vignette e illustrazioni
Gabriella Frenna, "Regina Nefertiti"
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Regina Nefertiti
Gabriella Frenna
illustrazioni di Michele Frenna
Guido Miano Editore, Milano 2023.
Torna a comporre i suoi versi come mettendo le tessere d’un mosaico l’una accanto all’altra per meravigliarci con l’insieme del tutto, Gabriella Frenna, in questa Regina Nefertiti. Lei, messinese di nascita ma residente a Palermo, non trae però ispirazione da quel capolavoro d’arte musiva che è il duomo di Monreale: la trae dai mosaici prodotti dal padre, il maestro Michele Frenna (più volte evocato come “voce narrante” nelle poesie della raccolta).
Non è la prima volta che la figlia Gabriella accosta i suoi versi ai mosaici del padre: «…Ricordo ancor oggi / parole appassionate / descrivere un mondo / misterioso e lontano. / Con la decisa voce / attraeva attenzione / delle curiose figlie, / nel narrare scenari / di un’antica civiltà» (Ricordi, p. 25, dove compare la riproduzione del mosaico del padre, Il faraone). La scrittrice si dimostra appassionata cultrice di quell’originale metodologia strutturale di composizione che il padre mise a punto, dopo anni di dedizione all’arte musiva: la “Pittura mosaicale” (è anche il titolo di una poesia della raccolta, p. 74), che, fondendo pittura e mosaico, fa sì che le opere sembrino dipinte, se viste da lontano, ma viste da vicino rivelano appieno la loro natura musiva.
In questa sessantina di poesie, l’accompagnamento di alcuni mosaici del padre Michele fa più di tante chiose verbali; ma da queste non ci si può esimere, perché i versi dell’Autrice invitano alla riflessione e al commento. E il primo, quasi istintivo, è che non a caso la prima pubblicazione di Gabriella Frenna sia stata La serie dello zodiaco nell’elaborazione musiva (2002), alla quale seguì la raccolta La rosa (2005), in memoria della sorella Rosanna prematuramente scomparsa, cui il titolo, quasi con un gioco di parole, allude.
Colpisce subito il lettore come le poesie di Regina Nefertiti alternino con leggerezza i riferimenti al passato remoto (l’antica “mirifica” civiltà egizia), a quello prossimo (il padre che “incanta” le figlie col racconto delle meraviglie di quella civiltà, come nel primo Rimembro, p. 16), ed al presente dell’Autrice, che torna col pensiero a quanto imparato con la sorella dal padre - come nella seconda poesia intitolata Rimembro (pp. 76-77), ultima della raccolta, che chiude così: «…Un omaggio rivolgo / all’artista musivo / con poesie narranti / il mondo egiziano, / rimembrando anni / spensierati e gioiosi / e il fascino emerso / di un tempo lontano».
Si tratta di un’alternanza per nulla artificiosa. Scorre via naturale come il Nilo; e come il grande fiume ha periodicamente le sue piene, qui si trovano talvolta versi esondanti: ad esempio nella lunga Louvre (pp. 22-23), che termina con questi versi: «…Ricordo ancor oggi / l’atmosfera suggestiva / e la piramide in vetro / allora in costruzione / che destava curiosità, / alimentando desiderio / di tornare ad inoltrarsi / nell’incantevole mondo / della civiltà faraonica»; anche in Letture (pp. 39-41), in 1984-1997 (pp. 45-46), in Akhenaton faraone (pp. 59-60), in Arte amarniana (pp. 65-66). A parte ciò, tuttavia, lo stile di Gabriella Frenna rimane in genere asciutto, contenuto, e la parola resta nitida, chiara, quasi a ‘voler’ celebrare in modo degno «…la sontuosità di un mondo / concepente l’esistente come / equilibrio d’opposti elementi…» (Antica civiltà mediterranea, p. 18). Perciò il complesso della raccolta invita alla lettura, una piacevole e scorrevole lettura, senza sfoggi di cultura, ma con tratti che ne denotano la solidità - pari a quella delle millenarie costruzioni egizie.
La scorrevolezza della lettura dipende anche dal fatto che il ‘verso libero’ scelto dalla scrittrice avvicina la composizione alla poesia-prosa, cui la Frenna si era accostata già in alcuni suoi scritti misti di poesia e prosa (veri e propri prosimetri). Un modo di scrivere, insomma, ben lontano dall’Enigmatica scrittura degli Egizi (p. 21). E così anche le «…visioni mirifiche / d’un tempo molto lontano / quando la coppia reale / del faraone Akhenaton / e della regina Nefertiti / regnarono in Egitto / con potere e ricchezza…» (Coppia reale, p. 61) diventano un tema approcciabile dal lettore, quasi invogliato dall’incedere dei versi ad addentrarsi nella storia: nell’antica storia egizia come in questa storia, che è frutto dell’intreccio di conoscenza e memoria, così come è frutto del connubio di arte visiva e scrittura. Proprio per l’intensa, ripetuta tensione di Gabriella Frenna a presentare l’arte visiva con la parola scritta, Angela Ambrosini ha potuto osservare che le sue opere in versi sono «una sorta di ecfrasi ora dichiarata e ora tacita, sottintesa alla contemplazione implicita delle creazioni paterne».
Pur essendo il linguaggio della Frenna piano ed accessibile, in certi tratti si nota qualche improvviso mutamento del ritmo: vi sono delle volute omissioni di articoli o di preposizioni articolate, come a voler far scivolare via le parole senza dilungarsi troppo. Un solo esempio per tutti si può trovare in questi versi di Enigma della Sfinge: «… rimasi affascinata / da storie egiziane, / da documenti antichi / tramandanti racconti / reali o immaginari, / come l’avvincente / enigma mitologico / su mostruosa sfinge / in città egizia di Tebe / che poneva a viandanti / misterioso indovinello…» (p.34). Questo stile è tipico dell’Autrice, anche in altre opere; ma qui induce a pensare che lei voglia ‘volare’ sui millenni di storia che separano i lettori d’oggi dall’antichità egizia: un volo veloce quanto basta ad affascinarli, ad ingolosirli, a far venire loro il desiderio di conoscere più a fondo quell’antichità. Un tocco d’estro seducente, se si vuole, che conduce il lettore in «un itinerario, oltre che letterario ed artistico, anche spirituale, culturale, storico, entrando in un’avventura non scevra da dimensioni oniriche, non nel senso di distacco dalla realtà, ma per il modo in cui viene vissuta dall’autrice, cioè con lo sguardo sempre meravigliato e con quel candore d’anima oggi così raro che pare proprio provenire da mondi sognati» (Enzo Concardi).
Ecco: meraviglia e candore d’animo, ancora fortemente presenti in Regina Nefertiti, rendono ‘naturale’ interessarsi alla lettura di quest’opera.
Marco Zelioli
Gabriella Frenna, Regina Nefertiti, pref. Marco Zelioli, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 84, isbn 979-12-81351-18-9, mianoposta@gmail.com.
#immaginieparole : Turkimera
Turkimera
"Un occhio di Allah per te, uno per lei".
Una tartaruga di pietra, una con gli occhi blu.
Un punto sul foglio con tante frecce che s’irraggiano,
che vorrebbero espandersi, che pulsano un ritorno
d’amore su di sé.
Il bisogno è così grande che non si può colmare,
come un grande lago salato, amaro, refrattario,
che si asciuga da solo per farsi del male.
Una paura infantile, dilagante, dilatata.
Vorrei baciare ad uno ad uno tutti i fiori blu
della tua camicia
e la tua mano che mi rialza (allegra)
dal tappeto della moschea.
I baci al telefono mi stridono nelle orecchie.
Vorrei perdermi nel muezzin delle cinque a Santa Sofia
Nell’attesa delle navi che passano il Bosforo.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Sotto la cenere
Sotto la cenere
Ti ho lavato
dove tu lavavi me
ti ho lavato
dove ora io lavo i bambini
che non ti piacciono
che non capisci.
Ti ho imboccato
con la bava
e la lingua
di traverso.
Farfugliare esasperato
Rabbioso
occhi come lampi d’impotenza
anche tu diventi figlia
anche tu ritorni figlia
il mio niente si fa paura
il primo fremito di un dolore ritrovato
che c’era
che c’è
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Cuore di uomo
Cuore di uomo
Mano lieve sulla porta
sorriso imbarazzato.
Come tutti i piccoli uomini
cammini sulle punte
in un’angosciata simpatia
che sprizza triste dagli occhi umidi
di cane malizioso.
Un fremito di nervi incontrollato
contro l’allegria degli occhi
e il sommo della bocca
a contrastare il moto di anni
che scendono giù
dove non ci sarà più fremito
né occhi, né bocca
dove il mio amore ti cercherà
sfondando le barriere fra i mondi.
Succhia col palato
i sapori della terra
pane, vino e odori di donna.
Pedina della dama, carta, tg2,
figura degli scacchi, mago Zurlì
così io ti vedo.
Brucio di gelosia fuori di te.
Ma se pungessi
con le mie maledette antenne
il tuo concreto cuore di uomo
forse non troverei quello che cerco.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Non sei morto e io sto così
Non sei morto e io sto così
Non sei morto e io sto così
respiro nella mia paura
sopporto quello che non si può sopportare.
Nella tua stanza c’è chi è convinto di essere a casa,
e ogni giorno crede di passeggiare sul lungomare
e descrive le onde, piccole e chiare.
Pensavo dov’è la nostra vita
dove siamo noi
dov’è tutto quello che avevamo
che ci spettava,
da qualche parte ci devi essere ancora
forse in cielo, su una stella.
Mi manchi in casa, fuori, in ogni gesto.
Eri come un padre, ora sei mio figlio
Sei un pezzo di me anche se non lo ricordi più.
C’è una mano dietro tutto questo, c’è una regia,
ci deve essere un senso, una malignità, un destino cattivo.
Però oggi ti ho visto ridere, era la tua espressione, erano i tuoi occhi.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Memorie
Memorie
Un salacchino per pranzo
mentre fai gramigna
ISOLA
a casa ti aspetta
il bastone di tuo padre
la promessa di lasciarti
senza un soldo
e dar tutto ai tuoi fratelli.
Meglio seguire
le signorine
a servizio giù in città
col vento di libeccio
e i gabbiani.
Bello
le ghette e i baffi
t’innamora e ti sposa
tuo marito
ti porta con sé
al numero uno
portiera di ebrei
ricchi corallai.
Alle dame sorride
non ha voglia di lavorare
ma è una pasta d’uomo
e i tuoi tre figli devi crescerli da sola.
Ti afferra la caviglia
quando la passione
esplode
ma tu dici no
e i gatti miagolano in soffitta.
IDA
bella e altera
il passo lungo e fiero
le mani di fata alacre
cuci i tuoi merletti
ragazza di Rosachiara
quando arrivano le signore
posa il lavoro
e corri a spogliarti
le spalle nude negli stanzoni ghiacci
la povera biancheria dimessa
le dita bucate dall’ago
sei più bella di loro
più bella di tutte
in quegli abiti che
non saranno mai tuoi
ma indossi come una regina.
Ti vogliono i figli dei notai
degli avvocati
al gran ballo per l’inizio del novecento
e nasce l’amore segreto
proibito
di cui non ci parlavi
e che ancora ti faceva
luccicare di pianto gli occhi
nascosto
negato
diviso dalle convenzioni
perché ognuno deve stare al suo posto
e i gatti miagolano sulle scale.
ADA
morettina svelta
figlia minore
madre di mia madre
onda di capelli sulle ventitré
occhi di carbone
caratterino aspro
così simile al mio
moglie di camerata
madre di piccola italiana.
Sotto le bombe
sul carro
col gatto in collo
risoluta e forte
tu scricciolo
dalla pelle bianca
e dal profilo delicato
energica e battagliera
a tener testa a quel tuo marito
con gli occhi di mio fratello.
Mi hai insegnato
la misura
molto più di LEI
mi hai cresciuto
amandomi
forse più di quanto
tu abbia amato LEI
e i gatti dormono
sul mio divano.
“Un’epopea di gesti quotidiani, di volti familiari che ci riconsegna il tempo, quella evocata da Patrizia Poli: il registro chiaro e colloquiale di un lavoro onesto che si impegna in una costruzione minimale del verso, una versificazione dai toni domestici ma mai dimessi, un dettato lirico fatto di eleganza sussurrata e di corrusca tenerezza, quasi a suggerirci che la poesia più intima e felice è quella che si coglie nel miagolìo dei gatti su in soffitta o nel sorriso ingenuo e strafottente di un marito che non ha voglia di lavorare ma è una pasta d'uomo.
L’esigenza di rappresentare tessere apparentemente insignificanti di un divenire ordinario e mai privo di grazia, sembra essere la cifra prevalente della sua poesia, sebbene non ci sfugga che, nell’ordito placido e sereno di questo componimento così sincero e narrativo, fa capolino, in maniera seppur solo accennata, con ritrosia dissimulata ad arte, qualche tratto malinconico e nostalgico che, d’altronde, si coglie già nell’immagine iniziale, poetica e frugale ad un tempo, dell’aringa affumicata e messa sotto sale, la memoria, che mentre si disfa e si consuma, si fa più appetitosa e saporita.
Proprio il contrasto tra la delicatezza del ritratto o del ricordo e il rassegnato recupero di affilate schegge di rimpianto, rappresenta la nota più evidente di questa prova interessante, soprattutto in quanto il suddetto contrasto si consuma lungi da qualsivoglia idealizzazione dell’altrieri, in una dimensione in cui, piuttosto che il malessere, scorgiamo un afflato tenero e sincero verso la personale matrice identitaria, verso una terreno gravido di voci e sentimenti.” (Vera Vasques)
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Il guardiano del faro
Elia, il guardiano, adorava i profumi e i suoni del mare, in particolar modo i cavalloni selvaggi che si schiantavano sugli scogli sotto al faro nei giorni e nelle notti di burrasca. Chi l'avrebbe mai detto che da lui avrei ereditato tali sensazioni ed emozioni estatiche?
Sembra ieri. Il risveglio in una piccola stanza dalle pareti ammuffite, il letto duro come la banchina di un porto e i raggi del sole che filtravano dalla suggestiva finestra che dava sul Golfo di Genova. Io che mi inoltravo, scalzo, in direzione della cucina, noncurante del pavimento mal ridotto e di alcune schegge di legno che andavano a conficcarsi nella pianta dei piedi.
Mi comparve davanti Elia, appoggiato a uno sgangherato e rumoroso frigorifero, a fumarsi la pipa con espressione malinconica. Dopo una frugale colazione, andammo in spiaggia per ammirare le magnifiche onde che si infrangevano delicatamente sulle rocce che circondavano la struttura. Elia, le mani nodose, il viso solcato dalle rughe e la lunga barba bianca davano l'idea un uomo provato. Non mi degnava di uno sguardo. Sospettai che quella specie di eremitaggio gli avesse fatto dimenticare come guardare una persona negli occhi.
«È necessario che tu e i riflettori siate in simbiosi per far da guida ai naviganti» mi disse improvvisamente, indicando con l'indice la lanterna posta in alto.
Successivamente mi spiegò le mansioni da svolgere, per poi effettuare una serie di esempi pratici. Imparai in fretta, grazie a una dote innata per la manualità risalente ai tempi dell'orfanotrofio. Qualora ci fossero stati problemi di natura tecnica, mi sarei avvalso di un manuale o, nei casi peggiori, avrei potuto utilizzare il telefono per chiedere assistenza a chi di dovere. Riguardo la paga e gli approvvigionamenti, in quel periodo venivano garantiti mensilmente dalla marina mercantile.
L'ormai ex guardiano mi consegnò le chiavi e ci salutammo senza che gli chiedessi dove fosse diretto. Dalla porta d'ingresso lo osservai percorrere lentamente una stradina sterrata, portando con sé una logora valigia. Restai da solo, i gabbiani in volo che garrivano sembravano darmi il loro benvenuto. Rientrai.
In cucina, nell'accendere il fornellino a gas, desideroso di una cioccolata calda, pronosticai che le stagioni invernali sarebbero state un problema a causa del gelo. E difatti non mi sbagliai.
In quel primo giorno di lavoro feci il secondo "trekking" sulla torre, ove le scale in ferro risalivano a spirale lungo i muri, immaginando la fatica del povero Elia per tutte quelle volte che si era dovuto cimentare nelle "arrampicate."
Una volta raggiunta la cima, mi prodigai scrupolosamente per pulire i pannelli in vetro, lucidare l'obiettivo, sistemare gli stoppini e riempire d'olio una moltitudine di lampade, assieme ad altre incombenze che diventarono consueta routine giornaliera.
***
Anni dopo, in un tetro pomeriggio di novembre prossimo alla tempesta, da una finestrella della struttura notai una figura femminile che s'incamminava a passo spedito verso il bordo della scogliera. Dapprima trovai strano che, con l’imminente scatenarsi della tormenta, quella donna avesse deciso di dirigersi proprio lì, finché realizzai quali fossero le sue reali intenzioni. Corsi e la raggiunsi per invitarla a ritornare indietro. Inizialmente rimase zitta, poi parlammo un po', la sua voce sofferta mi colpì profondamente.
Improvvisamente sciolse il nastro che le legava la coda. I suoi lunghi, ondulati capelli castani caddero a cascata e furono rapidamente sferzati dal minaccioso vento carico di pioggia. Era bella, decisamente bella, i lineamenti delicati enfatizzavano il chiarore della carnagione, per non parlare del suo lungo vestito azzurro che fluttuava come quello di un angelo.
«Mi manca mio marito!» esclamò portandosi la mano alla bocca per soffocare un singulto. Infine si girò di spalle chiaramente intenzionata ad attuare l’insano gesto. Il suo amato probabilmente era un marinaio o un pescatore. E lei lo stava per raggiungere, il mare le avrebbe fatto da ponte per il cielo.
La vidi gettarsi. Non potei fare nulla.
***
Sono passati circa trent'anni, costellati da episodi belli e meno belli. Stamattina vengo a sapere che presto sarò sollevato dal mio incarico. In buona sostanza la tecnologia cartografica e altri strumenti di navigazione installati nei mezzi marittimi non giustificano più il mio operato come, naturalmente, l’utilizzo dell'emettitore di segnali luminosi della struttura.
Dovrei essere rabbuiato, deluso… invece no, da quanto ho appreso dalla raccomandata che mi è stata fatta pervenire dal postino, il faro avrà un nuovo contratto di locazione. Il Comune di Genova prevede di trasformarlo in un luogo di interesse turistico e di consentire al pubblico visite panoramiche, oltretutto mi è stato chiesto di rimanere in qualità di custode. Accolgo con entusiasmo la proposta, per di più sarò lieto di condividere le mie storie con i visitatori, tranne un drammatico e triste episodio. Io, Tancredi Diotallevi, ho ancora vivido il ricordo di quella apollinea donna che mi pesa sul cuore.
Immagine di Walter Fest, racconto di Giuseppe Scilipoti
#immaginieparole : Terra smossa
Terra smossa
La terra si è mossa
Un buco nero di luce
Costi quel che costi
Anni di compromessi
Di aggiustamenti
Di doveri autoimposti
Ossessivi
Camminando verso la luce
Mi sfinisco
Le contraddizioni sono la mia ricchezza
Vivere qui, ora, adesso
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Amore tardivo
Amore tardivo
Questo amore tardivo
morirà solo insieme a me
come tutte le cose che non si realizzano,
che rimangono sognate,
incompiute.
In ogni volto cercherò sempre il suo volto,
in ogni poesia una sua poesia.
Passeranno gli anni e mi chiederò se è vivo,
se è felice,
se ha trovato la donna giusta.
E soffrirò di nascosto,
perché anche soffrire è un tradimento.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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#immaginieparole : Monito
Monito
una dedica
proprio il giorno che ho conosciuto l’amore
le lucciole e il buio
il profumo della notte
i corpi nudi nel bosco
il vapore del vetro
che appannava
Ora solo uno sfogo
un rifugio
un brivido gentile
una stella di ghiaccio
perché siamo quello che siamo
e si sogna
Cerco in me la forza
per non essere chi
alla fine rinuncia
e si porta dietro
il peso
di colpe non sue
Ascolto
leggo
il cuore naviga
vola su un altro pianeta
Tornerò a casa
ferita
umiliata.
soffrendo
crescerò
in silenzio.
Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli
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