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signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

Raffaele Piazza, "Del sognato"

26 Agosto 2024 , Scritto da Maria Elena Mignosi Picone Con tag #maria elena mignosi picone, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Raffaele Piazza

DEL SOGNATO

 

Raffaele Piazza, critico letterario e poeta (in quest’ordine, perché in quest’ordine l’ho conosciuto).

Tanto lineare, consequenziario, chiaro e preciso, razionale e cristallino, come critico letterario, quanto estroso, bizzarro, vago, sfuggente, misterioso, e a volte anche sibillino, criptico, nella poesia.

Ci riferiamo al suo libro di poesie dal titolo Del sognato (Guido Miano Editore, seconda edizione, 2023).

Titolo quanto mai pertinente. Infatti, accostandosi a questo libro, abbiamo l’impressione di entrare non nel campo della poesia, ma in quello del sogno. Niente di “poetato”, se così si può dire, ci adeguiamo al suo modo di esprimersi, ma tutto del “sognato”. La poesia scompare per lasciare il posto al sogno. Dunque il sogno con la sua irrazionalità, la sua stravaganza ed eccentricità.

Viene in mente il giuoco pirotecnico. Una fantasmagoria di luci, di colori, suoni e saette. Stupisce, stordisce, esplode, e sparisce. Lascia una sensazione di piacevolezza, e tutto finisce là.

Così è la poesia di Raffaele Piazza.

Colori luminosi, anche se tenui e delicati, su cui predominano il verde, come dei prati, dei boschi, il rosa delle albe e delle aurore, l’azzurro dei mari, degli oceani e dei monti in lontananza. Colori ricorrenti e accenni anche agli altri. Una poesia che è quasi una pittura perché l’autore ha un vivo senso del colore. Sbalza evidente come principale elemento. La sua poesia è un sogno, non in bianco e nero ma in technicolor.

E per entrare nella esistenza ordinaria, ecco apparire pure la tecnologia. Il computer, il cellulare; la mail, i messaggi, e così via.

Attira l’attenzione del poeta la vita di oggi nei suoi aspetti tipici più materiali: le code delle automobili in autostrada, le file agli sportelli degli uffici, aspetti propri della vita ordinaria. Aspetti prosaici, potremmo dire. Acquisisce gradevolezza la vita familiare, le consuetudini giornaliere. Insomma c’è la vita, e il tutto come un sogno. Sorprendono gli ardui accostamenti delle parole, al di fuori della logica. Insomma la poesia di Raffaele Piazza è un sogno, non nella maniera idilliaca che spesso attribuiamo a questo, e inoltre è un gioco. È un gioco il “poetato” di Raffaele Piazza, è un gioco il suo “sognato”.

Infine esso lascia una sensazione di bellezza. Quella della natura, della vita quotidiana, la bellezza della donna. Una certa sensualità permea a tratti le pagine del libro.

L’autore Raffaele Piazza mira soprattutto alle sensazioni più che ai sentimenti, alle impressioni più che alle impronte. Non ha pretese di carattere didascalico o pedagogico. Non si erge a eroe o a vate.

È un tripudio di colori, di emozioni, che, pur tuttavia, risvegliano nel lettore il senso del bello, ormai, nella società odierna, di molto assopito.

Risalta, specialmente all’inizio, l’anelito a rialzarsi dopo le cadute; vivo si sente il desiderio di rinascita, il desiderio della redenzione.

È una poesia moderna. E attuale. Che rispecchia la leggerezza del vivere.

Maria Elena Mignosi Picone

 

 

Raffaele Piazza, Del sognato, II edizione, pref. Marcella Mellea, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 60, isbn 979-12-81351-08-0, mianoposta@gmail.com.

 

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Floriano Romboli, "Il fascino e la forza della letteratura, vol.2"

25 Agosto 2024 , Scritto da Maria Elena Mignosi Picone Con tag #maria elena mignosi picone, #recensioni, #saggi

 

 

 

 

 

 

Floriano Romboli

IL FASCINO E LA FORZA DELLA LETTERATURA, VOL. 2

Fogazzaro - Dante – De Sanctis - Malaparte

D’Annunzio - De Roberto - Sanminiatelli

 

Per gli appassionati di Studi Umanistici, il titolo che l’autore Floriano Romboli ha scelto per il suo libro, e cioè Il fascino e la forza della letteratura (Guido Miano Editore, Milano 2023), costituisce certamente una bella attrattiva e prelude ad una interessante lettura. Del resto l’autore, con questa sua opera, si è prefisso l’obiettivo di attrarre quanti più lettori possibile, per far gustare loro il piacere che si prova accostandosi agli Studia Humanitatis e fare assaporare quella gioia particolare che la Letteratura sa offrire. Quel che emerge in questi Studi è l’uomo, l’essere umano in tutti i suoi aspetti, nella sua forza e nella sua fragilità, nel suo valore e nelle sue debolezze.

Floriano Romboli in questa sua opera prende in esame la Letteratura dei secoli XIX e XX, cioè dell’Ottocento e del Novecento. Egli si sofferma su scrittori come Antonio Fogazzaro, Federico De Roberto, Curzio Malaparte, Gabriele D’Annunzio, e su Bino Sanminiatelli. Un capitolo è riservato ai giudizi di alcuni Papi contemporanei come Leone XIII, Paolo VI, Benedetto XV su qualche aspetto dell’opera di Dante. Compaiono anche riferimenti a critici letterari di notevole pregio tra i quali De Sanctis, Donadoni, Fubini, Getto, Giorgio Bàrberi Squarotti. Innumerevoli inoltre le citazioni dalle opere degli autori, le quali rendono più efficace e incisivo il discorso. Ci sarebbe molto da dire, appunto per la dovizia di autori, critici e Papi, già citati, ma noi preferiamo soffermarci sugli spunti di riflessione che offrono le tematiche affrontate, che cadono ben a proposito sulla esigenza di rinnovamento e approfondimento, fortemente sentita dalla Letteratura odierna.

Oggi si avverte la incompletezza della Letteratura se non è suffragata dalla riflessione sull’uomo che offre la Teologia. Quest’ultima, infatti, vertendo su Dio e sul Suo Figlio, Gesù, perfetto Dio e perfetto Uomo, può illuminare sulla comprensione dell’anima degli Autori, perché, sulla scia di Sant’Agostino che esorta “Cerca Dio e troverai te stesso”, soltanto alla luce del divino può balzare fuori l’umano, nella sua più veridica esattezza. Pensiamo a Dante Alighieri. Afferma Floriano Romboli (p.60), riferendosi al critico Giovanni Getto: “Nell’omaggio convinto e sincero alla lezione morale e artistico-culturale dell’Alighieri, in questo caso si realizzava la sintesi preziosa tra magistero religioso e critica letteraria.”

Oggi inoltre si avverte viva l’esigenza della solidarietà, della gentilezza, del garbo, e forte è l’anelito al senso di umanità che si è perduto quasi totalmente. Le controversie si risolvono a suon di coltelli, a cominciare dai ragazzini, e negli adulti dal fragore delle armi. Emerge nell’essere umano la ferinità. Qui in questo libro largo spazio è dato a questo aspetto deleterio: l’uomo selvaggio. Favorito questo concetto dalla diffusione della teoria di Darwin: l’uomo discende dalla scimmia. E se la brutalità umana si manifesta soprattutto con la guerra, qui con molto realismo si mettono in risalto, negli avvenimenti bellici, gesti e atteggiamenti, dalla storia quasi sempre sottaciuti: la follia e il suicidio. Tra le file dei combattenti. La guerra non è vista nei suoi aspetti esaltanti, quali espansioni, conquiste, ma per quello che è: una grande brutalità. Aldo Palazzeschi così affermava: “La guerra non si fa. La guerra non si deve fare per nessuna ragione al mondo.” E Antonio Fogazzaro così sosteneva: “Noi dai bruti non discendiamo. (…) Noi ascendiamo da essi e il nostro tempo sempre meglio comprende che se la vanità umana può compiacersi qualche volta di discendere, la vera gloria dell’uomo è di ascendere.”

E forse sta qui la forza e il fascino della Letteratura: con la mente e con il cuore penetrare nella verità della esistenza, per ascendere sempre più, armonizzando i contrari, superando la perenne lotta tra le luci e le ombre.

Maria Elena Mignosi Picone

 

 

Floriano Romboli, Il fascino e la forza della letteratura, vol.2, pref. di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 148, isbn 978-88-31497-93-0, mianoposta@gmail.com.

 

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Adriana Deminicis, "8 Infinito 8- L'arrivo del Gabbiano"

24 Agosto 2024 , Scritto da Raffaele Piazza Con tag #raffaele piazza, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Adriana Deminicis

8 Infinito 8 – L’arrivo del Gabbiano

 

8 Infinito 8 - L’arrivo del Gabbiano (Guido Miano Editore, Milano 2024), raccolta di poesie di Adriana Deminicis, presenta una prefazione acuta e centrata a firma di Enzo Concardi.

La raccolta si situa in continuum con quella precedente dell’autrice intitolata 8 Infinito 8 – La gemma di giada.

Il tema dell’infinito di leopardiana memoria è di per sé affascinante e l’insistenza della poetessa nel trattarlo ci fa pensare ad una sua intelligente coscienza letteraria sottesa alla convinzione incontrovertibile che la poesia salva la vita sia nel praticarla sia nella sua attenta lettura.

E del resto c’è anche la tematica del raggiungimento della felicità dopo il dolore e la scissione dell’io e la felicità stessa è proprio nell’arrivo del Gabbiano che non delude anche se arriva dopo un’estenuante attesa.

Le sensazioni suddette, che già si sentivano nella prima opera di questo ciclo, qui sembrano intensificarsi e se Godot, in Samuel Beckett, non giunge nonostante tante speranze, il simbolico Gabbiano della poetessa mantiene la promessa e diviene appunto metafora della gioia e della felicità che sono possibili e anche della libertà.

Del resto i gabbiani sono volatili pieni di fascino sia per l’aspetto sia per il comportamento e nessuno può dimenticare il suggestivo e magico libro di Richard Bach intitolato Il gabbiano Jonathan Livingstone anche se si tratta di un’opera in prosa e non in poesia.

Non manca nelle poesie del volume il tema della poesia nella poesia espresso dall’io-poetante nel riflettere traendo dai suoi pensieri delle conclusioni.

Diviene per il lettore spontaneo e istintivo identificarsi proprio con lo stesso io-poetante e del resto il concetto d’infinito si collega a quello dell’essere e per chi crede con l’idea di Dio.

Nel componimento eponimo che ha qualcosa di programmatico leggiamo: “Apro la porta, osservo il Cielo/ aspetto di vedere l’arrivo di un gabbiano/ per iniziare la storia/ appena un gabbiano sorvolerà il mio Cielo/ ed io stando qui sarò in grado di poterlo vedere….”.

Come ha affermato lo stesso Concardi la poesia di Adriana ha un andamento che la fa somigliare alla prosa e questo è sicuramente un fatto originale nell’essere minimo in questi versi lo scarto dalla lingua standard.

La raccolta non è scandita in sezioni e complessivamente può essere considerata un poemetto anche se alcune composizioni che la costituiscono sono dei poemetti autonomi.

In E c’erano i Gabbiani leggiamo: “E c’erano i gabbiani/ si sentiva il loro canto/ sembrava fossero lì/ sulla spiaggia da secoli/ al largo una canoa gialla/ il Sole del Tramonto/ appena giunto con le Nuvole/ appena giunto sulla spiaggia/ la parola dei Gabbiani».

Veramente alta la poesia Appuntavo i miei pensieri più belli che come altre non è legata alla tematica dominante del corposo volume: “Le parti del nostro corpo sognano?/ L’anima è più bella/ lo Spirito pure/ A volte alcuni sogni vengono ad avere origine/ da alcune singole parti del corpo,/ il corpo non doveva diventare/ un limite ai nostri pensieri/…”

Del resto la poetica dell’autrice esprime stabilmente l’emozione di una reverie di un sogno ad occhi aperti pervaso da una vaga malia.

Raffaele Piazza

 

 

 

Adriana Deminicis, 8 Infinito 8 – L’arrivo del Gabbiano, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 152, isbn 979-12-81351-33-2, mianoposta@gmail.com.

 

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Fabio Baldassarri, "Quasi romanzo di lettore onnivoro"

17 Agosto 2024 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni

 

 

 

 

Fabio Baldassarri
Quasi romanzo di lettore onnivoro
Il Foglio Letterario Edizioni – Euro 15 – Pagine 190

 

 

Fabio Baldassarri si racconta come un lettore onnivoro nel suo ultimo libro, convinto come pochi che siamo quel che leggiamo, ergo un testo narrativo che raccoglie le passioni letterarie può esser preso come una sorta di autobiografia. Baldassarri si racconta a lungo nella postfazione: “Da ragazzo, mentre altri volevano fare il calciatore, il pilota di aerei o il direttore d’orchestra, io aspiravo a fare il giornalista e scrivere di professione benché nella Piombino in cui sono nato, conosciuta ai più come città - fabbrica per le sue acciaierie, quasi tutti finissero per trovare lavoro negli impianti siderurgici. In fabbrica ci ho lavorato comunque, ma fu a Milano, nella Breda Termomeccanica, e frequentai da studente lavoratore l’Università Statale in anni assai turbolenti (1968/1972), interessato, più che altro, al diritto del lavoro e alla teoria delle classi sociali”. Baldassarri ha avuto due incarichi politici di tipo elettivo: sindaco di Piombino 1990-1995 e presidente provincia di Livorno (1985-1990). È stato commissario straordinario per la regione Toscana e altre cose ancora, ma prima di tutto ha operato nell'industria ('68-72) come perito industriale alla Breda Termomeccanica di Milano. Un periodo di incarichi elettivi che è durato dieci anni, cui va aggiunto un periodo come impiegato comunale prima e semplice  consigliere comunale dopo ('81-85). Ha avuto incarichi politici nel PCI, compreso quello di fare il corrispondente dell'Unità che allora era l'organo ufficiale del partito, insomma, di cose ne ha fatte, non ultima quella di scrivere libri, sia saggi che romanzi. Baldassarri è stato scrittore a tempo pieno solo al termine dei numerosi impegni politici, anche perché ha avuto anche una moglie e un figlio, quindi dei doveri da marito e padre da adempiere. Tra le sue opere letterarie ricordiamo: ILIO BARONTINI un garibaldino nel Novecento; TRA LA FALCE E IL MARTELLO; L’ALBERO DEL PEPE ROSA; ILIO BARONTINI fuoriuscito, internazionalista e partigiano; LE PARTICELLE DI DIO, ovvero la Consorteria del Sacro Segreto; SULLE ALI DEGLI ANGELI DEL FANGO e undici racconti di viaggio; BALDASSARRE COSSA PAPA E ANTIPAPA; IL SEGRETO DI PROCIDA; PIOMBINONAPOLIBAGNOLI. Il suo ultimo libro – edito da Il Foglio Letterario Edizioni - proviene dalle passioni da lettore di Fabio Baldassarri, che lo considera come una sorta di testamento spirituale: “Scrivevo, ma soprattutto mi piaceva leggere. Forse nella mia aspirazione c’era anche il desiderio di emulare, immeritatamente, le grandi penne che hanno influenzato i sogni di ragazzo: Giulio Verne, Alessandro Dumas, Victor Hugo, Jack London, Hermann Melville. Crescendo, inoltre, avevo incontrato anche i grandi russi, gli autori di lingua slavo-germanica, gli scrittori e i poeti anglo-sassoni, la migliore letteratura nelle lingue neo-latine tra cui la nostra, e tanti altri ancora. Tra le letture degli ultimi anni, perciò, ho scelto alcuni libri su cui ho scritto più che altro recensioni e consigli di lettura, probabilmente perché ritenevo ci potessero aiutare a capire aspetti del mondo non troppo chiari in cui vivevamo specialmente nel quinquennio 2018-2023”.

Quasi romanzo di lettore onnivoro è un libro che è frutto di altri libri, dove troviamo il Baldassarri lettore critico e consapevole. Tutti testi raccolti sono stati pubblicati su riviste on line come Alga News e su giornali come Allonsanfan e ci raccontano qualcosa in più su un autore eclettico, dotato di uno stile personale, polemico e accattivante, soprattutto di chiara lettura e caratterizzato da una semplice esposizione narrativa. Leggetelo! Non ve ne pentirete.

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Massimo Boddi, "Gli scarafaggi non si nascondono in casa"

14 Agosto 2024 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni

 

 

 

 

Massimo Boddi
Gli scarafaggi non si nascondono in casa
La Bussola – Euro 10 – Pag. 140

 

Un romanzo ambientato nella Piombino degli anni Novanta, per la precisione agli inizi del 1993, in piena crisi siderurgica, con cassa integrazione e scioperi, cortei e proteste, persino blocchi stradali e ferroviari; tutte cose che ho vissuto, a differenza di Massimo Boddi che in quel periodo aveva dieci anni, quindi le avrà studiate sui libri o se le sarà fatte raccontare da chi stava sul pezzo della protesta. Ma il romanzo non è sulla crisi dell’acciaio, né sul futuro di una Piombino allo sbando, tutte cose che restano sullo sfondo, dipinte con suggestive pennellate dispensate da un sapiente scenografo. Gli scarafaggi non si nascondono in casa è un romanzo di formazione corale - niente di più complesso! - ambientato nel mondo giovanile anni Novanta, dove gli scarafaggi sono proprio quei ragazzi che vivono pericolosamente il passaggio da adolescenza a età adulta, accompagnati dalle note dei Litfiba e dei Nirvana, persino dei mitici CCCP, impegnati a sfidare l’esistenza per realizzare i loro sogni. Romanzo rock, lo definisce Ernesto Assante in una sentita prefazione, vero anche quello, a mio parere soprattutto romanzo moderno, scritto con uno stile deciso che è una nota caratteristica dell’autore, già noto per il riuscito Miseria puttana. I suoi personaggi crescono insieme a chi scrive, ci fanno conoscere genitori che vedono nei figli un possibile riscatto sociale, una rivincita alle loro frustrazioni, sono ragazzi che crescono con tutti i problemi degli adolescenti di ogni generazione. Un romanzo dove incontri momenti di vera poesia come Credevi di poter vivere nel guscio di una noce e ti sei ritrovato a friggere al sole, come un rospo spiaccicato a bordo piscina. I pensieri di Giorgio sono i pensieri dell’autore, tra i tanti il personaggio che più lo rappresenta, uno che si trova a suo agio raccontando la vita ad altezza di sputo, un improvvisatore un po’ fuori di testa che vorrebbe narrare un mondo che scatarra, piscia, vomita, perde moccio e puzza, sul palco degli apprendisti della vita. Un romanzo moderno, scritto con aderenza al parlato più puro e genuino, che non insegue la letteratura, ma la trova comunque narrando la vita di un gruppo di scarafaggi di quartiere che non si nascondono in casa, ma vivono a cazzo loro, bruciando sul tempo dio e il destino, e non devono spiegare niente a nessuno. Belli davvero questi ragazzi che vivono nella Piombino del 1993 - ragazzi veri e non figurine stereotipate come quelle di un romanzo diventato pessimo film alcuni anni fa -, gente che non vuole intorno fascisti o borghesi che se la tirano, ma seguono comandamenti come La strada è mia sorella e l’amico sincero è mio fratello. Un libro da leggere e meditare, pubblicato da un editore come La Bussola che mette un prezzo abbordabile di dieci euro per un romanzo che si rivolge a un pubblico giovane.

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Moon and sea

11 Agosto 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

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Chissà quanti cuori si lasciano riscaldare più dalla luna che dal sole. 

Seduto sulla spiaggia, mentre il vento soffia dolcemente nella notte e una moltitudine di palme slanciate si muovono come in una danza, il satellite in alto funge da lampada nell'oscuro oceano.

Alzo una mano, tra l'indice e il pollice mi appresto a sfiorare una cometa per la coda che sta sfrecciando proprio adesso. 

Ho espresso il mio desiderio.

 

   

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La mia colazione

10 Agosto 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

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«Chi mangia sano, trova la natura» recita un famoso spot che condivido pienamente, soprattutto  riguardo la colazione, in quanto risulta il pasto più importante della giornata.

Ma in cosa consiste la colazione scilipotiana? È giusto anticipare che non serve sfoggio di grande tecnica per prepararla e la ricetta non è reperibile in nessun libro, rivista, programma TV. Idem su YouTube e Instagram.

Bene, direi di andare al sodo. Oh, è solo un'espressione, visto che l'uovo non occorre.

Allora, ogni buon mattino piglio una tazzona vuota e la riempio d'acqua frizzante che scorre dal mio essere. Dopodiché aggiungo mezzo litro di succo di speranza, giro con un cucchiaio fino a quando il liquido non diventa verde, per poi spargere della grinta, seguita da un filo di humour e da un mestolino di dolcezza.

Confesso, però, che qualche volta tale colazione non è sufficiente. E, ahimè, ciò comporta cedere alla tentazione di sgranocchiare snack di incazzature, afflizioni, sgomenti, paranoie, paturnie e scocciature che, nonostante non ingrassino, mi fanno gonfiare... le palle. 

 

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Federica Cabras, "Finché morte ci separi"

9 Agosto 2024 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #federica cabras, #recensioni

 

 

 

 

Finché morte ci separi

Federica Cabras

Literary Romance, 2024

 

 

La quadratura del cerchio. O meglio: come far coincidere le due anime di Federica Cabras, quella che scrive frizzanti chick-lit pieni di scambi effervescenti, di battute, di scene piccanti, di batticuori e romanticismo, con l’altra anima, quella cupa, mortuaria, horror. Semplicemente creando il personaggio riuscito di Lucrezia Muscas, in Finché morte ci separi, ragazza dolce, introversa, sognatrice, inconsapevolmente alla ricerca del suo posto nel mondo e dell’anima gemella. Lucrezia di mestiere fa l’estetista. Sì, ma per morti. Lucrezia è una tanatoestetista, trucca le persone decedute per renderle presentabili durante le esequie, per dare quell’impressione di “addormentato” anziché putrefatto, per addomesticare la morte come impongono i parenti affranti. Lei ama il suo lavoro, dal trapasso è sempre stata affascinata. I defunti non giudicano, non deridono, non interrompono nemmeno. Lei coi morti ci parla, racconta loro le sue disavventure, la sua vita semplice, i suoi desideri nascosti.

Fra questi c’è Sebastiano, il fratello del suo capo, che è il contrario di lei: estroverso, sexy, brillante, donnaiolo e un po’ perdigiorno. Gli opposti si attraggono, si sa. Lui la punzecchia, la incalza, la prende in giro in modo pesante, acuendo in lei quel senso di essere sempre e dovunque il pesce fuor d’acqua, la “strana”. Lui la chiama Morty, come Mortisia, o Decessa, perché è dark, le piacciono scheletri e vampiri, si veste sempre di nero, osa accessori e soprammobili funebri. Lo fa per gioco, per esorcizzare la paura che tutti noi inconsciamente proviamo, ma anche perché la morte non l’ha ancora sfiorata davvero. Quando accade, quando a morire è una persona cara, si rende conto che chiudere gli occhi per sempre non è poi così entusiasmante.

Questa che, a tutti gli effetti, è una commedia romantica, offre però diversi spunti di lettura e approfondimento. In primis la difficoltà di diventare se stessi, nonostante la riprovazione altrui, nonostante sia più comodo uniformarsi, stereotiparsi, conformarsi.  Lucrezia cresce, si accetta per quello che è, si batte per ottenere il lavoro che ama e l’uomo che sogna. Prende anche coscienza di non essere sola al mondo, di avere intorno persone che le vogliono bene, che la apprezzano per quello che è, che la supportano nei momenti difficili.

In secondo luogo balza agli occhi il rapporto controverso con la morte, spesso tabù spaventoso e macabro nella nostra società occidentale. Lucrezia ci gioca, ci parla, se ne adorna e circonda, ma, di fronte al dolore, quello vero, deve comunque arrendersi. Perché il dolore non va rimosso, bensì attraversato. Soprattutto perché chi se ne va poi non ricompare. Mai più. E bisogna ricostruire il senso della vita attorno a una assenza.

La sapiente penna dell’autrice sforna, come sempre, riflessioni argute, momenti piccanti o irriverenti, battute fulminee, epigrafi. Sulla scia di serie di successo come Wednesday, non lasciatevi sfuggire questo personaggio nuovo, questa Mercoledì bionda dall’animo tormentato, solitario e, diciamolo, un pochino decadente. Imperdibile.

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Il Signore degli Anellini

4 Agosto 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto, #fantasy

 

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Evviva! Dopo un accuratissimo editing, finalmente il mio libro di genere fantasy è bello che finito, però, prima di consegnarlo all'editore, desidero trarne una stampa personalizzata, una rilegatura in pelle di drago d'India, sulla quale verranno intarsiate svariate squame (beh, il tatto vuole la sua parte) e titolarlo con caratteri d'argento sterling.

Fischiettando Fantasy degli Oliver Onions, e scorreggiando a più non posso, (d'altro canto... anche gli scrittori mangiano fagioli) mi incammino verso una stradicciola per dirigermi nella miglior tipografia della città gestita dai Nani Moretti.

***

Porco orco! Sono stati veloci, una foderatura a regola d'arte.

Uno dei Nani mi consiglia di non lasciare il romanzo vicino a delle fonti di calore, altrimenti il rivestimento di rettile alato rischierebbe di far bruciare le pagine, pagine ricavate dalla cellulosa estratta dal legno di ontano nero della Foresta Diafana.

Sì, starò attentissimo, considerando poi che tra qualche giorno parteciperò alla Fiera dell'Est, dove avrò l'occasione di conoscere l'affermato autore Ken Folletto, mi conviene tenere il libro... a caldo.

 

 

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I due settatari

3 Agosto 2024 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

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Alla fine degli anni Duemila, dal momento che non utilizzavo l'automobile, mi muovevo tantissimo a piedi in diverse zone della mia città. In termini di salute ci guadagnavo, in quanto mi tenevo in forma, sia a livello fisico che mentale. Oltre i pro, c'erano dei contro. Ad esempio, imbattermi in certe persone non gradite, tra cui odiosi ex compagni di scuola, conoscenti perditempo, zingare con la manaccia tesa a mendicare e i Testimoni di Geova che giravano sempre in coppia. Riguardo a quest'ultima cerchia, in base al vestiario, senza sbagliarmi, li identificavo all'istante: gli uomini in giacca e cravatta, le donne con delle lunghe gonne e le scarpe basse. Inoltre, saltava all'occhio una Bibbia alterata, nonché le varie copie delle riviste Torre di Guardia e Svegliatevi! che si portavano dietro.

Un giorno, mentre mi stavo recando al supermercato, all'improvviso due di questa setta religiosa si piazzarono davanti a me. Non potei sfuggire.

«Salve, scusi il disturbo, le ruberemo solo qualche minuto.»

«Siete testimonial di Genova?»

«Testimoni di Geova!» esclamarono Cip e Ciop all'unisono per correggermi.

«Vi avverto che sono satanista protestante!» puntualizzai tra il serio e il divertito.

Il duo, ignorando la mia spiritosità, attaccò con un sermone. Annuii più volte, ma non prestai particolare attenzione a quei discorsi, finché non indicai il mio orologio da polso, adducendo un impegno.

«Non la tratteniamo ulteriormente. In ogni caso, sappia che settimanalmente teniamo le adunanze nella Sala del Regno, in via Roma, accanto al bar De Balzac» mi informò il geovane più loquace, un ometto calvo e dagli occhiali spessi.

«Sala del Regno? Quindi vi riunite in un castello! Chissà quante belle dame!» dissi, prendendoli per il culo.

«Suvvia, non scherzi. Prima di lasciarla andare, le pongo un quesito: chi è colui, e sottolineo colui, che salverà il mondo?» mi interrogò alla Mike Bongiorno l'altro compare, un tizio alto, dal viso butterato e dai capelli radi e grigi.

«James Bond!» risposi sornione.

Seguirono attimi di silenzio, accompagnati dai loro sguardi da pesce lesso.

«Arrivederci!» mi salutarono in coro, così, di botto, i due settatari, scuotendo la testa. Ricambiai il saluto con uno strampalato "Arrivedergine!" e mi avviai al Conad.

«Eh sì, chi meglio di James Bond?» pensai ridendo sotto i baffi. «Si potrebbe trarre un film. Ho già il titolo: Operazione G.E.O.V.A. - Licenza di eluderli.»

 

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