Miriam Bruni, "Credere nell'attesa"
Da Le lettere di Berlicche di Clive Staples Lewis
Caro Malacoda - è il diavolo Berlicche che scrive al nipote imbranato per addestrarlo al male-, se tenti gli uomini al piacere non fai nulla di utile per noi, in quanto soddisfi anche il nostro Nemico, poiché il piacere fa parte della sua creazione; tenta invece l’uomo all’aridità, all’apatia, portalo adagio adagio nel deserto, e quando è nel deserto impediscigli di pregare: allora avrai vinto anche l’ultima battaglia.
E inizio da qui a parlare di questo libro/scrigno, Credere nell’attesa di Miriam Bruni, Terra d’Ulivi Edizioni. Un qui molto lontano e ancestrale, com’è solo la preghiera, e il brano di Lewis la dice lunga, seppur implicitamente, sull’origine e motivazioni del pregare. Il deserto è sempre dietro la porta di casa, né l’abitudine a sgranare rosari immunizza da quell’aridità: ci vuole un cuore pulsante e un digiuno che graffia perché consapevole di potersi placare solo in quel dire e ribadire a Lui la nostra fiducia – da pag. 5
Solo Tu, solo Tu mi vedi intera e sai
lenire l'incomprensione amara, che ci
rode e a tratti ci sbrana. Non credessi
all'invisibile, Signore, una fossa avrei
scavata, quante volte, a seppellirmi
viva. Ma sei tu l'Oltre che vado cercando.
Che sento, che vedo, è a Te che io chiedo
protezione profonda, l'incursione del Bene
nelle mie piazze, e la pace tua dolce
sulle mie pene. E un poco di luce, quel
tanto che basta per avanzare senza
troppa paura e a sera renderti ogni mia
cosa, sia essa gaia e fiduciosa, oppure
triste e polverosa. Che vita vien fuori,
sarai Tu a dirlo, alla mia fronte
imperlata di Cielo, e alle mie mani
tese a raccogliere del tuo splendore
l'eterna manna, mio Redentore.
Si dice che la poesia non preghi ma faccia pregare, eppure in questo libro, tra queste pagina, sembra di cogliere l’hic et nunc in cui s’aggruma una sofferenza tra le più acute che l’autrice spande sul foglio affinché, alchemicamente, attraverso i segni che ribolliranno sul bianco, si trasformi nella meta più ambita: la speranza. È un filo sottilissimo a separare questa dall’illusione: il rischio è di adagiarsi troppo nell’attesa di tempi migliori e crogiolarsi non attivandosi, o di scattare troppo in avanti sostenuti da una visione che non appartiene al presente.
È necessario quindi rimanere ben radicati alla realtà, per quanto dolorosa e inaccettabile, perché la speranza sia sempre più credibile e si concretizzi in un ventaglio di possibilità. Una strada tutta in salita: è sperare la cosa più difficile, a voce bassa e vergognosamente. La cosa facile è disperare ed è la grande tentazione (Charles Peguy)
Ecco che “vedo” Miriam chiamare per nome il suo dolore e, pensosa ma ritta, affrontarlo … - da pag. 59
E' agosto e ho iniziato la chemio.
Nello sforzo costante alla pazienza
le mie labbra sono chiuse.
Devi guardarmi
come una muta nube, madre.
Agli uccelli di cui odo il suono
cerco di dare un nome,
come col verso delle bestie
di fattoria o di cortile. Ma qual è
il verbo dei cortei celesti?
E' da sola che lo imparo,
nella pace che mi coglie
se li guardo, come quando
sul finire del fuoco puntualmente
mi ristoro di brace
e ancora – da pag. 12
Spoliazione
Dei due massimi emblemi
del femminile: capelli e seno;
caduti entrambi in una
manciata di settimane.
Ma resto donna e a tratti
mi assale una pena
che mi schiude e poi richiude
come il sogno che non si fa
reale. Fossi di pietra, ora,
non sentirei dolore
per le miriadi di cellule
programmate a morire.
Non sentirei pesantezze,
fastidi, nausee, timori.
Ma nemmeno questa musica
o le vostre preghiere.
Ma faremmo un torto a questo bel libro, alla sua autrice, se non mostrassimo anche il “lato rosato” delle sue parole. Rosata com’è la quiete, una modalità altra di essere felici. In essa non si soffre più la resistenza, l’assenza di fatica nella vita normale è inedia, ma nella quiete diventa l’attimo più vicino all’infinito – da pag. 62
Le foglie d'ottobre
cominciano a cadere, sì,
a scricchiolare
sotto le suole, mentre noi
di felicità
fatichiamo anche solo
a parlare. Invece
del cielo
gli stormi d'uccelli
fan piste di ghiaccio
su cui eseguire
-beati e veloci -coreografie
da lasciare estasiati.
Ancora la calura
non raggiunge
i piani alti.
Si irradia mansueta
la sera e San Luca
è una torta illuminata.
Sono tornate
le rondini
a graffiare la luna,
a suonare
i tasti del cielo
-spensierate.
E ancora – da pag. 35
Per chi può volare alto
il pervinca
è un aperto nascondiglio,
non li puoi vedere in cielo,
ti accontenti
dei rubini tra le spighe verde-luce,
delle api a crogiolarsi,
strofinarsi
dentro i fiori. Per chi è povero
di sogni realizzati è ricchissima
miniera la natura; le colline
a inizio giugno
ricoperte da criniere
e le nubi a incoronare
l'orizzonte così belle che vi affondi
con la mano della mente,
mentre foglie, fili d'erba
e petali leggeri, tutto ti ricorda
che da un vento
di carezze tu nascevi.
Ciò che barra il cammino è sempre la paura - s’incarna, stravolge, sa come sradicare i piedi dal reale - così la strada si biforca: da una parte la disperazione, quello stare nel deserto che è fissità e attesa dell’ineluttabile di cui parla il vecchio diavolo Berlicche; l’altra… l’altra esige un colpo di reni per approdare al coraggio della vita e della sua difesa estrema: e la preghiera, qui, non è l’auspicio di una maggiore energia che ci faccia approdare al coraggio di cui sopra, ma è già quel colpo di reni.
E termino con una breve poesia che, a mio avviso, appartiene a tutti noi, a me che mi diletto di poesia sino a scriverne più o meno indegnamente – da pag. 9
Sono loro ad ordinare
“Fammi fiume, fammi pane”.
Sono loro, le parole
a farsi vive, necessarie.
E quanto siano necessarie e salvifiche a Miriam, a tutti noi che continuiamo a proteggere la parte migliore, l’essenza, quella, forse, più vicina all’anima, lo spiega ancora e mirabilmente Shakespeare
Dà al tuo dolore le parole che esige. Il dolore che non parla, sussurra
bensì a un cuore troppo affranto l'ordine di schiantarsi.
La donna esplosiva [Weird Science, 1985]
La donna esplosiva, in originale Weird Science, è una tipica delizia adolescenziale Anni Ottanta accompagnata da un insulso motivetto sintetico.
Due ragazzini socialmente inetti realizzano un tipico sogno della loro età e del loro tempo: la materializzazione di un perfetto e disponibile esemplare del genere femminile attraverso un home computer, direttamente nella loro cameretta.
Ma l'unica esperienza diretta che ottengono è fare una doccia con lei totalmente nuda, mentre loro indossano dei blue jeans. Sono troppo timidi persino per sfruttare la loro stessa creazione, programmata per essere al loro completo servizio (per quanto uno dei ragazzini riesca ad ottenere una sessione di baci – pur senza, per così dire, tecniche francesi).
Ad ogni modo, Lisa, questo il nome della donna artificiale interpretata dalla conturbante Kelly Lebrock, è una sorta di "Mary Poppins con le tette", completa di accento British, e il suo ruolo, nel prosieguo della storia, cambia da oggetto del desiderio dei due nerd a guida che li aiuterà a superare le loro paure, ansietà, codardia, goffaggine, vergogna e quant'altro - mettendoli in situazioni da cui non potranno ritrarsi, e, persino, vedendosela direttamente con i loro genitori, fratelli, amici e persecutori.
Ovviamente, vivendo in America, la liberazione dalla loro condizione sociale verrà sancita dall'utilizzo di un revolver, del resto anche efficace simbolo fallico, per espellere alcuni teppisti impegnati a rovinare un party a casa di uno dei ragazzi.
Quindi, la missione di Lisa è finita, e, proprio come Mary Poppins, ora può andarsene, essendo i protagonisti riusciti a farsi accettare dai loro pari, e avendo loro finalmente conquistato l'attenzione delle ragazze che anelavano: due noiose, schifiltose e banali tizie che a malapena conoscevano.
Avrebbero dovuto concentrarsi su Kelly Lebrock.
In sintesi, un film imperdibile per chi vorrebbe una macchina del tempo per tornare negli anni ottanta, nonché per coloro che stanno ancora tentando di evocare la donna perfetta attraverso un computer.
E non sono mai stati tanti come ora.
Weird Science [1985]
Weird Science is a typical Eighties' teenage delight accompanied by a silly synth-pop tune.
Two socially inept teenagers fulfill a typical dream of their age and time, the materialization of a perfect and available specimen of the female genre through a home computer, directly in their bedroom.
But the only direct experience that they get is a shower with her, she totally naked and they wearing blue jeans. They're too shy even to use their own creation, programmed to be at their own complete service.
[ though one of the guys manages to obtain a kissing session - lips only]
Anyway, Lisa, that's the artificial woman's name, played by the perturbing Kelly Lebrock, is a sort of "Mary Poppins with breast", complete with British accent, and her role changes, from being the object of the two nerd's desire to be the guide that will lead them to overcome their fears, anxities, cowardice, clumsiness, awkwardness, submission, and whatever, by putting them in situations they can't back out of, and even dealing directly with their parents, brothers, friends, and persecutors.
Living in America, the deliverance from their social condition will be sealed by using a revolver, after all also an effective phallic symbol, to expel some thugs ruining a party at one of the guys' house.
So, Lisa's mission is complete, and, just like Mary Poppins, now she can leave, having the main characters been accepted by their peers, and having they finally conquered the attention of the girls they longed for: two boring, fastidious and banal individuals that they barely knew.
They should have sticked to Kelly Lebrock.
All in all, a must see for those who long for a time machine to go back to the Eighties, and for those still trying to summon the perfect woman through a computer.
And there have never been so many.
CON UN SORRISO SULLE LABBRA
Mi salutò con un sorriso sulle labbra.
Ma non sull'Anima.
Nemmeno sul Cuore.
Un'Anima ed un Cuore aridi, sterili e vuoti.
Nessuna fertilità, fecondità e pienezza.
Un sorriso sulle labbra.
Labbra come se avessero contratto la lebbra.
Un contratto non rispettato che dal sottoscritto a cui erano stati diretti il saluto ed il sorriso.
Un saluto che mi ha procurato un salto nel buio, nel vuoto.
Io: un vuoto a perdere!!!
Luca Lapi