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Lisbona 2

6 Maggio 2021 , Scritto da Paula Martins Con tag #paula martins, #racconto

 

 

 

Non avevo più amici.

Ma ero tanto giovane, tredici anni!

Ora dico che questo non era preoccupante. A quest'età è molto facile integrarsi, farsi amicizie, disfarsene, farsene delle altre. La vita è veloce, agevole, quasi senza sforzo. Però, a quell'epoca non sentivo questo. È solo l'impressione di oggi.

Forse sarà sbagliata? Ricordo una vita tumultuosa, piena di cadute e rialzi immediati, nella quale ho sentito così intensamente tutte le cose che il cuore sembrava esplodere a tutte le ore. Ho pensato che da adulta, la vita sarebbe stata più liscia, meno agitata, non interessante proprio. È vero che la vita diventa meno agitata, si sentono meno intensamente le cose, i cuori non vanno in estasi a tutte le ore. Ma proprio per la minore agitazione, c'è dello spazio per vedere tutta la tua vita. Non solo il piccolo pezzo che ti agita in quel momento. Sentendo meno, direi che senti di più.

 

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Filomena Gagliardi, "De viris illustribus"

4 Maggio 2021 , Scritto da Rita Bompadre Con tag #rita bompadre, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

 

De viris illustribus di Filomena Gagliardi (Nulla Die Edizioni, 2020) è un potente omaggio alla cultura classica, intesa nell'interpretazione filologica della formazione intellettuale, come patrimonio di conoscenza e di erudizione. I testi diffondono l'esperienza degli antichi e illustri ideali, rivolgono l'origine del mondo alla mitologia dell'eternamente presente, seguono il luogo sacro della comunicazione, rischiarato dalla luce della bellezza. I versi abbracciano l'armonia infinita delle citazioni esemplari e le immagini primitive arricchiscono la grazia poetica e traducono i contenuti efficaci, i motivi d'ispirazione con inesauribile energia letteraria. La mirabile, sapiente, illuminata poesia di Filomena Gagliardi è pura riconoscenza di un'epoca, recupero consapevole di un modello da ritrovare, nella gioia della sensazione del valore morale. La contemplazione degli eventi e la scoperta rivelatrice delle sentenze, tracce lasciate dalla prospettiva storica del passato, incarnano l'influenza naturale della coscienza umana, animata dall'affinità con la profonda concordia di uno stato felice della vita, in accordo con la prosperità dell'immaginazione, con la visione rigeneratrice del mito. La poetessa ripercorre l'uguaglianza dei sentimenti, la necessità spontanea di ricordare l'autenticità del bene, il rapporto tra la vita dell'uomo e le compiute aspirazioni della sua natura. Nell'evoluzione della ragione, l'uomo, nel dominio dei propri impulsi sensibili, è simbolo della virtù. Gli uomini illustri di cui parla Filomena Gagliardi sono interpreti del comune desiderio di rigenerazione e di rinascita interiore, hanno la saggezza e la sapienza dei principi supremi della verità e della fermezza vitale. L'attività dello spirito educa l'intuizione e nella libera ricerca cognitiva riscatta il senso apollineo della riflessione, muove il dubbio, è causa dell'enigma. La liberazione estetica della poesia, genera un linguaggio capace di esprimere la democrazia dei valori condivisi e dare corpo all'universalità del coraggio etico. Il tempo, conosciuto dalla poetessa, è l'espressione della memoria collettiva, la destinazione compiuta con l'esperienza del vissuto, nella volontà di comprendere la spiegazione della storia, il luogo dell'autenticità, abitato dalla dottrina speculativa del comportamento umano. Leggere De viris illustribus è scoprire il fascino inesauribile dell'antichità e la magnificenza dei classici, conoscere la concentrazione e la dilatazione dell'indagine in un mondo leggendario che ispira l'equilibrio sovrasensibile delle nobili imprese orientando l'arte della motivazione e la misura della creatività. L'autrice decifra l'epoca attuale, valuta il destino dell'umanità, sfida il prestigio dell'ars oratoria con la finalità di conoscere gli antichi per capire il presente. La cultura intesa come qualità autonoma, come esperienza delle idee, nell'inciso dei versi, in un lirismo rielaborato dalle figure eroiche e risolute, astute e fedeli metafore trasmesse nella guida di ogni insegnamento, protagoniste del desiderio di gloria e di immortalità.

 

 

Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti”

https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/

Omero II

 

Poesia

tu stesso

fugace parola

il tuo nome

senza esistenza:

mito

senza parola scritta

logos,

parole colorate

reali

cangianti.

Tu

Omero

“il non vedente”

sei veggente

vate

rivelatore di alate parole.

 

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Esiodo

 

Primo poeta reale

primo cimelio

dell'antica Beozia

abitata dai duri contadini.

 

Artefice poetico

del Cosmo

sostenitore

fervente

della dura legge del lavoro.

 

Tu,

visitato in sogno dalle Muse,

affidi alla tua parola

la Verità

la Saggezza

la Pace fraterna.

 

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Aristotele nel cuore

 

Ascoltandoti

ti ho amato:

parlavi di musica,

di emozioni,

di uomini.

 

Cosa sei a distanza (Ulisse e dintorni)

 

Ripercorro il mare epico

narrando gli eventi

gli stessi.

 

E ci sei,

sempre,

come digressione

nella Narrazione.

 

Riaffiori

ad ogni passaggio,

ad ogni incrocio

ad ogni snodo

come tempietto perenne.

 

Lì stai

davanti a me

oltre il tempo

oltre lo spazio

al di là delle strade.

Superandoti

ti inglobo

come capitolo

archiviato

vissuto

non rinnegato

dal libro della mia Vita.

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Uomini illustri

 

Talora nascono anche oggi

uomini illustri.

Sono persone semplici

che incontriamo per caso

magari in biblioteca.

E ci entrano

nella Vita.

Ci restano accanto

quando siamo peggiori

credono in noi

quando noi smettiamo di farlo.

Ci hanno colpito

fin dall'inizio

con il calore delle loro mani.

Per chi è ferito da sempre

queste persone

Sono uomini illustri:

danno Luce!

In modo discreto

Brillano ovunque.

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Incontrarsi, perdersi e ritrovarsi

2 Maggio 2021 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

 

 

 

Quel pomeriggio lo ricordo perfettamente. Un timido approccio, per poi proseguire in un umile ma deciso insistere sino a divampare insieme nella passione.

Purtroppo da circa un mese la frustrazione ha preso il sopravvento, tramutando la nostra relazione in un qualcosa di stantio e compromettendo la magia del rapporto. Giorni fa, valutai di lasciarti, del resto non sono tipo che si cimenta a guadare le paludi. Mi esprimo così, come ben sai le metafore risultano il mio forte. Eppure eccomi qui, idealizzo che possiamo rivitalizzare l’unione, ridarle nuova linfa, ecco. Vedi, abbiamo passato momenti belli e momenti brutti, ragion per cui non si può mica spezzare così un legame.

Ad esempio, ritengo sia necessario cambiare gli schemi al fine di realizzare i nostri progetti, soprattutto per uno in particolare. Sai benissimo quale!

Mia amata scrittura, attraverso te riempirò le pagine bianche che verranno. Non abbandonerò il mio romanzo, anzi, il nostro romanzo.

Depenniamo insieme il blocco dello scrittore!

 

 

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L'ultimo elfo

1 Maggio 2021 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

 

 

 

Un elfo di nome Ohtar, in seguito a un lunghissimo letargo, uscì dal suo rifugio, precisamente dall’incavo di un grandissimo albero. Si sentì improvvisamente invecchiato sia dentro che fuori e non ci volle molto per capire il perché di quella sgradevole condizione.
Vagò barcollando per quel restava del bosco e avvertì come la linfa del luogo risultasse estremamente debole, linfa peraltro necessaria per la sua esistenza. Dopo una breve discesa, si ritrovò all'ingresso di una grande città, accorgendosi con orrore dell’inaspettato cambiamento: strade asfaltate, case, palazzi, automobili etc. avevano modificato pesantemente l’idilliaca area.
Lasciò alle spalle la vegetazione e si sedette su una panchina di fronte a un bar frequentato prevalentemente da motociclisti.
«Ehi, vecchio, non hai un bell'aspetto!» disse in tono maleducato un ragazzo poco più che ventenne, stranamente vestito e dalla cresta colorata di rosso.
«Lo so!» esclamò sussurrando Ohtar per poi gradualmente dissolversi fino a diventare un cumulo di polvere.

 

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Premio letterario Demetra 2021

30 Aprile 2021 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #concorsi

 

 

 

 

Premio letterario Demetra 2021
 

Debutta il primo premio italiano

dedicato alla letteratura ambientale indipendente

promosso da Comieco ed Elba Book Festival

 

 

Possono l’ambiente e, in generale, le tematiche legate alla sostenibilità essere al centro di storie, saggi e racconti? La risposta è sì, tanto che la letteratura cosiddetta “ambientale”, particolarmente sviluppata all’estero, sta trovando sempre più spazio anche nel nostro Paese.

 Proprio per promuovere la saggistica “green” italiana, che mette al centro delle storie l’ambiente, è nato il Premio Demetra (nome ispirato alla “dea della natura” nella mitologia greca), organizzato da Comieco, il Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica, ed Elba Book Festival, rassegna dell’editoria indipendente giunta quest’anno alla VII edizione, con il sostegno di ESA Ambiente, Unicoop Tirreno e il patrocinio del Parco Nazionale Arcipelago Toscano.

 La coscienza ambientale che guida i nostri comportamenti e i piccoli gesti che possono fare la differenza sono ormai parte della quotidianità ed anche il mondo della letteratura ne trae ispirazione con un filone specifico, ricco di diramazioni e tematiche: dalla letteratura d’inchiesta a quella scientifica, dalla divulgazione mirata a bambini e ragazzi alla saggistica che pone l’ambiente al centro degli intrecci. Ed è questa tipologia di “storie” che il premio Demetra è dedicato.

Potranno partecipare, infatti, le pubblicazioni a tema ambientale di carattere saggistico e di inchiesta edite in lingua originale italiana da editori indipendenti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2018 e il 15 maggio 2021, che saranno poi valutate da una giuria composta da: Ermete Realacci - Presidente Fondazione Symbola, Sabrina Giannini – Giornalista e scrittrice, Ilaria Catastini - Editore, Duccio Bianchi - Responsabile scientifico, Giorgio Rizzoni – Elba Book.

Le opere dovranno essere iscritte al concorso entro e non oltre il 31 maggio 2021 e i vincitori saranno premiati nell’ambito dell’Elba Book Festival a luglio 2021. Il primo classificato si aggiudicherà un premio in denaro pari a 4.000 euro, mentre il secondo classificato riceverà un premio di 2.000 euro.

Il bando del concorso e la domanda di partecipazione sono disponibili su www.comieco.org e www.elbabookfestival.com

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Ritorno a Lisbona

19 Aprile 2021 , Scritto da Paula Martins Con tag #paula martins, #racconto, #luoghi da conoscere

 

 

 

 

Un giorno l'incantesimo del Mozambico è stato spezzato, siamo ritornati a Lisbona. Non ci sono parole per descrivere la sensazione di perdita che mi colpì. Da un giorno all'altro tutta una vita, tutta un'allegria, tutta una bellezza colorita, sparita!

Già conoscevo Lisbona, avendo qui passato periodi di ferie. Felicissimi periodi, perché qui c'era tutta la famiglia, nonni, zii, zie, cugini. Finite le ferie, c'era la sicurezza del ritorno.

Adesso, ci dovevo restare. Ho sentito di colpo che la mia vita era finita! La mia vita non poteva essere più allegra perché qui i palazzi erano alti, enormi, e io ero abituata alle case con un giardino intorno, e alla libertà nel respirare che ci si provava. Per di più, le strade  erano strette. Bastava questo alla sensazione di asfissia. Alla perdita di libertà nel respirare. Alla mancanza di libertà.

Non potevo più andare in bici per strade sterrate, non abitavo nemmeno in una strada sterrata. Non avevo le mie amiche, i miei amici, alla distanza di una passeggiata. Infatti, non avevo più amici! Un mondo sconosciuto aleggiava davanti a me.

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Valérie Perrin, "Cambiare l'acqua ai fiori"

17 Aprile 2021 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

 

 

 

 

 

Cambiare l’acqua ai fiori

Valérie Perrin

 

Edizioni E/O

pp 473

 18,00

 

C’è chi ha odiato questo libro e chi lo ha amato. Appartengo alla seconda categoria. L'ho preso in mano con l'intenzione di darci solo un primo sguardo, ma appena aperto mi ha subito catturato con quell’aura così francese – Valérie Perrin è la donna di Claude Lelouch - con quella delicatezza da pizzo Valenciennes. Poi, però, sono sprofondata nel gorgo del suo mistero e nei continui cambiamenti di prospettiva e significato, negli intrecci intrigati e mescolati a bella posta. Un romanzo che, nonostante ti costringa a una lettura attiva e partecipata, si fa leggere un capitolo dopo l'altro, a precipizio, senza potersene staccare.

Violette fa la guardiana di cimitero, è senza età, elegante, la sua casa profuma di rosa, di tè, di candele, sotto i cappottini severi spuntano vestiti rosa confetto, nel suo camposanto vivono una colonia di gatti e qualche cane che va a trovare il padrone defunto.

Non è sempre stata una donna curata e colta, ha un passato di abbandono, analfabetismo, sciatteria. Ma ha sempre dato tanto amore a tutti, si è sempre fatta da parte per gli altri, si è sempre presa cura di qualcuno. Cresciuta in una casa famiglia, ha poi concesso anima e corpo a un marito approfittatore e anaffettivo ma bello come un dio. Un marito di cui tutte s’innamorano. Un marito che la tradisce ogni notte con chi è a tiro. Con lui ha una figlia che perisce in un incidente, capitato non si sa come in una colonia estiva. Violette muore dentro insieme alla figlia per poi rinascere.

Come dicevo, la prospettiva di questo romanzo appassionante si ribalta in continuazione, lo sviluppo contempla continui salti temporali, avanti e indietro, che, tuttavia, fanno progredire sempre la trama. Ciò che ci sembrava in un modo all’inizio si trasforma in altro a suon di colpi di scena. Il marito, Philippe Toussaint, che nel cognome sembra già presagire il mestiere della moglie, acquista interiorità, diventa il personaggio principale, oltre ogni sotto-trama. Capiamo le sue motivazioni, la sua improvvisa sparizione, le sue rinunce.

Protagonista è la morte, onnipresente come deve essere in un cimitero. Non è né esorcizzata né sublimata, ma vissuta, considerata un fatto comune e ineluttabile, analizzata nella sua quotidianità e nel suo significato universale, filosofico. Violette assiste a tutte le inumazioni, annota i discorsi di commiato, la forma delle lapidi, il legno della bara. Si occupa dei fiori, pulisce le tombe, riceve nella sua casa i parenti inconsolabili, raccoglie le loro confessioni, è testimone dei loro amori passati. Le storie d’amore raccontate in questo libro sono tante, un amore profondo, duraturo, che oltrepassa la morte.  

La Perrin ha la mano leggera anche quando sta raccontando di maltrattamenti, di suicidi, di sesso senza amore, ma l’angoscia ci attanaglia comunque, pian piano, inesorabile, fatta di chiaroscuri, di particolari impalpabili, e un velo di malinconia copre ogni cosa, dolce e profumato come la cipria di Violette, come le sue rose.

 

There are those who hated this book and those who loved it. I belong to the second category. I picked it up with the intention of just giving it a first glance, but as soon as I opened it, I was immediately captured by that French aura - Valérie Perrin is Claude Lelouch's woman - by that delicacy of Valenciennes lace. Then, however, I plunged into the maelstrom of her mystery and into the constant changes of perspective and meaning, into the intrigued and deliberately mixed plots. A novel that, despite forcing you to an active and participatory reading, lets you read one chapter after another, precipitously, without being able to detach.

Violette is a cemetery guardian, she is ageless, elegant, her house smells of rose, tea, candles, candy pink dresses appear under her severe coats, a colony of cats and a few dogs live in her cemetery.

She has not always been a well-groomed and cultured woman, she has a past of abandonment, illiteracy, sloppiness. But she has always given so much love to everyone, she has always stood aside for others, she has always taken care of someone. Raised in a foster home, she then gave body and soul to a profiteering and anaffective but beautiful as a god husband. A husband that everyone falls in love with. A husband who cheats on her every night with those in range. She has a daughter with him, who perishes in an accident, which happens, no one knows how, in a summer colony. Violette dies inside along with her daughter and is then reborn.

As I said, the perspective of this exciting novel is constantly reversed, the development contemplates continuous time leaps, back and forth, which, however, always make the plot progress. What seemed to us in one way at first is transformed into other with twists and turns. The husband, Philippe Toussaint, who in the surname already seems to presage his wife's job, acquires interiority, becomes the main character, beyond any subplot. We understand his motivations, his sudden disappearance, his renunciation.

The protagonist is death, as omnipresent as it must be in a cemetery. It is neither exorcised nor sublimated, but lived, considered a common and ineluctable fact, analyzed in its everyday life and in universal, philosophical meaning. Violette attends all the burials, she notes the farewell speeches, the shape of the tombstones, the wood of the coffin. She takes care of the flowers, cleans the graves, receives inconsolable relatives in her house, collects their confessions, witnesses their past loves. The love stories told in this book are many, a deep, lasting love that goes beyond death.

Perrin has a light hand even when she is talking about mistreatment, suicides, sex without love, but the anguish still grips us, slowly, inexorably, made of chiaroscuro, impalpable details, and a veil of melancholy covers everything, sweet and fragrant like Violette's face powder, like her roses.

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Valentina Mattia, "Complici senza destino"

16 Aprile 2021 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

 

 

 

Complici senza destino

Valentina Mattia

 

Golem Edizioni

pp 236

16,00

 

Una prova straordinaria Complici senza destino di Valentina Mattia, un bellissimo romanzo, scritto magistralmente, che ho letto tutto d’un fiato. Non è la solita storia italiana di precariato, di giovani senza meta né futuro, piuttosto qualcosa che affonda le sue radici nell’attualità per travalicarla, un realismo che diventa iperrealismo, uno strano chiasmo dove le situazioni normali acquistano, in un preoccupante accumulo di particolari, la connotazione dell’incubo, mentre, al contrario, alcuni terrori si rivelano infondati.

Nunziatina è siciliana. Conosce in chat il tunisino Amhir, non lontano da lei in linea d’aria ma distante per cultura e background. S’incontrano, lui viene a vivere in Italia, s’innamorano. L’unione fra di loro è contrastata dalle rispettive famiglie, ma è facile, perché basata sull’impulso del cuore e sulla semplicità con cui i sensi si attraggono e riconoscono. Lei fa l’infermiera, lui raccoglie uva. Si sposano in chiesa, nonostante lui sia musulmano. Il loro forte erotismo e la dilagante fertilità li portano ad avere tre figlie in pochi anni.

Amhir – bello, misterioso, romantico – nasconde però un segreto, fa parte di una cellula terroristica dormiente. Prima o poi dovrà compiere l’attentato finale, dovrà farsi saltare in aria per la causa.

Il matrimonio si sgretola ma, a mio avviso, non è il tragico impegno di Amhir il motivo del fallimento coniugale. Anzi, mi sembra che il terrorismo qui sia solo il simbolo letterario delle sconfitte di fronte alle quali la vita ci pone.

Come sarebbero andate le cose fra Nunziatina e suo marito se lui non fosse stato votato alla causa? (Ma lo è poi davvero?) Probabilmente nella stessa maniera, perché è la vita che ci logora, che trasforma i sogni in quotidianità, il romanticismo in abitudine, abbrutimento e noia, che scava nelle differenze ampliandole invece di avvicinare. La vita presenta il conto, sotto forma di tre figlie piccole da accudire, di una malattia da combattere, di donne più giovani e avvenenti che prendono il tuo posto nel cuore di chi ami.

Se c’è un difetto in questo romanzo è nella parte finale ambientata in Tunisia, che risulta forse un po’ troppo da dépliant, a contrasto con il realismo della parte italiana. Ma può darsi che questo serva ancora una volta a invertire il giudizio, a mettere in una luce serena e piacevole il luogo da cui il male si origina – il mondo di Amhir - a contrasto con quello dove il male viene compiuto, l’occidente.

Un libro che affronta il tema dei matrimoni misti e del terrorismo ma, soprattutto, un romanzo di anime, d’incomunicabilità, di segreti, di non detto, di razionalità che non collima con l’istinto; un’opera di facile lettura ma che ti sprofonda in un gorgo d’angoscia insieme ai protagonisti, con un senso crescente di soffocamento e ineluttabilità.

L’amore non basta quando si è diversi per estrazione, cultura, religione. Alla fine la sorte  riacciuffa, Amhir va incontro al suo destino, Nunziatina rientra nel suo solco, nel binario fatto di gesti concreti e tutto sommato piacevoli: le figlie, il lavoro, un nuovo/vecchio amore.

Forse solo Giusi, la minore delle figlie, avrebbe potuto - o potrà – colmare il divario, far coincidere gli opposti, il suo essere donna occidentale con il retaggio dei parenti islamici, i cannoli siciliani con i corni di gazzella. Forse, ma, intuiamo, questa è solo una possibilità.      

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Giorgio Diddi : Donazione di mascherine e fondatore della Dimedical

15 Aprile 2021 , Scritto da Cinzia Diddi Con tag #cinzia diddi, #il mondo intorno a noi, #personaggi da conoscere

 

 

 

Giorgio Diddi è figlio d’arte, imprenditore pratese, da sempre nel tessile. Rappresenta la terza generazione, il padre imprenditore, il nonno imprenditore.

Durante questa lunga pandemia la città di Prato ha chiesto alla sua azienda, punto di riferimento sul territorio, di produrre presidi di protezione per fare fronte all’emergenza coronavirus.

Diddi non si è tirato indietro e non solo ha prodotto 350.000 mascherine, convertendo un reparto per la produzione “a mano” delle stesse, ma ha anche acquistato macchinari per la produzione di mascherine certificate chirurgiche automatizzando la filiera produttiva e fondando la Dimedical.

 

Quanto è stato importante per lei dare un contributo così profondi alla sua città?

Direi che è stato fondamentale.

Poi come sono solito dire aiutando gli altri ci si aiuta.

Producendo mascherine ho potuto creare lavoro per i miei dipendenti assicurando loro gli stipendi.

 

Lei ha donato molto, come l’ha fatta sentire?

Credo nella beneficenza e nell’aiuto reciproco.

 

Quanto ha risentito il suo settore di questo momento di crisi?

Molto, si parla nel distretto tessile anche di una riduzione dei fatturati del 70%.

 

Come crede di combattere questa profonda crisi mondiale?

Come direbbe mio nipote Dante: usando i “Superpoteri”.

 
 
 
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Stella

14 Aprile 2021 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

 

 

 

 

 

 

Stella, mai nome più appropriato.

È già passato un mese dall'incidente. Da allora, tutto solo, ogni sera per intere mezz'ore, malinconicamente mi affaccio sul balconcino, quello che era il nostro rifugio. Anzi, lo è ancora, mia amata Stella. 

Nel contemplare l'infinita estensione, rimango assorto da miriadi di asterischi luminosi, i quali son sparpagliati sulla tela corvina posta in alto. Ah, se fossi un pittore, dipingerei un quadro per poi titolarlo Firmamento d'Amore.

Stella, Stellina, la notte ci è vicina...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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