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liliana comande

In giro per il mondo: Cipro

18 Aprile 2016 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

In giro per il mondo: Cipro

SPIAGGE, MARE, SITI ARCHEOLOGICI, STORIA, CULTURA, BUON CIBO E DIVERTIMENTO FANNO DI CIPRO UNA META IDEALE PER LE VACANZE.

Omero nei suoi racconti fa spesso riferimento ad Afrodite, dea dell’amore e della bellezza, nata dalla schiuma del mare in una località chiamata Paphos (dal greco: luogo della luce), che si trova sulla costa Sud-Ovest di Cipro. L’isola, che è la terza per grandezza del Mediterraneo, sin dall’antichità era meta di turismo da parte delle popolazioni che si affacciavano sul bacino del grande mare. Il suo clima mite e le sue bellezze naturali venivano spesso associate alla beltà della dea stessa. Cipro si estende per 240 km da ovest ad est e per 90 km da nord a sud con due imponenti catene montuose che racchiudono la vasta pianura della Mesaoria. Il paesaggio è ricco di contrasti che spaziano dalle verdi colline alla maestosa valle dei cedri, dalle numerose spiagge sabbiose alle montagne che nascondono piccoli e caratteristici paesi, ognuno dei quali ha il proprio particolare fascino e le proprie tradizioni.
La vegetazione, ricca di agrumi, cedri, banani, olivi e vigneti dà l’idea di una terra fertile e ben coltivata. L’isola, la cui archeologia risale all’era neolitica, custodisce ancora testimonianze dell’antica Grecia e del periodo romano ma in tutto il territorio sono ben conservati monumenti, chiese bizantine, castelli, palazzi risalenti ai tempi dei crociati e monasteri. Inoltre, le splendide mura di cinta della capitale Nicosia, vecchie più di quattro secoli, sono la testimonianza del dominio veneziano.

Nella città è interessante visitare il Museo Bizantino, contenente una importante collezione di icone molto antiche; l’Arcivescovado, centro della chiesa ortodossa cipriota; la Cattedrale di san Giovanni, completamente affrescata e il Museo Municipale. All’interno delle mura si trovano le vie Ledra e Onassagorov, che costituiscono la linea di demarcazione che divide in due la città, la cui parte settentrionale è stata occupata di turchi dal 1974.
Da Nicosia, in circa trenta minuti, è possibile raggiungere i Monti Todros, ricoperti di magnifici boschi che difendono l’intimità di chiese e monasteri bizantini.
Larnaka, una delle città più importanti di Cipro, è “adagiata” in una baia che prende il suo nome e il suo lungomare – fiancheggiato da numerose palme – è “brulicante” di caffè, taverne e negozi. Dotata di un porto molto attrezzato, può dare ormeggio a numerose barche e yachts che vengono usati per le escursioni alle varie spiagge dell’isola.

Nella città sono ancora visibili le mura ciclopiche del XII secolo a.C. e la chiesa di San Lazzaro, che contiene le vestigia del santo patrono di Larnaka, che arrivò lì dopo la sua resurrezione eleggendola a sua seconda patria. La città è famosa anche per le celebrazioni della Pentecoste greco-ortodossa, che richiama i ciprioti da ogni parte dell’isola per le celebrazioni.
Ad un’ora di macchina dalla città si trova il grazioso paese di Lefkara, centro rinomato per la lavorazione dei merletti fatti a mano che vengono esportati in tutto il mondo. Si racconta che Leonardo da Vinci, visitando questo villaggio abbia acquistato una tovaglia d’altare e l’abbia donata al Duomo di Milano.

Dirigendosi verso la parte ovest di Cipro si incontra la città di Choirokotia, che conserva i resti di uno dei più importanti insediamenti neolitici del Mediterraneo orientale risalenti al 6800 a.C., ed alcuni dei reperti ritrovati nel sito possono essere ammirati nel Museo di Nicosia.

Proseguendo verso sud-ovest, percorrendo una buona autostrada, si arriva a Limassol, la più grande città balneare dell’isola che sin dal medioevo era conosciuta dai mercanti per i suoi vini e la canna da zucchero che veniva coltivata qui. Oggi è un centro turistico con la più vivace vita notturna e dove si svolgono eventi di rilievo. Naturalmente ci sono numerosi hotel oltre a pub, discoteche e night club.

Le spiagge sono tutte attrezzate ma è possibile trovarne alcune deserte. Nelle vicinanze del nuovo porto si trova il Castello di Limassol dove nel 1191 Riccardo Cuor di leone sposò Berengaria di Navarra incoronandola regina.
Ad un’ora di auto si trova l’antica città-stato di Kourion, che gode di uno splendido panorama sull’estesa spiaggia di sabbia fine della baia di Episkopi, e che conserva un teatro greco-romano utilizzato ancora oggi per le rappresentazioni di antichi drammi greci e di Shakespeare oltre a concerti di musica classica.

Un’altra bella località di Cipro è Pissouri, ricca di agrumeti, vigneti e luogo di riproduzione di fenicotteri e uccelli acquatici perché qui hanno trovato il loro habitat ideale. Ad ovest dell’isola si trova invece la bella città di Paphos, la cui vita ruota attorno al piccolo porto dove è possibile mangiare dell’ottimo pesce in uno dei tanti caratteristici ristoranti. Non mancano però importanti siti archeologici, ed essendo Paphos il luogo nel quale è nata Afrodite, si può ancora ammirare il tempio a lei dedicato e che era adibito a santuario di feste pagane.
La città fu per ben sette secoli la capitale di Cipro e di quel periodo, storicamente molto importante per la città, conserva molti reperti archeologici tra i quali gli splendidi mosaici raffiguranti scene mitologiche, oltre a tombe e catacombe dei re. Paphos è stata dichiarata dall’Unesco “patrimonio culturale mondiale” e non si può non essere d’accordo. Storia, mitologia, religiosità, tradizioni, monumenti, chiese, monasteri e bellezze naturali sono l’essenza di Paphos.
Ma se dobbiamo giudicare l’isola le daremmo sicuramente un voto molto alto. L’ospitalità della sua gente, il clima dolce 8 mesi l’anno, la buona cucina accompagnata da qualche bicchiere di ottimo vino locale, il sole, le belle spiagge, un mare cristallino, gli alberghi di alto livello, storia e cultura ne fanno una destinazione sicuramente adatta alle esigenze del turista italiano e raggiungerla non è affatto un problema.

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In giro per il mondo: Polinesia

12 Aprile 2016 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

In giro per il mondo: Polinesia

ISOLE CHE SONO NELL’IMMAGINARIO DI OGNI PERSONA. NATURA, MARE, SPIAGGE E LA NATURALEZZA DEGLI ABITANTI SONO UN GRANDE RICHIAMO COME LE “SIRENE” PER ULISSE.

Suoni, profumi, sapori, libertà, bellezza, sensazioni…sono queste le unicità delle isole che ognuno di noi vorremmo visitare una volta nella vita. Sono lontane da noi ed il viaggio è lungo, ma ciò che si ha la fortuna di ammirare compensa della stanchezza del lungo volo. Polinesia, il solo nome evoca un paradiso non ancora perduto e che ci si augura resti ancora naturale nel suo paesaggio e nella sua popolazione.
Non a caso molte persone ci si sono trasferite per recuperare quella naturalità perduta nelle città, e per riacquistare quella pace e serenità che la vita quotidiana ci ha fatto perdere da tempo. Polinesia, luogo incantato nel quale è possibile ritrovare sé stessi, il proprio io, la propria “animalità” o il vivere senza le costrizioni che c’impone il vivere nei paesi cosiddetti industrializzati.
Ma incominciamo parlando un po’ della storia di queste isole uniche.
I primi europei che approdarono nelle isole della Polinesia avranno sicuramente pensato di essere arrivati nel paradiso terrestre. Lo sanno bene i protagonisti dell’ammutinamento più famoso di tutti i tempi, reso noto dalle versioni cinematografiche. Ma i marinai del Bounty non furono i soli a perdere la testa per queste terre. La cupidigia e la violenza degli occidentali, infatti, arrivarono in poco tempo a devastare e a distruggere tutto ciò che volevano conquistare. Fortunatamente queste isole magiche si sono salvate e ancora oggi rappresentano il sogno di un luogo incontaminato e sereno comparato al grigiore delle nostre città.
La Polinesia è una macroarea che comprende diversi arcipelaghi sparsi nell’Oceano Pacifico, a ridosso dell’Equatore tra la Nuova Zelanda e l’America Centrale: quelle che vengono definite Polinesia Francese, Hawaii, Tonga, Samoa Occidentali e Sporadi Equatoriali.
Sono cinque i gruppi di isole che costituiscono la Polinesia Francese. Abitate, secondo alcuni, da popolazioni provenienti dall’America Centrale, furono scoperte nel 1521 dalle prime spedizioni spagnole, ma solo nel 1595 ebbero i primi contatti con gli abitanti, che conobbero, oltre all’uomo bianco, anche le armi da fuoco e la sifilide.


Nel XVIII° secolo s’intensificarono le spedizioni scientifiche degli inglesi; nel 1767 Samuel Wallis trovò Tahiti, cominciando la colonizzazione degli europei. Gli indigeni persero pian piano la potestà sulle terre che nel 1880 vennero date in dono dal loro re alla Francia, mentre dinastia regnante e larga parte della popolazione di Tahiti si erano convertire nel frattempo al cristianesimo. Ne è nata una società multiculturale nella quale si sono poi integrati diversi popoli orientali, portati dagli europei come braccianti nelle piantagioni.
Nelle isole della Società, l’aeroporto internazionale di Tahiti-Faa, della capitale Papeete, e il suo porto rappresentano le porte della Polinesia nel mondo. Tutti i turisti che arrivano passano di qui. L’arcipelago è diviso in due gruppi: le isole del Vento, con Tahiti e Moorea, più densamente popolate, e le Isole di Sotto Vento, con Bora Bora, Raiatea, Tupuai.


Prevalentemente montagnose e di origine vulcanica presentano la particolarità di una vegetazione rigogliosa che lambisce le spiagge sabbiose e bianchissime. L’isola di Tahiti, la più grande della Polinesia francese, incantò i viaggiatori francesi che descrissero le meravigliose cascate di acqua purissima e l’estrema fertilità di quelle terre.
I visitatori che amano la montagna non possono fare altro che avventurarsi in luoghi nascosti e impervi alla ricerca delle tre cascate di Tiarei, ai piedi una foresta di bamboo.
A Tahiti il pittore Gauguin visse molti anni, affascinato dai colori di questi luoghi e, non secondario, dalla grande bellezza delle vahiné tahitiane che ha ritratto in tante opere. L’artista scrisse: ”Nessun uomo, neanche il più felice, può resistere al loro sguardo”. A lui, europeo che l’ha amata molto, l’isola ha dedicato un museo che raccoglie molte opere originali che, insieme ad altre esposizioni, attende i viaggiatori che vogliono conoscere la cultura e le tradizioni di queste popolazioni.
Ma sono le spiagge e il mare cristallino che attirano i turisti, e non solo quelli che amano “oziare" sulla sabbia, ma anche quelli che praticano il surf. La spiaggia di Papara, infatti, vede riunirsi i giovani amanti della tavola con i migliori surfisti mondiali.
Per chi ama invece le immersioni e la fotografia subacquea, l’isola ideale è MOOREA, con le spiagge di sabbia bianca, i meravigliosi fondali e la ricchezza della fauna sottomarina, abitata – un tempo – così come si racconta – da una gigantesca lucertola gialla che con la sua coda creò le baie di Cook e di Opunohu.
Ma per chi ama trascorrere lunghi e rilassanti momenti sull’acqua, non si può perdere un giro in piroga nella cristallina purezza della laguna di Bora Bora. A RAIATEA, culla della civiltà polinesiana, regna la sacralità.
Ogni luogo, lì, è dominato dal mito e il monte Temehani è l’Olimpo polinesiano che veglia su questo angolo di mondo per preservarlo da ogni intervento esterno. Sotto il Tropico del Capricorno, decentrate rispetto a Tahiti, le isole Australi sono quelle che hanno mantenute uno stile di vita più autenticamente polinesiano.
Dal clima più fresco, l’arcipelago è un insieme di colori per le splendide abitazioni color pastello, costruite in pietra corallina. Tra la gente permane un diffuso sentimento religioso e nell’isola di Rurutu, nel mese di gennaio, gli antichi riti terminano con una tradizionale gara di sollevamento pesi, cui partecipano uomini e donne.

Segno, forse, della lontananza dell’uomo bianco e della presenza della natura incontaminata, le balene si trovano in queste acque ed è possibile ammirarle tra giugno e ottobre.

L’arcipelago delle Gamblier è quello che reca le maggiori tracce dell’arrivo degli europei. Furono i gesuiti a distruggere i resti della cultura politeista preesistente con la costruzione, al posto dei tradizionali luoghi di culto, di imponenti edifici religiosi.
La sua morfologia ha caratteristiche eccezionali, perché il 95% delle isole sono atolli, una percentuale unica nella Polinesia francese. Per questo l’arcipelago è noto per essere la culla delle perle polinesiane. La perla nera è invece caratteristica dell’arcipelago delle TUAMOTU, famose anche per essere il paradiso del diving.
RANGIROA, che significa “cielo infinito” per la continuità del colore azzurro del cielo che si rispecchia nelle numerose lagune, è l’atollo più grande della Polinesia francese, con 240 motu (isolotti), separati da più di 100 piccoli canali.
Squali grigi, mante, pesci napoleone, cernie, sono solo alcune delle creature che popolano le acque circondate da questo nastro di isole. Henua Enana, “terra degli uomini”, così venivano chiamati dai nativi dell’arcipelago delle Marchesi, ma oggi, l’esiguo numero della popolazione che le abita è concentrata in poche delle 12 isole di cui è composto l’arcipelago. A 1500 chilometri da Tahiti è il gruppo situato più a nord, in prossimità dell’Equatore. Qui è nata l’antica arte del tatuaggio.
Continuando il nostro viaggio arriviamo a TONGA, forse l’unica terra del pacifico a non essere stata colonizzata.
Gli abitanti erano guerrieri valorosi e seppero salvarsi dalla conquista degli europei che a più riprese giunsero sulle loro coste.

La cultura di questi popoli, governati da una monarchia ereditaria, si è sposata pacificamente con la religione cristiana, cui hanno aderito con fervore. Le terre di Tonga sono costituite da 171 isole e atolli, di cui solo 40 abitate e si dividono in quattro gruppi: Tongatapo, He’apai, Vava’u e Niuas.

Queste isole conservano ancora la tradizionale cordialità e benevola e festosa accoglienza, insieme ad un patrimonio naturale unico: foreste pluviali, laghi vulcanici e bocche eruttive – che possono essere visitati in lunghe escursioni.
Immersioni subacquee e discese alla corda sulle pareti delle scogliere attendono i più avventurosi che potranno ammirare anche due specie di iguane molto rare, volpi volanti, pipistrelli considerati sacri e protetti nelle sette aree tutelate, tra parchi naturali e riserve marine.
Il 4 luglio si festeggia il tradizionale Heilala festival, festa del fiore nazionale. Nella capitale Nuku’alofa, “dimora dell’amore”, si fondono gli elementi caratteristici della tradizione autoctona, i Palazzi e le Tombe reali, le antiche e magnifiche chiese cristiane, testimonianza della cultura occidentale.
Il Tongatapo orientale conserva la più grande concentrazione di siti archeologici del pacifico, resti delle tombe delle antiche dinastie.
Ecco, quando pensiamo alla Polinesia, la mente va subito al mare e alle spiagge ma, se si desidera capire un po’ di storia degli atolli e vedere oltre il mare, anche qui è possibile farlo.
E’ sempre il paradiso desiderato da tutte le persone, ma si deve andare anche oltre quello che ci hanno sempre mostrato. C’è molto di più.

Liliana Comandè

In giro per il mondo: Polinesia
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In giro per il mondo: Seychelles

11 Aprile 2016 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

In giro per il mondo: Seychelles

UN ARCIPELAGO ANCORA INCONTAMINATO LA CUI BELLEZZA FA RIMANERE SENZA FIATO.

Il nome è indubbiamente melodioso e ricco di fascino esotico e chi non ha mai visitato anche una sola delle tante isole che ne compongono l’arcipelago, non può immaginarne la grande bellezza. Una bellezza che spazia dal mare limpido e cristallino alle bianchissime spiagge, dalla vegetazione rigogliosa, piena di colori e di profumi, alla popolazione creola ben predisposta all’accoglienza del turista. Nel mondo, fortunatamente, ci sono ancora alcuni luoghi incontaminati e le Seychelles, a pieno diritto, possono definirsi tali. Un Governo lungimirante, infatti, da molti anni ha a cuore la conservazione del suo ecosistema impedendo anche la costruzione di nuove strutture alberghiere per non alterarne l’equilibrio.

Niente turismo di massa, quindi, nessun sovrappopolamento in ogni periodo dell’anno. Tutto rimane circoscritto nell’ambito di un turismo che non altera l’armonia delle isole, della loro flora, della loro fauna e della loro popolazione.

Le Seychelles sono un grande patrimonio naturale da rispettare e conservare per tutta l’umanità. È questo il compito che i seychellesi si sono prefissati da tanti anni e che ogni “buon” turista, consapevole dell’importanza del mantenimento di un simile paradiso, dovrebbe aiutare a proteggere e a conservare. Un turista con una coscienza ecologica è il miglior turista che queste meravigliose isole possano ospitare.

CONOSCIAMONE UN PO’ LA STORIA…

Le Seychelles, oltre 65.00 abitanti distribuiti su una trentina di isole in parte coralline e in parte granitiche, si trovano nell’Oceano Indiano a 1.100 Km circa a nord est del Madagascar e poco più a sud dell’equatore. Scoperte dai portoghesi nel XVI secolo, furono colonizzate dal francese L. Picault, inviato dal governatore delle Mascarene, che le chiamò inizialmente “Boudonnais”. Nel 1756 passarono alla Compagnia Francese delle Indie Orientali con il nome di Seychelles, derivato dal cognome dell’intendente generale delle finanze sotto Luigi XV, Moreau de Seychelles. Sotto Napoleone, invece, divennero luogo di deportazione di detenuti politici. Con il trattato di Parigi del 1814 le Seychelles vennero cedute agli inglesi ma nel 1976 hanno ottenutol’indipendenza. I primi abitanti si stabilirono alle Seychelles un paio di secoli fa ed erano costituiti da schiavi liberati dalle navi negriere, da coloni di origine francese, da indiani e cinesi. Tutte queste unioni hanno dato origine alla bella razza creola che vive soprattutto a Mahè, e in particolare a Victoria, capitale e centro vivacissimo con il suo mercato pieno di banchi di pesce, di frutta esotica, di oggetti di artigianato locale e con un’incredibile miniatura del Big Ben londinese “ che campeggia” nella piazza centrale.

LE PRIME IMPRESSIONI…

Appena si esce dall’aeroporto di Mahé, non si può fare a meno di notare che il paesaggio è molto più bello di quello che viene descritto da chi già ha avuto la fortuna di visitare le Seychelles. Si rimane stupefatti davanti alla vegetazione lussureggiante e varia. Ovunque palme, banani, felci, enormi acacie dai fiori rossi, fiori profumati, filodendri che si arrampicano sulle palme, alberi del pane, takamaca – tipico albero locale che cresce e quasi si adagia con il suo tronco e le verdi foglie sulle candide spiagge – e tantissime piante, che da noi raggiungono a malapena il metro di altezza, e qui, invece, sono alberi “vigorosi”.

Lontani dal traffico delle città, e liberi di respirare aria priva di smog, è facile farsi condizionare dai ritmi lenti e rilassati degli abitanti del luogo. Un inconsueto profumo di terra, piante, fiori e mare permea l’aria dell’isola più grande, così come quella di Praslin e La Dique – le altre due isole più conosciute dell’arcipelago.

Qui è tangibile il trionfo della natura rispetto all’uomo. Gli occhi si beano di tanto splendore e non possono fare a meno di ammirare le lunghissime e candide spiagge – orlate da alte palme e da takamaca – il mare, veramente incontaminato e di un colore che si fonde facilmente con quello del cielo; la fitta vegetazione, la varietà di uccelli che volano a bassa quota e sembrano non aver paura dell’uomo.

Vale proprio la pena di girare le isole e conoscerne sia i luoghi più nascosti e più belli, sia gli abitanti e il loro modo di vivere semplice e a stretto contatto con l’habitat. Al tramonto, in un’atmosfera che ha il sapore di tempi lontani, è facile incontrare gruppi di pescatori che, sulla riva di una qualsiasi spiaggia, scaricano dalle loro barche il pesce appena pescato. Nessuno grida, nessuno ha fretta, e il pesce viene spostato dalle piccole imbarcazioni con la massima calma.

Le semplici case dei seychellesi sono circondate da giardini nei quali gli alberi di papaya e banani sono carichi di buoni frutti. I bambini sono molto socievoli belli, con la loro pelle vellutata e gli occhi scuri, e si lasciano fotografare volentieri anche quando si incontrano all’uscita della scuola. Come in ogni altro posto del mondo – tranne in Italia – Indossano tutti ordinatamente la divisa scolastica, anche i ragazzi delle scuole superiori.

COSA SI PUÒ FARE?

Oltre alle escursioni che si possono effettuare all’interno di Mahé, è consigliabile quella al Parco Marino di Sainte Anne. Un’immersione nel suo reef, con maschera e boccaglio, è una delle esperienze più entusiasmanti che si possano provare. La barriera corallina pullula di vita e la moltitudine di pesci e coralli variopinti la fanno quasi somigliare ad un giardino fiorito.

Il paesaggio sottomarino è quantomai affascinante: coralli rossi, blu, neri e bianchi, a gruppi o isolati, formano una specie di scenografia unica nel suo genere, mentre pesci di piccole e medie dimensioni e dai nomi curiosi, come quello di pesce-leone, pesce-angelo, pesce-Picasso – nuotano tranquillamente fra questi organismi viventi.

A chi piace tuffarsi in un mare dal colore inimmaginabile, ma non protetto dal reef, per cui è spesso “mosso” con delle alte onde, non deve perdere l’occasione di farlo ad “Anse Intendence”, dotata anche di una larga e bianca spiaggia sulla quale si può sostare in tutta tranquillità.

PRASLIN, CANDIDE SPIAGGE E FORESTA PRIMORDIALE

Non si può andare alle Seychelles e non soggiornare o visitare la sua seconda isola, per grandezza, Praslin. Di origine granitica e meno montagnosa di Mahé, Praslin ha le spiagge sabbiose di un colore bianco così abbagliante che è quasi impossibile guardare la sabbia senza indossare gli occhiali da sole. E’ ricoperta da una fitta e insolita vegetazione che raggiunge il suo culmine nella Vallée de Mai, foresta incontaminata e unico posto al mondo – e unica isola delle Seychelles – dove cresce spontaneamente quel frutto raro che è il “coco de mer”, così somigliante agli organi genitali maschile e femminile da suscitare sempre tanto stupore fra le persone che hanno la fortuna di osservarlo da vicino. Una leggenda locale narra che il suo nome derivi dal fatto che fosse il frutto di un grande albero sottomarino, mentre un’altra – più affascinante ma non credibile – racconta che l’accoppiamento delle due palme avviene nelle notti di tempesta e solo in quest’isola. Ma nessun essere umano può assistere all’incontro amoroso perché ne riceverebbe sciagure.

Nella Vallée de Mai è stato creato un percorso che permette di osservare questa specie di jungla primordiale nella quale, in alcuni punti, a malapena riesce a trapelare la luce. Fa impressione quando il vento fa muovere le palme perché le foglie, nello sbattere, riproducono un suono quasi metallico – simile a quello delle lamiere. Nella Vallée si ode soltanto il canto solitario di qualche uccello che rompe il silenzio di quel luogo incantato la cui bellezza selvaggia attira ogni anno numerosi turisti

Ma Praslin è nota anche per la bellezza di quella che qualcuno definisce la spiaggia più bella del mondo il cui nome, Anse Lazio (si, avete letto bene, è proprio Anse Lazio), ci sembra familiare perché è uguale a quello di una delle nostre regioni. Situata a nord ovest dell’isola, su questa bianchissima spiaggia c’è addirittura un piccolo lago nel quale si riflette il verde della vegetazione che ricopre un’altura situata alla sua sinistra.

Fa impressione vedere quello specchio d’acqua incastonato nella sabbia, ma anche le formazioni granitiche che si trovano sia a destra che a sinistra dell’ampia spiaggia, e che, se ci s’inoltra nei piccoli passaggi che ci sono nelle rocce – sulla parte sinistra – si può sostare nelle splendide insenature, tutte circondate da alti alberi di cocco i cui frutti cadono sulla sabbia. Descrivere lo splendido colore del mare e gli incontri “ravvicinati” che si effettuano con i suoi coloratissimi pesci potrebbe sembrare esagerato e ripetitivo, ma è la pura verità. Si può soltanto dire che è meraviglioso e indimenticabile poter nuotare in posti simili!

LA DIGUE, I SUOI GRANITI E LA SUA BELLEZZA UNICA…

A circa 30 minuti di barca da Praslin c’è la Digue, intatto atollo dalle granitiche sculture e dalle inimmaginabili spiagge solitarie lambite da un mare trasparentissimo. Il suo fascino maggiore consiste nell’aver conservato l’antica atmosfera coloniale rifiutando – nei limiti del possibile – la modernità dei mezzi di trasporto meccanici.

Poche automobili sono adibite al trasporto delle merci, mentre per lo spostamento delle persone sono utilizzate le biciclette e alcuni carri trainati da buoi. Ma anche andare a piedi è piacevole perché in un’ora si riesce ad arrivare da una parte all’altra dell’isola. A La Digue, come in tutte le isole delle Seychelles, le palme sono le regine incontrastate della vegetazione, ma qui sono più alte che nelle altre isole.

Se ci si va a fine ottobre-novembre si possono osservare anche le numerose varietà di orchidee selvatiche che crescono nei cespugli che costeggiano i sentieri. La Digue è naturalmente protetta dal reef e le sue spiagge sono circondate dalle rocce granitiche che sembrano quasi volersi congiungere con il mare.

È su quest’isola che sono stati girati film come “Robinson Crosue” ed “Emanuelle”, perché ritenuto l’ambiente ideale per rappresentare una natura incontaminata.

Le sue spiagge sono bianche o bianco-rosato e sono ricche di conchiglie e coralli (che è proibito, però, raccogliere). L’isola è nota per la lavorazione del cocco e della vaniglia ed è interessante visitare la “fabbrica” dove le noci di cocco vengono vuotate del guscio per prepararle alla trasformazione in olio da esportare poi all’estero. All’interno dell’isola, una grande roccia granitica e la visione di tartarughe giganti merita senz’altro una escursione.

TANTI MOTIVI PER TORNARE ALLE SEYCHELLES…

Se si disponesse di molto tempo si potrebbero visitare anche le altre isole che compongono l’arcipelago perché ognuna è diversa dall’altra. Si potrebbe andare, ad esempio, a Denis Island, meta d’obbligo per chi pratica la pesca d’altura; a Bird Island, isola prediletta degli ornitologi e di chi ama il bird watching.

Da maggio a settembre, infatti, è il regno di oltre due milioni di uccelli che vi nidificano. Aldabra, inoltre, non è da trascurare perché è considerata una delle ultime meraviglie “al naturale”. È il più grande atollo al mondo – protetto e gestito dalla Fondazione isole Seychelles – nel quale vivono ancora allo stato selvaggio le tartarughe giganti. Ormai solo ad Aldabra e alle Galapagos si possono osservare queste enormi testuggini che altrove si sono estinte.

Ma le Seychelles meritano più di una visita anche per la loro gastronomia. La cucina creola, infatti, è l’esaltazione dei profumi e dei sapori dei prodotti naturali delle sue isole. Naturalmente gli ingredienti base sono il pesce e il riso sapientemente combinati con l’aggiunta di spezie esotiche. La frutta, poi, è veramente saporita: dalla papaya al mango, dal frutto della passione alle banane e all’ananas, si possono fare delle vere “scorpacciate” senza il timore di ingerire concimi chimici o OGM.

Liliana Comandè

In giro per il mondo: Seychelles
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In giro per il mondo: il Queensland

28 Febbraio 2016 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

In giro per il mondo: il Queensland
Fra noi e l’Australia ci sono 12.000 chilometri, ma vale la pena di mettersi l’animo in pace e trascorrere un bel po’ di ore a bordo di un aereo per raggiungerla. Il Queensland è forse la parte più bella e conosciuta di questo enorme paese che, da terra di nostri emigranti, è diventata terra di vacanza.

Iniziamo a parlare di Cairns, una delle più importanti città del Queensland settentrionale. La città è nata nel 1876 come punto di raccolta per l’approvvigionamento merci, ad uso delle varie miniere d’oro e di zinco esistenti nell’entroterra della zona. Cairns è considerata la “capitale” della grande barriera corallina australiana, e le sue bellissime spiagge las rendono un luogo di vacanza tra i più ambiti del mondo, grazie anche ad un importante porto dal quale partono tutte le navi da crociera, e alle navi di appoggio utilizzate per chi vuole fare immersioni nella barriera corallina più estesa del mondo.
Una meraviglia naturale, quest’ultima, che si sviluppa per una lunghezza di oltre 4.500 chilometri (copre una superficie grande quanto il Regno Unito e l’Irlanda) di cui oltre 2.000 km solo nella regione del Queensland. Nella zona, inoltre, si contano circa 100 isole e isolotti.
Cairns, quindi, rappresenta un ideale punto di partenza e di arrivo per i turisti interessati a visitare il grande continente australiano.
Gennaio è il mese più umido del periodo considerato meno buono che va da novembre a marzo. Sono frequenti gli acquazzoni che si abbattono sulla regione e che i locali usano scherzosamente definire “the liquid sunshine"
Il primo contatto con il mare australiano avviene in una zona residenziale dove gli australiani amano trascorrere le loro vacanze estive. I numerosi alberghi e i vari locali di intrattenimento, oltre allo splendido mare con le attività ad esso connesse, rendono questo posto molto ambito e di gran moda.
Il clima sub tropicale e le piogge abbondanti favoriscono lo sviluppo di una rigogliosa vegetazione, che si estende per buona parte della costiera del Queensland del nord che, oltrepassando Cape Tribulation, arriva fino a Cape York penisula, estrema punta dell’Australia Nord-est e facente parte delle aree protette della Daintree Rain Forest National Park, un territorio occupato esclusivamente da qualche insediamento di tribù aborigene.

UNA NATURA INTATTA

Nella rain forest vivono in totale libertà molti animali acquatici ed uccelli, e nei numerosi corsi d’acqua nuotano indisturbati pericolosi coccodrilli molto temuti dai locali. Ma l’uomo, si sa, non conosce limiti né si fa vincere dalla paura e, quindi, ha costituito dei bellissimi e confortevoli Resort e Lodge, tutti rigorosamente in legno e completamente immersi nella vastità della foresta pluviale. Le costruzioni, però, sono state progettate per essere in piena armonia con l’ambiente naturale e la vegetazione circostante.

Molto suggestivi i resort, le cui pareti-vetrate della sala da bagno sono circondate dalla vegetazione che protegge da occhi indiscreti e dà una sensazione di piena libertà. Immergersi nella vasca da bagno ed essere circondati da un’impenetrabile foresta è una sensazione davvero bellissima, e trascorrere una o più notti in uno di questi resort è veramente molto emozionante. I rumori e i suoni degli abitanti di questa fitta jungla riempiono gli spazi del silenzio notturno, e le “voci” degli animali e degli innumerevoli uccelli fanno da controcanto alle rane gracidanti che cercano di attirare il partner di sesso opposto. Trovarsi in un luogo così unico, e rendersi conto così intensamente delle meraviglie circostanti, fa sì che il soggiorno nei Lodge sia un’interessante esperienza da vivere soprattutto per chi ama il vero contatto con la natura incontaminata. E qui lo è veramente!

LE JELLY FISH BOX

Prima di intraprendere un viaggio è importante sapere se i luoghi che si andranno a visitare sono soggetti a fenomeni naturali che, però, non sono ideali per chi vuole trascorrere solo un periodo di vacanza tipicamente balneare. Il mare, infatti, nel periodo che va da novembre a marzo, è interessato dal fenomeno delle meduse. Ce ne sono di diverse specie ma la più conosciuta e pericolosa è la “Jelly Fish Box”, così chiamate per la sua forma a scatola.

La medusa, pur essendo grande pochi centimetri, ha dei filamenti lunghi oltre un metro molto urticanti e pericolosi per l’uomo se vengono a contatto con la pelle. A volte possono causare la morte se non si agisce i tempo con un antidoto. Nelle spiagge più frequentate ci sono aree circoscritte da reti di protezione entro le quali si può fare il bagno in tutta sicurezza. Nella malaugurata circostanza di contatto con la Jelly Fish Box, i bagnini sono attrezzati per un pronto soccorso rapido ed efficiente. A tal proposito, non di rado si incontrano persone che fanno il bagno in mare vestendo una specie di tutina, leggerissima e colorata, a protezione sia dei raggi solari che da eventuali contatti urticanti. Inoltre, anche nel periodo interessato dal fenomeno, se ci si allontana poche centinaia di metri dalla costa, le meduse non ci sono più in quanto non sono assolutamente presenti in tutta la barriera corallina.

IL PARADISO DEI SUB

L’esperienza di un’immersione con le bombole in queste acque – considerate l’ottava meraviglia del mondo ed incluse nella lista del Patrimonio Naturale Mondiale – dona un’emozione indescrivibile. Tutto ciò che i documenti naturalistici ci mostrano non descrivono a sufficienza quello che si vede a pochi metri di profondità con i propri occhi. I coralli vivi e di tutti i colori, le Tridacne Giganti che misurano un metro di larghezza e che si chiudono di scatto non appena vengono sfiorate; le migliaia di pesci multicolori che, incuriositi, ti girano intorno sfiorandoti appena; un mare cristallino che permette una buona visibilità fino a 60 metri di profondità; una moderna e confortevole barca di appoggio superattrezzata e un equipaggio di professionisti formato da esperti trainer, sono il “plus” per chi si vuole cimentare in una “Scuba Diving experience”, adatta anche a dei neofiti che si immergono per la prima volta, attratti dalla moltitudine di pesci che nuotano sfiorando la superficie del mare.

UN PAESAGGIO VARIEGATO

Lasciando il mare e andando verso Sud, in direzione della bella e moderna cittadina di Townsville – costeggiando parte delle Black Mountains – si incontrano tanti piccoli paesi caratterizzati dalle tipiche abitazioni di legno a due piani e con i tetti spioventi. La parte inferiore delle case è lasciata aperta, senza pareti, in modo da permettere il passaggio dell’aria che consente una buona climatizzazione della casa sovrastante.

La zona pianeggiante, molto verde, è stata colonizzata dai contadini (Farmers), dediti alla coltivazione e alla lavorazione della canna da zucchero che, in un tempo non molto lontano, era una delle industrie primarie del Queensland. A est, di fronte a un mare di colore turchese, si ammirano le bianche spiagge di Mission Beach di Tully, nota cittadina vacanziera della costa e, in lontananza, si delineano le silouette delle isole di Dunk Island, Hinchinbrook Island e Orpheus Island.

I KOALA NEL LORO HABITAT

Da Townsville si raggiunge, in 25 minuti di traghetto, Magnetic Island. La leggenda vuole il suo nome legato agli strumenti di bordo della nave del Capitano Cook, il quale, mentre navigava alla scoperta delle coste Australiane, in vicinanza dell’isola, vide letteralmente “impazzire” gli strumenti per la forte attrazione magnetica delle rocce. La causa risiedeva nella forte presenza della magnetite contenuta in queste ultime.
Nel suo parco naturale e protetto non è difficile incontrare Koala solitari o in compagnia dei loro piccoli, oltre a una grande varietà di piante e uccelli. Sull’isola, inoltre, è possibile praticare numerosi sport acquatici ed altre attività per trascorrere una bella vacanza e impegnare il tempo libero.

Ritornando invece a Townsville, oltre alla visita dell’acquario HQ Acquarium, nel quale si possono ammirare esemplari di coralli di tutte le specie, in una sezione adiacente si può vedere il relitto della nave “HMS Pandora”. Il nome non ci dice niente, però la HMS Pandora è la nave che diede la caccia agli “ammutinati del Bounty”, resi noti da un bel film interpretato da Marlon Brando e, nella realtà, catturati a Tahiti. La nave naufragò contro la barriera corallina mentre riportava in patria il comandante e l’equipaggio del Bounty.

UN “SANTUARIO” PER GLI ANIMALI

Un posto consigliato per un’interessante visita è il Billabong Sanctuary che si trova a 17 km a sud di Townsville. In un parco si possono osservare animali di specie protette che vengono curati e nutriti. Qui, oltre a vedere coccodrilli e canguri, si possono coccolare, tenendoli in braccio, dei cuccioli di koala. Gli animali hanno la pelliccia profumata di balsamo di eucalipto – dovuto al fatto che mangiano grandi quantità di foglie di quest’albero – e quando si prendono in braccio istintivamente si aggrappano al collo delle persone come se fossero bambini che hanno paura di cadere.

E’ motivo di grande emozione l’incontro ravvicinato con questi animali a serio rischio di estinzione, così come lo è quando si prova a tenere in braccio un “baby Wombat o cucciolo di Diavolo della Tasmania”, un orsacchiotto dal pelo ispido color marrone, anch’esso purtroppo in via di estinzione. Socievolissimo, si assopisce con la massima tranquillità in braccio agli uomini, proprio come fa un bambino con i propri genitori.

TRASPORTI AVVENIRISTICI

Ma è tempo di rimettersi in viaggio per visitare nuove località. I mezzi di trasporto del Queensland, non hanno niente a che vedere con

quelli che siamo abituati a utilizzare in Italia e la differenza è veramente notevole. Provate ad immaginare di essere seduti su una comoda poltrona e di avere davanti un piccolo tavolo estratto dallo schienale della poltrona di fronte a voi. Dallo stesso schienale potete estrarre anche uno schermo a cristalli liquidi da cui si può conoscere l’orario di partenza e di arrivo, si può osservare la mappa del territorio che si sta attraversando, conoscere il nome delle fermate, la velocità di crociera, i chilometri percorsi e quelli che mancano per giungere alla meta.

Inoltre, mentre si può osservare tutto ciò che si incontra lungo il tragitto – per mezzo di una telecamera istallata in posizione frontale – una hostess vi chiede se desiderate un giornale o qualcosa da bere. Bene, avrete senz’altro pensato ad un viaggio in aereo, e invece no, non è così. Non si tratta di un tragitto effettuato a bordo di un aeromobile ma di un treno, denominato “Tilt Train”, che collega molte città della costa. Il nome equivale al nostro vecchio “Pendolino”, ma sicuramente in comune ha soltanto il nome e non i servizi!

UN ARCIPELAGO MOZZAFIATO

Da Townsville, in 15 minuti di elicottero, si atterra ad Airlie Beach, l’aeroporto dell’arcipelago delle Whit sunday Island, di cui fanno parte isole meravigliose ed incontaminate tra le quali è doveroso citare Hayman Island, Hook Island, Hamilton Island, Lindeman Island, Pentecost Island, e dove si è sviluppata una rigorosa vegetazione tropicale formata da palmeti.

Il nome Whit sundays deriva dal giorno in cui il capitano Cook attraversò lo stretto che collegava la terra ferma con i mari dei coralli. Quel giorno era detto “Whit Sunday” letteralmente (inerzia domenicale) e così fu chiamato quest’arcipelago. Queste isole, considerate un vero paradiso terrestre, offrono quanto di meglio si possa desiderare per una vacanza in pieno relax. Le strutture alberghiere sono di buon livello e dotate di ogni confort. La ristorazione offre piatti internazionali e la cucina è ottima e ricercata in tutti gli alberghi. In mare si può praticare ogni tipo di sport e la barriera corallina, poco distante, è raggiungibile con una barca o con un idrovolante. Gli appassionati di diving o snorkeling possono addirittura soggiornare su una nave ancorata sulla barriera. Vicino alla nave, una piattaforma galleggiante e attrezzata di tutto punto riesce ad esaudire qualsiasi richiesta dei patiti delle immersioni.

I NUMEROSI LAGHI DI FRASER ISLAND

50 minuti di volo, ancora in direzione sud, e si arriva a Harvey Bay. Da qui, con un traghetto si raggiunge Fraser Island, una delle isole più caratteristiche formata da sola sabbia e ricoperta di vegetazione cresciuta su dune di sabbia alte fino a 400 metri. L’isola, nella parte est, è contornata da una spiaggia lunga oltre 100 km, che viene usata come pista di decollo e atterraggio per aerei mono e bimotore.

Dal punto di vista naturalistico è un vero paradiso.

Qui si trovano ancora i dingos, una particolare razza di cani che vive allo stato selvaggio e numerosi uccelli. Si può nuotare in piccoli laghi naturali di acqua dolce dal colore turchese intenso, circondati da spiagge di sabbia di un biancore quasi accecante. Il famoso lago McKenzie, raggiungibile con un fuoristrada 4×4,attraverso una lussureggiante foresta di eucalipti, permette a quanti lo vogliono di nuotare nelle sue acque dolci e fare picnic sulle sue candide rive. Un “must” da non mancare è il pranzo a base di pesce nel ristorante Happy Valley e una visita al relitto della nave tedesca Maheno, arenata nel 1935 mentre veniva rimorchiata per essere demolita, e andata poi alla deriva per la rottura della catena che la trainava.

BRISBANE, LA CAPITALE DEL QUEENSLAND

Un altro tratto di pullman (circa 4 ora da Maryborough), via Nosa, lungo la statale n.1 sud, e si arriva a Brisbane, la capitale del Queensland. La città ha conservato il suo carattere “old english fashion”, e in alcuni quartieri si possono vedere ancora delle case coloniali in perfetto stato di conservazione, così come i cimiteri monumentali circondati da prati curatissimi e senza recinzioni di sorta.

Nata come colonia penale nel 1824, Brisbane divenne capoluogo dello stato indipendente. Il fiume Brisbane River, navigabile e che l’attraversa per tutta la sua lunghezza, ha svolto un ruolo decisivo per lo sviluppo della città, concepita a misura d’uomo, dove vivono appena 1.500.000 abitanti. Piccola metropoli dall’architettura moderna, già centro commerciale e finanziario del Queensland, oltre ad avere l’aeroporto più grande dello Stato, vanta anche il principale porto marittimo.

Brisbane offre anche svaghi e divertimenti e le strutture alberghiere garantiscono una gamma di livelli adatti a qualsiasi esigenza turistica, sia congressuale che individuale. La storia di Brisbane ebbe inizio nel 1824 quando nacque come colonia penale e,quindi abitata soprattutto da delinquenti deportati dalla lontana Inghilterra. La città è dotata di numerosi parchi che, insieme al fiume che la attraversa, permettono ai suoi abitanti di praticare numerosi sport sia di terra che acquatici. Sono tanti i circoli velici che impegnano gli sportivi di tutte le età.
Lo sviluppo turistico va assumendo un’importante voce nel bilancio economico della città. Brisbane, infatti, è considerata la porta della “Gold Coast” uno dei luoghi di villeggiatura più frequentati dell’Australia.

Secondo quanto affermano gli stessi Australiani non esiste altro posto con così tanti luoghi di divertimento, tanti negozi, pensioni, ostelli, alberghi e una vasta scelta di attività di sport acquatici. Il centro turistico più importante della Gold Coast è “Surfer Paradise” che, adotta il logo delle 3 S: Sun Sand Surf (sole, sabbia, surf), ed ha di fatto iniziato ad essere popolare già dagli anni quaranta.

La sua vivace vita notturna, e le tante opportunità diurne per trascorrere il proprio tempo libero senza annoiarsi, hanno reso questa città unica, tanto da sembrare nata all’insegna del divertimento e della vacanza. Non a caso il nostro stilista Versace ha voluto costruire il suo “palazzo” proprio qui, e oggi l’hotel è unanimemente riconosciuto come uno dei luoghi turistici di culto di tutta la Golden Coast. Ma assieme ai divertimenti e alla modernità, Surfer Paradise permette ai turisti di ricrearsi nei “santuari” naturali.

Subito fuori città, infatti, la grande Rain Forest si presenta nuovamente con tutta la sua maestosità. Immensi e verdi boschi lambiscono il mare cristallino e la sua barriera corallina. L’Australia, e in questo caso, lo stato del Queensland ci convincono che la natura incontaminata qui è ancora la padrona assoluta e l’uomo, che tenta di colonizzarla ed abitarla, ne costituisce soltanto una piccola interferenza. Gli ampi spazi, il mare turchese, le lunghe spiagge, la più bella barriera corallina esistente al mondo, la vegetazione rigogliosa, i numerosi animali – anche rari – le belle città, i deserti, i divertimenti in maniera “easy”, rendono affascinante per chiunque questo continente ormai… non più tanto lontano.

Liliana Comandè

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In giro per il mondo: India

26 Febbraio 2016 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

In giro per il mondo: India

Mistero e religiosità affondano le radici nell’origine dei tempi, custoditi da un popolo semplice ma fiero di questa immensa ricchezza che viene sempre più capita ed apprezzata da quanti si accostano a questo vasto territorio. E’ l’India, un grande Paese, o meglio, un vero continente dove il passato incontra il presente. Una delle più antiche civiltà con una varietà caleidoscopica ed una ricca eredità culturale. Un territorio che va dalle altezze nevose dell’Himalaya alle foreste tropicali del sud, alle spiagge dalla candida sabbia e dal mare cristallino.

Visitare l’India è come vivere un sogno. Tuffarsi in un mondo che parla a tutti con la diversità di razze, di culture, di linguaggio, di ambiente.

Palazzi del Maharaja, lussuosi alberghi, bungalow nelle riserve faunistiche, folkloristici mercati, musicanti nelle strade, templi, deserti, spiagge, montagne, testimonianze di tutte le dominazioni, si offrono all’ammirazione e alla meditazione di ogni visitatore da qualunque parte del mondo provenga.

Parlare dell’India e tracciare un itinerario è troppo limitativo per la grandiosità e la ricchezza di questo meraviglioso Paese. Allora? Ecco alcuni luoghi da visitare.

VARANASI, LA CITTÀ SANTA

Ci si avvia verso la “Città Santaper eccellenza dell’Induismo, cuore spirituale dell’India: Varanasi, una delle più antiche città ancora esistenti al mondo, già vecchia quando Roma fu fondata, fiorente centro commerciale nel 500 a.C., quando il Sadda venne Samath a predicare il suo credo per la prima volta.

Conosciuta anche come Bernares o Kashi (la città eterna), situata sulle rive del fiume sacro Gange, è uno dei luoghi più importanti di pellegrinaggio dell’India.

Nello stato centro-settentrionale del Mudhya Pradesh, Khajuraho è un villaggio unico e irripetibile nell’architettura religiosa indiana.

Degli 85 templi costruiti dai sovrani della dinastia Chandela tra il 950 e il 1050, che fecero di Khajuraho la loro capitale, oggi ne restano 22 suddivisi in tre gruppi (l’Occidentale, l’Orientale, il Meridionale) famosi per le sculture in pietra che riproducono, con rara abilità artistica, la spiritualità dell’epoca, la musica, la danza, la caccia, le celebrazioni, le emozioni umane (paura, dubbio, gelosia, amore, passione).

Sensualità e spiritualità in questo luogo ove gli scultori hanno immortalato la vita dell’India nei diversi aspetti, così com’era mille anni fa (divinità, guerrieri, musicisti, animali reali e mitologici) e con temi più ricorrenti: le donne e il sesso (in ogni tempio sono presenti delle “Aspara”, le fanciulle del cielo).

TAMIL NADU IL PAESE DEI TEMPLI

Stato meridionale dell’India, bagnato dal golfo del Bengala, Tamil Nadu, patria dell’antica civiltà dravidica, ha una delle culture più antiche e complesse del mondo. I Tamil sono un popolo gentile e affascinante: corpi scuri, occhi brillanti, alte fronti rispecchiano l’intelligenza dei Tamil famosi in tutta l’India per la capacità matematiche e scientifiche. Le donne vestono sari dai colori brillanti e ornano i lunghissimi capelli neri con fiori freschi di stagione.

La capitale è Madras, conosciuta come “l’accesso per il Sud”. Itinerari turistici suggeriscono visite a Kanchipuran, Mahablipuran, Tanjavur, Trichi, Maturai (città ricche di templi), ed a Kanniyakumarai, sul mare, e Kodaikanal, sui monti, nonché nelle riserve naturali. Madras fondata nel 1640 dalla Compagnia delle Indie Orientali, è per grandezza la quarta città dell’India e conserva il fascino caratteristico dell’eredità e degli usi dell’India meridionale.

La grandiosità nelle attrattive dell’India non ha limiti. C’è Bikaner, avamposto del deserto settentrionale, antica capitale fondata nel 1488 da RaoBikaji, poi il Lalgarh (Red Fort o Forte Rosso), trasformato in parte in lussuoso albergo, è un palazzo del 19° secolo in mezzo a grandi prati.

Ed ancora: la porta verso il deserto Thar. Jodhpur, splendida città fortificata, cinta da 10 chilometri di altissime mura, e fondata nel 1459 da Rao Jodh, capo dei Rathore che si dichiaravano discendenti diretti del famoso eroe epico indiano “Rama”. Maestosi palazzi decorati e noti per le grate di arenaria rossa, mausolei, templi, laghi, paesaggio desertico e il forte ne fanno una delle città piu’ interessanti da visitare.

Jaipur, la capitale dello stato del Rajasthan, è famosa per gli edifici di arenaria rosa. Fu fondata dal re astronomo Sawaii Jai Singh II° e costruita secondo il Shilpa Shastra, antico trattato indù sull’architettura e scultura. Circondata da mura, su cui si aprono sette porte, Jaipur rivive con lo storico passato le leggende degli antichi Raiput.

Al colore degli edifici, si aggiungono quelli degli abiti delle donne, dei turbanti degli uomini, dei pittoreschi bazar. Una spettacolare fortezza, che appare improvvisamente nel deserto come un miraggio, è Juisalmar, la città d’oro racchiusa tra mura di arenaria gialla: Città medievale con viuzze strette ed impotenti edifici chiamati “Haveli”, la cui popolazione custodisce intatte le antiche tradizioni. Fondata nel XII secolo da Rawal Jaieal, capo Raiput che si proclamava discendente della luna, Jaismar, invece, è particolarmente apprezzata per i palazzi e gli edifici, splendidamente scolpiti e decorati, la cui bellezza è accentuata in modo suggestivo all’alba e al tramonto.

L’incanto dell’India continua nella visita dello Stato del Kerala nella costa sud-occidentale di 575 km, sul mare Arabico, paradiso tropicale che prende il nome da “Kera”, la palma da cocco che qui cresce ovunque. Vi si trovano resti delle diverse influenze straniere (Fenici, Egizi, Arabi, Cinesi per arrivare agli Olandesi, Portoghesi, Inglesi). Commercianti di tutto il mondo sono sempre stati richiamati dalla ricchezza del legno di sandalo, tek, legname e spezie

orientali (zenzero, cannella, cardamomo e pepe).

Oggi migliaia di turisti vengono a godersi una vacanza indimenticabile su queste spiagge dorate ornate da palme. Le più importanti località turistiche del Kerala sono Cechia e Trichur nel centro, Trivandrum e Kovalam Beach nell’estremità meridionale, il Parco Nazionale Periyar e Thekkady ad est, Calicut (Kezinodo) al nord.

I LAGHI DI UDAIPUR

Nel Rajasthan meridionale, tra le verdeggianti Aravalli Hills, ecco la città più romantica dell’India: Udaipur, famosa per i suoi laghi di un blu splendente, per i palazzi di marmo bianco e le verdi colline. Fondata nel 1599 dal Maharana Udai. Circondata da mura, su cui si aprono diverse porte, a soli 48 km c’è il famoso santuario Hindù di Nothdware dedicato a Shri Nathji, un’altra forma del Dio Krishna.

Bangalore, la città-giardino dell’India del sud, è la capitale dello stato del Kamataka, con un clima ottimo tutto l’anno.

Città-fortezza nel 18° secolo, oggi è sede di importanti industrie. Ma sono tante le attrattive che offre ai visitatori: monumenti: Palazzo e Forte di Tipu Sultan; giardini botanici Lalbagh; Cubbon Park; Bull Temple (in stile dravidico con un toro scolpito in un blocco unico di granito grigio); il palazzo di Bangalore al centro della città, unico edificio che si ispira al Windsor Castle costruito in stile Tudor; il Gouvernment Museum (uno dei pochi musei indiani con una stupenda collezione di monete, antichi dipinti e interessanti reperti archeologici).

Mysore, la città dei palazzi, della seta e del legno di sandalo, ex capitale di un principato, ha una ricca eredità artistica e culturale ed un clima salubre. Per dieci giorni, in settembre-ottobre, la Festa Oussehra fa rivivere lo splendore del Maharajà ed è motivo di richiamo per i turisti.

GOA LA PERLA D’ORIENTE

E’ una delle località più amate dai turisti di tutto il mondo. Goa, sulla costa occidentale, offre 100 km di finissima sabbia bianca sul mare Arabico. E’ un vero paradiso delle vacanze con i villaggi turistici e tutti i sport acquatici. Nel 16° secolo e durante la dominazione portoghese, Goa divenne sede del cattolicesimo nell’est e anche una grande potenza.

Dal 1961 fa parte dell’India, mantiene però un “sapore” portoghese nelle tipiche “plazas”, le tavernette, le vie intonacate di bianco, l’architettura coloniale e le grandi chiese.

Agra è la città del famosissimo “Taj Mahal” un monumento all’amore costruito ne l652 dall’imperatore Mogol Shah Jahan in memoria dell’adorata moglie Mumtaz Mahal, morta prematuramente.

Ammirare questo monumento all’amore è uno spettacolo che incanta; forse la visione più commovente si ha da una torre ottagonale della Fortezza oltre il fiume Jamuna dove l’Imperatore Shah Jahan imprigionato e visse fino alla morte fissando la tomba di sua moglie.

Il palazzo, costruito in ventidue anni dai migliori artisti dell’epoca è in marmo bianco incastonato di pietre preziose e contiene i cenotafi dell’Imperatore e della moglie nascosti dietro una graziosa grata in pietra.

Agra è a 56 km dalla Riserva Ornitologica di Bharatpur e a 200 km da Delhi via Matura.

DELHI, MUMBAI, CALCUTTA

Per tutti, però, l’India si identifica nelle tre città: Delhi, Mumbai, Calcutta.

Città vecchia e città nuova, storica città ricca di splendori e di gloria: New Delhi ha una storia che risale ad oltre tremila anni ed è indicata nel leggendario poema indiano “ Mahabharata” come visione dell’antica “Indraprastha”. Sette volte Delhi combatté per la propria sopravvivenza, e ogni occupazione, indu, mussulmana, mogol, inglese, lasciò una ricca eredità culturale e architettonica in templi, palazzi, fortezze, mercati, monumenti, torri, ecc.

Fu a Delhi che l’Imperatore persiano Nadir Shah si portò via il magnifico “Trono del Pavone” e il famoso diamante Kohineer da ammirare con i gioielli della corona britannica.

Nel 1911 gli inglesi spostarono la loro capitale da Calcutta a Delhi. Poche capitali possono vantare più di 1500 monumenti storici e tanti parchi e giardini come Delhi.

Porta dell’India, città di grattacieli è Mumbai. Situata in una splendida baia naturale, Mumbai era formata da sette isole i cui abitanti, i pescatori Koli, chiamarono “Mumbai” dal nome della loro dea, Madre Mumba. Portata in dote dalla principessa portoghese Caterina di Braganza al marito Carlo II d’Inghilterra, Mumbai restò sotto il dominio coloniale britannico dal 1665 fino al 1947. In un quarto di millennio, Mumbai si è trasformata da un gruppo di sette isole in una grandiosa città. Talvolta chiamata la “Mini Manhattan” dell’India. Capitale dello stato del Maharashtra, Mumbai è un grande centro industriale e commerciale.

Calcutta, una metropoli che suscita molta ammirazione e conserva molti degli antichi splendori. Fondata nel 1690 da Job Charnock per conto della Compagnia inglese delle Indie Orientali, con i tre villaggi di Sutanati, Govindapur e Kalikata, sulle rive del fiume Hoeghly, è una delle città più popolate del mondo. Considerata capitale intellettuale dell’India, Calcutta è una città da cui emana un’atmosfera unica ed una vitalità traboccante.

Andare alla scoperta di questa città sorprendente è molto interessante: la

Cattedrale Saint –Paul in stile neo-gotico, la chiesa di Saint-John, la più antica di Calcutta; il Victoria Memorial in marmo bianco, inaugurato nel 1921, che per maestosità e grandiosità voleva essere comparabile con il Taj Mahal; l’Indian Museum, il Birla Planetarium, il tempio del fuoco e numerose sinagoghe che si trovano ancora in Ezra Street, la Moschea Nakhoda, la casa natale dello scrittore Tagore, premio Nobel per la letteratura nel 1913, il giardino botanico di Shibpore. Ma c’è tanto altro da vedere, da scoprire, anche con lo shopping e con le feste. La più meravigliosa delle feste è senza dubbio il “Durga Puja” all’inizio di ottobre, l’omaggio alla Dea Durga nella città illuminata.

India, terra di molte religioni, fascino e mistero di un Paese che ha sempre richiamato masse di visitatori; atmosfera piena di misticismo e di religiosità, di profonde culture e tradizioni, di grande ospitalità con la parola di saluto “Namaste” pronunciata a mani giunte ed a capo chino.

Un Paese che non si dimentica. Una terra dove si vuole presto ritornare, è questo il mistero che avvolge ogni visitatore come una dolce musica nel ricordo delle movenze del corpo, dell’espressione del viso e della gestualità delle mani nella danza indiana dalla quale scaturisce un fascino coinvolgente e misterioso.

Liliana Comandè

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Reportage: Uzbekistan, un viaggio sulla grande via della seta

12 Luglio 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage: Uzbekistan, un viaggio sulla grande via della seta
UN PAESE AFFASCINANTE CHE, NONOSTANTE LE DOMINAZIONI SUBITE, HA MANTENUTO LE SUE TRADIZIONI.

L’Uzbekistan è un’affascinante destinazione turistica, non molto nota al turista italiano, ma conosciuta dai veri viaggiatori che, attratti dai paesi dalla cultura totalmente diversa dalla nostra, amano visitare mete alternative ai tradizionali e più noti circuiti turistici.
L’Uzbekistan è attraversato dalla famosa “Via della Seta che, partendo da Venezia, attraverso l’Armenia, l’Iran ed il Kyirgystan, portava fino alla Cina.
La Via della Seta era stata così denominata dai carovanieri e dai mercanti che la utilizzavano per i traffici e scambi commerciali che si tenevano lungo di essa. Quest’importante strada di comunicazione era citata spesso quale punto di riferimento geografico sulle antiche mappe dei primi viaggiatori.
Sin dal Medioevo la via della seta è stata oggetto narrativo di storie, non sempre veritiere, da parte di coloro che al ritorno dei lunghi viaggi raccontavano fantastiche avventure capitate proprio lungo quella leggendaria via di collegamento.
I mercanti intraprendevano lunghi viaggi per acquistare principalmente seta grezza o lavorata, oltre ai bozzoli dei bachi che la producevano, al fine di produrre seta sia nel nostro paese sia nel Nord Europa.
I maestri di filatura e tessitura di quelle località insegnarono anche ai mercanti, al seguito di Marco Polo, l’antica arte dell’allevamento e della tessitura di questa pregiata stoffa.

LA STORIA PIÙ RECENTE…

Dopo il crollo del muro di Berlino, con la conseguente frammentazione di quella che fu la grande Unione Sovietica, l’Uzbekistan ha riaperto al mondo il suo scrigno ricco di preziose meraviglie che hanno segnato una parte della storia strettamente legata alle scoperte di Marco Polo durante uno dei suoi interminabili viaggi.
Geograficamente si trova al centro dell’Asia. Confina a nord con il Kazakistan, a sud con il Turkmenistan e Afganistan, a est con il Tadjikistan e il Kyrgystan
Vi sono circa 25 milioni di abitanti che vivono prevalentemente di agricoltura, una delle principali risorse del paese. L’industria mineraria è molto avanzata e i metodi di estrazione di minerali preziosi quali l’oro e l’argento collocano l’Uzbekistan al quarto paese nel mondo per quantità estratta sia di questi che di altri minerali. Anche l’estrazione del petrolio e l’industria automobilistica è molto sviluppata.
l’Uzbekistan è uno degli Stati dell’Asia Centrale più ricco di storia. Il suo territorio, lambito a nord ovest dal grande lago salato d’Aral, si estende lungo i corsi dei fiumi Syr-Darya e Amu-Darya. Fu terra di conquista di Alessandro Magno nel IV secolo a.C., quindi asservito all’impero persiano poi i turchi occidentali nel VI secolo d.C. vi portarono la religione islamica e l’alfabeto scritto. Nel XII secolo fu invaso dalle orde del mongolo Gengis Khan e nel XIV secolo passò sotto il dominio turco del non meno spietato Tamerlano. Nello stesso secolo alcune tribù mongole iniziarono a chiamarsi “uzbeki”, ripresero il controllo della regione e lo mantennero fino ai giorni nostri. Nel XIX secolo fu stato vassallo di un impero zarista teso ad impedire l’espansionismo inglese e, a partire dalla “rivoluzione d’ottobre” del 1917, divenne regione estrema dell’Unione Sovietica, che vi impose la collettivizzazione e la monocoltura del cotone. Infine, dal 1991, l’Uzbekistan è una repubblica presidenziale indipendente.

TASHKENT LA CAPITALE

Tashkent ha una popolazione di 3 milioni di abitanti. Il clima si può definire molto simile a quello mediterraneo, sebbene in inverno faccia un po’ più freddo ma il terreno è molto fertile e questo particolare clima permette la raccolta del grano 3 volte all’anno.
Il mese più freddo è gennaio e può capitare che nevichi, mentre il più caldo è luglio, la cui temperatura può arrivare fino a 38°, sopportabilissimi perché privi d’umidità.

Questa “moderna” capitale colpisce per i suoi innumerevoli parchi e giardini, tutti ben curati, e il tantissimo verde a disposizione dei cittadini.
Nella zona centrale della città si trovano i più importanti alberghi di varie categorie, ma molte catene alberghiere stanno costruendo bellissimi e lussuosi alberghi dotati di centro congressi, businness center ed altre infrastrutture adatte a uomini d’affari.
La capitale non ha un vero centro storico, c’è solo un vecchio edificio che segna un ipotetico centro. Tashkent è per lo più una città moderna ed i suoi edifici ed alberghi ci ricordano molte città dell’Est Europeo. Tuttavia, lo stile architettonico dei palazzi “Modern-Soviet" fa di Tashkent una capitale davvero interessante
La sua metropolitana merita assolutamente di essere visitata perché si può ammirare un autentico capolavoro stile Decò. Le decorazioni alle pareti, i lucidi marmi, i bei lampadari rendono questo piccolo gioiello un’opera d’arte.

BUKHARA

Durante una lunga traversata di circa sette ore nel sud-est del paese, attraversando immensi campi coltivati a cotone e ortaggi, osservando fiumi e fiumiciattoli che scorrono costeggiando i lati dell’“autostrada”, incontrando paesini agricoli dove ci si può fermare per vedere che quasi in ogni casa l’allevamento “fai da te” di bachi da seta è imperante, si arriva nella bella città di Bukhara. Ogni monumento storico o sito culturale che si vede a Bukhara è la testimonianza del grande talento artistico del popolo Uzbeko, della sua forza creativa nel campo delle scienze, della cultura spirituale, di quella filosofica e religiosa.
Per migliaia d’anni, Bukhara è stata presa come esempio del simbolo della civilizzazione. Ed i mercanti, i pellegrini (i turisti di allora) che vi transitavano per la religiosità dei luoghi, ne hanno fatto un sito sacro, oltre che un importante centro di scambi commerciali. Le numerose cisterne d’acqua che vi si trovano fungevano/fungono da laghetti dove godere un po’ di riposo e di frescura oltre a esercitare la funzione di luoghi di relax, di socializzazione e di divertimento della popolazione.
La città è conosciuta soprattutto per i tappeti, ma all’origine ci fu un equivoco: i “bukhara”, ben noti tappeti conosciuti in tutto il mondo per i loro disegni, colori e tessitura, non provengono da questa città. Sono prodotti in Turkmenistan, ma essendo stata Bukhara uno degli snodi mercantili più vivaci sulla “Via della Seta”, già all’epoca di Marco Polo, è qui che questi manufatti iniziarono ad essere commercializzati e presero il nome della città.
Le moschee, le madrasse, i minareti, le piazze, gli archi, le vie lastricate e i capolavori architettonici dei palazzi, tra cui i palazzi dell’Amministrazione, il Mausoleo dei Samanidi, la Cittadella con il palazzo del Gran Kan (il quale si era fatto costruire un piccolo balcone sul torrione più alto, proprio sopra la piazza, da dove assisteva alle esecuzioni capitali), testimoniano la grande fama di Bukhara. Oggi, dopo tanti anni di abbandono, si assiste alla sua rinascita grazie al restauro e alla conservazione di tutti questi monumenti, riportati al loro originale splendore.
Gli oltre 140 siti museali presenti sono stati dichiarati dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. Tra i più importanti, c’è la piazza secentesca Labi-Khaus, con la più grande madrassa (scuola islamica) della città costruita intorno ad una vasca; la moschea e il minareto Kalyan del XII secolo, alto 47 metri, un tempo l’edificio più alto dell’Asia; il mausoleo di Ismail Samani, la struttura più antica e più elegante della città, completata nel 905 d.C. Siamo affascinati dall’architettura relativamente semplice e sobria, ma imponente, dei monumenti.

E se l’immaginazione ci rimanda alla magnificenza cromatica di alcune moschee che abbiamo in mente, rischiamo di rimanere delusi. A Bukhara, proprio per l’antichità del sito, i colori prevalenti sono il beige e il marrone, gli stessi delle numerosissime piccole case dei dintorni. Tra i pochi passanti di un giorno feriale, soprattutto fedeli, si può osservare che gli uomini portano tutti un copricapo quadrangolare nero con disegni floreali bianchi, vestono abiti lunghi e scuri ravvivati dal sash blu o bluette, una sorta di maxicappotto trapuntato. Le donne portano abiti coloratissimi con disegni floreali che coprono i pantaloni, anche questi variopinti. Come riconoscere una donna nubile? Semplice. Se la fanciulla porta treccine tutte raccolte all’interno di un ampio fermaglio decorato, vuol dire che è “da marito”. Altrimenti – se le treccine sono sciolte – significa che è sposata.

Ma Buhkara offre ancora la visita alla moschea e alla madrassa Nadir Divanbegi, con il suo timpano decorato a mosaici rappresentanti uccelli fantastici. Qui ci sono tre bazar coperti. I tappeti, ovviamente, sono l’attrazione principale, ma pure le splendide sushine di seta ricamate a mano da giovani donne. Ve ne sono di tutte le misure, vuoi come eleganti centrotavola, vuoi come tendaggi o come parati in un ambiente etnico. Nell’antichità, a seconda dell’armonia dei disegni, dei colori e della perfezione dei ricami di questi preziosi manufatti, l’uomo decideva chi valesse la pena di prendere in moglie. Una sorta di test prematrimoniale. Qualcuno fa ottimi affari, ma giungere ad un accordo sul “prezzo giusto” è un’arte nella quale pochi di noi sono avvezzi.

LA MITICA SAMARKANDA

Sul Milione sono citate più volte capitali epiche tra le quali anche Samarkanda, una delle città più vecchie del mondo. Fondata oltre 2.750 anni fa, raggiunse tra la fine del 14° secolo e l’inizio del 16° la massima espansione sotto il regno del famoso condottiero Tamerlano. Di quel periodo, purtroppo, ci sono pochissimi riscontri archeologici che possono confermarne il suo antico splendore. Dalle testimonianze storiche della necropoli di Shah-i-Zinda (14° sec.) ed altre d’epoca medievale, si può capire quanto fossero sviluppate l’architettura e il bellissimo mausoleo di Gur Emir, dove ancora oggi si può ammirare la tomba del grande Tamerlano e della sua famiglia, ne sono un esempio.

Nello stesso mausoleo sono sepolte anche le spoglie degli uomini più importanti del paese, tra questi il famoso Ulughbek, insigne astronomo, scienziato, esperto matematico e statista il quale, già nel 1.428, fece costruire un osservatorio astronomico d’elevata precisione (ancora oggi parzialmente visibile) ed a lui si debbono molte scoperte che rivoluzionarono i concetti astronomici di quei tempi.
A Samarcanda si possono ammirare importanti “Madrasse” (scuole Coraniche), e la necropoli di Shakhi Zinda consistente in 11 mausolei decorati con splendide maioliche dai delicati colori che vanno dal turchese al blu cobalto con sfumature di colore lapislazzulo. Ancora oggi sono ben conservati e piuttosto visibili e mostrano un gradevole gioco di forme e di colori.
The Registon Square, è una enorme piazza incorniciata dalle tre più importanti Madrasse, ricche di decorazioni in maiolica dai colori brillanti che variano dal giallo ocra al blu cobalto, dal turchese al verde smeraldo. Queste splendide maioliche impreziosiscono la piazza con i loro riflessi sfumati di colore.
I suoi quattro longilinei minareti, che svettano ai lati, avvolgono le Madrasse come braccia, le cui mani, protese verso il cielo, sembrano essere messe a protezione di questo sacro e imponente mausoleo religioso.
È un’atmosfera magica quella che si respira a Samarkanda anche se, uscendo dal nucleo storico, i riflessi di un’urbanistica di stampo sovietico fanno effettivamente un po’ “a pugni” con l’architettura dei monumenti e la ricchezza cromatica e stilistica degli antichi palazzi. Ma fervono lavori di restauro volti al recupero, alla tutela e all’esaltazione di un patrimonio di inestimabile valore storico culturale.

Della necropoli Shakh-I-Zindeh, con i tre gruppi di mausolei, dell’immensa Piazza Registan, non si finisce mai di ammirare l’azzurro luccicante dei mosaici finemente decorati, dove pure campeggiano antiche scritture e si confondono le simbologie di zoroastriana memoria. Giganteggia la moschea di Bibi-Khanym, un tempo destinata alle grandi assemblee. Fu il gioiello di Tamerlano. Tutt’ intorno il grande bazar: il più spettacolare e suggestivo sito folcloristico di Samarkanda. Un enorme caravanserraglio di vestiti, stoffe, cappelli, turbanti, tappeti. Al coperto, il mercato agricolo con ogni ben di Dio di spezie, vegetali, frutta, frutta secca, melograni, cereali

URGENCH

Volando verso est, si arriva dopo circa 30 minuti di volo ad Urgench, una piccola città resa importante dalla vicina cittadina di Khiva.
Fondata agli inizi del 17° secolo, mantiene intatta la sua fisionomia medievale e i suoi minareti, i suoi vicoli, le sue moschee, le sue scuole coraniche sono ancora in un perfetto stato di conservazione. Tutte le costruzioni sono edificate in mattoni d’argilla e paglia, e il colore della città è lo stesso del materiale che è stato adoperato con sfumature che tendono al nocciola. Le case e i palazzi sono ancora oggi abitati e lungo le strade e nei quartieri della città vengono esercitati mestieri di antica memoria che catapultano indietro nei secoli chi proviene come noi da paesi supermoderni. Sembra di essere capitati in un’opera teatrale ambientata in un mondo arcaico e lontano che non ci appartiene più.

KHIVA

Definita la perla dell’Uzbekistan è contemporanea della fondazione di Roma e risale a 2.500 anni B.C.
Documenti attendibili, invece, ne testimoniano la nascita addirittura a 2.700 anni prima di Cristo. Così come alcune testimonianze confermano la creazione della prima Accademia dell’Asia centrale (chiamata di “Ma’moon”) proprio in questa città e ben 1.500 anni B.C. Oggi tale accademia è assurta a nuovo splendore, grazie a importanti lavori di restauro, ed è stata riaperta al pubblico.

A Khiva, vivono attualmente circa 1.500 persone le quali debbono il loro benessere a questa città, frequentata da turisti, ma che è riuscita a mantenere intatta la sua identità di città fortezza ben difesa dai suoi muri di protezione. I muri la incorniciano nei quattro lati e sono ancora ben conservate sia le porte di accesso sia gli spalti difensivi e gli innumerevoli minareti, il più celebre dei quali è quello incompiuto (sembra che la popolazione si rifiutasse di sponsorizzare l’opera che riteneva brutta e troppo costosa).
Una leggenda vuole che questa piccola città fosse fondata da Sem, figlio di Noè, che qui scavò un pozzo. Khiva era importante sia come fortezza sia come snodo commerciale sulla “Via della Seta”. Si entra dunque all’interno della città più antica, Ichan-Kala, perfettamente restaurata. È un insieme fitto di minareti, come quello di Kalta Minor, ricco di mosaici di colore turchino, di moschee e di madresse.

Colpiscono, in particolare, la fortezza di Kukhna Ark e la moschea Juma sostenuta da ben 212 colonne lignee decorate con disegni floreali e rappresentazioni di animali. Nel XVI secolo Khiva fu capitale sotto il regno dei Timuridi, che la resero tristemente famosa a causa di un fiorente mercato di schiavi. Quando si visita il museo delle carceri si comprende che questa dinastia di governatori si distinse anche per le atrocità inflitte a chi commetteva un qualche reato.

I dipinti dell’epoca alle pareti, raffiguranti sevizie inimmaginabili, sono lì per dare un’idea del terrore che furono in grado di incutere i signori di queste terre. Solo nel XIX secolo i russi riuscirono a sottrarre la città al giogo dei Timuridi.

Oggi il centro storico di Khiva è un luogo turistico molto vivace, pieno di innumerevoli bazar, piccole botteghe e scuole d’artigianato, che si distinguono soprattutto per i lavori di intaglio del legno con cui vengono realizzate porte arabescate, baldacchini, paraventi, leggii e altro.

Salendo sulla torre Kukhna Ark si possono scattare bellissime foto della cittadella, soprattutto al tramonto, quando il sole che scende per “coricarsi”, colora magicamente cupole e mura di cinta.

Reportage: Uzbekistan, un viaggio sulla grande via della seta
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Reportage: I Parchi della Tanzania, un preziosissimo patrimonio da proteggere

10 Luglio 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage: I Parchi della Tanzania, un preziosissimo patrimonio da proteggere
IL SERENGETI, LAKE MANYARA, NGORONGORO, IL PARADISO DEGLI ANIMALI È QUI…E NOI SIAMO DENTRO “QUARK”

Esiste veramente il mal d’Africa? Certo che esiste e sono tante le motivazioni di questo “male” che io definirei anche malessere. Ma in cosa consiste, in realtà, questo “Mal d’Africa” e quali sono i sintomi che ne denotano la sofferenza? A mio avviso è quel senso di struggente nostalgia che ti assale ogni volta che vedi anche un africano nella tua città. E’ la voglia di ritornare in quel continente che riesce a suscitare, anche solo pensandolo, emozioni tanto forti e uniche. E’ quel senso di meraviglia e di felicità che si prova ogniqualvolta si riesce ad osservare la straordinaria natura e i numerosi animali non rinchiusi in una gabbia, ma liberi nel loro habitat naturale.
E’ quel desiderio di non tornare piu’ nella tua città, che ti “ingoia” nella sua vita frenetica e ti fa dimenticare che noi non siamo nati con questo stress o con questa voglia di possedere sempre di piu’ ogni cosa. E’ quel comprendere che certe popolazioni hanno come sola ricchezza il loro territorio, eppure sanno accontentarsi di ciò che questo gli regala (anche se poco). E’ il ricordo di tanti vestiti variopinti, di mercati, di capanne nei piccoli villaggi e di palazzi nelle grandi città.

E’ il rammentare con rimpianto i grandi, scuri e dolci occhi dei bambini, il sorriso delle loro madri e i paesaggi magici che ti lasciano senza respiro. E’ la serenità che si prova davanti a sterminati territori dove regna la tranquillità piu’ assoluta e dove l’unico “rumore” che si avverte è il verso degli animali che ci vivono in completa libertà.
E’ quella voglia di “mollare” la cosiddetta civiltà per rifugiarsi in un mondo che assomiglia a quello dei nostri antenati di tanti milioni di anni fa…ma ci sono ancora tante altre motivazioni!

IL VIAGGIO

La cima innevata del Kilimanjaro ci annuncia che siamo quasi arrivati. Sotto di noi, alle prime luci dell’alba, il paesaggio è tipicamente africano o, perlomeno, è ciò che noi immaginiamo sia tipico dell’Africa: spazi aperti e assolati, immense distese di terra disabitata.
Finalmente siamo in Tanzania, il più vasto paese dell’Africa Orientale ed uno dei meno visitati dagli italiani. L’aeroporto di Kilimanjiaro è piccolo e gli impiegati dello scalo ci accolgono con un cordialissimo “Karibu” e “Jambo” (benvenuti e salve).
Queste due parole, accompagnate da sinceri sorrisi, ci verranno dette molto spesso dai locali nel corso del viaggio.
Terminate le formalità d’ingresso, ci imbarchiamo su un Cessna da 10 posti che ci condurrà nel Parco del Serengeti.
A pochi minuti dal decollo ci rendiamo conto di iniziare un viaggio nel quale il lato emotivo e fisico saranno coinvolti in maniera molto palese e forte.
Subito dopo l’atterraggio, con nostra grande sorpresa, improvvisamente ci sentiamo catapultati nel bel mezzo di un documentario di “Quark”, ma al posto di Piero o Alberto Angela, a vivere in prima persona questa indimenticabile esperienza, ci siamo noi.
È tangibile che non saremo solo spettatori, ma saremo, di volta in volta, protagonisti e attenti osservator
i.

Gli autisti-guide ci attendono con le loro jeep in una savana nella quale “pascolano” indisturbati centinaia di gnu e zebre. Lo spazio tutto intorno è immenso e silenzioso. L’impatto emotivo è forte. I nostri sensi sono allertati dagli odori e rumori presenti nel luogo.

Sono quelli della terra, delle piante e degli animali.
L’Africa è palpabile nell’aria e l’Italia è così tanto distant
e…
I palazzi, le automobili e il rumore del traffico sono già lontani dai nostri pensieri. Qui tutto è primordiale e la bellezza selvaggia dei paesaggi, con gli spazi infiniti dove a malapena si riesce a distinguere l’orizzonte, ci fanno riscoprire un senso di genuinità animalesca – che in città non pensiamo di possedere – rendendoci coscienti di quanto ormai ci siamo staccati da madre natura.
Di questo santuario della natura, di questo mondo remoto e affascinante, all’improvviso ci sentiamo parte integrante. Non proviamo neppure sentimenti di paura ma, istintivamente, prevale in noi un senso di rispetto e protezione per questo habitat selvaggio ma non nemico.

UN PATRIMONIO DA SALVAGUARDARE

In Tanzania la natura è stata veramente generosa e i suoi abitanti ne sono coscienti, un quarto del loro territorio, infatti, è stato protetto. Parchi e riserve naturali sono l’immenso patrimonio che il paese sta proteggendo per la conservazione del suo ecosistema.
Ed è in queste riserve che si possono osservare i cosiddetti “big five”, ossia i cinque grandi animali selvaggi che sono l’elefante, il bufalo, il leone, il rinoceronte e il leopardo.
Noi abbiamo avuto la fortuna di incontrarli tutti ed è difficile descrivere l’emozione che si prova nel trovarsi a pochi metri da loro. È anche inusuale la nostra condizione di uomini – “ingabbiati” nelle Land Rover – che osservano gli animali, liberi e unici padroni del territorio. In questo mondo primitivo tutt’intorno è silenzio. Le uniche “voci” che si odono sono quelle degli animali che si chiamano, che lottano fra di loro o che, semplicemente infastiditi dalla nostra presenza, reclamano un po’ di intimità.
Il viaggio ci ha portati nel circuito che comprende 3 Parchi: il Serengeti, lo Ngorongoro e il Lake Manyara.
In una settimana abbiamo attraversato sentieri creati dalle Jeep, unici mezzi adatti a percorrere piste spesso simili a quelle dove si svolgono i Rally.
Abbiamo incontrato tutte le principali specie animali africane: zebre, giraffe, gnu, aironi, fenicotteri rosa, ippopotami, gazzelle, struzzi, impala, sciacalli, facoceri, licaoni, babbuini, coccodrilli, leopardi, leoni e uccelli tra i più belli del mondo, come il superb glossy starling. Abbiamo osservato gazzelle, impala, zebre e gnu mentre cercavano un po’ d’ombra e refrigerio ai piedi delle acacie.

Abbiamo visto alberi così carichi di uccelli e scimmie che sembravano “soffocare”. Ci siamo riempiti gli occhi delle immense distese di fiori bianchi che sembravano candida neve caduta sui campi. Abbiamo guardato con curiosità i numerosi ippopotami che sguazzavano nei fiumi, facendo un grande baccano, e i licaoni che si abbeveravano in una pozza d’acqua.

Abbiamo ammirato i pigri leoni, a non più di quattro metri di distanza da noi, che sembravano indifferenti alla nostra presenza e sbadigliavano mostrando i loro pericolosi denti, e le elefantesse con i loro teneri “piccoli” che si nutrivano delle foglie di un albero stando proprio sotto il grosso e protettivo corpo delle madri. Abbiamo avvicinato branchi di babbuini, con la prole aggrappata al loro corpo, intenti alla pulizia reciproca e al gioco.
Abbiamo quasi contemplato a bocca aperta le centinaia di fenicotteri rosa che passeggiavano e volteggiavano sulle rive di un lago e, infine, abbiamo assistito allo straordinario spettacolo del pasto di due leonesse con i loro cuccioli intenti a mangiare uno gnu sfortunatamente caduto dopo un’estenuante corsa in cerca della salvezza.
Quante volte abbiamo potuto osservare questa immagine nei documentari televisivi? Credo talmente tante volte da sapere a memoria tutti i meccanismi che precedono l’abbattimento degli erbivori: dall’appostamento alla corsa frenetica, dall’assalto al colpo di grazia con l’affondo dei denti nel collo della vittima predestinata, niente ci è più sconosciuto di questa legge della natura che fa morire il più debole.
Ma essere lì, a non più di cinque metri dall’evento, è proprio tutta un’altra cosa. È come se ci si sentisse predatori come la leonessa e i piccoli, che stanno “rosicando” le corna dello gnu, sembrano dei grossi gatti. È strano, ma la morte dello gnu non suscita in noi alcun sentimento di pietà. Lì, nella savana, è normale che sia così perché i predatori sono in numero realmente esiguo rispetto alle prede. La sopravvivenza dei leoni non intacca minimamente la specie degli gnu, delle zebre o di qualsiasi altro animale.

I RANGERS

I rangers, figure essenziali per visitare i parchi, perché conoscono i luoghi dove si trovano le varie specie degli animali, vigilano affinché nessuno turista crei danni all’ambiente e si occupano di bruciare in modo controllato l’erba affinché gli animali ne abbiano sempre di fresca. Molti di loro sono anche gli autisti che guidano i fuoristrada durante i safari e la loro presenza è molto importante perché riescono a trasmettere ai visitatori un senso di grande rispetto e di amore per quei territori così ricchi di fauna.

I PARCHI: SERENGETI, NGORONGORO, LAKE MANYARA

La pianura del Serengeti è adibita in gran parte a Parco Nazionale. Paradiso degli animali, rigidamente custodito, si estende su una superficie di 14.500 Kmq. Senza questi provvedimenti, leoni, elefanti ed ogni altra specie di animali sarebbero condannati all’estinzione. Cacciatori e mercanti d’avorio avrebbero annientato ogni forma di vita nella savana. Gli uomini, infatti, hanno sempre fatto stragi enormi di animali. Qui, invece, l’uomo li protegge dagli altri uomini e possono vivere in completa libertà nell’ambiente che è loro congeniale.
In questo luogo l’unica “arma” consentita è la macchina fotografica o la videocamera. È senza dubbio il parco più visitato della Tanzania per la varietà di specie di animali e perché ospita la più grande concentrazione di erbivori del mondo. Il suo nome in lingua Masai significa “spazio esteso” e nel periodo che va da maggio a dicembre è più ricco di fauna in quanto gli animali vi migrano alla ricerca di nuovi pascoli e di acqua. Le varie stagioni: la più secca da giugno a novembre, la più piovosa, da dicembre a maggio, definiscono gli spostamenti degli animali e osservare queste migrazioni è realmente uno spettacolo indimenticabile.
Fra il Serengeti e lo Ngorongoro si trovano le Gole di Olduvai, nelle quali l’antropologo Leakey scoprì i più antichi resti umanoidi risalenti a 3 milioni e mezzo di anni fa. L’altopiano del Serengeti riserva spettacoli naturali, come l’alba e il tramonto, che qui acquistano una raro fascino.
Come non rimanere emozionati, infatti, nell’osservare il sole che si alza lentamente sulla savana e incomincia a colorare i prati e il cielo e, poi, va a riflettersi – dorandoli – negli specchi d’acqua?
Oppure, come non restare affascinati dallo spettacolo del tramonto nella savana. Trovarsi lì, proprio quando il sole inizia a cambiare colore, incomincia a scendere e si nasconde dietro i rami di un’acacia, albero-simbolo dell’Africa, è una grande fortuna. In quel momento il cielo si tinge di rosso, gli animali si nascondono e tutt’intorno si crea un’atmosfera di grande suggestione. Ci si sente in un’altra dimensione, più vera e più magica!
Ma la Tanzania riserva ovunque grandi emozioni e riesce ad imprimere negli occhi e nella mente di chi la visita ricordi indelebili.
Un altro spettacolo pieno di fascino, anzi mozzafiato, è la vista del cratere Ngorongoro, definito dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.
Posto a 2286 metri sopra il livello del mare, con un diametro di oltre 16 Km, ha le pareti alte oltre 600 metri dalla base del cratere. Anche questo è per gli animali un Eden dall’ecosistema chiuso.
Se il Serengeti si presenta come una pianura quasi brulla, il Parco Ngorongoro stupisce per la ricchezza della vegetazione e per i paesaggi spettacolari che si susseguono.
Vaste foreste, torrenti, terreni fertili, cascate e piccoli laghi sono il superbo dono che la natura ha regalato a questo luogo quasi idilliaco.
Si percorrono chilometri e chilometri provando un continuo senso di meraviglia e di soggezione di fronte ai grandi spettacoli naturali che si alternano.
Gli abitanti di un così straordinario territorio sono i Masai, popolo orgoglioso e fiero che ha mantenuto una forte identità tribale.
La stessa gente del villaggio ci racconta che ancora oggi i ragazzi di 18/19 anni, per la loro iniziazione, devono uccidere un leone armati solo di una lancia.
I ragazzi accerchiano il leone, lo prendono per la coda e poi lo uccidono.
Il finale della caccia, purtroppo, non va sempre così perché talvolta c’è un morto o un ferito grave tra loro. Ma, narrano ancora i Masai, per fortuna i leoni hanno ormai imparato a conoscere l’odore dei giovani guerrieri e ne stanno prudentemente alla larga!
Meno conosciuto degli altri due, ma non per questo meno interessante da visitare, è il Parco Nazionale del Lago Manyara. Situato nella nota Rift Valley, profonda linea di frattura della crosta terrestre che si estende per oltre 5.000 km dal Mozambico al lago di Baikal nell’Ucraina, è caratterizzato da una rigogliosa vegetazione, da prati e paludi.
Oltre 350 specie di uccelli sono presenti nel Parco ed è anche possibile ammirare leopardi e leoni mollemente adagiati sui rami delle grandi acacie. In questo splendido habitat per gli animali, abbondano bufali, elefanti, impala ed ippopotami.
Nella parte sud del parco, inoltre, sono presenti sorgenti di acqua calda sulfurea.
I luoghi, come tutte le cose, hanno un odore caratteristico. Lake Manyara, forse perché eravamo lì in un giorno di pioggia, profumava di terra bagnata e di vegetazione lussureggiante.
Non abbiamo mai avvertito niente di sgradevole neppure quando eravamo molto vicini agli animali. Chissà, invece, quale tipo di odore avevamo noi uomini per loro!.

Reportage: I Parchi della Tanzania, un preziosissimo patrimonio da proteggere
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Spunti di viaggio: Slovenia, un piccolo gioiello a due passi dall'Italia

3 Luglio 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Spunti di viaggio: Slovenia, un piccolo gioiello a due passi dall'Italia
UN INCANTEVOLE PAESE, RICCO DI BELLEZZE, DI NATURA E DI STORIA.

Pur trovandosi a due passi dall’Italia, la Slovenia, fino a qualche anno fa, non era molto conosciuta alla maggioranza degli Italiani, oppure era conosciuta solo come località termale.
Stato federato della ex Jugoslavia, il 25 giugno del 1991 proclamò, insieme alla Croazia, la propria indipendenza.

A seguito di questo atto unilaterale, mentre in Croazia si sviluppò un aspro conflitto con l’esercito federale jugoslavo, durato alcuni mesi, in Slovenia non ci fu un vero e proprio scontro, tanto è vero che le truppe federali si ritirarono dal territorio sloveno dopo pochi giorni. La Slovenia fu riconosciuta dalla Comunità Internazionale come Repubblica Indipendente nel 1992 e dal 1° maggio 2004 fa parte dell’Unione Europea e della Nato.

Geograficamente la Slovenia confina a nord con l’Austria, a sud-est con la Croazia, a ovest con l’Italia e con il Mar mediterraneo sul quale si estende per circa 45 chilometri. La Slovenia ha una popolazione di oltre due milioni di abitanti ma nella sola Lubjana ce ne sono circa trecentomila.

Questa breve introduzione serve a far comprendere che la Slovenia è sempre stato un paese che ama risolvere i problemi senza violenza. Infatti, tanto per fare un esempio, quando fu affrontato il problema dei confini con la Croazia, esso fu risolto pacificamente cedendo a quest’ultima circa 15 chilometri di territorio, ottenendo in cambio le dovute garanzie e facilitazioni per le minoranze slovene in territorio croato.

Una saggia politica per un paese che aveva bisogno di concentrare le proprie energie per la ripresa economica, cosa che ha fatto e sta ancora facendo. Un settore importante dell’economia slovena è il turismo, sia quello balneare, sia quello naturalistico, culturale e del wellness.

L’ARISTOCRATICA LUBJANA

Sicuramente da visitare la capitale della Slovenia, che lascerà tutti a bocca aperta. Secondo un’antica leggenda, Lubjana fu fondata da Giasone quando, ritornando dalla sua ricerca del vello e navigando sul Danubio, vi si fermò con i suoi argonauti. Lubjana è veramente una città incantevole, la cui elegante architettura la rende una delle città più belle. Somiglia vagamente a Vienna e questo è dovuto al fatto che, dopo aver subito danni per il terremoto avvenuto nel 1895, fu dato incarico di ricostruire ciò che era andato distrutto ad un team di architetti e fra questi vi era il viennese Kamil Sitte.

La città assunse l’attuale aspetto moderno con ampie vie diritte, grandi piazze e spazi verdi, edifici ricostruiti e restaurati su imitazione di quelli di Vienna e Praga. La città è attraversata dal fiume Ljubljianica, su cui sono stati costruiti alcuni ponti.

Il più antico è il triplo ponte Tromostovje, che porta sulla piazza dedicata al più grande poeta sloveno F. Preseren, in memoria del quale è stato eretto un pregevole monumento in stile rinascimentale. Da visitare, anche se interamente ricostruito nel 1960 sulle vecchie fortificazioni.

Da visitare anche il centro turistico di Bled, dove c’è un lago ed è frequentato in ogni stagione dell’anno da una clientela raffinata. Ma la Slovenia ha numerosi luoghi di interesse, da quello naturalistico, come ad esempio il Parco nazionale del Triglav, alle grotte di S. Canziano e ai cavalli di Lipizza.

Ma una meraviglia assolutamente da non perdere è quel capolavoro della natura chiamato “Grotte di Postumia”, caverne nate dalla deviazione del letto dei fiumi sotterranei e modellate dalle infiltrazioni di acqua che, goccia dopo goccia, hanno creato delle sculture naturali conferendo all’ambiente un’atmosfera di magica bellezza. Fino ad ora sono stati scoperti oltre 20 chilometri di sentieri ma, di questi, sono visitabili dai turisti oltre cinque chilometri. A Natale, le grotte si trasformano in un presepe vivente, molte delle grotte, infatti, accolgono tutte le figure del presepe ed è di grande suggestività l’ascolto di musiche natalizie questa scenografia sotterranea.

PORTOROSE: BELLEZZA E MARE

Per chi ama le vacanze estive marittime c'è Portorose, ridente e tranquilla cittadina posta sul Golfo di Pirano, che si trova a circa settanta chilometri da Trieste.
Portorose è conosciuta sin dal secolo scorso come centro termale che sfrutta I fanghi e l’acqua delle saline per la cura della pelle, dei postumi delle malattie reumatiche e delle vie respiratorie.

In realtà, gli effetti benefici dell’acqua delle saline erano conosciute sin dai tempi degli antichi romani quando, iniziando a bonificare la zona, notarono che i salinai non soffrivano di affezioni reumatiche.

In questi ultimi anni è cresciuta anche come centro balneare fino a diventare uno dei luoghi più mondani dell’Adriatico.

Ben attrezzato, con alberghi di varie tipologie, è in grado di accogliere turisti di ogni genere. Durante l’estate vengono organizzate gare sportive, concerti ecc…per rendere il soggiorno ancora più piacevole. Molti scelgono Portorose per la cura della propria persona in quanto la cittadina è diventata uno dei centri wellness più attrezzati e organizzati in Europa.

Per chi ama muoversi, da Portorose si raggiunge facilmente a piedi la deliziosa città di Pirano, un piccolo gioiello separato dal mare da una strada e dove è gratificante sorseggiare una bevanda nel caffè più antico del luogo, ricco di memorie del tempo passato.

Perché scegliere la Slovenia per le proprie vacanze o per un lungo week end?. Principalmente per le sue bellezze naturali, poi per la gentilezza del suo popolo, per l’ordine e la pulizia che regna sovrana ovunque. Infine, per l’amore che dimostra nella conservazione e la divulgazione della propria cultura.

Tutto ciò l’allinea a quei paesi dove ancora la parola civiltà ha un significato. E di questi tempi, in cui l’inciviltà è imperante, non è cosa da poco tornare in un piccolo paradiso e respirare "quell’aria” benefica che da noi non si respira quasi più.

Spunti di viaggio: Slovenia, un piccolo gioiello a due passi dall'Italia
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Reportage Iran: viaggio nell'antica Persia

30 Giugno 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage Iran: viaggio nell'antica Persia

Raramente torno nei luoghi che ho già visitato. Il timore di trovare cambiato ciò che mi è piaciuto, e ha lasciato un ricordo indelebile nella mia mente, mi impedisce di vederli altre volte. Ma l’Iran, così come pochi altri Paesi, ha fugato i miei timori. Non solo mi offre itinerari sempre nuovi e affascinanti, ma qui ho scoperto anche una società che cambia e si evolve positivamente.

Mi ci sono recata in più occasioni ed ogni volta ho scoperto, con entusiasmo e soddisfazione, piccoli ma significativi cambiamenti che avvenivano a distanza di poco tempo. Devo ammettere che la “mia prima volta” in Iran fu un avvenimento eccezionale per la popolazione locale.

Ero con un gruppo di 44 persone, mai così tante insieme nel Paese dopo la riapertura al turismo, e venne persino la televisione locale ad intervistarci.
Ma la cosa che mi rimase più impressa, oltre alle indiscusse bellezze della città e dei siti archeologi, fu la cordialità e il genuino senso di accoglienza della gente. Certo, mi fece un po’ impressione vedere le donne indossare lo spolverino e il foulard o il chador, ma dopo aver parlato con alcune di esse, mi ero resa conto che coloro che indossavano il chador lo facevano per esprimere la propria religiosità.

Il ritorno in Iran, dopo averla visitata quando era governata da 3 Presidenti, mi ha messa nella condizione di osservare se con Kathami, guardato con molta simpatia e con molte speranze dal mondo occidentale, fosse cambiato qualcosa. Dopo il periodo in cui il mondo guardava con poca simpatia il paese, “grazie” all’ex Presidente Mahmud Ahmadinejad, ora, con Hassan Rohani, si avverte concretamente che qualcosa sta muovendosi all’interno del paese.

Innanzi tutto i ragazzi non indossano più quelle camicie un po’ larghe, così come i pantaloni per noi poco eleganti e fuori moda. Oggi portano con grande disinvoltura T-shirt colorate e con disegni sopra i blue jeans. Le ragazze, che indossavano uno spolverino che copriva il loro corpo sino alle caviglie, ora vanno in giro con jeans – anche aderenti – e delle casacche lunghe sino al ginocchio e non tanto larghe da nascondere le loro “forme femminili” (la gioventù irariana è molto bella, soprattutto le ragazze).

Le signore di una certa età, hanno tolto il chador per indossare uno spolverino che le copre sotto il ginocchio.

E’ d’obbligo, comunque – che portino il foulard, ma non più nascondendo tutti i capelli o la frangia. Le donne molto religiose continuano, come prima, ad indossare il chador, ma questa è una loro scelta. Già all’arrivo all’aeroporto di Tehran era visibile un certo “allentamento” e snellimento nei controlli. Durante il tragitto che mi separava dall’aeroporto all’albergo, rimasi con il viso incollato al finestrino dell’automobile pronta a cogliere qualsiasi altra novità, che non si fece attendere.

Rimasi stupita, infatti, nel constatare che alcune ragazze indossavano calze trasparenti e che dai loro foulard spuntavano “impertinenti” frangette brune o bionde. Inoltre, vidi alcune coppie che camminavano mano nella mano.

Sì, indubbiamente qualcosa era cambiato, e queste piccole ma importanti cose mi confortarono molto. Avevo sempre saputo che sotto quell’abbigliamento per noi castigante e troppo austero c’erano donne come me, con gli stessi sentimenti, le medesime passioni, le gelosie, gli amori e le insofferenze alle imposizioni che, in ogni luogo del mondo, regolano la nostra vita.

Queste piccole affermazioni della propria libertà personale mi riempirono ulteriormente di gioia, anche se le avevo già incominciate a notare ai tempi di Khatami.

Questa volta, a differenza delle altre, non ho indossato il mio spolverino nero ed i foulard colorati, ma avevo comprato casacche sopra i pantaloni e neppure tanto larghe. I miei capelli lunghi uscivano dal copricapo e la mia frangetta era a bella vista sulla mia fronte. Non che volessi non rispettare le loro usanze, ma già dalla penultima volta che c’ero stata mi ero resa conto di essere un po’ troppo “castigata” e un po’ simile ad una suora.

Ma ho sempre ritenuto che il rispetto per la popolazione che ci ospita è fondamentale, siamo noi che dobbiamo adeguarci alle loro regole e vestita così mi sentivo più a mio agio perché ero simile alle donne locali. Nessuno mi aveva obbligata a recarmi in Iran, pertanto ho sempre accettato e fatte mie le regole per rispetto nei confronti delle iraniane.

E mi erano sembrate fuori luogo e prive di riguardo alcune turiste italiane, incontrate più di una volta nei vari aeroporti e nel museo di Tehran, che andavano in giro con il collo scoperto e con un fazzoletto per copricapo.

La loro accompagnatrice, piuttosto giovane, aveva dato il cattivo esempio e, di conseguenza, tutte le signore del gruppo si erano adeguate allo “stile” piuttosto disinvolto della tour leader. Più volte ho assistito agli inviti delle donne iraniane, addette ai controlli negli aeroporti, di coprirsi e più volte mi sono vergognata per la loro mancanza di rispetto, immaturità e anche… stupidità.

MASHAD, CITTÀ SANTA

Il mio ritorno in Iran era dettato anche dalla curiosità di vedere città che non avevo ancora visitato. Fra queste la città santa di Mashad, luogo di pellegrinaggio di milioni di musulmani, situata nel nord est del Paese.
Dopo la Mecca e Karbaia, in Iraq, Mashad è il luogo di culto più importante per gli Sciiti perché nel santuario chiamato Astane Ghods–e Razavi vi è sepolto il loro ottavo Imam, l’Imam Reza. Mashad significa letteralmente “luogo del martirio” perché vi fu ucciso nell’817.

Così, quello che precedentemente era un piccolo villaggio di nome Sanabad, dopo la morte dell’imam Reza ha preso il nome attuale ed è divenuta una grande città e luogo di culto.
L’imponente moschea, costituita da un insieme di più edifici, è una costruzione straordinaria che affascina per la ricchezza delle cupole e dei minareti, completamente ricoperti d’oro, e per la bellezza dei suoi color.

È definita, non a torto, una delle meraviglie del mondo islamico e la sua imponenza è pari alla spiritualità che riesce a trasmettere ai fedeli.

Gli interni sono decorati con mosaici di specchi e le porte sono rivestite d’oro e d’argento. All’interno delle costruzioni, che compongono il maestoso mausoleo, si trova un interessante museo nel quale sono esposti antichi Corani e manoscritti d’importanza storica, oltre ad oggetti di notevole pregio. Il museo ospita anche una ricca biblioteca. Fanno parte inoltre di questo insieme la Grande Moschea di Ghoharshad, risalente all’epoca mongola, e il mausoleo di Cheykh Bahai con la Scuola Parizad.
Le donne, anche straniere, per entrare nelle moschee devono indossare obbligatoriamente un chador che alle turiste viene consegnato gratuitamente prima di accedere ai luoghi di preghiera. Ricordo di essere rimasta colpita dal grande silenzio, nonostante il gran numero di persone presenti. Gente proveniente non solo dalle varie regioni dell’Iran, ma anche da altri stati.

Il Mausoleo, infatti, rappresenta per gli islamici ciò che la Basilica Vaticana è per i cattolici. Gente di ogni ceto sociale è unita nella preghiera: gli uomini da una parte e le donne dall’altra. Tra queste spiccano quelle provenienti dalle campagne perché indossano abiti colorati e un po’ più corti ed hanno gli avambracci scoperti. Al di fuori di questo grande e suggestivo insieme di edifici, la città offre altri interessanti luoghi da visitare, quali il Giardino Nazionale e la tomba di Nadir Shah.
A 25 km da Mashad si trova la città di Tus, nella quale è morto e sepolto il grande poeta epico Ferdusi. A lui il popolo iraniano deve la conservazione della lingua persiana. Le invasioni arabe nel loro territorio, infatti, apportarono sia il cambiamento della lingua ufficiale che della religione. I persiani divennero seguaci dell’Islam, però, grazie a Ferdusi, si riappropriarono della loro antica lingua, quella parlata ancora oggi. All’interno del mausoleo un piccolo museo conserva antichi ed interessanti reperti storici.

SHIRAZ, CUORE DELLA STORIA IRANIANA

Non poteva mancare in questo mio ritorno in Iran una nuova visita a Shiraz, definita la città giardino. Le sue origini risalgono all’epoca degli achemenidi (500 a.C.) e deve la sua fama ai più grandi poeti dell’Iran: Sa’di e Hafez ai quali sono stati dedicati due mausolei, mete di visita di iraniani e stranieri.

A Shiraz numerosi monumenti testimoniano una gloria e una cultura millenaria. La città è ricca di splendide moschee, tra le quali mi piace ricordare la Moschea del Venerdì, di Nassir, Chah Tcheragh, o Moschea degli Specchi, una delle più belle e suggestive di Shiraz.
Ancora una volta un mio incontro con alcune donne in preghiera all’interno di questa moschea, come era già avvenuto nel mio primo viaggio, ha riconfermato la volontà universale del cosiddetto “sesso debole” di vivere in pace. A 60 km a nord–est di Shiraz si trova Persepoli, l’antica capitale fondata da Dario il Grande nel 512 a.C.. La città rasa al suolo da Alessandro Magno, conserva i resti dei palazzi dei re achemenidi.

Splendidi bassorilievi, perfettamente conservati, raffiguranti scene di vita militare e di corte, colonne, ampi portali e scalinate, testimoniano un passato glorioso e ricco.
Poco distante da Persepoli c’è Naghsh–e–Rostam, località nella quale sono state scolpite nel pendio di un monte le tombe dei quattro re Achemenidi e il tempio dedicato al dio Zoroastro. Vicino a questo affascinante luogo sorge Pasargad dove è situata la tomba di Ciro il Grande.

ISFAHAN, L’ALTRA METÀ DEL CIELO O DEL MONDO

Chiunque abbia avuto la possibilità di visitarla ne è rimasto affascinato perché è sicuramente una delle più belle città del mondo. È qui che si avverte un senso di spiritualità raramente riscontrabile in altre, ed è qui che si è catapultati in pieno Islam.

Suggestive moschee dalle cupole e minareti rivestiti con piastrelle color turchese, azzurro e bianco, sono il patrimonio più importante della città definita, non a torto, l’altra metà del cielo o del mondo.

Ad Isfahan è tutto ordinato e pulito. Un gran senso di serenità viene trasmesso dai suoi giardini curati, dagli splendidi ed antichi ponti che sovrastano il fiume Zayandeh Roud che la divide in due, e dai ritmi di vita non frenetici dei suoi abitanti.

La città sembra ruotare attorno alla grande piazza Naghsh–e–Jaham, chiamata comunamente piazza Imam, sulla quale si affacciano, oltre a 200 negozi, le più belle moschee di Isfahan, prima fra tutte quella dell’Imam, decorata con finissime piastrelle.

Il Palazzo Ali–Ghapoo, invece, riporta le pitture dei famosi maestri dell’epoca safavide mentre quella di Sheikh Lotfollah ha le pareti interne rivestite con piastrelle di impareggiabile bellezza.

Il più importante monumento storico di Isfahan è la Moschea Jamè o Moschea del Venerdì, la cui architettura risale ai primi secoli islamici ed è eccezionale la varietà dei suoi soffitti.

Il Palazzo Chehel Sotun o Palazzo delle 40 colonne, è situato in un meraviglioso giardino ed è affrescato con mirabili pitture. Oltre alle Moschee, però, nel quartiere abitato dagli armeni ci sono alcune chiese. La più nota è quella di Vank che vanta anche affreschi di pittori italiani.

KERMAN E LA DISTRUTTA BAM, LA CITTÀ–FORTEZZA

Kerman, famosa per i suoi tappeti, è la città che ancora ospita gli antichi iraniani, ossia gli zoroastriani, che possiedono propri templi per il culto della loro religione. Situata in una regione montuosa e desertica, è ricca di monumenti storici che ne testimoniano l’antichità.

Un tempo Kerman era la base di partenza per raggiungere l’antica “città di fango”, ovvero Bam, distrutta da un forte terremoto nel 2003 ed era stata il set che rappresentava la Fortezza Bastiani nel film “Il deserto dei Tartari” .

Attraverso una strada costellata da piccoli villaggi e da una vegetazione tipica delle zone aride, si arrivava nell’antica fortezza, nota per le rovine di una città medievale, ancora molto ben conservate.

La cittadella, costruita con mattoni di fango e paglia, si confondeva con il paesaggio circostante proprio per il suo colore dovuto ai materiali impiegati nella costruzione. Vi si accedeva attraverso una piccola porta d’ingresso ed era impressionante l’estensione di tutto il complesso che, visto dall’alto, mostrava stradine e vicoli che conducevano a resti di palazzi, moschee e caravanserragli. Ma ora sono soltanto rovine e niente più.

TEHRAN, UNA GRANDE METROPOLI

Solitamente Tehran viene visitata molto frettolosamente dai turisti perché è una città frenetica e moderna che, a prima vista, non suscita entusiasmo. Però ci sono tanti luoghi da visitare, primo fra tutti il Museo Archeologico Nazionale, ricco di testimonianze risalenti all’epoca di Dario, poi l’interessante ed unico Museo del Tappeto, nel quale sono esposti rari e preziosissimi tappeti persiani. Inoltre, da non perdere: la residenza estiva dello Scià Reza Pahlavi, la Moschea dell’Imam Khomeini; il Museo del vetro e della ceramica; il Museo e Palazzo Golestan.
Per gustare la visita di tutta la città, si può andare in funivia fino alla vetta di Tochal e da lì ammirare lo splendido panorama offerto dalla vastità della capitale.

Reportage Iran: viaggio nell'antica Persia
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Spunti di viaggio: Marsiglia, cuore palpitante della splendente Provenza

28 Giugno 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Spunti di viaggio: Marsiglia, cuore palpitante della splendente Provenza
UNA CITTÀ MULTIETNICA CHE SA OFFRIRE TANTE BELLEZZE STORICHE E ARCHITETTONICHE

Rapiti dall’atmosfera rarefatta e dalla grande intensità luminosa e cromatica di una bella giornata, si ammira il cielo terso e limpido di Marsiglia e finalmente si comprende perché la Provenza, tanto amata dai pittori, soprattutto impressionisti, continui ad essere così impareggiabilmente affascinante. ”Seicento anni prima di Cristo marinai di Focea sbarcarono e fondarono Marsiglia, dalla quale si diramarono in Occidente i raggi della civiltà” è quanto si legge su una placca di bronzo al Porto Vecchio. Marsiglia, infatti, primo insediamento urbano in Francia, con 2600 anni di storia alle spalle, accolse fin dall’antichità una miriade di popoli: Fenici, Greci, Cretesi, Ebrei, Etruschi e Romani.

Ora, le voci del passato portate dal mistral riecheggiano lungo il viale Canebière, attraverso l’intrico dei vecchi vicoli del centro storico, interessante perché è un viale lungo un chilometro circa e ricco di storia. Qui, infatti, nel 1666 fu costruita la prima casa. E le voci rimbombano anche per i quais della Joliette, fino in cima alla collina dove svetta il campanile della Basilica di Notre Dame de la Garde, la “buona madre” che veglia dall’alto.

Costruita nel 1864 in stile neo-bizantino, è ricca di marmi e porfidi provenienti dall’Italia. Marsiglia ha anche una imponente cattedrale, che dal 1906 è stata inserita nella lista dei monumenti storici-nazionali francesi e poi c’è anche la bella Cathédrale Sainte-Marie-Majeure de Marseille detta La Major, costruita in stile misto neo-romano e neo-bizantino, che è stata terminata nel lontano 1890.

Ma c’è ancora da visitare un altro posto molto importante perché vi è la Abbaye de Saint-Victo, costruita nel quinto secolo e anche questa inserita nella lista dei monumenti storici francesi. E’ importante perché è una delle prime costruzioni cattoliche del sud della Francia. Da non perdere anche la visita alla Basilique du Sacré-Cœur che, anche se di recente costruzione (è stata costruita nel ventesimo secolo) rappresenta il mausoleo per i caduti della prima guerra mondiale e per i morti della peste del 1720.

Ma è bello girare per la città e conoscerne i vari aspetti culturali e architettonici. Ci sono quartieri che vale la pena visitare. l”Estaque, un tempo villaggio di pescatori ed ora bellissimo quartiere utilizzato spesso come set cinematografico per i suoi colori. Cezanne lo dipinse e il quadro è ospitato al Museo d’Orsay di Parigi.

C’è un altro quartiere, questa volta popolare, Le Panier, molto pittoresco per le case colorate. Per chi ama visitare i Musei c’è quello costruito nel diciassettesimo secolo, il Musée de la Vieille Charité, dove convivono il museo di arti africane, oceaniche ed amerindie e il museo di archeologia mediterranea. All’interno del Palais Longchamp, datato 1862, si trovano invece il Museo delle Belle Arti, di Storia Naturale e un interessante giardino botanico

E ancora, da non trascurare, il Palais du Pharo che si trova nel quartiere Teste de Moreal, nel porto vecchio e da una sessantina di anni è sede della facoltà di medicina. L’Hôtel de Cabre, invece, costruito nel 1535, è la più antica casa di Marsiglia. Poi c’è la Maison Diamantée, che ospita il Museo della vecchia Marsiglia, costruita nel sedicesimo secolo deve il suo nome alla facciata costruita con pietre a punta.

Quello che oggi è l’Hôtel-Dieu, fino al 2006 è stato il più antico ospedale di Marsiglia e la sua facciata è del diciottesimo secolo.

Chi ama le cose particolari si deve recare alla stazione di Saint-Charles, del 1848, che possiede una bellissima e larga scalinata ornata con lampioni in ferro battuto.

La città possiede molti giardini e uno dei più belli è il Parc Borely. Qui è possibile notare vari stili di costruzione mondiale dei giardini e si possono ammirare quello inglese, francese e cinese. E’ anche molto ricco di statue ed è piacevole passeggiare ammirando la diversa bellezza di ogni sezione.

Marsiglia, con una popolazione di oltre 850.000 abitanti distribuiti nei 111 villaggi che ne compongono il territorio (due volte più grande di quello di Parigi), appare bella e felice, fiera dei panorama mozzafiato che si gode dall’alto dei suoi colli o degli indimenticabili scorci che svelano il blu intenso del mare fra le selvagge asperità del massiccio delle Calanques, luogo privilegiato per passeggiate, scalate, immersioni subacquee e kayak.

La Marsiglia di oggi è una città mediterranea viva e vitale che, ancora spaccata tra la vecchia e la nuova immigrazione, esprime contrasti anche violenti ma, proprio grazie alla sua multietnicità che rappresenta la sua grande ricchezza, cerca di riscattarsi dall’immagine un po’ sordida derivatale dal tradizionale paragone con Algeri o Napoli.

Fortunatamente, da anni, molto si sta facendo per regalare quel prestigio che merita. A Marsiglia, in questi ultimi 20 anni, il settore navale si è considerevolmente sviluppato. Nel ’99, infatti, la città ospitava 156 scali e 148.000 passeggeri rispetto ai 18.000 del 1995, cifre aumentate notevolmente da quando fu inaugurato il nuovo porto croceristico che, accogliendo le più grandi navi del mondo, si è situato tra i più importanti della Francia.

La città si pone anche come destinazione congressuale, grazie alla dotazione di molte strutture, tra le quali, il Palais des Congrès du Pharo ed il Centre des Congrès du Parc Chanot, ideali per eventi di grande portata.

La collaborazione tra il Comitato Regionale per il turismo ed il mondo del calcio, che nel tempo ha già prodotto ottimi risultati in termini di notorietà e commercializzazione turistica, prevede visite guidate allo stadio velodromo.

Non mancano altre opportunità culturali degne di una grande metropoli: oltre ai tanti musei di tipologie differenti. Oltre al teatro dell’Opera (gioiello dell’Art Dèco), ai teatri di prosa con più poltrone per abitante che a Parigi, agli ateliers d’arte, messi a disposizione dei giovani scultori, pittori e musicisti sia marsigliesi che stranieri, valorizzano la grande ricchezza conferita alla città dal mosaico di etnie che la abita.

Esiste un tradizionale antagonismo che oppone i marsigliesi ai vicini abitanti di Aix-en Provence, città considerata dotta e snob rispetto alla più gaudente Marsiglia.

Lo splendore culturale di Aix, come la chiamano semplicemente i suoi abitanti, ha origini remote: La Sainte Victoire, l’aspro monte che domina il paesaggio della città, fu il motivo ispiratore della pittura di Cèzanne, nativo del luglio, che tendeva ad immortalare sulla tela ogni raggio di luce rifranto sulle roccia nelle diverse ore della giornata. La città dalle 100 fontane, famosa fin dall’antichità per i benefici delle sue terme, ospita importanti facoltà universitarie sorte nel xix secolo.

Spunti di viaggio: Marsiglia, cuore palpitante della splendente Provenza
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