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sport

La grande partita del 1951

10 Gennaio 2024 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #sport

 

 

 

 

Ricordo i tempi in cui correvamo a perdifiato sul tappeto verde del Magona, prendevamo posto sulle gradinate ampie e basse, sui sedili di ferro della vecchia tribuna verde, incitavamo i ragazzi che vestivano la maglia nerazzurra. Piombino, amore mio! Potrei esclamare, parafrasando titoli di famosi romanzi, perché la mia unica vera squadra, la sola che ho sempre seguito è l’Unione Sportiva Piombino, qualunque nome portasse, quel che contava era il colore delle maglie. Non sarebbe potuto essere altrimenti, visto il mio ruolo di arbitro di calcio, interpretato dal 1976 al 1999, dopo aver tentato con scarsi risultati di vestire la tanto amata maglia nerazzurra. Il Piombino era la sola squadra che non avrei mai potuto arbitrare in una competizione ufficiale, perché era la formazione del luogo natio, la compagine della mia città. Confesso la mia difficoltà a dirigere persino alcune amichevoli, perché il nerazzurro cancellava l’imparzialità di giudizio.

La squadra cittadina adesso si chiama Atletico Piombino, come Unione Sportiva ha vissuto un periodo glorioso negli anni Cinquanta, con l’esperienza della serie B e la vittoria per tre reti a una sulla Roma di Nordahl. Era il 18 novembre del 1951. Pensare che il 18 novembre è anche il giorno del mio matrimonio (qualche anno dopo, nel 1998), così ho due buoni motivi per festeggiare, posso dirlo tranquillo tanto mia moglie non ci sente, non ama il calcio. Un Piombino fantastico, irripetibile, incredibile che si permetteva il lusso di malmenare compagini come Genoa (2-0), Venezia (3-0), Verona (2-0) Treviso (4-0)…

Alcuni anni dopo, una storica amichevole disputata al Magona contro la Lazio, il primo settembre del 1955, terminata 3 a 1 per i biancocelesti romani, vide i calciatori locali protagonisti di una grande prova. Molte amichevoli contro club di serie A si sono susseguite negli anni Settanta: Fiorentina, Juventus, Sampdoria, Perugia, Torino (ai tempi di Agroppi), vinte dai club più prestigiosi, seguite da un grande pubblico che affollava gli spalti del Magona. Il Piombino calcio negli anni Ottanta ha vissuto periodi di decadenza, due fallimenti e campionati di basso livello come la Seconda e la Terza Categoria. Dal 2013 è cominciata la resurrezione: la squadra è tornata in Promozione, nel 2014 di nuovo in Eccellenza, partecipando agli spareggi per la Serie D nel 2016 - 2017, retrocessa in Promozione al termine di un’infausta stagione 2018 - 2019, quindi nel 2020, pur non terminando il campionato causa pandemia, promossa in Eccellenza come seconda classificata, dietro la capolista Certaldo. Il sogno della massima categoria regionale è durato poco perché il Piombino è di nuovo retrocesso e adesso naviga in Promozione, in attesa di tempi migliori. Il pubblico che segue la squadra non è più quello di Piombino - Roma, neppure quello dei Piombino - Cecina, Piombino - Rosignano, dei campionati dilettanti negli anni Settanta, che vedevano al Magona un minimo di mille spettatori per domenica. Conservo la memoria di un derby anni Settanta disputato contro il Cecina alla presenza di ben 7.000 spettatori.

Lo Stadio Magona d’Italia, costruito dall’azienda siderurgica come sede del dopolavoro, era un vero gioiello: tribuna coperta (adesso distrutta) addossata agli spogliatoi in muratura, gradinata (sul lato opposto), curva (lato Tolla), aveva persino un sottopassaggio per entrare in campo (e quello rimane!) e poteva contenere 12.000 spettatori. Il Magona si è andato deteriorando con il tempo, per l’incuria e la sempre più scarsa passione calcistica dei piombinesi verso la loro squadra. La vecchia tribuna adesso non esiste più, la curva è stata chiusa per molto tempo, riaperta con la promozione in Eccellenza (2014), resa di nuovo agibile nel 2019 da un gruppo di volontari, insieme al rifacimento del sottopassaggio. Per anni si è parlato di un progetto Unicoop Tirreno per costruire al posto dello stadio un centro commerciale, con nuova edificazione in altra zona cittadina di un complesso sportivo. La speranza è che tale idea nefasta sia stata accantonata per sempre: il Magona è troppo importante da un punto di vista storico e sentimentale per scomparire. Ha solo bisogno di un restauro e di un ampliamento, di un lavoro di trucco e parrucco (come dicono i cinefili), ma lo stadio dovrà restare nel suo sito d’elezione, in viale Regina Margherita. Non dovrà fare la fine del Campino Marrone, il glorioso Magona Sussidiario dove giocavano le giovanili, sacrificato sull’altare di un parcheggio.

Il calcio è il più antico sport di squadra cittadino, nato nel 1921, gode di un bel libro scritto da Gianfranco Benedettini nel 1971, - Cinquant’anni in nerazzurro -, in occasione del cinquantenario della società. Il Piombino calcio nasce da alcune riunioni di giovani studenti e operai in casa di Dante Gronchi (Sciaurino), a partire dal 1919, subito dopo la fine della Grande Guerra. La prima società di calcio si chiama Sempre Avanti e viene conglobata nella società di ginnastica e di scherma. L’Unione Sportiva Piombino nasce in casa Gronchi, ma il gioco del calcio viene portato in città dal dottor Florestano Belleni e da un sottufficiale della Guardia di Finanza. Pionieri sono i fratelli Bianchi, Guasconi e Pepi, i giovani Nassi, Pavoletti e Talini. Primo Presidente il signor Emanuele Russo, primi colori sociali maglia bianca con taschino azzurro. L’ingegner Lanza concede il piccolo campo della Tolla, dove si giocano le prime romantiche partite amichevoli, senza un vero e proprio campionato. Benedettini ricorda la prima gara disputata dal Piombino contro i Pompieri del Cantiere Navale Venezia, finita quattro a zero per i nostri colori. Una volta chiuso il campo della Tolla si gioca al padule di Pontedoro, nei campi di via Leonardo Da Vinci, infine il Comune concede il vecchio Campo di Sansone, l’odierna piazza Dante. Il primo vero campo sportivo piombinese è proprio quello, spalato e messo a posto dagli stessi giovani calciatori che si trovano a giocare dopo il lavoro. Quando piazza Dante non basta più, la società Ilva concede il terreno davanti allo stabilimento (davanti all’odierno MacDonald) dove viene edificato il Campo Sportivo Salvestrini, un vero stadio con tribuna, spogliatoi e pista per le corse in bicicletta. Lo stadio viene inaugurato il 20 agosto 1924, il Piombino fuso con la società di ginnastica si chiama USSAP (Unione Sportiva Sempre Avanti Piombino), e perde per 4 a 0 un’amichevole con il Livorno. Si comincia a fare sul serio, anche se tutto è molto pioneristico e disorganizzato, con l’iscrizione al primo campionato di Terza Divisione. La palla di cuoio è uno sport britannico che vince la diffidenza di quanti lo considerano un gioco assurdo, buono solo per prendersi un malanno correndo al freddo e con i calzoni corti. Il calcio diventa lo sport cittadino per eccellenza e comincia a coinvolgere un buon pubblico che non si può contenere dietro le corde di Piazza Dante. Potrei raccontare molte leggende sul periodo eroico del Salvestrini e del vecchio Stadio Magona. Tra le tante, la più gettonata è quella del Piombino che batte la Roma nel campionato di serie B 1951 - 52 ed è una storia che si tramanda di padre in figlio. Nei primi anni Cinquanta Piombino vive il suo miglior periodo economico e sociale, la Toscana guarda alla nostra città come a un paese di bengodi dove non mancano pane e fumo. L’industria dell’acciaio è fiorente, la Magona finanzia la squadra di calcio, il dopolavoro gestisce il campo sportivo e i calciatori nerazzurri vivono come veri professionisti. Una città di trentatremila abitanti dà alla squadra di calcio milleduecento abbonati che sono linfa vitale per andare avanti. Tre anni di serie B che lasciano il segno ed entrano a buon diritto nella leggenda, soprattutto perché nel 1951 - 52 il Piombino si trova a un passo dall’essere promosso in serie A. Pure qui ricordiamo la leggenda metropolitana delle partite vendute, perse per non essere promossi, perché il campionato maggiore sarebbe costato troppo. In ogni caso quel Piombino è una rivelazione incredibile e fronteggia alla pari Roma e Genoa (nelle partite casalinghe vince con entrambe), in passato campioni d’Italia. Il Piombino che il 18 novembre del 1951 batte la Roma per tre reti a una è allenato da Fioravante Baldi, contestato a inizio campionato perché non vuole grandi acquisti e portato in trionfo dopo la vittoria sulla capolista. Il segreto di Baldi sta nel sempre valido squadra che vince non si tocca e lui dopo aver vinto il campionato di serie C chiede alla società di modificare l’organico il meno possibile. Baldi partecipa alla serie B con un gruppo di uomini affiatati, che saranno pure modesti calciatori ma si conoscono a memoria, di sicuro più di tanti campioni strapagati che litigano in campo. Il Piombino ha un gioco e una personalità ben definita frutto di un campionato di serie C vinto alla grande. La Roma è travolta da un avversario pieno di entusiasmo e i quattromila tifosi che hanno invaso Piombino se ne tornano a casa sotto un coro di sfottò della tifoseria toscana. Il mito della serie B a Piombino è duro a morire. Se con un piombinese di mezza età il discorso cade su argomenti calcistici state pur certi che prima o poi ve l’ammolla quel noi s’è fatto la serie B, anche se lui manco era nato nel 1951. Ve lo dico per esperienza, ché non ricordo quante volte l’ho detta questa frase per giustificare la mediocrità attuale del calcio piombinese. Nel 1951 il Piombino resta a lungo capolista e molti sognano a occhi aperti la serie A, specie dopo la vittoria sulla Roma. È la nona giornata del primo campionato di serie B e la città è invasa da bandiere giallorosse, torpedoni e treni speciali. Franco Biegi, in un articolo del Tirreno di Livorno datato 1996, ricorda diecimila romani che in realtà sono soltanto quattromila, ma si sa che il tempo ingigantisce le cose. In ogni caso è vero che sembra d’essere a Roma, si vedono solo le loro bandiere che alla fine arrotolano silenziosi sotto i fischi dei piombinesi riuniti sulla via Provinciale all’uscita della città. Il Piombino batte la Roma e balza in testa, ma chiude il campionato solo al sesto posto dietro Roma, Brescia, Messina, Genoa e Catania. Il sogno della massima serie sfuma, forse è meglio così perché la squadra vive sull’entusiasmo della matricola e sul catenaccio inventato da Baldi che schiera un calciatore nel ruolo di battitore libero. Difesa e contropiede sono le armi italianissime di quel Piombino che sconfigge la Roma di Nordahl II, Andersson e Sundqvist in quello storico pomeriggio del 18 novembre. Le reti portano la firma del bomber Biagioli (doppietta, una su rigore) e di Montiani. Di quel Piombino ricordiamo con simpatia il maestro elementare Zucchinali che correva i cento metri in undici secondi netti e anche i fratelli Bonci (Irio ed Emilio), schierati uno come centrocampista, l’altro da battitore libero. Ma tutta la squadra merita un ricordo perché era un gruppo valido e compatto, una compagine leggendaria. Il portiere Carlotti, una sicurezza del reparto arretrato, Mezzacapo, piombinese purosangue idolo del Cotone, Coeli, spietato francobollatore di attaccanti, Ortolano, mediano redditizio e scaltro, Lancioni, abile sia di piede che di testa, Morisco, infaticabile ala tornante, Biagioli, attaccante fiorentino veloce e furbo, Cozzolini, mezz’ala sistemista, Bodini e Montiani, attaccanti puri, capitan Zucchinali, personificazione umana del simbolico topolino nerazzurro. Era una squadra fatta di operai per una città operaia che viveva e lavorava per la sua domenica di calcio, costruita pezzo per pezzo da un allenatore intelligente come Fioravante Baldi. La partenza di Baldi per altri lidi dà il via al declino, prima con il fiorentino Nello Bechelli con cui il Piombino si salva a stento, poi con l’allenatore-giocatore Ferruccio Valcareggi (ha trentatré anni e fa il centromediano) che arriva nel periodo di crisi nera della Magona. Nel 1953 - 54 giunge la prevista retrocessione in serie C, anticipata dalla chiusura dei cordoni della borsa da parte di una Magona sempre più in difficoltà. È proprio il caso di dire che a Piombino tutto ruota attorno all’acciaio, pure le fortune calcistiche: sino a quando la siderurgia è il motore trainante della città le cose girano a dovere. Argomento che sviscerato in due miei romanzi che ruotano intorno al mondo del calcio e che vedono protagonista un giocatore piombinese che ritorna ai suoi lidi dopo aver calcato palcoscenici importanti: Calcio e acciaio - Dimenticare Piombino Sogni e altiforni - Piombino Trani senza ritorno. Il pallone si sgonfia senza rimedio con la chiusura della Magona (1955), vero sponsor delle locali glorie calcistiche. Dal 1955 in poi è tutto un susseguirsi di alti e bassi con un vivacchiare tra Serie D e campionati dilettanti. Si pensa di aver toccato il fondo nel 1987 con la retrocessione in Seconda Categoria, purtroppo al peggio non c’è mai fine: la stagione 2004 - 2005 vede l’Atletico Piombino in Terza Categoria. In questo periodo storico è di nuovo altalena tra Eccellenza e Promozione, ma questo meraviglioso libro a fumetti ci permette di rivivere un momento indimenticabile del nostro passato.

 

Gordiano Lupi

 

Gordiano Lupi (Piombino, 1960) scrive di cinema, traduce autori cubani, si occupa di cultura caraibica. Ha dedicato molte opere alla sua città: Piombino leggendariaStoria popolare di PiombinoAlla ricerca della Piombino perdutaPiombino a tavolaAmarcord Piombino. Ha partecipato alle antologie collettive Piombino in giallo e Piombinoir. Alcuni tra i suoi migliori lavori di narrativa sono ambientati a Piombino: Cattive storie di provinciaCalcio e acciaio - Dimenticare Piombino (presentato al Premio Strega, 2014, vincitore del Premio Giovanni Bovio a Trani), Miracolo a Piombino - Storia di Marco e di un gabbiano (presentato al Premio Strega 2016), Sogni e altiforni - Piombino Trani senza ritorno (presentato al Premio Strega 2018). Pagine web: www.infol.it/lupi. E-mail per contatti: lupi@infol.it

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Gordiano Lupi
www.ilfoglioletterario.it

 

 

 

IL FOGLIO LETTERARIO & EDIZIONI IL FOGLIO
VENTICINQUE ANNI DI EDITORIA INDIPENDENTE
Rivista: www.ilfoglioletterario.it
Casa Editrice: www.edizioniilfoglio.com

VENERDI' 12 GENNAIO

Presentazione Ufficiale de LA GRANDE PARTITA del 1951

ovvero PIOMBINO - ROMA 3 a 1

in Biblioteca Civica Falesiana

PIOMBINO - ORE 17 e 30

PARTECIPANO

MASSIMO PANICUCCI autore
PATRIZIA LESSI redattrice Nautilus
GORDIANO LUPI editore IL Foglio Letterario

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AA.VV A cura di Alberto Figliolia, "Tifosi interisti per sempre"

12 Novembre 2022 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #sport, #come eravamo

 

 

 

 

AA.VV – a cura di Alberto Figliolia
Tifosi interisti per sempre

Il grande racconto della passione nerazzurra
Edizioni della Sera, 2022 - Euro 14- pag. 160

www.edizionidellasera.com

 

Alberto Figliolia raduna attorno a sé un gruppo di scrittori innamorati della grande Inter, praticamente due squadre al completo, ben 22 autori, oltre lui stesso nelle vesti di allenatore - giocatore. Tra gli autori dei racconti citiamo Claudio Agostini, Federico Zanda, Giovanni Marrucci, Nicola Colombo, Lorenzo Meyer, Francesco Rota, Giulio Ervino, Albert Borsalino e un grande prefatore come il centravanti Renato Cappellini. Luigi Garlando scrive: “È dallo stile, dall’eleganza del cuore che si riconoscono gli interisti. Noi interisti siamo artisti pazzi, nati sotto la luna piena di marzo, ma il nostro cuore è una spugna immersa nel coraggio”. Come posso non dargli ragione? Sono interista da un lontano giorno del 1966 quando mio padre era in poltrona e bestemmiava per colpa d’un dentista che eliminava l’Italia dai mondiali d’Inghilterra. Sono interista dai tempi del mago Helenio Herrera che vinceva campionati e coppe, al cinema gli facevano la parodia sia Franco Franchi che Alberto Sordi, ma in campo non ce n’era per nessuno, altro che Mouriño! Sono interista da quando scalpitavo sin dal venerdì sera per andare la domenica con mio padre, pronto prima dell’alba in attesa del treno, a Firenze o a Roma per veder giocare Mazzola, Suarez, Jair e Vieri. Sono interista da sempre, anche se perdiamo con il Bologna per colpa d’un portiere che non raccoglie un passaggio, anche se non vinciamo campionati per anni, insomma, non sono juventino, il nerazzurro è una fede. Pure la squadra della mia città (Atletico Piombino) indossa identica maglia e fa parte - proprio come l’Internazionale di Milano - dei miei amori inossidabili. Il libro è una raccolta di racconti, l’impostazione è sentimentale, si viaggia sulle ali del ricordo, con un pensiero unico espresso a più voci, guidate da un direttore d’orchestra come Alberto Figliolia, che lega i ricordi con il filo sottile della nostalgia. Renato Cappellini firma l’introduzione, la sua figurina Panini è una mia personale madeleine, me lo ricordo con la maglia della Roma, del Varese, persino del Como e della Fiorentina, ero un bimbo quando segnò un gol al Real Madrid, vestito di nerazzurro, in Coppa dei Campioni. Alberto Figliolia lo conosco come esperto di calcio e di basket, critico letterario, giornalista sportivo, persino poeta (ottime le sue liriche nel mondo dello sport), ma in questo lavoro è anche ottimo selezionatore di talenti. I racconti ci portano a spasso nel tempo, fanno conoscere stagioni diverse della nostra Inter, ci ricordano che ha vestito la gloriosa maglia anche Vastola, non solo Meazza, Skoglund, Facchetti, Sarti, Burgnich, Lorenzi … Tifosi interisti per sempre è un libro che non può mancare nella biblioteca del tifoso nerazzurro, bello sin dalla copertina a colori che raffigura Spillo Altobelli, palla al piede, pubblico in dissolvenza, il centravanti che mi porta indietro nel tempo alla riscoperta della giovinezza.

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Polonia Suwalki

3 Gennaio 2022 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte, #pittura, #sport, #racconto, #vignette e illustrazioni

Polonia Suwalki

 

Amici lettori, eccoci catapultati nel nuovo anno, come sarà questo 2022? Lo ignoro, ma sono ottimista e spero diventi migliore dei precedenti. Pertanto a voi, che ci seguite fedeli e appassionati, facciamo il nostro fervido e sincero augurio di buon anno. Vada come vada, noi cercheremo di impegnarci perché sia buono davvero.

Molto bene, sicuramente ricorderete che tempo fa vi parlai di un progetto artistico riguardante il mondo del football. Ebbene, dovete sapere che a Suwalki, una cittadina della Polonia, in un quartiere imprecisato, c'è una strada chiusa. Sul muro di fondo la porta del calcio è stata dipinta con vernice bianca. I ragazzi hanno scelto questo spazio per giocare perché ai lati ci sono solo alcuni box o botteghe e quindi la palla non può uscire in strada rotolando tra le automobili. Ha nevicato, il terreno potrebbe essere scivoloso ma per questo sarà  più divertente. Il muro è alto e qualcuno ha disegnato delle scritte sulla parete grezza, magari per farlo sembrare un vero stadio. Con la vostra fantasia non vedete i giocatori? Giocatori di calcio? Sì, perché a breve è qui che si svolgerà una partita fra due squadre speciali. Io e Mario il fantasma racconteremo la cronaca dell’incontro. Mario? Un fantasma? Per chi non mi conosce, quando scrivo tutto può succedere…

- Walter, sono pronte le squadre che ti ho procurato, non ti preoccupare, si gioca per divertimento, ma più tardi possiamo avere altro cioccolato?

- Ehi Mario, ma non ti farà male?

- Abbiamo tanto bisogno di ridere, e poi a noi fantasmi il cioccolato aggrada molto.

- Penso di non poter raccontare tutto questo in giro.

- Oh sì, certo che puoi. Allora andiamo?

E così, io e Mario abbiamo portato in Polonia una squadra di fantasmi. Sul campo di calcio improvvisato che ho dipinto, se la vedranno con dei ragazzini del posto.

Ha nevicato ma il campo  fortunatamente è praticabile. Ben schierati da una parte i ragazzini polacchi, con le guance rosse, i calzoni corti e la faccia sfrontata di chi non vuole perdere, di fronte gli avversari, una squadra di fantasmi amici di Mario, alcuni anzianotti, altri un po' meno. Va detto che è davvero una squadra di pivelli alla "viva il parroco" ma vogliono divertirsi e, in fondo, non ci stanno a perdere neanche loro. Ce la metteranno tutta per fare bella figura.

- Ok ragazzi, mettiamo la palla al centro e iniziamo a giocare, al termine cioccolata calda per tutti.

- Ehi Walter, vuoi fare l'arbitro?

- Non ci penso proprio! Mica avete bisogno di un arbitro. E poi voglio godermi la partita!

La partita è iniziata, le due squadre si affrontano come se stessero giocando la finale di coppa del mondo, sonore risate si mescolano agli incitamenti a passare la palla, fiocca anche qualche parolaccia per un passaggio sbagliato o per un duro colpo ricevuto. Tutti corrono  spensierati a perdifiato con l'unico obiettivo di vincere e divertirsi, i ragazzi polacchi sono più forti ma i fantasmi se la cavano con qualche piccolo colpo di magia. Da una parte e dall'altra ci vorrebbe un pallottoliere, i gol non si contano più e la partita rimane in parità. 

Sembra una gara senza fine ma il gioco termina quando un ragazzino calcia la palla così in alto, ma così in alto, da raggiungere il cielo. Come per incanto, quel pallone rimbalza sulla luna che si accende e illumina tutte le stelle più belle. Il cielo pieno di stelle è bellissimo, davanti a questo spettacolo tutti si fermano a bocca aperta con il naso all'insù.

- Ehi Walter, abbiamo finito la partita, ci siamo divertiti un sacco, ora puoi portarci del cioccolato, sbrigati che abbiamo bisogno di dolcezza!

- Certo, sto arrivando... Non vuoi il tè caldo prima?

- No, per favore, solo cioccolato e... anche un sacco di biscotti, sbrigati che abbiamo fame!

Amici lettori, ora c'è un problema, per favore non spifferate l’inghippo: mentre guardavo la partita ho sgargarozzato tutta la cioccolata da solo, qualcuno di voi può aiutarmi?

-Ehi, ragazzi sul campo di calcio, tranquilli, ho ordinato la cioccolata per telefono, via mail, via megafono, via telefax, insomma, tranquilli, sta arrivando.

Cari lettori, che disattenzione! E adesso? Ho molta fantasia ma come posso risolvere la questione? Idea!  Chiamo la Befana, ci penserà lei a portare la cioccolata, va tutto bene quel che finisce bene, lasciamo i ragazzi su quel campo di calcio improvvisato in Polonia e speriamo che la vecchina si sbrighi a portare il cioccolato e non dimentichi i biscotti. Io e Mario andiamo a preparare la prossima partita, vi porteremo in Irlanda del Nord, amici lettori, ancora buon 2022: passarlo insieme a voi sarà sempre un piacere.

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Climbing Iran

12 Dicembre 2021 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #il mondo introno a noi, #cinema, #sport

 

 

 

 

Una serata all'insegna della montagna e di una storia al femminile potente e positiva, in occasione della Giornata internazionale della Montagna. Sarà proiettato, mercoledì 15 dicembre 2021 alle ore 20:30, presso il Cinema delle Provincie di Roma (viale delle Provincie, 41 – tel. 0644236021) il documentario 'Climbing Iran', diretto da Francesca Borghetti, al suo esordio alla regia, che presenterà il film al pubblico. All'incontro parteciperanno anche Parisa Nazari, dell'Associazione culturale italo-iraniana Alefba, un rappresentante del CAI – Club Alpino Italiano di Roma e la montatrice Aline Hervé. Il film è la storia di Nasim Eshqiclimber professionista iraniana, classe 1982, una delle poche donne del Paese mediorientale ad essersi appassionata all’arrampicata outdoor.

Il film, distribuito in sala da Mescalito Film, attualmente in cartellone in tutta Italia nell'ambito della rassegna 'La montagna al cinema', è stato presentato in anteprima mondiale ad Alice nella Città 2020 e ha partecipato a numerosi festival italiani e internazionali, conquistando vari premi, tra cui il Premio del Pubblico al Trento Film Festival 2021, il Premio Libero Bizzarri Italiadoc 2021 e il Premio Best Emerging Filmaker al What If - Women in Film Festival di Zurigo. Il documentario è in questi giorni proiettato in Nepal, in concorso al Kathmandu International Mountain Film Festival. Prodotto da Filippo Macelloni per NANOF srl e co-prodotto da Giordano Cossu per la francese Hirya Lab, 'Climbing Iran' si avvale della fotografia di Davood Ashrafi, Corrado Measso e Federico Santini.

'Climbing Iran' - qui il trailer www.youtube.com/watch?v=C4rE7VTRtNQ – racconta della climber iraniana Nasim Eshqi, mani forti e unghie dipinte con smalto rosa shocking. Dopo essere stata una giovane campionessa di diversi sport - dal karate al kickboxing - ha seguito il richiamo della natura andando oltre le barriere imposte alle donne iraniane, costruendo la propria strada sulle montagne persiane, dove ha aperto una cinquantina di nuove vie. L'unica a raggiungere difficoltà elevate, pioniera in un Paese dove le donne arrampicano per lo più al chiuso, durante orari stabiliti e solo tra donne. Il film è il ritratto di una donna straordinaria, determinata a superare le barriere che si oppongono alla sua passione, siano esse fisiche, sociali, psicologiche, geografiche o ideologiche. Impegnata a "cambiare le cose a poco a poco", porta altre giovani donne sulle pareti di roccia, poco fuori Teheran, insegnando loro come arrampicarsi e diventare indipendenti. Nasim ha un sogno che può diventare realtà: aprire una 'nuova via' sulle Alpi anche quando raggiungere l’Europa stessa è una vera e propria impresa...

"La gravità – sostiene Nasim nel documentario - non mi chiede il passaporto. Ti tira giù allo stesso modo, non importa se sei ricco o povero, nero o bianco, iraniano o italiano, uomo o donna". “Ho letto per la prima volta di Nasim su una rivista italiana – ricorda la regista Francesca BorghettiLe immagini di lei che scala la montagna senza velo hanno avuto un forte impatto su di me, quasi una folgorazione. Scalare una montagna impone la sfida di superare i propri limiti personali. È, in un certo senso, un atto altamente simbolico. Fare questo film - sottolinea Borghetti - è diventata la mia montagna da scalare, e Nasim mi ha aiutato a trovare la determinazione per farlo, a portare avanti un progetto che sembrava enormemente difficile e che mi ha messo in gioco completamente”.


LA REGISTA - FRANCESCA BORGHETTI
Con un background in Antropologia Culturale, Francesca Borghetti lavora nel campo del documentario dal 2000, diploma Eurodoc 2010. Ha sviluppato, scritto, prodotto e diretto molteplici documentari all'interno di DocLab e Fabulafilm, Rai Storia, Rai 5 e Babel Tv. Portavoce di Doc/it - Associazione Documentaristi Italiani dal 2015 al 2017, Borghetti ha collaborato alla trasmissione RAI, Petrolio, come delegata per l'acquisizione di documentari nazionali e internazionali. Attualmente collabora in qualità di esperta a RAI Documentari, diretta da Duilio Giammaria. Climbing Iran è il suo primo film documentario come regista. Francesca ha parlato della realizzazione di questo film nel TedX Women Navigli 2021.

LA PRODUZIONE - NANOF
NANOF è una società di produzione indipendente con sede a Roma, Italia, fondata dai registi Filippo Macelloni e Lorenzo Garzella. Dal 2001 produce documentari, film narrativi, cross media, installazioni video e progetti televisivi, sviluppando una fitta rete di collaboratori a livello internazionale, operando sia in Italia che in coproduzione con partner stranieri. Tra i lungometraggi documentari: "The Disappearance of My Mother" (presentato al Sundance 2019), "Storie di Altromare" (Sky Arte, 2018), "Children in Time" (Rai, 2016), "Il Mundial dimenticato" (2012). www.nanof.it

Durata: 53'
Distribuzione: Mescalito Film

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Luis Vinicio, "Il leone di Belo Horizonte"

19 Ottobre 2021 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #personaggi da conoscere, #recensioni, #sport

 

 

 

 

Luis Vinicio
Il leone di Belo Horizonte

a cura di Paquito Catanzaro
Homo Scrivens – Euro 15 – Pag. 193

 

Per la prima volta Luis Vinicio De Menezes, il Leone di Belo Horizonte, dove è nato il 28 febbraio del 1932, si racconta, e lo fa a Napoli, città di elezione, dove è approdato dopo una lunga carriera calcistica, prima da centravanti goleador e poi da allenatore pioniere del gioco totale. Vinicio debutta nel Botafogo, dove tutti lo chiamano Vinicius, segna un gol contro l’Olaria, gioca insieme a Garrincha (del tutto analfabeta, ma lui gli insegna a scrivere) e Dino Da Costa, tridente offensivo che tremare il mondo fa. Il primo contatto con l’Italia è del 1955, quando ha solo 23 anni, nel Napoli di Amadei e Pesaola, con i partenopei è subito amore, il nomignolo di o’ lione viene proprio dalla curva più sfegatata dei tifosi azzurri, nella città del golfo resta cinque anni e segna caterve di gol (circa settanta), anche ad avversari importanti e storici come la Juventus. A 28 anni la sua carriera pare finita, perché passa al Bologna dove trova davanti a sé il più giovane Harald Nielsen, che gioca quasi sempre, mentre o’ lione ruggisce in panchina. Vinicio torna in Brasile, ma l’Italia chiama ancora, è Lanerossi Vicenza, dove torna il bomber di sempre e trascina la provincia veneta ai primi posti della serie A, incantando il pubblico per tre stagioni. Nel 1966 vedo Vinicio giocare persino nella mia Inter, quella di Helenio Herrera, ché sono un bambino, va bene che fa solo otto gare (e segna un gol), ma ha ben 34 anni e davanti a sé una squadra di campioni. Finisce la carriera a Vicenza, dove segna le ultime reti e tocca quota 150, portando ancora una volta i berici in alto, alla fine segnando più gol di tutti gli attaccanti biancorossi della storia, persino di Paolo Rossi. Cominciano gli anni da allenatore, in C con l’Internapoli (squadra che non esiste più), poi Brindisi, Ternana, ancora Brindisi, finalmente Napoli, poi Lazio, Avellino, Pisa, Udinese, ancora Avellino, per terminare in C2 con lo Juve Stabia, che ha 60 anni.

Paquito Catanzaro raccoglie la vita e i ricordi di Vinicio in un libro scritto in prima persona, ricco di immagini d’epoca e di contributi originali, presi dalla viva voce di Agostinelli, Brancato, Bruscolotti, Burgnich, Carnevale, Carratelli. Coppola, De Maggio, Improta, La Palma, Pinto, Rivieccio, Saranataro e Wilson. O’ lione si racconta a cuore aperto, l’infanzia, il Brasile, l’amore per Napoli, la Lazio e l’Avellino, le parentesi di provincia, l’Inter di HH, il Vicenza … La vita di un uomo e di un grande calciatore, bomber straordinario, pioniere del calcio all’olandese, innamorato del gioco più bello del mondo. Per me resta l’eroe del mio Pisa nerazzurro, ma anche l’attaccante di riserva dell’Inter più grande della storia.

 

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L'altra metà di centrocampo, un progetto dedicato al football verso Qatar 2022

19 Settembre 2021 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte, #pittura, #sport

 

 

 

 
 
Esterno gelateria, estate romana, pomeriggio luminoso, Mario e Walter prima seduti poi in piedi a mangiare un gelato misto.
 
- Wa', sei pronto?
 
- Per che cosa?
 
- Per il 27 settembre.
 
- Credo di no, ho paura.
 
- Perché?
 
- E' la mia ultima opportunità: l'anno che verrà ha una data unica.
 
- Qatar Dicembre 2022? Beh, ti capisco, ma se non ora quando?
 
- Eh già, se non ora quando? Proprio per questo mi sento di avere paura, tu sai che parto da zero, non ho soldi e santi in Paradiso, sono vecchio e con le toppe, e poi voglio fare le cose in grande. Minchia, me lo merito un po' di successo!
 
- E allora che facciamo? Siamo in ballo e dobbiamo ballare!
 
 
Iatevenne illusioni sparse
 
Lassateme perde piantatevela de divertivve alle spalle mie
 
Lassateme perde nun è aria so stanco de sognà a vòto
 
Uè vabbè che tengo 'na fantasia infinita che mai me lassa solo
 
So bollente de passiene de fermento e de còre grande questo lo capisco
 
Io so tutto e te illusione sparsa tutto sai de me
 
Oramai de tempo n'è passato troppo
 
Nun lo vedi che arranco, sbuffo, sbarello, e senza fiato casco?
 
E allora è proprio adesso viè er bello, do retta ar destino e famo diventà 'n'illusione 'na bella sòddisfàziòne!
 
 
-E  poiché a me la musica piace assai, Mario, mi libero di freni e lacciuoli, tutta a barra dritta verso la gloria! 
 
- Wa', mi sa che hai visto troppi film. 
 
- Mario, perché non mi dici qualcosa di costruttivo? 
 
- Bene, comincia col dire ai nostri amici lettori di che minchia stiamo parlando. 
 
- Tarattatà, va bene, signore e signori, il 27 Settembre 2021 ufficialmente parte un sogno, un sogno sportivo.
 
- Cominciamo bene. 
 
- Sognare è troppo da illusionista?
 
- Volevi dire da illuso e, aggiungo io, pure povero?
 
- Lo sai che io scrivo strano, ma lasciami andare avanti.
 
- Prego.
 
- Allora, cari amici, tarattatà, il mio è un sogno: realizzare una mostra pittorica e un libro/catalogo... In questo momento suona “wooden ships”, la sentite la chitarra, tarattatà? Bene, la mostra e il libro parlano di una porta da calcio, una porta che, invece, è una finestra aperta su un orizzonte di fantasia e d'immaginazione. Calciare una palla e tirare verso quella porta è come sentirsi un astronauta, librarsi in aria su un'altra dimensione, eppure si tratta solo di un pallone, un pallone per renderti felice, e io proverò a farvi vedere l'altra metà di centrocampo, tarattatà.
 
- Bravo, pensavo peggio, in fondo, anche se c'era altro da dire, non hai sbagliato una parola.
 
- E vabbè, Mario, il progetto sta per partire, vogliamo prendere un altro gelato? Io vorrei cioccolato, vaniglia, cocomero e menta.
 
- Hai i gusti orribili, è passata la paura?
 
- Te lo dirò dopo il 27. Puoi fare qualcosa per me?
 
- Cosa?
 
- Spargi la voce.
 
- Che c'è un matto in circolazione? (amici lettori, Walter Fest non vi ha detto quello che vuole fare, io credo che veramente stia sognando, mi raccomando, non svegliatelo).
 
- Allora i matti sono due perché tu stai con me.
 
- Eh già, ma io sono un fantasma, hai visto la luna piena? Ihihihih!
 
- Marioooo, dai, scherzavo, non te ne andare, non mi lasciare solo, ritorna dalla galassia ectoplasmatica. Tu sei un fantasma speciale, come farò senza di te?... E adesso il gelato chi lo paga? Vado a fare una colletta, ci rivediamo il 27 settembre, amici lettori del blog più stellare che ci sia, qualcuno di voi vuole seguirmi?
 Patrizia Poli, vorrai seguirmi? 
 
 
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Paquito Catanzaro, "L'aritmetica del noi"

18 Settembre 2021 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #sport

 

 

 

 

Paquito Catanzaro
L’aritmetica del noi
Homo Scrivens – Pag. 185 – Euro 15

www.homoscrivens.it

 

Paquito Catanzaro è uno scrittore che leggo volentieri, leggero ma non superficiale, affronta i grandi temi esistenziali con il sorriso sulle labbra conferendo ai suoi personaggi il tono scanzonato della commedia all’italiana. In questo romanzo ci porta nel mondo del calcio femminile, settore in sviluppo anche a Napoli dove esiste una squadra piuttosto seguita che annovera tra le sue fila piccole campionesse. Il personaggio di fantasia di Catanzaro si chiama Marta, è il centravanti cannoniere della Napoli Women (una via di mezzo tra Goldoni e Popadinova), in lotta con la Juventus per la conquista del tricolore, combattuta tra l’amore per il suo uomo (oltre a un figlio che proprio non vuole) e la passione per il calcio, in un momento cruciale della sua carriera. Il protagonista maschile è il giornalista Hugo Sanchez Bottino, che per colpa della passione del padre si trova a dover portare il nome del più grande attaccante messicano degli anni Ottanta anche se non ama il calcio. Il cronista si districa tra eventi culturali che vedono partecipazioni ridotte, scrive articoli sulle pagine letterarie dell’Eco di Napoli, segue scrittrici alle prime armi. Non vado oltre con la trama, ricca di colpi di scena, incentrata su una storia d’amore complessa e sui possibili scenari che si aprono dopo una lite furibonda, portata avanti con dialoghi intensi e credibili come se fosse una sceneggiatura cinematografica. Le parti calcistiche della storia sono scritte con competenza, così come le sequenze ambientate nel mondo della letteratura - due passioni dell’autore - e l’uso della prima persona aiuta a immedesimarsi nella voce narrante, percorrendo insieme al protagonista le sue vicissitudini. Tra i personaggi di contorno incontriamo Luis Vinicio, ‘o lione dell’area di rigore, grande centravanti dell’Inter di Herrera e ottimo allenatore degli anni Ottanta, che Catanzaro conosce bene per aver scritto la sua autobiografia. Un romanzo che si legge con rapidità, scritto con stile fluido e scorrevole, fuori dalle mode, originale e vero, ambientato in una realtà contemporanea mai artefatta. Homo Scrivens è un buon editore partenopeo che pubblica solo dieci libri all’anno di narrativa, scelti con cura e passione. Paquito Catanzaro - giornalista culturale come il suo personaggio, noto per il blog Il lettore medio - è uno degli autori di punta; di lui consigliamo Due di picche (2020) e Otto e un quarto (2019), oltre al calcisticamente irrinunciabile Il Leone di Belo Horizonte (2021). Cominciate da L’aritmetica del noi, intanto. Non ve ne pentirete.

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28 Giugno 2041 intervista marziana a Francesco Totti

27 Giugno 2021 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #sport, #personaggi da conoscere

 

 

 
 
 
Amici lettori, siamo in piena trance agonistica, siamo ai quarti di finale e le prossime fasi diventano infuocate, o dentro o fuori dai campionati europei di calcio, fino alla partita finale di Londra. E così, sempre sotto l’influsso positivo del Il ventre di Maradona della bravissima Emanuela Audisio, ho deciso di intervistare per voi uno sportivo inserito nel suo libro, uno che con un "cucchiaio" è diventato un cult del rigore, uno che ha vinto molte battaglie ma perso qualche guerra. Uno che con la pandemia in corso ha sofferto non poco, si è ammalato lui stesso seriamente e ha perso l'amato padre.  Per omaggiarlo e cercare di strappargli un sorriso, abbiamo organizzato con la fantasia una pazza intervista ambientata nel futuro.
 
Siamo al 28 giugno 2041, mi trovo presso il centro sportivo dell’Acquacetosa per incontrare in esclusiva il Raffaello del calcio Italiano, Francesco Totti! Eccolo là, ci sta aspettando al centro del campo mentre sta dirigendo l’allenamento della Nazionale over ’60.
 
 - Ciao, Francesco.
 
- Ciao, Walter.
 
Francesco Totti mi accoglie con il suo proverbiale sorriso, nonostante l’età ha ancora un fisicaccio asciutto e in buona forma, il baffo da nonno e la chioma argentata fluente lo rendono ancora più simpatico e attraente.
Al momento è l’allenatore della Nazionale Italiana over ’60, che da qualche anno è entrata nell'organigramma della federazione sportiva gioco calcio, e parteciperà ai prossimi campionati mondiali di categoria. Sono una squadra di atleti che a fine carriera ancora non hanno appeso gli scarpini al chiodo e continuano a regalare emozioni. Possiamo dire che in questi ultimi anni c’è stata un'inversione di tendenza: quello che prima poteva sembrare vecchio adesso è un normale e apprezzato bagaglio di esperienza di vita sportiva al servizio dei più giovani. Adesso “vecchio” è bello, importante e utile alla collettività.
 
 Francesco, i nostri lettori vogliono sapere di te, dei tuoi anni successivi all'addio alla maglia giallorossa.
 
- Sinceramente, “Il giorno dopo” stavo bene, avevo già visto tanti amici e colleghi prima di me, le storie si ripetono e sapevo che anch'io avrei avuto lo stesso destino, così ho staccato la spina e sono andato in vacanza. Il problema è stato al ritorno perché ho dovuto assumere sei segretarie con il compito di vagliare tutte le offerte che mi arrivavano e che puntualmente rifiutavo, inoltre stavano per iniziare i ritiri per la preparazione atletica delle squadre, sapevo che non sarei stato più convocato. Naturalmente ero indeciso e combattuto, ricevevo consigli e suggerimenti da tutte le parti. Le mie segretarie si occupavano anche di questo: stilare la lista dei consigli, ringraziare, dopodiché, educatamente, cestinare. Stavo entrando in confusione quando un giorno...
 
- Cosa successe?-
-
Mi vennero a trovare due persone sorridenti, vestite in nero, occhiali neri.
- Ah, e chi erano?
- Sto per concederti uno scoop, mo te lo dico. Si presentarono dicendomi che lavoravano per conto di un'agenzia spaziale e avevano una proposta per me. Li feci entrare perché ero curioso e a vederli mi facevano ridere. Gli offersi caffè e la crostata de nonna, oh! Se la so sgargarozzata tutta in trenta secondi! Insomma, mi dissero che avevano saputo che ero libero e mi chiesero se volevo giocare con i marziani.
 
- Con il Real Madrid?-
 
- No, no, mi fece segno con il dito indicando il cielo sopra di noi.
 
- I marziani, quelli veri? Gli alieni, gli ufo, gli extraterrestri?
 
- Sì proprio loro.
 
- E allora che gli hai risposto?-
 
-Il contratto sarebbe stato per pochi mesi luce, avevano bisogno della mia esperienza. Ero dubbioso ma  Hillary firmò per me perché non mi sopportava più dentro casa. Ero intrattabile e mangiavo troppo gelato e pasta al sugo, ma sospetto che in verità fosse per la presenza delle sei segretarie. Comunque, preparai la borsa e partii per il mio primo raduno extragalattico.
 
- E durante la tua assenza con i media come hai fatto?
 
- E’ stato facile, avevo il clone di Totti, lo avevano creato i due marziani.
 
- Ma scusa, allora non potevano crearne un altro da portare nello spazio?-
 
- È quello che ho detto pure io. Mi risposero che non riuscivano a insegnargli a fare il “cucchiaio”.-
 
- Giusto.
 
- Daje, sbrighiamoci a finire questa intervista, vedi che i miei ragazzi senza di me battono la fiacca? Daje, Giggi non fare il mollicone che arrivo, eh!
 
- Hai ragione, quindi una volta arrivato nella galassia che ruolo hai avuto?
 
- Ero il capitano dei marziani, il mister era un altro che veramente aveva un viso conosciuto, non ti so dire se fosse il vero o il clone di Mourinho. Mi sorge un dubbio: adesso la squadra giallorossa chi la allenerà, quello vero oppure un clone? Comunque mi dissero che lo avevano assunto perché aveva la faccia da attore, era fotogenico e voleva prendersi una rivincita, vincere anche nella fantascienza. Insomma, in quel periodo ho insegnato calcio agli extraterrestri, mamma mia erano dei veri pipponi, però avevano un importante lato positivo.
 
- Quale?-
 
- Giocavano per divertirsi, magari facevano un sacco di errori però col pallone provavano una grande gioia, la stessa che dimostravano anche gli spettatori sugli spalti. Oh, c’era sempre il tutto esaurito! E si divertivano i come matti: era quel sentimento che molte volte in tante occasioni mancava a noi sulla terra.
 
- Allora è stata una bella esperienza?-
 
- Certamente, abbiamo vinto il campionato, ero l’idolo del firmamento, in tutta la galassia il calcio rimbombava di entusiasmo e di guerre stellari fra alieni non si parlava più. Al termine del contratto volevano che rimanessi ancora, mi offrirono un sacco di benefits. Ma un'altra cosa che non riuscivano ad imparare era, come puoi immaginare, il saper cucinare. E poi il mare, mica ce lo hanno il mare lassù. Hai mai visto il mare sugli altri pianeti? Per non parlare di tutto il resto che manca. Però, devo ammettere, che sti marziani avevano capito più di noi il segreto per vivere bene: semplicemente giocare divertendosi e prendere la vita con filosofia! E così ritornai sulla terra, mi regalarono, su mia richiesta, il clone di me stesso che ho usato un sacco di volte per andare in televisione. Ora eccomi qua ad allenare sti vecchietti terribili. Ma lo sai che vengono all'allenamento con la motocicletta?
 
- Che c’è di strano?-
 
- Accidenti a loro, non me la prestano mai, perché Hillary non vuole che vada in motocicletta. Sai com'è, dice che sono troppo spericolato come Vasco. Adesso ti devo salutare, la mia squadra mi aspetta.
 
- Ma prima di andare puoi dirci chi vincerà questi campionati Europei?
 
- Sarà una bella lotta, può anche uscire fuori una outsider ma, Walter, sai mantenere un segreto?
 
- Certamente.
 
- Lo vinciamo noi perché abbiamo un marziano in squadra.
 
- Ma quello gioca con il Portogallo.
 
- Non lui, uno vero, il marziano goleador dello spazio, non posso dirti come si chiama, l’ho fatto arrivare in incognito e sotto mentite spoglie vestirà i panni di uno di noi e ci farà vincere tutte le partite.
 
- Ma non sarebbe corretto.
 
- Walter, ricordati, con la fantasia possiamo fare tutto e sognare. Ma non spargere la voce, c’è troppa gente che ha bisogno di ridere e poi sai che casino se tutto il mondo comincia a ridere insieme allo stesso momento?
 
Salutiamo Francesco Totti, tutto il paese gli sarà grato per il suo marziano cannoniere.
 Amici lettori, ci rivediamo al prossimo articolo calcistico sulle note di Lightnin' Slim - Winter Time Blues
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George Best

12 Giugno 2021 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #sport, #personaggi da conoscere

 

 

 
 
 
Finalmente sono iniziati i campionati Europei di calcio, che avrebbero dovuto svolgersi lo scorso anno.  Per le note, arcinote, vicende potremo viverli nel corso di questa pazza e stressante estate 2021. Io penso, amici lettori, che anche per chi non segue, o non ha simpatia per una palla rotolante, sia una bella cosa. A proposito di bellezza, aggiungo che poi a seguire avremo le Olimpiadi e io voglio, vorrei, quasi pretenderei vedere entrambi questi eventi sportivi come un fraterno abbraccio planetario per tornare a una normalità di vita.
Lo so che George Best non è lo sportivo più sportivo che ci sia mai stato, l’ho "extra spallonato" da Il ventre di Maradona e in occasione di questi campionati europei appena iniziati, spero non vi dispiacerà se brevemente parlerò di lui.
George Best, pallone d'oro nel 1968, protagonista del calcio europeo e mondiale, tutto il resto è gioia e pazzia di uno dei tanti che ha bruciato la propria vita. Emanuela Audisio l'ha definito “un brasiliano travestito da irlandese”. Minchia! Con questa definizione ha detto tutto, potrei fermarmi qui, sì, lo faccio, non aggiungo altro, vi risparmio quello che ha fatto fuori dal campo, vi risparmio le sue magie con la palla fra i piedi, se volete, sognatele.
Mi dispiace per il lettori, soprattutto quelli più giovani che non sanno chi fosse, compratevi il libro di Emanuela, vale la pena leggere e piangere per questo campione, un pazzo, ma pur sempre un campione con un cuore e un'anima gentile al quale il destino non ha perdonato gli eccessi, un irlandese che sembrava un brasiliano. I campionati di calcio sono appena iniziati e lui, anche solo come un divertente commentatore televisivo, non avrebbe stonato.
E per rimanere in tema pezzo musicale consigliato durante la lettura, “Don’t You Worry ‘Bout  A Thing” Incognito “.
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Ohhhh, Valentino Rossi in my mind

8 Giugno 2021 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #sport, #personaggi da conoscere

 

 

 
 
 
 
Omaggio a Emanuela Audisio e al suo libro Il ventre di Maradona
 
 
 
 
 
Oggi inizio, con Valentino Rossi, la descrizione dei corpi prestati allo sport, menzionati da questa brava autrice nella sua opera. Forse non ce la farò a elencare tutti gli atleti da lei inseriti nel volume, ma ci proverò, magari le prossime volte li metterò in coppia o in trio. E, inoltre, sapete che voglio pure provare a fare? Voglio accompagnare ogni personaggio con un brano musicale. Perché lo faccio? Perché con la musica si legge meglio, spero di interpretare bene i vostri gusti, per questo centauro vi va bene (You make me feel like) a natural woman di Aretha Franklin?
 
 
 
Valentino Rossi
 
Il ragazzo è nato in una terra lungomare, dove “il motore” è il pane quotidiano e va mangiato divertendosi. Il ragazzino lo sa bene, a 300 all'ora lui ride, scherza, gioca seriamente, chiude e apre il gas con furbizia e intelligenza. In sella a una moto, sua amica eterna, recita un atto di fede, diventa un tutt'uno con il sacro. Lui, che non ha un fisicaccio, dentro di sé è spirito divino, è il divino che lo ha fatto nascere un campione di pilota. Pare che non beva birra ma aranciata, ami avere tanta gente intorno ma da solo, a motori spenti, come un bambino, sorrida in silenzio. A scuola per obbligo, in pista per natura, con grande piacere. Eh già, che c'è di meglio da fare nella vita se non quello che ti piace di più? E poi? Dopo la corsa si ritorna a Tavullia, mica a Broadway. II suo paese è la sua intima, amata e inestimabile esistenza, il profumo delle sue parti non lo scambierebbe per nulla al mondo. Valentino corre ancora e non invecchia mai ma a me, il giorno che per limiti di età sulla linea di partenza non più si presenterà, mi piace immaginarlo a sgommare e derapare per le stradine di Tavullia con l'Apecar, altro che correre in F1. Sòcc’mel, la vita è bella anche per questo.
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