saggi
Alessandro Pellegrini, "Diario poetico"
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Diario poetico di Alessandro Pellegrini
a cura di Enzo Concardi
Guido Miano Editore, Milano 2025.
«La poesia è nata in me in un momento di buio, quando un’incomprensione sembrava spezzare un legame, lasciando spazio al silenzio e all’incertezza. Il peso del non detto opprimeva il cuore, eppure, nel silenzio carico di attese, un gesto semplice ma potente ha cambiato tutto: un abbraccio»: così l’autore inizia a spiegare il suo cammino interiore ed esistenziale che lo ha condotto nelle braccia della poesia. La sua narrazione è avvincente, poiché ricorda che in quell’istante, le barriere sono cadute, il gelo si è sciolto e il vuoto si è colmato di nuova luce. Da quel momento, ha profondamente capito che anche il dolore può trasformarsi in bellezza, che anche un’ombra può essere il preludio di un’aurora. Così è nata una profonda amicizia, fatta di comprensione silenziosa, di sguardi che dicono più di mille parole, di emozioni condivise senza bisogno di spiegazioni.
«Da quel giorno» prosegue «qualcosa dentro di me si è acceso. La connessione tra mente e cuore ha iniziato a pulsare con forza, riversando sulla carta tutto ciò che prima sembrava imprigionato nell’anima. La poesia è diventata il mio respiro, il rifugio dove i sentimenti trovano casa, il linguaggio segreto con cui il cuore si racconta».
Ecco che avviene una sorta di miracolo, dal momento che la scrittura è per lui divenuta il modo col quale dona voce a ciò che le parole comuni non possono esprimere. Riconosce che è iniziato un viaggio dentro sé stesso, un dialogo silenzioso con l’universo delle emozioni, un ponte tra il visibile e l’invisibile. Quando tutto tace, quando il mondo sembra non capire, la poesia resta lì, fedele compagna, capace di trasformare ogni lacrima in inchiostro e ogni battito in versi. In tal modo egli continua a scrivere, lasciando che le emozioni scorrano come un fiume, senza argini, senza paura: «Ogni parola è una cicatrice che si fa arte, ogni verso un frammento di me che prende il volo», precisa con un’affermazione lirica. Quindi la poesia non è solo un dono che egli fa a sé stesso, ma un’eco che può toccare altri cuori, risuonare in chi legge, accendere nuove scintille di comprensione e bellezza. E conclude con un’altra frase-aforisma che illumina la sua anima: «La poesia nasce dal dolore, ma sboccia nell’amore. Ed è lì che trova la sua vera casa».
Questo lavoro su Alessandro Pellegrini si avvale ovviamente dei testi dell’autore, ma comprende anche brevi commenti esegetici del critico in calce ad ogni poesia: un’impostazione insolita rispetto al classico canone che contempla la prefazione. Tuttavia in tal modo possiamo seguire la forma di agenda poetica – si veda l’ordine cronologico con date precise, e talvolta anche luoghi, attribuiti alla genesi temporale e spaziale di ogni composizione – che in definitiva assume la pubblicazione.
La poetica si sviluppa principalmente per tematiche occasionali - nel senso che i motivi ispiratori nascono da eventi, sentimenti, fatti storico-sociali, spunti o squarci memorialistici e naturalistici, esistenzialità, affetti familiari, legami con la terra pugliese - senza che tutto ciò possa costituire una determinata unità artistica e culturale. Infatti il lettore stesso potrà viaggiare insieme al poeta dallo zenit fino al nadir, da nord verso sud, dall’autobiografismo alla letteratura oggettiva, dal quotidiano all’universale, dall’amore duale alla solidarietà per esclusi e svantaggiati.
Enzo Concardi
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L’AUTORE
Alessandro Pellegrini è nato a Terlizzi (Bari) il 27 febbraio 1975. È infermiere e vive a Ruvo di Puglia in provincia di Bari. Sposato con Floriana Petruzzi, padre di due figli, Carmine e Teresa. Ha pubblicato i romanzi: L’alba che ha illuminato il mio cuore (2021); L’Amore? Voglio che sia come il respiro (2022); Le ore del silenzio, via della libertà (2024); Verso l’isola dell’amore (2024).
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Diario poetico di Alessandro Pellegrini, a cura di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 44, isbn 979-12-81351-65-3, mianoposta@gmail.com.
LA POESIA DI WANDA LOMBARDI NELLA CRITICA ITALIANA
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LA POESIA DI WANDA LOMBARDI NELLA CRITICA ITALIANA
Guido Miano Editore, Milano 2025
Wanda Lombardi, scrittrice e poetessa, è nata e vive a Morcone (Benevento), pittoresca cittadella dell’Alto Sannio. Laureata in Pedagogia ha insegnato materie letterarie nelle scuole secondarie. Ha partecipato a concorsi letterari, nazionali e internazionali, ottenendo numerosi riconoscimenti. Fa parte di Accademie e Associazioni Culturali. Ha pubblicato numerose raccolte di poesia e volumi di narrativa e prosa e di teatro.
L’autrice in gioventù ha sofferto per malattie e incomprensioni ma l’ha aiutata sempre la Fede in particolare con la devozione a Padre Pio.
L’opera su Wanda Lombardi, che prendiamo in considerazione in questa sede, è una ricca antologia che comprende molti testi critici usciti in Italia su questa personalità eclettica: prefazioni, saggi e recensioni e include una presentazione di Maria Rizzi acuta e ricca di acribia, che sintetizza efficacemente la poetica e il poiein di questa figura.
Nell’impossibilità, nello spazio di una recensione, di esaminare capillarmente i contributi dei vari autori si evidenzia preliminarmente il concetto generale relativo all’importanza della critica letteraria stessa come veicolo necessario per diffondere la cultura poetica sempre più viva e in controtendenza con l’alienazione e il consumismo della nostra liquida realtà sociologica e politica e espressione salutare e salvifica del pensiero divergente, nonché, ad esso connessa, di una migliore sintonia degli esseri umani con se stessi e con la natura.
Si deve sottolineare che molte pubblicazioni della Lombardi sono state catalogate non a caso nelle biblioteche locali, nazionali e di alcune Università a disposizione degli studenti a conferma della stima e dell’apprezzamento che ha ottenuto nel circuito letterario e sicuramente la Nostra spera di lasciare un tesoro, una donazione, non solo morale alle nuove generazioni
Da notare che della letterata di Morcone, Guido Miano Editore ha pubblicato Tempi inquieti e altre poesie, 2024, Opera Omnia, 2023 e Volo nell’arte, 2021 che può essere considerato un ipertesto perché è costituito da riproduzioni di opere pittoriche e scultoree di vari artisti, ispiratrici di poesie della Lombardi alle quali sono associate.
In un contesto generale come quello poetico contemporaneo della poesia italiana dove prevalgono volumi sottesi a visioni del mondo laiche o materialiste la poetica della Lombardi di stampo religioso e mistico esce dal coro e presenta una vaga affinità con quella di David Maria Turoldo e con quella di altri sacerdoti – poeti.
Nella presentazione la Rizzi nomina il “realismo mistico” che connota la poetica di Wanda che va inteso come un modo per avere conoscenza.
Nel saggio di Guido Miano intitolato Le problematiche dell’essere in Wanda Lombardi e Emile Verhaeren l’Editore, critico e poeta, afferma che come è noto la problematica esistenziale presenta numerose sfaccettature degli aspetti sia positivi come anche negativi. Se esiste una memoria involontaria del dolore, che emerge in alcuni componimenti, dice Guido Miano che risulta naturale nell’animo sensibile il riscatto nel positivo che si rivela con immediatezza in versi trasparenti ed interiormente elaborati sorretti dalla coscienza letteraria e soprattutto dal dono della fede.
Come dice la Bibbia “Getta tutto su Dio e Lui ti sosterrà” (Salmo 55:22).
Raffaele Piazza
AA. VV., La poesia di Wanda Lombardi nella critica italiana, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 104, isbn 979-12-81351-57-8, mianoposta@gmail.com.
Gabriella Carrano, "Èros e Thànatos nel mondo greco-romano"
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Gabriella Carrano
Èros e Thànatos nel mondo greco-romano.Antologia di saggi critici.
Guido Miano Editore, Milano 2025.
I temi trattati da Gabriella Carrano nei sei saggi che compongono Eros e Thanatos nel mondo greco-romano (Guido Miano Editore, Milano 2025) sono molti, ma qui ne possiamo indicare solo alcuni, importanti perché, per dirla col prefatore Enzo Concardi, ci fanno «scoprire dimensioni umane oggi forse perdute nelle grandi illusioni tecnocratiche, virtuali, egotistiche, socialmente liquide» (Premessa, p.8).
È un libro dotto, ma che tutti possono apprezzare, perché le citazioni greche e latine sono tradotte e spiegate in modo che chiunque possa comprenderle. Così, attraverso analisi e tendenze interpretative di alcuni autori greci e latini, siamo portati a spasso attraverso i secoli.
A partire dalle riflessioni di Mario Untersteiner sulle origini della tragedia antica, si vede come essa sia stata capace di unificare il particolarismo di Atene nei secoli V e IV a.C. ed il cosmopolitismo ellenico, ed anche il sentimento profondo di diversi popoli e civiltà nel lungo trascorrere del tempo. Se ciò è potuto accadere, è per la sempre uguale partecipazione emotiva degli spettatori.
In particolare la Carrano presenta la tensione tra il ruolo tradizionale della donna nel mondo greco antico (curarsi della casa e mettere al mondo dei figli, preferibilmente maschi) e l’emergere di una nuova voce ‘al femminile’. Ci presenta i forti personaggi femminili di Euripide, Medea e Ifigenia, che incarnano la lotta per l’autonomia e la giustizia nonostante la loro condizione ingiustamente limitata dalla società del tempo: esse non sono solo custodi della casa, ma anche agenti di cambiamento. La tragica complessità delle passioni femminili nel teatro classico è scrutata ripercorrendo altre figure, come Fedra e Didone, per le quali l’amore è passione, sì, ma anche delirio, vergogna e rovina. Sono figure che rivelano la complessità e il dramma della condizione femminile, e le loro vicende tragiche evidenziano sfide e sofferenze, rivelano vulnerabilità e forza: sono vittime che affrontano e pongono profondi dilemmi morali e sociali. Le loro passioni non solo ne influenzano le vite, ma hanno anche ripercussioni storiche e culturali, e diventano emblema di conflitti più ampi che attraversano le diverse epoche, fino a noi.
La Carrano non guarda solo al teatro, ma anche alla poesia lirica greca. Ne Il “fiore” di Nosside in terra locrese vibra una delle ultime voci femminili del mondo ellenico, seguace di Saffo: Nosside (cui la città di Locri dedica il contemporaneo “Premio Internazionale Nosside di Poesia”). Questa “mistica della femminilità” rappresenta un caso unico nella poesia femminile del greco tardoantico, con la sua scrittura epigrammatica in un linguaggio dorico ricco di immagini, raffinato, dalla struttura metrica elegante: un’ibridazione che evidenzia una poetica realistica e individualistica. La sua visione dell’amore, in un contesto aristocratico e tutto sommato matriarcale, è espressa come esperienza terrena più che come aspirazione all’immortalità. Il suo canto d’amore, che contrasta coi temi guerreschi tipici dell’archetipo antropocentrico della cultura greca dell’epoca, ha influenzato molti poeti successivi e contribuito alla rinascita della poesia femminile.
Altro tema affrontato dalla Carrano è il “viaggio di Ulisse” come raffigurazione del perenne “desiderio e dramma della conoscenza”. L’eroe omerico, figura centrale nell’èpos greco, ricorre nella letteratura da Omero a Dante ed oltre, fino agli autori contemporanei, ed il suo viaggio è da sempre e per sempre metafora di ricerca e scoperta, di tensione tra centro e periferia, simbolizza l’anelito umano verso l’immortalità e la saggezza, riflette le ansie e le aspirazioni dell’intera umanità.
L’Autrice prende in considerazione anche la poesia lirica latina nel saggio Ovidio e le pratiche abortive. Del poeta mette in luce, in contrasto con le filosofie libertine, l’opposizione alle pratiche abortive, considerate un crimine contro la vita (anticipando i dibattiti moderni sulla dignità umana e il valore della vita). La sua visione dell’eros coniugale è centrale, in una Roma da lui prefigurata come paradigma di un mondo ideale, dove fides e pudicitia sono proposte contrapposte alla luxuria imperante a quel tempo; perciò Ovidio utilizza i miti classici di Teti, Rea Silvia e Venere per dimostrare l’importanza della vita e della procreazione. Il messaggio è chiaro: la vita è sacra, va rispettata, e l’aborto è un atto che va contro la natura e la moralità.
Ultimo tema presentato è quello della morte: la meditatio mortis di Seneca, che non la affronta in chiave escatologica, ma esistenziale, utilizzando metafore per descrivere il divenire della vita. Esplora Thànatos attraverso la metafora della clessidra, presentando la vita come un continuo scorrere verso la morte; utilizza la metafora del fiume per descrivere il flusso inarrestabile del tempo e della vita ed illustrare la transitorietà dell’esistenza umana. Seneca usa un linguaggio incisivo per presentare la drammaticità della condizione umana, che solo la consapevolezza della morte porta ad un livello riflessivo, in cui la memoria è elemento chiave: rievocare il passato è un modo per affrontare la brevità della vita. Seneca, parlando di libertà interiore e valore del tempo, sostiene che la vera libertà è nella capacità di vivere pienamente il presente, per affrontare la fugacità della vita, che scorre rapidamente – il che spinge a vivere in modo più autentico e significativo. In ciò, Seneca anticipa molti aspetti del pensiero cristiano.
Questo bel libretto di letteratura classica, insomma, è un valido strumento di supporto per studenti e studiosi, un libro parascolastico, ma anche di approfondimento critico per chi voglia conoscere meglio l’eredità a noi giunta dalla classicità.
Marco Zelioli
Gabriella Carrano, Èros e Thànatos nel mondo greco-romano, premessa di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 124, isbn 979-12-81351-43-1, mianoposta@gmail.com.
AA. VV., "La poesia di Wanda Lombardi nella critica italiana"
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AA. VV., La poesia di Wanda Lombardi nella critica italiana
Guido Miano Editore, Milano 2025
Mi trovo per l’ennesima volta a contatto con le opere, la storiografia e l’anima della poetessa di Morcone (Benevento), infinitamente cara al mio cuore. Il libro in oggetto è una ricca antologia di testi critici riguardanti la poesia di Wanda Lombardi, che ha dedicato alla spiritualità e ai versi il tempo terreno, nella consapevolezza che si prega e si scrive per alleviare le ferite dell’anima e per arrivare dove si annida l’invisibile.
Ho avuto l’onore di prefare due indimenticabili testi dell’autrice sannita: Tempi inquieti e altre poesie e l’Opera Omnia, e in questa carrellata di omaggi trovo la conferma al mio umile dire, alla convinzione che esiste una poesia che non è dipendenza dalle parole, ma desiderio di trascenderle.
Leggendo le sue liriche, solo in apparenza semplici e intimiste, si comprende come la mia Wanda raccolga nello scrigno del cuore i frutti di una semina commovente. Le sue opere sono state inserite presso biblioteche locali, nazionali, e accademiche, a disposizione degli studenti, realizzando il suo desiderio di lasciare un tesoro non solo morale alle nuove generazioni. Sono certa, peraltro, che i giovani attingono e attingeranno dallo scrigno del suo lirismo, che l’ottimo Raffaele Piazza definisce di “realismo mistico”.
La poesia, madre di tutte le arti, attraversa un periodo difficile, si potrebbe dire che naviga in burrasca a causa delle avanguardie artistiche, che proclamano la rottura con il passato e l’accelerazione verso la modernità. Tali movimenti sono contraddistinti da una forte carica di provocazione, i rimandi al significato si sono ingarbugliati al punto che regna sovrana l’ambiguità. In questo clima si avverte la necessità di attendere che i semi di pace di Wanda Lombardi sboccino e ci inondino con il loro profumo. Il “realismo mistico” va inteso come un modo per avere conoscenza; è vicino alla filosofia, ma in quest’ultima il metodo d’indagine è orizzontale, mentre nel misticismo è verticale. Per dirla con Don Bosco equivale a “camminare con i piedi sulla terra e abitare il cielo con il cuore”.
L’Autrice è allenata a incontrare Dio non ai margini dell’esistenza ma nella vita di ogni giorno. La sua lunga carriera di docente le ha consentito di confrontarsi con i giovani e la sua ispirazione le ha senza dubbio permesso di trasformare gli insegnamenti da requisiti basilari a desideri di cambiare il mondo. Mentre si tendeva ad arco verso gli studenti affrontava i dolori personali e, come sottolinea con efficacia Carlo Onorato, concepiva versi di meditazione filosofica sull’esistenza, attraverso i quali non parlava a Dio, ma ascoltava le Sue risposte. D’altronde la meditazione è un uso positivo e creativo della mente, che collega il mondo esterno a quello interno.
Wanda possiede, a mio umile avviso, due ali: l’amore e il raccoglimento. Se da un lato sembra plausibile considerarla un’artista pessimista, dall’altro va analizzato quanto peso hanno avuto le sottrazioni nei lunghi periodi del suo passato. Non sono mai riuscita a considerarla chiusa in se stessa, annientata, anche se nei suoi versi ho colto le angosce, lo struggimento. Lei canta il suo Sannio, la tenacia di un popolo mai domo, una terra ricca di storia e cultura, di dolci colline alternate a morbide valli, di borghi incantevoli. Canta e la fatica di vivere si scioglie in una dolce, struggente malinconia.
La poesia agisce catarticamente sullo spirito della Nostra ed è purificatrice anche per i fortunati che la leggono. Si potrebbe dire che “la grande poesia è un’eco che chiede all’ombra di ballare” (Carl Sandburg).
Wanda Lombardi, attraverso i suoi libri, è divenuta insegnante di Speranza. Ed è la speranza il sigillo della sua fede. Dio fornisce il vento, ma noi dobbiamo alzare le vele. Questo testo, che ha sapore di lascito artistico e morale, è scritto dai critici letterari, e da coloro che, come la sottoscritta, si sono innamorati della sua voce sin dai primi versi. Per lascito non intendo un testamento, Wanda continuerà a scrivere per tanti anni, ma una donazione. Ella affida al cielo le preghiere, agli uomini e alla natura rigogliosa della sua terra le poesie.
La nostra Autrice guarda il mondo con gli occhi della fede, è consapevole che ogni volta che si è trovata a bussare alla dimora della solitudine, della sofferenza, ad aprirle la porta è stato il Signore. Di questa sublime poetessa, temprata dalla sofferenza, mi ha colpito subito l’innocenza. Le ferite, che hanno costellato le sue stagioni, sono diventate inconsapevoli punti di forza, sa portarle sul petto e nella vita come medaglie.
Nel leggerla l’ho vissuta come un’amica caratterizzata da vellutata purezza. e ho considerato quanto sia estenuante il lavoro dei cuori innocenti: devono assorbire i rumori della realtà, gli aspetti marci e contaminati, continuando a emettere vibrazioni positive. Wanda non è pessimista, patisce la nostalgica malinconia di ciò che poteva essere e non è stato, ma senza rabbia, con la levità degli angeli. Il suo lirismo, in virtù di queste caratteristiche può dirsi non solo meditativo, bucolico, filosofico, ma anche civile. Per quanto questo pianeta sia macchiato di sangue, il colore del cielo resta sempre lo stesso, il profumo dei fiori è sempre stordente… un’Artista come la nostra lo ricorda in ogni lirica, e induce a perseguire il coraggio dei sogni.
Maria Rizzi
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L’AUTRICE
Wanda Lombardi è nata e vive a Morcone (Benevento), città dell’Alto Sannio. Laureata in Pedagogia, ha insegnato Materie Letterarie nelle scuole secondarie. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Sensazioni (2001), Nel silenzio (2002), Luce nella sera (2011), Oltre il tempo (2015), Voci dell’anima (2016), Gocce di rugiada (2017), Attimi lievi (2018), Il senso della vita (2019), Nel vento dell’esistere (2020, con traduzione in inglese), Volo nell’Arte (2021), Miti e realtà (2022), Opera Omnia (2023), Tempi inquieti e altre poesie (2024). I libri di narrativa: Proverbi e modi di dire morconesi (2008), Racconti fiabeschi, letture per la scuola (2011). I romanzi: L’eco del passato (2012), Sulla scia del destino (Poppi 2016). I testi teatrali: La fortuna dietro l’angolo, commedia in tre atti (2013), Una volta… c’era, commedia in tre atti (2014), Ce la faremo, commedia in tre atti (2016).
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AA. VV., La poesia di Wanda Lombardi nella critica italiana, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 104, isbn 979-12-81351-57-8, mianoposta@gmail.com.
Gabriella Carrano, "Èros e Thànatos nel mondo greco-romano"
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Gabriella Carrano
Èros e Thànatos nel mondo greco-romano
Antologia di saggi critici.
Guido Miano Editore, Milano 2025.
Gabriella Carrano, autrice del volume che prendiamo in considerazione in questa sede, è nata a Salerno ed ivi residente; è titolare di Lettere greche e latine presso il Liceo Classico Torquato Tasso della sua città. Ha pubblicato monografie afferenti all’Anglistica ma i suoi interessi sono focalizzati soprattutto sul mondo antico.
Con Guido Miano Editore ha pubblicato la raccolta di poesie Mosaici lirici (2023) e un saggio intitolato La scoperta dell’anima nell’apologia platonica (2024) rispettivamente nei volumi 17 e 18 di Alcyone 2000-Quaderni di poesia e di studi letterari.
Come scrive Enzo Concardi nell’acuta premessa sono sei i saggi critici di questa antologia, visitatrice del mondo culturale e ideologico ellenico e latino, sulla tematica complessiva riguardante alcuni aspetti di Eros e Thanatos nel mondo greco-romano.
A livello di categorie Eros e Thanatos in tutte le culture ipostatizzano un discorso complesso e approfondendo l’argomento si può affermare che all’Eros che dovrebbe incarnare l’amore e la vita, come contraltare esiste anche la modalità del Pathos che è dolore specialmente se riferito alla sfera erotica e amorosa.
Il pregio della scrittura saggistica della Carrano è quello di raggiungere la sintesi tra acribia e discorsività, tra complessità e chiarezza, elemento che trasporta il lettore nelle atmosfere della classicità, che sembrano rivivere, riattualizzarsi con la loro visione del mondo diversissima da quella della nostra attualità e che sono portatrici, anche tramite l’arte, di un fascino arcano.
Proprio per la chiarezza e comprensibilità dei concetti profondi espressi in queste pagine viene spontaneo credere che questa pubblicazione possa essere diffusa e letta non solo dagli addetti ai lavori, dai professori e dai cultori dell’antichità, ma anche dagli studenti liceali e universitari per perfezionare i propri strumenti nell’approccio alla cultura e alla letteratura greca e latina in modo empatico e profondo e forse questa idea era già presente nella mente della Carrano prima di scrivere questa acuta e poderosa opera, che non a caso pare avere anche un intento divulgativo.
Eclettica è la serie delle tematiche che la Carrano ci presenta in questo composito lavoro, suddiviso nei seguenti capitoli: 1. Introduzione Le origini della tragedia e del tragico le riflessioni di Mario Untersteiner, 2. Eros e Thanatos nell’epos, il desiderio e il dramma della conoscenza nella trasfigurazione di Ulisse. Il viaggio dell’ulisside tra arethè e entropia planetaria. 3. Patogenesi dell’Eros al femminile nell’universalità del dramma classico Fedra, Medea, Didone tragedie di passione, passioni della storia. 4. Il fiore di Nosside in tessa Locrese balsami alessandrini per una mistica della femminilità. 5. Ovidio e le pratiche abortive Ethos elegiaco e scienza ellenistica in Lucrezio e negli elegiaci. 6. La meditatio mortis tra finis et transitus: i traslati del lessico e dell’interiorità.
Tutto in questo volume diviene un esercizio di conoscenza e le concezioni sull’Eros e Thanatos nell’antichità divengono un viatico e una provenienza per la vita nel terzo Millennio che ha per modello delle società dei vari popoli caratteristiche lontane anni luce per usi e costumi, visioni del mondo e tecnologia da quella degli antichi greci e degli antichi latini.
Nel Novecento Eros e Thanatos come pulsioni sono stati oggetti di studio e di approfondimento anche da parte di Freud e della psicoanalisi come poli antitetici della personalità umana che nel loro fondersi fanno in modo che in un certo senso si delinei ed emerga l’identità della persona.
Emerge che Eros e Thanatos come categorie fondanti si realizzino in due maniere diverse ma che possono essere considerata l’una lo specchio dell’altra e viceversa e queste due modalità sono ovviamente la letteratura e la vita che è anche quella dei lettori delle stesse opere letterarie nei loro vari generi.
Viene spontaneo leggendo i saggi che costituiscono il volume riflettere sulla varietà degli argomenti trattati e cercare di definire quali di essi hanno attinenza con la sfera dell’Eros e quali altri invece con quella di Thanatos.
Per esempio quando viene detto l’omerico Ulisse con la sua sete di conoscenza e sapendo che l’eroe del mito greco è un vincente pare che implicitamente si voglia alludere ad argomenti che hanno a che fare con l’Eros non solo a livello amoroso, ma anche con quello della pienezza dell’essere, della realizzazione materiale e spirituale dell’individuo con il suo diritto alle felicità.
Viceversa quando viene detta la patogenesi dell’eros femminile con gli esempi di Didone e Medea siamo ovviamente in un universo di pulsioni di sofferenza fortissima e di morte per la qualcosa si può affermare che qui si debba parlare di Thanatos e di perdita, connessa ad alienazione e al male di vivere del peggio possibile, del baratro.
Nel momento in cui vengono detti i balsami alessandrini per una mistica della femminilità si rientra nella sfera dell’Eros perché misticismo ed erotismo si toccano mentre nelle riflessioni latine sulla morte ovviamente si entra nel campo di Thanatos anche se pare che la stessa morte venga vista serenamente.
Un’opera profonda quella della Carrano perché ogni lettore riesce a scorgere nelle situazioni da lei utilizzate prese dalla mitologia greca e latina, avvenimenti che riguardano anche l’etica di tutti i tempi; per esempio quando Ovidio si scaglia contro il fenomeno dell’aborto possiamo vedere una similitudine tra l’atteggiamento del poeta latino e quello della Chiesa Cattolica del Terzo Millennio sullo spinosissimo tema dell’aborto stesso.
Sicuramente se consideriamo questo volume in toto ai può affermare che oltre ad essere un’opera letteraria ha una fortissima valenza anche filosofica, psicologica, pedagogica e anche vagamente antropologica.
Una trattazione precisa esauriente e completa di tale opera non si può esaurire in una recensione come in questo caso e richiederebbe a sua volta un saggio corposo e profondo.
Raffaele Piazza
Gabriella Carrano, Èros e Thànatos nel mondo greco-romano, premessa di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 124, isbn 979-12-81351-43-1, mianoposta@gmail.com.
Gabriella Carrano, "Èros e Thànatos nel mondo greco-romano"
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Èros e Thànatos nel mondo greco-romano
Gabriella Carrano
Guido Miano Editore, Milano 2025
Sono sei i saggi critici di questa antologia, visitatrice del mondo culturale e ideologico ellenico e latino, ad opera della studiosa Gabriella Carrano, sulla tematica complessiva riguardante alcuni aspetti di Èros e Thànatos nel mondo greco e romano. Maggiori specificazioni sulla materia trattata emergono dalla suddivisione in capitoli dell’opera, ripartizione che delinea autori, periodi, linee di pensiero, tendenze, contenuti, stili: al centro vi è essenzialmente il teatro, non solo come genere letterario, ma soprattutto come specchio delle società, sulle cui concezioni e realizzazioni si è poi sviluppata la civiltà occidentale. Occorre leggere innanzitutto l’indice, poiché ci guida a penetrare più da vicino i messaggi che la Carrano vuol trasmettere circa la pòlis greca, l’Urbe romana, la condizione femminile in quei contesti, la carrellata degli autori - non solo teatrali - che hanno scritto testi significativi al riguardo, i rapporti con la dimensione mitologica, le sue considerazioni e i suoi giudizi di merito e di valore, con acute comparazioni tra loro ed anche con raffronti motivati con i secoli successivi fino alla contemporaneità.
Ecco dunque la sequela: 1. Le origini della tragedia e del tragico: le riflessioni di Mario Untersteiner; 2. Èros e Thànatos nell’èpos: il desiderio e il dramma della conoscenza nella trasfigurazione di Ulisse. Il viaggio dell’ulisside tra aretè ed entropia planetaria: l’inattingibile limen di un centro ‘periferico’; 3. Patogenesi dell’Eros al femminile nell’universalità del dramma classico. Fedra, Medea, Didone: tragedie di passione, passioni della storia; 4. Il fiore di Nosside in terra locrese: balsami alessandrini per una mistica della femminilità; 5. Ovidio e le pratiche abortive: èthos elegiaco e scientia ellenistica in Lucrezio e negli elegiaci; 6. La meditatio mortis senecana tra finis e transitus: i traslati del lessico dell’interiorità.
Come si evince già da tali input culturali il linguaggio dei vari saggi è spesso rigorosamente tecnico, specialistico, per addetti ai lavori, se non addirittura - talvolta - criptico ed esoterico: ciò, tuttavia, a mio parere, conferisce maggiore fascino alla narrazione, che ci conduce nell’avvincente viaggio nei mondi in questione, per molti purtroppo dimenticati: il lettore che naviga nelle dimensioni essoteriche, potrà approfondire con ricerche personali. Ecco un lacerto in cui prevale um linguaggio iniziatico: «Gli epigrammi di Nosside di Locri Epizefiri rappresentano un unicum nel panorama delle “avventure” femminili del tardoantico, non solo per la ripresa tutta “decadente” di stilemi saffici in una lingua intrisa di dorismi e di ricercatezze modellate sugli epicismi, ma anche per le robuste ibridazioni del genere epigrammatico con l’ilarotragedia del fliacografo Rintone di Taranto (Antologia Palatina, VII, 718)» (dalla Premessa al saggio Il fiore di Nosside in terra locrese). Inoltre occorre aggiungere la ricca dote di note culturali esplicative che il libro vanta, gli inserimenti di terminologie in latino e greco direttamente nei testi senza traduzioni, ed invece brani autoriali di varie dimensioni con traduzione a fianco.
Va sottolineata ancora l’importanza e l’influenza che il concetto dualistico di Èros e Thànatos, ovvero la pulsione di vita e la pulsione di morte, ha esercitato ed esercita sulla cultura europea, in primis nel pensiero freudiano e, in particolare, nel suo saggio Al di là del principio di piacere (1920). Qui il fondatore della psicanalisi fa riferimento ad Empedocle di Agrigento, la cui dottrina «[...] si avvicina talmente alla dottrina psicanalitica delle pulsioni, da indurci nella tentazione di affermare che le due dottrine sarebbero identiche». E Freud afferma che «[...] i due principi fondamentali di Empedocle - philìa (amore, amicizia) e nèikos (discordia, odio) - [...] sono la stessa cosa delle nostre due pulsioni Èros e Distruzione». Basterebbe solo ciò, sempre a mio parere, per invogliare a leggere il libro della Carrano e per prendere coscienza di quanto sia grande il nostro debito nei confronti delle radici greco-latine.
Ora, in forma forzatamente sintetica, chiudiamo tale premessa indicando al lettore i punti forti dei sei saggi critici: autori, tematiche e altro all’occorrenza. La Carrano sottolinea l’importanza del teatro greco per l’Atene classica, come una cerimonia di tipo religioso con valenze sociali e politiche. In Sofocle la tirannide è argomento primario. Per Aristotele la tragedia è evento catartico e panellenico che ha origine dal ditirambo (forma di lirica corale). La tragedia fa propria la materia mitologica. Gli apporti di Eschilo, Sofocle, Euripide sul ruolo femminile: Clitennestra, la donna virago dominante e regina assassina; il logocentrismo maschile da lei avversato; la ribellione al ruolo tradizionale; in Antigone, Elettra, Aiace la sottomissione della donna nella società greca, mercificata, dedita alla procreazione, in clausura, vittima della misoginia, il cui corpo è proprietà maschile. Domina «l’impero del maschio sulla donna nel mondo greco» (Introduzione, p.50).
Si passa al viaggio di Ulisse in Omero e in Dante, rimarcando il protagonismo della figura e dell’èpos dell’Ulìsside nel corso dei secoli, con molteplici riferimenti ad autori moderni, tra cui Leopardi, D’Annunzio, Pirandello, Joyce, Pascoli, Ungaretti, Saba, Mann, Eliot, Quasimodo, Primo Levi. Si ritorna alle grandi passioni del teatro classico con le vicende drammatiche di tre donne e con la conclusione riassuntiva della Carrano: «La disamina delle “passioni” di Fedra, Medea e Didone lascia spazio ad un’unica verità, adamantina ma tragica: l’amore di queste donne è delirio e vergogna, grido e silenzio, rovina e abbandono, consapevolezza e stratagemma, amore e odio, dignità e negazione della dignità».
Si varca l’Egeo per sbarcare nella Magna Grecia, dove l’autrice ci fa conoscere la lirica graziosa ed elegante di Nosside di Locri (III secolo a.C.), seguace di Saffo, il cui canto si pone in contrapposizione agli inni guerreschi. Infatti, come sottolinea la Carrano, «[...] la poesia di Nosside è il canto d’amore delle aristocratiche di Locri in una lingua espressiva, robusta ed “imagista” (linguaggio conciso, chiaro, essenziale, scarno… inciso mio) quale il dialetto dorico». Nella società della Locride di quel tempo la donna aveva un ruolo importante: vigeva una sorta di matriarcato. Oggi vi è ancora memoria dell’antica colonia, in quanto è stato istituito il “Premio Internazionale Nosside di Poesia” con il patrocinio Unesco.
Poi entriamo nel mondo romano antico con il saggio che vede Ovidio contro le pratiche abortive, tema di assoluta modernità. Egli si oppone nel nome di un nuovo èthos, contrapposto alle dottrine ellenizzanti di stampo “libertino e cortigiano”; come specifica ancora la Carrano: «[...] fides e pudicitia brillano, nella rivendicazione dell’eros coniugale, contro luxuria e cultus, così come la Roma evandrea diventa il paradigma di un mondo fantastico e felice contro gli eccessi della Roma opulenta e lasciva».
Ed infine ecco la filosofia di Lucio Anneo Seneca che affronta Thànatos, non sul versante escatologico, ma su quello esistenziale: con la metafora della clessidra, nella quale la sabbia scende lentamente, e con l’immagine eraclitea del fiume che scorre, illustra il divenire della nostra vita, nella quale “moriamo ogni giorno”, poiché procediamo inesorabilmente verso la fine e ogni momento vissuto è vita sottratta. Quindi se tutto intorno a noi si muove, fugge, è dentro di noi, nella nostra interiorità che dobbiamo ricercare la prima realtà ferma e solida a cui ancorarci. Siamo all’alba del Cristianesimo, che farà della vita interiore uno dei cardini della dottrina di un nuovo mondo e di un uomo nuovo.
Vale dunque la pena mettersi in viaggio con Gabriella Carrano insieme ai grandi dell’antichità per scoprire dimensioni umane oggi forse perdute nelle grandi illusioni tecnocratiche, virtuali, egotistiche, socialmente liquide.
Enzo Concardi
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L’AUTRICE
Gabriella Carrano, nata a Salerno ed ivi residente, è titolare di Lettere greche e latine presso il Liceo Classico Torquato Tasso della sua città. Laureata in Lingue e in Lettere classiche, ha ricoperto per diversi anni la docenza a contratto presso l’Università degli Studi di Salerno. Ha pubblicato monografie afferenti all’Anglistica, ma i suoi interessi sono principalmente focalizzati sul mondo antico.
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Gabriella Carrano, Èros e Thànatos nel mondo greco-romano, premessa di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 124, isbn 979-12-81351-43-1, mianoposta@gmail.com.
Pietro Nigro, "Opera Omnia - Volume 2 Prose"
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Opera Omnia (Volume 2 – Prose)
Pietro Nigro
Guido Miano Editore, Milano 2024.
Questo secondo volume dell’Opera Omnia dello scrittore e poeta siciliano Pietro Nigro, riguardante il meglio delle sue opere in prosa, segue di poco tempo la pubblicazione del primo volume dedicato alla poesia, genere nel quale egli ha conseguito, a detta unanime della critica letteraria, esiti di valore estetico e contenutistico non indifferenti. Dei suoi scritti in prosa, ancorché collocabili anch’essi su livelli di rilievo, non è possibile esprimere una valutazione globale, data l’eterogeneità delle materie e dei generi nei quali l’autore si è cimentato e che quindi rimandiamo nello specifico, all’interno della trattazione dei singoli capitoli in cui è stata suddivisa tale raccolta, relativa dunque all’arco temporale più ampio della sua produzione scritturale nel corso dell’intera esistenza.
Il lettore, che s’affaccia con curiosità a navigare tra le pagine di Nigro, potrà senz’altro riscontrare l’ecletticità dei suoi interessi culturali, che spaziano in vari campi del sapere non solo strettamente letterario. Si è cercato quindi di razionalizzare il magma complessivo dei suoi scritti, suddividendolo in cinque capitoli, tre dei quali sono a loro volta articolati in diversi sotto-capitoli, per facilitare ulteriormente l’orientamento di chi legge: in tal modo è possibile scegliere direttamente l’aggregazione che più interessa o attrae, incontrandosi con i propri gusti culturali. Questa opzione metodologica-editoriale si può qui riassumere visitando dapprima le varie enunciazioni capitolari, per successivamente entrare nel merito dei lacerti più significativi.
Un’altra avvertenza che può essere utile al lettore riguarda la cronologia: criterio utilizzato solo all’interno di ciascuna parte o sotto-parte del libro e non in assoluto. Infatti si è privilegiata la suddivisione per materia rispetto ad ogni altra considerazione.
Addentrandoci dunque nell’Opera Omnia ecco che il primo incontro avviene con le Pagine memoriali, d’arte e di letteratura (I capitolo): raggruppano le pagine autobiografiche; una miscellanea di scritti artistico-letterari; una sintesi di storia della musica (dalle origini a Domenico Scarlatti). Segue la sezione (II capitolo) dedicata alla narrativa e ad una raccolta di pensieri su temi filosofici, ideologici, politici. Le Opere teatrali (III capitolo) contemplano tre titoli: Il padre sagace; Il trionfo dell’amore; Noi studenti. Gli scritti di Critica letteraria (IV capitolo) sono inerenti a prefazioni o recensioni di pubblicazioni d’autori contemporanei, prevalentemente siciliani. Infine (V capitolo) l’originale ed interessante studio sulla Numismatica dell’Impero romano, il quale, presentando le monete coniate anche, talvolta, con le effigi dei diversi “Cesari”, ricostruisce scenari della storia imperiale.
La prosa delle pagine autobiografiche assume un carattere essenzialmente diaristico-epistolare: si tratta più che altro di lettere scritte ai suoi cari in età giovanile durante viaggi all’estero in Francia e in Svizzera (Parigi, Lione, Ginevra…), e altre missive ad ogni ritorno a Catania. Gli argomenti sono vari: dai vaglia ricevuti per pagare le tasse universitarie, ai commenti sul Festival di Sanremo; dalla descrizione dei luoghi visitati – talvolta in lingua francese – alle sistemazioni alberghiere; dalla segnalazione dei testi scolastici da acquistare ai formali saluti in uso allora («Noi stiamo molto bene, come speriamo di voi»). Da segnalare le riflessioni sui suoi anni dell’insegnamento (1962-1992) in cui rimarca l’amore e la dedizione profusi nella professione scelta e da cui emerge una visione educativa del rapporto con gli studenti e non solo didattica. Nella miscellanea artistico-letteraria appaiono saggi critici su Leopardi, Montale, Van Gogh, Gauguin e Paul Valéry (che sottotitola con L’uomo: storia di una vita, di un’anima, di uno scrittore). L’autore coglie qui l’occasione di rispecchiarsi in alcune tematiche leopardiane, di condividere la montaliana vocazione per la poesia pura, mentre sconfinata è la sua ammirazione per Valéry, considerato il più grande poeta di Francia e depositario della poesia immortale. Qui la prosa possiede naturalmente quella proprietà di linguaggio specifica e specialistica della critica letteraria. La Sintesi di storia della musica è scritta più che altro per titoli, nomi di autori e loro opere, brevi spiegazioni biografiche musicali tecniche: utile per successivi approfondimenti. Si va dal Medio Evo al Canto gregoriano al Barocco con i suoi maggiori rappresentanti: Corelli, Torelli, Purcell, Couperin, Albinoni, Vivaldi, Telemann, Rameau, Scarlatti.
Per la Narrativa sono stati pubblicati tre brevi racconti. Oltre la siepe ha la sostanza di un sogno nel quale il protagonista scopre - dopo aver camminato in un fitto ed oscuro bosco - un ‘eden’ irreale e misterioso - dove tuttavia tutto è armonia: «Lassù c’era solo lui e la natura, la sua mente e l’universo, il suo corpo, la sua anima e Dio». Altre scoperte sorprendenti lo attendono, sempre in un’atmosfera onirica e che il lettore potrà interpretare a suo giudizio, ma che posseggono comunque un timbro simbolico e metaforico. La scrittura di Nigro è dedicata al paesaggio descritto liricamente, svela la capacità della suspence, coinvolge perché i periodi sono brevi, battenti, efficaci, scorrono senza fronzoli o divagazioni. Simile è lo stile del secondo racconto – In treno – in cui due studenti si recano per la prima volta all’estero per frequentare corsi di lingue e letterature straniere. Toni è invece una storia in stile deamicisiano di povertà, esclusione, emigrazione, dolore. Il padre Beppe, sul letto di morte, spiega al figlio il motivo per cui aveva dovuto cercare la carità per sfamarlo, perché non era riuscito a mandarlo a scuola ed era stato lui ad insegargli a scrivere e a leggere: la miseria. Ed ora Toni era costretto a lasciare il luogo natio per cercare fortuna nella ‘città’ lontana. L’impianto narrativo si regge soprattutto sul dialogo fra Toni e Beppe, con accenti commoventi e tristi. Nella piuttosto estesa sezione sottotitolata Pensieri, l’autore espone in sostanza la propria visione del mondo: non v’è certo qui spazio per il dettaglio, per cui orienteremo il lettore indicando i temi e gli argomenti principali trattati. In sequenza: scritti giovanili a carattere esistenziale; arte e cultura, avanguardie e rinnovamento artistico; politica e società; la cultura dell’odio; i valori della vita; riflessioni su Dio e l’Uomo; l’ambizione umana; le catastrofi delle ideologie; il Cristo e la verità. La prosa utilizzata dall’autore è piuttosto descrittiva di concetti ideologici e sociologici, nonché memoria di eventi passati.
Le opere teatrali qui presenti possono essere suddivise in due categorie distinte. Il padre sagace (atto unico in XIII scene) e Il trionfo dell’amore (atto unico in IX scene) hanno come argomento comune ed esito finale - sebbene con trame diverse - la vittoria dell’amore, vissuto dalle nuove generazioni quale realizzazione di un sentimento autentico, superando le antiche e ristrette visioni legate agli interessi materiali e alle volontà impositrici delle famiglie di origine. Noi studenti, invece - definita dallo stesso autore una ‘commedia drammatica’ - sviluppantesi in 3 atti e VI scene, riprende il tema del rapporto tra professori e studenti, già sviscerato nelle pagine autobiografiche e nei pensieri. Le vicende si snodano intorno ai ruoli nel mondo scolastico, all’autoritarismo del corpo docente e alla ribellione dei ragazzi, ai concetti educativi e al senso di giustizia, agli errori commessi da entrambi e alla capacità di riconoscerli, col lieto fine del perdono e della riconciliazione. È ovviamente una realtà esistente ai tempi dell’insegnamento di Nigro, realtà oggi largamente cambiata. Il linguaggio delle tre opere teatrali è in sostanza il lessico quotidiano, in quanto esso rispecchia gli innumerevoli dialoghi tra i personaggi, in gran parte brevi e concisi, tranne qualche rara eccezione di carattere riflessivo.
Nella parte dedicata all’autore come critico letterario di opere contemporanee possiamo leggere prefazioni a sillogi poetiche, recensioni a pubblicazioni di carattere autobiografico, introduzioni a libri di narrativa, giudizi critici relativi a pittori … ed anche Altre riflessioni letterarie, pubblicate in varie antologie, di cui una ci pare riassumere in pieno il pensiero di Pietro Nigro sul mondo d’oggi: «Un ritorno alle origini del Cristianesimo si impone per debellare le tremende conseguenze che hanno portato l’uomo alla dissennatezza che si è espansa nel corso dei secoli. L’esempio di Francesco ci indica la via che porta ad un capovolgimento di una situazione che sta divenendo sempre più tragica. Non si pretende che l’uomo faccia per filo e per segno quello che Francesco è riuscito a compiere, ma si “crei equilibrio di convivenza” nonostante la fragilità della natura umana che porta a comportamenti non del tutto encomiabili. Non è essenziale che si creda o no ad una religione purché i comportamenti si allineino ai principi che essa ci indica». Egli, come critico letterario, rivela la capacità di risalire dai versi o dalla prosa, al mondo interiore degli autori, indagando anche sui fattori ambientali e sociali che possono aver influito sul loro percorso culturale, letterario, artistico e spirituale.
L’ultimo capitolo dell’Opera Omnia - come già anticipato - dal titolo Numismatica dell’Impero romano, consiste in una rassegna storica attraverso le monete che ogni imperatore coniava per caratterizzare il suo potere: talune raffiguravano il volto dei vari ‘cesari’ succedutisi, altre riportavano vari simboli della vita pubblica e delle attività svolte nell’economia del tempo, essenzialmente agricola. Il materiale numismatico appartiene alla grande collezione dell’autore e nel libro, a fianco del breve ritratto che egli tratteggia per ogni personaggio, vengono pubblicate anche le fotografie delle stesse monete, con specificate le loro caratteristiche tecniche. Nella piacevole lettura vi faranno compagnia: Giulio Cesare, Marco Antonio, Ottaviano, Tiberio, Nerone, Tito, Domiziano … e tanti altri.
Per concludere non ci resta che risottolineare la vocazione multiculturale di Pietro Nigro, che ha voluto spaziare in molti campi del sapere, spinto da una “sete” di conoscenza non comune.
Enzo Concardi
Pietro Nigro, Opera Omnia. Volume 2 - Prose, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 232, isbn 979-12-81351-39-4, mianoposta@gmail.com.
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L’AUTORE
Pietro Nigro è nato ad Avola (sr) nel 1939 e risiede a Noto (sr); laureato in Lingue e Letterature Straniere all’Università di Catania, ha insegnato inglese presso varie scuole superiori. Ha iniziato a scrivere poesie fin da ragazzo; la sua ispirazione trae origine dai luoghi siciliani della sua infanzia e dagli ambienti francesi e svizzeri visitati durante le vacanze estive, in particolar modo Parigi (la sua città d’elezione), dove si recava spesso per perfezionare la conoscenza della lingua francese. Il primo libro di liriche, Il deserto e il cactus, è stato pubblicato da Guido Miano nel 1982 e gli è valso il 1° Premio assoluto per la poesia edita, Targa “Areopago” (1983, Roma). Sono seguite molte opere poetiche, testi di saggistica e altri lusinghevoli riconoscimenti, tra cui il prestigioso Premio “Luigi Pirandello” per la Letteratura (Taormina, 1985) e il Premio “La Pleiade ‘86” «per la produzione letteraria e poetica già riconosciuta a livello critico» (sala del Cenacolo di Montecitorio, Camera dei Deputati, Roma 1986).
Floriano Romboli, "Il fascino e la forza della letteratura, vol.2"
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Floriano Romboli
IL FASCINO E LA FORZA DELLA LETTERATURA, VOL. 2
Fogazzaro - Dante – De Sanctis - Malaparte
D’Annunzio - De Roberto - Sanminiatelli
Per gli appassionati di Studi Umanistici, il titolo che l’autore Floriano Romboli ha scelto per il suo libro, e cioè Il fascino e la forza della letteratura (Guido Miano Editore, Milano 2023), costituisce certamente una bella attrattiva e prelude ad una interessante lettura. Del resto l’autore, con questa sua opera, si è prefisso l’obiettivo di attrarre quanti più lettori possibile, per far gustare loro il piacere che si prova accostandosi agli Studia Humanitatis e fare assaporare quella gioia particolare che la Letteratura sa offrire. Quel che emerge in questi Studi è l’uomo, l’essere umano in tutti i suoi aspetti, nella sua forza e nella sua fragilità, nel suo valore e nelle sue debolezze.
Floriano Romboli in questa sua opera prende in esame la Letteratura dei secoli XIX e XX, cioè dell’Ottocento e del Novecento. Egli si sofferma su scrittori come Antonio Fogazzaro, Federico De Roberto, Curzio Malaparte, Gabriele D’Annunzio, e su Bino Sanminiatelli. Un capitolo è riservato ai giudizi di alcuni Papi contemporanei come Leone XIII, Paolo VI, Benedetto XV su qualche aspetto dell’opera di Dante. Compaiono anche riferimenti a critici letterari di notevole pregio tra i quali De Sanctis, Donadoni, Fubini, Getto, Giorgio Bàrberi Squarotti. Innumerevoli inoltre le citazioni dalle opere degli autori, le quali rendono più efficace e incisivo il discorso. Ci sarebbe molto da dire, appunto per la dovizia di autori, critici e Papi, già citati, ma noi preferiamo soffermarci sugli spunti di riflessione che offrono le tematiche affrontate, che cadono ben a proposito sulla esigenza di rinnovamento e approfondimento, fortemente sentita dalla Letteratura odierna.
Oggi si avverte la incompletezza della Letteratura se non è suffragata dalla riflessione sull’uomo che offre la Teologia. Quest’ultima, infatti, vertendo su Dio e sul Suo Figlio, Gesù, perfetto Dio e perfetto Uomo, può illuminare sulla comprensione dell’anima degli Autori, perché, sulla scia di Sant’Agostino che esorta “Cerca Dio e troverai te stesso”, soltanto alla luce del divino può balzare fuori l’umano, nella sua più veridica esattezza. Pensiamo a Dante Alighieri. Afferma Floriano Romboli (p.60), riferendosi al critico Giovanni Getto: “Nell’omaggio convinto e sincero alla lezione morale e artistico-culturale dell’Alighieri, in questo caso si realizzava la sintesi preziosa tra magistero religioso e critica letteraria.”
Oggi inoltre si avverte viva l’esigenza della solidarietà, della gentilezza, del garbo, e forte è l’anelito al senso di umanità che si è perduto quasi totalmente. Le controversie si risolvono a suon di coltelli, a cominciare dai ragazzini, e negli adulti dal fragore delle armi. Emerge nell’essere umano la ferinità. Qui in questo libro largo spazio è dato a questo aspetto deleterio: l’uomo selvaggio. Favorito questo concetto dalla diffusione della teoria di Darwin: l’uomo discende dalla scimmia. E se la brutalità umana si manifesta soprattutto con la guerra, qui con molto realismo si mettono in risalto, negli avvenimenti bellici, gesti e atteggiamenti, dalla storia quasi sempre sottaciuti: la follia e il suicidio. Tra le file dei combattenti. La guerra non è vista nei suoi aspetti esaltanti, quali espansioni, conquiste, ma per quello che è: una grande brutalità. Aldo Palazzeschi così affermava: “La guerra non si fa. La guerra non si deve fare per nessuna ragione al mondo.” E Antonio Fogazzaro così sosteneva: “Noi dai bruti non discendiamo. (…) Noi ascendiamo da essi e il nostro tempo sempre meglio comprende che se la vanità umana può compiacersi qualche volta di discendere, la vera gloria dell’uomo è di ascendere.”
E forse sta qui la forza e il fascino della Letteratura: con la mente e con il cuore penetrare nella verità della esistenza, per ascendere sempre più, armonizzando i contrari, superando la perenne lotta tra le luci e le ombre.
Maria Elena Mignosi Picone
Floriano Romboli, Il fascino e la forza della letteratura, vol.2, pref. di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 148, isbn 978-88-31497-93-0, mianoposta@gmail.com.
Maria Angela Eugenia Storti, "Itinerari di letteratura del Novecento tra tradizione ed innovazione"
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Maria Angela Eugenia Storti
Itinerari di letteratura del Novecento tra tradizione ed innovazione
Guido Miano Editore, Milano 2023
Maria Angela Eugenia Storti, laureata in germanistica, è nata a Palermo, dove vive e ha insegnato. Opera in attività teatrali a fini didattici; ha pubblicato sillogi poetiche e saggi; alcuni fra questi ultimi sono raccolti nel volume Itinerari di letteratura del Novecento (Guido Miano Editore, Milano 2023), che chiama scrigno dei suoi “sogni più intimi”, è dedicato ai suoi affetti più cari. Il sottotitolo completo specifica trattarsi di “Memorie artistiche a confronto” dei seguenti autori: Mann, Kafka, Woolf, Eliot, Beckett, Wedekind, Pirandello, Montale. Nella sua nota chiarisce che riguarda autori di cultura anglosassone e tedesca con agganci ad alcuni scrittori italiani di “espressione” europea; non di “comparazioni” si tratta, bensì di “collegamenti”. Spiega altresì che gli artisti, in un certo senso, esprimono le diverse anime della società in cui vivono; tuttavia, esemplificando, osserva che coloro che se ne discostano vengono etichettati, per esempio: di annichilimento (come Kafka), o di rivoluzione (come Brecht, qui non esaminato) o di oscillazione tra realtà borghese e mondo artistico (come Mann).
Quanto alla struttura del volume ci chiarisce la prefazione di Lea Di Salvo, la quale ne indica tre sezioni; e cioè: il Romanzo, attraverso le opere di T. Mann, F. Kafka, V. Woolf e T. S. Eliot; il Teatro, in cui si veicola la comunicazione in ambito di modernismo di portata europea, attraverso F. Wedekind, S. Beckett e L. Pirandello che qui trova collocazione con la sua sicilianità. Infine la terza sezione riguarda la Poesia comprendente insieme E. Montale e T. S. Eliot, i quali prendono le distanze dalle assolutezze, considerano la aleatorietà degli eventi. Insomma il volume mira allo svecchiamento delle letterature ampliandone i singoli confini in cui si inseriscono “squarci di memorie italiane, nel periodo tra le due guerre mondiali (…) preferibilmente attraverso l’impersonalità (…) che spesso dà origine ad una frammentarietà linguistica, al nonsense (…) e infine al silenzio”. Il sottoscritto potrebbe fermarsi qui, tuttavia prosegue sulle orme del volume, omettendo citazioni e riferimenti, per snellire l’esposizione, sia pure zoppicando.
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IL ROMANZO
Paul Thomas Mann (Lubecca, 1875 - Zurigo, 1955). Quanto al Romanzo, Maria Angela Eugenia Storti inizia con lo scrittore tedesco, esaminando, in particolare, l’opera Doctor Faustus (1947), nell’ottica del “lamento” e della “celebrazione”. Il tema del patto con il diavolo è abbastanza noto nei racconti popolari tedeschi e non solo; ma non ha niente a che vedere con il più vecchio “Faust” goethiano (del 1808). Mann trova occasione per denunciare la “decadenza e la fine della civiltà borghese”, con riferimento agli eventi bellici conclusi con la disfatta della Germania.
Tento una approssimativa sintesi. Nel suo romanzo abbiamo andamenti narrativi e saggistici senza distinzione, aggrovigliati in un sapiente gioco di contrasti. Mann prende a pretesto “un compendio romanzato di storia della musica” e un testo di filosofia, argomentando sul linguaggio nei vari ambiti comunicativi, in particolare del suono e della vista, per concludere che è necessario ricercare nuovi modi di espressione.
Il romanzo si svolge in un virtuosismo lessicale di piani a incastro in cui tutti i personaggi sono caratterizzati in modo ben distinguibile, in tutto e per tutto (timbro di voce, aspetto fisico, ecc.). Si fa uso di parodia e di formule tradizionali per farne caricature. I due protagonisti principali sono amici, Adrian e Serenus, agiscono in uno scambio continuo di ruoli, ma assumono un “significato simbolico”: Adrian rispecchia “la figura del musicista tedesco (…) vittima di cerebralismi diabolici”, vuole raggiungere la fama; Serenus è un umanista che contrappone il valore della parola ed è la voce narrante. Tuttavia essi sono le due anime dell’autore, Thomas Mann, che ora estraniandosi osserva la società; ora interprete, ne subisce le contraddizioni (questo è quello che mi pare di capire) nell’eterno confronto tra bene e male, tra Dio e Satana. Metaforicamente Mann si riferisce non (solo) all’uomo, bensì al popolo tedesco. Egli è ora l’uno, ora l’altro dei personaggi, volendo fare percepire la disfatta della Germania “in cui i colpevoli non sono da ricercare solo tra i gerarchi nazisti (…). non si può dire io non sapevo, non è permesso, e solo un occhio ci si può coprire, uno solo”.
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Franz Kafka (Praga, 1883 – Kierling, 1924) è il risultato di una rosa di culture molto diverse tra loro: quella slava (di Praga), quella tedesca (avendo studiato in Germania), quella ebraica (essendo figlio di un israelita), nonché di cultura francese per via delle sue letture. Aveva una formazione ampia con l’inclinazione alla metafisica, alla ironia e all’assurdo, perciò infittisce di oggetti e di personaggi impregnandoli di simbolismo e curandone molto i particolari con forte realismo. Il tutto gli conferisce un’immaginazione demoniaca e assurda.
Insoddisfatto delle sue opere, pubblicò solo il racconto La metamorfosi nel 1916 (traslato in versione cinematografica), con chiara allusione all’isolamento dell’uomo, alla sua alienazione. Gli altri tre romanzi, oltre un Diario, vengono pubblicati postumi. Il Castello, nel 1926, è l’ultimo dei suoi romanzi, rimasto incompiuto; il castello è il luogo della burocrazia dove è difficile entrare e sbrigare delle pratiche gravando alquanto sulla frustrazione degli abitanti; il protagonista, vittima di questo senso di frustrazione, si chiama K. (proprio così), un agrimensore, e la narrazione è affidata all’altra figura di nome Olga. Il processo viene pubblicato nel 1925, è sullo stesso tenore del precedente, perché il protagonista, che si chiama Joseph K., è uno “scrupoloso impiegato”, che viene arrestato improvvisamente senza spiegazione alcuna, condotto in una cava e giustiziato.
Kafka si allontanava dalla letteratura contemporanea giudicata decadente, “ha descritto incubi e pensieri, scaturiti dalla realtà del quotidiano. In tutti gli scritti kafkiani le storie narrate sembrano appartenere al mondo spettrale delle visioni” (La lettera k campeggia nei suoi personaggi).
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Virginia Woolf (Londra, 1882 - Rodmell, 1941). Negli anni Venti le venne chiesto di redigere una relazione avente per oggetto “la donna e il romanzo”, per alcune conferenze da dedicarsi a studentesse dei college inglesi. La scrittrice si allontanò dagli stereotipi attesi, che volevano la donna relegata agli standard domestici; tuttavia la sua ricerca sprona le donne a uscire dal proprio guscio e a rivendicare la propria autonomia culturale e uscire dalla anonimità. Mirava ad una narrazione verticale e non orizzontale, cioè a rappresentare la realtà, specialmente delle donne, “in profondità, piuttosto che in estensione”. Perciò la sua scrittura recupera i “processi mentali dei suoi protagonisti”.
Molte delle sue idee troviamo nel suo saggio Una stanza tutta per sé, con chiara allusione alla autonomia auspicata delle donne. Concepisce la vita nella sua molteplicità di forme e fa uso di simbolismo e di motivi conduttori come tecnica narrativa; concepisce l’arte in chiave di comunicazione. Fra le altre opere ricordiamo Mrs Dalloway. Invita la donna alla riflessione, all’autocoscienza, a superare la loro anonimità, trasformare la loro solitudine nel diritto di riservarsi un momento di scrittura e creativo più in generale. Invita la società a considerare sotto nuova luce stranezze eventuali delle donne, di non rinchiuderle nei manicomi e di non ignorare la loro genialità.
Virginia infatti aveva tendenze suicide e ha lottato per essere riconosciuta nella sua identità. Esortò le donne, sì a scrivere, ma senza dimenticare che “la mente degli artisti è androgina”. Infine, Storti, così conclude: “Lo ‘sbriciolamento’ dell’Io, il suo conseguente ‘flusso di coscienza’, ‘apre le stanze e le finestre’ a nuovi itinerari e costituisce il contrappunto drammatico della trasformazione dell’esperienza creativa femminile”.
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Thomas Stearns Eliot (Saint Louis, 1888 - Londra, 1965). La letteratura inglese del Novecento fu attraversata da fermenti innovativi ove si inserisce Eliot che si era trasferito in Inghilterra; saggista, critico e poeta, uno fra i più grandi del Novecento. Nuovi movimenti scuotevano gli scrittori europei. Si abbandonava il verso classico a favore del verso libero; ci si staccava dal dolce canto per diventare scopritori dell’animo umano. Lo scrittore americano scrive in modo fluido senza curarsi dei nessi di collegamento, suscitando così degli scossoni interpretativi; e favorendo molte possibilità di collegamenti ipertestuali.
Fra le sue opere ricordiamo la sua prima poesia importante che si intitola Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock (del 1911), Poems (1920), “dove gioca sull’opposizione tra passato e presente, tra schemi tragici e farseschi”. Nasce una nuova poesia, che lascia l’Io lirico per farsi Epico e lascia le forme statiche per fare spazio alle necessità della storia. Eliot è aperto a nuove visioni, a una nuova “fioritura delle messi”, ai simbolisti francesi, ai mistici medievali. Si incrociano le varie arti, miti e leggende come nel poemetto Il Re Pescatore (del 1922), un essere tra il divino e un redivivo Tiresia, veggente del mito classico, giustificandone l’esistenza sotto una prospettiva allegorica. Tuttavia il suo capolavoro è La terra desolata (1921) che si ispira al mito medievale del Sacro Graal legato ai temi della decadenza e alla ricerca della resurrezione. Egli si colloca tra l’antico e il moderno.
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IL TEATRO
Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936). M. A. E. Storti apre l’argomento del palcoscenico con uno scrittore fra i più celebri italiani di levatura internazionale. Era un intellettuale, aveva studiato anche in Germania e ha avuto confronti con altri intellettuali del tempo. Cresciuto fra i templi greci della sua città, si è nutrito del mito classico in veste della sicilianità dei suoi tempi, nel fondo teneva uno strato di romanticismo e di filosofia. È riuscito a innovare il teatro e ha “sprovincializzato il teatro siciliano”. Sostenitore di un’arte rivelatrice dei caratteri reali delle persone.
Nelle sue opere abbiamo l’umorismo, cui dedica l’opera omonima L’umorismo (del 1908); abbiamo la comicità, le situazioni assurde, la metafora della maschera dietro cui viviamo, il sentimento del contrario. I suoi drammi evolvono a sorpresa. Sul piano contenutistico, sotto sotto, presenta intenti sociali e denunce (Morire e vivere insieme; mi sovviene Il fu Mattia Pascal).
I suoi personaggi sono tutti caratterizzati psicologicamente, presentano sdoppiamento dentro la vasta gamma dei sentimenti, del pianto, del riso, dell’inganno, del cinismo. È riuscito a fondere forma e contenuto. Infine la Storti conclude così: “Il linguaggio, unica modalità vitale, tradisce se stesso attraverso il dialogo-monologo dei personaggi che, a causa di una mancata comunicazione, testimoniano la disperazione dell’uomo moderno, la cui solitudine tra le cose trova come unico conforto la parola”. (p.54). Credo si riveli in tal modo nell’Agrigentino il “sentimento del contrario”.
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Frank Wedekind (Hannover, 1864 - Monaco di Baviera, 1918), la sua arte viene collocata nell’ambito espressionista. Autore di drammi, fra gli altri, di Lo spirito della terra e di Il vaso di Pandora; in quest’ultima opera, sotto i riflettori, è una donna di nome Lulu, “presentata come l’incarnazione del fascino impossibile da addomesticare per l’ipocrita uomo donatore.” È la donna che incarna l’ambiguità, in ogni senso. Le due opere inizialmente pubblicate insieme furono censurate e in seguito pubblicate autonomamente.
Il nome di Pandora fa esplicito riferimento al mito classico, cioè del sacco che contiene imprigionate tutte le furie per volontà di Zeus. Difatti etimologicamente significa “colei che tutto dona”. Lulu è tutto, nel bene e nel male (è un ninnolo, è Eva, è senza pudore, ha una bellezza angelica e al contrario ha una bellezza demoniaca), gli aggettivi non sono sufficienti a descriverla. Lulu si sente legata soltanto a suo padre, ormai nel regno dei morti.
Nella morale contemporanea di tutti, Lulu (prostituta) non poteva godere del consenso nella società; perciò, per redimersi al giudizio del mondo, l’autore la fa morire per mano di un criminale. Lulu è un “nome balbettato tra l’infantile e l’erotico” che fa tenerezza. La sua ambiguità la porta ad amare un’altra donna, anch’essa segnata da esperienze erotiche. “Sia la Lulu (da tutti donata), che infine la Geschwitz (colei che tutto dona), costituenti due parti indispensabili alla completa costruzione di Pandora, pagano il loro riscatto attraverso una lunga e faticosa catarsi”.
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Samuel Barclay Beckett (Dublino, 1906 - Parigi, 1989), drammaturgo, scrittore, poeta, traduttore e sceneggiatore irlandese. Al contrario di molti autori la sua drammaturgia è ridotta all’osso, si appoggia su eventi minuti insignificanti, quasi senza nessi logici, un paradosso. Il suo viene definito “Teatro dell’assurdo”. Eppure traccia profili umani dei personaggi; specie nelle sue opere teatrali più famose Aspettando Godot (1952) e Finale di partita (1957), egli mette in luce la “crisi di identità tra elegia e parodia giullaresca”.
Sottolinea l’incomunicabilità umana, attraverso un linguaggio comune, quasi dimesso, di tutti i giorni della chiacchiera quotidiana. I suoi personaggi sono fortemente caratterizzati fisicamente e simbolicamente (per esempio con menomazioni fisiche).
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LA POESIA
Ed eccoci alla terza sezione di Itinerari di letteratura del Novecento, di Maria Angela Eugenia Storti. Come si può notare tutti gli autori presi in esame vissero e operarono soprattutto tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Dunque nell’ambito della poesia diventa argomento il rapporto tra l’Io (obsoleto) e il Noi (che avanza), il tema dell’esistenza, l’uso del simbolismo, quindi il “correlativo oggettivo”. E cioè giungere al lettore usando forma e contenuto che facciano presa su meccanismi psico sociologici. Ebbene la realtà del mondo senza false illusioni, sono i motivi che accomunano Montale ed Eliot.
Eugenio Montale (Genova, 1896 – Milano, 1981), uno fra i più grandi poeti italiani mette in atto la sua poetica attraverso la sua prima raccolta, Ossi di seppia (1925); dove “ossi” sta per precarietà della vita, da cui deriva “il male di vivere”, l’angoscia di vivere. E anche Thomas Stearns Eliot, di cui si è scritto più sopra, a proposito, in particolare, de Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock (1911), esprime il senso della solitudine nella sua prima poesia, in cui Prufrock è (pressappoco) l’uomo che non sa amare e si chiude in sé stesso, ma deve prendere coscienza.
Entrambi scelsero una lingua di uso ordinario (di uno di Noi), uno stile asciutto, ridotto all’essenziale; nondimeno “Di difficile comprensione appare l’opera di Montale per molti, e per altri Eliot fu considerato un poeta elitario, la cui gelida intelligenza gli impediva di condividere le comuni emozioni umane.”
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Maria Angela Eugenia Storti si congeda definendo gli scrittori, coinvolgenti, “apostoli dell’immaginazione”, donatori ai lettori di “pezzi di vita” (mie virgolette). Penso che recensire un volume come Itinerari di letteratura del Novecento, che comprenda una raccolta di saggi, diventi un’impresa ardua. Tratta di otto autori fra i massimi del panorama letterario, di cui sei sono Premi Nobel: Mann, Eliot, Beckett, Wedekind, Pirandello, Montale (Kafka e Woolf, probabilmente non fecero in tempo). Recensire diventa un impegno non indifferente, una scommessa; argomenti così specifici, anche a procedere a passo d’uomo, come si suol dire, rischiano di fare prendere cantonate.
In chiusura desidero compiacermi della presenza di due poeti italiani, uno del Nord, l’altro del Sud, che rappresentano due realtà diverse, sia pure in tempi differenti. Questi Itinerari meritano certamente molto di più; tuttavia penso che anche una interpretazione zoppa possa tornare utile, quanto meno stimolante e illuminante per imprese analoghe. La lettura è interessante e coinvolgente, perché se ne vorrebbe sapere sempre di più, anche perché i temi trattati sono attuali.
Tito Cauchi
Maria Angela Eugenia Storti, Itinerari di letteratura del Novecento tra tradizione ed innovazione, pref. di Lea Di Salvo, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 82, isbn 978-88-31497-99-2, mianoposta@gmail.com.
"Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Maurizio Zanon" a cura di Enzo Concardi
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Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Maurizio Zanon
a cura di Enzo Concardi
Guido Miano Editore, Milano 2024.
Nel testo Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Maurizio Zanon (Guido Miano Editore, 2024), è condotta un’ottima, interessantissima disamina del poeta, saggista e narratore veneziano attraverso le voci dei critici che hanno dato contributi ai contenuti e allo stile delle suo numerose Opere. Vengono citati, tra gli altri, Giampietro Cudin, Mario Stefani, Enzo Concardi, Nazario Pardini, Guido Miano, Angela Ambrosini. Conosco questo prolifero artista tramite due sue Sillogi, che ho recensito e amato molto: Tutto fu bello qui del 2020 e Fralezze del 2023. Trovarlo in un’Opera di ampio respiro come l’Analisi ragionata mi ha spinto a ripercorrere le sue orme dagli esordi, con Prime poesie, attraverso le splendide derive dei saggi che celebri Autori, come Dino Manzelli e Flavio Andreoli hanno dedicato a Zanon.
In questo splendido libro, corredato di foto che riprendono alcuni momenti artistici del Nostro, non manca una collana di cammei lirici, intitolata “Antologia essenziale delle poesie”. Sul greto del tempo in versi del Poeta sembra siano state raccolte perle sparse, concepite nel corso di circa quarant’anni di attività. Il tempo funge da lente d’ingrandimento per rendere nitida la visione del mondo di un autore e i suoi eventuali cambi di passo. Talvolta da giovani si tende a procedere in un orizzonte infinito, mentre con il trascorrere del tempo si riconoscono le parti e i confini. Non è il caso di Maurizio Zanon, o almeno non mi sembra. Leggendo la lirica del 1987 Andando e ascoltando, tratta dall’omonima silloge, sono stata immediatamente trafitta dalle emozioni che mi rapirono nella raccolta Tutto fu bello qui: “Andando e ascoltando / i discorsi del vento / più leggero io mi sento / tra i misteri del tempo”. Il canto si srotola in quattro settenari che racchiudono il mestiere del Poeta, il suo spartito sempre spalancato, le note che si alzano lievi e danzano dolcissime nella brezza e nello scorrere dei giorni, e la capacità, data solo agli artisti, di trarre enigmi anche dalle soluzioni. Attraverso i versi è possibile imbrigliare l’energia e plasmare la realtà percorrendo grandi distanze in un istante. Il mistero non rappresenta un muro, ma un orizzonte: “Felicità sta nel non sapere / ogni passo che verrà di nostra vita” (Felicità, da Liriche scelte, 2010).
Tema ricorrente di Zanon è il cammino, inteso come ‘andare verso’, un senso eracliteo dell’esistenza, vista in continuo divenire. Si muove il cielo, il mare, si muovono gli anni. La destinazione dei percorsi non sono luoghi, ma nuovi modi di vedere le cose. “… Nulla rimane / nello scorrere inesorabile : questo radicato / cammino di storia è destinato a dissolversi” (da Come il sole d’autunno, 2011). Restano intatti l’amore per la donna e la fede, punti cardine di un’anima che non vaga inquieta tra le burrasche, ma sa posarsi lieve sulle sponde della laguna, a meditare, a fare bilanci, a visitare le isole care della memoria. “Non finirà questo amore /che rinasce ogni giorno al canto d’usignoli!” (Non finirà questo amore, da Poesie d’amore, 1991). Trovo straordinario tra anime inquiete, disorientate, che cercano nei versi una catarsi, scoprire un uomo che smentisce l’assunto della vocazione artistica sposa dell’infelicità.
L’autore concepisce il sentimento per eccellenza come un viaggio ai confini di se stesso, un’esperienza che consente di essere simili a fuoco, di bruciarsi ed esplodere dentro “Un fuoco interiore che mai si spegne / brucia l’anima nel costante pensiero” (Passione, da Fralezze, 2023). E sa intendere la fede come una continua evoluzione spirituale, un cammino in verticalità nella certezza che “Dio è sensibile al cuore, non alla ragione” (Blaise Pascal). Nelle liriche sparse è presente una preghiera a David Maria Turoldo, presbitero, teologo e filosofo, nato nei primi anni del ‘900, che sostenne il progetto Nomadelfia per accogliere gli orfani di guerra; un sacerdote che condusse una grande avventura nella storia e nella chiesa italiana schierandosi sempre a favore del civile, del sociale.
In riferimento alle rimembranze, il tempo in fieri dell’Autore non concede di tornare indietro. Zanon, come tutti i grandi sognatori, è consapevole che basta sfiorare il filo teso di un profumo per far risuonare i ricordi. “Vivo l’oggi / pensando a come vivere il domani / ma è l’ieri che non si può più: / attendo allora un tempo senza tempo” (da Un tempo senza tempo, 2007). Il tempo cui allude il Nostro è quello che consente di restare a stretto contatto con l’anima, di attribuire senso al passaggio terreno. Nel tempo senza tempo nulla si crea o si distrugge, è la stessa essenza che continua a esistere assumendo varie forme, trasformandosi di continuo. “Ci siamo consumati fino a morire / sotto un cielo da cui ci aspettiamo ancora grandi cose” (Tutto fu bello qui, da Tutto passa, 2019). Da Eraclito si passa a Platone nel suo vertiginoso dialogo intitolato “Il Parmenide”, che asseriva. “La natura dell’istante è qualcosa di assurdo (atopos), che giace tra la quiete e il moto, al di fuori di ogni tempo”.
Quando ho avuto l’onore di recensire questo meraviglioso artista, che non ha bisogno di ricorrere alle figure retoriche per rendere superbo il suo canto, mi soffermai sull’amore per Venezia, una città che ben s’identifica con il non tempo, in quanto esiste in una dimensione esotica, in una sorta di gioco illusionistico, in una delle forme del mistero e dell’altrove. Zanon non poteva che nascere lì, un luogo che emerge dal mare o forse affonda nel mare. “Venezia bizantina / si stende in riflessi dorati / rivivo memorie passate / su carezze d’onde / ove si posano / gondole d’opaca luce” (Venezia bizantina, da Giallo oro di sole, 1995). La forza del sentimento amoroso, della spiritualità e del legame alle radici dà risalto a un aspetto tanto intrigante quanto raro, che caratterizza il Poeta veneziano: la costanza, intesa non come energia ferma, ma come volontà di raggiungere le più alte vette, non attraverso improvvisi scatti, ma lavorando anche di notte sugli obiettivi raggiunti.
Maria Rizzi
Enzo Concardi (a cura di), Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Maurizio Zanon, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 100, isbn 979-12-81351-24-0, mianoposta@gmail.com.
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