Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

Andrea Cattania, "Amore per sempre"

28 Dicembre 2024 , Scritto da Enzo Concardi Floriano Romboli Gabriella Veschi Con tag #enzo concardi, #floriano romboli, #gabriella veschi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

 

Amore per sempre

Andrea Cattania

 Guido Miano Editore, Milano 2024.

 

 

“Amore per sempre” in Andrea Cattania e in Edward Estlin Cummings

“L’amore per sempre dei nostri due poeti, come suggerisce il titolo di questa tematica, riguarda la poesia amorosa dedicata ad un’unica donna amata, al sentimento che sfida il tempo, all’eterna promessa fra due entità che s’incontrano per non più perdersi: solo la morte potrà segnare la dimensione dell’assenza, della distanza, ma forse neanche Lei, poiché il ricordo, la memoria dell’unione infranta, sopravvive spiritualmente anche agli artigli della Straniera, e ciò vale per l’esperienza umana e letteraria di Andrea Cattania. Succede a lui – l’amore non conosce differenziazioni di epoche o di mentalità – quel che capitò a Dante con Beatrice (la donna angelicata, salvatrice della sua anima, guida spirituale nel Paradiso della Commedia) e al Petrarca con Laura (la protagonista del Canzoniere, dove il poeta aretino suddivide il suo canto fra le rime “in vita” e “in morte” dell’amata). Assistiamo dunque alla sublimazione del sentimento amoroso, poiché poco importa se Beatrice e Laura non sono mai state realmente a fianco dei due poeti toscani e sono andate all’altare con altri uomini: per loro esse sono rimaste sempre la vera idealizzazione della donna perfetta o perfettibile, fino a costituire costante fonte di ispirazione poetica per tutta l’esistenza. Così anche per Cattania, che nei suoi versi esprime ora il rammarico e l’amarezza per un amore non corrisposto, poi la felicità con la donna che ha amato “in vita” e che amerà per sempre anche “in morte”: Lila»  […].

Enzo Concardi

 

 

***

 

Le problematiche dell’essere in Andrea Cattania e in Charles Baudelaire

La profonda dicotomia dell’essere che sin dai primordi turba l’animo umano e scuote gli intellettuali di ogni epoca, emerge anche nell’opera del poeta - ingegnere Andrea Cattania; un’ossimorica tensione tra ragione e sentimento, tra angoscia esistenziale e desiderio di elevazione pervade infatti le sue liriche. La poesia di apertura di questo capitolo, Il futuro dell’homo sapiens, pone subito un’accorata domanda, enfatizzata dall’apostrofe e dal rincorrersi di potenti antitesi: «Che ne sarà di te, Uomo Sapiente?// […]/ Vinci sfide impossibili, raggiungi/ le vette della conoscenza astratta.// Spingi al limite il pensiero simbolico.// Incapace di volgere in amore/ la folle ebbrezza di un sapere immenso,/ non sai se non ipotizzare quando/ si estinguerà, e come, la tua specie». L’ammirazione per i risultati raggiunti dalla mente umana, sottolineata dai verbi vinci, raggiungi, spingi, si accompagna alla triste consapevolezza della leopardiana infinita vanità del tutto: l’uomo non sa trasformare la sua conoscenza in condivisione (incapace… non sai), non si innalza al di sopra del contingente e il suo folle volo è ancora una volta fallimentare. Tuttavia i versi sono mossi da un’incessante ricerca, tesa a svelare il senso dell’esistenza e a scoprirne la bellezza, anche quando i sentieri sono impervi e le vie d’uscita lontane: «…Noi,/ piccole talpe cieche sottoterra,/ allunghiamo lo sguardo, ci illudiamo/ di scorgere un chiarore in fondo al tunnel…» (L’intuizione di Anassimandro). […].

Gabriella Veschi

 

***

 

La contemplazione dell’universo e della natura in Andrea Cattania e in Paul Claudel

Non è raro il caso di una personalità dalla solida preparazione scientifica, che nondimeno riveli vivi interessi artistico-letterarî, che coltivi anche attivamente non superficiali inclinazioni estetico-culturali, una spiccata propensione alla scrittura poetica. Sono d’altronde pienamente ammissibili opzioni tematiche extra-scientifiche, svolgimenti di motivi etico-sentimentali, intimistico-psicologici o storico-sociali, confessioni di esperienze di vita sofferte e inconfondibili.

Invece la ricerca lirica dell’ingegner Andrea Cattania non sa prescindere dalle problematiche logico-matematiche, specificamente astrofisiche, che urgono alla sua mente, stimolano la sua fantasia, la quale se ne alimenta intensamente con risultati di indubbia incisività creativa: «La materia diffusa, l’energia/ che pervade/ l’intero cosmo, ovunque,/ nell’universo/ genera il campo gravitazionale./ La distorsione del mondo reale./ La curvatura dello spaziotempo» (La distorsione dello spazio); «…La luce/ si propaga intrecciando al proprio interno/ i due campi in un’unica natura/ nell’universo dello spazio-tempo./ La sua velocità costante è un limite/ irraggiungibile, esprime il rapporto/ in cui la massa diventa energia» (Vorrei conoscere i pensieri di Dio).

A un discorso imperniato sulla univocità e determinazione lessicali unite a essenzialità sintattica è immanente il rischio dell’aridità intellettualistica o comunque dell’appiattimento prosastico, mentre l’autore non si nasconde le peculiarità preziose della poesia: «La tempesta quantistica flagella/ gli elementi del brodo primordiale./ Li sfibra, li divelle, li affastella/ in seno al cono gravitazionale/ (…) Non solo lo scienziato, anche il poeta/ osa raffigurare lo scenario/ dell’Universo nell’Istante Zero./ La traccia folgorante di un pensiero./ L’origine del tempo immaginario» (La nascita del cosmo, corsivi miei come sempre in seguito). […].

Floriano Romboli

 

 

Andrea Cattania, Amore per sempre, prefazioni di Enzo Concardi, Floriano Romboli, Gabriella Veschi; Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 100, isbn 979-12-81351-46-2, mianoposta@gmail.com.

 

 

Mostra altro

Alessandro Falciola, "Alex Complete"

26 Dicembre 2024 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

 

 

 

 

L’autore di Alex Complete “completo” in quanto raccolta di tutti gli “Alex-racconti” pubblicati con Passerino Editore – Alessandro Falciola, (con le illustrazioni di Fabrizio Lorenzelli) descrive il suo testo come “un esperimento, un ibrido tra il fumetto con tavole disegnate e parti scritte”. E ancora: “con la formula dell'ebook, posso inserire nuove tavole o aggiungere parti e il mio editore può modificare in 48 ore tutti gli ebook su tutte le piattaforme, una cosa atipica… in movimento”.

In effetti, se si riesce a districarci fra gli errori d’ortografia, i troppi puntini di sospensione, la punteggiatura tutta sbagliata, gli apostrofi mancanti, gli accenti errati, che nessuno si è preso la briga di editare, si evince una sorta di canovaccio, di sceneggiatura per fumetto o anche per film.

I racconti hanno per protagonisti il capitano Hassler delle SS e il giovane Alex Hinder, suo fedelissimo. Le storie, che si susseguono in ordine cronologico, sono ambientate in un tempo distopico- dispotico, dove Hitler ha vinto la guerra e non è morto, per essere poi sostituito da un certo Becker suo successore e, alla fine, addirittura da uno dei due protagonisti principali, Hassler. Gli Stati Uniti, invece, sono sotto il dominio giapponese.

Il mondo intero è comandato da regimi totalitari nazifascisti che fanno capo al Reich e – nella scia di Indiana Jones e l’ultima crociata – i nazisti sono sulle tracce di alcune sante reliquie, fra le quali un chiodo della vera Croce che darà il via agli eventi.

Ogni storia è un piccolo delirio “politically scorrect”, fatto di trame veloci, quasi fulminee, pochissimo sviluppate e solo per appassionati del genere, all’interno delle quali “la giustizia non entra”.

Ci si muove fra savane, tombe, cripte, conventi, miniere. Gli attori sono SS e monaci, poliziotti neri e spie, sciamani e narcos, il tutto condito da esoterismo ed eccidi, da sangue, violenza e barbare esecuzioni.

Parecchi i temi trattati, la lotta fra l’esercito e la Gestapo e all’interno delle stesse SS, il misticismo, il contrasto fra ideale e reale, l’idea che la vera scienza sia la religione.

Lo stile è frammentato e secco, molto colloquiale. Ogni tanto qualche immagine si distingue per un certo languore decadente non spiacevole, ad esempio la figura del cantante in frac nel locale notturno.

 

Mostra altro

Wanda Lombardi, "Tempi inquieti"

23 Dicembre 2024 , Scritto da Marco Zelioli Con tag #marco zelioli, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Wanda Lombardi

Tempi inquieti

Guido Miano Editore, Milano 2024.

 

Wanda Lombardi torna a far sentire la sua voce poetica con una breve ma intensa raccolta, Tempi inquieti, per Guido Miano Editore: venticinque nuove poesie, seguite dalla riproposizione di altre quattordici già pubblicate e raccolte sotto il significativo titolo Perché nulla vada perduto. Il tutto conferma quanto la poetessa sia ‘presente’ al nostro tempo, pur così travagliato; e la sua ricca bibliografia a chiusura del libro lo attesta senza ombra di dubbio.

Nell’accostare i versi di questa raccolta di Wanda Lombardi, non si può prescindere dall’osservazione di Maria Rizzi nella Prefazione all’opera, laddove, riportando i versi che alludono all’«… immane dolore / che stretto ho serrato nel cuore / dinanzi a muri di ferro …» (da Nell’andare), afferma proprio tale esperienza permette all’Autrice “di calarsi nel sociale con sguardo caldo di pietas, valutando i pericoli del male, schegge di guerra in periodi bui come quello che attraversiamo”. Il “coraggio delle ferite” (citando ancora la Rizzi) permette alla Lombardi di affrontare ogni argomento con spirito al tempo stesso umile e combattivo – come testimoniano poesie come Rialzarsi per continuare.

Come le rondini che fuggono dai consueti posti, perché dall’alto vedono «i risultati dell’odio,/ devastazioni, strade insanguinate,/ infanzia violata, crudo dolore/ per rancore tra genti mai sopito,/ per un diritto mai ottenuto» (da Rondini addio), così lo scoramento può prendere anche le persone capaci di pensare con la propria testa, perché «…in ogni angolo della Terra si soffre,/ si langue, si muore/ per contrasti a volte minimi/ che dialogando si potrebbero evitare» (da Abitudini). E poi, «In un mondo che corre vorticosamente,/ in un’epoca in cui sempre più veloci andiamo,/ spesso dimentichiamo la necessità/ di pensare, di usare il cervello/ che tempi più lenti ha per lavorare» (inizio de Il tempo della velocità). Non per nulla Tra ombre e dubbi finisce così: «È vero o falso il mondo in cui viviamo?/ Forse è da preferire questo a quello di domani». In ogni caso, «Malgrado gli alti e bassi,/ meravigliosa è la vita/ ché anche i momenti bui/ forza ridanno, la volontà nutrono/ e trasformarsi possono/ in coralli luminosi/ sì come le stelle dal caos/ si distinguono» (da La collana della vita). Ciò conforta anche di fronte alle perdite di affetti e di persone, come testimoniano le poesie dedicate al fratello Ubaldo e A un ragazzo prematuramente scomparso.

Una poetessa capace di scrivere «qualcosa di grande avverto/ nella profondità dell’essere» (da La musica della vita) è senza dubbio persona aperta sempre alla novità, ma nello stesso tempo critica – giustamente critica sul senso di tale novità. Ci sono, infatti, novità che sconvolgono («Spaurita, dall’alto mi par di osservare/ un mondo lacerato che sembra crollare/ …/ rapidi cambiamenti epocali/ con diritti raggiunti, imprese spaziali,/ progressi nei paesi musulmani,/ robot, intelligenza artificiale,/ e accanto guerre, genocidi, povertà,/ dignità calpestata» – da Contrasti) e novità che confortano come la presenza di un amico (amico evocato con queste parole in chiusura della prima parte della raccolta: «Con viso aperto/ e trasparenza negli occhi,/ è un vento benefico/ che un equilibro restituisce,/ è una brezza marina/ che adagio ti sprona a ripartire,/ a riprendere in mano/ le redini della vita» - da L’amico vero). Sta all’uomo avvertire la direzione alla ‘piena umanità’ cui ogni persona è chiamata, rendersi conto che occorre «la capacità di meditare sulla vita,/ sui cambiamenti repentini,/ le cose irrisolte, i problemi accantonati/ e guerre… guerre nate con l’uomo/ e che con l’uomo periranno» (da Silenzio amico). È però inutile rifugiarsi «nel ricordo di tempi lontani/ quando tutto affascinava/ e un niente appagava», perché «Vivere in pace con tutti è un sogno/ che morirà con l’uomo» (da Sguardo sul mondo).

Così Wanda Lombardi ci sprona ad essere consapevoli del nostro tempo nel nostro tempo, cioè ad essere ‘presenti’ e non ‘assenti’ col cuore e con l’anima: il mondo in cui viviamo è il nostro mondo, non ce n’è un altro. Un richiamo da non sottovalutare, mai.

Marco Zelioli

 

 

Wanda Lombardi, Tempi inquieti e altre poesie, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 60, isbn 979-12-81351-38-7, mianoposta@gmail.com.

 

Mostra altro

Pasquale Ciboddo, "Labirinti della memoria"

22 Dicembre 2024 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Pasquale Ciboddo

Labirinti della memoria

Guido Miano Editore, 2024

 

Il poeta sardo della Gallura, Pasquale Ciboddo, continua i suoi itinerari lirici con questa pubblicazione del novembre 2024, edita, con la prefazione di Michele Miano, nei tipi della collana di testi letterari Alcyone 2000, appartenente alla produzione della milanese Casa Editrice Guido Miano.

Pasquale Ciboddo è uomo d’altri tempi, non nel senso riduttivo del termine, ma nel suo significato altamente positivo, ovvero quello di persona, intellettuale e scrittore sempre coerente con i valori della società in cui è nato, cresciuto, e vissuto fino ad oggi, mantenendo radici e identità culturali e geografiche intatte. È così che possiamo senz’altro definirlo come un autentico testimone del tempo, che ha quindi resistito alle sirene consumistiche e agli illusori miti di un progresso disumanizzante, per ergersi a portabandiera e simbolo di un’altra civiltà: il mondo contadino-agreste-pastorale dell’economia degli stazzi, un microcosmo autarchico dell’entroterra sardo legato ad una rete sociale e umana di fratellanza, solidarietà, lavoro, ideali in via di estinzione.

Tale premessa è necessaria per comprendere a fondo la genesi, l’origine della poetica di Ciboddo, espressione ed epifania di un’etnia particolare ma, nel suo caso, non chiusa in se stessa, bensì aperta alle istanze universali dell’anima artistica che ogni sensibilità creativa possiede. La poesia dell’autore deriva essenzialmente dagli incanti, dalle ragioni di esistere, dalla vita dura del passato che è, allo stesso tempo, ora, quale un bel sogno vissuto e quindi non più revocabile ma, come dice egli stesso, ancora vivente nelle memoria. È dunque la ricerca del tempo perduto il centro delle sue liriche, sebbene nella presente silloge emergano altre componenti tematiche, altri motivi d’ispirazione: il profondo desiderio della pace duratura per l’umanità distrutta e divisa dalle guerre; la condanna di ogni riduzione e minimalizzazione dei sentimenti umani altruistici; lo sguardo cognitivo oltre i confini della terra isolana natia; l’amore per la spiritualità e la religiosità dei padri, contemplanti una fede semplice al servizio del bene, contro le forze diaboliche del male.

Pasquale Ciboddo si è prefissato un programma per il suo fine-vita; l’ha scritto nella prima lirica del libro, in piena coscienza e lucidità: “Chi sarà il bastone / della mia vecchiaia? / Vivo solo, dopo la morte / della mia cara mamma. / Già vecchio, cucino / e mangio con la speranza / di campare a lungo. / Prego e scrivo poesie / e racconti sulla storia / del mio vissuto a contatto / con la natura dove sono nato, / cresciuto e incanutito. / Spero che il Signore mi / aiuti a essere sano e indipendente / sino all’ora della morte” (Prego e scrivo). Il suo stile semplice, diretto, scarno e senza fronzoli ci mostra subito la tempra di un uomo che ama l’essenzialità della vita, così ben rappresentata dall’immagine degli ossi di seppia montaliani. Da questi versi paradigmatici possiamo già trarre alcuni motivi a lui cari. La natura è interpretata come la casa propria, come le radici da non divellere senza dolore e lacerazioni: la natura inoltre È poesia (“Immersi in un mondo / senza tempo / le nostre radici / rinascono / dalle proprie ceneri. / Il tempo trascorso / diventa l’alba / di vita nuova. / E poi la natura / è poesia”. Madre terra è come un teatro all’aperto e i monti maestri muti di vita (Un teatro): immagine, quest’ultima, reminiscenza di derivazione goethiana, con uomini “discepoli silenziosi” delle montagne. Così il canto nostalgico si risveglia nel ricordo del garrire armonioso delle rondini … “musica e poemi / del tempo passato” (Rondini). La luna dei poeti, in lui non è quella leopardiana da interrogare sui quesiti esistenziali, né quella degli innamorati, ma un corpo celeste che aiuta la Terra a non essere un solo deserto (Per arricchire). La religiosità non ha in lui bisogno di problematiche complesse, ma si sviluppa nell’umiltà e nella semplice lode al Signore, nel vivere in pace le beatitudini spirituali, nella fiducia nell’opera della Provvidenza di manzoniana memoria.

E il viaggio nella memoria ricostruisce molti momenti del passato, tra cui l’allevamento in Gallura, la scomparsa del già citato mondo degli stazzi, la malinconia per il declino delle iniziative culturali, la tristezza per la fine dell’arte delle “chiudende” (muri a secco) … ma l’andare a ritroso nel tempo ha una funzione importante: tenere in vita ciò che si è stati, l’essere che fu. Il poeta sa che è vicino il momento dell’addio, il distacco dai beni terreni; ma la brevità della vita (Seneca) fa dire a Ciboddo: “E si è subito vecchi” (che è come “Ed è subito sera” di Quasimodo”). Tuttavia egli aggiunge da credente: “La speranza di vita eterna / si trova nell’al di là”.

Enzo Concardi

______________

 

L’AUTORE

Pasquale Ciboddo è nato a Tempio Pausania (SS), in Gallura (Sardegna), nel 1936; già docente delle scuole elementari, è uno dei poeti sardi più noti in Italia (è conosciuto anche a Cuba), e ha al suo attivo numerose pubblicazioni poetiche e di narrativa con prefazioni e introduzioni di prestigiosi critici. Ha conseguito molti premi e riconoscimenti.

 

________________

 

squale Ciboddo, Labirinti della memoria, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 80, isbn 979-12-81351-45-5, mianoposta@gmail.com.

 

 

Mostra altro

Silvana Ramazzotto Moro, "Van Gogh, l'uomo"

15 Dicembre 2024 , Scritto da Michele Miano Con tag #michele miano, #recensioni, #arte, #pittura

 

 

 

 

Van Gogh, l’uomo

Silvana Ramazzotto Moro

Guido Miano Editore, Milano 2024.

 

Dalla stagione del simbolismo che non ha cessato ancora di influenzare e sollecitare tanta parte della letteratura e dell’arte contemporanea, il sodalizio tra artisti e poeti si è ripetuto in vari momenti delle “avanguardie” storiche dove l’immagine visiva ne rivelava nel linguaggio formale le più profonde significazioni. Nell’arte figurativa il simbolo accentra i significati nascosti e remoti dell’universo, che vanno intuiti e non descritti, nella identità assoluta tra l’emotività individuale e l’anima universale attraverso l’uso di colori accesi e tormentati come i colori di Vincent van Gogh.

Il lavoro di Silvana Ramazzotto Moro non vuole assurgere a un erudito trattato di pittura né tantomeno a un atlante d’arte cui rinviamo nelle competenti sedi, ma se mai a una nuova visione in chiave antropologica del pittore van Gogh. L’autrice infatti ha individuato i temi esistenziali più importanti relativi alla vita del pittore, poi ha ricercato e quindi riportato tutti i brani delle sue lettere che trattano tali temi, in modo da offrire al lettore il pensiero completo e soprattutto autentico dell’uomo. Riusciamo così a constatare la breve e tormentata vita del celebre artista con tutti i suoi risvolti umani, ambizioni, fallimenti, i rapporti con i familiari, con il fratello Theo, con gli amici e altri artisti del suo tempo.

Il sofferto epistolario che Vincent van Gogh ha scritto nell’arco della sua breve vita smentisce tante leggende sul pittore. Il mito «genio e follia» era lontanissimo dalla realtà, frutto di una superficiale mistificazione e di abili operazioni di marketing commerciale. Un artista senz’altro succube di profonde angosce ed ansie esistenziali, dovute a un’anima sensibilissima e mai compresa in vita; negli ultimi tempi, tuttavia, come afferma l’autrice, gli abituali stereotipi che lo riguardavano sembrano scomparire per presentare un van Gogh ben diverso.

Vincent van Gogh non era pazzo. Era un pittore culturalmente aggiornato, lettore e collezionista di volumi e di stampe, attento alle nuove tendenze artistiche del suo tempo. Frequentava i poeti simbolisti al caffè Voltaire a Parigi insieme all’amico Gaugin e teorizzava ciò che sarebbe diventato il «vêtir l’idée d’une forme sensible» (espressione dell’idea con le forme).

L’opera VAN GOGH, L’UOMO risulta strutturata in tredici capitoli che scandiscono appunto gli itinerari più salienti della sua vita. Le tematiche trattate più importanti sono: alcuni cenni di un suo autoritratto, la vocazione mistico-religiosa dell’età giovanile, i tormentati e sfortunati amori con l’altro sesso, i rapporti con i genitori, i rapporti con il fratello Theo, il concetto di arte, il tentativo di creare un cenacolo di artisti che potessero sostenersi anche materialmente nella loro difficile e misera vita fatta di stenti.

E poi i temi ricorrenti della sua pittura: le tonalità pure e primitive del colore, i paesaggi, la natura carica di simboli, il maledetto rapporto con il denaro, l’ammirazione per l’arte giapponese, la sua malattia…. Argomenti trattati con dovizia di particolari dallo stesso Vincent che racchiude in queste lettere tutta la sua disperazione di vita ma anche la gioia di chi è consapevole della propria identità, della propria rabbia divoratrice della vita.

La ricerca esistenzialmente rilevante dell’artista procede nel tentativo di afferrare l’inesorabile scorrere del tempo e del conseguente divenire attraverso l’unico strumento in possesso dell’uomo, non la scienza che è illusa dal presente, ma il “delirio creativo” che è sublime e tragica peculiarità dell’artista.

Vincent van Gogh nelle sue lettere percorre le vie del mondo attraverso i colori, le ombre: insomma ci apre le porte di un diverso modo di osservare il mondo per scoprire che la simbiosi dell’uomo con la natura può diventare osmosi, se sappiamo leggere nelle cose la profonda essenzialità poetica.

E questa Casa editrice, che nel suo piccolo, vanta 70 anni di storia, ringrazia Silvana Ramazzotto Moro, l’autrice del volume, per averci regalato uno scorcio di mondo che ci pare essere patrimonio di tutti.

Il che non è poco.

Michele Miano

 

Silvana Ramazzotto Moro, Van Gogh, l’uomo, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 376, isbn 979-12-81351-51-6, mianoposta@gmail.com.

 

Mostra altro

Biancamaria Valeri, "Di fiore in fiore"

14 Dicembre 2024 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Biancamaria Valeri

Di fiore in fiore

 Guido Miano Editore, Milano 2024.

 

 

Con la prefazione di Marco Zelioli – nella collana di testi letterari Alcyone 2000, della Casa Editrice Guido Miano di Milano – è stata pubblicata, nel novembre 2024, la raccolta poetica di Biancamaria Valeri: Di fiore in fiore. Il titolo richiama, sebbene parzialmente, il noto verso sabiano: “... M’incantò la rima fiore / amore”, che leggiamo in Amai, lirica della sezione Mediterranee del suo Canzoniere. Nella scrittura della Valeri, tuttavia, non vi sono solo motivi naturalistici (madre natura) e sentimentali (amore duale), ma più poetiche s’intrecciano a comporre un mosaico di emozioni, ricordi, meditazioni, spaziando dalla presenza del dolore nell’esperienza umana – lacerazioni affettive personali e lutti provocati dalla violenza delle guerre e del potere – alle speculazioni sulle tematiche dell’essere e del tempo, alla memoria delle profonde radici del luogo elettivo e natio di Ferentino, alle istanze spirituali dell’anima, alla manifestazione di un bisogno religioso di Trascendenza. A ciò va aggiunto, per meglio inquadrare l’estetica della sua poetica, il legame linguistico e semantico con la tradizione letteraria italiana classica per taluni aspetti, ermetica novecentesca per altri.

Il canto naturalistico della poetessa è un invito all’ascolto delle voci provenienti dal cosmo più grande e dai mondi più piccoli, che talora si sovrappongono. S’innestano sovente metafore e simbologie proiettanti le immagini nell’alterità e nell’oltrità, creando raffigurazioni di sicuro effetto lirico, anche con l’uso di sinestesie. Un esempio ci è dato da Pioggia, in cui essa è paragonata alla “voce del cielo” che “scende fitta sulla terra”; il suo linguaggio assomiglia a “trilli” o “cinguettii”; penetra nell’animo del “sognante / ascoltatore”; le gocce sembrano “lacrime amare … inconsapevoli e fredde” perché “del dolore umano” sono “ignare”. E qui abbiamo la stessa concezione leopardiana insita nella sua filosofia della natura, trasformatasi da madre in matrigna, poiché conosce il destino degli umani, ma non ne svela i segreti. Più consuete sono le immagini coloristiche descrittive delle atmosfere autunnali ed estive (Vento d’autunno, Estate), stagioni che segnano le trasformazioni climatiche. Da segnalare in Estate la reminiscenza foscoliana tratta dal quinto verso dei Sepolcri: “bella d’erbe famiglia e d’animali”, che in lei diventa: “la bella d’erbe e animal / famiglia”, anastrofe di sapore neoclassico. Ed ancora il rimando dannunziano di Falce di luna calante, in cui il satellite terrestre, caro ai romantici ma, invero, a tutti i poeti, nella poetessa fa da alter ego al “bagliore spettrale / delle luci cittadine”, creando un contrasto fra natura e tecnologia aliena.

I concetti di viaggio, navigazione, cammino - con tutti i rischi, le contraddizioni, le problematiche insite – si attanagliano ai percorsi esistenziali dell’autrice. Infatti l’immagine della Zattera le ispira una composizione nella quale risuonano questi versi: “Come una zattera / è il nostro andar / pel pelago in burrasca / ...”, ma alla fine essa sarà l’ancora di salvezza che ci farà guadagnare la terraferma e scopriremo che la vita, l’amore, sconfiggono la morte. Sono care a lei le metafore marine, ed ecco allora Naufraghi, l’immagine della nostra condizione umana, nella quale emerge – come altrove – la funzione fortificatrice del dolore, che ci migliora e rende solidali e fratelli. Anche Vorrei si pone sulla linea delle antitesi ontologiche, in quanto la vita “è un finissimo equilibrio / tra essere e non essere, /desiderare e avere”. Il ritmo dialettico passioni-illusioni si dimostra uno scacco esistenziale, mentre una svolta avviene con “la speranza della luce” che “è più forte dei muti terrori”, e con l’abbandono nell’infinito, ancora di tipo leopardiano (“profonda quiete”), contemplato dai colli dell’amatissima Ferentino.

 Ora il passo è breve per penetrare nelle dimensioni religiose, spirituali, nel mondo pneumatico, così ben evocato in Paese dell’anima, lirica paradigmatica delle realtà interiori vissute dalla poetessa (“È un paese la mia anima”) e rese anche formalmente efficaci mediante iniziali maiuscole, anafore congiuntive e possessive, versi brevi, ritmi incalzanti, concetti oblativi dinamici, come comunione, comunicazione, comunità. Il gradino finale è raggiunto: l’abbandono nelle braccia di Dio Amore, nella sua pace e nella sua luce, nell’estasi della Pasqua di Resurrezione, come insegna San Paolo: “Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (1 Corinzi 15,55). E chiosa con convinzione nell’ultimo verso: “E non ci fu più fine”.

Enzo Concardi

 

Biancamaria Valeri, Di fiore in fiore, pref. Marco Zelioli, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 72, isbn 979-12-81351-49-3, mianoposta@gmail.com.

 

________________________

 

L’AUTRICE

Biancamaria Valeri è nata a Ferentino (FR) una ridente cittadina nel cuore della Ciociaria. Dopo aver completato gli studi classici nel locale liceo “Martino Filetico”, ha conseguito nell’Università “La Sapienza” di Roma le lauree in Filosofia e in Lettere con indirizzo storico. Successivamente, seguendo i suoi interessi culturali, ha conseguito i diplomi di Archivista Paleografo, di perfezionamento in Storia Moderna e in Filosofia. Ha conseguito anche due master in didattica museale: uno nell’Università di Ferrara, l’altro nell’Università di Roma Tre. Ha approfondito gli studi Filosofici e Storici per prepararsi per la sua carriera di insegnante, insegnando Storia e Filosofia nei licei per circa 27 anni. Nel 2007 è diventata Dirigente Scolastico.

 

Mostra altro

ALCYONE 2000 – QUADERNI DI POESIA E DI STUDI LETTERARI, volume 18

13 Dicembre 2024 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #poesia, #riviste letterarie

 

 

 

 

ALCYONE 2000 – QUADERNI DI POESIA E DI STUDI LETTERARI, volume 18

 Guido Miano Editore, Milano 2024

 

La Casa Editrice milanese “Guido Miano” continua le sue pubblicazioni dei volumi Alcyone 2000(ottobre 2024), i cui testi forniscono interessanti contributi come “Quaderni di poesia e studi letterari”: siamo giunti al numero 18 di tali percorsi, negli scenari culturali degli Anni Duemila. Il volume è suddiviso in cinque parti: Contributi letterari; Testimonianze; Pittura e scultura; Sillogi poetiche; Itinerari di letteratura comparata: saggi critici. Mi piace citare alcuni autori che sono trattati in tali contesti, per rendere edotto il lettore della qualità dei poeti e dei letterati che appaiono sulle pagine della rivista e della conseguente seria e professionale ricerca critica da essa portata avanti. Andando in ordine di pubblicazione troviamo:  Carducci, Pascoli, Turoldo, Platone, Bronte, Baudelaire, Poliziano, Tennyson, Leopardi, Montale, De Luca, Rebora, Ungaretti … nonché alcune sillogi di poeti contemporanei alla ricerca della propria affermazione. Inoltre trovano spazio anche arti figurative come pittura e scultura, con belle immagini a colori e in bianco e nero, nella volontà editoriale di sviluppare il discorso del “parallelismo delle arti”.

Per testimoniare al lettore i contenuti significativi, prendiamo in esame alcuni contributi paradigmatici, attraverso una trattazione critica sinottica. Iniziamo dal saggio di Giorgio Battaglia dal titolo: “Messaggio sociale in Carducci e Pascoli”. Il maestro-vate garibaldino dell'Italia riunificata di fine Ottocento (Carducci) e il discepolo cantore dell'Italia contadina e della giustizia sociale (Pascoli) sono accomunati, secondo l'autore, dallo stesso anelito di rinnovamento e  riscatto etico-politico-sociale dell'Italia, sebbene portatori di poetiche differenti, l'uno realista, l'altro con sensibilità decadentista. Per Carducci il Risorgimento è stata l'epopea eroica dell'unificazione, alla quale succede però l'imborghesimento della vita civile e sociale. Per Pascoli l'emancipazione del lavoro era l'obiettivo primario, ricordando anche il suo socialismo umanitario giovanile. Per entrambi, così come per il De Amicis, risolto il problema politico, restava insoluto il grave problema sociale delle masse diseredate dalla rivoluzione industriale.

Volgiamo ora lo sguardo sul saggio di letteratura comparata di Gabriella Veschi: “Il viaggio nell'anima di Imperia Tognacci, sui sentieri poetici di Giacomo Leopardi e di Giuseppe Ungaretti”. Analizzando il poemetto “Là dove pioveva la manna” (2015), della poetessa nata a San Mauro Pascoli, definisce un 'viaggio nell'anima' tale sua opera, scoprendo analogie con il padre dell'Ermetismo, Giuseppe Ungaretti: entrambi ricercano l'ordine e l'armonia nel caos del mondo contemporaneo, e il lessico dei paesaggi desertici della Tognacci ricorre anche in Ungaretti (Vita di un uomo). Così in Leopardi le similitudini vengono riscontrate con le “Operette morali”, sia per l'impianto strutturale, sia per la tematica dell'influsso del progresso sulla vita umana, sia per la comune visione della natura malevola e indifferente verso i destini umani, come nelle sofferenze dell'islandese e del pastore errante per le steppe asiatiche.

Le sculture della genovese  Maria Teresa Vittone, scomparsa proprio quest'anno,  possono essere citate come esempio degli artisti pubblicati da Miano: in “Alcyone 2000” è presentata dai critici Salvo Nugnes e Paolo Levi, oltre a una nota editoriale: insieme sottolineano che “... la morbidezza, l'estetica curata e raffinata, ma allo stesso tempo semplice, rendono le sue opere un tributo alla bellezza femminile”. E possiamo ammirare: Incantesimo, Apparenza, Pentimento bronzi del 2000, 2012, 2016. 

Per concludere i nostri inviti alla lettura, visitiamo due sillogi poetiche commentate da Marcella Mellea e Raffaele Piazza. La prima, “Coriandoli di vita” è di Cinzia Magarelli, poetessa milanese dalle liriche intense e delicate, esprimenti luci e colori, scaturenti dal proprio mondo interiore e spirituale. Tempo, spazio ed emozioni umane si concretizzano nella vita concepita come un viaggio, nel quale il ventaglio dei sentimenti arricchisce le occasioni per vivere, solo incrinato da un amore ferito. L'altra, “Vivo di te” è di Francesco Terrone, poeta salernitano che canta l'amore come salvezza del mondo, quell'amore sentimentale che tiene uniti per sempre in un cammino infinito verso la felicità e quell'amore universale che oggi non aleggia sul Pianeta Terra, e per tale sua assenza l'umanità va alla deriva.

 

Enzo Concardi

         

Alcyone 2000 – Quaderni di Poesia e di Studi Letterari, vol.18; Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 116, isbn 979-12-81351-47-9, mianoposta@gmail.com.

 

Mostra altro

La Grande Statua

12 Dicembre 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

Immagine generata con Microsoft Designer AI

 

 

 

La Grande Statua con gli occhi vitrei rivolti verso il cielo non si lascia impressionare dai violacei e violenti fulmini.

Massiccia e finemente levigata la figura, impassibile l'espressione, impossibile rompere quel cuore di pietra.

Consapevole di non poter scendere dal piedistallo, con celata rassegnazione si ostina a non mostrare sentimento alcuno.

E i secoli passano.

 

Mostra altro

Christian Testa, "Pensieri poetici nel tempo"

3 Dicembre 2024 , Scritto da Michele Miano Con tag #michele miano, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Pensieri poetici nel tempo

Christian Testa

Michele Miano

Guido Miano Editore, Milano 2024.

 

La poesia di Christian Testa ha radici profonde con la ricerca di se stesso, del proprio pensiero e della propria personalità. I carismi che il poeta possiede sono legati al mondo e alle vicende che ruotano intorno alla sua vita e ai suoi affetti. È la spontaneità del verso a riferircelo: la creatività di un’immagine sempre fresca a farci riconoscere un talento innato nell’arte della poesia. Christian Testa infatti non è nuovo nel mondo delle patrie lettere: ha pubblicato nell’ultimo decennio una decina volumi di poesia anche in dialetto pavese. Originario di Villanterio, comune del Pavese, è anche un attivo e sensibile operatore culturale dove il centro della sua attenzione è la valorizzazione della terra natia con le varie peculiarità.

La sua poesia spazia varie tematiche dal bucolico, sarcastico, ironico, romantico, gastronomico, storico, filosofico, esistenziale, religioso, fino al dialetto pavese; è inoltre autore di testi di canzoni, scritti sia in lingua italiana che in lingue dialettali, per il liscio e per la musica leggera. Trattasi di persona eclettica che ha fatto della scrittura e dell’esercizio della parola una missione di vita. Per Christian Testa l’ispirazione poetica nasce dai moti più reconditi dell’animo umano: un tumulto di sentimenti, affetti familiari, delicate descrizioni naturali, i ricordi legati sempre sul filo della memoria, un certo disagio esistenziale che attanaglia la sua vita. Fino al commosso e partecipato ricordo con una particolare lirica dedicata allo scrittore Giovannino Guareschi, autore di quella straordinaria e indimenticabile saga di Don Camillo e Peppone ambientata in quel di Brescello nella bassa padana nel Secondo Dopoguerra. Il fervido clima di scontri politici e ideologici a seguito delle ferite dell’ultimo conflitto mondiale diventa per Guareschi pretesto per raccontarci un pezzo di quell’Italia contadina, pura e sincera per dirla alla Pasolini di “quell’umile Italia”. Quell’Italia che ancora resiste, che combatte tutti i giorni per un dignitoso e onesto pezzo di pane, lontano dagli intrighi di palazzo: «…Italia, Italia, Italia/ ti porterò sempre nel cuor.// Se guardo al presente/ sei molto cambiata/ mi sembri diversa/ ma in fondo sei tu…» (Italia).

Christian Testa rende omaggio all’umorismo di Guareschi «…Intercedi per noi giovani scrittori/ affinché, liberi e coraggiosi,/ possiamo rimanere sempre noi stessi/ dominati dalla sola e pura ispirazione/ in questo mondo privo di autentici valori». Umorismo non solo come genere letterario ma anche come stile di vita, umorismo come arma intelligente contro le ideologie di turno, contro la retorica, l’immobilismo umano e culturale per cui lo scrittore Giovannino Guareschi diventa simbolo di libertà intellettuale per le nuove generazioni. Scrittore dissacratore di tanti idoli e idolatrie perché ricco di umanità. La poesia di Christian Testa è grido di un uomo ferito, ma anche un’anima capace di meditare e urlare al mondo intero il suo disappunto, trasformando il dolore e un certo disagio esistenziale in vera poesia.

Altre tematiche affrontate dal nostro poeta sono relative a talune amare riflessioni sul senso della vita e il suo rapporto con la natura ci induce a comprendere quanto egli sente il bisogno di osservarla, di viverla nella sua essenza quasi come una liberazione dal contesto delle situazioni sociali negative. Si legga la delicata Mare: «…Vorrei gettarmi tra le tue infinite braccia/ in un brivido ed un calore che cresce lentamente./ Portami con te attraverso le tue onde/ in un luogo dove trovi la mia vera pace». Nella magia della natura Christian Testa cerca di scoprire i valori universali che l’uomo ha quasi interamente perduto, per ritrovare un equilibrio interiore e per amalgamare il suo pensiero macerato da inquietudini con la purezza dei sentimenti: «Pieno di vita/…/ custodisci/ la natura che ti circonda/ dal male dell’uomo» (Albero); «Con la tua magia e la tua bellezza/ sei testimone del divino in terra» (Fiore). Cos’è poi l’incanto e la magia della natura per Christian Testa se non l’espressione della presenza divina che pervade il nostro essere?

Il poeta canta l’angoscia della fragilità umana, l’ipocrisia dei tempi moderni, ma nello stesso tempo insegue l’ampio respiro del paesaggio, la libertà dei cieli sereni. È una profonda spiritualità che sembra animare il suo tessuto poetico: le ribellioni, il sopruso, le violenze, lo scempio dell’uomo sulla natura e sui paesaggi non sono che una personificazione di un’inarrestabile forza che altera le coscienze più fortificate dallo spirito, dalle quali egli si discosta per non essere contagiato. La sua diventa una voce che si alza nel marasma caotico dei crudi interessi umani per cui la fede diventa àncora di salvezza: «Profonda e imperscrutabile/ sei forte e viva,/ verso il mio prossimo,/ spietata con me stesso.// Quando il male si diffonde/ ti cerco nel silenzio/ per continuare a crederti/ in un lungo e tormentato cammino» (Fede).

La sua poesia risente di un’attitudine riflessiva, la quale si traduce spesso in visioni pessimistiche ma che spesso lascia aperto allo spiraglio della speranza: «…cercando di vivere degnamente/ in questo mondo/ che non mi appartiene.» (Mi manchi). Per cui il suo vero messaggio, come i veri autori o meglio dire, artisti, è racchiuso in un grido di speranza, un messaggio di amore che il poeta porge alle future generazioni perché aprano ai propri figli un mondo nuovo.

Una poesia, in definitiva, che trascende il dato reale per divenire una poetica di tutti. E di questo, dobbiamo essere grati al giovane Christian Testa.

Michele Miano

 

Christian Testa, Pensieri poetici nel tempo, pref. Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 68, isbn 979-12-81351-20-2, mianoposta@gmail.com.

 

__________________________________

 

L’AUTORE

Christian Testa è nato a Pavia nel 1975 e vive a Villanterio; ha iniziato ad occuparsi di poesia nel 2014. Ha conseguito più di cento riconoscimenti letterari in concorsi di livello nazionale e internazionale. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie in lingua italiana e in dialetto pavese. È inoltre autore di testi di canzoni per il liscio e per la musica leggera.

 

__________________________________

 

 

 

Mostra altro

La pozzanghera

2 Dicembre 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

Immagine generata con Microsoft Designer AI

 

 

 

Da bambino cascai in una pozzanghera che si tramutò in un vortice scintillante. Nel rialzarmi, mi ritrovai sempre nella mia città, ma con la sola differenza che tutto appariva inverosimile. Difatti, mentre mi avviavo in una via di Barcellona Pozzo di Gotto, per prima cosa notai che le insegne dei negozi erano scritte capovolte, tra cui quella della frutteria Alosi che divenne isolA.

Persone, automobili, scooter e animali si muovevano come in un nastro riavvolto, inoltre, ascoltando le conversazioni della gente constatai che formulavano le frasi in mirror speakers. Provai un'angoscia indescrivibile, al punto che gli occhi mi si riempirono di lacrime.

«olocciP, èhcrep ignaip?» mi domandò un attempato signore ben vestito che stava percorrendo il marciapiede. 

«Non la capisco, mi dispiace» gli risposi singhiozzando.

«azroF e oiggaroc ehc opod elirpa eneiv oiggam!» disse l'uomo accarezzandomi il mento per poi allontanarsi in retro walking.

Assai rabbuiato, imboccai una stradetta senza uscita dove erano cinque carusi che giocavano col Super Santos, un tipico pallone in pvc, di colore arancione con bande nere. Nonostante l'assurdità della situazione, chiesi di unirmi a loro. Il gruppo annuì con un cenno della testa, continuando a palleggiare.

Giocai malissimo, non riuscivo ad effettuare nemmeno un passaggio corretto in quanto la partitella avveniva in modo bizzarro. I ragazzini mi urlarono contro molte volte, finché non mi trascinarono di peso fuori dal vicolo. Il più grande fra tutti mi diede una vigorosa spinta facendomi piombare su una pozzanghera.

«Disgraziato!» esclamò una voce che riconobbi subito, sentendomi afferrare il polso per tirarmi su. Mi guardai intorno, prendendo atto che ero ritornato alla normalità. 

Abbracciai la mia nonnina che, nel frattempo, si prodigava a ripulire i miei pantaloni beige con delle salviette umidificate. Decisi di non soffermarmi su quella pozza d’acqua dimensionale, sicurissimo che non mi avrebbe creduto.

«Niente, 'ste macchie non passano. È inutile che fai il ruffiano, ti avevo avvertito di non camminare all'indietro. Stanne certo che a casa le buscherai da tua madre.»

Da questa esperienza a dir poco surreale è possibile trarre la seguente morale: quando una giornata gira al contrario, non può che finire storta.

 

 

Mostra altro
1 2 > >>