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sport

Gennaro Ivan Gattuso, "Se uno nasce quadrato non muore tondo"

22 Maggio 2021 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #recensioni, #sport, #personaggi da conoscere

Immagine di Walter Fest

Immagine di Walter Fest

 
 
 
 
 
 
E così anch'io voglio letteralmente dire la mia, questa settimana voglio parlare di libri ma, onestamente, ammetto che tutto è nato per caso. 
Tempo fa era successo che mio figlio, dopo aver traslocato, mi lasciasse uno scatolone pieno di libri, dicendomi “tienili che poi ritorno a prenderli”, cosa che poi non è avvenuta, lo scatolone sta ancora lì. Per un po’ lo ignorai ma poi, vinto dalla curiosità, aprii lo scatolone e, uno a uno, li sfogliai. Ma bravo mio figlio che aveva avuto buon gusto - anzi, approfitto per fare i complimenti a una sua insegnante che obbligava noi genitori a comprare un libro al mese e ai giovinastri a leggerli, cosicché mio figlio ha preso il vizio di leggere. 
Insomma, adesso eccomi qua a raccontarvi di questo libro: Se uno nasce quadrato non muore tondo, pubblicato da Rizzoli nel 2007.
In copertina di colore rosso, mezzo profilo di Rino Gattuso, un famoso ex calciatore ora apprezzato allenatore. E subito parte la critica alla copertina: minchia signor Gattuso, in foto almeno poteva ridere! Va bene che lei (dopo posso darti del “tu”?) era famoso per la grinta, ma almeno un sorriso in copertina al lettore potevi farlo no? Comunque sei perdonato perché sono convinto che il libro non lo ha scritto un ghostwriter ma tu in persona. L’opera parla di calcio e ti va reso merito di averci raccontato la tua storia con una spontaneità e con una naturalezza veramente bella e genuina.
Questo libro non parla solo di episodi legati alla tua carriera ma anche di valori, come la famiglia, le radici, l’amicizia, la lealtà, il sacrificio, l’amore per le cose semplici. A proposito di cose semplici, voi sapete che i calciatori sono famosi per le auto di lusso, beh! In tutto il libro Rino Gattuso non si atteggia o si pavoneggia mai, l’unico mezzo di trasporto che menziona è un ciclomotore da quattro soldi.
E poi ci hai fatto conoscere Schiavonea, frazione di Corigliano Calabro. 
Con quanto amore e passione ci parla dei suoi luoghi di nascita. Volevate scoop, vip, intime curiosità, gossip e veline? Macché, in questo libro grande è la passione, grande è la voglia di vivere come un mediano, uno che si è fatto il mazzo per la squadra, arrivando al top lavorando sodo.
Grazie Rino per averci dato uno spaccato della tua vita, che poi è la vita di tanti italiani che sognano di farcela a conquistare la coppa più bella del mondo, quella della vita.
Amici lettori, questo è un bel libro e vale la pena leggerlo. Ci rivediamo alla prossima recensione, io leggo poco ma quando lo faccio mi piace farlo bene (ho parafrasato Pelè e in questo contesto suona bene).
 
 
 
 

 

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Cristian Vitali - Maurizio Targa, "Undici metri"

26 Ottobre 2020 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #sport

 

 

 

 

Cristian Vitali - Maurizio Targa
Undici metri - Storie di rigore
Sensoinverso Edizioni  - Euro 17 – pag. 290

La letteratura calcistica (come il cinema) non ha mai avuto grande fortuna in Italia, nonostante scrittori come Arpino abbiano celebrato i mondiali del 1974 con Azzurro tenebra e registi come Pupi Avati abbiano girato Ultimo minuto. In ogni caso escono libri e film dedicati al calcio, che continuo a leggere e vedere, fedele a un’antica passione che mi tiene avvinto alla palla di cuoio almeno dal 1965, in pratica da quando ho l’età della ragione. Tra le ultime belle cose lette e viste posso citare il libro di racconti Undici metri di Vitali e Targa, il film La partita di Francesco Carnesecchi, ma anche l’ennesima visione de L’allenatore nel pallone di Sergio Martino e de I due maghi del pallone con Franco e Ciccio.

Soffermiamoci su Undici metri - Storie di rigore, che gode della bella prefazione di Darwin Pastorin (altro grande scrittore di calcio) e analizza con lo strumento narrativo il ruolo del penalty nella storia del calcio. Vitali e Targa partono dal primo tiro dagli undici metri per giungere ai giorni nostri, prendono in considerazione il trionfo di Berlino, i tiri mondiali di Baresi, Baggio e Di Biagio, il cucchiaio di Totti, le imprese di Zico, Platini, Falcao e Gullit. Sessanta racconti dove trovano spazio persino due bidoni come Caraballo e Toffoli, con i loro errori macroscopici, accanto alle autoreti del mitico Comunardo Niccolai.

Sessanta racconti di passione calcistica, una vera manna per gli appassionati, perché forse non tutti sanno che il calcio di rigore è nato nel 1890, sette anni prima che nascesse la Juventus, e che prima si giocava senza il penalty, fino a quando un portiere irlandese non propose l’innovazione alla federazione britannica. Un’invenzione che non portò fortuna al povero Mc Crum (questo il cognome del vecchio carneade), morto dimenticato da tutti, tradito dalla moglie, alcolizzato e pieno di debiti. Un’altra curiosità la leggiamo sul miglior rigorista di sempre, un tal Giampiero Testa (nato a Magenta nel 1938), che ha giocato soltanto in serie C ma non sbagliava mai un penalty, perché diceva: “Per tirare bene un calcio di rigore si deve avere la testa libera!”. E visto il cognome che portava ci riusciva. Gli autori narrano la storia di Antonin Panenka, che ha giocato fino a 45 anni nelle serie minori, ma viene ricordato per il rigore decisivo del 1976 contro la Germania, primo penalty a decidere una competizione importante. Si rammenta il cucchiaio di Totti del 2000 contro l’Olanda, ma anche il rigore assurdo di Platini in uno stadio pieno di morti, in Belgio, contro il Liverpool. Benito Lorenzi, invece, non tutti lo conosceranno, era Toscano come me e lo chiamavano Veleno, quando nel 1957 con un rigore al limone (leggete il libro per capire!) fece fuori l’odiato Milan indossando la maglia nerazzurra.

Un libro imperdibile per tutti gli appassionati di calcio.

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Simone Manservisi, "L'alba dello scudetto"

5 Settembre 2020 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #sport

 

 

Simone Manservisi
L’alba dello scudetto
Ultrasport – pag. 160 – euro 15

Ho letto quasi tutto quel che Simone Manservisi ha scritto, ma devo dire che quando parla di calcio ha una marcia in più, pare di sentire la voce di certi telecronisti del passato - gente come Carosio e Martellini - che suo padre conoscerà molto bene, capaci di farti vivere una partita anche se non la vedevi. L’alba dello scudetto segue di alcuni anni il bel libro intervista Far West Lazio (ancora disponibile) e approfondisce i temi della Lazio leggendaria, oltre a narrare la biografia calcistica di Pier Paolo Manservisi, attaccante dai piedi buoni di Fiorentina, Napoli, Pisa e Lazio. Simone ha il vantaggio di essere figlio di cotanto padre, quindi ci racconta gli anni Settanta come se li avesse vissuti, per interposta persona, e lo fa parecchio bene. Leggo le pagine del libro e mi rivedo con mio padre nella curva dello Stadio Olimpico, ai tempi in cui una famiglia poteva vedere una partita in curva, tifare Inter contro la Lazio e contro la Roma, senza rischiare niente. Erano i tempi lontani d’un calcio romantico, arbitravano Lo Bello e Gonella, giocavano Mazzola, Rivera e Chinaglia, scrivevano giornalisti come Gianni Brera, parlavano in tv conduttori come Barenson e Valenti. Simone Manservisi approfondisce il mito d’una Lazio battagliera e trasgressiva, guidata da un allenatore paterno come Tommaso Maestrelli, spiega come è stato possibile vincere uno scudetto, indaga sui fatti accaduti come se fosse un film noir, spiega i retroscena e le incomprensioni, narra le scorribande fuori dal rettangolo di gioco. Pier Paolo Manservisi rappresenta l’eccezione in quella Lazio folle e irripetibile, giocatore disciplinato e determinato, soprattutto rispettoso delle regole. Tutti gli altri lo erano molto meno: Chinaglia, Wilson, Re Cecconi, D’Amico … alcuni giocatori dormivano con la pistola sotto il cuscino e destavano i colleghi (per giocare!) a colpi di fucile. Il libro racconta le vicissitudini della Lazio negli anni Settanta e Ottanta, corredato da foto d’epoca, da un intervista al padre e da testimonianze dirette. Si legge come un romanzo, anzi è proprio un romanzo, un bel romanzo calcistico, stile Azzurro tenebra di Arpino o Ultimo minuto di Pupi Avati (che è un film, ma fa lo stesso). Leggetelo, per un salutare tuffo nel passato, per (ri)scoprire un tempo che - ai giovani sembrerà impossibile - è esistito, non fa parte dei racconti dei vecchi, non è una storia uscita dal mondo delle fiabe.

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14 AGOSTO, UNA FINALE E SE...?

14 Agosto 2019 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #sport

 

 

 

 

E se da questa data in seguito, la visione e l'idea di calcio, non fosse più la stessa? E se non rimanesse un caso isolato? E se tanti tifosi e addetti ai lavori modificassero le proprie certezze e convinzioni? E se una donna arbitrasse bene una partita di calcio come i colleghi maschi? E se la conduzione arbitrale da parte di una donna potesse placare la violenza e la becera ignoranza alla quale troppe volte abbiamo assistito negli stadi? 
Amici lettori della signoradeifiltri, ad Istanbul, in Turchia, oggi, 14 agosto 2019, ore 21,00, si svolgerà la finale di supercoppa Europea, le contendenti saranno il Liverpool e il Chelsea, per un trofeo messo in palio dall'Uefa fra le vincitrici della Champions League e dell'Europa League edizione 2018/2019.
La partita è fra due team inglesi, una partita importante per la posta in gioco sportiva e per il prestigio che ne consegue, notoriamente le squadre britanniche giocano senza risparmiarsi fino alla fine dei tempi regolamentari con straordinario vigore agonistico. Alla Vodafone arena, questa sera, sarà pertanto uno spettacolo pirotecnico e, proprio per questo, dico che la designazione dell'arbitro dell'incontro non è stata casuale, arbitrerà per la prima volta una donna, la Francese Stèphanie Frappart, 35 anni, nel suo background recente anche la finale fra U.S.A. e Olanda a Francia 2019 dei mondiali femminili.
Sicuramente non mancheranno parallelismi con i soliti luoghi comuni e, a seguire, severi commenti ironici, ma sono sicuro che tutto verrà stemperato in questa ottima occasione che metterà tutti d'accordo con un segnale positivo di cambiamento. Alla fine vincerà lo sport e, al tirar delle somme, giungerà la consapevolezza che finalmente si può vivere un evento calcistico con gioia, passione e serenità perché è così che deve essere, a prescindere dal sesso o da altri motivi discriminanti.

Questa sera, sono sicuro, sarà magica per milioni di spettatori, assisteremo a un grande spettacolo sportivo e l'arbitro, una donna, al triplice fischio avrà dimostrato al mondo intero il proprio valore.

Amici lettori, tutta la redazione della signoradeifiltri vi augura buon Ferragosto e buone vacanze, everybody stay tuned, il vostro blog più colorato, anche sotto l'ombrellone rimarrà a farvi compagnia.

 

 

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UOMINI E DONNE, UN SOLO MODO DI INTERPRETARE IL CALCIO, LO SPORT PIU' BELLO DEL MONDO.

22 Luglio 2019 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #sport

 

 

Ora che sul campionato mondiale di calcio femminile, svoltosi in Francia, si sono spente le luci della ribalta e, in quest'ambito, è tornato il silenzio mediatico, tutti i fan, aspettando l'inizio del campionato, sono quotidianamente in ansiosa attesa con occhi e orecchie puntate sulle vicende delle febbrili compravendite del calcio mercato.
Pensavate che dopo l'esploit delle nostre azzurre nulla fosse cambiato e le poverine sarebbero tornate nell'anonimato? Vi sbagliate, perché, ormai, dopo Francia 2019, il dato è tratto e, da quella sconfitta ai quarti con l'Olanda, il calcio femminile italiano e mondiale non sarà più lo stesso. Pensavate, amici pallonari, che le donne fossero sempre il sesso debole, soprattutto nel calcio, solo per machisti? Io, invece, ho visto colpi di testa, fucilate da fuori aria, tiri al volo, contrasti all'ultimo sangue, scambi di prima rapidi, lanci millimetrici da 50 metri e, soprattutto, un grande entusiasmo, una grande gioia di giocare, tanto gioco di squadra, per nulla tirare a campare, nessuna di loro giocava per lo 0-0. E sugli spalti tifo appassionato ma corretto, nessuna violenza, ripeto, nessuna violenza, né in campo, né fuori. Tutto ciò vi pare poco?
Ma se il calcio al femminile ha proposto il lato migliore di questo sport, a questo punto che importanza ha il sesso di chi lo pratica? In fondo chissà quante volte avete buttato giù tutti i santi dal calendario vedendo i vostri beniamini sbagliare gol a porta vuota, lisciare la palla manco fossero all'oratorio, trotterellare a centrocampo annoiati perché, pur strapagati, senza idee a chi passare la palla o inventare una trama di bel gioco. E, per finire, diciamola tutta, quante volte abbiamo visto, a questi cuor di leone, tirare indietro la gamba? E allora, amici lettori impazziti per le azzurre, ora si volta pagina e in tv, quando vedrete degli incredibili, stratosferici, indicibili e incommentabili pipponi, adesso potrete pure cambiare canale e, comodamente seduti in poltrona (per chi vuole anche allo stadio, tranquilli per il momento al parcheggio c'è posto e il biglietto di ingresso è ragionevole), divertirvi con le calciatrici, buon calcio a tutti, lo sport più bello del mondo adesso, non fa più distinzioni.
Amici del blog che fa anche dello sport, motivo di vera e sana cultura, vi aspetto dopo la partita per altre notizie, prossima volta dalla terra dei canguri.  Stay tuned.

 


 
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LO SPORT PIU' BELLO DEL MONDO...TIRANDO CALCI AD UN PALLONE SONORO

3 Giugno 2019 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #sport

 

 

Questa non è solo la mia opinione, ma è arcinoto e condiviso a livello planetario che il gioco del calcio sia lo sport più amato e popolare da sempre. Secondo me, la ragione risiede nel fatto che, correndo e tirando calci a un pallone, nell'inconscio di ognuno si ritorna bambini, quindi felici, felicemente liberi da ogni pensiero negativo.
Questo sport, idealmente, va di pari passo con la bicicletta, altro oggetto di culto che non passa mai di moda, anzi, in questo periodo storico anti smog, la due ruote a pedali risulta un vero mezzo di locomozione alternativo. Pertanto sono due giochi, il calcio e la bici, ancora facili, semplici da praticare, naturali e non tecnologici. 
A livello agonistico, la differenza di audience è ampia e giustificata dall'enorme attenzione prestata dai media. Il football, per passione e coinvolgimento delle genti, va oltre l'immaginario, chi non ricorda, direttamente o indirettamente, attraverso i racconti dei nonni e dei padri, i pomeriggi domenicali con l'orecchio incollato alla radiolina, seguendo Tutto il calcio minuto per minuto?... Nicolò Carosio, Sandro Ciotti, Nando Martellini... "Scusa Ameri, scusa Ameri...", voci storiche e appassionate, grazie alle quali, via radio, era come sentirsi, anche se a distanza di migliaia di Km, dentro lo stadio.

Non vedere ma ugualmente, via etere, sognare di sentirsi protagonisti, non vedere ma vivere di passioni, non vedere ma gioire o soffrire con il cuore a mille... non vedere... ma, ascoltando le cronache radiofoniche, sentirsi parte di una comunità pulsante di emozioni, le stesse emozioni che può provare un non vedente riuscendo anch'egli a praticare lo sport più bello del mondo.

A livello mondiale, tutto il movimento sportivo per portatori di handicap ha fatto passi da gigante e sta avendo una popolare cassa di risonanza proprio per il fatto che l'insieme di tutte le discipline sportive, a livello agonistico o amatoriale, risulta essere di grande beneficio per le condizioni di vita, tanto è vero che, ogni quattro anni, le paraolimpiadi sono diventate un importante appuntamento per milioni di appassionati a ogni latitudine.

Tornando al gioco del calcio, esso viene praticato dai non vedenti a campo ridotto, indossando, oltre la tradizionale divisa - maglia, pantaloncini e calzettoni - una mascherina sul volto, per impedire che si possano vedere anche sole ombre che segnalino posizioni tattiche. Il pallone è dotato, nel suo interno, di campanellini acustici che, nei movimenti, facilitano l'individuazione della sfera. Grazie a una maggiore sensibilità acustica e sensoriale, anche un atleta non vedente può sentirsi come Totti, Maradona o Leo Messi.
Fra pochi mesi a Roma, dal 15 al 24 settembre 2019, si svolgeranno, organizzati dalla FISPIC, federazione italiana sport paraolimpica per ipovedenti e ciechi, presso il centro federale di via delle Tre fontane, i campionati Europei B1 di calcio a 5, validi come qualificazioni - con accesso diretto per le prime due squadre classificate-  alle prossime paraolimpiadi a Tokio 2020. A Roma parteciperanno 10 squadre europee pronte a combattersi per staccare il biglietto d'ingresso alla manifestazione nipponica a cinque cerchi, e a Tokio, il prossimo anno, il calcio, lo sport più bello del mondo, insieme a tutte le altre discipline, farà gioire all'unisono milioni di cuori.

Amici lettori della signoradeifiltri, il blog che apre le sue pagine all'amore per la vita aspetterà in trepida attesa quel momento insieme a voi.

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Nostalgia calcistica

19 Aprile 2019 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #laura lupi, #come eravamo, #sport

 

Perché vado ancora al Magona a vedere il Piombino giocare? Domanda che mi faccio spesso e che non trova mai una risposta logica. Sentimentale, forse. Nostalgica, pure. Forse è lo stesso motivo per cui, quando posso, compro una bocca di leone e ne gusto il sapore burroso. Forse perché gli alberi del Magona, siano pini o cipressi, sono gli alberi della mia vita. Forse perché avrei dovuto essere ungherese per quel gusto della nostalgia che fa parte della mia vita.

Lo Stadio Magona è come una vecchia balera di periferia dove si suona una vecchia canzone sentita all’infinito nella tua adolescenza. Tu siedi e ascolti le note composte da un vecchio pianista. E non importa se i suonatori son cambiati, se la musica è diversa, se tutto intorno è decadente degrado. Tu non lo vedi, perché in quel posto ci sei cresciuto, in quelle gradinate basse e strette ci venivi con tuo padre, tra quelle siepi di pitosforo e oleandro hai visto milioni di partite, hai sofferto, hai sognato...

Ecco perché vado ancora al Magona a vedere giocare il Piombino. Ecco perché mi piace sentirmi pervadere da una gioia immotivata in attesa che l’arbitro fischi il calcio d’inizio. 

Non ho più niente a che fare con il mondo del calcio. Non gioco più, non alleno, non guardo neppure le partite in televisione. Ma lo Stadio Magona è un’altra cosa e a quello non rinuncio. Ah, la mia nostalgia ungherese, la mia madeleine più sofferta...

Gordiano Lupi

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FORZA BOLOGNA

21 Gennaio 2019 , Scritto da Franca Poli Con tag #franca poli, #le suggestioni di franca, #come ervamo, #sport

 

 

 

 

Serie A, è appena ricominciato il girone di ritorno dopo la sosta per le feste e ricominciano le polemiche, ma non tutto il calcio è malato. Io vado contro corrente e ammetto di avere una visione romantica dello stadio e delle partite domenicali che forse non è più attuale. Lo sport, le discipline sportive non sono solo violenza, arbitraggi pilotati, cori razzisti, corruzione e ciarpame, anche da una partita di calcio c'è da imparare etica e rigore, sportività, appunto, e lo stadio può diventare scuola di vita.

Non tutta la colpa è da imputare ai tifosi se la nostra società è malata, lo stadio, a mio avviso, riflette solo quanto nel complesso siamo diventati. I valori di amicizia e sana competizione stanno scomparendo ovunque, nella scuola, nel mondo del lavoro, per strada, dove prevalgono invidia, maleducazione, cattiveria e prevaricazione.

Io ho un bellissimo ricordo dello stadio di Bologna, dove la squadra del cuore di mio padre giocò il campionato che la portò alla vittoria del suo ultimo scudetto nel lontano 1964. Era l'Inter l'avversaria diretta e lo spareggio finale si giocava a Roma, in campo neutro. Mio padre, mentre io gli saltellavo intorno, non staccava l'orecchio dalla radiolina a transistor per seguire la partita. A vittoria avvenuta, il giorno dei festeggiamenti, col babbo che mi teneva per mano, mentre la folla festante applaudiva Pascutti, Bulgarelli, Perani, Haller, Fogli e tutti gli altri, avvolta da un tripudio di bandiere rossoblu, mi sono sentita orgogliosa della vittoria della mia squadra e di appartenere alla mia città. Per mio padre il calcio era stato uno svago importante, l'unico di pochi momenti, durante la lunga prigionia nei campi inglesi in Africa, e in quei brevi tornei calciava orgoglioso il suo pallone raffazzonato con quattro stracci, pensando a due mondiali appena vinti dall'Italia nel 1934 e nel 1938 alla faccia dei boriosi aguzzini che gli passavano una pagnotta e una borraccia d'acqua a settimana. Il babbo era tifoso del Bologna e la partita dell'ultima vittoria fu anche l'ultima della sua vita. In autunno un incidente stradale lo strappò a noi, alle sue passioni, mai più stadio, mai più feste, mai più insieme a ridere e piangere e io, seppur piccina, raccolsi il testimone ideale del suo tifo sportivo, di felice condivisione, per quel calcio per quella squadra, la squadra del cuore.

Ho tifato Bologna per tutta la vita, nello stesso identico modo, seguendolo con rassegnazione nei periodi più bui, in serie B, nei lunghi anni di militanza in serie cadetta e poi ,con leggeri entusiasmi, l'ho visto risalire dalla C alla B, poi di nuovo nel girone delle grandi, ma sempre fra gli ultimi in classifica, soffrendo, zoppicando, ma quanta fede, quanta costanza nei suoi tifosi ogni domenica.

Il mio amore per la squadra della mia città non mi ha impedito di crescere, studiare, leggere, lavorare, vivere e amare la mia famiglia, di condurre una vita sana con sani valori. Mio fratello ha portato il figlio allo stadio fin da quando era piccolo e insieme hanno seguito il nostro Bologna, spesso anche in trasferta, nelle sue avventure e disavventure. Anche lui, come il babbo, sapeva trasmettere la stessa passione. Negli ultimi anni hanno vestito, sempre insieme, la casacca dello stewart e in tribuna qualche volta hanno fatto accomodare anche me e la mia famiglia accanto ai tifosi VIP come Lucio Dalla, Gianni Morandi, Andrea Mingardi e una domenica, quando, con grande campanilistico orgoglio, battemmo il Milan, vicino a noi era arrivato da Milano anche Diego Abatantuono per seguire la sua squadra.

Lo spirito è sempre stato lo stesso, grandi gioie per piccole soddisfazioni. Anche mia madre tifava Bologna, ormai anziana, la domenica si sedeva in prima fila sulla sua poltrona e seguiva la partita in televisione, era un momento di unità in famiglia e si rideva quando gridava al nostro Bologna “avanti miei brocchi fategliela vedere!”

Ancora oggi seguo la mia squadra, senza patemi d'animo, e soffro per i pochi risultati che ottiene, ma soffro di più nel vedere che gli stadi sono diventati per i giovani non luogo di incontro, ma scenari di guerra, campi di battaglia: spranghe, botte, coltelli e violenza. Morire per una partita di pallone è davvero un'assurdità. Che il calcio sia diventato la valvola di sfogo di una società che nulla riesce a trasmettere è lo scenario più triste a cui si possa assistere. L'amor patrio, l'inno di Mameli cantato a squarciagola solo se gioca la nazionale di calcio non sono un bel esempio per i nostri ragazzi e non ci si deve meravigliare dei risultati che ne conseguono.

Mancano valori di unità e aggregazione alla base della nostra società e, quando nascono, succede in maniera sbagliata. Così si instaurano fortissimi legami nei gruppi degli “ultras”, cresce, in una sorta di comportamento tribale, il desiderio di protezione dei membri da coloro che vengono considerati i “nemici”, che, a seconda delle circostanze, possono essere altri gruppi di tifosi o le forze dell'ordine. Il comportamento di base di queste “bande” si estende, ben visibile, anche ad altri ambiti, come quello politico ad esempio, poiché è proprio questa intensa coesione fra simili la molla che fa scattare il comportamento delinquenziale.

Questa è la mia concezione, questa la mia storia. È forse tramontata per sempre la mia poetica visione delle partite di calcio e dello stadio come ancora oggi dovrebbe essere, un luogo di divertimento, un momento di condivisione per famiglie, dove si apprende che, come nella vita, a volte si vince e altre si perde, quando si perde a lungo ci si fortifica e più grande sarà la gioia della vittoria, si impara a combattere con onore, con onestà, con determinazione, preparandosi fisicamente e psicologicamente all'incontro (mai allo scontro) della vittoria o della salvezza.

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LE INTERVISTE PAZZE AL MONDIALE DI RUSSIA 2018

21 Giugno 2018 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #le interviste pazze di walter fest, #sport

 


 

 

 

Oggi per noi Mister Enzo Bearzot. Lettori sportivi e non della signorasenzafiltri, eccoci all'appuntamento calcistico mondiale di questa Estate 2018, un campionato senza di noi, i celeberrimi 50 milioni di allenatori, senza gli Azzurri ma con tante squadre in campo disposte a darsi spettacolo.

Oggi incontrerò per voi mister Bearzot per commentare i risultati di questa prima fase. Siamo a bordo di un satellite nello spazio, come potete immaginare ormai siamo nel periodo delle scoperte galattiche e noi da quassù avremo una visione completa di quest'evento planetario.
 

- Eccoci, mister Bearzot
 

- Salve, ragazzi, grazie per avermi dato la possibilità di fare questo giretto nello spazio.
 

- E' un piacere parlare con un grande esperto di calcio, secondo lei senza di noi questo campionato come sarà?
 

- Senza dubbio mancheremo al grande pubblico, o meglio, per certe squadre senza di noi è una liberazione, avranno un avversario scomodo di meno; senti, Walter, ma quassù posso fumare la pipa?
 

- Certamente, abbiamo il permesso dei marziani. A proposito, Ronaldo, Messi e compagnia bella?
 

- Ragazzi è presto, certo CR7 si è presentato con una tripletta, vediamo se continuerà a segnare a raffica. Messi, invece, sarà un diesel, lo vedremo nelle fasi più impegnative. Tieni presente che nessuno vuole rischiare incidenti alle prime partite e compromettere la posta in palio più alta, la finale, perché questa categoria di giocatori è abituata a certe tensioni, la battaglia agonistica non li spaventa ma sanno che poi quello che vale sarà la finale. E' una bella partita a scacchi, e magari ci scappa fuori pure la outsider, la riprova sono le vittorie a fatica di Portogallo e Uruguay contro Marocco e Arabia Saudita, con uno scarto assai minimo, in altre epoche sarebbero state goleade.
 

- Potrebbe essere la volta buona per una africana?
 

- Ancora no, ma manca poco, di sicuro il Senegal ha una chance in più che si chiama destino, ha perso prematuramente l'allenatore che li ha guidati fin qui e la squadra è orgogliosamente concentrata e vogliosa di rendergli il giusto riconoscimento, faranno bene, ne sono sicuro.
 

- Altre squadre sottovalutate ma che potrebbero dare fastidio alle grandi?
 

- Sì, certo, ne vedremo delle belle, chiunque arriva al mondiale tenta di giocarsi tutte le carte, sono importanti le prime partite, bisogna non perderle e non subire gol. Vedo bene l'Islanda che ha iniziato con un risultato a sorpresa, anche il Messico ha iniziato bene e il Giappone si è dimostrata una vera sorpresa, ma sarà determinante l'esperienza. Per ora le squadre giocano chiuse, difese e centrocampi serrati con qualche lampo dei giocatori cardine, dopo questi gironi iniziali vedremo più segnature e chi ha più killer sotto rete in squadra condizionerà le sorti delle partite. Anche i difensori sotto rete sono pericolosi con i colpi di testa sui calci d'angolo, quelli che non ti aspetti ti spuntano fuori all'improvviso e a volte ti posson far male.  Walter, me la offriresti una grappa?
 

- Marziana va bene?
 

- Se non c'è di meglio.
 

- La var secondo lei migliorerà la conduzione delle partite?
 

- Ai miei tempi non c'era e non siamo morti.
 

-Vabbè, però quella volta Maradona con la mano.
 

- Era la mano de Dios, avrebbero vinto lo stesso.
 

- Insomma, la moviola in campo tanto desiderata da Biscardi.
 

- Biscardi, ecco ci manca uno come lui, alla fine il calcio è anche divertimento e spettacolo, facendosi delle risate per sdrammatizzare, lui aveva la vista lunga, adesso la var può essere utile, ma alla fine la vittoria la decide la fantasia, la giocata d'autore e tutte quelle altre componenti che rendono questo sport unico.
 

- Mister, le piacciono le divise indossate dagli atleti?
 

- Veramente preferirei più tradizione, guarda, magari si tornasse alle linee degli anni '50, con i tessuti moderni di ora... A proposito, perché non mi avete dato una bella divisa da astronauta?
 

- Mister Bearzot, ha ragione, ma lo sponsor, sa, avrebbe preteso il colore rosa per questioni televisive.
 

- Eh, già, così tu gli hai detto che sarebbe stato meglio farci indossare pantaloncini bianchi, calzettoni e maglia azzurra.
 

- Mister, il rosa non ci avrebbe donato, ci avrebbero spernacchiato, lei lo sa come sono fatti i tifosi.
 

- Hai ragione, dai, passami un altro goccio di grappa... però, buona questa grappa marziana. Forza, ritorniamo alla base.
 

Amici lettori del blog che ama la poesia del calcio, io e mister Bearzot brindiamo al felice esito dei match, vi salutiamo e vi aspettiamo a bordo campo per le prossime partite.

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MONDIALI, RUSSIA 2018, NOI NO

13 Giugno 2018 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #sport


 

 

 

 

Amici lettori della signorasenzafiltri, appassionati e non del campionato dello sport notoriamente definito da tutti "il più bello del mondo", giovedi 14 Giugno 2018, palla al centro, inizia in Russia il campionato mondiale di calcio ventunesima edizione. Non che gli altri sport non meritino attenzione o non suscitino interesse, ma quello del calcio, che si svolge in sedi diverse ogni quattro anni, oltre a suscitare emozioni a livello planetario, ha anche il merito, durante il corso delle partite, di fermare le cannonate sui fronti di guerra, e così eccoci arrivati a poche ore dal fischio d'inizio, per assistere ad uno spettacolo mondiale.

Per la partita inaugurale saranno schierate in campo la squadra di casa, la Russia e l'Arabia Saudita. Sulla carta le squadre favorite per questa edizione sono sempre le solite note, logicamente la squadra ospitante, poi, subito a seguire, daranno la caccia al titolo l'Argentina, il Brasile, la Germania, l'Inghilterra, la Spagna. Sorprese potrebbero arrivare dall'Australia, dall'Egitto, dall'Islanda, dalla Nigeria, dal Portogallo campione d'Europa, mentre proveranno a fare bella figura le squadre della Polonia, della Serbia, dell'Uruguay, del Senegal, della Croazia, ma non escludiamo altre buone outsider come Colombia, Marocco, Tunisia, Svizzera, Perù e magari anche la matricola Iran. Esordio assoluto per Panama che dimostra come sia veramente un campionato sportivo aperto a tutte le latitudini.
Noi purtroppo non ci saremo. Resteranno a guardare anche team esperti come Olanda, Cile, Camerun. L'ultima volta che la nazionale Italiana ha mancato la qualificazione è stato nel lontanissimo 1958, in occasione dei mondiali in Svezia, dove i padroni di casa, con i fortissimi Skoglund, Gren, Liedholm, cedettero in finale al Brasile, che proveniva dal dramma sportivo della sconfitta con l'Uruguay ai mondiali del 1950. Invece, in questa edizione europea dimostrò il gran calcio pirotecnico dei Carioca, dal quale spiccò il volo un esordiente, un diciassettenne con il numero 10, con il quale iniziò la leggenda di quel numero dietro le spalle che significava estro e fantasia. Il numero 10, cabina di regia e faro di ogni squadra, il suo nome è inciso nella storia del calcio mondiale, se parli di calcio non puoi fare a meno di pensare a Edson Arantes Do Nascimento, Pelè, nessuno mai ha potuto superare il suo mito.

Ma, tornando ai giorni nostri, Russia 2018 parte il 14 giugno e si concluderà con la finale il 15 luglio, un mese di contese entusiasmanti, ma noi purtroppo non ci saremo, sportivamente è giusto così, la palla è rotonda, che vinca il migliore e i nostri potevano fare meglio, in ogni caso il lato positivo è che, dopo una caduta, bisogna subito rialzarsi, abbiamo un nuovo mister giovane ed esperto a livello internazionale come Roberto Mancini, che saprà guidarci nei prossimi appuntamenti per tornare ad essere protagonisti.
Il gioco del calcio, una semplice palla che rotola su un prato verde, solo un gioco, eppure, nella sua filosofia il football è così tanto somigliante al nostro vivere quotidiano. Un mix di vittorie e di sconfitte, rivincite sul destino, passione, entusiasmo, sconforto dopo una debacle, sacrifici per arrivare in cima, lavoro, lavoro e ancora lavoro per un gioco di squadra, uniti nella lotta e nella esaltazione della realizzazione di un sogno, lo sport per intero metafora della nostra vita.

E poi arriva la grande soddisfazione a fari spenti della nostra squadra nazionale femminile che conquista la qualificazione ai prossimi campionati mondiali in Francia nel 2019, la prima tappa è stata raggiunta il prossimo anno ne sentiremo ancora parlare.
Sipario, giovedì entreranno in scena in tutto il mondo la gioia e la fantasia per lo sport più bello del mondo, amici lettori del blog che apre le proprie pagine per il piacere di condividere con voi questo e quant'altro arricchisca l'animo, noi non ci saremo ma sarà come esserci ugualmente con i nostri cuori.

MONDIALI, RUSSIA 2018, NOI NO
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