walter fest
9 domande e 1/2 a Patrizia Poli
Amici lettori di signoradeifiltri.blog, Patrizia Poli ha scritto un libro nel quale ha messo tutta se stessa, la sua anima e la sua professionalità. Ora, per darvi modo di conoscere La pietra in tasca, edito da Literary Romance Edizioni, le rivolgerò le mie proverbiali 9 domande e 1/2.
1 Cosa vuoi dire ai lettori che conoscono la storia delle sorelle Brontë?
Il testo è liberamente ispirato alla vita di Emily Brontë e al suo imperituro romanzo Cime tempestose.
Non è l’ennesima biografia, per questo vi rimando a quella classica, e fuorviante, di Elizabeth Gaskell – da cui è tratto il mirabile romanzo di Lynne Reid Banks e che ha contribuito a creare la “leggenda dei Brontë” –, a quella monumentale, moderna e innovativa di Juliet Barker o a quella poetica e struggente di Paola Tonussi.
Qui è Emily che, ormai spirito nella brughiera come la sua Cathy e il suo Heathcliff, ricorda la propria vita e rivive il romanzo. Per questo ci sono ripetizioni e rimandi continui, per questo si va volutamente avanti e indietro nel tempo, mentre i ricordi si mescolano e rincorrono, insistenti, in un flusso di coscienza inarrestabile.
Oltre alla bellezza immortale del romanzo scritto dalla più misteriosa e solitaria delle sorelle Brontë, a colpirmi è l’atmosfera di morte che ha accompagnato questa tragica famiglia, a partire dal luogo dove i fratelli sono cresciuti, circondato da cupe pietre tombali, fino ai drammatici fatti che li hanno strappati al mondo nel fiore degli anni, uno dopo l’altro.
Che cos’ha di tanto travolgente il romanzo di Emily? L’eroe byronico è scisso in due e non ha nessuna controparte capace di rabbonirlo e redimerlo. In realtà l’eroe satanico trova qui la sua amata metà dell’inferno. Heathcliff e Cathy non “s’innamorano”, non si scoprono, semplicemente “esistono” l’uno nell’altra, da sempre e per sempre (e, entrambi, sono Emily Brontë).
Un libro senza scampo, senza redenzione, almeno per i due eroi principali – dove la morte non è una sconfitta o una punizione bensì un premio. Non vanno in paradiso, questi due, né all’inferno, vanno in un luogo – la brughiera – al quale entrambi appartengono; si ritrovano, tornano a fondersi, a essere di nuovo la persona che la sorte aveva diviso.
Personaggi non immorali ma premorali, agiscono come gli elementi atmosferici, come un fiume che esce dal suo letto o un terremoto che scuote le fondamenta della terra. Non importa quante vittime lascino sul cammino, loro devono fare quello che fanno, cioè amarsi, azzannarsi, fondersi. Ecco perché questo romanzo è così unico, così speciale, così fuori dal tempo.
Né biografia né riscrittura, quindi, come sempre, ho solo parlato di quello che mi piace immensamente e che conosco, rivivendolo dentro di me.
2 E per quelli che invece non le conoscevano?
Si lascino pure trasportare dall’atmosfera e dalla storia ma poi, chiuso il mio testo, corrano a leggersi il classico.
3 Puoi raccontarci la tua gioia e il tuo dolore nello scrivere il testo?
Gioia grande per aver potuto approfondire come meritava un argomento che mi affascina da sempre, dalla prima volta quando, ragazzina, mi sono calata nell’atmosfera “haunted and ghosted” del romanzo, fino a quella prima tesina scritta all’università, insieme alla mia amica C.D., che mi ha lasciato la voglia di saperne di più. Su questo si basa tutta la conoscenza e anche la scrittura per me: la curiosità di saperne di più.
Dolore nel ripercorrere le vicende della famiglia Brontë, così disgraziata. Pensare a tutte quelle vite e quei talenti andati persi nel fiore degli anni, rivivere la solitudine di Charlotte rimasta sola con i ricordi nella casa vuota, è straziante.
4 Com'è stato lavorare con Literary Romance Edizioni?
Avevo già lavorato con Simona Friio della Literary Romance per L’isola delle lepri e devo dire che mi sono trovata benissimo. Lei è una persona seria, competente, affidabile, professionale. In più, abbiamo la stessa sensibilità e lo stesso bagaglio culturale, fatto di letture e passioni comuni.
5 Hai mai avuto paura di non farcela?
Ho certamente avuto paura di non rendere giustizia al mostro sacro che è Emily Brontë.
Per quanto riguarda la mia carriera letteraria, invece, bisogna vedere cosa s’intende per “farcela”. I tempi sono cambiati, siamo alle soglie di un mutamento epocale, non sappiamo neanche se in futuro esisterà ancora la parola scritta. Quindi, “farcela” non coincide più con il successo e le vendite. Per me, ogni volta che qualcuno mi scrive dicendo di aver provato grandi emozioni leggendomi, sento di aver raggiunto lo scopo.
6 L’epoca nella quale sono vissute le sorelle Brontë cosa ha di affascinante?
Tutto e nulla. Bellissima la sensibilità romantica, l’anelito verso il trascendente mai raggiungibile, l’ideale contrapposto al reale. Pessime in pratica le condizioni, visto che la speranza di vita non raggiungeva i trent’anni. La famiglia Brontë ne è un tragico esempio.
7 Il tuo sogno nel cassetto.
Quello comune a molti scrittori: che da uno dei miei romanzi venga realizzato un film o una serie tv.
8 Sei più classica o hard rock?
Senz’altro e ovviamente classica.
9 Stai camminando a piedi a spasso con il tuo cane e incontri Andrea Camilleri, che gli chiedi?
Se non avrebbe preferito raggiungere il grande successo da giovane invece che in tarda età.
1/2 Risottino o carbonara?
Entrambi. Sono una buona forchetta e purtroppo si vede.
#immaginieparole : Turkimera
Turkimera
"Un occhio di Allah per te, uno per lei".
Una tartaruga di pietra, una con gli occhi blu.
Un punto sul foglio con tante frecce che s’irraggiano,
che vorrebbero espandersi, che pulsano un ritorno
d’amore su di sé.
Il bisogno è così grande che non si può colmare,
come un grande lago salato, amaro, refrattario,
che si asciuga da solo per farsi del male.
Una paura infantile, dilagante, dilatata.
Vorrei baciare ad uno ad uno tutti i fiori blu
della tua camicia
e la tua mano che mi rialza (allegra)
dal tappeto della moschea.
I baci al telefono mi stridono nelle orecchie.
Vorrei perdermi nel muezzin delle cinque a Santa Sofia
Nell’attesa delle navi che passano il Bosforo.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Sotto la cenere
Sotto la cenere
Ti ho lavato
dove tu lavavi me
ti ho lavato
dove ora io lavo i bambini
che non ti piacciono
che non capisci.
Ti ho imboccato
con la bava
e la lingua
di traverso.
Farfugliare esasperato
Rabbioso
occhi come lampi d’impotenza
anche tu diventi figlia
anche tu ritorni figlia
il mio niente si fa paura
il primo fremito di un dolore ritrovato
che c’era
che c’è
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Cuore di uomo
Cuore di uomo
Mano lieve sulla porta
sorriso imbarazzato.
Come tutti i piccoli uomini
cammini sulle punte
in un’angosciata simpatia
che sprizza triste dagli occhi umidi
di cane malizioso.
Un fremito di nervi incontrollato
contro l’allegria degli occhi
e il sommo della bocca
a contrastare il moto di anni
che scendono giù
dove non ci sarà più fremito
né occhi, né bocca
dove il mio amore ti cercherà
sfondando le barriere fra i mondi.
Succhia col palato
i sapori della terra
pane, vino e odori di donna.
Pedina della dama, carta, tg2,
figura degli scacchi, mago Zurlì
così io ti vedo.
Brucio di gelosia fuori di te.
Ma se pungessi
con le mie maledette antenne
il tuo concreto cuore di uomo
forse non troverei quello che cerco.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Non sei morto e io sto così
Non sei morto e io sto così
Non sei morto e io sto così
respiro nella mia paura
sopporto quello che non si può sopportare.
Nella tua stanza c’è chi è convinto di essere a casa,
e ogni giorno crede di passeggiare sul lungomare
e descrive le onde, piccole e chiare.
Pensavo dov’è la nostra vita
dove siamo noi
dov’è tutto quello che avevamo
che ci spettava,
da qualche parte ci devi essere ancora
forse in cielo, su una stella.
Mi manchi in casa, fuori, in ogni gesto.
Eri come un padre, ora sei mio figlio
Sei un pezzo di me anche se non lo ricordi più.
C’è una mano dietro tutto questo, c’è una regia,
ci deve essere un senso, una malignità, un destino cattivo.
Però oggi ti ho visto ridere, era la tua espressione, erano i tuoi occhi.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Memorie
Memorie
Un salacchino per pranzo
mentre fai gramigna
ISOLA
a casa ti aspetta
il bastone di tuo padre
la promessa di lasciarti
senza un soldo
e dar tutto ai tuoi fratelli.
Meglio seguire
le signorine
a servizio giù in città
col vento di libeccio
e i gabbiani.
Bello
le ghette e i baffi
t’innamora e ti sposa
tuo marito
ti porta con sé
al numero uno
portiera di ebrei
ricchi corallai.
Alle dame sorride
non ha voglia di lavorare
ma è una pasta d’uomo
e i tuoi tre figli devi crescerli da sola.
Ti afferra la caviglia
quando la passione
esplode
ma tu dici no
e i gatti miagolano in soffitta.
IDA
bella e altera
il passo lungo e fiero
le mani di fata alacre
cuci i tuoi merletti
ragazza di Rosachiara
quando arrivano le signore
posa il lavoro
e corri a spogliarti
le spalle nude negli stanzoni ghiacci
la povera biancheria dimessa
le dita bucate dall’ago
sei più bella di loro
più bella di tutte
in quegli abiti che
non saranno mai tuoi
ma indossi come una regina.
Ti vogliono i figli dei notai
degli avvocati
al gran ballo per l’inizio del novecento
e nasce l’amore segreto
proibito
di cui non ci parlavi
e che ancora ti faceva
luccicare di pianto gli occhi
nascosto
negato
diviso dalle convenzioni
perché ognuno deve stare al suo posto
e i gatti miagolano sulle scale.
ADA
morettina svelta
figlia minore
madre di mia madre
onda di capelli sulle ventitré
occhi di carbone
caratterino aspro
così simile al mio
moglie di camerata
madre di piccola italiana.
Sotto le bombe
sul carro
col gatto in collo
risoluta e forte
tu scricciolo
dalla pelle bianca
e dal profilo delicato
energica e battagliera
a tener testa a quel tuo marito
con gli occhi di mio fratello.
Mi hai insegnato
la misura
molto più di LEI
mi hai cresciuto
amandomi
forse più di quanto
tu abbia amato LEI
e i gatti dormono
sul mio divano.
“Un’epopea di gesti quotidiani, di volti familiari che ci riconsegna il tempo, quella evocata da Patrizia Poli: il registro chiaro e colloquiale di un lavoro onesto che si impegna in una costruzione minimale del verso, una versificazione dai toni domestici ma mai dimessi, un dettato lirico fatto di eleganza sussurrata e di corrusca tenerezza, quasi a suggerirci che la poesia più intima e felice è quella che si coglie nel miagolìo dei gatti su in soffitta o nel sorriso ingenuo e strafottente di un marito che non ha voglia di lavorare ma è una pasta d'uomo.
L’esigenza di rappresentare tessere apparentemente insignificanti di un divenire ordinario e mai privo di grazia, sembra essere la cifra prevalente della sua poesia, sebbene non ci sfugga che, nell’ordito placido e sereno di questo componimento così sincero e narrativo, fa capolino, in maniera seppur solo accennata, con ritrosia dissimulata ad arte, qualche tratto malinconico e nostalgico che, d’altronde, si coglie già nell’immagine iniziale, poetica e frugale ad un tempo, dell’aringa affumicata e messa sotto sale, la memoria, che mentre si disfa e si consuma, si fa più appetitosa e saporita.
Proprio il contrasto tra la delicatezza del ritratto o del ricordo e il rassegnato recupero di affilate schegge di rimpianto, rappresenta la nota più evidente di questa prova interessante, soprattutto in quanto il suddetto contrasto si consuma lungi da qualsivoglia idealizzazione dell’altrieri, in una dimensione in cui, piuttosto che il malessere, scorgiamo un afflato tenero e sincero verso la personale matrice identitaria, verso una terreno gravido di voci e sentimenti.” (Vera Vasques)
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : "Soffioni" e "Fiordalisi e papaveri"
Soffioni
Impalpabili infiorescenze di sambuco
soavi di luce e di bellezza fragili,
anche a voi la vita sfugge
s’incrina la bianca filigrana
in vite altre, piccoli semi in sboccio
nell’aria a fil di vento
sbirichinando nevicano
negli angoli riposti della via
senza più pensiero del domani.
Non rimarrà di voi che un sogno
inseguito dallo sguardo languido
e scabro lo stelo in terra.
Fiordalisi e papaveri
Torneranno i campi di grano a sussurrare,
a litigare fiordalisi e papaveri
per uno sbocco d’aria
tra le spighe arse dal sole di luglio
e i piedi a spaccare le dita sulle zolle aride
nei campi distesi sotto la bella Dormiente
La fiamma di rosso al tramonto
il campanile avvolge da lontano
le cime con esso gareggiano
già nascoste dalla tenebra lenta.
Insonne la notte al caldo trafitto
da grilli e cicale, gracida il rospo
e la rana nel rigagnolo verde
di acqua e di bianche ninfee.
Un gufo gli occhi spalanca
guardiano del faro notturno
alla luna che in cielo
argentea più delle stelle.
Immagine di Walter Fest, poesie di Adriana Pedicini
#immaginieparole : Il guardiano del faro
Elia, il guardiano, adorava i profumi e i suoni del mare, in particolar modo i cavalloni selvaggi che si schiantavano sugli scogli sotto al faro nei giorni e nelle notti di burrasca. Chi l'avrebbe mai detto che da lui avrei ereditato tali sensazioni ed emozioni estatiche?
Sembra ieri. Il risveglio in una piccola stanza dalle pareti ammuffite, il letto duro come la banchina di un porto e i raggi del sole che filtravano dalla suggestiva finestra che dava sul Golfo di Genova. Io che mi inoltravo, scalzo, in direzione della cucina, noncurante del pavimento mal ridotto e di alcune schegge di legno che andavano a conficcarsi nella pianta dei piedi.
Mi comparve davanti Elia, appoggiato a uno sgangherato e rumoroso frigorifero, a fumarsi la pipa con espressione malinconica. Dopo una frugale colazione, andammo in spiaggia per ammirare le magnifiche onde che si infrangevano delicatamente sulle rocce che circondavano la struttura. Elia, le mani nodose, il viso solcato dalle rughe e la lunga barba bianca davano l'idea un uomo provato. Non mi degnava di uno sguardo. Sospettai che quella specie di eremitaggio gli avesse fatto dimenticare come guardare una persona negli occhi.
«È necessario che tu e i riflettori siate in simbiosi per far da guida ai naviganti» mi disse improvvisamente, indicando con l'indice la lanterna posta in alto.
Successivamente mi spiegò le mansioni da svolgere, per poi effettuare una serie di esempi pratici. Imparai in fretta, grazie a una dote innata per la manualità risalente ai tempi dell'orfanotrofio. Qualora ci fossero stati problemi di natura tecnica, mi sarei avvalso di un manuale o, nei casi peggiori, avrei potuto utilizzare il telefono per chiedere assistenza a chi di dovere. Riguardo la paga e gli approvvigionamenti, in quel periodo venivano garantiti mensilmente dalla marina mercantile.
L'ormai ex guardiano mi consegnò le chiavi e ci salutammo senza che gli chiedessi dove fosse diretto. Dalla porta d'ingresso lo osservai percorrere lentamente una stradina sterrata, portando con sé una logora valigia. Restai da solo, i gabbiani in volo che garrivano sembravano darmi il loro benvenuto. Rientrai.
In cucina, nell'accendere il fornellino a gas, desideroso di una cioccolata calda, pronosticai che le stagioni invernali sarebbero state un problema a causa del gelo. E difatti non mi sbagliai.
In quel primo giorno di lavoro feci il secondo "trekking" sulla torre, ove le scale in ferro risalivano a spirale lungo i muri, immaginando la fatica del povero Elia per tutte quelle volte che si era dovuto cimentare nelle "arrampicate."
Una volta raggiunta la cima, mi prodigai scrupolosamente per pulire i pannelli in vetro, lucidare l'obiettivo, sistemare gli stoppini e riempire d'olio una moltitudine di lampade, assieme ad altre incombenze che diventarono consueta routine giornaliera.
***
Anni dopo, in un tetro pomeriggio di novembre prossimo alla tempesta, da una finestrella della struttura notai una figura femminile che s'incamminava a passo spedito verso il bordo della scogliera. Dapprima trovai strano che, con l’imminente scatenarsi della tormenta, quella donna avesse deciso di dirigersi proprio lì, finché realizzai quali fossero le sue reali intenzioni. Corsi e la raggiunsi per invitarla a ritornare indietro. Inizialmente rimase zitta, poi parlammo un po', la sua voce sofferta mi colpì profondamente.
Improvvisamente sciolse il nastro che le legava la coda. I suoi lunghi, ondulati capelli castani caddero a cascata e furono rapidamente sferzati dal minaccioso vento carico di pioggia. Era bella, decisamente bella, i lineamenti delicati enfatizzavano il chiarore della carnagione, per non parlare del suo lungo vestito azzurro che fluttuava come quello di un angelo.
«Mi manca mio marito!» esclamò portandosi la mano alla bocca per soffocare un singulto. Infine si girò di spalle chiaramente intenzionata ad attuare l’insano gesto. Il suo amato probabilmente era un marinaio o un pescatore. E lei lo stava per raggiungere, il mare le avrebbe fatto da ponte per il cielo.
La vidi gettarsi. Non potei fare nulla.
***
Sono passati circa trent'anni, costellati da episodi belli e meno belli. Stamattina vengo a sapere che presto sarò sollevato dal mio incarico. In buona sostanza la tecnologia cartografica e altri strumenti di navigazione installati nei mezzi marittimi non giustificano più il mio operato come, naturalmente, l’utilizzo dell'emettitore di segnali luminosi della struttura.
Dovrei essere rabbuiato, deluso… invece no, da quanto ho appreso dalla raccomandata che mi è stata fatta pervenire dal postino, il faro avrà un nuovo contratto di locazione. Il Comune di Genova prevede di trasformarlo in un luogo di interesse turistico e di consentire al pubblico visite panoramiche, oltretutto mi è stato chiesto di rimanere in qualità di custode. Accolgo con entusiasmo la proposta, per di più sarò lieto di condividere le mie storie con i visitatori, tranne un drammatico e triste episodio. Io, Tancredi Diotallevi, ho ancora vivido il ricordo di quella apollinea donna che mi pesa sul cuore.
Immagine di Walter Fest, racconto di Giuseppe Scilipoti
#immaginieparole : Terra smossa
Terra smossa
La terra si è mossa
Un buco nero di luce
Costi quel che costi
Anni di compromessi
Di aggiustamenti
Di doveri autoimposti
Ossessivi
Camminando verso la luce
Mi sfinisco
Le contraddizioni sono la mia ricchezza
Vivere qui, ora, adesso
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Tempo inutile
Tempo inutile
Bambole
immobili
sguardo fisso
occhi incollati
fila di mummie
in cripte di cartone rosa
conigli neri di Pinocchio.
Ora su tutto
le luci dell’ikea
alogene
livide
ferme come cuori fermi
come anime serrate
e bocche cucite.
Non è più la foto
non sono gli oggetti
ma uguale il muso di topo sperso
la montatura delle lenti
anche in mezzo a tutta questa carta bianca
in mezzo ai rotoli
ai pacchi
sei tu
come allora
senza speranza
e senza più gioventù.
Ogni fiocco, ogni stella, ogni candela
ti dice quanto tempo è passato
inutile.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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