#immaginieparole : Tempo inutile
Tempo inutile
Bambole
immobili
sguardo fisso
occhi incollati
fila di mummie
in cripte di cartone rosa
conigli neri di Pinocchio.
Ora su tutto
le luci dell’ikea
alogene
livide
ferme come cuori fermi
come anime serrate
e bocche cucite.
Non è più la foto
non sono gli oggetti
ma uguale il muso di topo sperso
la montatura delle lenti
anche in mezzo a tutta questa carta bianca
in mezzo ai rotoli
ai pacchi
sei tu
come allora
senza speranza
e senza più gioventù.
Ogni fiocco, ogni stella, ogni candela
ti dice quanto tempo è passato
inutile.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Raccogliendo pioggia
Raccogliendo pioggia
La fontana zampilla
il beagle tira il guinzaglio
sotto la panca ghiaccia
di piazzale Michelangelo
dove i coreani fotografano
la cupola di Brunelleschi
e l’urne de forti a Santa Croce
Non c’è altro
solo questo
Ma non vuoi andare
non vuoi lasciare
il pullman che arriva e riparte
l’aria umida
le ginestre
neppure la carta, la lattina, lo sterpo
nero e secco
il sole che continuerà a sgelare, a ripulire.
Quando anche un tremito freddo
ti scalderebbe
e persino il dolore
sarebbe meglio di niente
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Amore tardivo
Amore tardivo
Questo amore tardivo
morirà solo insieme a me
come tutte le cose che non si realizzano,
che rimangono sognate,
incompiute.
In ogni volto cercherò sempre il suo volto,
in ogni poesia una sua poesia.
Passeranno gli anni e mi chiederò se è vivo,
se è felice,
se ha trovato la donna giusta.
E soffrirò di nascosto,
perché anche soffrire è un tradimento.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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Adriana Deminicis, "8 INFINITO8 - La gemma di Giada"
8 INFINITO 8 – LA GEMMA DI GIADA di ADRIANA DEMINICIS
“8 Infinito 8 - La gemma di giada” di Adriana Deminicis, con prefazione di Enzo Concardi, collana “Alcyone 2000”, Guido Miano Editore, Milano 2023.
La gemma di giada è un’opera del genere utopico. Fatte le debite proporzioni tra i piccoli e i grandi, essa, come finalità, rimanda a similari scritti della storia del pensiero umano, tra cui La Repubblica (380-370 a.C.) di Platone, Utopia (1516) di Tommaso Moro, e La città del Sole (1602) di Tommaso Campanella. Il dialogo dell’antico filosofo greco (Atene, V secolo a.C.) è centrato sulla teoria di uno “Stato ideale”, oltre che sviluppare temi come la giustizia, le idee, la conoscenza, la famiglia, l’immortalità dell’anima. Il trattato-romanzo dell’umanista inglese (Londra, 1478 - ivi, 1535) racconta di un’isola dove vive una “società perfetta” a base agricola, con istituzioni e stili di vita comunitari, senza proprietà privata e commercio, con libertà di pensiero e parola, pratica della tolleranza religiosa. Nel libro del frate domenicano (Stilo, 1568 - Parigi, 1639) si vagheggia una “repubblica naturale e ideale”, fondata sui principi etico-religiosi di un Cristianesimo purificato ed egualitario, nella quale prevalgono il bene comune, la sapienza e l’amore.
L’affinità tra tali opere utopiche e il lavoro di Adriana Deminicis non va ricercata nelle costruzioni filosofiche, politiche e sociali dettagliate e minuziose che regolano la vita dei loro mondi irreali, ma scoperta soprattutto nelle dimensioni delle aspirazioni, dei valori, degli ideali che - se realizzate - dovrebbero condurre l’individuo e l’umanità intera ad un’esistenza moralmente, spiritualmente e culturalmente più elevata, fino a raggiungere la felicità in questa vita, senza rimandarla oltre il suo tempo. I termini che definiscono i concetti basilari della visione autorale sono posti sulla pagina e in risalto con l’iniziale maiuscola e li incontreremo nel corso della prefazione. Verso la fine dei testi l’autrice – violando la quasi-regola dei componimenti di lunga durata – condensa in una sola terzina l’utopia più grande: «Può esistere una vita / così come io la cerco, / senza la morte, qui sulla Terra?» (Una domanda). È un pensiero che sottende la non accettazione dell’attuale condizione umana e che ribalta il destino dell’umanità, ma è un desiderio di molti, l’immortalità, che nell’antichità era prerogativa esclusiva degli dèi e che oggi invece non costituisce più una questione filosofica. È una domanda ancora relegata nel nostro substrato onirico.
La gemma di giada è scritta in poesia, ma si tratta di una poesia-prosa, di un ‘raccontare’ in versi il proprio io che, da un punto di partenza reale non soddisfacente e mancante dell’essenziale, tende a processi di sublimazioni e metamorfosi per raggiungere l’Infinito attraverso una completa compenetrazione con le realtà Altre. È dunque una poesia eminentemente di ricerca, che traccia un cammino da percorrere per approdare all’isola ideale, dove il nuovo mondo è già concretizzato. Noi tuttavia siamo ancora nel mezzo di tale guado, tra un già e un non ancora. Al lettore potrebbe sembrare, la scrittura della poetessa, un interminabile monologo, un auto-interrogarsi sulle questioni ultime e penultime dell’esistenza, tuttavia qui, se il referente è senz’altro individuale, la sua proiezione è decisamente universale, ovvero interessante per tutti. In un’opera di tal fatta la presenza del linguaggio simbolico e metaforico – segnatamente poi nel genere poetico – è inevitabile per rappresentare in modo immaginifico concetti e visioni.
Fin dalla prima composizione, un quasi-poemetto dal titolo Infinito, cardine di tutti i testi successivi, ciò è evidente. I suoi punti salienti possono essere individuati nei seguenti capisaldi. C’è la consapevolezza di essere vicini all’Infinito ma di non poterlo ancora utilizzare nella sua energia totale e senza limiti. C’è la coscienza della nostra ricchezza interiore che tuttavia tarda a farsi palese e ciò vale anche per gli elementi naturali: ecco la metafora onirica del sassolino che non dialoga come lei vorrebbe per trasmettere bagliori di gioia. Si alternano immagini di lei e lui, mano nella mano, pronti a salpare per l’isola deserta alla ricerca della felicità, lontani da un mondo frenetico e caotico. Essi sono coesi con la natura, con le energie cosmiche da cui provengono rigenerazioni e guarigioni: la Terra, il Cielo, il Sole, la Luna, i Gabbiani (simbolo di leggerezza dell’essere), i tronchi d’albero scaraventati dal mare sulla spiaggia e altro in un’armonia del Tutto. Ecco dunque la Natura vissuta quasi come una divinità alleata dell’umano e medicatrice dei suoi mali. Qui riecheggia la visione del filosofo americano Henry David Thoreau (Concord, 1817 – ivi, 1862), uno dei precursori delle idee ecologiste.
Appare un’altra immagine onirica e simbolica: un viandante nel deserto che suscita la curiosità sul suo andare circolare, ma non si sa da dove viene e dove va. È quindi facile interpretare questa figura nell’uomo che non conosce la sua origine e il suo destino, poeticamente rappresentato negli idilli leopardiani. Finalmente l’isola è raggiunta, ma ancora mancava qualcosa, il cuore era rimasto silenzioso per troppo tempo, c’era bisogno di ritrovare se stessi in un luogo isolato, la ricerca doveva continuare, nulla era scontato e facile quando prima si era vissuta una vita faticosa, senza mete.
Finalmente, con un cuore più elevato, tutto inizia a cambiare: l’Energia ritrovata e introiettata dava inizio a una nuova costruzione edificata sul Bello, sull’Utile vero, sull’Amore, sull’Anima riscoperta e dialogante. È l’alba di una nuova vita ed anche altri mettono mano all’opera. Il testo non termina con un punto, poiché il discorso continua in modo paradigmatico in tutte le altre pagine del libro: anche questo accorgimento può dare il senso del cammino, del viaggio da intraprendere per abbracciare l’Infinito (curioso l’inserimento del simbolo matematico verticalizzato) titolo anche del progetto della poetessa che dovrebbe comprendere diverse raccolte poetiche di cui La gemma di giada è la prima.
Cammino, viaggio, ricerca sono prodromi di scoperta, meraviglia, incanto. In ogni pagina del libro, infatti, accanto alla reiterazione di conquiste precedenti, si affiancano nuove invenzioni, emozioni, relazioni. Parliamo ora di alcune di queste. Il pensiero consapevole permette di collocare mattone su mattone nella costruzione del nuovo modo di vivere. Appare la gemma dell’Immortalità che custodisce il pensiero Eterno e «… nel Tempo che non segnava le Ore, / si udiva solamente il battito del Cuore, / era un battito felice, senza pesi ed affanni, / la rotta era sicura e conduceva / alla mia vera casa, che solo l’Universo / pieno di Amore vero poteva darmi» (Le gemme e l’Immortalità). Un’altra gemma, La gemma del sole rappresenta la nostra sorgente di vita, la fonte della luce che riproduce l’esistenza, l’energia intramontabile che rende tutto quaggiù degno di essere vissuto. Occorre riuscire a mettersi in contatto con la Musica delle sfere, quel suono universale che dona equilibrio e Bellezza, armonia e desiderio d’essere una parte del Tutto, così che l’Anima penetri negli spazi infiniti della perfezione.
Nella sinfonia del Creato arriva il momento di Un pensiero alla Luna, che non è la luna dei romantici e quindi nemmeno la matrigna leopardiana che non svela all’uomo i segreti del vivere umano, ma «... volevo andare a guardar la Luna in Cielo / perché riconoscevo che avrei guardato / qualcosa di veramente grande, / la bellezza, la giovinezza, la guarigione e l’Amore». Possiamo rilevare in tali deificazioni cosmiche tracce di una visione panteistica, che tuttavia lascia spazi all’esistenza di altre dimensioni divine di origine trascendente.
Nel viaggio capitano frangenti nei quali s’incontrano ostacoli, difficili da superare se siamo soli: «...Volevo scavalcare il muro e mi sono ferito / mani amiche, amorose sono arrivate / e mi hanno salvato» (Aspettando). Il concetto e le immagini della natura medicatrix vengono più volte ripresi, ma forse il luogo migliore per coglierli sta nella lirica Tronco d’albero, dove avviene un’osmosi vera e propria tra l’elemento umano e l’essenza vegetale (per tale aspetto c’è assonanza con alcune movenze della dannunziana La pioggia nel pineto). Il cammino verso la liberazione, ormai è chiaro, non è lineare, dal momento che sopraggiungono anche Giorni nebulosi e stanchi, quando si ha bisogno di rientrare in se stessi, l’unica e vera Casa esistente, per rimettere ordine e riprendere l’ascesa: qui emerge, nonostante l’altezza delle mete da raggiungere, il limite della natura umana che fa prendere coscienza della distanza dal sogno utopico: «…si interrompe l’idilliaco incontro / si ritorna larve di esistere, / la mano lascia la presa, / il cuore cessa di battere, / lo sguardo diviene assente…».
Tra le poesie da visitare della Deminicis suggerisco al lettore anche Un cantiere, Un orologio fermo, La città delle formiche. La prima è una metafora del lavoro opprimente, nemico del Benessere; nella seconda troviamo il simbolo del tempo vuoto, da superare con l’Energia dell’alto dei Tempi; la terza è un’allegoria della sopravvivenza di comunità viventi organizzate, immagine di solidarietà tra enti identitari.
Nell’epilogo del libro riprende il viaggio verso l’Infinito, dall’apologia della Bellezza (del creato, della vita, dell’Amore) all’evocazione del tempo Ideale dove il vivere sarebbe libero ed egualitario negli spazi del Benessere, fino al confidare alla gemma Giada un pensiero segreto affinché lo custodisca gelosamente: il sogno di un mondo perfetto, senza sudore, malattie, un mondo di giovinezza eterna e di felicità. Osare ad andare oltre il dato di fatto, non pensare che questo sia il migliore dei mondi possibili, attribuire all’utopia una funzione progressiva come in effetti è sempre stata nella storia, penso sia il merito maggiore di La gemma di giada.
Enzo Concardi
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L’AUTRICE
Adriana Deminicis è nata a Montegiorgio (FM) nel 1958. È docente nella Scuola Secondaria di II grado. Attualmente insegna presso l’I.T.T. Montani Fermo. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Il mio tempo a che ora è arrivato? (2012), Il mio domani non è mai uguale (2013), Oggi così, domani in altro modo (2013), Momenti di vita quotidiana (2013), Quando (2015), Da un Poemetto alla Luna. I fiori di gelsomino (2022). Altre sue poesie sono pubblicate in vari volumi antologici.
________________
Adriana Deminicis, 8 Infinito 8. La gemma di giada, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 100, isbn 979-12-81351-04-2, mianoposta@gmail.com.
#immaginieparole : Monito
Monito
una dedica
proprio il giorno che ho conosciuto l’amore
le lucciole e il buio
il profumo della notte
i corpi nudi nel bosco
il vapore del vetro
che appannava
Ora solo uno sfogo
un rifugio
un brivido gentile
una stella di ghiaccio
perché siamo quello che siamo
e si sogna
Cerco in me la forza
per non essere chi
alla fine rinuncia
e si porta dietro
il peso
di colpe non sue
Ascolto
leggo
il cuore naviga
vola su un altro pianeta
Tornerò a casa
ferita
umiliata.
soffrendo
crescerò
in silenzio.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Mancheranno
Mancheranno
Mancheranno
le istruzioni di volo
all’alba
sui tetti.
Mancheranno
le prime ricognizioni d’aprile,
il fischio
nell’ora indefinita
della sera
quando il pipistrello
vola radente.
Mancheranno
le stoviglie
le voci
gli asciugamani stesi
la quiete della domenica
giù nel cortile.
Fra qui e là
c’è solo
tempo da riempire.
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#immaginieparole : Mani belle sul volante
Mani belle sul volante
Mani belle sul volante
e la strada che mi scorre via
insegne spezzate
sassi, mucche e case senza intonaco
di pietra grigia
di mattoni grigi.
Cespugli bassi di ginepro
cespugli verdi e rossicci
e monti bruciati
alberi arrossati dagli incendi
e mare azzurro
a volte più verde
smeraldo che mette sete.
Nubi di vapore s’addensano
minacciano
si spostano
il vento è un’illusione del finestrino.
Mucche color sassi
E sassi color mucca,
mucca che ti guarda
e aspetta che piova.
Un uccello piccolo su ogni sasso
fermo perché non c’è niente da fare
e la mucca è silenziosa
e tutti i sassi sono uguali.
Mani belle sul volante io t’aspettavo
nell’aria ferma sono viva
parte del sasso e del ginepro.
Gli sterpi assorbono la paura
io piango e inumidisco la terra.
mani belle sul volante
io non ti perderò
come si perdono le scorie.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Giorni che non finiscono
Giorni che non finiscono
Giorni che non finiscono
e non iniziano
la fila dei carri al crematorio
che pare ieri
la foto del viaggio
l’abbraccio di bimbi annoiati
ma forse la noia fa bene
il tempo che hai per te
ma non è tuo
e non sai più che fartene
e diventano vita gli uccelli in formazione
che vanno dove vogliono
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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Ana Danca, "La voce del silenzio"
La voce del silenzio
Ana Danca
Gilgamesh Edizioni, 2020
pp 103
14,00
Ana Danca è romena e pare si sia voluto lasciare il testo di questa autrice allofona così come lei lo ha scritto, con alcune imprecisioni linguistiche, scelta per me sbagliata a prescindere, visto che comunque il livello di scrittura sarebbe stato buono.
Pare anche che il romanzo (ma è un romanzo?) faccia parte – anzi, ne sia la conclusione – di una trilogia dedicata a Bene, Verità e Bellezza. In cosa consista questo testo, però, è difficile stabilirlo. Sembra più che altro un insieme di scritti personali raggruppati nello stesso volume – da pagine di diario a lettere indirizzate a un’amica immaginaria dal nome non casuale di Gioia, ad accadimenti vissuti in forma narrativa.
La protagonista è, appunto, la stessa autrice che ci narra un paio di eventi della sua vita, la perdita di un treno dopo aver partecipato alla presentazione di uno dei suoi libri e la perdita del lavoro. Due “perdite” dalle quali, però, è scaturita una conoscenza, nuove amicizie, nuove possibilità di vita. Dal male alla fine è nato un Bene, qualcosa di positivo.
Ana Danca crede nel prossimo, nella necessità di aprirsi all’altro e al nuovo che ci porta la bellezza, la gioia, l’affinità e la condivisione. Tutto questo, insieme allo splendore della natura e della vita in generale, produce Bellezza, intesa come idea platonica addirittura generatrice di realtà.
La Danca è anche profondamente religiosa, ha fede nei segni che indicano la via, in apparizioni non fortuite destinate a lei sola, a una sorta di provvidenza che ci guida verso il bene. Usa la parola scritta per comunicare ciò che non si può dire durante una normale conversazione. Non è lo small talk che le interessa ma l’approfondimento di impulsi spirituali elevati, anche scomodi se vogliamo, e l’introspezione da operarsi rigorosamente in silenzio, inteso come vuoto interiore, spazio che permette all’occhio di rivolgersi all’interno, dentro noi e dentro il prossimo che incrocia il nostro cammino.
Insomma, non tutto il male viene per nuocere.
Trentatré anni
E siamo a trentatré! Ma guarda te!
Adesso come adesso, mi balza subito alla mente un bellissimo film americano sulla boxe, ma soprattutto una significativa e acuta linea di dialogo formulata da un manager. Costui, rivolgendosi a un pugile, gli dice testuali e seguenti parole: «Lascia che ti spieghi una cosa, la boxe è lo sport dove chi picchia di più vince, però questo vale solo fino ai trent'anni. Dopo diventa lo sport dove vince chi le prende meno.»
Da tali frasi posso prendere degli spunti da cui trarne un mio parallelismo esistenziale, del resto, come canta Gino Paoli, "La vita è un ring" .
Allora, pur ritenendomi una persona combattiva, sempre in posizione di guardia tra jab, diretti e quant'altro, in determinate situazioni non mi sono mai preso il lusso di dare testate. In verità, nel pugilato le capocciate non risultano contemplate, tuttavia bisogna constatare che la vita non è certo indice di sportività, quindi vedrò di usare anche... la testa. In ogni caso, continuerò a stringere i pugni quanto i denti, e se qualche volta dovessi finire al tappeto, perlomeno avrò la consolazione di ricevere il premio dell'evoluzione nonché la soddisfazione di non aver gettato la spugna.
E adesso fate largo, sto salendo nuovamente sul ring, da oggi rientro nei pesi massimi interiori.
La campana è suonata trentatré volte: sotto a chi tocca!
Nota dell'autore: anni fa, questo componimento, esattamente il 15/05/2017 giorno del mio compleanno, nasceva originariamente come post su Facebook. Dal momento che l'avevo salvato, tra modifiche e correzioni sono riuscito a realizzare un racconto introspettivo il cui contenuto è valevole anche adesso che di anni ne ho fatti trentanove e che naturalmente varrà per il resto della mia vita.