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signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

Francesco Gazzé: il sentimento come ragion di scrivere

30 Settembre 2017 , Scritto da Pietro Pancamo Con tag #pietro pancamo, #recensioni

 

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Il terzo uomo  sulla luna

Francesco Gazzè

 

Baldini, Castoldi , Dalai, 2002

 

 

C’è un’acuta distanza (quasi totale, cioè irreversibile o giù di lì) fra i sentimenti e il mondo attuale… Al punto che ognuno di noi (se fosse onesto) si dovrebbe inquisire schiettamente, sottoponendosi magari a un discorsetto accusatorio tipo questo: “Dove finisce la televisione e dove comincia la mia identità? Ahimè, non resta più alcun confine di riconoscimento…”.

Chi lo sa: probabilmente, peggiorando in circolo (e continuando quindi, previa tv, a involversi dai sentimenti alle pulsioni, dall’intelligenza alla scimmia) la razza dominante del nostro pianeta ritornerà, spiritualmente parlando, allo stato selvaggio e brado, da umana che era.

E nel frattempo, l’arte che fa? Non ci salva? Sfortunatamente no, accidenti! Dal momento che, complice ancora il piccolo schermo, è ormai decaduta a cabaret, rivestendosi forse di motti arguti, ma anche di sfondoni assortiti, veicolati da un italiano, drasticamente ridotto al rango degradato di dialetto nazionale, buono per tutte le ignoranze e sgrammaticature.

Certo, per fermare il collasso, ci vorrebbe qualcuno in vena e in grado di dare l’esempio. Sì! Ecco la soluzione! Qualcuno ci vuole, che scriva e rifletta. Qualcuno che, discosto dalla massa e dalla tv, abbia una ricezione infallibile del cuore in genere e non delle emittenti varie.

Qualcuno, insomma, come Francesco Gazzè.

Dunque… fratello e paroliere com’è di Max il cantante e musicista, il Francesco in questione ha esordito in proprio nel campo della prosa, pubblicando nel 2002 (per i tipi della casa editrice Baldini&Castoldi, in seguito ribattezzatasi Baldini Castoldi Dalai) un volume di racconti, suggestivi e corti: Il terzo uomo sulla luna.

Che dire mai di quest’opera prima, che non ha mancato, naturalmente, di riscuotere lettori e commenti lusinghieri?

Beh per cominciare, non soffre d’illusioni Francesco Gazzè; anzi i dolori, appresi dalla vita, gl’insegnano a valutare (se non “auscultare”, addirittura) desideri, angosce, perplessità: la sua voce è composta d’inflessioni melodiche e, attraverso le pagine del libro, s’articola secondo le direttive di una salda ironia analitica, pronta a sublimarsi in acume poetico. Utilizzarlo (nell’attimo di un foglio, nel volgere di un libro) per catturare la libertà (dell’immaginazione) e farne sentimento, è facilissimo per l’autore. Egli sottrae alla forza isterica del giorno, della vita corrente e d’ordinanza la propria indole d’artista, aggira l’esuberanza maligna di pene e ansietà (che sono energia, adrenalina del dolore) per librare nella dimensione estatica della fantasia, fiabe d’incanto.

Mai sovrastate dall’affanno, quelle emozioni di pura leggerezza irradiate dal suo animo trovano respiro in novelle delicate e lievi, in tenui parole e trame carezzevoli che indulgono, talvolta, all’ariosa ecletticità del sogno.

Balza l’inchiostro da un racconto all’altro formando personaggi azioni ambienti, mentre nasce la pagina, come una lega metallica, dal miscuglio di lettere e bianco.

I segni e le pause rispettano i confini di storie fluenti e testi brevilinei che, senza cedere alla verbosità (ma con l’aiuto, nondimeno, di armoniose volute sintattiche), illustrano malinconia, gioia e dubbio.

Quindi sentimenti multiformi che, trasfigurati dall’ironia onnipresente, diventano profezia d’amore e riscatto umano, impreziosiscono il tessuto letterario di queste novelle e, intanto, sogni attraversano rapiti lo spazio di carta, per mutare in musica le parole e allietare le pagine con melodie narrative, pervase di sole.

Un sole inconfutabile che non splende a vanvera e, al contrario, sa illuminare (con cognizione di causa) la bravura di Francesco Gazzè, scrittore ben diverso da quelli che, discutibilmente, trascorrono la propria esistenza – intera ed effettiva – alla ricerca ossessionata d’interviste o trasmissioni, da cui lasciarsi ritrarre nell’atto retorico (persino narcisistico) di sproloquiare, di soffrire, d’incensarsi.

No: Gazzè si mostra, e dimostra, individuo di tutt’altro stampo e identità. Prova ne sia che, ne Il terzo uomo sulla luna – distinguendosi senza tregua o sosta da coloro (forse gli scrittori suddetti, per l’appunto!) che spesso raccolgono frasi, periodi e complementi in organismi grammaticali incapaci di poesia – trionfa, impeccabile e sincero, nel compito di “imprimere” corpo e consistenza a sistemi di parole, che ora si presentano a forma di nostalgia, ora di sorriso, ora di filosofia. Quella ad esempio, birichina e suadente, che dando segni d’ironia, impregna – “impastandolo” di sé – il brano intitolato Prima del gong:

 

Assalito ovunque dalle sue farine, il giovane fornaio era tutto bianco come Pulcinella. Impastava energico la prima luce del giorno affondandoci le dita e il peso del corpo, colpendo l’impasto chiaro con gli schiaffi e poi lisciandolo sul palmo della mano quasi pentito, per trarre da esso qualcosa di buono, una forma. […] Anche una piccola radio portatile prendeva parte al lavoro [...] Sempre accesa sulla mensola più in alto [...] sancì, quella volta, la fine del mondo: per mezzo di una voce senza suono, lo speaker annunciò, interrompendo una nota trasmissione di musica leggera, che il pianeta stava implodendo a causa di un improvviso vuoto d’aria formatosi intorno al suo centro, e che in quelle ore la crosta terrestre aveva già iniziato ad accartocciarsi lentamente come la buccia di una pera marcia. Proclamava ciò in preda a una specie di terrore isterico che aumentò come una febbre a ogni parola. Riuscì comunque a precisare che i migliori geologi di ogni continente erano concordi nell’affermare con limitato margine di errore che all’intera umanità non restava più di mezza giornata prima della fine […] Il fornaio separò le mani dall’impasto, le avvolse in un panno asciutto prima di strofinarle davanti alla faccia come una mosca, andò alla finestra a controllare il panico che intanto s’era impossessato delle poche persone già sveglie in città. Se ne aggiunsero altre, e lui le osservò per l’intera mattinata affannarsi a realizzare subito sogni che tenevano chissà da quanto tempo incalcati nelle membra. Tutti insieme, in fretta, di corsa, alla rinfusa… prima del gong! […]”.

 

Lo si può inevitabilmente constatare: attraverso la “parabola” del fornaio, il racconto appena citato configura Francesco Gazzè come attento e minuto osservatore delle piccole cose, ch’egli delinea e traccia con snella incisività, manifestando un talento notevole di cronista “accorato”, superlativamente preso a studiare i contorni e il nucleo della realtà, per “rigovernarli in codice” con l’intervento e l’appoggio della fantasia.

Insomma, si cede quasi alla tentazione di vederlo – il nostro autore – come perennemente affacciato ad una finestra china sulla vita: sì, eccolo mentre (bloccandosi nel pieno raggio della finestra aperta) s’impone allo sguardo dell’aria e cerca di essere la pupilla del vento, per scoprire così gli uomini nelle infinitesime particole dei gesti. Risultato eccellente e lirico: Gazzè riesce in questo modo ad avvolgere, nei propri occhi di narratore, la vicenda complessiva delle persone comuni e quotidiane, con tutte le loro ansie, egoismi e volatili euforie. Che sono, in ultima analisi, i sottomultipli delle ore.

Chiaro dunque come il suo libro, altro non sia che un’antologia di contenuti e sostanze variegate: so-stanze da pranzo, di cui il lettore deve cibarsi (masticando a fondo col cuore e la mente) per mitigare la notte reciproca, instauratasi – ormai da troppo – fra l’uomo e i sentimenti.

 

 

 

-di Pietro Pancamo (pipancam@tin.it; pietro.pancamo@alice.it)-

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Bellissima Brigitte

29 Settembre 2017 , Scritto da Franca Poli Con tag #franca poli, #personaggi da conoscere, #cinema

 

 

 

 

 

Non si dichiarano gli anni delle signore, Brigitte è sempre giovane nell'immaginario collettivo, è sempre quella della foto: bellissima, sensuale, selvatica, ironica e sfuggente.
Le sue labbra hanno disegnato le forme di un'epoca e il suo corpo ha fatto sognare intere generazioni. È curioso come di lei, passata alla storia, non si ricordino pellicole memorabili, BB ha recitato con una naturalezza disarmante, ha interpretato se stessa e questo forse è il segreto che la fa ricordare come persona ben oltre i film in cui ha recitato. La Bardot però non era solo bellissima, è una donna con grande personalità e soprattutto è intelligente e l'intelligenza è una dote che rende una donna estremamente sensuale. Negli anni la Francia ha scoperto che l'attrice, nonostante il successo, nonostante la vita in Costa Azzurra, non era una bambola di vetro e ha dovuto fare i conti con il suo impegno, la sua coerenza, le sue idee. La Bardot ha abbandonato la carriera senza remore e ha scelto la strada più difficile fregandosene delle conseguenze.
Nelle sue dichiarazioni, sempre controcorrente, ha criticato aspramente “la gauche al caviale”, ha sparato a zero sul sessantotto definendolo “uno sconquasso porno-politico” e nel 2001 la sua “lettera aperta alla mia Francia persa”, le è costata una condanna. Non contenta del muro che le hanno eretto contro, ha scritto un libro attirando la definitiva vendetta dei democratici politically correct. Nel suo libro si scagliava contro il pericolo di un'invasione islamica e per qualche parola di troppo è stata processata e condannata una seconda volta dalla giustizia francese, perché si sa che le idee vanno bene tutte, ma solo se sono allineate. Ecco le sue parole "Sono contro l'islamizzazione della Francia. Quest'obbedienza obbligatoria e questa sottomissione mi disgustano". E ancora: "Non abbiamo più il diritto di essere scandalizzati quando clandestini o mendicanti danno l'assalto alle nostre chiese per trasformarle in porcile umano, defecando dietro l'altare, pisciando contro le colonne, diffondendo i loro odori nauseabondi sotto le volte sacre del coro". Oppure: "Eccoci costretti a far venir fuori una dignità politicamente corretta nel mischiarci, nel mescolare i nostri geni, nel cancellare le nostre radici e lasciare così incrociare per sempre le nostre discendenze da predominanze laiche o religiose fanaticamente emerse dai nostri antagonismi più viscerali".
“Frasi che trasudano intolleranza” secondo il procuratore della Repubblica di Parigi, che chiese la condanna e definì il suo scritto un "grido di odio", stigmatizzando il carattere violentemente anti-musulmano del libro. 
Brigitte non si è mai fermata e ha continuato a battersi a dire la sua, famose le battaglie animaliste contro la macellazione ebraica e quella islamica. Tutti errori imperdonabili per la società moderna che ci vuole tolleranti, accoglienti e pecoroni.
Ma l'errore più grosso la Bardot lo ha fatto quando ha scelto di invecchiare. Esattamente, ha deciso semplicemente di invecchiare naturalmente senza ricorrere a lifting, chirurgia plastica, sempre controcorrente in un mondo, soprattutto quello del jet set, dove la caccia contro le rughe e le altimetrie delle tette o del sedere è sfrenata. E mentre intorno si vedono facce di plastica, tutte uguali, che puzzano di morte, lei si è lasciata scorrere il tempo addosso e ne è uscita più bella che mai. Una bellezza che racconta la sua storia in ogni ruga di espressione in ogni piega del suo intramontabile sorriso. 
Dalla sua autobiografia scelgo di raccontare un episodio molto simpatico che a mio avviso la identifica completamente.
Ancora in carriera, attrice di successo, vestita di tutto punto, tacchi a spillo e occhiali scuri, si trovò un giorno a visitare un canile. Vide ammassati dentro le gabbie anguste cani sporchi e gatti dal pelo arruffato che la guardavano come solo gli animali sanno fare. Non seppe resistere, non aveva idea di come fare, ma aveva deciso che là dentro non doveva rimanere neanche un prigioniero. Irruente, decisa come suo solito, li caricò tutti sulla sua Rolls Royce, davanti dietro nel bagagliaio e mentre i cani abbaiavano, in una tremenda baraonda, e i gatti le saltavano in testa, la videro allontanarsi ridendo a tutta velocità verso Parigi.
Brigitte donna vera, simbolo di libertà, di trasgressione e tradizione.

 

“.....Senza di te quella bottiglia è sempre troppo vuota al mio funerale canterai “plaisir d'amour” sarà come rinascere, come ammirarti in tv poi butteremo dalla torre chi vuoi tu! Si dice che gli occhi siano lo specchio dell'anima a me poco importa, la tua bocca già svela la tua divinità” ( da Armilustri Absinthium)

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Radioblog: Le voci di signoradeifiltri

28 Settembre 2017 , Scritto da Chiara Pugliese Con tag #chiara pugliese, #blog collettivo, #radioblog, #interviste

 

 

 

 

 

 

LAVORI IN CORSO: Su RadioBlog sono in arrivo le “Voci di Signora dei Filtri”!! Scoprite di cosa si tratta ascoltando questo audio e ricordate che per qualunque proposta, suggerimento o autocandidatura al progetto potete scriverci alla nuova casella di posta elettronica di RadioBlog : RADIOBLOG2017@GMAIL.COM

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AttraversoIMieiPiccoliOcchi, il nuovo challenge dedicato ai cani

27 Settembre 2017 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #concorsi, #animali

 

 

 

 

Il cane, si sa, è il migliore amico dell’uomo. Quello che offrono questi compagni di vita a quattro zampe non è solo amore e sostegno, ma anche la possibilità di guardare il mondo da una prospettiva diversa. È da qui che nasce il nuovo challenge di Salani in collaborazione con Ingersitalia e Drepubblica.it e dedicato al romanzo di Emilio Ortiz Attraverso i miei piccoli occhi (in libreria per Salani dal 5 ottobre) che racconta la storia di un non vedente dal punto di vista del suo cane guida. .

Partecipare è semplicissimo: scattate una foto di un cane nel suo mondo o che rappresenti il mondo visto attraverso gli occhi di un cane.

Pubblicate la foto su Instagram con il tag #AttraversoIMieiPiccoliOcchi e menzionate Salani, Drepubblica.it e Igersitalia.

Potete usare il tag anche con foto già scattate.

Avete tempo fino al 23 ottobre incluso.

Le 20 immagini più rappresentative, scelte e commentate singolarmente con una breve didascalia da Salani, saranno inserite in una gallery pubblicata su D.repubblica.it. Gli autori dei 20 scatti scelti saranno contattati da Salani per la firma di una liberatoria volta all’inserimento della foto (con indicazione del credits) nella gallery.

 

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Acqua sotto e sopra i ponti

26 Settembre 2017 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #moda

 

 

 

 

È passata tanta acqua sotto i ponti e non solo in senso figurato. La mia città ha subito quella che credeva impossibile, cioè un’alluvione, dalla quale, per mia fortuna, sono uscita indenne.

Prima ci sono state passeggiate nei prati con le mucche, frizzanti ruscelli di alta montagna e il mio cane che scorrazzava felice; ci sono stati mulini sul fiume, cigni sul lago e parenti ritrovati. E, al rientro, una nuova gattina. Così la famiglia è aumentata.

A me piace quando ci si avvicina a san Remigio, l’orgia estiva si acquieta, si dà principio a qualcosa di nuovo o si ritrovano vecchie abitudini, ci si riappropria del tempo ordinario. Ah, la magnifica vita normale! Le giornate scorciano, diventano freddine e piovose, e, mentre riscopriamo il gusto di stare in casa e di riaccendere la tv, lentamente si comincia a pensare al Natale.

Con gli ultimi scampoli di saldi ho comprato tanto, al punto che, per parlarvi degli  acquisti, devo raggrupparli per categorie.

Ecco le canotte, a spalla sottile da portare sotto, e a spalla larga, in stile premaman, per nascondere la pancia.

Ecco una serie di camice a maniche lunghe, leggere, eleganti, impalpabili, in tutti i colori e le fantasie possibili, in particolare deliziosa quella abbottonata davanti.

Ecco le scarpine blu elettrico. Io, in questa stagione, porto sempre e solo ballerine, forse non slanciano ma ingentiliscono il piede.

Ecco i pantaloni fantasia leggeri e ancora decisamente estivi e poi quelli in tinta unita, da signora.

Ecco una collanina a tre strati per ravvivare qualunque maglietta anonima.

Poi il vestito a righe marroni, lungo alla caviglia e signorile.

Aggiungete a questo due tute da ginnastica, una grigia e una nera, ché la buona volontà in questo periodo non manca e mi sono iscritta in palestra.  

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There has been so much water under the bridges and not just figuratively. My city has suffered what it thought impossible, that is, a flood, from which, fortunately, I was not touched.

Before, I had been walking in meadows with cows, along sparkling high-altitude streams, where my dog ​​roamed happily; there were mills on the river, swans on the lake, I rediscovered relatives. And, when I returned, I got a new kitten. So, the family has increased.

I like it when you approach San Remigio, and you get rid of the summer orgy. Something new starts, or you rediscover old habits, and the ordinary time. Oh, The magnificent normal life! The days roll over, they become cold and rainy, and, as you taste the pleasure of staying home again, and to turn on the TV, slowly you start thinking about Christmas.

With the latest discounted sales, I bought so much that, to talk about my purchases, I have to group them by categories.

Here are the tops with a thin shoulder, as underwear, and a wide shoulder, premaman style, to hide your belly.

Here's a whole set of long-sleeved shirts, lightweight, impalpable, in all colors and fantasies possible, particularly delicious the one buttoned in front.

Here are the blue electric shoes. In this season, I  always wear ballerina shoes, maybe they do not make me seem taller, but they make my feet prettier

Here are the fancy pants, that are light and still very summery, and then those in solid color, much ladylike.

Here's a three-tier necklace to revitalize any anonymous t-shirt.

Then there's the brown striped dress, long on the ankle and very chic.

Add to this two gymnastic suits, a gray and a black one, because goodwill at this time is not missing and I joined the gym.

Acqua sotto e sopra i pontiAcqua sotto e sopra i pontiAcqua sotto e sopra i ponti
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Giovanni Modica, "Dario Argento e Profondo rosso"

25 Settembre 2017 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #cinema

 

 

 

 

 

Giovanni Modica

Dario Argento e Profondo Rosso

Profondo Rosso. 2017 – Pag. 384 – Euro 24,90

 

Profondo rosso (1975) è il film più importante di Dario Argento, il suo lavoro indimenticabile che ne decreta il successo imperituro. Non siamo ancora nell’horror puro, ma in una cornice gialla classica, contaminata da penetranti elementi macabri. La parte orrorifica prende il sopravvento sin dalle prime sequenze in un teatro, che vedono la sensitiva Helga Ullman (Macha Meril) avvertire la presenza in sala di un omicida e quindi finire massacrata nel camerino. Marcus Daly, un pianista inglese (David Hemmings) indaga insieme alla giornalista Gianna Brezzi (Daria Nicolodi) ed entrambi vengono coinvolti in una spirale interminabile di omicidi. Profondo rosso è un film talmente noto che pare inutile raccontare la trama, anche perché sono stati scritti saggi ponderosi e approfonditi sulla pellicola. Giovanni Modica, invece, con la collaborazione di Luigi Cozzi, non solo non lo reputa inutile, ma dedica al film ben 384 pagine, facendo scomparire il vostro modesto saggista che nella sua sintetica storia del cinema horror italiano ha scritto sul film in questione soltanto una pagina e mezza. In questo libro edito dal negozio di Dario Argento, diretto da Luigi Cozzi - una vita dedicata alla celebrazione di un Maestro che purtroppo non è più così grande - troverete pane per i vostri denti, appagherete ogni curiosità e sazierete la vostra fame di curiosità cinefile. Io posso solo dire che Profondo rosso fa da spartiacque tra il thriller puro e l’horror, segnando la nuova strada di Dario Argento, sempre più in preda a una fantasia macabra e visionaria. L’elemento paranormale è presente, così come incontriamo ambientazioni gotiche e momenti surreali scanditi da apparizioni di pupazzi meccanici. L’estetica dell’omicidio viene perfezionata secondo la lezione di Mario Bava, ma sarà presa a modello anche da autori statunitensi come John Carpenter e Rick Rosenthal nella saga Halloween (1978 - 81). Il merito della sceneggiatura ricca di suspense va diviso tra il regista e Bernardino Zapponi, che inseriscono in una storia gialla elementi macabri e momenti di puro terrore. Funziona tutto, persino la colonna sonora dei Goblin che ha fatto epoca, ma - se vogliamo trovare un difetto - non sono il massimo certi dialoghi impostati e alcuni personaggi monodimensionali. Ottimi i due protagonisti, bene Clara Calamai, Eros Pagni e Gabriele Lavia, che regalano caratterizzazioni memorabili. Un finale a sorpresa mostra il killer riflesso nello specchio del corridoio come se fosse un orribile dipinto, un grande colpo di genio, intriso di fantasia surrealista. Profondo rosso è stato uno dei film più amati degli anni Settanta e il suo successo è ancora ammantato da un alone di leggenda. Giovanni Modica si fa introdurre da Fabio Giovannini, un argentofilo della prima ora, mentre lascia la parola al Maestro in un capitolo finale, inserendo un’intervista datata 2002 che Argento aveva concesso a Federico Patrizi. Capitolo dopo capitolo viviseziona il film, dalla scheda tecnica alla scenografia, passando per trama, genesi, soggetto, sceneggiatura, ispirazioni letterarie, attori, locations, fotografia, montaggio, vecchie recensioni, considerazioni critiche, film e autori che si sono ispirati ad Argento. Invano il vostro povero recensore ha cercato il suo nome tra chi si è occupato di horror italiano e nella fattispecie di Dario Argento. Non l’ha trovato. Peccato di presunzione, certo, ma in fondo gli autori citati in bibliografia sono talmente grandi che il mio piccolo nome di provincia avrebbe stonato. Profondo rosso è un testo fondamentale per capire il cinema  del Maestro dell’horror italiano, un libro che un amante della sintesi e dello stile divulgativo come me non avrebbe neppure concepito di scrivere. Perfetto, invece, per chi non si accontenta. Una cosa da stigmatizzare - comune a tutti i libri della Profondo Rosso - è il prezzo civetta: 24,90. Mica poco in questi tempi di crisi…

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Il portafoglio

23 Settembre 2017 , Scritto da Luca Lapi Con tag #luca lapi, #le riflessioni di luca

 

 

 
Il portafoglio: la prima cosa che mi viene in mente è il Ministro.
     C'è quello con Portafoglio e quello senza.
     Il portafoglio (quello contenente denaro) mi sembra, poi, appartenente al passato.
     C'erano lire nel portafoglio italiano.
     C'erano banconote (fogli) e monete tintinnanti.
     Continuano ad esserci monete, ma meno banconote nel portafoglio, oggi.
     Valgono di più, con l'introduzione dell'euro.
     Si tengono quelle di grosso taglio in banca o chiuse a chiave in un cassetto, in una cassaforte (nascosta da un quadro), per paura di furti.
     Ci sono, poi, il bancomat e la carta di credito, la tessera di partito e/o di associazione.
     Il portafoglio: si perde, si smarrisce e ci si sente persi, smarriti se o finché non lo si ritrova, soprattutto, se lo si ritrova svuotato da chi l'ha trovato, per terra, rilasciandolo costì.
 
          Luca Lapi
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Fiumicino film festival

20 Settembre 2017 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #cinema, #eventi

 

 

 

 

 

FIUMICINO FILM FESTIVAL

prima edizione

Fiumicino (Roma) – 22, 23 e 24 settembre 2017

 

Lungometraggi, documentari, cortometraggi e letture dedicati al tema del viaggio.

Premio Traiano a Valeria Golino, Alessio Boni e Susanna Nicchiarelli

INGRESSO GRATUITO FINO A ESAURIMENTO POSTI

 

Si tiene a Fiumicino (Roma), il 22, 23 e 24 settembre 2017 la prima edizione del Fiumicino Film Festival, kermesse dedicata ai film di viaggio con la direzione del produttore Giampietro Preziosa e la direzione artistica del regista Marco Simon Puccioni. Il festival, a ingresso gratuito fino a esaurimento posti, si svolgerà presso UCI Cinemas Parco Leonardo e un battello che percorrerà il fiume Tevere, partendo dalla Darsena di Fiumicino, proiettando i cortometraggi, con soste nel porto di Traiano. Numerosissimi gli ospiti del festival, tra questi Valeria Golino, Alessio Boni, Isabella Ragonese, Susanna Nicchiarelli, Fabio Mollo, Bruno Colella, Bianca Nappi, Marco Amenta, Antonio Martino, Marina Rocco, Paola Minaccioni, Pino Calabrese, Maria Rosaria Russo, Claudia Potenza, Francesco Montanari, Antonietta De Lillo, Laura Luchetti, Daniele Vicari, Gianfranco Pannone. Saranno presentate pellicole italiane e internazionali - lungometraggi di finzione e documentari e una sezione dedicata ai cortometraggi, con il tema del viaggio nelle sue diverse declinazioni. Ogni proiezione sarà seguita da un dibattito con i registi e gli attori della pellicola. Il programma completo al link ufficiale www.fiumicinofilmfestival.org Al viaggio saranno anche dedicate le letture di poesie scritte da Nichi Vendola e interpretate da attori quali Claudia Potenza, Marina Rocco, Pino Calabrese, Francesco Maccarinelli e Paola Minaccioni. Verranno quindi assegnati tre Premio Traiano all'attrice e regista Valeria Golino, alla regista Susanna Nicchiarelli e all'attore Alessio Boni.

Tra i lungometraggi presentati, fresco del premio Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia, Nico, 1988, di Susanna Nicchiarelli, quindi My Italy, di Bruno Colella e Il Padre d'Italia, di Fabio Mollo, interpretato da Isabella Ragonese. Quindi il divertente road-movie Ovunque tu sarai, del regista Roberto Capucci, che sarà presentato anche alla presenza degli attori Francesco Apolloni e Francesco Montanari. Quindi la commedia di Francesco Bruni, Tutto quello che vuoi e il delicato Taranta on the road, di Salvatore Allocca, con Bianca Nappi, che racconta l'incontro tra due giovani profughi e un gruppo di musicisti salentini in tournée. Nutrita anche la schiera di lungometraggi stranieri in concorso, dal drammatico nippo-francese La nuit ou j'ai nagè, diretto a quattro mani da Damien Manivel e Kohei Igarashi al britannico The Journey – Il viaggio, di Nick Hamm, la straordinaria storia di un viaggio di due leader nord-irlandesi. Direttamente dalla Mostra di Venezia arriva quindi l'iraniano Disappeareance, di Ali Asgari: in una fredda notte d'inverno a Teheran, due giovani amanti si ritrovano ad affrontare un serio problema...

Tra i documentari, la Libia raccontata in The black sheep, di Antonio Martino, quindi Magic Island, di Marco Amenta e Portami Via, di Maria Cosentino. Quindi la storia di Dario e Maury, che da vent’anni animano il litorale di Ostia con le loro performance, in Il principe di Ostia Bronx, di Raffaele Passerini. Tra i cortometraggi presentati, Bagni, realizzato da Laura Luchetti in stop motion, che ha raccolto premi in tutto il mondo, ma anche Terra Promessa, di Francesco Colangelo, La viaggiatrice, di Davide Vigore e Uomo in mare, di Emanuele Palamara, interpretato da Marco D'Amore.

La giuria dei lungometraggi, con la presidenza del regista Daniele Vicari, è composta dalla distributrice Lucy De Crescenzo e dall'attore Francesco Montanari. La giuria dei documentari, con la presidenza della regista Antonietta De Lillo, è composta dal giornalista Boris Sollazzo e dal documentarista Gianfranco Pannone. La giuria dei cortometraggi è invece composta dall'attrice Claudia Potenza, dal casting director Pino Pellegrino e dal regista Adriano Giotti. Le tre giurie assegneranno i premi per: Miglior Attore; Miglior Attrice; Miglior Film; Miglior Documentario; Miglior Corto e Nuovo Orizzonte (al regista emergente, opera prima o seconda). Selezionatori per la sezione lungometraggi, Marco Simon Puccioni, Laura Delli Colli e Angela Prudenzi. Per la sezione documentari, selezionatori sono Lorenzo Hendel, Simone Catania e Paolo Ferrari. Per la sezione cortometraggi, selezionatori sono Giampietro Preziosa, Francesca Portalupi Antonio De Palo. Molto rilevante per il festival la collaborazione con la Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté di Roma: il regista Marco Simon Puccioni ha selezionato, tra le sceneggiature dedicate al viaggio e proposte dagli studenti della scuola, quella di Giulia Lapenna, dal titolo “Eau a la bouche”. Da questa sarà realizzato un corto che verrà girato nei tre giorni precedenti al festival e proiettato durante la serata finale del festival.

Altra chiave del festival, la gastronomia: durante le tre serate, infatti, verranno offerti, all’interno del pittoresco allestimento nel battello, aperitivi sfiziosi per tutto il pubblico, durante la presentazione dei cortometraggi. Le cene, a numero chiuso, vedranno protagonisti dell’iniziativa due illustri chef stellati: Marco Martini, stella Michelin del “The Corner” di Roma e Gianfranco Pascucci, del ristorante di pesce “Il Porticciolo”, proprio di Fiumicino.

Terra di viaggi e sinonimo di 'incontro' da sempre, e seppur di costituzione piuttosto recente, Fiumicino è un Comune dotato di una storia molto antica. Nel suo territorio si trovano infatti i resti dell’antico porto romano di Traiano, principale porta d’ingresso di merci e persone nella Capitale dell’Impero Romano. Inoltre, la città di Fiumicino è sede del principale aeroporto intercontinentale italiano. Fiumicino Film Festival nasce dall'idea del sindaco Esterino Montino, di Giampietro Preziosa e di Marco Simon Puccioni e si basa sull'idea del viaggio proprio perché Fiumicino è un comune fortemente associato a questo immaginario.

Grazie a questo importante appuntamento che chiuderà la ricca estate culturale fiumicinese apriamo sempre di più la nostra Città a turisti, visitatori, amanti del cinema e della gastronomia – sottolinea il sindaco di Fiumicino, Esterino Montino.Quando, insieme a Giampietro Preziosa e Marco Puccioni, ci siamo incontrati per ideare il Fiumicino Film Festival abbiamo scelto il tema del viaggio come protagonista di documentari, cortometraggi e film. Mi auguro che questo viaggio di fine estate alla scoperta di grandi registi, sceneggiatori e attori, rappresenti anche una grande occasione per tutti coloro che vorranno venirci a trovare per scoprire alcune delle location più suggestive di Fiumicino, un luogo – conclude Montino carico di fascino e attrattive”.

Il festival si avvale del riconoscimento della Direzione Generale Cinema MIBACT ed è realizzato con il patrocinio di Roma Lazio Film Commission. Realizzato con il sostegno di Città di Fiumicino, Fiumicino Tributi, UCI Cinemas Parco Leonardo, ADR Aeroporti di Roma, Scuola d'Arte Cinematografica Gian Maria Volontè. Sponsor tecnici: Parco Leonardo, Inthelfilm, LSG Sky Chefs, Cantstop Lab. Media partner: Idea Radio, Rb Casting, Radio Fred, Radio Maxel.

 

Per maggiori informazioni
Fiumicino Film Festival


www.fiumicinofilmfestival.org
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Aldo Dalla Vecchia, "Abracadabra"

19 Settembre 2017 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

 

 

Abracadabra

Aldo Dalla Vecchia

 

Pegasus Edition, 2017

pp 117

 

Aldo Dalla Vecchia, più che scrittore o autore televisivo, è principalmente giornalista, il mestiere che voleva fare fin da piccolo. E con Abracadabra torna alle origini: venti interviste a personaggi noti del mondo dello spettacolo. Le domande hanno a che fare con la rivista Mistero, di cui Dalla Vecchia è collaboratore, e  riguardano il paranormale, la spiritualità, la religiosità. Vanno, insomma, a scandagliare il lato più privato della mente umana, dove risiedono le verità personali e nascoste di ognuno di noi, ciò che pensiamo della vita, della morte, di Dio.

Colpisce – come anche in Piccola mappa della nostalgia – la capacità di trasformare piccoli accadimenti, piccoli ricordi, piccole (ma anche grandi, visto i temi trattati) realtà in qualcosa di mitico che, non sappiamo nemmeno noi perché, ci catapulta indietro, in un passato quasi favoloso. Così come quando Enrico Beruschi ricorda il passaggio dalla televisione di stato a quella fantasmagorica di Mediaset. Nel libro si parla di trasmissioni allora d’avanguardia e cult come Non Stop e Drive In, ma anche di rapporto con Dio, di colloqui con papi, di superstizione, di dogmi, di ricerca profonda di fede e spiritualità, come nel caso di Al Bano colpito dal grave lutto familiare o di Diego Dalla Palma, sempre più isolato e meno mondano. Ci sono anche personaggi a mio parere antipatici e criptici – che forse non nascondono nulla se non il bisogno di fare qualche soldo e acquistarsi un po’ di fama- come Lory Del Santo, o assolutamente sopra le righe e insopportabili come il Divino Otelma. Ma in tutti appare un bisogno comunque di ricerca, di speranza e di qualche cosa che non sia solo la materia. E per molti sensibilità equivale a sofferenza.

Il tutto è esposto con la consueta delicatezza e leggerezza di tocco, tratti che riescono a rendere gradevole, non pesante ma nemmeno futile, qualunque argomento. Lo stile è sciolto, piacevole, molto scorrevole, il libretto si legge in fretta, presi, come sempre nel caso di Dalla Vecchia, da un interesse che non sappiamo neppure da dove scaturisca, forse proprio dal suo modo di scrivere elegante e ingenuo insieme. Anche il titolo stesso, Abracadabra, ammanta di levità e magia argomenti profondi come la metempsicosi, il ruolo della chiesa cattolica o l’omosessualità.

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ALLA XXII EDIZIONE DI ROMICS I FUMETTISTI REINVENTANO I BEATLES

18 Settembre 2017 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #vignette e illustrazioni, #eventi

 
 

 

 

Il mondo dei Fab Four illustrato dagli artisti contemporanei

La XXII edizione di Romics (5-8 ottobre 2017) celebrerà I Beatles con una grande mostra, realizzata in collaborazione con Solares Fondazione delle Arti, che racconta l’interesse che disegnatori, editori ed appassionati hanno mostrato allo speciale rapporto tra il gruppo di Liverpool e l’universo dei fumetti, dell’illustrazione e del cinema di animazione. Per celebrare il cinquantesimo anniversario della pubblicazione del disco Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band e della prima e unica visita in Italia dei Fab Four, l’esposizione propone una vasta selezione di tavole di fumetti originali, oggetti e gadgettistica d'epoca da collezione, di memorabilia, manifesti, stampe e riproduzioni, filmati, dedicati al caleidoscopicouniverso dei Beatles.

Accanto a questo memorabile percorso espositivo si aggiunge una speciale sezione curata da Romics che ha chiesto a fumettisti e artisti italiani e internazionali di proporre tavole ispirate al variopinto mondo dei Beatles. La maggior parte degli artisti ha realizzato delle splendide tavole originali per l’occasione.

A cimentarsi nell’impresa sono stati artisti come l’illustratrice spagnola Laura Perez Vernetti, la fumettista, illustratrice e animatrice giapponese Yoshiko Watanabe, la manga editor e illustratrice nipponica Midori Yamane, la coppia di artisti inglesi Mick Manning e Brita Granstrom e il trio David Foenkinos, Eric Corbeyran e Horne. Tra gli italiani tante firme prestigiose hanno aderito con grande entusiasmo al progetto di Romics: il vignettista Sergio Staino, il disegnatore di Diabolik e Martin Mystère Giuseppe Palumbo; l’editore di Astorina e sceneggiatore storico di Diabolik Mario Gomboli; il regista, animatore e storyboard artist Christian De Vita; il fumettista e pittore Massimo Rotundo; il disegnatore di Diabolik e Lord Caine Stefano Babini; l’illustratore e fumettista Lele Vianello; il disegnatore di Martin Mystère e Magico Vento Eugenio Sicomoro;l’illustratore e pittore Mauro De Luca; il duo di attori Lillo & Greg, da sempre legato all’immaginario del fumetto; il fumettista e illustratore del West Sergio Tisselli; l’illustratore Piero Ruggeri; l’artista innovativa Lady Be; l’inimitabile illustratore Paolo Barbieri; in scena anche il mitico Lupo Alberto creato da Silver con una tavola disegnata da Bruno Cannucciari.

Una vera mostra nella mostra, una variegata espressione dei migliori talenti di oggi a testimonianza di come l'immaginario dei Beatles continui a ispirare ed affascinare gli artisti grafici contemporanei.

 

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