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Valentina Mattia, "Complici senza destino"

16 Aprile 2021 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

 

 

 

Complici senza destino

Valentina Mattia

 

Golem Edizioni

pp 236

16,00

 

Una prova straordinaria Complici senza destino di Valentina Mattia, un bellissimo romanzo, scritto magistralmente, che ho letto tutto d’un fiato. Non è la solita storia italiana di precariato, di giovani senza meta né futuro, piuttosto qualcosa che affonda le sue radici nell’attualità per travalicarla, un realismo che diventa iperrealismo, uno strano chiasmo dove le situazioni normali acquistano, in un preoccupante accumulo di particolari, la connotazione dell’incubo, mentre, al contrario, alcuni terrori si rivelano infondati.

Nunziatina è siciliana. Conosce in chat il tunisino Amhir, non lontano da lei in linea d’aria ma distante per cultura e background. S’incontrano, lui viene a vivere in Italia, s’innamorano. L’unione fra di loro è contrastata dalle rispettive famiglie, ma è facile, perché basata sull’impulso del cuore e sulla semplicità con cui i sensi si attraggono e riconoscono. Lei fa l’infermiera, lui raccoglie uva. Si sposano in chiesa, nonostante lui sia musulmano. Il loro forte erotismo e la dilagante fertilità li portano ad avere tre figlie in pochi anni.

Amhir – bello, misterioso, romantico – nasconde però un segreto, fa parte di una cellula terroristica dormiente. Prima o poi dovrà compiere l’attentato finale, dovrà farsi saltare in aria per la causa.

Il matrimonio si sgretola ma, a mio avviso, non è il tragico impegno di Amhir il motivo del fallimento coniugale. Anzi, mi sembra che il terrorismo qui sia solo il simbolo letterario delle sconfitte di fronte alle quali la vita ci pone.

Come sarebbero andate le cose fra Nunziatina e suo marito se lui non fosse stato votato alla causa? (Ma lo è poi davvero?) Probabilmente nella stessa maniera, perché è la vita che ci logora, che trasforma i sogni in quotidianità, il romanticismo in abitudine, abbrutimento e noia, che scava nelle differenze ampliandole invece di avvicinare. La vita presenta il conto, sotto forma di tre figlie piccole da accudire, di una malattia da combattere, di donne più giovani e avvenenti che prendono il tuo posto nel cuore di chi ami.

Se c’è un difetto in questo romanzo è nella parte finale ambientata in Tunisia, che risulta forse un po’ troppo da dépliant, a contrasto con il realismo della parte italiana. Ma può darsi che questo serva ancora una volta a invertire il giudizio, a mettere in una luce serena e piacevole il luogo da cui il male si origina – il mondo di Amhir - a contrasto con quello dove il male viene compiuto, l’occidente.

Un libro che affronta il tema dei matrimoni misti e del terrorismo ma, soprattutto, un romanzo di anime, d’incomunicabilità, di segreti, di non detto, di razionalità che non collima con l’istinto; un’opera di facile lettura ma che ti sprofonda in un gorgo d’angoscia insieme ai protagonisti, con un senso crescente di soffocamento e ineluttabilità.

L’amore non basta quando si è diversi per estrazione, cultura, religione. Alla fine la sorte  riacciuffa, Amhir va incontro al suo destino, Nunziatina rientra nel suo solco, nel binario fatto di gesti concreti e tutto sommato piacevoli: le figlie, il lavoro, un nuovo/vecchio amore.

Forse solo Giusi, la minore delle figlie, avrebbe potuto - o potrà – colmare il divario, far coincidere gli opposti, il suo essere donna occidentale con il retaggio dei parenti islamici, i cannoli siciliani con i corni di gazzella. Forse, ma, intuiamo, questa è solo una possibilità.      

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Giorgio Diddi : Donazione di mascherine e fondatore della Dimedical

15 Aprile 2021 , Scritto da Cinzia Diddi Con tag #cinzia diddi, #il mondo intorno a noi, #personaggi da conoscere

 

 

 

Giorgio Diddi è figlio d’arte, imprenditore pratese, da sempre nel tessile. Rappresenta la terza generazione, il padre imprenditore, il nonno imprenditore.

Durante questa lunga pandemia la città di Prato ha chiesto alla sua azienda, punto di riferimento sul territorio, di produrre presidi di protezione per fare fronte all’emergenza coronavirus.

Diddi non si è tirato indietro e non solo ha prodotto 350.000 mascherine, convertendo un reparto per la produzione “a mano” delle stesse, ma ha anche acquistato macchinari per la produzione di mascherine certificate chirurgiche automatizzando la filiera produttiva e fondando la Dimedical.

 

Quanto è stato importante per lei dare un contributo così profondi alla sua città?

Direi che è stato fondamentale.

Poi come sono solito dire aiutando gli altri ci si aiuta.

Producendo mascherine ho potuto creare lavoro per i miei dipendenti assicurando loro gli stipendi.

 

Lei ha donato molto, come l’ha fatta sentire?

Credo nella beneficenza e nell’aiuto reciproco.

 

Quanto ha risentito il suo settore di questo momento di crisi?

Molto, si parla nel distretto tessile anche di una riduzione dei fatturati del 70%.

 

Come crede di combattere questa profonda crisi mondiale?

Come direbbe mio nipote Dante: usando i “Superpoteri”.

 
 
 
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Stella

14 Aprile 2021 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

 

 

 

 

 

 

Stella, mai nome più appropriato.

È già passato un mese dall'incidente. Da allora, tutto solo, ogni sera per intere mezz'ore, malinconicamente mi affaccio sul balconcino, quello che era il nostro rifugio. Anzi, lo è ancora, mia amata Stella. 

Nel contemplare l'infinita estensione, rimango assorto da miriadi di asterischi luminosi, i quali son sparpagliati sulla tela corvina posta in alto. Ah, se fossi un pittore, dipingerei un quadro per poi titolarlo Firmamento d'Amore.

Stella, Stellina, la notte ci è vicina...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Che schifo di connessione!

13 Aprile 2021 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto, #fantascienza

 

 

 

 

 

 

 

 

Che schifo di connessione!

Ho provato inutilmente ad accendere e spegnere il router, per non parlare di quanto ho smanettato con le configurazioni. Non so più che pesci pigliare, oltretutto tra un'ora inizierà una videoconferenza di lavoro dove c'è in ballo la mia promozione. 

Diamine, la cosa che mi fa girare i satelliti è che ogni due mesi pago puntualmente una bolletta piuttosto salata, ragion per cui la Solar System deve garantirmi un collegamento coi fiocchi ventiquattr'ore su ventiquattro. 

Non mi rimane che prendere il telefono per ricevere assistenza. Digito il Numero Marrone, marrone come la merda che mi è esplosa nel cervello, e resto in attesa che mi risponda qualcuno con tanto di musichetta, al limite dell'insopportabile. 

«Salve, sono Andromeda, mi dica pure!» risponde un'operatrice dalla voce metallica. 

Le espongo nervosamente la mia problematica, aggiungendo inoltre che un disservizio del genere non mi era mai capitato. 

«Moltissimi utenti stanno riscontrando la stessa anomalia visto che la connessione proviene da Saturno» mi spiega Andromeda. «Appena può, clicchi su 'Impostazioni,' poi su 'Server galaxy' per spuntare la casellina 'Marte.'»

Ringrazio l'operatrice e termino la telefonata, prodigandomi immediatamente per attuare l’indicazione ricevuta tramite il PC. 

Oh, finalmente! Ora sì che internet è velocissimo, tutto... un'altro pianeta. E pensare che la Solar System, secondo quanto riporta la Gazzetta della Terra, progetta di creare un server anche su Plutone. Mah, forse è meglio se “spazierà” un po' più vicino.

 

 

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'Il Grande Lebowski', cult-movie dei fratelli Coen diventa un drink, in una rivisitazione del White Russian da parte della bartender Laura Schirru

12 Aprile 2021 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #ricette, #cinema

Foto drink di Antonio Lobrano   Foto bartender di Giuseppe SecchiFoto drink di Antonio Lobrano   Foto bartender di Giuseppe Secchi

Foto drink di Antonio Lobrano Foto bartender di Giuseppe Secchi

 
 
Un drink di semplice realizzazione, ma di grande resa, il 'Ci pensa Drugo', twist sul classico White Russian, cocktail preferito del personaggio-cult del film 'Il Grande Lebowski' dei Fratelli Coen, diretto da Joel nel 1998. Con questa rivisitazione-omaggio, Laura Schirruhead bartender del The Duke Cocktail Lounge Bar de La Maddalena realizza un cocktail amabile, ma dal carattere robusto, proprio come il Drugo interpretato da Jeff Bridges. Il drink si prepara con 5 cl di Polugar N.1 Rye&Wheat2 cl di liquore al cioccolato e con un top di yogurt al caffè per colmare. Versare la Polugar N.1 Rye&Wheat in un bicchiere Old Fashioned colmo di ghiaccio, aggiungere il liquore al cioccolato e colmare, versando lentamente lo yogurt al caffè. Il drink si chiude con dei chicchi di caffè come decorazione.

 

La Polugar N.1 Rye & Wheat, prodotta da una miscela di segale e grano, ha sentori intensi di pane appena sfornato, note di grano e segale e di pepe nero, caratterizzata da un sapore deciso che dona robustezza ai sapori dolci e contrastanti del cioccolato e dello yogurt al caffè. Prodotta in Polonia dalla distilleria Rodionov & Sons, in una foresta e lontano da altri stabilimenti industriali, strade e città, Polugar non assomiglia alla vodka moderna: è una bevanda alcolica più antica, prodotta nell’era in cui tutti i distillati di cereali venivano realizzati usando alambicchi di rame.

Un cocktail, il White Russian e il suo twist di Laura Schirru, cucito addosso a Drugo, che conduce una vita pigra, piacevole e disimpegnata, condita da qualche partita di bowling con gli amici e bagnata proprio dal drink che lo accompagna sempre, nel suo approccio calmo e rilassato alla vita, anche nei momenti drammatici e senza via di uscita. Uno stile che è diventato di culto e che ha reso il White Russian e tutti i suoi epigoni un vero e proprio accompagnamento alla vita quotidiana.

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Kraus Folner, "Holidays"

11 Aprile 2021 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

 

 

 

 

Holidays

Kraus Folner

 

Castelvecchi Editore, 2020

pp 117

14,50

 

Un romanzo per appassionati di viaggi e di cucina stellata più che un vero e proprio thriller. Si genera fin dall’inizio un interesse spasmodico e inquietante per cose che non si conoscono ma intrigano, un senso di aspettativa, una tensione quasi sessuale che non sempre si scioglie. Il ritmo serrato e frammentato della narrazione ricorda la sceneggiatura di una serie televisiva.

È agosto, la squadra del comandante Riccardo Caputo – già protagonista di altri libri di Folner - è sparsa ai quattro angoli della terra per una meritata vacanza. C’è chi attraversa gli Stati Uniti in un viaggio a tema cinematografico, chi si addentra nella giungla africana alla ricerca di gorilla e chi, come Caputo stesso, visita la Cina. Nazione enorme, crogiolo di etnie e minoranze, centro allarmante del potere centrale, dove ogni dissenso è perseguitato, dove tutti sono controllati da telecamere in ogni momento della loro vita. Questo mastodonte burocratico e dittatoriale sta tramando qualcosa per liberarsi dell’opposizione e di tutte le minoranze religiose. Forse, lascia intendere l’autore, noi adesso ne stiamo pagando le conseguenze.

Due donne vengono uccise, la sorella di uno dei protagonisti scompare, una dominante mascherata viene strangolata mentre fa sesso in diretta con un oscuro impiegato cinese. La squadra deve indagare, ricomporsi.

L’autore mescola alla trama ciò che conosce: la tecnologia informatica, i grandi viaggi, la buona cucina, e queste sembrano essere le tematiche che davvero lo interessano.

Tutti i personaggi sono credibili e hanno qualche debolezza che li rende umani, spesso legata alla droga o al sesso. Il cinese Kao è un masochista che si bea di un rapporto di sottomissione, Isabela ha bollenti fantasie erotiche con la guida nera che accompagna lei e il marito nella giungla, Paola è sgradevolmente borghese ed egoista, lo stesso Riccardo, pur amando la moglie, non disdegnerebbe un pomeriggio di sesso esotico se ne avesse l’occasione.

La gente che vive a Montecarlo, a Dubai, a New York o nella stessa Cina è spesso depravata e viziata, agguerrita come i coccodrilli che tentano di rovesciare la barca di Thomas. I governi distorcono le scoperte scientifiche, le manipolano e volgono a favore della sopraffazione e del controllo globale.

Solo nell’abbraccio impossibile con il gorilla, nell’incontro con la natura primigenia, l’essere umano ritroverebbe una bontà ancora incorrotta.

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Lorenzo Beccati, "Il pescatore di Lenin"

10 Aprile 2021 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni, #storia, #personaggi da conoscere

 

 

 

 

Il pescatore di Lenin

Lorenzo Beccati

 

Oligo Editore, 2021

pp 236

16,90

 

Un romanzo molto bello, scritto benissimo, Il pescatore di Lenin, di Lorenzo Beccati, scrittore, doppiatore e autore televisivo Mediased.

Per una volta non partirò dalla trama ma dallo stile, elegante e letterario quanto dovrebbe essere quello di tutti i libri pubblicati, anche se purtroppo, ormai, questa è invece una rarità. Un linguaggio semplice ma raffinato, condito da poetiche e inusuali similitudini, per cui il muro della facciata era così bianco che veniva voglia, per dargli un po’ di colore, di “pizzicarlo”, come fanno le donne vanitose o innamorate sulle gote per levarsi il pallore, o le parole si smorzarono e strisciarono via come serpi, o, ancora, gli occhi accesi come lampare.

La storia, romanzata e di fantasia, si basa sull’assunto che Vladimir Il’ic Ul’janov, ovvero Lenin, sia stato per breve tempo a Capri, prima della rivoluzione russa. A Capri, infatti, nel 1909 c’è una scuola politica, vi vengono addestrati quelli che formeranno la futura dirigenza del partito, ma ora si mescolano con indolenza ai turisti e non disdegnano la vita comoda come i ricchi. Lenin si trova a Capri con un obiettivo preciso e segreto, che verrà svelato solo nel finale e che non posso rivelare. La trama si basa sull’espediente del manoscritto ritrovato – il libro nel libro – e narra dell’amicizia fra Lenin e Antò ‘o Muto, un pescatore dell’isola.

Lenin non è ancora quello che tutti conosciamo, l’uomo spietato, determinato e feroce della Rivoluzione d’ottobre, ma una personalità tutto sommato galante e rispettosa. Accade spesso che certe figure storiche, se prese singolarmente e fuori contesto, dimostrino lati teneri e umani che, sebbene sorprendenti, coesistono con l’immagine pubblica. L’amico Antò incarna, invece, il proletario ingenuo, il buon selvaggio, l’umile che il credo marxista voleva vendicare e liberare. La borghesia dell’isola è, al contrario, cattiva, prepotente e viziosa, con quell’arroganza che solo i soldi e l’abitudine a sottomettere e comandare danno.

I due si legano di amicizia spontanea e profonda.  L’uno diventa il paladino dell’altro. Antò fa da guida a Lenin in una Capri romantica, da dagherrotipo dei primi del novecento, che diventa protagonista, con il suo mare, i suoi barbagli di sole sull’acqua, i suoi Faraglioni, le sue ville e la profumata macchia mediterranea. Antò è una figura tragica e cristologica nella sua ingenuità infantile, nel suo “puro” e quasi incolpevole desiderio di catarsi, nel suo credere che la rivoluzione sia la panacea per tutti i mali e le ingiustizie del mondo. Ed è, per il bolscevico e uomo di partito Lenin, una sorta di coscienza che lo mette di fronte a quello che dovrebbe essere lo spirito più autentico dei suoi ideali. Uno spirito senza compromessi, votato solo alla causa. Ma, nella pratica politica, il compromesso esiste e, come afferma Lenin, “il nemico va conosciuto per poterlo combattere”.

Alla fine il cerchio si chiude, i tasselli s’incastrano. In bocca rimane un sapore antico e buono, salato come il mare della grotta Azzurra o, forse, come le lacrime di un emigrante.

 

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Silvia Avallone, "Un'amicizia"

9 Aprile 2021 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni

 

 

 

 

Silvia Avallone
Un’amicizia
Rizzoli – pag. 450 – Euro 19

 

Sono giorni tristi. Purtroppo questi sono i nostri intellettuali. Non più Morante, Pasolini, Merini, Moravia, adesso abbiamo Avallone, Mozzi, Ciabatti, Cazzullo. Questo passa il convento, direte voi. Non vi domandate perché la gente invece di leggere guarda Netflix, rispondo io. Sì, perché tra un romanzo che ha la profondità di un fotoromanzo Lancio anni Settanta e un film stupido, meglio il secondo, almeno non dobbiamo fare la fatica di leggere. Silvia Avallone ci racconta la storia di due amiche - a tratti si perdono, poi si ritrovano, litigano, si rappacificano, si promettono di vivere insieme tutta la vita … -, una brutta e sfigata, l’altra piuttosto figa e destinata al successo. Il libro è scritto in prima persona dall’amica sfigata, che guarda caso - visto che è sfigata - vuol fare la scrittrice (leggere è roba da sfigati, dirà l’autrice in una delle sue micidiali intuizioni), quindi racconta le sue tribolazioni patite in un posto di merda, un promontorio sul mare in provincia di Livorno, che non nomina mai, ma indica con la sola lettera T. Si capisce da troppe cose che il luogo è Piombino, perché l’autrice non cita il nome, ma in molte pagine trovi piazza Bovio, piazza Padella (la piazza più piccola d’Europa), Calamoresca, Salivoli, corso Italia e un liceo classico Pascoli (in realtà Carducci) adesso chiuso per carenza di iscritti. Badilate di bile vomitata su Piombino, definito un non luogo, un posto dove le mogli sono costrette a sfornare figli e a non lavorare mentre i mariti le tradiscono e loro ingrassano e diventano brutte. La protagonista sogna di tornare a Biella - una sorta di Paradiso in terra - dove è consentito sognare, altro che a T, landa desolata che si affaccia sull’Elba, posto invivibile dove non arrivano neppure le canzoni e i vestiti di moda! Insomma, la trama procede a base di avvenimenti da soap-opera, la migliore amica perde la madre, si fidanza, diventa una modella di successo, mentre la sfigata se la fa con un bel ragazzo del posto che la mette pure incinta. Contorno di famiglie disgregate, genitori divorziati, Internet, chat di incontri, un po’ di droga, sesso, musica punk e bullismo scolastico. Tutto quanto fa spettacolo (e fa vendere, secondo i manager Rizzoli). Bella questa storia di amicizia. Bella davvero. Un romanzo che se sei nato a Piombino (come il sottoscritto) ti fa incazzare al punto che vorresti querelare l’autrice, se vivi in un’altra parte del mondo resti indifferente, ti chiedi il motivo di tutto il tempo che hai perso, sfogliando pagine che scorrono e non lasciano niente, a parte un po’ di citazioni di Morante e Pascoli, condite da troppo squallore.  Pubblico di riferimento gli adolescenti, che comunque non leggono, ragion per cui mi è difficile capire a chi potrà interessare questa storia, nonostante l’entusiasmo dei critici in busta paga Rizzoli, che scrivono (come l’autrice) sul Corriere della Sera.

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Valentina Fontan, "Il prezzo della felicità"

8 Aprile 2021 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

 

 

 

 

Il prezzo della felicità

Valentina Fontan

Literary Romance, 2020

 

pp 427

18,90

 

Parte con un attacco dickensiano, Il prezzo della felicità di Valentina Fontan, con Sarah, una ladruncola orfana che si arrangia per sopravvivere nei bassifondi di Londra, ma poi diventa altro. La ragazzina è la figlia perduta di una nobildonna tedesca e di un aristocratico russo, fuggiti insieme per coronare il loro amore contrastato, e poi tragicamente defunti. Lo zio tedesco la ritrova e la fa diventare una nobile, elegante, colta ma dal carattere ribelle e ostinato. La riunione con l’altra famiglia, però, quella russa paterna, è ostacolata dai sovrani, sia russi che tedeschi, che sembrano interferire alquanto nella vita di Sarah, controllando la sua eredità e persino il suo matrimonio con il cugino Alec, il quale altri non è se non una spia tedesca al servizio di Bismarck. Da qui si dipana una vicenda di spionaggio internazionale, che coinvolge Inghilterra, Impero tedesco, Impero russo e persino il Sudafrica. Una storia d’incastri e colpi di scena, di agnizioni, di assassini, safari, ragni velenosi, documenti trafugati, palazzi, balli sontuosi e carrozze in una piacevole ambientazione ottocentesca. Ma anche di amore fra alcune coppie di giovani, in mezzo alle quali spicca quella formata da Alec e Sarah.

Al di là dell’amore, i sentimenti più dibattuti sono l’amicizia e il senso di colpa. Le azioni appaiono serrate, fra fughe rocambolesche, tentativi d’omicidio e attentati. Il ritmo del romanzo è sostenuto, i personaggi sono quelli tipici del genere: la cameriera sotto mentite spoglie, l’amministratore fraudolento, il duca autoritario ma di buon cuore, la bella indomita. Ma anche personaggi storici: Bismarck, il Kaiser Guglielmo, lo Zar Nicola etc.

Sarah è una ragazza volitiva, ha gli occhi grigi della madre e i capelli neri del padre, ma ha un modo di fare bizzoso, infantile. È il punto di fuga da cui parte la prospettiva della storia, colei che unisce imperi e casate attorno a sé. Alec è un carattere tormentato e pieno di sensi di colpa, il suo lavoro lo ha messo in contrasto con il padre, dal quale non si sente capito. Ma l’empatia del lettore con i protagonisti non è immediata, anche perché questi ultimi sono spesso alterati e sopra le righe. La parte migliore, a mio avviso, è quella dove il romance ritrova il suo passo e gli affari di cuore hanno il sopravvento sugli intrighi spionistici, sia internazionali che familiari.

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Paolo Parrini, "Un uomo tra gli uomini"

7 Aprile 2021 , Scritto da Rita Bompadre Con tag #rita bompadre, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Un uomo tra gli uomini di Paolo Parrini (Giuliano Ladolfi Editore, 2020) è una raccolta poetica incisiva, diffusa dalla breve e sintetica unità dei versi all’esteso respiro delle parole, concentrate nella distensione introspettiva, intorno al sentimento del tempo, nella solitudine di ogni solco dell’anima e nella contemplazione delle occasioni, rapide e profonde ispirazioni. Il poeta è spettatore dell’essenza e della realtà, trascrive visivamente la fugacità intima della speranza e la provvisorietà dei momenti esistenziali. L’analisi profonda dei testi ricambia la convincente considerazione delle reazioni sentimentali, traduce l’immediatezza dei contenuti con la suggestione di un linguaggio motivato, conciso e veloce, delega alla limpidezza delle sensazioni la più autentica esecuzione. La poesia pronuncia l’espressione lucida e disincantata della tenerezza, rivela l’immagine impressionista delle emozioni, ricompone il dissolvimento della malinconia, consola la lacerazione del cuore, rimarginando le ferite nei frammenti di una preghiera pagana. L’autore rende elegiaco il riscatto salvando la riflessione sulla misura complessa e umana delle età, insegna alle inquietudini dello spirito la lezione comprensiva dell’uomo condividendone la disponibilità nella sicurezza dei ricordi, trattenendo lo sgomento degli abbandoni, attardando la benevolenza nella piega della nostalgia. I testi svolgono il loro significato nella trasformazione della sensibilità, liberando la verità originaria dall’inafferrabilità della finitezza esistenziale, diventando il luogo effettivo dell’identità e dell’acuta percezione intuitiva. Paolo Parrini è uomo tra gli uomini, perché espone il principio dell’amore alla solidarietà emotiva delle sue poesie, facendo coincidere il carattere indispensabile degli affetti all’esperienza dell’impegno interiore. La condizione ermeneutica della poesia di Paolo Parrini decifra il nudo spazio dell’abisso, la dimensione del vuoto e il suo possibile annullamento, la simmetria delle contraddizioni umane, difendendo la solidità e la permanenza dell’eterno ritorno nella successione infinita delle rivelazioni. Lo smarrimento emotivo disperde la dimenticanza e la rimozione di ogni vincolo elusivo, il paesaggio scenico della memoria consuma il confine della saggezza, l’orizzonte della pietà. La voce poetica dell’autore spezza la malinconia del silenzio e supera lo scioglimento della sofferenza dissolvendo l’ambiguità delle colpe e la trasparenza dell’innocenza. Il poeta, unito al destino degli uomini, ricompone la frattura e risolve il dissidio dell’assenza. La natura sostanziale di ogni tensione influenza la magia evocativa tra infanzia ed età adulta in ogni incanto compiuto sulla traccia delle presenze lontane e irraggiungibili. I versi accolgono il segno dell’attimo, l’intuizione proiettata nel carattere estetico del tempo. Dispiegano una poesia pura, di stati d’animo, concedendo la delicata empatia della compassione e avvertendo la volontà di lenire il dolore altrui con commossa gentilezza. 

 

 

Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti”

https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/

 

 

 

 

Non esiste null’altro che amore,

l’orma dei passi accanto ai tuoi.

 

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Di quel che bramavo

è rimasta una pozza d’acqua

che il tempo imbruna

che fa scura la sete.

 

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Questo sole

pare l’ultima frontiera

tu senti scivolare i giorni

e già si fanno d’ombra

i tuoi sorrisi.

 

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In quest’alba che benedice gli occhi

tu osservi da finestre chiuse,

tu indaghi i tetti.

Le tende oscillano,

bisbigliano dei morti le voci.

 

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Tutti gli anni che fosti addormentato

presentano il conto.

Sono strappi laceranti,

ogni ferita un grido sospeso.

Tra la terra e il cielo.

 

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Solca il viso ogni ora

si fa ruga nuova.

Ogni ruga ha il tuo nome,

ha il tuo nome ogni ora.

 

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Il tuo dolore

è questa notte che non passa.

Il ticchettio dell’orologio

che rimbomba

dentro al petto.

 

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La voce che cercavi

l’hai smarrita ieri.

La risposta sta dentro le mani

nelle tue pieghe infinite

estrema tenerezza e macchie

comparse improvvise.

A ricordarti il tempo.

 

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Ci troveremo un giorno

sotto la stessa nube

a dividerci quel che la polvere

non ha saputo sciogliere.

 

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E quando la porta

chiude fuori il mondo

resto solo.

E vedo il grigio dei tuoi occhi

e mento, pensandoti verde

a correre su un verde campo,

nel vento.

 

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Solo il mare ti restituisce la pace

delle parole

il respiro lento

dentro una eternità.

Non il verde forte

della foglia che freme

non la neve candida che sfianca.

Solo il mare

e l’azzurro e l’onda.

Ove mi perdo

senza perdermi mai.

 

 

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