poesia
Gabriele Giuliani, "Quartine"
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“L'Uno diventa Due, /i Due diventano Tre, /e per mezzo del Terzo/il Quarto compie l'Unità” (Maria Profetissa) Questa intestazione appartiene a Quartine di Gabriele Giuliani (RPLibri, 2024 pp. 160 € 16.00) ed esprime nel contenuto il pensiero alchemico che contraddistingue l'intero orientamento del libro. La poesia di Gabriele Giuliani scompone l'interpretazione esoterica e simbolica dei segreti dell'esistenza umana. La seducente intonazione dei versi insegue il desiderio del poeta di abitare i sentimenti e di trasformare la percezione compiuta dello spirito, collega l'ascendente enigmatico delle parole all'antica sapienza di esaminare il significato filosofico del numero, inteso come principio di tutte le cose, di identificare ogni entità del reale in una relazione riconducibile alla natura del numero e alla sua stessa sostanza. Gabriele Giuliani analizza la propria visione del mondo attraverso l'iniziatica descrizione di ogni impressione vitale, il vincolo ancestrale e perfido tra anima e corpo, illustra il requisito della conoscenza come strumento speculativo di ricerca interiore, contempla il mutamento occulto delle emozioni, sperimenta l'oscillazione contrastante dell'equilibrio e l'inquietudine incalzante nella psiche umana, elabora l'identificazione del caos, dirige l'armonia cosmica, riconoscendo la purificazione dello spirito nel divenire, disgiunge l'essenza primordiale in un paradigma riflessivo di comunicazione e di comprensione con l'universo. Quartine suggerisce la suggestione del numero quattro, ricco di affascinanti definizioni nel mondo della numerologia per la sua consistenza perfetta, l'elemento rappresentativo, punto di riferimento determinante. Gabriele Giuliani circonda di un'aura impalpabile e ipnotica il rinnovamento della consapevolezza, addensando di luci e di ombre il proprio cammino di estensione emotiva, emana le introspettive tematiche della sua opera poetica con l'espediente complesso e intellettuale delle metafore, il carattere geometrico della decifrazione, le proprietà ascetiche e misteriose dei rimandi letterari, la radice impenetrabile e indecifrabile dell'indagine poetica, il sostegno attendibile della ciclicità del tempo, svelato all'incarnazione catartica degli avvenimenti. Il libro concede al lettore una lettura analitica stimolante, foriera di autentiche esortazioni per sostenere la superficie fertile della vita, accompagnare le inclinazioni dell'inconscio, gli interrogativi esistenziali, l'insinuazione istintiva e la certezza razionale, la spontaneità della bellezza. La scrittura di Gabriele Giuliani rivela il disorientamento fatale del destino, impresso nella necessità inalterabile di ogni legge di natura, traduce l'efficacia esclusiva della coscienza, l'indicazione prospettica dell'universo e della materia. Attribuisce all'esperienza del sentire la prima, persuasiva indicazione assimilabile all'evocazione animista, illumina le intuizioni dell'anima, segue l'incantesimo del poeta che percorre un prodigioso cammino elegiaco, offre fascinose e visionarie corrispondenze nel mezzo espressivo, nel criterio esplicativo, piegato alle esigenze del trascendentale, parafrasando i passaggi cognitivi come l'ispirazione, lo stupore, il presagio e la sensibilità. Gabriele Giuliani dona l'accordo ai suoi versi con la saggia versione dell'archè, componente originaria della realtà, infiamma la dicotomia tra essere e apparenza, oltre la sensazione della decadenza, nella vocazione linguistica dell'origine artistica.
Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/
Discorso estivo
Evapora il vecchio apparecchio,
si lasciano andare le parole disidratate
e nel mondo senza senso:
la rubiconda tipografia d'un discorso alla carne.
Pioggia
Come le ali d'una tortora
lo scricchiolio del tetto
racconta la prima goccia
che ha disegnato la linea dei monti.
Stelle nel vigneto
Le nuvole affamate
divorano ottantotto grappoli di cielo
e sulla gelida terra
s'accende un firmamento
D'estate non si muore
Le notti spiaggiate, madide di stelle, svelano il senso.
Con le nuvole che costruiscono castelli di sale
e la schiuma-fiore-di-mirto che rinasce col sole
una voce canta l'inizio che discende dall'acqua.
Il consiglio di Antonia Pozzi
Socchiudi l'arco delle palpebre,
lascia andare lo sguardo verso
bianche sponde, la luce d'un mare mosso
in un verde ipnotico di fronde.
Refrain
Comunione e condivisione:
rapsodica visione ombra d'illusione,
sogno d'espressione d'una vita
assimilare alla sillabazione.
Ombre teatrali
Assetate dalla luce d'una nuova scena
non sanno mai
che lo spettacolo allestito
è finito con l'arrivo del sipario.
Doplero
Nel buio della stanza accendo una sigaretta
per vedere fiocamente
per giocare con la mente
e capire se ricordo tutte le tue linee.
Raccoglitore
No, non sono fogli. Sono giorni e giorni.
Giorni che fanno anni e anni.
Anni che fanno una vita.
Vita vissuta dentro e fuori, sui fogli.
Don Giovanni Mangiapane, "Poesie del Santo Rosario e della Via Crucis"
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Don Giovanni Mangiapane
Poesie del Santo Rosario e della Via Crucis
Guido Miano Editore, Milano 2025.
La fede si veste a festa: indossa la veste della poesia. Bella oltre che buona e vera è la Parola di Dio perché la bontà ovvero l’amore, è la verità e la verità, che è la bontà, risplende nella bellezza. Ma ora questa bellezza rifulge ancora di più. La sua luce si potenzia fino ad arrivare anche a chi non può accostarvisi per carenza di mezzi espressivi nella lingua ufficiale perché conosce solo il dialetto, così don Giovanni Mangiapane, come Papa Francesco, arriva agli ultimi, suscitando così forse anche conversioni.
La poesia in questa sua opera dal titolo Poesie del Santo Rosario e della Via Crucis non è quella aulica ma è poesia dialettale, viva quanto mai, del dialetto siciliano o, come preferisce chiamarlo l’autore lingua siciliana.
Non sono versi liberi ma il poeta rispetta dell’arte poetica, quello che è la metrica, con la strofe, il verso con il numero di sillabe ben definito, la rima, e per di più con la costante di una simmetria che conferisce pure in aggiunta il decoro dell’ordine.
Due sono i temi in cui sono raggruppati i componimenti poetici, il Rosario e la Via Crucis, ma il numero esiguo non significa niente di restrittivo perché nel Rosario c’è compresa tutta la vicenda terrena di Gesù, dalla nascita, anzi dal concepimento, fino alla Resurrezione. La Via Crucis inoltre non è di quattordici stazioni, ma di quindici, includendo anche la Resurrezione, esclusa comunemente, mentre già era compresa sin dai tempi antichi.
È meritorio che l’autore metta in risalto la Resurrezione perché i Cristiani non sono i piagnoni di Girolamo Savonarola, ma sono lieti nella speranza, perché per la fede cristiana la morte non ha l’ultima parola.
Tornando alla espressione linguistica diciamo che la lingua ufficiale o nazionale sta alla lingua dialettale come l’abito elegante, da cerimonia, sta alla divisa; entrambi sono abiti come entrambe sono lingue ma con peculiarità diverse, e il dialetto è come il folklore, che è specifico di ogni regione caratterizzandola in modo efficace ed incisivo. Come non si può abolire la parola folklore così non si può, e non si deve, abolire la parola dialetto. Che sia lingua poi è già implicito nella etimologia della parola, dal greco, equivalente a parlare, con riferimento alla viva lingua parlata in contrapposizione a quella scritta. Oggi si rifugge dal dire dialetto e si preferisce connotarlo come lingua siciliana, ma sarebbe allora meglio dire lingua del dialetto siciliano. Questa sostituzione si potrebbe spiegare per il fatto che il dialetto è stato relegato a un rango inferiore e inoltre perché se ne paventa la scomparsa dal momento che in generale ora si parla in italiano ma con un uso che lo sta rendendo un ibrido, pieno di errori come “facile da fare” e non, come sarebbe esatto, “facile a farsi” perché non è lo stesso di “libro da leggere” cioè “che deve essere letto”. Allora noi diremo che l’autore, don Giovanni Mangiapane, ha scritto questa sua opera nella lingua del dialetto siciliano perché troppo cara ci è la parola dialetto, la sentiamo parte di noi e non ci vogliamo rinunciare. Per onorarla magari la scriviamo con la maiuscola: il caro e amato Dialetto.
Don Giovanni Mangiapane, sacerdote e poeta, che in questa sua opera ha aggiunto per ogni poesia, anche una sua riflessione quasi una breve omelia, preceduta dalla citazione di uno stralcio evangelico e seguita dal riferimento a problematiche attuali quali le migrazioni, il bullismo, la violenza, la guerra, non cessa di sentirsi, come lo è, il pastore, il pastore delle anime.
Ardente e vibrante si leva la sua voce in difesa della verità, nello sprone alla bontà, fino al raggiungimento così dello splendore della bellezza. Non per nulla infatti ha scelto di rivestire la fede di poesia.
Maria Elena Mignosi Picone
Don Giovanni Mangiapane, Poesie del Santo Rosario e della Via Crucis, testi in lingua siciliana con traduzione italiana a fronte; prefazione di Marco Zelioli, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 72, isbn 979-12-81351-52-3, mianoposta@gmail.com.
Laura Cecchetto, "Il canto del cucculo"
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Laura Cecchetto
Il canto del cuculo
Guido Miano Editore, Milano 2025
Laura Cecchetto, autrice della raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede, è nata nel 1954 a Torino dove attualmente vive e svolge la professione medica da 45 anni.
La silloge presenta una prefazione di Michele Miano che afferma acutamente che la poesia di Laura canta la magica quotidianità delle cose semplici in quei mezzi toni che hanno segnato il sussurrare malinconico della nostra tradizione crepuscolare, con i delicati colori di una vita che scorre in ognuno di noi, segnata da momenti sereni e da dolori veri.
Si può dire che la poetica della Cecchetto è neo-lirica ed elegiaca tout-court e che questa raccolta non essendo scandita è molto compatta e può quasi definirsi come connotata da una struttura avvicinabile a quella di un poemetto.
Non a caso con avveduta coscienza letteraria la poetessa ha intitolato la silloge il canto del cuculo, volatile che diviene un simbolo perché l’avrebbe potuta chiamare, nominare, anche con il garrire della rondine o il pigolare del pulcino o il canto del gallo, se in poesia è tutto presunto e nello stesso tempo nulla in essa avviene a caso.
Ed è proprio attraverso l’approfondimento del simbolo – cuculo e del suo canto che si giunge alla chiave interpretativa della silloge per indagarne le sue ragioni che divengono affascinanti e avvincenti per il lettore.
Questo uccello è ritenuto messaggero della primavera, viene immortalato nei proverbi, compare nelle canzoni popolari ed è il marchio di fabbrica di un intero ramo dell’industria orologiera e inoltre nella Valnerina, villaggio montano, il canto novello del cuculo era ritenuto saturo d’un misterioso e benefico potere di rinnovamento e guarigione e inoltre il latino cuculus indicava metaforicamente un uomo molto furbo e questo volatile che vive nascosto ha ispirato molte leggende.
Ma che influenza può avere il cuculo sulla poesia di questa silloge di Laura Cecchetto?
Credo che l’atteggiamento della poetessa consista nell’attendere segnali dalla natura come lo spirare del vento e la pioggia che sono sottesi proprio al canto del cuculo beneaugurante per la vittoria della felicità sul dolore e del bene contro il male nel miracolo di una primavera anche interiore.
Emblematica rispetto a quanto suddetto la poesia Spirito del fiume: «Spirito del fiume/ nella notte silente/ sussurri tra le pietre/ mentre passi veloce/ nel tuo letto tra i monti/ e la luna crescente/ sfiora lievemente/ i gorgoglianti spruzzi/ che giocano tra i sassi./ E un misterioso canto/ riempie la buia notte/ e porta con sé una voce/ che giunge da altri tempi./ E chissà mai quale ricordo/ vuole portare tra il vento».
Qui il canto detto con urgenza è presunto ed è quello del cuculo con la sua fortissima carica incantatoria un canto che giunge da altri tempi e porta remoti ricordi tra lo spirare del vento.
È la natura detta secondo la linearità dell’incanto la protagonista di questo volume. In La festa leggiamo: «Nei giorni della festa/ l’aria del mattino/ ha quel che di frizzantino/ e il sole splende con amore/ in quel cielo così azzurro/ e una nuvola passando/ disegna un dolce volto./ Forse un angelo passando/ ci manda il suo saluto/ e tutto in assoluto/ è così dolce e beato./ E fuori dalla porta/ il profumo della torta/ che mamma ha fatto per te».
L’afflato naturalistico che ha qualcosa di cosmico nella suddetta composizione trova come sua antitesi qualcosa di minimalistico come il profumo della torta, una piccola cosa che si connette agli autentici sentimenti familiari perché la poetessa specifica che la torta è stata fatta da una madre per il figlio.
Per una porta invisibile che è un varco salvifico entra in scena la poesia stessa, poesia che è sottesa alla vita stessa, e che rende la vita degna di essere vissuta come dono da apprezzare.
Raffaele Piazza
Laura Cecchetto, Il canto del cuculo, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 64, isbn 979-12-81351-59-2, mianoposta@gmail.com.
Come il soffio dolce del vento. La poesia di Laura Cecchetto
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Laura Cecchetto
Il canto del cuculo. Poesie
Guido Miano Editore, Milano 2025
A voler caratterizzare la ricerca lirica di Laura Cecchetto con un’annotazione generalizzante, criticamente compendiaria, ma non frettolosamente sovrapposta ai testi, proporrei quella della sentimentalità tenue e raccolta, dell’attenzione stupefatta, intensa eppur delicata, ai tanti aspetti intimamente coinvolgenti e moralmente gratificanti della vita. L’autrice, di professione medico, nutre un amore profondo per la vita, per tutta la vita, della quale apprezza con convinzione il valore inestimabile e il sovrano equilibrio: “E quando tornerò/ finito questo viaggio/ ti porterò in regalo/ i cesti di ferite/ le borse di dolore/ ma anche la saggezza/ il coraggio l’amore” (Il ritorno, corsivo mio, come sempre dopo).
L’esperienza del viaggio esistenziale riempie l’animo di sentimenti contrastanti, di stati interiori assai differenti (“E alla morte che falcia/ il soffio della vita/ porti il canto gioioso/ della vita che esplode./ E con la primavera/ aleggia nella strada/ ancora bagnata di pioggia”, Vento di primavera), il cui acuto avvertimento determina nei versi la formalizzazione antitetica dei contenuti etico-psicologici: “Dolce soffio di vento/ che porti il fresco effluvio (…) entri fresco e furtivo/ dalla finestra aperta/ del tetro e buio ospedale”(ivi).
Il bilancio dei tanti accadimenti che occorrono a ognuno è agli occhi della poetessa senz’altro positivo, pur non ignorando essa lucidamente i momenti di privazione, di delusione, di sofferenza: “Inchinati senza dire/ che amara è questa valle/ perché ogni esperienza/ di questo sacro viaggio/ è un punto di partenza/ per dare al tuo destino/ sempre una marcia in più/ e mettere più luce/ su questo tuo cammino” (Inchinati alla Vita).
L’inequivoco amor vitae proprio della scrittrice diviene nel libro nucleo generativo di spunti tematici aggiuntivi, fonte di altri motivi, quali, ad esempio, l’interesse partecipe alla dimensione naturale, còlta e rappresentata in un felice descrittivismo non alieno da precisi rilievi cromatici: “Pioggia di foglie gialle/ che danzano nel vento/ e dolcemente volano/ sull’umido asfalto/ sulle auto che passano/ e il sole sorride/ dal cielo di novembre”(Festa d’autunno); “E un cormorano osserva/ col suo collo flessuoso/ dall’altra riva il tramonto/ e gli alberi dalle rosse foglie/ danzano allegramente/ al suono della campana/ sulla riva del fiume” (Giorgia). Inoltre dalla contemplazione dell’armonia della natura originano atteggiamenti altruistici, moti di commossa solidarietà (“E la gente sotto l’ombrello…passa senza vedere/ che davanti al supermercato/ un vecchio col suo cane/ steso su un misero letto/ fatto di vecchi stracci/ chiede un pezzo di pane/ o forse solo un sorriso”, Indifferenza), tenerezze affettive (“Tutte le notti a maggio/ sotto al misterioso raggio/ della luna piena/ e tra il dolce profumo/ del glicine fiorito/ vorrei amarti nel prato/ tra la canzone dei grilli”, Maggio), corroboranti situazioni spirituali, alle quali la fugacità non toglie dolcezza e valore, importanza e “memorabilità”: “Alla nostra età/ trovi tutto lo spazio/ che conservi nel cuore/ per godere un tramonto/ e sentire il rumore/ dell’onda sugli scogli/ e raccogliere le bacche/ che crescono nel bosco/ di godere l’amicizia/ e i momenti speciali./ E la vita è più bella/ perché ora la cogli/ e la sai apprezzare.. .(“Alla nostra età); “Quanto tempo è passato/ ma se penso al senso/ di amicizia e di casa/ che dentro a quelle mura/ riceveva il mio cuore,/ vorrei tornare indietro…” (Il cortile).
Inoltre la bellezza del creato reca traccia palese di un ordine superiore: “E guarderò dal cielo/ il tuo profondo mare/ dalle onde increspate/ e le cime innevate/ dove soffia perenne/ lo Spirito divino” (Alla Terra).
Nell’autrice risulta poi pienamente coerente un linguaggio essenziale, contraddistinto dalla sintassi molto lineare e da un lessico nel complesso “medio” e colloquiale, privo di ricercatezza intellettualistica, nondimeno lontano dal semplicismo immediato e trascurato, dall’assenza di elaborazione stilistica e ritmica. Mi permetto al proposito di segnalare il ricorso alla figura dell’anafora (“Inchinati alla Vita…Inchinati anche quando…Inchinati senza dire”, Inchinati alla Vita, cit.) oppure alla rima (“Finché non sarai libero/ dovrai sempre tornare/ a contemplare l’alba/ ad ascoltare il mare”, Tornare) e all’ enjambement: “Dolce e inaspettata/ corrente di vita… Chissà da che mondo giungi,/ chissà quanti ricordi/ sopiti nel passato” (Corrente di vita).
L’omaggio ideale-culturale che Laura Cecchetto con il suo lavoro d’arte rende alla vita si basa sulla convinzione che in fondo essere venuti al mondo è stato per tutti un grande dono: “Questo è il tuo vero volto/ scolpito dal tempo/ scolpito dal dolore/ temprato nella fatica/ del quotidiano affanno./ Questo è il tuo vero volto/quello per cui è valso/ lanciarti in questo viaggio” (Il tuo vero volto).
Floriano Romboli
L. Cecchetto, Il canto del cuculo. Poesie, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp.62.
Albino Baresi, "Ricordi lievi ed oltre"
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Albino Barresi
Ricordi lievi ed oltre. Poesie (1985 – 2024)
Guido Miano Editore, Milano 2025.
La silloge di poesie Ricordi lievi ed oltre (Guido Miano Editore, 2025) di Albino Barresi, che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Michele Miano acuta e ricca di acribia.
La memoria involontaria di proustiana ascendenza, con tutte le sue implicazioni, è un costante argomento per ogni poeta nel suo poiein perché la riattualizzazione, il senso di una provenienza temporale e anche spaziale è incontrovertibile e lo scopo nel momento in cui si scrive diviene il desiderio di fermare il tempo stesso nell’attimo, istante di passaggio tra passato e futuro se la poesia è sempre metafisica.
In un certo senso nella sua sorgiva ricerca d’infinità il poeta si fa veggente e il discorso si collega al tentativo di abitare poeticamente la terra che si traduce per i poeti lirici nell’esprimersi attraverso versi che bene s’intonano alla ricerca che porta al risultato della linearità dell’incanto.
La raccolta di poesie di Albino Barresi, nato a Villa San Giovanni (R.C.), manifesta a partire dal suo esplicito titolo la tematica del ricordo e l’intento di trattare il tema del tempo è sugellato dalla specificazione dell’autore stesso che ci fa sapere che le poesie della silloge sono state scritte in un periodo che va dal 1985 al 2024.
Se i ricordi del poeta sono lievi bene s’intonano alla manifesta leggerezza dei dettati sempre ben controllati in una poetica che ha per cifra distintiva la matrice neo lirica ed elegiaca.
Il volume è scandito in due sezioni e i componimenti sgorgano in ognuna delle due parti in ordine cronologico.
Le parti in cui si compone sono due: Ricordi lievi ed oltre (1985-2010) e La mia vita… qui (2020-2034).
Particolarmente bella la poesia che apre la raccolta intitolata Sogno nella quale il poeta si rivolge ad un tu che è presumibilmente la persona amata che in questo caso si fa Musa.
La suddetta poesia è suddivisa in quattro strofe ed è presente, nell’accorato rivolgersi del poeta alla figura femminile, qualcosa di unico nel suo genere perché Albino non canta la sua donna attraverso la fisicità, la materialità del corpo, come avviene quasi sempre nel genere della poesia amorosa ma attraverso la tensione verso la sua anima, la sua coscienza, la sua interiorità così che il risultato del poeta diviene un interanimarsi con la persona nel dichiarare di volerle carezzare appunto l’anima e di voler percorrere le sue sfumature interiori.
Sogno: «Sogno/ di accarezzarti l’anima/ lievemente condiscendere/ i suoi contorni/ le sfumature interiori percorrere/ mentre mi fingo/ attraversare altri mondi/ di sensazioni alternative.// Sogno/ di seguire i tuoi occhi/ fintantoché sfioro/ le tue gote fascinose/ e le labbra si schiudono/ in un pallido sorriso/ visione di vissuti interiori/ indicibilmente reali.// … sensazioni scarnificate/ smarrimenti dell’anima/ altre vite immaginate/ dentro il quotidiano/ calpestare la nera terra…».
C’è nella suddetta composizione un’estasi controllata dell’io-poetante, una fortissima carica affettiva e di desiderio verso la persona amata detta con urgenza e una straordinaria originalità che diviene il pregio più prezioso di questa scrittura.
In Come passano gli anni il poeta scrive: «È dell’altro giorno/ vivere in altri luoghi/ in realtà diverse/ convinti dell’umanità di tutti.// È di ieri la delusione/ del ritrovare a tutte le latitudini/ miserie e nobiltà/ accomunate da biechi interessi.// È di oggi/ la certezza che un uomo/ non cambia il suo essere/ con l’incipiente progresso».
Un fare poesia quello di Barresi sotteso ad un andamento dei versi, a un ritmo inconfondibili e ottima è la fusione tra forma e contenuti che provoca nei lettori salutari emozioni.
Raffaele Piazza
Albino Barresi, Ricordi lievi ed oltre, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 64, isbn 979-12-81351-58-5, mianoposta@gmail.com.
Maurizio Zanon, "Il soffio salvifico della poesia"
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Maurizio Zanon
Il soffio salvifico della poesia
Guido Miano Editore, Milano 2025
Maurizio Zanon è nato nel 1954 a Venezia dove attualmente risiede.
Il presente volume è inserito nella collana Analisi Poetica Sovranazionale del terzo millennio di Guido Miano Editore.
Il titolo di questo libro coglie nel segno riportando esplicitamente quella che dovrebbe essere la funzione costruttiva della poesia e cioè quella di dovere aprire esteticamente ed eticamente attraverso la parola rarefatta e detta con urgenza un varco salvifico di montaliana memoria.
Si tratta di un confine, una soglia, oltre il quale l’essere umano può ritrovare sé stesso nella leggerezza così necessaria in un mondo sempre più tecnologico e cibernetico.
Del suddetto passare attraverso possono usufruire il poeta stesso e anche il pubblico dei suoi lettori per superare il male di vivere e abitare poeticamente la terra riscoprendo la capacità d’amare e anche quella d’incantarsi.
Con la pratica della poesia, attraverso il suo soffio salvifico, come dice Zanon, per il poeta e il lettore si realizza una sintesi benefica e sinergica della sfera fisica e di quella psichica.
Anche una salutare fusione di conscio, preconscio e inconscio utile pure per sentirsi vicini maggiormente alla natura nel nostro universo quotidiano occidentale postmoderno liquido e alienato, si realizza attraverso l’esercizio di conoscenza che è la poesia stessa.
Nell’entrare nell’analisi specifica dell’opera che prendiamo in considerazione in questa sede il primo dato che viene alla luce, dopo un primo approccio, è quello di una fortissima complessità architettonica del volume che, per la sua struttura intrinseca, costituisce un unicum nel nostro panorama letterario.
Il libro si apre con una premessa dell’Editore che scrive che questa collana di libri ambisce ad indicare di taluni autori un solco di scrittura nella quale sia da individuare una sorta di fratellanza d’arte, nel nostro caso della poesia.
Il volume è scandito in tre sezioni che sono tre capitoli indipendenti tra loro ognuno dei quali presenta una prefazione di un noto critico relativo alle poesie del Nostro presenti, componimenti relativi ad un certo argomento e in ogni scritto critico, secondo quella fratellanza suddetta Zanon viene paragonato ad un poeta o ad una poetessa straniera, affini a lui per sensibilità e tematiche trattate.
Le scansioni sono le seguenti: Cap. 1: “La fatica di vivere” in Maurizio Zanon e Alfred Tennyson (prefazione di Enzo Concardi), Cap. 2: “La felice passione d’amore in Maurizio Zanon e la pena d’amare in Emily Dickinson” (prefazione di Floriano Romboli), Cap.3: “Madre Terra”: un compendio di armonie in Maurizio Zanon e in Emily Dickinson” (prefazione di Gabriella Veschi).
Sarà il fortunato lettore di questa eclettica e affascinante opera a scegliere attraverso l’indice del libro quanto più l’appassiona nell’approfondire il discorso sul poeta Zanon e sulla sua opera, poeta che fatto notevole ha avuto l’onore di essere accostato in sede critica a poeti e poetesse ormai storici nella Storia della poesia come Tennyson e Dickinson.
Scrive Zanon nel componimento Polesine: «La nebbia ti avvolge nella solitudine autunnale/ piano piano al sorgere dell’alba/ il delta del Po recita meravigliosi magici versi.// Ieri le alluvioni oggi la siccità:/ quanta sofferenza, quanto patimento/ terra dolce d’incantevole acquea poesia!».
Raffaele Piazza
Maurizio Zanon, Il soffio salvifico della poesia, prefazioni di Enzo Concardi, Floriano Romboli, Gabriella Veschi; Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 80, isbn 979-12-81351-50-9, mianoposta@gmail.com.
Gianni Marcantoni, "Sedime"
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Sedime di Gianni Marcantoni (Fara Editore, 2024 pp. 104 € 12.00) occupa la superficie dell'espressione emotiva su cui posa la fondazione poetica. L'autore deposita la traiettoria del tempo lungo i richiami della memoria, proietta le pieghe del sentire, impasta l'esistenza intorno all'archetipo dell'esperienza umana, affidata sul fondo della sospesa e irrequieta sensibilità. Lascia sedimentare, attraverso l'ineluttabile resilienza dei versi, l'elaborazione esistenziale, decanta lo scampolo delle occasioni, osserva la custodia delle esitazioni e delle incertezze, trattiene la consapevolezza di tutto ciò che non è afferrabile e accessibile lasciando registrare la profondità della trasformazione interiore nella direzione della conoscenza. La poesia di Gianni Marcantoni abbraccia l'autenticità della relazione con il mondo, rivela la percezione soggettiva e ne diffonde l'essenza universale, sperimenta i cambiamenti e le dinamiche di responsabilità morale, interagisce con la complessa corrispondenza dei sentimenti, spiega l'approccio lucido e realista verso l'atteggiamento sfuggente ed effimero, inclinato nell'obliqua interpretazione di ogni approssimazione della coscienza. Sprigiona il cammino evolutivo verso la difesa introspettiva dell'inconscio, esplora il vissuto e l'aspetto analitico del sé attraverso le sfide del quotidiano, la natura degli eventi, sottolineando l'unicità della forza trainante delle parole, utilizzate per derivare l'influenza dei ricordi e della struggente familiarità. Gianni Marcantoni affonda le proprie radici elegiache nella nobile capacità di far convivere la poesia con il profilo delle proprie vicissitudini, dipinge il ritratto delle assenze donando l'intensità descrittiva e interpretativa alle immagini evocative, attraversa l'inquietudine e gli interrogativi della disperazione modulando l'ampio respiro di un'anima in conflitto con l'inconsistenza e la vacuità e in affinità con la spontanea validità dei pensieri e della trasmissione di un messaggio eloquente e dialogante con l'altro. Sedime condensa l'impronta della fatalità del destino, consuma l'ispirazione del desiderio vago e inespresso, addensa il grumo del vertiginoso vincolo dell'imprevisto alla necessità di oltrepassare la paura e lo sconforto, assicurare la volontà di indagare l'imponderabile, intrecciare il nostro destino al modo di percepire l'intuizione delle possibilità. Il libro arricchisce il significato sincero e incisivo delle metafore che percorrono la simbologia intensa e incontaminata dell'incontro spirituale con la forza suggestiva della natura, con la celebrazione dei luoghi, con la lusinga malinconica del passato e la dura incognita del presente, coinvolge la sintonia delicata tra il poeta e il lettore, offre numerosi spunti di riflessione intorno alla commovente e preziosa ricerca di noi stessi, alla fragilità delle stagioni, all'accorata frammentazione del silenzio, all'imperturbabile condanna della mancanza. Gianni Marcantoni riesce a comunicare la compassione e l'ostilità del divenire, aggiunge alla cognizione della propria identità la sensazione di una prospettiva infranta tra l'accettazione della perdizione e della salvezza, in cui le illusioni scardinano l'equilibrio, attirano l'estraneità, rivelano le incrinature e le ferite, deformando l'inevitabilità del dolore, alterando la provvisorietà. Accetta il cambiamento con la maturità coraggiosa della scrittura e della sua confessione.
Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/
PONTEGGI
All'ultimo tanta amarezza rimane,
disillusione per cui tutto
sembra disgregarsi fra le numerose
evocazioni del passato,
sempre più vivide e pesanti.
Nello scolare del tempo
ognuno diventa residuo di sé stesso
sopra uno strato prosciugato.
Mi mancate, avrei dovuto
fare molto di più per voi,
ho provato con tutto me stesso,
ma crescono i tagli:
sono terreni acidi e lapidi,
sempre più fraterni ponteggi.
MATTINO
C'era il mattino chiaro,
il mattino in noi,
simile a una lama rinforzata
legata a uno straccio
fluiva scombinato un sudore dai fianchi.
Animata è la goccia
e libero il tuo braccio, il campo-contatto
che infrangi
tu subito sommergi.
SEI
Nel sesto cuore,
della sesta grinza,
sei note sono state trovate,
affinché in un'altra soglia,
e per noi,
rilucesse
l'altrui corpo.
SOSTA
Dunque avresti trovato un'altra vita,
la possibilità ulteriore che non ho avuto io.
L'uomo viene sempre trascinato
fin dove dovrà sostare – in definitiva.
Le sabbie e le acque sono mutate in oro
custodito in una teca;
ultimo lascito di saliva,
ultima conformazione sancita.
Sei solo un cuore di vaga interezza
che si
fa strada e ronza
paziente, sottacendo la pozza,
nell'insistente afrore.
INTERVENTO
Da un intervento
a mani e bocca
partirono
due occhiate di rossore
in un pacato mese luminoso
senza fioriere.
In avviata successione
di saluti
cominciammo l'incisione
da quel
che ogni cosa riduce,
un tacere, uno
spartire in dispersione.
Laura Cecchetto, "Il canto del cuculo"
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Il canto del cuculo
Laura Cecchetto
Guido Miano Editore, Milano 2025
La poesia di Laura Cecchetto, di professione medico, canta la magica quotidianità delle cose semplici in quei mezzi toni che hanno segnato il sussurrare malinconico della nostra tradizione crepuscolare, con i delicati colori di una vita che scorre in ognuno di noi, segnato da momenti sereni e da dolori veri.
I temi trattati nella sua poesia cantano le meraviglie del Creato, la Natura con le sue delicate descrizioni ambientali, al riguardo si legga Fiori di campo: «Dolci fiori di campo/ nella vostra innocenza/ guardate verso il cielo/ semplici piccole corolle/ che emanano tenerezza…»; ma anche le ricorrenze religiose e familiari, la nostalgica evocazione del «…profumo/ della scoppiettante polenta,/ e la nonna in poltrona/ lavorava la lana/ frutto del suo amore…» (Il davanzale).
I suoi versi si ispirano spesso alla memoria, a malinconiche suggestioni del passato, nonché a rievocazioni di una civiltà più umana ancorata a quei valori puri e idealità che sembrano siano stati dissacrati dalla frettolosa civiltà tecnologica. Esemplificativa la poesia I nostri anni verdi: «…E questa era la vita/ dei nostri verdi anni/ e forse proprio per questo/ siamo cresciuti forti/ e ricchi di ideali/ senza tante pretese/ e con dei valori…», ma anche la gratitudine nei confronti dei propri genitori per avere ricevuto un’educazione tradizionale di valori e tradizioni.
L’innocenza perduta, il mito del falso progresso, il tema memoriale della sua giovinezza, la disumanizzazione e l’alienazione della società contemporanea sono i connotati che caratterizzano altresì i suoi componimenti. Ma è la gioia di vivere con tutte le sue contraddizioni e difficoltà che risulta essere l’elemento catalizzante della sua ispirazione: «Inchinati alla Vita/ che ti ha donato/ tante cose belle.// Inchinati anche quando/ ti dona lacrime e pianto…» (Inchinati alla vita).
La sua poesia è un inno alla Vita e al senso vero dell’esistenza: «La vita/ è Meravigliosa,/ anche quando piangi è meravigliosa,/ anche senza soldi/ è Meravigliosa…» (La vita). E in un panorama come quello attuale afflitto da un cupo pessimismo di ogni genere, da un continuo piangere e chiudersi in se stessi, l’ispirazione della sua lirica risulta una boccata di ossigeno.
Laura Cecchetto cerca di giungere a conoscere il mistero della vita, tentando di coglierne quell’essenza che spesso sfugge al controllo razionale. L’intensità del sentimento in alcune liriche lascia il posto ad immagini cariche di pathos dove i contenuti assumono una certa trascendenza dal dato reale per assurgere ad immagini pregne di significato emotivo. Per cui anche il canto del cuculo «riempie di magia/ la pacifica notte»
Poesia intimista che trae linfa da esperienze di vita vissuta. La poetessa infonde nel verso i segni di una profonda spiritualità con un profondo amore nei confronti della vita. Poesia sincera, immediata, cristallina che risente solo di una vibrante sensibilità, che non richiama mode letterarie ma che attinge ad una profonda dimensione spirituale. Soprattutto è il messaggio del calore familiare che certamente la Cecchetto ha voluto sottolineare; l’ultima àncora di salvezza per un’umanità che sembra abbia perduto, con la caduta della gerarchia dei valori, anche la capacità di cogliere nei momenti di serenità, la gioia di vivere. La parola diventa così strumento di colloquio con il prossimo, monito per le future generazioni nel ricordare che la vita è un dono di Dio e che per dirla alla Frank Capra nel suo fantastico film La vita è meravigliosa o alla Roberto Benigni La vita è bella.
Laura Cecchetto è titolare di alcune raccolte di poesia ed è anche un’acquerellista.
Michele Miano
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L’AUTRICE
Laura Cecchetto è nata nel 1954 a Torino dove attualmente vive e svolge la professione medica da 45 anni. Ha studiato Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi della sua città, specializzandosi in Gerontologia e Geriatria; ama il suo lavoro e lo pratica con amore e dedizione. Studia pianoforte e chitarra con insegnanti qualificati e scrive testi di canzoni per chitarra. Ha pubblicato i libri di poesie: Petali di Rose (2021), El burg d’el fum, in dialetto piemontese (2023), Nei campi di lavanda (2025).
Laura Cecchetto, Il canto del cuculo, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 64, isbn 979-12-81351-59-2, mianoposta@gmail.com.
Pietro Nigro, "Opera Omnia"
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Pietro Nigro
Opera Omnia, volume 2
Guido Miano Editore, 2024
Pietro Nigro è nato ad Avola (SR) nel 1939: ha insegnato inglese, è poeta ed è stato caro amico di Guido Miano, fondatore dell’omonima Casa Editrice.
Il volume presenta un’acuta prefazione di Enzo Concardi che fa luce con notevole acribia su tutte le tematiche presenti nel libro che sono articolate e complesse nella loro varietà.
Il corposo libro di Nigro, che prendiamo in considerazione in questa sede, è suddiviso in cinque capitoli caratterizzati da contenuti molto eterogenei tra loro.
Il lavoro in toto risulta molto originale e interessante per i suoi fortunati lettori sia che siano degli studiosi di letteratura, sia che siano solo spinti dalla passione intellettualistica e dall’ansia di erudizione e comprensione nella necessità e nella passione per la cultura in controtendenza all’alienazione della società odierna e alla caduta dei valori.
Il primo capitolo ha per oggetto “Pagine memoriali, d’arte e di letteratura”, il secondo “Narrativa e pensieri”, il terzo “Opere teatrali”, il quarto “Critica letteraria” e il quinto “Numismatica dell’Impero romano”.
Il volume racchiude il meglio della produzione in prosa di Nigro e il lettore non può non notare come dato incontrovertibile e fondante l’ecletticità dei temi nelle materie trattati nei singoli capitoli, che vanno dai ricordi dell’Autore stesso di arte e letteratura, alla narrativa al teatro fino alla numismatica dell’Impero romano, argomento che è veramente raro incontrare.
Tre dei cinque capitoli sono suddivisi a loro volta in sotto-capitoli in modo tale che il lettore leggendo l’indice si può rendere conto di cosa realmente può soddisfare la sua curiosità culturale avendo la possibilità di scegliere tra diverse opzioni per compiere uno stimolante e personale percorso di lettura.
In ambito narrativo il Nostro riesce a creare atmosfere oniriche di sogno ad occhi aperti che posseggono comunque un timbro simbolico e metaforico.
Notevole nella scrittura di Nigro la capacità di svelare la suspence attraverso un punto di partenza che si potrebbe definire parvenza di sogno per arrivare poi alla concretezza di quello che si delinea come un certo realismo.
Come critico letterario riesce scavando con la penna, per usare un’espressione del premio Nobel Heaney, nei versi e nelle prose degli autori analizzati a comprenderne pienamente l’interiorità, la personalità e la sensibilità dimostrata attraverso l’approccio analitico nell’accostarsi alla scrittura che è sempre esercizio di conoscenza.
Per restituire al lettore una comprensione completa ed esauriente di questo importante volume si dovrebbe scrivere un qualcosa che vada ben oltre le dimensioni di una recensione.
In ogni caso per approfondire il discorso su questo testo pare opportuno citare frasi dell’autore prese dai vari capitoli, per rendere anche empaticamente e senza mediazioni per il lettore l’essenza della materia trattata.
Interessante nel primo capitolo la sezione “Pagine autobiografiche” nella quale con un forte scatto e scarto memoriale Nigro scrive: Mio padre nato nel maggio 1912 era stato insegnante di matematica privato del giudice Italo Troja che era nato nel gennaio 1926 e che poi è stato mio insegnante privato di materie letterarie da quando avevo dieci anni fino al conseguimento, a diciotto anni, del diploma magistrale. Circa tredici anni di differenza tra l’età di mio padre e quella del giudice Troja e altrettanti tra la mia età e quella del giudice. Ma io trascorsi quasi nove anni accanto a colui che posso ben definire “il mio maestro” negli anni fondamentali di formazione. Era l’unico che m’incoraggiava negli studi diversamente da tutti i miei insegnanti della scuola pubblica che anzi deprimevano le mie ispirazioni letterarie, che già allora si facevano strada.
Dal capitolo 2 “Narrativa e pensieri” si ci sofferma sull’incipit del racconto Oltre la siepe: Su quelle alture coperte da una fitta foresta nell’aria intiepidita dai primi raggi del sole gli alberi, i rivoli d’acqua, le rocce coperte di muschio sembravano fondere i loro suoni con l’eco misterioso proveniente dalla profondità dell’universo che non colpivano l'udito ma il cuore.
Dal capitolo 3 “Opere teatrali” si riporta il seguente brano: didascalia dalla sceneggiatura dell’Atto unico Il padre sagace: Trama e argomento: Una breve commedia brillante e leggera, scarna e semplice, scritta con dialoghi rapidi in cui i personaggi dimostrano di saper bene ciò che vogliono. Il canovaccio è quello tradizionale della trama amorosa che vede intrecciarsi sentimenti e volontà, in un’epoca e in un contesto culturale in cui i matrimoni erano combinati ancora dalle famiglie dei giovani e delle giovinette.
Il capitolo quarto “Critica letteraria” include Introduzioni, prefazioni, recensioni di varie opere letterarie.
Nel capitolo quinto Numismatica dell’impero romano oltre ai testi sono riportate anche le immagini fotografiche delle monete usate durante l’impero romano nel loro mutare fisionomia con il succedersi dei vari imperatori.
Qui il Nostro si sofferma su una nutrita galleria di imperatori romani attraverso le loro biografie e per ogni imperatore accanto ai cenni storici sono presenti le immagini delle monete usate durante i loro regni.
Un lavoro poderoso quello di Pietro Nigro che può anche essere visto come uno strumento di consultazione per la molteplicità degli argomenti trattati per la qual cosa risulta difficile classificare in un preciso genere questo volume eclettico che non è un saggio su un solo argomento ma un caleidoscopio letterario di grande complessità, non un singolo saggio ma una raccolta di saggi.
Raffaele Piazza
Pietro Nigro, Opera Omnia. Volume 2 - Prose, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 232, isbn 979-12-81351-39-4, mianoposta@gmail.com.
Il sogno, la vita e la poesia nella raccolta “Epifanie” di Enza Sanna
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Enza Sanna predilige anche in questo volume di versi recentemente pubblicato dalla Casa Editrice Miano un discorso lirico ampio, diffuso, sostenuto da un abito metodicamente esplorativo e da un intento di analisi lucida e ad un tempo appassionata, che sa unire l’efficacia evocativa all’impegno conoscitivo.
La poetessa ligure nutre un indubbio, profondo amore per la vita, pur non ignorandone le asprezze e le contraddizioni tormentose, e segnatamente la precarietà dolorosa resa più evidente in quest’ultimo tempo dalla triste esperienza dell’emergenza pandemica: “Siamo nel cuore della pandemia/ ma continua a scorrere la vita/ nei giochi dei bimbi, le speranze dei giovani/ le attese dei meno giovani/ nel ricordo di chi non è più,/ felice ossimoro/ che dà vita e senso./ E intanto segna il tempo i suoi passi/ e tu declini, ma questa è la nostra condizione/ anch’essa da amare” (Condizione da amare, corsivo mio, come sempre in seguito).
L’animo umano sa comunque riplasmare gli aspetti inamabili dell’esistenza mediante l’abbandono alla sublimazione “onirica”, alla seduzione riparatrice del sogno, indagato dall’autrice quale momento prezioso di incontro fra oggettività e soggettività, realtà e idealità, delusione e speranza: “Perché la metafora del sogno,/ nei secoli piccolo genio,/ è esigenza dello spirito/ alternativa a quella detta realtà/ non fuga nel tempo/ ma pannello che apre al futuro/ uno sguardo nuovo/ capace di scorger relazioni altre/ tra cose e persone./ Sogna il mistero del nostro esistere/ il sogno, figlio della notte/ e lascia senza risposte” (L’esigenza del sogno).
Alcune risposte importanti sono suggerite dalla parola poetica, che nella sua ricchezza espressiva (“una polisemica scrittura schiusa a significati ed emozioni infinite”, In attesa d’una palingenesi sperata) è in grado di rielaborare i contenuti coinvolgenti dei sogni e farsi ponte intellettuale-morale fra finito (i dati concreti e quotidiani della condizione di ognuno) e infinito (la proiezione spirituale oltre lo spazio e il tempo): “Perché l’estro poetico non è menzogna/ parola contro ragione e coscienza/ ma secondo ragione/ la cosa come doveva essere e non è stata./ Ti fingi nel pensiero/ luoghi, eventi immaginari/ per vedere oltre l’orizzonte” (Dell’invenzione poetica).
L’evidente spunto leopardiano converge con altre “allusioni” e richiami storico-letterarî (da Calderón de la Barca a Shakespeare, da Orazio a Ungaretti al Vangelo di Giovanni) a rivendicare la forza critico-culturale e il beneficio irrinunciabile della poesia, miracolo etico e civile d’incalcolabile valore, capace di comporre le antitesi primarie proponendosi come vera e propria “preghiera”: “È vita fatta verbo (…) Fa conoscere al di là delle apparenze/ ciò che veramente conta,/ l’“invisibile e misterioso”/ nel cui alone l’esperienza di ciascuno/ trova la sua collocazione./ È chiarore d’una fiamma lontana/ che illumina ma non brucia,/ capace di portare la trama di una vita dall’oscurità alla luce” (Ripensando la poesia).
Il linguaggio dell’arte trasferisce in un sistema di segni le tante voci della natura, la cui così variegata fisionomia, i cui molteplici aspetti acquistano sovente la rilevanza di altrettanti “correlativi oggettivi” di determinate situazioni psicologico-sentimentali: “Un cielo grigio ha anticipato la sera (…) La nebbia che all’improvviso compare/ e all’improvviso si dissolve/ annulla le distanze/ cancella la geometria della realtà./ Scende nell’anima questa nebbia/ e riporta alla memoria/ le brume delle verdi vallate d’Irlanda./ Le nebbie dell’anima” (Le nebbie dell’anima); “L’arte, che rende visibile l’invisibile/ quel che nessuno riesce a scorgere/ capace sempre di reinventare la realtà;/ e la natura nei suoi colori profumati d’azzurro/ cangianti nei giorni ma anche nelle ore” (Padrone del mondo).
L’ultimo mio corsivo è in funzione della sottolineatura della raffinatezza retorica di una poetessa come Enza Sanna, che sa permettersi il ricorso alla sinestesia, nell’àmbito di un sistema di soluzioni linguistiche sempre attentamente sorvegliate, ma di solito piane e scorrevoli.
Concludo osservando che anche la trama lessicale denota una generale coerenza con tale opzione stilistico-formale, nonostante alcune eccezioni: ad esempio l’arcaismo in quel verso che si legge nel componimento Nessuno è solo: “Colman lo spazio i vanni degli alati tesi al cielo”; oppure il latinismo ricercato in Le insoddisfazioni dell’anima: “In questo tempo inconcinno al nostro sentire/nemico della nostra interiore giovinezza”.
Floriano Romboli
E. Sanna, Epifanie, Guido Miano Editore, Milano, 2025, pp.100