifrabile dell'indagine poetica, il sostegno attendibile della ciclicità del tempo, svelato all'incarnazione catartica degli avvenimenti. Il libro concede al lettore una lettura analitica stimolante, foriera di autentiche esortazioni per sostenere la superficie fertile della vita, accompagnare le inclinazioni dell'inconscio, gli interrogativi esistenziali, l'insinuazione istintiva e la certezza razionale, la spontaneità della bellezza. La scrittura di Gabriele Giuliani rivela il disorientamento fatale del destino, impresso nella necessità inalterabile di ogni legge di natura, traduce l'efficacia esclusiva della coscienza, l'indicazione prospettica dell'universo e della materia. Attribuisce all'esperienza del sentire la prima, persuasiva indicazione assimilabile all'evocazione animista, illumina le intuizioni dell'anima, segue l'incantesimo del poeta che percorre un prodigioso cammino elegiaco, offre fascinose e visionarie corrispondenze nel mezzo espressivo, nel criterio esplicativo, piegato alle esigenze del trascendentale, parafrasando i passaggi cognitivi come l'ispirazione, lo stupore, il presagio e la sensibilità. Gabriele Giuliani dona l'accordo ai suoi versi con la saggia versione dell'archè, componente originaria della realtà, infiamma la dicotomia tra essere e apparenza, oltre la sensazione della decadenza, nella vocazione linguistica dell'origine artistica.
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Discorso estivo
Evapora il vecchio apparecchio,
si lasciano andare le parole disidratate
e nel mondo senza senso:
la rubiconda tipografia d'un discorso alla carne.
Pioggia
Come le ali d'una tortora
lo scricchiolio del tetto
racconta la prima goccia
che ha disegnato la linea dei monti.
Stelle nel vigneto
Le nuvole affamate
divorano ottantotto grappoli di cielo
e sulla gelida terra
s'accende un firmamento
D'estate non si muore
Le notti spiaggiate, madide di stelle, svelano il senso.
Con le nuvole che costruiscono castelli di sale
e la schiuma-fiore-di-mirto che rinasce col sole
una voce canta l'inizio che discende dall'acqua.
Il consiglio di Antonia Pozzi
Socchiudi l'arco delle palpebre,
lascia andare lo sguardo verso
bianche sponde, la luce d'un mare mosso
in un verde ipnotico di fronde.
Refrain
Comunione e condivisione:
rapsodica visione ombra d'illusione,
sogno d'espressione d'una vita
assimilare alla sillabazione.
Ombre teatrali
Assetate dalla luce d'una nuova scena
non sanno mai
che lo spettacolo allestito
è finito con l'arrivo del sipario.
Doplero
Nel buio della stanza accendo una sigaretta
per vedere fiocamente
per giocare con la mente
e capire se ricordo tutte le tue linee.
Raccoglitore
No, non sono fogli. Sono giorni e giorni.
Giorni che fanno anni e anni.
Anni che fanno una vita.
Vita vissuta dentro e fuori, sui fogli.
Gianni Marcantoni, "Sedime"
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Sedime di Gianni Marcantoni (Fara Editore, 2024 pp. 104 € 12.00) occupa la superficie dell'espressione emotiva su cui posa la fondazione poetica. L'autore deposita la traiettoria del tempo lungo i richiami della memoria, proietta le pieghe del sentire, impasta l'esistenza intorno all'archetipo dell'esperienza umana, affidata sul fondo della sospesa e irrequieta sensibilità. Lascia sedimentare, attraverso l'ineluttabile resilienza dei versi, l'elaborazione esistenziale, decanta lo scampolo delle occasioni, osserva la custodia delle esitazioni e delle incertezze, trattiene la consapevolezza di tutto ciò che non è afferrabile e accessibile lasciando registrare la profondità della trasformazione interiore nella direzione della conoscenza. La poesia di Gianni Marcantoni abbraccia l'autenticità della relazione con il mondo, rivela la percezione soggettiva e ne diffonde l'essenza universale, sperimenta i cambiamenti e le dinamiche di responsabilità morale, interagisce con la complessa corrispondenza dei sentimenti, spiega l'approccio lucido e realista verso l'atteggiamento sfuggente ed effimero, inclinato nell'obliqua interpretazione di ogni approssimazione della coscienza. Sprigiona il cammino evolutivo verso la difesa introspettiva dell'inconscio, esplora il vissuto e l'aspetto analitico del sé attraverso le sfide del quotidiano, la natura degli eventi, sottolineando l'unicità della forza trainante delle parole, utilizzate per derivare l'influenza dei ricordi e della struggente familiarità. Gianni Marcantoni affonda le proprie radici elegiache nella nobile capacità di far convivere la poesia con il profilo delle proprie vicissitudini, dipinge il ritratto delle assenze donando l'intensità descrittiva e interpretativa alle immagini evocative, attraversa l'inquietudine e gli interrogativi della disperazione modulando l'ampio respiro di un'anima in conflitto con l'inconsistenza e la vacuità e in affinità con la spontanea validità dei pensieri e della trasmissione di un messaggio eloquente e dialogante con l'altro. Sedime condensa l'impronta della fatalità del destino, consuma l'ispirazione del desiderio vago e inespresso, addensa il grumo del vertiginoso vincolo dell'imprevisto alla necessità di oltrepassare la paura e lo sconforto, assicurare la volontà di indagare l'imponderabile, intrecciare il nostro destino al modo di percepire l'intuizione delle possibilità. Il libro arricchisce il significato sincero e incisivo delle metafore che percorrono la simbologia intensa e incontaminata dell'incontro spirituale con la forza suggestiva della natura, con la celebrazione dei luoghi, con la lusinga malinconica del passato e la dura incognita del presente, coinvolge la sintonia delicata tra il poeta e il lettore, offre numerosi spunti di riflessione intorno alla commovente e preziosa ricerca di noi stessi, alla fragilità delle stagioni, all'accorata frammentazione del silenzio, all'imperturbabile condanna della mancanza. Gianni Marcantoni riesce a comunicare la compassione e l'ostilità del divenire, aggiunge alla cognizione della propria identità la sensazione di una prospettiva infranta tra l'accettazione della perdizione e della salvezza, in cui le illusioni scardinano l'equilibrio, attirano l'estraneità, rivelano le incrinature e le ferite, deformando l'inevitabilità del dolore, alterando la provvisorietà. Accetta il cambiamento con la maturità coraggiosa della scrittura e della sua confessione.
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PONTEGGI
All'ultimo tanta amarezza rimane,
disillusione per cui tutto
sembra disgregarsi fra le numerose
evocazioni del passato,
sempre più vivide e pesanti.
Nello scolare del tempo
ognuno diventa residuo di sé stesso
sopra uno strato prosciugato.
Mi mancate, avrei dovuto
fare molto di più per voi,
ho provato con tutto me stesso,
ma crescono i tagli:
sono terreni acidi e lapidi,
sempre più fraterni ponteggi.
MATTINO
C'era il mattino chiaro,
il mattino in noi,
simile a una lama rinforzata
legata a uno straccio
fluiva scombinato un sudore dai fianchi.
Animata è la goccia
e libero il tuo braccio, il campo-contatto
che infrangi
tu subito sommergi.
SEI
Nel sesto cuore,
della sesta grinza,
sei note sono state trovate,
affinché in un'altra soglia,
e per noi,
rilucesse
l'altrui corpo.
SOSTA
Dunque avresti trovato un'altra vita,
la possibilità ulteriore che non ho avuto io.
L'uomo viene sempre trascinato
fin dove dovrà sostare – in definitiva.
Le sabbie e le acque sono mutate in oro
custodito in una teca;
ultimo lascito di saliva,
ultima conformazione sancita.
Sei solo un cuore di vaga interezza
che si
fa strada e ronza
paziente, sottacendo la pozza,
nell'insistente afrore.
INTERVENTO
Da un intervento
a mani e bocca
partirono
due occhiate di rossore
in un pacato mese luminoso
senza fioriere.
In avviata successione
di saluti
cominciammo l'incisione
da quel
che ogni cosa riduce,
un tacere, uno
spartire in dispersione.
Lorena Quarta, "La simmetria dell'orchidea"
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La simmetria dell'orchidea di Lorena Quarta (Eretica Edizioni, 2024 pp. 146 € 15.00) custodisce, nella rispondenza e nell'equilibrio interiore, l'osservazione di un pensiero poetico che ha, nella distribuzione capillare della sua suggestiva ispirazione, la proporzione autentica e intensa delle parole. Lorena Quarta adotta la particolare similitudine della simmetria per rivestire i suoi versi di un equilibrio armonico, uniforme, dettato dal contesto emotivo, nei contenuti ricchi di significati e simbolismi indistinti, misura lo stupore nello scenario di una forza ordinatrice, sullo sfondo di un'altra efficace coniugazione dell'anima, in analogia con il dispiegamento intenso e commosso di un linguaggio elegiaco, condensa, nelle affermazioni cadenzate dell'esistenza, la circolarità di un itinerario ermeneutico. La simmetria dell'orchidea include le dimensioni vitali dell'uomo, il riscontro dei suoi stati d'animo, l'analisi di una disposizione d'identità, nello sguardo consapevole e inesorabile di un'umanità turbata e timorosa, tratteggia la linea inarrestabile del tempo come rappresentazione dell'orientamento introspettivo, coglie la soglia dell'esitazione nelle incertezze quotidiane, donando al lettore sensazioni di suadente coinvolgimento, in analogia con la percezione diretta e spontanea dell'incompiutezza e della caducità della sorte. Lorena Quarta sorveglia il chiaroscuro dei suoi contenuti, intreccia il dettaglio di ogni riflesso del senso intuitivo e riflessivo dei personali presentimenti, comunica, con l'efficacia alchemica di uno stile incarnato nella propria efficacia esplicativa, il tracciato di ogni percorso sensibile, indica i luoghi accessibili della memoria come dimore metaforiche delle proprie rimozioni, accoglie la natura come la manifestazione di luce e ombra, il passaggio di illuminazione, l'indirizzo di un impulso fragile e forte al tempo stesso, nella costante grazia dell'io poetico e del lirismo epigrammatico. L'inevitabile confessione della vulnerabile condizione umana, svela l'attenzione intimista alla precisa cognizione dell'inquietudine, l'imperfetta e indecifrabile conseguenza di ogni interrogativo inconscio assorbe i testi poetici e fa da sfondo all'avvertimento del caos, al recupero dei ricordi lungo l'invisibile asse della partecipazione affettiva. La poesia di Lorena Quarta evidenzia la presenza incisiva delle conferme coraggiose della volontà, rinnova le spiegazioni dei comportamenti in relazione con l'irrequietezza delle situazioni, richiama e conserva il valore fermo dell'esperienza, segue l'ascolto della natura e delle sue trasformazioni, mantiene incontaminata la resistenza dello stare al mondo, in un intonato parallelismo tra desideri e illusioni, tra certezze e perplessità, dove la comprensione dell'arrendevolezza è il segno realistico della provvisorietà. Il libro è anche un devoto omaggio alla lingua italiana, alla sua tradizione latina, alle componenti eloquenti e interpretative della linguistica, ricca di allegorie, arguzie stilistiche, decifra la compostezza dei componimenti con il compimento dell'ars oratoria. La scrittura di Lorena Quarta contempla l'accordo dei segmenti affascinanti del talento nella maturità di esprimersi, affida l'esercizio del discorso al rigoroso dilemma tra ragione e sentimento, l'interferenza della realtà e il conflitto dell'immaginazione, riscopre il tributo nella preghiera laica dedicata all'irresolutezza del buio, nell'intesa di un'esigenza, solenne e profetica, di condividere la luce delle storie.
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SCRUPOLI
Venti di coscienza
che spirano sempre
in direzione contraria
ai tuoi desideri.
SOGNI
Fintanto
che i castelli
sono in aria
nessuno
può udire
il loro crollo.
SUPER PARTES
Siamo bravi
a sputare sentenze,
meno bravi
a digerire giudizi.
TEMPUS FUGIT
Tempo tiranno, tempo al tempo,
e intanto i momenti si sprecano,
messi uno accanto all'altro,
pile di istanti e di rimpianti,
uccisi da errori di percorso
senza possibilità di correzione.
Fugge il tempo ma lo rincorro,
un ultimo attimo da assaporare,
gioco con l'orologio una guerra
impari con la speranza che il mio
treno non sia ancora partito.
IMPRIMATUR
Impresso a fuoco nella
materna memoria tutto
prende la forma di
roccia sedimentaria
immanente e imponente,
massi accumulati
a strati nel tempo che
tenaci resistono all'
usura di un'intenzionale e
ragionata rimozione.
NOIA
Non si contano ormai più le
ore sempre uguali a se stesse e l'
inerzia nel non cambiare le cose
aleggia come un fortunoso alibi.
DESTINO
Domandami del futuro
e aspetta la mia risposta,
scoprirai che non sono io a
tenere le fila dell'esistenza.
Il mondo è governato dal caso ma
nel caos di mille avvenimenti
ogni coincidenza la chiami destino.
Luca Andrea Marino, "Ferite emozionali"
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Ferite emozionali
Luca Andrea Marino
Eretica Edizioni, 2024
Ferite emozionali di Luca Andrea Marino (Eretica Edizioni, 2024 pp. 60 € 15.00) è un libro intensamente dominato da sensazioni e percezioni, promuove e sostiene la personale e accogliente corrispondenza con il mondo, l'attraente e appassionante conoscenza degli altri, lungo il cammino labirintico e disincantato della vita, nello spontaneo e persistente percorso di ogni inaspettato incantesimo nelle relazioni affettive. Luca Andrea Marino assegna al suo sentimento l'incisione inesorabile, applica la condanna del cuore nell'inevitabile dileguamento romantico, affronta le dolorose conseguenze dovute all'annientamento della mancanza d'affetto, gestisce le dinamiche psicologiche nell'esperimento sensitivo dell'esperienza e della direzione delle comprensioni, indica una linea di pensiero poetico, accosta lo sconcerto del vuoto esistenziale alla dispersione dell'impulso sensibile, tra commozione e distacco. I testi di Luca Andrea Marino si scontrano con la consapevolezza amara e toccante della realtà quotidiana, nelle occasioni di crescita interiore, nella rivelazione evocativa dei rimpianti, nella qualità disarmante e inafferrabile dei desideri, nella costante e risoluta necessità di colmare l'inconsistenza. Urtano nell'attrito delle tensioni affettive e nei contraccolpi del destino, ricadono sotto la risonanza della dimenticanza e dell'indifferenza emotiva, richiamano la memoria invisibile del dolore, diffondono l'eco profonda e significativa delle difficoltà, ricordano l'intensità della sofferenza, l'oscura complessità di accerchiare la fine di un legame e di inabissare l'impalpabile epilogo come un naufrago in cerca di salvataggio, nella sconfinata conquista della salvezza e dell'adesione alla vita. Le ferite emozionali che lacerano il vissuto di Luca Andrea Marino attraversano il luogo dell'anima, condensano l'urgenza di superare l'estraneità delle assenze, provocano l'esigenza di manifestare l'acuto presagio in intuizione sensoriale in cui l'osservazione di alcuni segni premonitori rivela profeticamente l'interruzione della coscienza, toccano l'incrostatura delle offese, stuzzicano i contrasti dello spirito indurito, rimarginano, nel coagulo, il tragitto di rinascita e di evoluzione. Il graffio del trauma (e non a caso nel termine greco la parola trauma coincide con ferita) irrompe l'immediatezza dell'impatto sconvolgente, segna l'isolamento spirituale dell'uomo, consente di recuperare la guarigione attraverso il superamento degli abbandoni e dei tradimenti, distinguere la vertigine della solitudine e affrontare l'avvolgimento delle illusioni, accostando l'ascolto con se stessi e con la propria resilienza, fortificando la fiducia e l'autostima, confrontando il coraggio contro le ostilità. La poesia di Luca Andrea Marino cristallizza l'essenza temporale dell'ispirazione soggettiva, scioglie e plasma il flusso di un'espressione universale, modella la reazione cicatrizzante dei ricordi. Luca Andrea Marino fa suo il compito nobile della poesia, di indagare le proprie inquietudini e accogliere la possibilità di nutrire la propria risorsa incisiva nella redenzione delle parole, nella forza di ridurre la sospensione di ogni pagina e lenire la superficie della saggezza, nell'inseguire l'impronta intima della corrispondenza per mezzo degli strumenti celebrativi degli scenari, dei suoni e dei colori che animano il suggestivo carattere dell'umanità.
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Dove ti porterai oggi
con le tue scarpe nuove
che fanno male alla strada
quando intralcia gli sguardi altrui?
E le tue timide mani
di cui ti affanni di dimenticarti
che splendono dentro,
lasciano cadere un fragile sorriso.
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Bisognoso di una febbre
che mi avvinghi a sé
e solleticandomi con dolore
vigili sul tepore della domenica
stridendo la sofferenza.
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Il paese non è qui
ma una tua civiltà
si è fatta strada senza scuse.
Ore come queste mi acclamano
ma senza fidarmi mostro il sospetto
per quello che è già trascorso.
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Non è oblio
se non si sa distinguerlo mentre osservo
il fondo del bicchiere
in cerca di una calma versata
che mi ristori
dalla voglia di punirmi.
Dalla tua piovono risate
a vanificare il tentativo
di crescere e maturare nella ragione
trasfigurandoti nell'offesa
con abile puntualità.
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Alla tua pace
invochi con libero scambio
la propria cura con la sorte.
Che lo sforzo non ti mortifichi
senza renderti sobria
dei tuoi anni.
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Con una guerra
si snodano queste note
tenute dal filo spinato
e che vibrano senza fischiare
riverberi attorno al fuoco.
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Assaporo il tuo verso
mentre mi reclami,
volgendoti a ricordarmi
quanta audacia serve la sorte
per esprimersi nelle sue forme.
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Cerco la traduzione di chi
a mio parere,
possa svelarmi come vivere
prima ancora di sapere e di trascrivermi
lasciandomi scegliere il rimedio.
Benedetta Sanna, "Avere la pazienza del pane"
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Avere la pazienza del pane di Benedetta Sanna (Eretica Edizioni, 2024 pp. 68 € 15.00) discioglie l'origine del fermento esistenziale mescolando gli ingredienti con un espediente indispensabile per far maturare l'amalgama emotivo attraverso la fragranza dei versi e il profumo della memoria. Benedetta Sanna concede il suo tempo interiore nella preparazione di una riflessione umana, lungo il tracciato delle parole, la qualità panteistica delle immagini, immersa tra isola e città, nella reazione alle avversità e alle difficoltà della vita. Se il pane elabora la pazienza, la poetessa raggira l'antico e proverbiale modo di dire per alimentare l'atteggiamento alla comprensione, la disposizione alla fiducia nella natura e nel suo stupore e alla volontà di percorrere l' evoluzione personale, nella stabilità di tracciare su carta la destinazione della propria anima. I versi delineano le reazioni istintive, provocate dalle aspettative sensibili, fondono l'irrequietezza nelle schegge di lucida immediatezza, scuotono l'affanno della coscienza, persistono nella loro urgenza di espressione, nell'esigenza di trovare un'entità autentica, capace di rivelare l'intensità dell'intonazione elegiaca. La poetessa vive la ragione poetica, coniuga l'esperienza della dimensione estetica di ogni visione del reale nella quotidianità con la pratica di una scrittura meditata nell'attenzione intenzionale alle sensazioni, inaugura la stagione di una fusione spirituale, condensa l'indagine negli affetti e salda la qualità dei componimenti appesi nella sospensione dei ricordi. Benedetta Sanna suggerisce, con l'impeto suggestivo delle sue poesie, l'indicazione interpretativa dell'attesa, come indugio silenzioso e minuzioso nei rapporti relazionali, assiste l'asprezza e la severità degli eventi, evidenzia la dolcezza della speranza e la consistenza dell'assenza. Accoglie nel suo cuore l'avidità insaziabile di trasmettere amore, oltre la rabbia e il dolore, aggira la voragine inaccessibile dello sconforto e l'intuizione indefinibile della malinconia con il significato profondo di una schiettezza urlata e decantata nella vicinanza delle superfici animose e solitarie dei pensieri, oltre l'indolenza del distacco e l'accerchiamento della solitudine. Avere la pazienza del pane ricorda di cogliere l'opportunità di sorvegliare, capire e seguire l'estensione della consapevolezza, proietta il valore del presente nella benignità del tempo che sa sempre restituire gli intrecci della vita scandendoli oltre il frammento dei turbamenti. Benedetta Sanna confessa la fragilità dei rimpianti e la ruvidezza delle separazioni, esprime l'energia coraggiosa della parola, dà senso alla voce sfumata e disillusa della nostalgia, pone la quiete all'inquietudine. Manifesta l'intenzione di dare forma e corpo al grumo indistinto e indecifrabile dei sentimenti, confida nella previsione temporale delle esperienze, fa riemergere la riflessione antica e generativa degli intervalli. Dedica alla risorsa preziosa dell'indulgenza la ripartizione della tensione impaziente, interroga l'anima e ne ascolta il principio vitale, identifica l'eco del rimpianto, le occasioni inesorabili di impastare le fascinazioni e i disinganni del proprio cammino. Benedetta Sanna ci insegna a saper prevedere, ad attendere il tempo necessario affinché le prospettive umane migliorino, a nutrire le trasformazioni e ricevere compiutamente le conseguenze della saggezza popolare: “A chi sa attendere, il tempo apre ogni porta”.
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Al mare basterebbe
sapere che torniamo,
che il viaggio non è breve
ma l'orizzonte lo vediamo:
i contorni del suo volto,
l'isola e il suo solco,
uno sbadiglio nel Mediterraneo.
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Se la notte porta il sogno
e nel sogno c'è un consiglio
di saper essere anche io notte,
quando voglio:
una penna che non dubita del foglio.
E io che resto serva del tuo giorno
so bene che ti vedo
solamente alla sua fine,
dove il nero è tutt'uno con la stanza.
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Sapessi come te dimenticarmi
dell'affanno dei miei anni,
che invece io pronta ricordo
ogni volta
che scordo l'origine dei venti
e cosa scosse il maestrale
nelle radici,
in quegli occhi tuoi sempre spenti
e le tue spalle come colline,
alle mie pendici.
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Solamente scrivendo
posso togliere la rabbia.
Evitare di sputare la tovaglia,
aggredire i tuoi costumi ed usi,
così sporchi e truci
di giostre secolari,
violenze e torti.
Di netto poi trafiggo
dal polso fino al torace
lo spettro sudicio e ingombrante
dell'elefante in una stanza.
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Distinguere parole
come rose dalle spine,
tra le mani tue supine
in grado di abbracciare
ogni mio indizio alieno.
Su quella spiaggia bianca e dolce,
dove ancora
dormo e tremo.
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Sono arrivate molte cose
negli anni
a salvarmi.
Prima dalla provincia,
poi da ogni mia piccola stanza.
Quasi come un passaggio
di mano in mano
di una chiave
o di un segreto,
e quella devozione.
L'occhio aperto
sulla terra stanca.
Il tuo antico rituale.
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Gomitolo di niente,
briciola
scarto
e restanza.
Pregarti voglio oggi
per avere un segno,
da un cielo
il cui colore appena distinguo.
Dal tetto del palazzo,
da un urlo sotto casa.
La notte non ha suono.
Rita Pacilio, "Cosa rimane"
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Cosa rimane di Rita Pacilio (AUGH! Edizioni, 2021 pp. 114 € 13.00) è un romanzo che cristallizza il senso dell'esistenza, consegna al lettore una testimonianza forte, dolorosa e struggente dei rapporti umani, domina l'imponente urgenza autentica di narrare la lacerazione emotiva. L'autrice, alla sua prova narrativa, presta la sua parola, sempre e comunque caratterizzata da un registro raffinatamente poetico, all'analisi intima, violenta e tormentosa, del dramma, compone un'opera complessa e densa d'inquietudine, abitata dalla sofferenza e dal disagio dei protagonisti, alle prese con la frammentaria identità di un passato che affonda l'incompletezza del presente e disgiunge il simulacro dei sentimenti. La protagonista Lorena è il personaggio determinante e lineare nello svolgimento delle manifestazioni enigmatiche e infide degli altri, contraddistinto da un percorso interiore, pieno di coraggio e di umiltà, condivide l'incessante amore per la vita, ricompensa la lotta contro il destino inesorabile nella consapevolezza del riflesso introspettivo, accerchia i fantasmi della solitudine quotidiana con la suggestione della nostalgia, alimentando i segreti indecifrabili dell'umanità tra desolazione, illusioni e desideri. Rita Pacilio illustra l'atmosfera cupa e impenetrabile degli inganni, espande lo sconcertante e oscuro segreto degli equivoci della morale, analizza il mondo imperscrutabile e sotterraneo dell'anima, scalfita irrimediabilmente dall'angoscia e dalla durezza delle ingiustizie. Dichiara il sussulto di una confessione, contro l'indifferenza, aperta al valore della responsabilità civile dei modelli sociali, confronta l'equilibrio e la consistenza della libertà con la resistenza della giustizia, contrasta la soggezione e la prevaricazione nelle vicende narrate. L'autrice dimostra la sua mirabile capacità di delineare l'intensificazione inconscia del sentire, il senso di colpa nella deriva dei personaggi attraverso gli echi evocativi del rimorso e del rimpianto, supera il confine temerario e sgomento dell'incomunicabilità, incrocia la trappola degli ostacoli, avverte l'influenza delle esperienze nella colpevolezza dei comportamenti umani, nella disperazione assorbita, nel profondo e occulto mistero del cuore, nella sfuggente e inafferrabile coscienza delle rivelazioni. I personaggi sono tratteggiati con incisiva cura e schietta lucidità, restituiscono la solidarietà nel percorso imprevedibile della sorte, rivestono lo scenario minaccioso e al tempo stesso incoraggiante della memoria, trasformano la persistente decadenza delle assenze, gli sventurati rendiconti personali, rivendicano l'amicizia e riconciliano la dignità. Rita Pacilio rievoca gli episodi con una riservatezza volontaria, dà voce alla cronaca innescando la delicatezza dell'amore e deturpando gli sfoghi della violenza, ricompone la direzione della carità, fonde l'evocativa intensità delle difficili personalità, descrive la conseguenza della paura e delle sconfitte nelle ostilità emotive. Il contesto sociale descritto dagli anni sessanta a oggi, segna la permanenza dei ricordi e della loro assistenza. La narrazione indugia sull'esito della compassione, riconosce lo scoramento, l'inevitabile sensazione della morte e la pulsione di ogni rinascita. Cosa rimane difende quello che manca, sostiene il carezzevole sguardo sulle vicissitudini umane e sulla fatalità, raccoglie il groviglio della malinconia. Se nella pagina resta sempre qualcosa di non detto, nel romanzo di Rita Pacilio cosa rimane è la prova che il “tempo della scrittura e il tempo della vita coincidono”
Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/
Cesare Verlucca e Michela Mirici Cappa, "Quando la poesia incontra l'arte"
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Quando la poesia incontra l'arte... di Cesare Verlucca e Michela Mirici Cappa (Hever Edizioni, 2024 pp. 88 € 18.00) accorda, con meravigliosa corrispondenza artistica, la vivace e brillante complicità degli autori, nella relazione fortunata di rappresentare e interpretare l'evocazione poetica, nell'intensità delle parole e nell'incantevole scenario dei dipinti. Il libro racchiude poesie molto significative, dettate dalla fervida e appassionata personalità di Cesare Verlucca, animate da un sentire autentico, assiduo, consolidate dalla qualità della gratitudine e della pienezza presente della vita, ancorate all'eco sentimentale dei ricordi e alla libertà irrinunciabile dei desideri. L'incontro felice e propizio tra Cesare e Michela è la solida e luminosa dimostrazione di un percorso favorevole, tratteggiato dalla speciale e accogliente espressione di un'unica mano e un unico pensiero, nella combinazione positiva dell'attività creativa, nel nobile ed esclusivo panorama idilliaco. Cesare Verlucca elogia la preziosa e coinvolgente affinità esistente tra poesia e pittura, abbracciando la natura intimamente connessa delle immagini che rinnovano la scrittura, propone il disegno di una poesia commemorativa, capace di spiegare la raffigurazione dinamica e inquieta dell'anima, di trasmettere l'equilibrio commovente degli affetti, la percezione smarrita e apprensiva della realtà. La poesia di Cesare Verlucca evolve sempre la sua finalità letteraria nello sviluppo stilistico di una colloquiale e familiare confidenza, in cui il verso è sintesi originaria del movimento interiore, intonazione introspettiva, tensione esatta delle corde romantiche. Descrive lo svolgimento della persuasione emotiva, il passaggio esistenziale della conoscenza, adotta la sensazione esplicita della comprensione, suggerisce il dettaglio delle suggestioni, completando l'identità inscindibile tra l'estetica della fantasticheria e la verità delle riflessioni. I dipinti di Michela Mirici Cappa rivestono la poesia silenziosa delle emozioni, traducono l'indelebile capacità celebrativa degli elementi spirituali, arredano, con i colori ricchi di riflesso inconscio e di contenuti delicati e toccanti, la rivelazione della nostalgia, effige dell'impronta malinconica di ogni indugio del cuore. Trasferiscono, con ogni superba pennellata, l'osservazione e fanno emergere la complessità della condizione umana, immedesimando il lettore nello spirito segreto e crepuscolare delle cose, nella dimensione lirica che tinge la sfumatura degli stati d'animo. Cesare Verlucca utilizza ogni metafora elegiaca per comunicare la vocazione di una identità saggia e lungimirante, caratterizzata dal valore dell'esperienza e dei sentimenti, testimonia l'alleanza personale e riservata con l'avventura eccitante della vita, nell'intreccio intimo, privato, autobiografico del proprio attento e meditato pensiero. La poesia di Cesare Verlucca offre un'indagine umanistica del vissuto, contempla la struggente espressione dell'istinto e della passione, si fa portavoce di un sensibile miracolo, nella volontà di andare oltre e superare il confine della speranza. Cesare Verlucca e Michela Mirici Cappa condividono il valore oraziano nella locuzione latina “Ut pictura poesis” (Come nella pittura così nella poesia) nell'essenza divinatrice della sovrapposizione delle arti sorelle, nella loro energia eloquente.
Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/
Yuleisy Cruz Lezcano, "Di un'altra voce sarà la paura"
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Di un'altra voce sarà la paura di Yuleisy Cruz Lezcano (Leonida Edizioni, 2024 pp. € 14.00) richiama il carattere atrocemente diffuso della violazione dei diritti umani delle donne ed evidenzia il terribile atto della violenza. La poetessa include nella brutale tematica il tormentato cammino di ogni espressione di discriminazione e di ogni minacciosa intimidazione, spezza l'urlo soffocante di dolore lacerando nei versi la paura trattenuta, condanna la persecuzione del ricatto psicologico, intimo e privato, che aggredisce il genere femminile, annientando la volontà e la dignità per l'ignobile crimine dei maltrattamenti subiti. Yuleisy Cruz Lezcano cerca un'altra voce, un accento per trattenere l'angoscia e dilatare la capacità di sussurrare l'intensità emotiva, liberare la propria identità, riconoscere l'impedimento fisico e sociale di un'ideologia maschile. Mantiene alta l'attenzione nei confronti della distruttiva e pericolosa impulsività, dell'esplosiva attualità negativa, dichiara colpevole qualsiasi forma di infido dominio all'interno delle relazioni umane, l'inganno per una comunicazione abusata dall'impetuosa e incontrollata imposizione di ogni crudeltà. Descrive la gravissima costrizione dell'isolamento dal mondo esterno e dalla propria indipendenza, narrando una poetica cruda, dannosa e fatale in cui la dipendenza maschile domina la persecuzione, trafigge il cuore e uccide l'innocenza profanandone il tragico smarrimento. La poesia di Yuleisy Cruz Lezcano espone la durezza delle parole con la sequenza di un realismo drammatico, cinico e ineluttabile, mette alla prova la fragilità paralizzante del trauma con le conseguenze stremate e silenziose dell'indifesa e disarmata situazione umana, abbraccia lo sgomento di un universo devastato e sconfessato le cui impronte sono rintracciate attraverso le efferate fenditure dell'anima, le malvagie e inequivocabili impressioni, le delittuose omissioni del presentimento. Yuleisy Cruz Lezcano percorre il dilaniante itinerario verso l'estrema epigrafe della sopravvivenza, esplora lucidamente la nitida e spaventosa testimonianza di tutto ciò che si insedia, inquietante e profetico, intorno alle vittime e ai carnefici. Provoca, con la commossa e intensa denuncia dei versi, l'ineluttabile tensione dei comportamenti ostili, suscita sentimenti di rifiuto contro la perversa direzione assillante e possessiva di un'esclusività innaturale dei sentimenti umani, indica lo sdegno dell'esasperazione, il motivo irreversibile, la distruzione rovinosa della sensibilità, l'emergenza nel disagio della soggezione nociva. La poetessa lenisce la straziante ferita, ricompone i frammenti dispersi di un corpo ammantato dalla spettrale ed emaciata inafferrabilità dell'amore, nella mancanza della ragionevolezza. Il libro racchiude il naufragio dell'umanità, tracima il solco profondo del male nella voce annientata dall'inevitabilità della violenza, ferma nella cristallizzazione dell'inchiostro l'insospettabile confine tra le lesioni dello spirito e le contusioni della distruzione morale. Arriva al lettore come un macigno intollerabile nella coscienza, sfibra e scuote il reticolo dei pensieri, rinnova la prospettiva faticosa e affannosa della desolazione e della sua resistenza, la curva fragile della speranza oltre la direzione tortuosa dello sconforto. La voce della poesia dona l'ampiezza della fiducia, amplifica il mormorio della commiserazione per ogni desiderio di risollevare dalla spietatezza dell'inumanità la generosità della compassione.
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Urlo rosso
Stamane ho sentito un urlo
rosso parlare da urlo,
ed era sangue di lava
che bruciava, che parlava
come il mondo
e diceva: “Ora sei
libera! Come le corde
di un'arpa, che pur se vibra,
ha scordato il senso
della vita”.
“Ora sei libera
come una poesia di riporto
che non sa dire “No”
al suo intenso sentire
passioni nel vuoto
con silenzi da urlo,
simili alle parole”.
Volontà inascoltata
Chiusa notte di vertici
bruciati, sottosuoli di canali
preannunciano tempeste, trasmigrazioni
di blocchi di nebbia sul grigio
sangue che sposta silenzio.
Mi anestetizza un grande
silenzio, due mani stringono
dove non mi concedo, dove
non voglio. Due labbra umide
cadono sulla mia impronta
e io che per morire non ero
pronta, sto morendo nel respiro
nero che evito di ascoltare
mentre dal mio cadavere
già eredito le ferite.
Conformità
Crea da un passato
la realtà pieno
di morte, pone
l'essenziale
divenuto diverso
nel falso vedere
una realtà capovolta
in uno specchio,
conosce dei giorni
l'inconfessato spazio,
nell'esercizio del sospetto
non c'è malessere
di fronte al reale,
è l'esistenza
tolleranza
della sua maschera.
Altrove
Lacrime veloci
mi portano via in luoghi
lontani, dove tutto quello che mi vede
mi riconosce in quello che si chiama donna
senza una patria, senza un nido
schiacciata da un brivido
come un fluido che perde
la forma dei pori
per poi scorrere
lontano
lontano.
Me ne vado
(ultimo saluto del poeta)
Me ne vado dove la mia accesa
indignazione non può squarciare
il mio petto. Me ne vado da queste dita
che fanno male indicando lo sguardo
che non vuole più guardare i tatuaggi
non voluti, da dove la violenza s'incammina
scuotendo la mia inerzia. Me ne vado
da questa tendenza a rimescolare
colpe che si agitano come una bestia
bagnata dalla pioggia che si scrolla
- conservando la puzza - ovunque
disseminando gocce di giudizi.
Me ne vado dalla parola, dalla voce
del nero che si contrappone all'aureola.
Me ne vado per paura d'essere la mano
dove invelenito il sangue prende forma.
Raffaele Gatta, "L'odore del caffe amaro"
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“La prudente follia del riverbero emotivo”con questa premurosa e significativa espressione trascritta nell'intestazione, Raffaele Gatta spiega il suo romanzo L'odore del caffè amaro (Robin Edizioni, 2013 pp. 190 € 13.00). Si tratta di una raccolta di racconti articolata in un ordine di lettura di piccoli capitoli in cui lo strumento creativo della narrazione illumina la riflessione esistenziale, nell'effetto riflesso della condivisione sensibile intorno alle vicende della vita, alla superficie provvisoria delle emozioni. Raffaele Gatta prende a pretesto l'occasione di assaporare il profumo del caffè, come metafora di estrazione culturale, dal sapore intimista e suggestivo, come elemento di complicità e di solidarietà nei confronti del vissuto quotidiano, come interpretazione del piacevole e catartico intervallo dalle difficoltà individuali e dall'insidioso sentore di tematiche importanti e universali come la disagevole precarietà del lavoro, il risvolto ambiguo e contraddittorio della morale, le vicissitudini speculative dell'etica. Scopre, attraverso la consuetudine specifica e simbolica del senso antico e terapeutico del caffè, la magica connessione esplorativa degli incontri, l'affabile espressione di un'invitante peculiarità sociale, intuisce l'acceso desiderio della comunicabilità e l'interessante indagine intellettuale, nella strategia di affascinanti e coinvolgenti storie, nel consolidamento immersivo delle relazioni umane. L'odore del caffè amaro diffonde la gradevole e piacevole attrazione verso il destino dei personaggi, assorbiti nella ritualità di un'occasione vitale in cui la misura ipotecaria del tempo incrocia la sua naturale agilità e supera la vischiosità degli eventi. Il profumo percepibile dei sentimenti circonda l'evoluzione della memoria emotiva, sprigiona la riservatezza della densità affettiva, dona a ogni contesto il sapore della speranza. Raffaele Gatta utilizza l'accurata puntualità dei suoi pensieri e traduce l'essenzialità nella brevità di un'istantanea, ordina la specialità discorsiva di ogni assaggio introspettivo, con accattivante laconicità, giostra la sintesi di una sperimentazione linguistica caratterizzando l'avventura immaginativa nelle parole giuste, l'applicazione ermetica nei dettami provocanti del nondetto, il dettaglio evocativo della confidenza, nel rilievo fondamentale di ogni segreto. Si interroga sull'integrazione dei personaggi intorno alla promessa di abitare ogni nuovo giorno in tutte le sue imprevedibili dinamiche, nelle intenzioni della fiducia, combattere le paure, fronteggiare l'ansia delle sconfitte, proteggere l'incanto dell'amore, nella coerenza filosofica delle esperienze. Il libro analizza il legittimo intervallo di ogni passaggio della vita, accompagna il cammino del sogno, accoglie lo spostamento della luce, protegge il riscatto dei personaggi, nell'intento di rimuovere la deriva della solitudine. Raffaele Gatta conduce la raffinata qualità metaletteraria delle sue micronarrazioni nella struggente e matura consapevolezza della realtà in ogni palpabile e visibile contraccolpo, occupa il luogo intimo d'adozione della narrativa immediata, nella fulminea e impulsiva osservazione dell'ordinario, nella coraggiosa sfida per la determinata direzione nella corrente sinuosa del vivere. Invita il lettore a considerare la fragilità umana della società contemporanea come la qualità straordinaria e necessaria all'ineluttabilità della legge di natura, nella scorrevolezza della comprensione dei punti di forza, quando la vulnerabilità delle sensazioni riceve in dono l'insospettabile meraviglia del cuore.
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Meuccio Bertarione, "Tra Valchiusella e Messico in giro per l'Olivetti"
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Tra Valchiusella e Messico in giro per l'Olivetti di Meuccio Bertarione (Hever Edizioni 2023 pp. 116 € 20.00) è la narrazione sensazionale e avventurosa della tematica poetica del viaggio, inteso come metafora della vita, alla ricerca del fortuito e inconsueto peregrinare nella fedeltà emotiva degli affetti fraterni e duraturi. Il protagonista ricorda la promessa fatta da bambino, nel momento in cui alla sua famiglia viene recapitata una lettera con la notizia della scomparsa dello zio Pietro in Messico. Il sincero e accorato impegno di riportare i resti mortali nella città di Vico, in Valchiusella, è il motivo avvincente di una trama che trae il suo sentimentale spunto dal valore romantico, spinge la qualità iniziatica dell'affermazione esistenziale e della scoperta dinamica di ogni altrove, ritrovato nelle testimonianze della travolgente biografia. Il libro, corredato magnificamente da superbe immagini d'epoca e interessanti illustrazioni a tema, dipinge la cornice struggente e commovente della storia, ripercorre il destino inesplorato nella direzione temporale di quattro viaggi, tutti mossi dall'esigenza di tradurre nella chiave storico - geografica la relazione attendibile delle scoperte unite dai legami, dal desiderio di conoscere e sapere la volontà documentaria del parente scomparso. Meuccio Bertarione alimenta il suo spirito di osservazione attraverso la peregrinazione appassionata di una storia con risvolti inattesi e sorprendenti, ammalia il lettore con un rendiconto entusiasmante e riflette, nello stile lineare e semplice, la vocazione di interiorizzare l'itinerario privato, di misurare lo stimolo della funzione narrativa e di controllare lo spazio dell'esperienza ancestrale, proiettando la miracolosa ed eccezionale prospettiva del sentire nel passaggio sconfinato della ricerca familiare. L'autore custodisce con riserbo e tenerezza la nostalgia delle emozioni, ricostruisce il cammino della memoria con il recupero ancestrale di avvenimenti fondamentali e di incroci determinanti sul senso di appartenenza, cura il dettaglio coraggioso e intraprendente di ogni confine del mondo alla scoperta di luoghi dell'identità. Il libro dilata la monografia relazionale dello zio con la combinazione di altre storie, degli studi e della carriera nella società Olivetti, annota gli episodi caratterizzati dalle incursioni imprevedibili della vita, i suggerimenti passionali delle ispirazioni dirette in giro per il mondo, dedica alla sequenza indicativa delle fotografie l'intensità emotiva della bellezza, assorbe l'impatto istintivo nelle parole della speranza, nel coinvolgimento di ogni persuasione aderente al racconto. L'esposizione autobiografica racchiude il tempo carezzevole dei ricordi dagli anni quaranta fino al 2001. Meuccio Bertarione ripercorre le tappe di una possibilità fiduciosa nell'emigrazione, nell'investimento seducente di un sogno, per cercare fortuna, per sottrarsi alla limitazione della povertà, per integrare l'orgoglio e la rispettabilità di un percorso sviluppato nella solidità e nel conforto del successo. Il ruolo altruistico dell'Olivetti contribuisce, nell'indimenticabile vicenda, alla solidarietà nobile e umana, alla disponibilità di una caritatevole generosità e al raggiungimento della felice conclusione. Il libro concentra il profumo della risolutezza, nelle pagine pervase di temerarietà e di grande forza d'animo, racchiude la calorosa e amorevole condivisione per la famiglia rendendo complice il lettore in un'incantevole spirale di armonia, di avventura, di dramma e di gioia, rappresenta l'itinerario di una formazione umana sostenuta nell'intensità dell'amore oltre le attese, i dolori e le soddisfazioni.
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