Gianni Mattencini, "Taceranno anche i passeri"
Tutto ebbe inizio con la morte del coadiutore Gaetano Innamorato. Un dipendente delle Ferrovie di Stato, schivo e solitario, che scelse di suicidarsi all’interno del proprio ufficio di Bari, alle diciassette e venticinque di martedì 27 aprile, nel 1926. In un’epoca in cui il fascismo era salito al potere e consolidava la propria posizione con una politica statalista e centralista, uno scandalo all’interno delle Ferrovie sarebbe stato assai deleterio. Ed è proprio per questo che il procuratore del Re aveva fretta di chiudere la vicenda e archiviare il fascicolo, appurando che si trattasse di un gesto estremo, ma senza alcuna istigazione esterna. Non era però dello stesso avviso il sostituto procuratore, Alcide Saponaro, che in questa vicenda aveva colto sin da subito delle possibili implicazioni di reato e una chance per fare presto carriera. Si avvalse, in questa indagine, dell’aiuto materiale del maresciallo Albino Casati, il quale seguiva la pista tracciata dal magistrato, ma anche il proprio intuito professionale, che lo conduceva ad approfondire la provenienza dell’archivio fotografico trovato in casa del suicida. «L’esito dell’esame era stato prontamente riferito dai regi carabinieri in un ben strutturato seguito di rapporto in cui si avanzava l’ipotesi che le fotografie provenissero almeno in parte dal mercato d’Oltralpe, perché nel retro di talune di esse erano indicate didascalie piccanti in lingua francese. Inoltre, si faceva rilevare la coincidenza, probabilmente non del tutto casuale, che la Rosa Diodato in Dossetti, la donna conosciuta dall’Innamorato in Abano Terme, aveva un precedente di rimpatrio in Italia proprio dal suolo francese per sospetto esercizio del poco nobile mestiere nella città di Parigi. Si trattava di collegamenti assai labili, è vero, ma le prime indagini si conducono così, alimentando d’ipotesi i sospetti e verificandone la fondatezza». Un giallo davvero avvincente, architettato con maestria dalla penna capace dell’ex magistrato ora prolifico scrittore investigativo, Gianni Mattencini, che descrive con compiutezza quegli anni dominati dall’ascesa del fascismo, adattando lo stile in modo conferme all’epoca.
SCHEDA TECNICA
Genere: Narrativa
Pagine: 240
Prezzo: € 16,00
Codice Ean: 9791254510810
Data di uscita: 20/6/2022
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La lista della spesa del boomer
Pier Francesco Grasselli, "I maschilisti"
Il romanzo più piccante dell'estate 2022 è senza dubbio I Maschilisti (Mursia Editore) di Pier Francesco Grasselli, prolifico autore che solo pochi mesi fa era in libreria con la raccolta di poesie d’amore, tutte dedicate alla stessa donna, "Poesie d'amore a una stronza" (Edizioni Il Foglio Letterario). Con quella storia d'amore in poesia, che in qualche modo si richiamava alle “Cento poesie d'amore a Ladyhawke” di Mari, Pier Francesco Grasselli ha dimostrato che quando è scritta bene la poesia può competere con la narrativa nel tenere in ostaggio il lettore dall'inizio alla fine di un libro. Recentemente il poliedrico autore emiliano ha dato alla luce il suo ventitreesimo libro, un romanzo anticonformista e politicamente scorrettissimo, che sprizza testosterone, uno stile di scrittura elettrizzante, a tratti pirotecnico, che non ti consente di staccare gli occhi dalle pagine fino alla fine del libro (io l'ho cominciato alle sei del pomeriggio, per finirlo alle due di notte). Cose che non capitano spesso oggigiorno, né con la letteratura di casa nostra né con quella straniera. Il romanzo, leggero e scorrevole ma tutt’altro che superficiale, si inserisce nella serie di opere decisamente personali che l'autore stesso ha definito la sua "autobiografia erotica", lo stile spiritoso e incalzante ricorda vagamente quello di Lorenzo Licalzi nel Privilegio di essere un guru, con qualche calcolatissima virata sul trash. Come nei precedenti Fanculo amore (Mursia 2009) e Tromba Daria (Independently Pubblished, 2017), il soggetto di I Maschilisti (Mursia 2022) è il sesso, le burrascose relazioni del protagonista con le donne e la sua “rocambolesca” vita sessuale. Un ideale libro da ombrellone, adatto a chi ama le letture frizzanti, imprevedibili… e piacevolmente indecenti.
Nope
Jordan Peele mi era piaciuto con il suo surreale e corrosivo Get out, per cui mi ha incuriosito questo suo nuovo lavoro che comincia con una scena se non altro originale: un uomo viene ucciso da una moneta che ad alta velocità cade dal cielo conficcandoglisi nel cervello. I figli devono prendersi cura del ranch ma le cose non vanno bene. Finché il giovane non si rende conto che nei cieli della sperduta valle in cui vive dimora quello che pare a tutti gli effetti un UFO. E insieme alla sorella decide di "svoltare" riprendendolo, magari creando una piattaforma propria, per andare dalla mitica Oprah e diventare ricchi e famosi. Alternata alla storia principale viene proposta in flashback quella di Gordie, personaggio fittizio di una sitcom anni '90 interpretato da uno scimpanzé che un giorno, senza motivo, uccise quasi tutti i presenti sul set risparmiando solo due bimbi. Nope è un film che affronta tanti temi ma che ha per protagonista lo sguardo: nostro sul mondo, del mondo su di noi. Oggi immortalare il mondo ha trasceso i comuni fini artistici per diventare una immensa fonte di guadagno: dallo scatto dell'influencer a chi riprende un omicidio, alle telecamere di sorveglianza che, ignare, testimoniano tragedie. Il primo che le posta, le divulga, le trova, si accaparra fama e soldi. Per le polemiche c'è spazio dopo. Ma a Peele interessa il mentre: quanto costa ottenere quello scatto, quel video perfetto che potrebbe cambiarti la vita? Magari la vita stessa. Perché in definitiva con lo sguardo cerchiamo di replicare ciò che facciamo da millenni: controllare la Natura, che notoriamente, la sa molto più lunga di noi, e se vuole, con un buffetto ci scaraventa all'inferno. La strage di Gordie, il calcio iniziale del cavallo, la terrificante scena allo spettacolo di rodeo, ci indicano più volte che le reazioni esterne a noi sono spesso imprevedibili. E invece gli sguardi perenni dei protagonisti a scrutare le nuvole, la chrome ball sul set, il pozzo che scatta le foto al cielo, siamo noi che pur guardando in alto vediamo solo il nostro dito furiosamente egocentrico. Non a caso tra i due figli, chi trova la chiave di volta è il fratello più riservato che, addestrando i cavalli, sa che il predatore non va mai guardato negli occhi e quando lo vede li tiene bassi. Come dire umiltà, voliamo basso, mettiamoci da parte ogni tanto. E guardiamo che fine fa lo scatto perfetto fatto dalla esuberante sorella quando alla fine si rende conto di essere sopravvissuta nonostante tutto. Fotografia davvero notevole.
Lucia Paoli, "Tu mar es mi amar"
Tu mar es mi amar
Lucia Paoli
Edizioni Il Foglio, 2022
È in libreria Tu mar es mi amar di Lucia Paoli, Ed. Il Foglio Letteraio, un denso saggio storico, ricchissimo di documenti, tratti da archivi nazionali ed esteri, soprattutto spagnoli, che ci trasporta nel Mare Toscano della seconda metà del Cinquecento – e dunque nel Canale di Piombino – dove si scontrano, si intrecciano, più di rado si tollerano reciprocamente gli appetiti di tre protagonisti: gli Appiani, signori di Piombino dal XIV° secolo, i Medici, in emergente ascesa, e gli spagnoli, con la loro ingombrante presenza sulla Penisola sancita dalla pace di Cateau Cambresis del 1559.
La Spagna ha infatti il possesso diretto della Sardegna, di Napoli e della Sicilia, indiretto dei rimanenti stati italiani, ad accezione della gloriosa Repubblica di Venezia, che può permettersi una fiera indipendenza politica e culturale, mentre anche Genova, ‘la Superba’, è costretta a sostenere la Spagna, se non altro per gli ingenti prestiti che i suoi banchieri le hanno concesso.
A movimentare lo scenario è poi la creazione, per volontà di Filippo II° di Spagna, nel 1557, col Trattato di Londra, dello Stato dei Presìdi, come appannaggio dei viceré spagnoli di Napoli: il possesso di Orbetello, Porto Ercole, Porto S. Stefano e Talamone, cui più tardi si aggiunge Porto Longone, è un’acquisizione preziosa, che permette loro il controllo delle rotte marittime dal sud verso la Liguria, da cui si irradiano anche le vie terrestri dirette a Milano e al nord, verso le Fiandre, endemico teatro di guerra per la Spagna.
Anche la ‘libera’ signoria di Piombino deve accettare un presidio spagnolo, che al contempo costituisce la difesa militare della città ma pure un pesante condizionamento alla sua autonomia. In tali complicati rapporti si inserisce la politica di Cosimo I° e dei suoi successori, molto interessati al controllo del Mare Toscano e delle isole che lo costellano: e se non è possibile ai fiorentini il possesso di tutta l’Elba, che spetta alla signoria piombinese, così come di Pianosa e di Montecristo, la concessione dello sfruttamento delle miniere di ferro nel Riese e l’edificazione della città fortezza di Portoferraio, Cosmopoli, baluardo invincibile per i Turchi, li risarciscono degli insuccessi.
In tale quadro generale, il lavoro della storica elbana, vissuta a Firenze, si concentra fin dal primo ‘Libro’ sulla politica degli Appiani, che si devono confrontare con amici/nemici più forti e (pre)potenti di loro, come vasi di coccio costretti a viaggiare con vasi di ferro, avrebbe detto Manzoni.
Nell’ultimo mezzo secolo del loro governo, forse per stanchezza, forse per incapacità, i signori di Piombino preferiscono abitare nelle proprietà toscane, consegnano la città al consiglio degli Anziani – che si appoggiano agli antichi Statuti, in una sorta di regime monarchico-repubblicano – riscuotono le rendite senza avere impegni amministrativi, si affidano alla difesa militare spagnola e, per la tutela del mare, alla flotta medicea – di cui Jacopo VI del resto, fu ammiraglio – oltre che alle piazzeforti di Portoferraio e di Livorno.
Quest’ultima è in piena espansione: libera, accogliente, approdo di merci provenienti da ogni angolo del mondo, vero emporio mediterraneo, è davvero una ‘città delle nazioni’ che stupisce, insieme a tutta la spregiudicata politica medicea, gli spagnoli. Ma l’ammiraglio appianeo ha una preoccupazione: non avendo eredi legittimi pensa di legittimare presso l’imperatore il figlio Alessandro, nato da Oriettina Fieschi, genovese come la moglie Virginia e di lei parente; ci riesce e Alessandro diventa signore di Piombino: il suo matrimonio con Isabel de Mendoça, figlia dell’ ambasciatore spagnolo a Genova, sembra rafforzarne potere e prestigio.
Se il primo Libro è concentrato sulla geografia che fa da sfondo alle complicate vicende ispanico-medicee-appianee, gettando luce sugli interessi economici e strategici dei protagonisti, il secondo è invece tutto dedicato alla figura di Alessandro I Appiani e alla sua breve ma intensa signoria, attenta ai bisogni della popolazione, al controllo delle pretese delle famiglie abbienti (e filospagnole), ‘laica’ nell’accogliere stranieri e perciò sostanzialmente invisa a pochi ma potenti personaggi ribelli.
La congiura contro Alessandro e il terribile assassinio che ne consegue sono analizzati nei dettagli, non solo nelle cause e conseguenze, ma anche nella ricostruzione della fisionomia dei personaggi che vi ruotano attorno, a cominciare da Don Felix D’Aragon, capo del presidio spagnolo piombinese, responsabile morale del delitto e forse spinto ad esso dalla brama di possesso per la Spagna del Canale, l’Elba e Piombino. La ‘damnatio memoria’ dello sfortunato signore appianeo, dipinto dalle fonti tradizionali come dissoluto, libertino e inviso al popolo, si è mitigata nei secoli, ma appare ancora incredibilmente presente in testi che si suppongono attendibili.
Alle due Isabelle, madre e figlia, è infine dedicato il terzo e ultimo libro, che le valorizza per il loro profilo umano e per l’impegno istituzionale profuso: la prima, sebbene sospettata da alcuni di essere complice dell’omicidio del marito, riesce a convincere della propria innocenza e con lei, a lungo reggente per il figlio Cosimo, il futuro Jacopo VII, la signoria piombinese si trasforma in principato, per volere dell’imperatore, e Isabel, vedova volitiva, istruita e capace, diventa ‘la principessa’ per antonomasia; alla morte precoce del figlio, lotterà con le unghie e con i denti per la successione di Isabella, contro pretendenti di rami collaterali degli Appiani, seguendo personalmente la lunga ed estenuante causa ereditaria di fronte alla corte imperiale di Praga.
La seconda Isabella, andata in sposa a dodici anni allo zio materno, George de Mendoça, conte di Binasco, ottiene Piombino in seguito alle forti pressioni spagnole presso l’imperatore. Sette anni dopo, principessa e vedova, si sente indipendente come la madre: chiede e ottiene la protezione dei Medici e si prepara a un secondo matrimonio, con il duca di Bracciano, Paolo Orsini. Le nozze, celebrate a Piombino nel 1621, saranno seguite da un soggiorno degli sposi a Marciana, all’Isola d’Elba.
Ma intanto è cominciata la Guerra dei Trent’anni (1618-1648) e il comune bisogno di denaro spinge l’imperatore ad affidare alla Spagna l’incarico di sciogliere il nodo della successione del principato. Per la corona spagnola è arrivato il momento tanto atteso: il possesso dell’agognato Canale. Dopo varie vicissitudini, lo stato sarà offerto per un milione di fiorini al principe di Venosa, Niccolò Ludovisi e avrà fine la lunga e disperata lotta degli Appiani per Piombino.
L’Appendice che segue ai tre Libri, dal titolo “Allargando gli orizzonti” getta infine un fascio di luce sulla politica marittima di Ferdinando I de’ Medici, più spregiudicata di quella dei suoi predecessori, che lo porta ‘da Livorno al Brasile’, nell’intento, non di rado frustrato, di nuove ed ardimentose esperienze, che gli assicurino fama e ricchezza.
“Tu mar es mi amar” è dunque un testo ricco e stimolante, destinato ai cultori della storia, che tra l’altro vi troveranno un’immensa messe di documenti, tra cui lettere, relazioni di ministri e funzionari spagnoli – molti dei quali provenienti dagli archivi di Simancas, Siviglia, Lisbona – ma appetibile anche per ‘non addetti ai lavori’, che, a prescindere dalla documentazione proposta, lo potranno leggere come una narrazione piana e avvincente delle complicate, e spesso sconosciute, vicende che hanno interessato la nostra geografia piombinese ed elbana, che il Canale di Piombino, fatalmente, ieri come oggi, divide e unisce.
Maria Gisella Catuogno
Marco Lugli, "Sette domande per Dio"
Elia Galati è il proprietario e gestore di un B&B composto da 4 camere, che amministra in autonomia, in compagnia del suo gatto Teo, della sua compagna di colore Ada, fervente cattolica e del suo amico Aronne, uno studente di filosofia fuori corso. Un brav’uomo, senza particolari talenti, tranne il suo buon carattere e la sua indole generosa. Infatti, ogni giorno, il suo amico e la sua fidanzata si ritrovano agli orari dei pasti per scroccargli pranzo e cena, per poi sparire nei momenti in cui avrebbe più bisogno di loro. La sua vita muterà irrimediabilmente quando Dio lo sceglierà per vestire i panni dell’“Illuminato”: il prescelto per porgli sette domande dopo un’attenta selezione di quesiti globali. Un cielo verde segna la “rivelazione” di Dio nel mondo, sconvolgendo tutte le confessioni religiose, che di malavoglia riconosceranno quel “Dio” come il proprio. E sarà così che anche la vita di Elia muterà, ritrovandosi avvolto da un fascio di luce e una lunga barba, perseguitato dai giornalisti e da nuovi particolari clienti ospiti nel suo Bed and Breakfast. Agenti del Mossad in incognito, arabi giunti a loro volta, per controllare sia gli ebrei che lui, dapprima ostili, poi si uniscono tra loro, mossi dal desiderio e dall’amore, mostrando che si è tutti uguali di fronte alle pulsioni del cuore. Una struttura ricettiva che si trasforma da terreno di scontro e divisioni a incontro etnico e interreligioso. «Mentre io e Aronne discutevamo, attorno al porco si sono radunati David, Asma, Ada e Saad. Li vedevo chiacchierare e sorridere come se la millenaria storia di conflitti non fosse mai esistita. Defilato e in apparenza disinteressato agli avvenimenti, Tana aveva finito di mangiare e si era seduto sopra al tavolo in posizione del loto, inspirava ed espirava con forza contraendo ed espandendo l’addome, nel tentativo di spingere a forza verso l’intestino le proteine animali a cui il suo stomaco non era più abituato. Tra le sue gambe intrecciate Teo sonnecchiava cullato dalla ritmica oscillazione. Rah’el era invece rannicchiata in un angolo assieme alle sue valige con il volto scuro e un’espressione insofferente. Non sarei riuscito a darle una stanza prima del pomeriggio». Un libro umoristico, ma con una morale profonda, che allieta, mentre impartisce i primi fondamenti della filosofia, riflettendo sull’origine dell’esistenza.
SCHEDA TECNICA
Genere: Narrativa satirica
Pagine: 301 pagine formato cartaceo
Prezzo: € 14,00
Codice ISBN: 979-8830223560
Data di uscita: 19/05/2022
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Piero Meli, "Amoreamaro"
I sentimenti: una rarità dell’epoca contemporanea. Lo racconta Piero Meli in Amore amaro, racconti tratti da storie (quasi) vere: una vera e propria antologia delle relazioni in chiave contemporanea. In un’epoca i cui ritmi sociali sono scanditi dai social network anche l’amore ne è affetto, tanto da venirne influenzato: relazioni che durano quanto la durata di una story su instagram e altre, che si nutrono degli equivoci alimentati dal web 2.0. Una sorta d'incapacità di andare in profondità nel relazionarsi, che viene ben interpretata dai racconti de “il tizio dell’alba”, capace di immortalare gli attimi più intensi e unici con una sola parola. «“Devo andare. Mi aspettano. Gianni si starà chiedendo dove io sia finita”.
“Non andartene, non questa volta, non di nuovo”, avrei voluto dirle, ma sono rimasto zitto. Qualcuno ha detto che gli amori più intensi sono quelli che ereggiamo su determinati istanti, attimi che idealizziamo, che eleviamo ad una dimensione superiore. Sono trascorsi anni, ma la sua pelle mi fa ancora lo stesso effetto, mi elettrizza e potrei non smettere mai di accarezzarla. E so bene che Aurora non si stancherebbe mai di accogliere la mia mano sul suo corpo. Anche se lo scorrere inesorabile del tempo stropiccia i cuori, invecchia i visi e sfiorisce gli animi, le emozioni restano le stesse. Basta un attimo per dirsi addio ed un istante per ritrovarsi. Un lampo in una giornata di pioggia. Mi ha chiesto il numero, ma non lo ricordo mai a memoria... voleva darmi il suo, ma non avevo lo smartphone con me... Lo avevo lasciato in ufficio».
Uno stile che riecheggia il poeta e scrittore Charles Bukowski, la sua intensità nel dare voce ai sentimenti negati e inespressi, con un realismo “pure et dure” che tocca le corde del cuore del lettore: allo stesso modo Meli è il cantore dei giovani contemporanei, di cui interpreta alla perfezione il modo di amare e la paura di lasciarsi andare. Il tutto corredato da aforismi – autoprodotti - di grande sapienza e sintesi, che precedono ogni racconto. «Se durante la cena non guarda mai lo smartphone, allora, e solo allora, è vero amore».
SCHEDA TECNICA:
Titolo: “AmoreAmaro: racconti tratti da storie (quasi) vere”
di Piero Meli
Casa Editrice: Secop edizioni.
Collana: correlazioni universali.
Categoria: narrativa.
Prezzo: 10 E
Codice ISBN: 979-12-80554-20-8
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https://www.mondadoristore.it/Amoreamaro-Racconti-tratti-Piero-Meli/eai979128055420/
https://www.ibs.it/amoreamaro-racconti-tratti-da-storie-libro-piero-meli/e/9791280554208
https://www.lafeltrinelli.it/amoreamaro-racconti-tratti-da-storie-libro-piero-meli/e/9791280554208
CONTATTI:
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Arte Cosmodromica
Ma 'ste scarpe le vuoi o non le vuoi?
Il concetto d'infinito
Walter, durante la lezione, alzò la mano e chiese al nostro eccentrico professore di matematica se poteva fornire una definizione globale e semplificata del concetto di infinito.
La risposta che ricevette fu la seguente: «Il concetto di infinito è inteso come ciò che non è compiuto, o come ciò che non ha limite.»
Il mio compagno di banco, essendo duro di comprendonio, mise a dura prova l’“infinita” pazienza dell'insegnante con una sequela di domande.
Il docente improvvisamente scoppiò in una risata isterica, poi prese un gessetto bianco per tracciare una linea continua sul pavimento della classe. Sotto lo sguardo sbigottito del bidello, l'ente geometrico proseguì imperterrito nel corridoio, arrivando persino all'esterno della scuola. Assai stupiti, dalla finestra guardammo il professore allontanarsi.
Da quel giorno non lo vedemmo più.