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Christian Testa, "Pensieri poetici nel tempo"

21 Gennaio 2025 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Christian Testa

Pensieri poetici nel tempo

Guido Miano Editore, Milano 2024

 

La poetica dello scrittore pavese Christian Testa, espressa nella raccolta Pensieri poetici nel tempo, si avvale di una poliedrica tematica articolata in visitazioni interiori e ambientali tali da offrire al lettore una visione complessa delle sfere emotive umane e, allo stesso tempo, uno sguardo critico-valoriale sul mondo contemporaneo. La definizione della sua scrittura qui sviluppata dataci dallo stesso autore - “pensieri poetici” - molto bene si attanaglia alla semantica e al messaggio dell’opera, nel senso che la sua lirica è altamente debitrice di un’ispirazione noetica. Il libro è stato edito nel dicembre 2024 per i tipi della Casa Editrice Miano di Milano, nella collana di testi letterari Alcyone 2000 e reca la prefazione di Michele Miano.

In primo piano emergono le liriche in cui il poeta inserisce le convinzioni che reggono la sua esistenza: tradiscono in parte un afflato didattico-retorico, ma si distaccano nettamente dalla tendenza contemporanea di una letteratura di denuncia non supportata da alternative progettuali. Una delle poesie di tal misura è senz’altro Studenti, ai quali si rivolge tecnicamente con diverse anafore per cadenzare il suo messaggio: “Vostra”, con l’iniziale maiuscola, ad indicare la dignità della loro condizione (innocente, energica, pura, curiosa); “cercate sempre”: un invito a praticare i valori della vita (umiltà, identità, unità, amicizia, pace, autenticità); “non smettete mai”: richiesta di perseveranza e coerenza nei principi ideali (sognare, fare del bene, pensare, proteggere la natura, sperare in un futuro migliore). Così anche Italia, esprimente un caldo amor patrio, con rime libere sparse nel testo, formulata in tre quartine, due distici e una terzina finale in cui sintetizza il suo sentimento d’amore verso l’amato paese: “Italia, Italia, Italia / ti porterò sempre, /per sempre nel cuor”. Ed anche A Giovannino Guareschi, grato per i suoi valori autentici e la sua ironia.

 Un posto di rilievo nella sua ispirazione e nelle sue emozioni assume la dimensione musicale, nella quale egli vibra, gioisce, si commuove, prova brividi e passione, trova pace nell’animo e con il mondo, si sente meno solo e addirittura gli sembra di toccarla e vederla in una sorta di estasi di tipo metamorfico. Ciò nella composizione intitolata semplicemente Musica, praticamente una dea-musa mediatrice fra lui e Dio, alla quale è eternamente grato: “Grazie di esistere. // Senza di te solo il silenzio / e il dolore del mondo”. Altre emozioni interiori scaturiscono per Il tuo compleanno, una lirica composta da un’unica strofa di venti versi, con diciotto anafore suddivise fra “con” (otto volte) “E che festa sia per te” (dieci volte per tutti i versi dispari); ne risulta così una partitura musicale particolarmente ritmata, dalle dediche più svariate, dai sentimenti umani alla partecipazione della natura: una festa di amicizia vera, al calore del sole, al fresco della pioggia, con la forza della vita, nel profondo dell’anima, con il sorriso del cielo ….

 V’è un legame particolare tra il poeta e la natura, un rapporto affettivo che si espande a tutto il Creato: nascono così canti per la Neve, una filastrocca all’incanto del soffice bianco manto; per il Mare, di cui percepisce gli umori e soffre per la sua lontananza; per la Foresta, in cui il verso finale è emblematico del suo desiderio di simbiosi (“Oh foresta mia tienimi con tè / per sempre”; per il Fiore, la cui bellezza è “testimone del divino in terra”; per i fiumi della sua terra, Lambro (immagini del suo inquinamento e degli uccelli morenti) e Adda (“mio amato fiume”); per Varenne, il famoso cavallo trottatore, al quale attribuisce un’anima che “vivrà per sempre”. E il poeta conserva nel cuore tanti ricordi, fino a sciogliere un inno alla memoria, dove sono le nostre radici e la nostra identità: senza memoria e storia non siamo nessuno, ci ammonisce, occorre rimembrare coloro che se ne sono andati, i personaggi del passato, poiché il tempo esegue il volere di Dio. Ed è con la religiosità che la sua poetica punta verso l’alto: nella casa di Dio trova pace e serenità, il valore della preghiera, nonostante il “lungo e tormentato cammino” della Fede.

Enzo Concardi

 

Christian Testa, Pensieri poetici nel tempo, pref. Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 68, isbn 979-12-81351-20-2, mianoposta@gmail.com.

 

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Maurizio Zanon, "Il soffio salvifico della poesia"

17 Gennaio 2025 , Scritto da Enzo Concardi Gabriella Veschi Floriano Romboli Con tag #enzo concardi, #floriano romboli, #gabriella veschi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

 

Il soffio salvifico della poesia

Maurizio Zanon

Guido Miano Editore, Milano 2025.

 

 

Il soffio salvifico della poesia è il titolo generale della presente antologia poetica ed appare in contrasto con quello di questo primo capitolo, ovvero La fatica del vivere. In realtà non è così, in quanto per Maurizio Zanon – prolifico autore con profonde radici veneziane – la poesia è stata, ed è nella sua esistenza, proprio l’antidoto principale – insieme all’amore e alla natura – per superare il cosiddetto disagio esistenziale e la particolare inquietudine psicologica dell’epoca contemporanea. È un tema che la letteratura di ogni tempo e parte del mondo ha sempre trattato e cantato, sviscerato e proposto da molti punti di vista, poiché riguarda in sostanza la condizione umana, con le esperienze vissute e con le fondamentali questioni filosofiche sui perché del nostro passaggio terreno: qui Zanon si qualifica come un aedo moderno della vita e della morte, mediante un’incessante ricerca interiore che spesso e con dolore rimane irrisolta, demandando alla futurologia la soluzione di ogni problema.

Troviamo nelle liriche di questo capitolo atmosfere, immagini e pensieri che riflettono sia gli stati d’animo del poeta, che oscillano volutamente tra ottimismo e pessimismo per dimostrare la contradditorietà del nostro vivere, sia le riflessioni di carattere ontologico che nascono da un’osservazione critica della realtà odierna, riferita ora alla propria fatica esistenziale, ora alle tipologie sociali del comportamento umano e delle tendenze decadenti dei valori. In altre parole egli si fa interprete, ed assume su di sé, il destino individuale e collettivo di una umanità probabilmente in via di dispersione. Si riscontra in tutto ciò, dal punto di vista culturale, la lezione dell’Ermetismo novecentesco – più come contenuti che come stile – e una certa vena crepuscolare in senso lato, cioè la ricerca di quieti angoli dello spirito ove chiudere la parabola umana. Dunque poeta-testimone del tempo e poeta-profeta, nel senso di uno sguardo indagatore sull’avvenire.   […].

Enzo Concardi

 

***

 

Un vivo, profondo sentimento d’amore lega Maurizio Zanon a Venezia, la città natale, e alla sua donna. L’intenso rapporto affettivo è, come spesso accade, contraddistinto da un’intima ambivalenza, permeato da quell’acuta sensibilità che sa aprirsi contrastivamente all’apprezzamento delle situazioni positive, spiritualmente gratificanti, e all’avvertimento dei momenti dolorosi, emotivamente deprimenti.

Il fascino seducente dell’ambiente lagunare, gli impalpabili, intriganti segreti di una tradizione «portati nel cuore da chi è nato» (Torno a scrivere di te) hanno ancora un importante effetto rasserenante e confortatore («…Aspettando poi il tempo buono per farmi cullare/ da quelle amorevoli acque di barena,/ dai loro incantevoli silenzi» (Soffia il vento di scirocco), mentre appaiono innegabilmente suggestive talune preziose atmosfere fatte di smorzata, contenuta luminosità: «Venezia bizantina/ si stende in riflessi dorati/ rivivo memorie passate/ su carezze d’onde/ ove si posano/ gondole d’opaca luce…» (Venezia bizantina); infine però il soffocamento progressivo e il degrado sostanzialmente inarrestabile provocati dal turismo di massa e dall’invalsa mentalità affaristico-speculativa inducono l’autore ad abbozzare un quadro di triste, opprimente negatività: «…Appari sempre così malinconica, mentre vedi scappare/ ad uno ad uno i tuoi figli/ costretti ad abitare lontano da te/ perché non danno ricchezza, sono solamente un peso…» (Torno a scrivere, cit.).

Non è analogo il risultato intellettuale-morale nel caso dell’evocazione commossa della relazione amorosa con la propria compagna, nonostante che questa possa presentare pure aspetti di sofferenza: «…Un tratto t’ho seguito/ per Piazza dei Signori te ne andavi/ lasciandoti dietro quella scia che sa di ricordi e ferite» (A Padova, corsivi miei, come sempre in seguito). Ora il discorso lirico vira decisamente verso le rilevazioni positive, che giungono alla celebrazione entusiastica, enfaticamente partecipe, sostenuta tra l’altro dal ricorso a una “canonica” similitudine: «Questo amore/ maturato al passo delle stagioni/ oggi vola a ritmi cadenzati/ come ala di gabbiano/ procede in cieli al sole estesi!// Chissà mai dove arriverà questo amore:/ oltre il mare oltre il cielo/ al di là di questa luce forse/ chissà mai questo amore/ dove luna andrà a spiare!?» (Questo amore).  […].

Floriano Romboli

 

***

 

L’interconnessione tra segno verbale e segno grafico ha da sempre affascinato gli intellettuali di tutti i tempi ed è tuttora oggetto di dibattito. Se il primo a proporre lo stretto legame tra pittura e poesia è stato il poeta Simonide di Ceo, il principio estetico dell’ut pictura poësis formulato da Orazio nell’Ars poetica trova la sua piena realizzazione nelle poesie di Maurizio Zanon proposte in questo capitolo. L’autore ritrae con leggiadri tocchi una vasta gamma di paesaggi “pittorici”, caratterizzati dalla presenza di una natura idilliaca, colta in tutte le sue sfaccettature e nei suoi più minuti aspetti; il foglio bianco si trasforma in una preziosa tela, le parole sono come sottili pennellate, capaci di catturare luci ed ombre e i chiaroscuri rivelano gli intimi moti della propria interiorità. I testi appaiono dominati da un io lirico intento ad una fantastica rêverie, da cui scaturiscono dolci e piacevoli atmosfere oniriche, mentre una fitta rete di morbide sinestesie evoca un policromo ventaglio di sensazioni e un vortice di emozioni coinvolgenti.

La struttura a chiasmo della poesia incipitaria sottolinea il gioco fonico di allitterazioni e di assonanze, incastonate anche nelle rime al mezzo e che contribuiscono ad amplificare la musicalità dei versi: «S’alza silenzioso il magico biancore dell’alba/ inconfondibile lucore che l’animo risveglia/ e il nuovo giorno somiglia al lieto gemito/ d’un bimbo appena nato. In questa luce unica/ e profonda/ tutto ricomincia in gocciolii di rugiada./ Pian piano poi il cielo vedi schiudersi/ a un impareggiabile azzurro» (Risveglio di primavera). L’arrivo dell’alba è un momento epifanico e l’io poetico prova un ammirato stupore di fronte al passaggio dal buio della notte alla luce del giorno, paragonato ad un bambino il cui ossimorico gemito è lieto di fronte alle meraviglie del creato. La scena descritta diviene metafora di una rinascita, tema che permea di sé tutta la silloge; le gocce di rugiada suscitano una sensazione tattile di freschezza, mentre l’impareggiabile azzurro riecheggia gli interminati spazi leopardiani, richiamando la tensione verso l’assoluto e invitando a guardare oltre il contingente, in una dimensione futura, per un nuovo inizio.  […].

Gabriella Veschi

 

Maurizio Zanon, Il soffio salvifico della poesia, prefazioni di Enzo Concardi, Floriano Romboli, Gabriella Veschi; Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 80, isbn 979-12-81351-50-9, mianoposta@gmail.com.

 

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Andrea Cattania, "Amore per sempre"

28 Dicembre 2024 , Scritto da Enzo Concardi Floriano Romboli Gabriella Veschi Con tag #enzo concardi, #floriano romboli, #gabriella veschi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

 

Amore per sempre

Andrea Cattania

 Guido Miano Editore, Milano 2024.

 

 

“Amore per sempre” in Andrea Cattania e in Edward Estlin Cummings

“L’amore per sempre dei nostri due poeti, come suggerisce il titolo di questa tematica, riguarda la poesia amorosa dedicata ad un’unica donna amata, al sentimento che sfida il tempo, all’eterna promessa fra due entità che s’incontrano per non più perdersi: solo la morte potrà segnare la dimensione dell’assenza, della distanza, ma forse neanche Lei, poiché il ricordo, la memoria dell’unione infranta, sopravvive spiritualmente anche agli artigli della Straniera, e ciò vale per l’esperienza umana e letteraria di Andrea Cattania. Succede a lui – l’amore non conosce differenziazioni di epoche o di mentalità – quel che capitò a Dante con Beatrice (la donna angelicata, salvatrice della sua anima, guida spirituale nel Paradiso della Commedia) e al Petrarca con Laura (la protagonista del Canzoniere, dove il poeta aretino suddivide il suo canto fra le rime “in vita” e “in morte” dell’amata). Assistiamo dunque alla sublimazione del sentimento amoroso, poiché poco importa se Beatrice e Laura non sono mai state realmente a fianco dei due poeti toscani e sono andate all’altare con altri uomini: per loro esse sono rimaste sempre la vera idealizzazione della donna perfetta o perfettibile, fino a costituire costante fonte di ispirazione poetica per tutta l’esistenza. Così anche per Cattania, che nei suoi versi esprime ora il rammarico e l’amarezza per un amore non corrisposto, poi la felicità con la donna che ha amato “in vita” e che amerà per sempre anche “in morte”: Lila»  […].

Enzo Concardi

 

 

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Le problematiche dell’essere in Andrea Cattania e in Charles Baudelaire

La profonda dicotomia dell’essere che sin dai primordi turba l’animo umano e scuote gli intellettuali di ogni epoca, emerge anche nell’opera del poeta - ingegnere Andrea Cattania; un’ossimorica tensione tra ragione e sentimento, tra angoscia esistenziale e desiderio di elevazione pervade infatti le sue liriche. La poesia di apertura di questo capitolo, Il futuro dell’homo sapiens, pone subito un’accorata domanda, enfatizzata dall’apostrofe e dal rincorrersi di potenti antitesi: «Che ne sarà di te, Uomo Sapiente?// […]/ Vinci sfide impossibili, raggiungi/ le vette della conoscenza astratta.// Spingi al limite il pensiero simbolico.// Incapace di volgere in amore/ la folle ebbrezza di un sapere immenso,/ non sai se non ipotizzare quando/ si estinguerà, e come, la tua specie». L’ammirazione per i risultati raggiunti dalla mente umana, sottolineata dai verbi vinci, raggiungi, spingi, si accompagna alla triste consapevolezza della leopardiana infinita vanità del tutto: l’uomo non sa trasformare la sua conoscenza in condivisione (incapace… non sai), non si innalza al di sopra del contingente e il suo folle volo è ancora una volta fallimentare. Tuttavia i versi sono mossi da un’incessante ricerca, tesa a svelare il senso dell’esistenza e a scoprirne la bellezza, anche quando i sentieri sono impervi e le vie d’uscita lontane: «…Noi,/ piccole talpe cieche sottoterra,/ allunghiamo lo sguardo, ci illudiamo/ di scorgere un chiarore in fondo al tunnel…» (L’intuizione di Anassimandro). […].

Gabriella Veschi

 

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La contemplazione dell’universo e della natura in Andrea Cattania e in Paul Claudel

Non è raro il caso di una personalità dalla solida preparazione scientifica, che nondimeno riveli vivi interessi artistico-letterarî, che coltivi anche attivamente non superficiali inclinazioni estetico-culturali, una spiccata propensione alla scrittura poetica. Sono d’altronde pienamente ammissibili opzioni tematiche extra-scientifiche, svolgimenti di motivi etico-sentimentali, intimistico-psicologici o storico-sociali, confessioni di esperienze di vita sofferte e inconfondibili.

Invece la ricerca lirica dell’ingegner Andrea Cattania non sa prescindere dalle problematiche logico-matematiche, specificamente astrofisiche, che urgono alla sua mente, stimolano la sua fantasia, la quale se ne alimenta intensamente con risultati di indubbia incisività creativa: «La materia diffusa, l’energia/ che pervade/ l’intero cosmo, ovunque,/ nell’universo/ genera il campo gravitazionale./ La distorsione del mondo reale./ La curvatura dello spaziotempo» (La distorsione dello spazio); «…La luce/ si propaga intrecciando al proprio interno/ i due campi in un’unica natura/ nell’universo dello spazio-tempo./ La sua velocità costante è un limite/ irraggiungibile, esprime il rapporto/ in cui la massa diventa energia» (Vorrei conoscere i pensieri di Dio).

A un discorso imperniato sulla univocità e determinazione lessicali unite a essenzialità sintattica è immanente il rischio dell’aridità intellettualistica o comunque dell’appiattimento prosastico, mentre l’autore non si nasconde le peculiarità preziose della poesia: «La tempesta quantistica flagella/ gli elementi del brodo primordiale./ Li sfibra, li divelle, li affastella/ in seno al cono gravitazionale/ (…) Non solo lo scienziato, anche il poeta/ osa raffigurare lo scenario/ dell’Universo nell’Istante Zero./ La traccia folgorante di un pensiero./ L’origine del tempo immaginario» (La nascita del cosmo, corsivi miei come sempre in seguito). […].

Floriano Romboli

 

 

Andrea Cattania, Amore per sempre, prefazioni di Enzo Concardi, Floriano Romboli, Gabriella Veschi; Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 100, isbn 979-12-81351-46-2, mianoposta@gmail.com.

 

 

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Pasquale Ciboddo, "Labirinti della memoria"

22 Dicembre 2024 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Pasquale Ciboddo

Labirinti della memoria

Guido Miano Editore, 2024

 

Il poeta sardo della Gallura, Pasquale Ciboddo, continua i suoi itinerari lirici con questa pubblicazione del novembre 2024, edita, con la prefazione di Michele Miano, nei tipi della collana di testi letterari Alcyone 2000, appartenente alla produzione della milanese Casa Editrice Guido Miano.

Pasquale Ciboddo è uomo d’altri tempi, non nel senso riduttivo del termine, ma nel suo significato altamente positivo, ovvero quello di persona, intellettuale e scrittore sempre coerente con i valori della società in cui è nato, cresciuto, e vissuto fino ad oggi, mantenendo radici e identità culturali e geografiche intatte. È così che possiamo senz’altro definirlo come un autentico testimone del tempo, che ha quindi resistito alle sirene consumistiche e agli illusori miti di un progresso disumanizzante, per ergersi a portabandiera e simbolo di un’altra civiltà: il mondo contadino-agreste-pastorale dell’economia degli stazzi, un microcosmo autarchico dell’entroterra sardo legato ad una rete sociale e umana di fratellanza, solidarietà, lavoro, ideali in via di estinzione.

Tale premessa è necessaria per comprendere a fondo la genesi, l’origine della poetica di Ciboddo, espressione ed epifania di un’etnia particolare ma, nel suo caso, non chiusa in se stessa, bensì aperta alle istanze universali dell’anima artistica che ogni sensibilità creativa possiede. La poesia dell’autore deriva essenzialmente dagli incanti, dalle ragioni di esistere, dalla vita dura del passato che è, allo stesso tempo, ora, quale un bel sogno vissuto e quindi non più revocabile ma, come dice egli stesso, ancora vivente nelle memoria. È dunque la ricerca del tempo perduto il centro delle sue liriche, sebbene nella presente silloge emergano altre componenti tematiche, altri motivi d’ispirazione: il profondo desiderio della pace duratura per l’umanità distrutta e divisa dalle guerre; la condanna di ogni riduzione e minimalizzazione dei sentimenti umani altruistici; lo sguardo cognitivo oltre i confini della terra isolana natia; l’amore per la spiritualità e la religiosità dei padri, contemplanti una fede semplice al servizio del bene, contro le forze diaboliche del male.

Pasquale Ciboddo si è prefissato un programma per il suo fine-vita; l’ha scritto nella prima lirica del libro, in piena coscienza e lucidità: “Chi sarà il bastone / della mia vecchiaia? / Vivo solo, dopo la morte / della mia cara mamma. / Già vecchio, cucino / e mangio con la speranza / di campare a lungo. / Prego e scrivo poesie / e racconti sulla storia / del mio vissuto a contatto / con la natura dove sono nato, / cresciuto e incanutito. / Spero che il Signore mi / aiuti a essere sano e indipendente / sino all’ora della morte” (Prego e scrivo). Il suo stile semplice, diretto, scarno e senza fronzoli ci mostra subito la tempra di un uomo che ama l’essenzialità della vita, così ben rappresentata dall’immagine degli ossi di seppia montaliani. Da questi versi paradigmatici possiamo già trarre alcuni motivi a lui cari. La natura è interpretata come la casa propria, come le radici da non divellere senza dolore e lacerazioni: la natura inoltre È poesia (“Immersi in un mondo / senza tempo / le nostre radici / rinascono / dalle proprie ceneri. / Il tempo trascorso / diventa l’alba / di vita nuova. / E poi la natura / è poesia”. Madre terra è come un teatro all’aperto e i monti maestri muti di vita (Un teatro): immagine, quest’ultima, reminiscenza di derivazione goethiana, con uomini “discepoli silenziosi” delle montagne. Così il canto nostalgico si risveglia nel ricordo del garrire armonioso delle rondini … “musica e poemi / del tempo passato” (Rondini). La luna dei poeti, in lui non è quella leopardiana da interrogare sui quesiti esistenziali, né quella degli innamorati, ma un corpo celeste che aiuta la Terra a non essere un solo deserto (Per arricchire). La religiosità non ha in lui bisogno di problematiche complesse, ma si sviluppa nell’umiltà e nella semplice lode al Signore, nel vivere in pace le beatitudini spirituali, nella fiducia nell’opera della Provvidenza di manzoniana memoria.

E il viaggio nella memoria ricostruisce molti momenti del passato, tra cui l’allevamento in Gallura, la scomparsa del già citato mondo degli stazzi, la malinconia per il declino delle iniziative culturali, la tristezza per la fine dell’arte delle “chiudende” (muri a secco) … ma l’andare a ritroso nel tempo ha una funzione importante: tenere in vita ciò che si è stati, l’essere che fu. Il poeta sa che è vicino il momento dell’addio, il distacco dai beni terreni; ma la brevità della vita (Seneca) fa dire a Ciboddo: “E si è subito vecchi” (che è come “Ed è subito sera” di Quasimodo”). Tuttavia egli aggiunge da credente: “La speranza di vita eterna / si trova nell’al di là”.

Enzo Concardi

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L’AUTORE

Pasquale Ciboddo è nato a Tempio Pausania (SS), in Gallura (Sardegna), nel 1936; già docente delle scuole elementari, è uno dei poeti sardi più noti in Italia (è conosciuto anche a Cuba), e ha al suo attivo numerose pubblicazioni poetiche e di narrativa con prefazioni e introduzioni di prestigiosi critici. Ha conseguito molti premi e riconoscimenti.

 

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squale Ciboddo, Labirinti della memoria, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 80, isbn 979-12-81351-45-5, mianoposta@gmail.com.

 

 

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Biancamaria Valeri, "Di fiore in fiore"

14 Dicembre 2024 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Biancamaria Valeri

Di fiore in fiore

 Guido Miano Editore, Milano 2024.

 

 

Con la prefazione di Marco Zelioli – nella collana di testi letterari Alcyone 2000, della Casa Editrice Guido Miano di Milano – è stata pubblicata, nel novembre 2024, la raccolta poetica di Biancamaria Valeri: Di fiore in fiore. Il titolo richiama, sebbene parzialmente, il noto verso sabiano: “... M’incantò la rima fiore / amore”, che leggiamo in Amai, lirica della sezione Mediterranee del suo Canzoniere. Nella scrittura della Valeri, tuttavia, non vi sono solo motivi naturalistici (madre natura) e sentimentali (amore duale), ma più poetiche s’intrecciano a comporre un mosaico di emozioni, ricordi, meditazioni, spaziando dalla presenza del dolore nell’esperienza umana – lacerazioni affettive personali e lutti provocati dalla violenza delle guerre e del potere – alle speculazioni sulle tematiche dell’essere e del tempo, alla memoria delle profonde radici del luogo elettivo e natio di Ferentino, alle istanze spirituali dell’anima, alla manifestazione di un bisogno religioso di Trascendenza. A ciò va aggiunto, per meglio inquadrare l’estetica della sua poetica, il legame linguistico e semantico con la tradizione letteraria italiana classica per taluni aspetti, ermetica novecentesca per altri.

Il canto naturalistico della poetessa è un invito all’ascolto delle voci provenienti dal cosmo più grande e dai mondi più piccoli, che talora si sovrappongono. S’innestano sovente metafore e simbologie proiettanti le immagini nell’alterità e nell’oltrità, creando raffigurazioni di sicuro effetto lirico, anche con l’uso di sinestesie. Un esempio ci è dato da Pioggia, in cui essa è paragonata alla “voce del cielo” che “scende fitta sulla terra”; il suo linguaggio assomiglia a “trilli” o “cinguettii”; penetra nell’animo del “sognante / ascoltatore”; le gocce sembrano “lacrime amare … inconsapevoli e fredde” perché “del dolore umano” sono “ignare”. E qui abbiamo la stessa concezione leopardiana insita nella sua filosofia della natura, trasformatasi da madre in matrigna, poiché conosce il destino degli umani, ma non ne svela i segreti. Più consuete sono le immagini coloristiche descrittive delle atmosfere autunnali ed estive (Vento d’autunno, Estate), stagioni che segnano le trasformazioni climatiche. Da segnalare in Estate la reminiscenza foscoliana tratta dal quinto verso dei Sepolcri: “bella d’erbe famiglia e d’animali”, che in lei diventa: “la bella d’erbe e animal / famiglia”, anastrofe di sapore neoclassico. Ed ancora il rimando dannunziano di Falce di luna calante, in cui il satellite terrestre, caro ai romantici ma, invero, a tutti i poeti, nella poetessa fa da alter ego al “bagliore spettrale / delle luci cittadine”, creando un contrasto fra natura e tecnologia aliena.

I concetti di viaggio, navigazione, cammino - con tutti i rischi, le contraddizioni, le problematiche insite – si attanagliano ai percorsi esistenziali dell’autrice. Infatti l’immagine della Zattera le ispira una composizione nella quale risuonano questi versi: “Come una zattera / è il nostro andar / pel pelago in burrasca / ...”, ma alla fine essa sarà l’ancora di salvezza che ci farà guadagnare la terraferma e scopriremo che la vita, l’amore, sconfiggono la morte. Sono care a lei le metafore marine, ed ecco allora Naufraghi, l’immagine della nostra condizione umana, nella quale emerge – come altrove – la funzione fortificatrice del dolore, che ci migliora e rende solidali e fratelli. Anche Vorrei si pone sulla linea delle antitesi ontologiche, in quanto la vita “è un finissimo equilibrio / tra essere e non essere, /desiderare e avere”. Il ritmo dialettico passioni-illusioni si dimostra uno scacco esistenziale, mentre una svolta avviene con “la speranza della luce” che “è più forte dei muti terrori”, e con l’abbandono nell’infinito, ancora di tipo leopardiano (“profonda quiete”), contemplato dai colli dell’amatissima Ferentino.

 Ora il passo è breve per penetrare nelle dimensioni religiose, spirituali, nel mondo pneumatico, così ben evocato in Paese dell’anima, lirica paradigmatica delle realtà interiori vissute dalla poetessa (“È un paese la mia anima”) e rese anche formalmente efficaci mediante iniziali maiuscole, anafore congiuntive e possessive, versi brevi, ritmi incalzanti, concetti oblativi dinamici, come comunione, comunicazione, comunità. Il gradino finale è raggiunto: l’abbandono nelle braccia di Dio Amore, nella sua pace e nella sua luce, nell’estasi della Pasqua di Resurrezione, come insegna San Paolo: “Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (1 Corinzi 15,55). E chiosa con convinzione nell’ultimo verso: “E non ci fu più fine”.

Enzo Concardi

 

Biancamaria Valeri, Di fiore in fiore, pref. Marco Zelioli, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 72, isbn 979-12-81351-49-3, mianoposta@gmail.com.

 

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L’AUTRICE

Biancamaria Valeri è nata a Ferentino (FR) una ridente cittadina nel cuore della Ciociaria. Dopo aver completato gli studi classici nel locale liceo “Martino Filetico”, ha conseguito nell’Università “La Sapienza” di Roma le lauree in Filosofia e in Lettere con indirizzo storico. Successivamente, seguendo i suoi interessi culturali, ha conseguito i diplomi di Archivista Paleografo, di perfezionamento in Storia Moderna e in Filosofia. Ha conseguito anche due master in didattica museale: uno nell’Università di Ferrara, l’altro nell’Università di Roma Tre. Ha approfondito gli studi Filosofici e Storici per prepararsi per la sua carriera di insegnante, insegnando Storia e Filosofia nei licei per circa 27 anni. Nel 2007 è diventata Dirigente Scolastico.

 

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ALCYONE 2000 – QUADERNI DI POESIA E DI STUDI LETTERARI, volume 18

13 Dicembre 2024 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #poesia, #riviste letterarie

 

 

 

 

ALCYONE 2000 – QUADERNI DI POESIA E DI STUDI LETTERARI, volume 18

 Guido Miano Editore, Milano 2024

 

La Casa Editrice milanese “Guido Miano” continua le sue pubblicazioni dei volumi Alcyone 2000(ottobre 2024), i cui testi forniscono interessanti contributi come “Quaderni di poesia e studi letterari”: siamo giunti al numero 18 di tali percorsi, negli scenari culturali degli Anni Duemila. Il volume è suddiviso in cinque parti: Contributi letterari; Testimonianze; Pittura e scultura; Sillogi poetiche; Itinerari di letteratura comparata: saggi critici. Mi piace citare alcuni autori che sono trattati in tali contesti, per rendere edotto il lettore della qualità dei poeti e dei letterati che appaiono sulle pagine della rivista e della conseguente seria e professionale ricerca critica da essa portata avanti. Andando in ordine di pubblicazione troviamo:  Carducci, Pascoli, Turoldo, Platone, Bronte, Baudelaire, Poliziano, Tennyson, Leopardi, Montale, De Luca, Rebora, Ungaretti … nonché alcune sillogi di poeti contemporanei alla ricerca della propria affermazione. Inoltre trovano spazio anche arti figurative come pittura e scultura, con belle immagini a colori e in bianco e nero, nella volontà editoriale di sviluppare il discorso del “parallelismo delle arti”.

Per testimoniare al lettore i contenuti significativi, prendiamo in esame alcuni contributi paradigmatici, attraverso una trattazione critica sinottica. Iniziamo dal saggio di Giorgio Battaglia dal titolo: “Messaggio sociale in Carducci e Pascoli”. Il maestro-vate garibaldino dell'Italia riunificata di fine Ottocento (Carducci) e il discepolo cantore dell'Italia contadina e della giustizia sociale (Pascoli) sono accomunati, secondo l'autore, dallo stesso anelito di rinnovamento e  riscatto etico-politico-sociale dell'Italia, sebbene portatori di poetiche differenti, l'uno realista, l'altro con sensibilità decadentista. Per Carducci il Risorgimento è stata l'epopea eroica dell'unificazione, alla quale succede però l'imborghesimento della vita civile e sociale. Per Pascoli l'emancipazione del lavoro era l'obiettivo primario, ricordando anche il suo socialismo umanitario giovanile. Per entrambi, così come per il De Amicis, risolto il problema politico, restava insoluto il grave problema sociale delle masse diseredate dalla rivoluzione industriale.

Volgiamo ora lo sguardo sul saggio di letteratura comparata di Gabriella Veschi: “Il viaggio nell'anima di Imperia Tognacci, sui sentieri poetici di Giacomo Leopardi e di Giuseppe Ungaretti”. Analizzando il poemetto “Là dove pioveva la manna” (2015), della poetessa nata a San Mauro Pascoli, definisce un 'viaggio nell'anima' tale sua opera, scoprendo analogie con il padre dell'Ermetismo, Giuseppe Ungaretti: entrambi ricercano l'ordine e l'armonia nel caos del mondo contemporaneo, e il lessico dei paesaggi desertici della Tognacci ricorre anche in Ungaretti (Vita di un uomo). Così in Leopardi le similitudini vengono riscontrate con le “Operette morali”, sia per l'impianto strutturale, sia per la tematica dell'influsso del progresso sulla vita umana, sia per la comune visione della natura malevola e indifferente verso i destini umani, come nelle sofferenze dell'islandese e del pastore errante per le steppe asiatiche.

Le sculture della genovese  Maria Teresa Vittone, scomparsa proprio quest'anno,  possono essere citate come esempio degli artisti pubblicati da Miano: in “Alcyone 2000” è presentata dai critici Salvo Nugnes e Paolo Levi, oltre a una nota editoriale: insieme sottolineano che “... la morbidezza, l'estetica curata e raffinata, ma allo stesso tempo semplice, rendono le sue opere un tributo alla bellezza femminile”. E possiamo ammirare: Incantesimo, Apparenza, Pentimento bronzi del 2000, 2012, 2016. 

Per concludere i nostri inviti alla lettura, visitiamo due sillogi poetiche commentate da Marcella Mellea e Raffaele Piazza. La prima, “Coriandoli di vita” è di Cinzia Magarelli, poetessa milanese dalle liriche intense e delicate, esprimenti luci e colori, scaturenti dal proprio mondo interiore e spirituale. Tempo, spazio ed emozioni umane si concretizzano nella vita concepita come un viaggio, nel quale il ventaglio dei sentimenti arricchisce le occasioni per vivere, solo incrinato da un amore ferito. L'altra, “Vivo di te” è di Francesco Terrone, poeta salernitano che canta l'amore come salvezza del mondo, quell'amore sentimentale che tiene uniti per sempre in un cammino infinito verso la felicità e quell'amore universale che oggi non aleggia sul Pianeta Terra, e per tale sua assenza l'umanità va alla deriva.

 

Enzo Concardi

         

Alcyone 2000 – Quaderni di Poesia e di Studi Letterari, vol.18; Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 116, isbn 979-12-81351-47-9, mianoposta@gmail.com.

 

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Pietro Nigro, "Opera Omnia - Volume 2 Prose"

27 Novembre 2024 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #saggi

 

 

 

 

 

 

 

Opera Omnia (Volume 2 – Prose)

Pietro Nigro

Guido Miano Editore, Milano 2024.

 

Questo secondo volume dell’Opera Omnia dello scrittore e poeta siciliano Pietro Nigro, riguardante il meglio delle sue opere in prosa, segue di poco tempo la pubblicazione del primo volume dedicato alla poesia, genere nel quale egli ha conseguito, a detta unanime della critica letteraria, esiti di valore estetico e contenutistico non indifferenti. Dei suoi scritti in prosa, ancorché collocabili anch’essi su livelli di rilievo, non è possibile esprimere una valutazione globale, data l’eterogeneità delle materie e dei generi nei quali l’autore si è cimentato e che quindi rimandiamo nello specifico, all’interno della trattazione dei singoli capitoli in cui è stata suddivisa tale raccolta, relativa dunque all’arco temporale più ampio della sua produzione scritturale nel corso dell’intera esistenza.

Il lettore, che s’affaccia con curiosità a navigare tra le pagine di Nigro, potrà senz’altro riscontrare l’ecletticità dei suoi interessi culturali, che spaziano in vari campi del sapere non solo strettamente letterario. Si è cercato quindi di razionalizzare il magma complessivo dei suoi scritti, suddividendolo in cinque capitoli, tre dei quali sono a loro volta articolati in diversi sotto-capitoli, per facilitare ulteriormente l’orientamento di chi legge: in tal modo è possibile scegliere direttamente l’aggregazione che più interessa o attrae, incontrandosi con i propri gusti culturali. Questa opzione metodologica-editoriale si può qui riassumere visitando dapprima le varie enunciazioni capitolari, per successivamente entrare nel merito dei lacerti più significativi.

Un’altra avvertenza che può essere utile al lettore riguarda la cronologia: criterio utilizzato solo all’interno di ciascuna parte o sotto-parte del libro e non in assoluto. Infatti si è privilegiata la suddivisione per materia rispetto ad ogni altra considerazione.

Addentrandoci dunque nell’Opera Omnia ecco che il primo incontro avviene con le Pagine memoriali, d’arte e di letteratura (I capitolo): raggruppano le pagine autobiografiche; una miscellanea di scritti artistico-letterari; una sintesi di storia della musica (dalle origini a Domenico Scarlatti). Segue la sezione (II capitolo) dedicata alla narrativa e ad una raccolta di pensieri su temi filosofici, ideologici, politici. Le Opere teatrali (III capitolo) contemplano tre titoli: Il padre sagace; Il trionfo dell’amore; Noi studenti. Gli scritti di Critica letteraria (IV capitolo) sono inerenti a prefazioni o recensioni di pubblicazioni d’autori contemporanei, prevalentemente siciliani. Infine (V capitolo) l’originale ed interessante studio sulla Numismatica dell’Impero romano, il quale, presentando le monete coniate anche, talvolta, con le effigi dei diversi “Cesari”, ricostruisce scenari della storia imperiale.

La prosa delle pagine autobiografiche assume un carattere essenzialmente diaristico-epistolare: si tratta più che altro di lettere scritte ai suoi cari in età giovanile durante viaggi all’estero in Francia e in Svizzera (Parigi, Lione, Ginevra…), e altre missive ad ogni ritorno a Catania. Gli argomenti sono vari: dai vaglia ricevuti per pagare le tasse universitarie, ai commenti sul Festival di Sanremo; dalla descrizione dei luoghi visitati – talvolta in lingua francese – alle sistemazioni alberghiere; dalla segnalazione dei testi scolastici da acquistare ai formali saluti in uso allora («Noi stiamo molto bene, come speriamo di voi»). Da segnalare le riflessioni sui suoi anni dell’insegnamento (1962-1992) in cui rimarca l’amore e la dedizione profusi nella professione scelta e da cui emerge una visione educativa del rapporto con gli studenti e non solo didattica. Nella miscellanea artistico-letteraria appaiono saggi critici su Leopardi, Montale, Van Gogh, Gauguin e Paul Valéry (che sottotitola con L’uomo: storia di una vita, di un’anima, di uno scrittore). L’autore coglie qui l’occasione di rispecchiarsi in alcune tematiche leopardiane, di condividere la montaliana vocazione per la poesia pura, mentre sconfinata è la sua ammirazione per Valéry, considerato il più grande poeta di Francia e depositario della poesia immortale. Qui la prosa possiede naturalmente quella proprietà di linguaggio specifica e specialistica della critica letteraria. La Sintesi di storia della musica è scritta più che altro per titoli, nomi di autori e loro opere, brevi spiegazioni biografiche musicali tecniche: utile per successivi approfondimenti. Si va dal Medio Evo al Canto gregoriano al Barocco con i suoi maggiori rappresentanti: Corelli, Torelli, Purcell, Couperin, Albinoni, Vivaldi, Telemann, Rameau, Scarlatti.

Per la Narrativa sono stati pubblicati tre brevi racconti. Oltre la siepe ha la sostanza di un sogno nel quale il protagonista scopre - dopo aver camminato in un fitto ed oscuro bosco - un ‘eden’ irreale e misterioso - dove tuttavia tutto è armonia: «Lassù c’era solo lui e la natura, la sua mente e l’universo, il suo corpo, la sua anima e Dio». Altre scoperte sorprendenti lo attendono, sempre in un’atmosfera onirica e che il lettore potrà interpretare a suo giudizio, ma che posseggono comunque un timbro simbolico e metaforico. La scrittura di Nigro è dedicata al paesaggio descritto liricamente, svela la capacità della suspence, coinvolge perché i periodi sono brevi, battenti, efficaci, scorrono senza fronzoli o divagazioni. Simile è lo stile del secondo racconto – In treno – in cui due studenti si recano per la prima volta all’estero per frequentare corsi di lingue e letterature straniere. Toni è invece una storia in stile deamicisiano di povertà, esclusione, emigrazione, dolore. Il padre Beppe, sul letto di morte, spiega al figlio il motivo per cui aveva dovuto cercare la carità per sfamarlo, perché non era riuscito a mandarlo a scuola ed era stato lui ad insegargli a scrivere e a leggere: la miseria. Ed ora Toni era costretto a lasciare il luogo natio per cercare fortuna nella ‘città’ lontana. L’impianto narrativo si regge soprattutto sul dialogo fra Toni e Beppe, con accenti commoventi e tristi. Nella piuttosto estesa sezione sottotitolata Pensieri, l’autore espone in sostanza la propria visione del mondo: non v’è certo qui spazio per il dettaglio, per cui orienteremo il lettore indicando i temi e gli argomenti principali trattati. In sequenza: scritti giovanili a carattere esistenziale; arte e cultura, avanguardie e rinnovamento artistico; politica e società; la cultura dell’odio; i valori della vita; riflessioni su Dio e l’Uomo; l’ambizione umana; le catastrofi delle ideologie; il Cristo e la verità. La prosa utilizzata dall’autore è piuttosto descrittiva di concetti ideologici e sociologici, nonché memoria di eventi passati.

Le opere teatrali qui presenti possono essere suddivise in due categorie distinte. Il padre sagace (atto unico in XIII scene) e Il trionfo dell’amore (atto unico in IX scene) hanno come argomento comune ed esito finale - sebbene con trame diverse - la vittoria dell’amore, vissuto dalle nuove generazioni quale realizzazione di un sentimento autentico, superando le antiche e ristrette visioni legate agli interessi materiali e alle volontà impositrici delle famiglie di origine. Noi studenti, invece - definita dallo stesso autore una ‘commedia drammatica’ - sviluppantesi in 3 atti e VI scene, riprende il tema del rapporto tra professori e studenti, già sviscerato nelle pagine autobiografiche e nei pensieri. Le vicende si snodano intorno ai ruoli nel mondo scolastico, all’autoritarismo del corpo docente e alla ribellione dei ragazzi, ai concetti educativi e al senso di giustizia, agli errori commessi da entrambi e alla capacità di riconoscerli, col lieto fine del perdono e della riconciliazione. È ovviamente una realtà esistente ai tempi dell’insegnamento di Nigro, realtà oggi largamente cambiata. Il linguaggio delle tre opere teatrali è in sostanza il lessico quotidiano, in quanto esso rispecchia gli innumerevoli dialoghi tra i personaggi, in gran parte brevi e concisi, tranne qualche rara eccezione di carattere riflessivo.

Nella parte dedicata all’autore come critico letterario di opere contemporanee possiamo leggere prefazioni a sillogi poetiche, recensioni a pubblicazioni di carattere autobiografico, introduzioni a libri di narrativa, giudizi critici relativi a pittori … ed anche Altre riflessioni letterarie, pubblicate in varie antologie, di cui una ci pare riassumere in pieno il pensiero di Pietro Nigro sul mondo d’oggi: «Un ritorno alle origini del Cristianesimo si impone per debellare le tremende conseguenze che hanno portato l’uomo alla dissennatezza che si è espansa nel corso dei secoli. L’esempio di Francesco ci indica la via che porta ad un capovolgimento di una situazione che sta divenendo sempre più tragica. Non si pretende che l’uomo faccia per filo e per segno quello che Francesco è riuscito a compiere, ma si “crei equilibrio di convivenza” nonostante la fragilità della natura umana che porta a comportamenti non del tutto encomiabili. Non è essenziale che si creda o no ad una religione purché i comportamenti si allineino ai principi che essa ci indica». Egli, come critico letterario, rivela la capacità di risalire dai versi o dalla prosa, al mondo interiore degli autori, indagando anche sui fattori ambientali e sociali che possono aver influito sul loro percorso culturale, letterario, artistico e spirituale.

L’ultimo capitolo dell’Opera Omnia - come già anticipato - dal titolo Numismatica dell’Impero romano, consiste in una rassegna storica attraverso le monete che ogni imperatore coniava per caratterizzare il suo potere: talune raffiguravano il volto dei vari ‘cesari’ succedutisi, altre riportavano vari simboli della vita pubblica e delle attività svolte nell’economia del tempo, essenzialmente agricola. Il materiale numismatico appartiene alla grande collezione dell’autore e nel libro, a fianco del breve ritratto che egli tratteggia per ogni personaggio, vengono pubblicate anche le fotografie delle stesse monete, con specificate le loro caratteristiche tecniche. Nella piacevole lettura vi faranno compagnia: Giulio Cesare, Marco Antonio, Ottaviano, Tiberio, Nerone, Tito, Domiziano … e tanti altri.

Per concludere non ci resta che risottolineare la vocazione multiculturale di Pietro Nigro, che ha voluto spaziare in molti campi del sapere, spinto da una “sete” di conoscenza non comune.

Enzo Concardi

 

 

Pietro Nigro, Opera Omnia. Volume 2 - Prose, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 232, isbn 979-12-81351-39-4, mianoposta@gmail.com.

 

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L’AUTORE

Pietro Nigro è nato ad Avola (sr) nel 1939 e risiede a Noto (sr); laureato in Lingue e Letterature Straniere all’Università di Catania, ha insegnato inglese presso varie scuole superiori. Ha iniziato a scrivere poesie fin da ragazzo; la sua ispirazione trae origine dai luoghi siciliani della sua infanzia e dagli ambienti francesi e svizzeri visitati durante le vacanze estive, in particolar modo Parigi (la sua città d’elezione), dove si recava spesso per perfezionare la conoscenza della lingua francese. Il primo libro di liriche, Il deserto e il cactus, è stato pubblicato da Guido Miano nel 1982 e gli è valso il 1° Premio assoluto per la poesia edita, Targa “Areopago” (1983, Roma). Sono seguite molte opere poetiche, testi di saggistica e altri lusinghevoli riconoscimenti, tra cui il prestigioso Premio “Luigi Pirandello” per la Letteratura (Taormina, 1985) e il Premio “La Pleiade ‘86” «per la produzione letteraria e poetica già riconosciuta a livello critico» (sala del Cenacolo di Montecitorio, Camera dei Deputati, Roma 1986).

 

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Wanda Lombardi, "Tempi inquieti e altre poesie"

26 Ottobre 2024 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #enzo concardi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Wanda Lombardi

Tempi inquieti e altre poesie

 Guido Miano Editore, 2024

 

Per i tipi della Casa Editrice milanese “Guido Miano”, nella collana di testi letterari Alcyone 2000, è stata pubblicata la raccolta poetica Tempi inquieti ed altre poesie (2024) della poetessa sannitica Wanda Lombardi, che si compone di due parti: “Tempi inquieti, nuove poesie” e “Perché nulla vada perduto”, antologia di poesie edite a contenuto spirituale e religioso. L’inquietudine è la cifra esatta della poetica lombardiana, una sorta di status quo esistenziale e spirituale moderno che parte dall’anima dell’autrice, si espande nel mondo, per acquisire i suoi influssi e, in ultima analisi, riverberarsi con varie valenze nell’interiorità personale (la stessa dimensione che Lucio Anneo Seneca, agli albori del Cristianesimo, propugnava come caposaldo della vita umana libera). La lirica La mia anima è l’immagine speculare di tutto ciò e va anche oltre, ovvero introduce una dinamica ossimorica reiterata in altri luoghi metrici della raccolta. Qui cogliamo già alcune dicotomie e dualismi tipici, propri dell’incedere concettuale lombardiano. Da un lato il recto della medaglia: “fragile e tormentata è la mia anima”, “una barca alla deriva / quando il dolor percuote”, “accesa ver colui / che per odio è teso a demolire”; dall’altro il verso: “Semplice qual cuore di fanciullo, / trepida quando emozion l’assale”, “una roccia che non crolla / nei tanti scossoni della vita”, “Un terso specchio che riflette amore / per chi amore e gioia sa donare”, “Un libro aperto la mia anima”.

Sempre la stessa lirica può essere presa a modello per un versante dello stile poetico di Wanda Lombardi, cioè la ricerca estetica di un adagio leggermente classicheggiante, come testimoniato anche da alcune parole tronche qui e altrove utilizzate: “dolor”, “ver”, “qual”, “emozion”. Alla stessa stregua la sua ricerca formale si concretizza negli echi di taluni riferimenti letterari del nostro Otto-Novecento classico-ermetico, come in Fragilità, il cui incipit rievoca in soli tre versi nientemeno che Leopardi e Montale: “Il mio sconforto comparando / a quello altrui” … “Comparando” è verbo leopardiano nell’Infinito e richiama pure il somigliare alla vita del passero il costume solitario e dolente del recanatese ne Il passero solitario; mentre “Il male di vivere affronto” è di assoluta derivazione dalla poesia montaliana e ben si sposa con l’inquietudine lombardiana.

L’altro versante stilistico è dato dalla tendenza a una certa forma di poesia-prosa che quindi indugia, anche se con moderazione, in cadenze di tipo narrativo. Paradigmatica è Sfumature, della quale, per ragioni di spazio, riportiamo solo qualche verso: “Nessuna cosa al mondo / uguale è all’altra, / pur nell’apparente somiglianza. / Si osserva, si rivede, si confronta / e tutto accattivante sembra / mentre nella mente si fermano le immagini / e via via esse vengono affiancate...”.

L’ispirazione proviene da regioni e dimensioni dell’esistenza che s’intrecciano e si interfacciano tra loro, creando un ventaglio aperto d’immagini ed atmosfere. Nel mosaico tematico il punto di partenza è senz’altro quell’interiorità a cui s’è già accennato, alla quale s’affiancano i vissuti autobiografici e quindi anche memoriali; un posto di rilievo nei testi è destinato al rapporto io-mondo, relazione conflittuale per le aberrazioni storiche, sociali, ambientali che stiamo vivendo ad opera di homini lupus, ma relazione armoniosa e riconciliatrice con la Natura, pur minacciata da gravi pericoli. Ne risulta un pessimismo antropologico verso l’umanità che, talvolta, produce scene apocalittiche, quando la poetessa indossa i panni di una Cassandra profetessa di sventure. Tuttavia, d’altro canto, l’apparente passatismo e il latente misoneismo di alcune liriche, in realtà non sono tali e non le appartengono ideologicamente e culturalmente, in quanto sono solo reazioni istintive agli eccessi e ai malesseri apportati dall’altra faccia del progresso e della società consumistica, che tutti condanniamo. L’idolatria tecnocratica, delle macchine, della velocità produce furti di umanità in tutti noi che, a lungo andare, metteranno a repentaglio l’essere autentico, proliferando alienazioni e dipendenze: questo è il fondo del messaggio lombardiano, molto realistico ed attuale.

Ed allora, la seconda parte del libro, che in sostanza è poesia religiosa, ristabilisce il cammino per accedere alla Luce, celebrando la spiritualità cristiana, il rapporto con Dio, il ritorno alla fede dei padri: “La serenità interiore / i disaccordi allontana, / avvia alla solidarietà, spinge ad essere migliori” (Ritrovare la pace); “Avvicìnati agli umili, / agli oppressi, agli emarginati / e felice sarai. / Vivere nella felicità di ben operare / è vivere con Dio” (Saper vivere). Queste sono le cose che non devono andar perdute e tale è il testamento ultimo della Lombardi.

Enzo Concardi

 

 

Wanda Lombardi, Tempi inquieti e altre poesie, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 60, isbn 979-12-81351-38-7, mianoposta@gmail.com.

 

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Tommaso Tommasi, "Poesogni"

15 Settembre 2024 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Tommaso Tommasi

POESOGNI

 

L’argomento dei sogni, della vita onirica, è l’esclusività di questa pubblicazione dello scrittore marchigiano, vivente nella bergamasca, Tommaso Tommasi. Il libro è stato edito nel luglio 2024 a Milano dalla Casa Editrice Guido Miano, nella collana di testi letterari “Alcyone 2000”. Reca come sottotitolo “Poesie e sogni”: si tratta infatti di un’opera costituita dall’alternanza di prosa e poesia, dal racconto dei sogni personali dell’autore, intervallati da brevi liriche. La prefazione è stata scritta da Michele Miano il quale colloca “Poesie e sogni” come la continuazione delle due opere precedenti, Ripamaro (2020) e Lamodeca (2022), in una trilogia ideale a formare “... un percorso di vita e sperimentazione linguistica”. In esergo l’autore presenta quattro versi che forse vogliono essere una traccia di lettura di tutto il complesso dei suoi testi che si sviluppano in seguito: “Vivo per sognare. / Il sogno è poesia. / Ma poi mi sveglio e trovo / intorno a me il mondo”. Il racconto della vita onirica notturna si avvale di una prosa semplice, diretta, senza pretese letterarie, ricordando i sogni che lo hanno visitato nelle fasi di sonno dell’esistenza, quasi una scrittura a briglia sciolta che sembra essere un outing dovuto ai prodotti immaginari del proprio inconscio, mentre le poesie che si intervallano posseggono un valore lirico superiore, un’intensità elevata, uno spettro immaginifico e creativo di grande suggestione ed attrattiva, pur lasciando spesso il lettore alle prese con l’interpretazione del maggior numero di esse.

 Una parte delle narrazioni svela che si tratta di sogni interrotti ed il risveglio è di natura bipolare, così come il contenuto delle vicende oniriche: in altre parole il mondo dei sogni di Tommasi ha sia delle caratteristiche rosee, romantiche, amorose, positive, sia delle connotazioni contrarie, ovvero ha più senso parlare, in quei frangenti, di incubi, trame noir, situazioni angosciose (forse un po’ alla Edgar Allan Poe), negatività. Tant’è vero che abbastanza di frequente ricorre la frase: “per fortuna mi sono svegliato” (allocuzione posta anche al termine del libro, dopo l’ultimo sogno, Il mare di plastica, nel cui finale l’autore scrive: “... E poi mi trovai a galleggiare insieme a tanti oggetti di plastica. Intorno alla mia barca non c’erano più pesci, ma tanti oggetti colorati, che avevano trasformato il mare in qualcosa di orribile”). Dunque ecco che il contrasto fra sogni e realtà si può invertire rispetto a quel che comunemente si pensa: la vita onirica non è solo un viaggio beato tra le nuvole, ma si può trasformare – l’esperienza lo insegna ed anche nell’autore è così – in un viaggio all’inferno, con notti agitate e improvvisi risvegli accompagnati da stati di panico. Un altro aspetto che appare dai racconti di Tommasi è quello dei sogni-presentimento, come l’esempio sopra citato del mare di plastica, rischio di un inquinamento ambientale reale.

Narrando dei propri sogni l’autore si tiene lontano da ogni interpretazione psicanalitica (scuola freudiana, adleriana, junghiana) ma, come recita chiaramente il titolo del libro, ne trae ispirazione poetica, anche se il legame tra un sogno e la relativa lirica non è quasi mai evidente, dal momento che la raffigurazione traslata dei significati è estremamente soggettiva e quindi conosciuta in ultima analisi solo da chi la compie. Occorre ancora tener conto del linguaggio criptico, esoterico, ermetico dei testi per completare il quadro dell’irrazionalismo imperante nell’opera, del resto già insito nella materia onirica, la quale deriva da una dimensione della nostra psiche per definizione illogica, inconscia e quindi non controllabile dalla volontà e dalla ragione. Ne sono testimonianza diverse composizioni che rappresentano il sentire del poeta, il cui lessico – pur affascinante e intrigante – può sconcertare per la sua enigmatica natura: “Il diapason del merlettaio / ramifica l’ossequio del poliglotta / e gorgheggia sul monolite d’acciaio” (senza titolo); “L’apparenza sconquassa / come un cacciatore / che racconta di sommergibili / arrugginiti dell’isola / dove il tramonto dell’eloquenza / emana un iter istintivo” (senza titolo). Altrove invece il messaggio si comunica con più comprensione: “Mi sono allontanato / dal cerchio di fuoco: / non seguirò più / le lunghe strade / che non hanno / orizzonti limpidi: / resterò solo / sulle strade del cuore” (senza titolo). Tommasi ha sentito il bisogno di dar luce ai propri sogni sognati traendone poesia: potrebbe essere una nuova strada per il futuro.

Enzo Concardi

 

 Tommaso Tommasi, Poesogni - Poesie e sogni, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 80, isbn 979-12-81351-36-3, mianoposta@gmail.com.

 

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Adriana Deminicis, "8 Infinito 8 - L'arrivo del gabbiano"

10 Luglio 2024 , Scritto da Enzo Concardi Con tag #enzo concardi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

8 Infinito 8 – L’arrivo del Gabbiano

Adriana Deminicis

 Guido Miano Editore, Milano 2024.

 

Dopo la pubblicazione de La gemma di giada nel 2023 – che ha visto sempre la mia prefazione – ecco ora l’apparizione de L’arrivo del Gabbiano, seconda opera di Adriana Deminicis, appartenente al ciclo dedicato all’Infinito: ne è sicuramente la prosecuzione poetica ed ideale, riprendendone i motivi di fondo e la tecnica letteraria. La poesia incipitaria del libro cerca di illustrare al lettore il lungo cammino che l’aspetta per raggiungere mete e traguardi di spiritualità e benessere, nell’unione con il Tutto: porta lo stesso titolo simbolico della raccolta ed è una sorta di dichiarazione programmatica del significato della presenza dei gabbiani, ovviamente metafora da svelare. I versi chiave mi sembrano i seguenti: «… Il Gabbiano in volo rappresenta / il mio pensiero che ha trovato la via / per poter uscire ed intraprendere / il cammino, nel respiro liberato / che fluttua nell’Aria, ondeggia / ed a ogni batter d’ali / fa imprimere parole sentite, / sgorgano fluttuanti senza remore e paure / e dicon ogni cosa, / tutto quello che il mio cuore in questo momento sente...».

La mente e il sentimento della poetessa agiscono quindi all’unisono, investendo tutta la personalità, l’essere, l’anima, i sensi per compiere un cammino di liberazione e di guarigione, simile alla funzione dell’antica “vis medicatrix naturae. Qui potremmo già citare - come esemplificazione – le liriche Il quarzo citrino («Non era un vezzo / senza significato / portare un ciondolo / di quarzo citrino /…/ lo vedevo luccicare / lo tenevo a me vicino / e i suoi effetti e benefìci / si imprimevano ben presto / sul mio corpo…»; La gemma di giada («Scompariva il dolore dal corpo / grazie alla preziosa gemma di giada /…/ erano il cielo stesso, l’aria, le acque del mare / a volere tutto questo...»; La gemma corniola («... / indossavo una collana al collo / avvertivo una energia diversa /…/ per non parlare della carnagione / che assumeva un colore diverso ringiovanito / grazie anche alla gemma corniola, / che portavo al collo»).

Gli elementi della Natura sono quindi protagonisti in questa poesia i cui contorni vanno gradualmente definendosi nel suo sviluppo e che incontreremo nell’analisi critica, elementi che sempre interagiscono con l’io dell’autrice, svolgendo un ruolo di alter-ego nel dialogo colloquiale, immaginato e vissuto nell’interiorità ed esternato attraverso il linguaggio poetico. Si tratta dunque di una poesia soggettiva, in definitiva auto-centrata sull’universo personale, una sorta di lunga confessione, un monologo che letterariamente assume la forma di una poesia-fiume che scorre nelle sue vene, trasformandosi in poesia-narrazione e sublimandosi in poesia visionaria, dove la realtà fa solo capolino, in attesa di trasfigurarsi in altro da sé.

In certi frammenti è come l’osservare i particolari di un quadro impressionista, poiché taluni versi ricreano quel tipo di atmosfere: «Vidi passare un fiore di canna rosso / nel cestino di una bici, / ho visto ancora un gioiello rosso / nella via del mercato ed un occhio blu, / si respirava finalmente un sorriso / nel viale del pigneto /.../ C’era anche una farfalla bianca, / quell’abitino senza maniche / mi faceva ancora sognare…» (La via del pigneto).

Ovviamente i richiami alla presenza dei gabbiani nei testi della Deminicis sono numerosi, per cui non possiamo esimerci dal proporne alcuni anche al lettore. Dapprima ci soffermiamo su Entrare nel flusso, lirica nella quale tutto è teso alla ricerca dell’armonia, della comunione vitale con l’energia dell’universo, dove l’arrivo del gabbiano porta al superamento delle contraddizioni, crea alchimie con tutte le creature viventi: la poetessa si alza in volo con lui e sogna l’isola immaginaria, ovvero il regno dell’Amore, la possibilità di un nuovo benessere. Significativa anche Il gabbiano, dove assistiamo ad un flusso ininterrotto di immagini legate ad associazioni di ricordi liberamente rivissute ed espresse, e dove i luoghi concreti si trasformano in contesti irreali senza nomi, tempi, storie, come se la poetessa si fosse seduta sul lettino di uno psicanalista e parlasse a ruota libera dei suoi sogni; così il mare ed il cielo l’avvolgono completamente fino a godere la pienezza del vivere, una completa felicità e le altezze dello spirito, grazie alle lezioni impartite dal gabbiano.  Ne I Gabbiani. Arrivarono in tanti, accogliamo un altro messaggio d’infinito e di rinascita, poiché – dice il testo – i loro sguardi andavano oltre i limiti del tempo, presagivano l’arcobaleno all’orizzonte dopo i tuoni del temporale, indicavano la ricchezza della gamma dei colori naturali.

Ed ancora La baia dei Gabbiani, tecnicamente un acrostico basato sul vocabolo poesia, con il chiaro incipit: «Nella baia dei Gabbiani si viveva di poesia…». Un altro sito onirico dove si attendeva la metamorfosi della vita, ma dove: «... Dovevamo essere aiutati, / dovevamo aiutarci perché qui vigevano / ancora la malattia e la vecchiaia / e c’era ancora tanta dipendenza / così da annullare le proprie ricchezze personali...». La poetessa usa il verbo al passato in quanto si tratta di sogni o visioni e quindi eventi già avvenuti, oppure perché sono stati esistenziali preesistenti ed ora superati: vige la legge della dinamica nel nostro vivere.

Nel complesso la poetica del libro sembra rispecchiare talune acquisizioni della filosofia conosciuta come New Age (“Nuova Era”), vasto movimento culturale che comprende diverse correnti psicologiche, sociali e spirituali di natura alternativa sviluppatesi negli ultimi decenni del secolo scorso, come certi concetti e pratiche quali la meditazione yoga, il ‘channeling’, la cristalloterapia, la medicina olistica, l’ambientalismo, l’astrologia, la cabala, la teosofia, le sincronicità numeriche... Tale visione sovente accomuna gli elementi della Terra, del Mare, del Sole, della Luna, dei Pianeti, e degli altri corpi celesti come fonti di energia per la vita umana. Le liriche della Deminicis che rispondono a queste caratteristiche sono numerose ed è interessante scoprire dai loro versi le affinità esistenti; ne segnalo alcune al lettore.

Leggiamo L’energia di Gaia (Gea, la Terra) e vi troviamo il desiderio di connessione con l’energia universale, guaritrice e benefica, apportatrice – dice la poetessa – di quel grande Amore che ha sempre ricercato nella sua vita. Visitiamo L’orizzonte e il mare dove si dispiegano vaste dimensioni spirituali, ontologiche, oniriche – e conosciamo l’influsso positivo del mondo delle acque, degli oceani con la voce del mare che parla a lei con tutta la sua forza. Così anche in Una conchiglia emergono i bisogni dell’anima, la necessità di una rigenerazione antropologica, dell’incontro con l’amore vero, di una sconfitta della solitudine perché siamo fatti per vivere evangelicamente riuniti ed accedere al Tutto. Ecco poi la divinizzazione del grande astro (L’amore del Sole) che ci regala la vita con i suoi raggi, ai quali non si può rimanere indifferenti: essi parlano e la loro voce ha molte cose da dirci. Il tema è ripreso e sviluppato anche in Una canoa. In tali visioni scontato è uno sguardo diverso verso la Luna: non la gelida ed ostile luna leopardiana, ma la calda, amica e benefica luna, poiché «...Luna eri venuta / per rimanere con me per sempre…». Accanto alla Luna ecco Marte, pianeta bellissimo che, come tutti gli altri corpi celesti, richiama il pensiero dell’Infinito. Infine la poesia astrale dell’autrice si sofferma su Gli anni dei Numeri, dai poteri magici e taumaturgici: «... Ogni numero mi avrebbe accompagnato / con il cuore in mano, ogni numero / mi avrebbe portato giorni generosi / pieni di Amore e di Felicità».

Per consegnare ora al lettore ulteriori chiavi di lettura chiare e sintetiche, ovvero fuor di metafora, come si suol dire, de L’arrivo del Gabbiano, ne enunciamo le più importanti. L’umanità, la vita, l’universo, il cosmo, sono spiritualmente interconnessi per cui partecipi della stessa energia: Dio è uno dei nomi di questa energia. La mente umana ha poteri profondi e vasti che possono modificare la realtà: ognuno crea la sua realtà. Ciascun individuo ha uno scopo sulla Terra e una lezione da imparare: la lezione più importante è l’amore. C’è un nucleo mistico comune in tutte le religioni, orientali ed occidentali: i dogmi, l’identità religiosa, l’intolleranza sono ostacoli al progresso della specie. Tutto ciò che accade ha uno scopo: in ogni momento siamo nel posto giusto per imparare la propria lezione. Il nostro obiettivo è diventare capaci di amare tutto ciò con cui entriamo in contatto, scoprire il divino in ogni cosa e l’unione dell’Uno con il Tutto.

Il poemetto finale dal titolo Un occhio blu vuole insegnare tutto ciò con il risveglio del terzo occhio, la guarigione interiore, dopo la prigionia kafkiana in un castello e l’alienazione psicanalitica con un dottore in camice bianco: l’incubo finisce e nella storia – che sembra un sogno sconnesso – il protagonista ritrova se stesso e la propria felicità.

Enzo Concardi

 

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L’ATRICE

 

Adriana Deminicis è nata a Montegiorgio (FM) nel 1958. È docente nella Scuola Secondaria di II grado. Attualmente insegna presso l’I.T.T. Montani Fermo. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Il mio tempo a che ora è arrivato? (2012), Il mio domani non è mai uguale (2013), Oggi così, domani in altro modo (2013), Momenti di vita quotidiana (2013), Quando (2015), Da un Poemetto alla Luna. I fiori di gelsomino (2022), 8 Infinito 8 – La gemma di giada (2023). Altre sue poesie sono pubblicate in vari volumi antologici.

 

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Adriana Deminicis, 8 Infinito 8 – L’arrivo del Gabbiano, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 152, isbn 979-12-81351-33-2, mianoposta@gmail.com.

 

 

 

 

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