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luoghi da conoscere

Reportage Mar rosso: le meraviglie marine di un'antica terra

2 Aprile 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage Mar rosso: le meraviglie marine di un'antica terra
UN MARE FRA I PIÙ BELLI DEL MONDO E LOCALITÀ FACILMENTE RAGGIUNGIBILI DALL’ITALIA.

Fare il bagno in un aquario, circondati da pesci multicolori che guizzano attorno oppure si fermano a guardarvi senza alcun timore, è possibile? Si, nel Mar rosso, dove la natura ha concentrato forse la più ricca varietà di fauna ittica del mondo e dove l’estate dura quasi tutto l’anno. È il paradiso esotico a noi più vicino, raggiungibile dall’Italia in poco più di tre ore di volo. Tutto questo era già noto da decenni agli esperti subacquei animati da spirito di avventura.

Ma da tanti anni è alla portata di tutti, di chi, senza rinunciare alle comodità, vuole affrontare spettacolari scenari sottomarini, di chi vuole dare un’occhiata sott’acqua con la maschera, senza impegnarsi in immersioni, e di chi vuole semplicemente fare un bagno, peraltro anch’esso in compagnia di qualche branco di pesci.

Infine, per chi voglia soprattutto riposarsi e magari prendere la tintarella, sono a disposizione spiagge stupende. Per chi voglia invece esplorare il deserto, sarà una piacevole sorpresa scoprire quanto sia sorprendente e variegato il paesaggio. Una sorpresa antica forse quanto l’uomo, visto che è possibile imbattersi in testimonianze remote, mitiche e storiche lasciate da lontani predecessori.
Mete turistiche che si sono affermate rapidamente negli ultimi anni in questa parte del mondo sono Hurghada, Sharm El Sheikh e Marsa Alam, tutte in Egitto, l’una affacciata sulla sponda occidentale del Mar Rosso e le altre due distese verso la parte orientale; tre località simili ed al contempo diverse.

Hurghada è un antico porto, una città araba la cui periferia si perde verso infinite spiagge, dove negli ultimi anni sono sorti complessi alberghieri assai confortevoli e dotati di tutte le comodità, dove chi vi risiede può scegliere tra lo splendido isolamento dinanzi ad un mare invogliante, protetto dalla barriera corallina, oppure visitare la città ed immergersi nella realtà locale.

Hurghada può essere la base di partenza per una serie di escursioni. In barca, alle isole Giftun, per un approccio ancor più stretto con questo meraviglioso mondo marino. Sulla terra, verso antiche cave di marmo sfruttate dai Romani duemila anni fa, oppure verso i lontani, antichissimi monasteri copti di Sant’Antonio e San Paolo, risalenti ai primordi del cristianesimo. Infine, è d’obbligo una escursione a Luxor, la meta più affascinante lungo il corso del Nilo, per una visita all’antica Tebe, ai templi di Karnak e, sulla sponda opposta, alla Valle dei Re e delle Regine, con le loro stupefacenti tombe.
Sharm El Sheikh è invece una località turistica sorta pressoché dal nulla. Quando, tantissimi anni fa, gli israeliani occuparono il Sinai, costruirono, presso la punta meridionale della penisola, un aeroporto per meglio controllare il territorio. E quando finalmente fu siglata la pace tra Israele ed Egitto, con la restituzione del Sinai, quell’aeroporto si rivelò una meravigliosa opportunità per un lancio turistico della regione.

Imprenditori egiziani, ma anche italiani e altri della Comunità europea, svizzeri ed americani, si impegnarono per realizzare un centro di villeggiatura che avesse eleganza o comodità analoghe a quelle che si riscontrano in varie località italiane o della Costa Azzurra. L’operazione è riuscita.

Sharm El Sheikh oggi vanta grandi alberghi estremamente confortevoli, passeggiate a mare molto invitanti la sera, negozi con prodotti di qualità internazionali ed altri tipici locali, locali notturni ed un casinò. E naturalmente un mare ch’è rimasto stupendo, anche perché non vi sono scarichi da terra, perché le acque reflue sono depurate e riciclate e vanno ad alimentare una grande oasi sorta nell’entroterra, con alberi da frutta tropicali ed altre piante esotiche.

Quindi, acque cristalline e ancora pesci che sguazzano vicino a riva tra i bagnanti. Sharm El Sheikh assicura una vacanza gradevole ai giovani di tutte le età, per chi voglia cimentarsi in tutte le attività marine e per chi preferisca i tranquilli quattro passi oppure giocare a golf o a tennis.
Sono possibili alcune escursioni assolutamente straordinarie. Una marina, nel parco di Ras Mohammed, verso la punta del Sinai, tra rocce, sabbie e mangrovie che affondano le radici in un mare, poi inabissatesi in incredibili fondali popolati da una fantasmagorica fauna ittica.

Un’altra passeggiata sulla costa, in direzione opposta, porta verso la baia di White Knight, villaggi di pescatori beduini e la foresta di mangrovie. Verso l’interno si può attraversare in fuoristrada Wadi Watir e Wadi Nakil, valli scavate da torrenti ricchi di acque in occasioni eccezionali, verso il fantastico Canyon Colorato. E ancora, l’escursione più emozionante è verso l’interno, al monastero di Santa Caterina, pervaso di suggestive memorie dove è tuttora coltivato il roveto ardente che vide Mosè. Mosè che da qui salì sul monte Sinai per ricevere da Dio le Tavole dei Dieci Comandamenti.

Anche oggi i visitatori più determinati possono seguire le orme del profeta, salire verso la vetta a dorso di mulo o di cammello o percorrendo una infinità di gradini, magari di notte, per poi assistere ad un sensazionale sorgere del sole. Forse non incontreranno Dio e non riceveranno le Tavole della Legge, ma la commozione è assicurata.
Marsa Alam, invece, è stata l’ultima scoperta di questo splendido mare. Rispetto alle altre due località è molto più tranquilla e ancora da sviluppare completamente. Ci sono, però, hotel di ogni tipo e villaggi a gestione italiana che incontrano sempre più i favori dei turisti italiani. Spiagge lunghissime e isolate, un mare incontaminato dove è facile imbattersi nel “dugongo” un delfino “buffo” ma inusuale ed una barriera corallina ricca di pesci multicolori. Anche qui è possibile trascorrere una vacanza all’insegna del divertimento o del relax con un rapporto qualità-prezzo eccezionale.

Reportage Mar rosso: le meraviglie marine di un'antica terra
Reportage Mar rosso: le meraviglie marine di un'antica terra
Reportage Mar rosso: le meraviglie marine di un'antica terra
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In giro per l'Italia: Morrone del Sannio

27 Marzo 2015 , Scritto da Franca Poli Con tag #franca poli, #luoghi da conoscere

In giro per l'Italia: Morrone del Sannio

Sono numerosi i paesini del Molise che contano meno di mille abitanti, piccoli centri arroccati su irte colline pietrose e che Flaviano Testa ci fa conoscere attraverso i suoi scatti fotografici che sanno cogliere il silenzio antico di questi luoghi sospesi da secoli fra storia e realtà. Fotografie in bianco e nero dove i contrasti fra stradine acciottolate e fili elettrici o panchine di ferro sembrano stridere fra loro, ma ci conducono dentro la vita di questi luoghi dimenticati dove le giornate scorrono tranquille e senza tempo, dove, come in altri centri, c'è una forte involuzione demografica, poiché di generazione in generazione i paesi sono stati abbandonati.

Siamo oggi a Morrone del Sannio in provincia di Campobasso, dove, agli inizi del novecento, vivevano quasi 4000 persone e dal censimento del 2011 si supera a malapena quota 600 abitanti. Il paese prende nome dall'antica Maronea, il cui etimo significa Roccia ed è giustificato dallo sperone roccioso su cui sorge il centro abitato. La storia del paese inizia con la civiltà sannita. Un popolo di valorosi guerrieri suddiviso in varie tribù che si dedicavano alla pastorizia. Il territorio di Morrone era in bilico tra le tribù dei Pentri e quelle dei Frentani.
Negli scambi commerciali la pratica più diffusa era il baratto. Fin da quegli antichissimi tempi le risorse non bastavano alla popolazione e il coraggio e la forte tempra dei suoi abitanti fecero di loro dei soldati mercenari. Come altri territori del Molise passò poi sotto la dominazione dei Romani e in seguito a quella dei Normanni, poi degli spagnoli fino all'unità d'Italia.
Molti sono i morronesi che si sono distinti per serietà e impegno nella loro professione, famosi giuristi, latinisti, ma anche poeti e musicisti come Dante Valentini, nato a Morrone nel 1920, insegnante elementare compositore della musica di oltre 300 canzoni italiane, in dialetto napoletano e molisano. La sua canzone più famosa "il passerotto" (lu passariell), cantata da Carla Boni, si classificò terza al festival di San Remo nel 1953. I laboriosi morronesi si sono fatti onore anche all'estero. dove in gran parte sono emigrati, come Nazario Colasurdo, accademico di fama internazionale iniziò la sua carriera come medico ricercatore a Denver poi divenne docente di Pediatria in Texas e nel 2007 è Preside della Facoltà di Medicina dell’università del Texas.
Un altro morronese che si è fatto strada all'estero è Pat Cocco, che all'età di dieci anni iniziò l'apprendistato come sarto nella suo paese natale, emigrò in America dove
ha lavorato per oltre venti anni con due dei più prestigiosi produttori di Vancouver, divenuto stilista affermato, decise di fondare la Seville Tailors, marchio oggi affermato in tutta America.
Morrone del Sannio è uno dei paesi che, in competizione con altri piccoli centri, si contende il primato di aver dato i natali a Pietro da Morrone , divenuto Papa Celestino V, immortalato da Dante nella Divina Commedia come “colui che fece per viltade il gran rifiuto”.
Antiche tradizioni paesane richiamano nelle occasioni i morronesi che vivono lontano: nella sera dell’ultimo dell'anno una gioiosa compagnia di giovani porta in giro “u burr” lungo le strade del paese e, accompagnandosi da fisarmonica e strumenti vari - tipico l'acciarino - augurano un buon anno a parenti e conoscenti.
Il cosiddetto " burro " è ricavato da un recipiente vuoto di legno a forma cava sul quale è stesa una pelle concia di pecora nel cui centro è fissata una cannuccia verde, che con movimento di va e vieni prodotto da una pezzuola scorrevole, manovrata da un suonatore, produce suono più o meno cupo che ben si accompagna alle canzoni cantate per l'occasione. Il giorno dopo viene ripetuta la stessa funzione e dalle varie famiglie vi è l'offerta dei doni, per lo più mangerecci, che vengono consumati a sera tardi dall'allegra comitiva.
Le specialità gastronomiche più rinomate del paese sono:
i “bucellati” Sfoglia di pasta con l'uovo, ripiena di pane integrale, mandorle, mosto cotto. I
I “calcioni” Involti di pasta frolla ripieni di purea di ceci o castagne e cioccolata.
I “fiadoni”: Rustici impastati con uova, formaggi freschi e secchi, talvolta con salsiccia e cotti nel forno
Famoso e da gustare sicuramente è il croccante di mandorle aritigianale.
La celebrazione della festa di San Giuseppe è quella che meglio di tutte conserva un sapore antico, e presenta una serie di rituali pervenuti quasi intatti attraverso i secoli. Non si tratta solo dei fuochi, che restano accesi per tutta la notte ed il giorno successivo in vari punti del paese, dei piatti tipici che vengono consumati, ma è il richiamo alla unità della Sacra famiglia. Si scelgono tre persone: un uomo, una donna ed un bambino; una volta tra le più povere del paese, e di spiccata onestà, per dar loro l'occasione di rimpinzarsi a dovere almeno una volta l' anno. I tre soggetti scelti impersonano Gesù, Giuseppe e Maria. Per loro, in una apposita stanza, chiusa, viene allestita una tavola per un pranzo "specialissimo".
Nell’area archeologica di Casalpiano , nel territorio di Morrone, sorge la chiesa di Santa Maria, con una tipica struttura in stile romanico. In questa chiesa vive già da diversi anni Fratel Giuseppe Di Lena.
Autore di icone e compositore di musiche Sacre, In questo luogo appartato, nel ritiro e nella preghiera, due anni fa ha maturato la vocazione di scegliere la difficile strada della piena solitudine e ha fatto atto di professione perpetua come monaco eremita.

In giro per l'Italia: Morrone del Sannio
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Reportage Egitto: dove il mito s'incontra e si confonde con la storia

20 Marzo 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage Egitto: dove il mito s'incontra e si confonde con la storia
IL PAESE DELLA GRANDIOSITÀ DI UN ANTICO POPOLO, CHE TANTO EBBE IN COMUNE CON LA STORIA DI ROMA

Magia di colori, inebrianti profumi, fascino di una terra senza tempo dove il mito si confonde con la storia. Non sono frasi scontate, ma le sensazioni di una vacanza in Egitto, una stupenda meta che lascia il segno non solo nella memoria ma, soprattutto, nell’anima. L’avventura dell’ideale viaggio a ritroso nel tempo comincia al Cairo. Se si alloggia in un albergo nella zona di Giza, e si è alla finestra nell’ora del tramonto, c’è lo scenario unico del sole che scompare dietro l’orizzonte tra lo sfolgorio dei colori che accompagnano il calare del sole e che vanno dal rosa all’indaco del cielo, dal rosso all’arancione, fino a confondersi con il colore della terra.

Al centro di questo naturale palcoscenico, ci sono loro: le piramidi, le cui gigantesche sagome si stagliano all’orizzonte come una sfida all’eternità, ombre del passato sempre vigili sul presente. Poi c’è l’incontro con l’enigmatica millenaria Sfinge, la visita ai favolosi tesori del Museo del Cairo, con la meravigliosa maschera del giovane faraone morto a soli 18 anni, Tutankhamon,

la passeggiata alla “Città dei morti”, dove gli uomini dividono il tetto con chi non c’è più ed è seppellito nel piano sottostante. Poco lontano dal Cairo c’è, a Sakkara, la piramide di Zoser, o piramide a quadroni, considerata la più antica tra quelle egizie, costituita da sei mastabe (di dimensioni decrescenti) costruite una sull’altra.

Ma in Egitto, dalla notte dei tempi, si crede che tra vita e morte ci sia continuità e se per noi questa specie di “convivenza” sembra assurda, per loro non lo è, considerando che queste persone, oltre tutto, non avevano una propria casa. In questa terra fantastica ogni cosa ha un suo perché, una sua ragione d’essere, anche se a noi occidentali sfuggono molte cose della loro cultura e delle loro tradizioni.

Ma dopo il Cairo, non si può non volare fino ad Assuan. Nell’antichità si chiamava Syene. Erano qui le cave da cui si estraevano i monoliti destinati a diventare obelischi, steli costruite in onore del dio Sole. Qui, oltre ad ammirare lo spettacolo delle feluche che solcano il Nilo, l’azzurro del cielo che si confonde con il turchese del grande lago Nasser, e, sopra una specie di altura, c’è il magico spettacolo dell’Isola Elefantina, con la sua sabbia dorata, macchiata ogni tanto dal verde smeraldo delle fronde di alberi.

Proprio qui si trova la tomba dell’Aga Khan III, che usava soggiornare in questa località per il suo clima asciutto e salubre. Lui morì nel 1957 e la Begum, sua moglie, fece costruire il mausoleo per consentirgli di riposare in pace. Lei visse fino al 2000, ma già dal 1997 aveva impedito l’accesso dei turisti che disturbavano l’eterno sonno dell’amato consorte.

Dall’alto si vede il magnifico spettacolo del Nilo e la vita che si svolge sulle sue acque. Ad Assuan è possibile vedere anche il monastero copto di San Simeone e il giardino botanico, ricco di piante di ogni tipo che donano ombra e fresco a chi ci si reca nei periodi più caldi.

Da qui si può raggiungere Abu Simbel, con il suo tempio imperituro di Ramsete II°, il Faraone che fece grande l’Egitto. L’opera, che sorge nel cuore del deserto nubiano, a breve distanza dal confine con il Sudan, è spettacolare. Colpiscono, soprattutto, le grandi statue del faraone, scolpite direttamente sulla roccia, che ne costituisce la facciata alta, tra l’altro, ben trentuno metri. Molto interessante è visitare la parte posteriore del tempio, interamente ricostruito dopo che stava per allagarsi e, quindi, essere distrutto per via della diga che era stata costruita nelle vicinanza.

Le navi che ospitano i turisti in questo fantastico viaggio che porta da Assuan a Luxor, o viceversa, sono dei gioielli. Comodità ed eleganza assicurano una vacanza all’insegna della rilassatezza.

Navigando dolcemente sul largo fiume, si arriva a Filae dove i ricordi dell’idilliaco mito, tra il magico e il religioso, di Iside e Osiride e testimonianza della tecnica moderna che riuscì a trasportare l’immenso tempio dall’isola destinata ad essere sommersa su un luogo sicuro, qui si fondono in un paesaggio in cui i colori intensi dell’acqua, della vegetazione e delle imponenti colonne, toccano sicuramente lo spirito del visitatore. Ma questo non succede solo in epoca moderna, è stato sempre cosi.

Nell’antichità, l’imperatore romano Adriano, fine esteta, innamorato dell’arte e dello spirito dell’Egitto, veniva a meditare qui. Altre colonne dai capitelli scolpiti ricordano anche il luogo nel quale era solito rifugiarsi. La nostra storia che si fonde con quelle egiziana!

Proseguendo il nostro viaggio a ritroso nel tempo, troviamo Edfu, che è un’altra meta della crociera sul Nilo, con il suo tempio dedicato a Horus, dio dalla testa di falco. La maestosa statua della divinità, in granito nero, è un po’ il compendio dell’antica religiosità egiziana all’insegna dell’amore e della magia.

A breve distanza c’è Kom Ombo, con il suo imponente complesso religioso, dedicato a due divinità: Sobek, dalla testa di coccodrillo e Haroeris, dalle sembianze di sparviero. Ancora un tratto di navigazione ed eccoci ad Esna, per incontrate il tempio di un’altra divinità, Khnum, con la testa di ariete. Era lui che modellava gli uomini con il tornio da vasaio.

Navigando per 3 giorni si arriva a Luxor, l’antichissima Tebe, capitale dell’antico impero egiziano. A ricordare i fasti del passato c’è il tempio di Ammon – Ra. I faraoni che lo fecero edificare, Amenofi III e Ramsete II, lo vollero gigantesco – è lungo quasi trecento metri – e spettacolare. Le sue pareti sono un tripudio di immagini a rilievo, come tante pagine di storia che parlano di vicende umane e divine ancora aperte per una affascinante lettura del passato.

Luxor, da sola, merita tutto un viaggio nell’antico Egitto. I suoi templi sono lo specchio della grandiosità di quell’epoca. Dal 1979 il sito aecheologico, con la sua necropoli, è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità. I suoi templi funerari e religiosi lasciano i turisti a bocca aperta per la grandiosità delle sue costruzioni, in alcuni casi preservate ancora meravigliosamente.

Si resta storditi e sbalorditi davanti a tanto splendore, che prosegui con la visita a Karnak, a pochi chilometri da Luxor. “Luci e suoni” è lo spettacolo serale che fa rivivere il fascinoso magico mondo dell’epoca dei faraoni.

Per visitare la Valle dei Re e delle Regine, infine, è bene lasciare di buon’ora la nave per affrontare il breve ma torrido tratto del deserto. È qui, incastonata tra le rocce, la splendida tomba della regina Nefertari, recentemente restaurata.

Ma c’è anche quel grande capolavoro dell’architettura e dell’arte egizia del tempio funerario della regina Hatshepsut, vissuta dal 1505 al 1484 avanti Cristo. Personaggio emblematico tramandatoci da tante storie di amori appassionati e imprese mascoline quali si addicono all’unica donna che è riuscita a portare la corona dei faraoni.

Le altre tombe, quelle dei re, anche questi scavate nella roccia, e tutte nascoste sotto la sabbia, portano nel mondo delle antiche storie, quelle che ci fanno sentire un po’ egiziani, sia perché abbiamo visto infinite volte documentari su questo luogo unico, sia perché il contesto è così coinvolgente da farci sentire parte del paese dove il tempo si è fermato.

Egitto, terra ancora misteriosa e ricca di testimonianze della sua antica grandiosità e dove ancora, sotto la sabbia, nasconde tesori di ogni tipo.

Reportage Egitto: dove il mito s'incontra e si confonde con la storia
Reportage Egitto: dove il mito s'incontra e si confonde con la storia
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Reportage Namibia: una pietra preziosa in mezzo all'Africa

18 Marzo 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage Namibia: una pietra preziosa in mezzo all'Africa
IL PAESE È UNA SPECIE DI “OASI” PER PULIZIA, ORDINE E PUNTUALITÀ DELLA SUA POPOLAZIONE.

Quando si viaggia in certi luoghi particolari, soprattutto in quelli dove è possibile ritrovare anche un po’ noi stessi, ci sentiamo un po’ come il mitico Ulisse, quando vagò per anni ed anni alla ricerca dell’io più profondo, quello vero, cercando senza avere alcuna meta le tracce di richiami ancestrali tra le meraviglie del mondo più vicino alla sua Itaca. Ecco, l’impressione è sempre questa quando mi trovo ad andare scoperta di un nuovo continente come l’Africa, che ti ospita avvolgendoti e coinvolgendoti come il liquido amniotico di una madre: fra i paesi visitati e amati di più con può che esserci la Namibia.
Io stessa, come ogni turista italiano, non posso che rimanere affascinata dalla Namibia perché rappresenta un concentrato di tutte le bellezze naturali e selvagge di un intero continente. Il deserto, anzi i deserti (il Kalahari e il Namib) avvolgono il Paese con i loro paesaggi mutanti fatti di dune altissime, dal delicato colore albicocca, di colline nei cui strati antichissimi si intravedono i percorsi e le sofferenze di tutte le ere geologiche, non per niente il Namib è il deserto più antico del mondo, e di zone pietrose che quando le percorri sembra di camminare sui vetri che fanno un gran rumore sotto i piedi.

Ma non sono vetri, sono pietre più o meno preziose come granate, tormaline, quarzi di ogni colore e innumerevoli altre pietre cristalline.
Uno dei ricordi più belli che si possono riportare dei deserti della Namibia, a parte il colore diverso dagli altri deserti, è la meraviglia di buttarsi giù a piedi nudi per una duna alta anche 300 metri e avere la sensazione di volare e non di correre! E il silenzio…il grande silenzio rotto qualche volta dal vento che colora anche di rosso l’aria circostante!

L’Atlantico è il mare che la bagna, quell’Atlantico meridionale freddo, tempestoso, scuro e selvaggio. Non un mare da spiagge, non un mare per turisti, ma un mare pieno di pesci attraversato dalla corrente del Bengala.

Un mare tutto da vedere e che ospita una vita splendida e incredibile come quella delle colonie di otarie di Cape Cross e delle altre del sud del Paese. Lo spettacolo, anche se l’odore non è gradevole, è assolutamente mozzafiato: ben 100 mila otarie tutte insieme e, talvolta, anche una sopra l’altra, con il loro ordinamento sociale, i loro amori, i loro giochi…!

Un mare, infine, al quale grandi navigatorie inesperti hanno pagato un pesante tributo, come è possibile constatare, con pena per chi è morto e rispetto per la potenza della natura, mentre si cammina fra i numerosi relitti di navi sparsi come antichi fantasmi sulla nota Skeleton Coast.
Il Damaraland e il Koakoland sono invece le savane pietrose, dai colori sgargianti, con il rosso che domina tra le enormi rocce accatastate insieme da giganti mitologici nella notte dei tempi. Incredibili piattaforme fanno da sfondo ad eccezionali tesori di storia dipinti e incisi sulla pietra dagli antichi uomini della savana.
Le scene dipinte ci fanno “sentire” le sensazioni delle le loro gioie e delle loro paure. Un’emozione fortissima quando osserviamo ciò che i nostri antenati hanno immortalato per sempre nelle rocce.
Le incisioni rupestri hanno 10.000 anni di età e l’emozione è tanto forte di fronte ai sentimenti che non sono mai cambiati nella storia dell’uomo.
Se parliamo di parchi, il primo che ci viene in mente è il mitico e grande Etosha, che non è soltanto magnifico perché ha una grande varietà di animali (zebre, orix, kudu, springbock, giraffe, leoni del Kalahari nerocriniti ecc), ma è grande quasi quanto la Svizzera.

Etosha ha anche i Pan, distese di terra alcalina, salata e bianca vista da lontano, che in alcuni tratti è spaccata e secca, mentre in altri è fangosa e pericolosa.

E’ una terra dove i miraggi sono all’ordine del giorno, l’aria è quasi sempre caldissima e si possono osservare le migrazioni degli animali. Etosha è un Parco magico e strano dove è possibile osservare piogge incredibili così come gli arcobaleni che si formano appena la pioggia smette di dar da bere a questo meraviglioso luogo.
Ma la Namibia è sorprendente non solo per i suoi paesaggi, le sue pietre preziose – come i diamanti – e i suoi animali nei parchi. Il paese stupisce per l’ospitalità e la delicatezza dei popoli che lo abitano, sia di colore sia bianchi.

Non dimentichiamo che la Namibia è una Repubblica multi-razziale indipendente e pacifica, ricca di acqua sorgiva e potabile. E cosa dire della perfetta organizzazione e pulizia delle strutture turistiche? Non dimentichiamo che la Namibia risente ancora della cultura tedesca e sudafricana.

La Namibia, perciò, è quanto di africano si possa immaginare per la bellezza dei Parchi e di alcune delle sue tribù – non dimentichiamo che le donne Himba sono bellissime, ma soprattutto, perché è una specie di “oasi” per pulizia, ordine e puntualità della sua popolazione.
Possiamo considerarla quasi una pietra preziosa incastonata nel continente africano!

Reportage Namibia: una pietra preziosa in mezzo all'Africa
Reportage Namibia: una pietra preziosa in mezzo all'Africa
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In giro per l'Italia: Ripabottoni

17 Marzo 2015 , Scritto da Franca Poli Con tag #franca poli, #luoghi da conoscere

In giro per l'Italia: Ripabottoni

Flaviano Testa, in giro per il Molise, ci propone i suoi scatti curiosi, mai banali e sempre affascinanti, oggi ci porta a Ripabottoni, un paesino che conta poco più di 500 abitanti in provincia di Campobasso.
Posto ad altezza collinare è sovrastato da uno scoglio di tufo alto 903 metri su cui sorge il vecchio centro abitato. Il territorio comunale è percorso da due antichi tratturi, le millenarie piste erbose che, congiungendo l'Abruzzo alla Puglia, costituivano l'arteria dell'antica pastorizia sannitica. Alcuni scavi archeologici condotti intorno al paese hanno portato alla luce antiche monete greche, lucerne, statuette e, un' iscrizione sepolcrale databile in un periodo che va dalla seconda metà del primo secolo al secondo secolo dell'impero romano.
Il toponimo nel periodo longobardo era “Ripabrunaldo” in seguito divenne “Ripa de Brittonis”, probabilmente dalla famiglia feudataria de Brittolo, ma con la costante di Ripa a indicare la posizione in cui è posto su un'erta rupe.
L'edificio più importante è la chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta, rifacimento settecentesco, di un luogo di culto medioevale. L'interno presenta tre navate ricche di decorazioni coeve: stucchi, affreschi e tele eseguite dal pittore Paolo Gamba, gloria locale, nato a Ripabottoni nel 1712. Seguace del pittore napoletano Francesco Solimena, disegnò l'anfiteatro romano di Larino, plasmò alcune statue sacre, costruì due orologi meccanici. Come pittore fu molto produttivo: uno studioso delle sue opere gli accredita sessanta dipinti, un secondo addirittura duecento.
Ripabottoni dette i natali, il 18 ottobre del 1821, anche a Tito Barbieri venuto alla luce dopo cinquantatré giorni dall'uccisione del padre, morto con altri tre cittadini, mentre si recava a un convegno di Carbonari. Educato dalla madre negli stessi ideali paterni, fu tra gli animatori del partito che nella provincia molisana cospirò contro il regime borbonico. Giudicato e condannato a morte nel 1852, per aver incitato alla rivolta i cittadini e per aver partecipato ai moti del 1848 a Campobasso, riparò in Francia.
Amico di Mazzini, eseguì delicate missioni di propaganda per la Giovane Italia. Ufficiale garibaldino, combatté a Milazzo, in Calabria e nella battaglia del Volturno. Appassionato di armi, il Barbieri fu provetto schermidore, durante l'esilio in Inghilterra aprì una scuola di scherma, a lui si attribuisce l'invenzione del fucile ad ago.
Il generoso patriota morì il 2 febbraio 1864 a Campobasso, dove fu sepolto. Lasciò ogni suo bene in dono al comune di nascita e nella sua casa oggi ha sede il Municipio.
Un altro illustre cittadino di Ripabottoni fu ARTURO GIOVANNITTI nato nel 1884, fu una delle voci più appassionate in difesa dei diritti e della dignità degli emigrati italiani in America. Era in Canada, ancora adolescente, quando tristemente colpito dalle condizioni degli immigrati, si iscrisse al movimento sindacale rivoluzionario. In occasione dello sciopero del 1912 a Lawrence, il sindacato lo inviò sul posto con i suoi migliori organizzatori, tra i quali gli italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Lo sciopero finì nel sangue a causa dello scoppio di una carica di dinamite e morì un'operaia italiana. Il Giovannitti, con i compagni Ettor e Caruso, fu processato a Salem per concorso in assassinio,scrisse in carcere un libro di poesie cariche di accorata nostalgia per la casa e la terra natale. In Italia si mobilitarono in molti in sua difesa, lo stesso Mussolini, allora esponente del Partito Socialista, tenne in suo favore vibranti riunioni in Emilia, in Romagna, in Puglia; scrisse articoli e presentò mozioni fino alla vigilia della sentenza assolutoria.
Dopo l'assoluzione Giovannitti restò in America e si adoperò per salvare dalla sedia elettrica gli infelici Sacco e Vanzetti.
“L'uomo che credé "nell'amore del prossimo, nella bontà, nell'arte, nella libertà e nella giustizia, sua ancella, in Dio e in chiunque Egli sia”, morì a New York nel 1959.
Ripabottoni è un paese che, come tanti nel Molise, si è spopolato nel corso degli anni subendo una pesante emigrazione, oggi tra le strette stradine di pietra, seduti sulla piazza ad ammirare l'affascinante panorama sottostante resta, sempre più solo, qualche vecchietto.

In giro per l'Italia: Ripabottoni
In giro per l'Italia: Ripabottoni
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Reportage: Botswana, un paradiso naturale nel cuore del mondo

14 Marzo 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage: Botswana, un paradiso naturale nel cuore del mondo
IL TURISMO È UN SETTORE IN CRESCITA E SI PUNTA ALL’ ALTA QUALITÀ DEI SERVIZI.

Nel cuore dell’antico continente, la vita pulsante e primordiale può essere scoperta e ammirata, con il massimo del rispetto e della cura, però. Il Botswana è situato nel centro della parte meridionale dell’Africa, e qui si nascondono straordinarie bellezze paesaggistiche e ambientali e il tesoro più ambito nelle società occidentali, i diamanti. Si estende per una enorme superficie, pari alla Francia e al Belgio insieme, ma è poco popolato, con una densità media di 3 abitanti per km².
Indipendente dal 1966, in seguito alla scoperta dei giacimenti di diamanti ha potuto crescere economicamente in modo costante. Stabilità economica e politica rendono possibile lo sviluppo turistico, organizzato però sui canoni del massimo rispetto della natura e delle numerose specie animali che lo abitano.

Il Botswana è, infatti, un paese in cui Delta e Deserto hanno creato una ricchezza di specie paradisiaca. Questa diversità biologica viene protetta in numerosi parchi e riserve naturali, che si estendono per il 40% del territorio nazionale.

A nord si può scoprire il Delta dell’Okavango, il più grande delta interno del mondo: dalle alture dell’Angola, il fiume Okavango si riversa nel deserto del Kalahari, creando una speciale commistione tra acque, con innumerevoli corsi d’acqua e laghi, e savana sabbiosa, e dando vita ad una particolare varietà di flora e fauna, tale che un terzo del Delta è da molto tempo parco nazionale.

Qui è possibile ammirare tutti gli animali dell’Africa australe: branchi enormi di elefanti e di bufali, zebre, antilopi saltanti, aquile marine e anche i rinoceronti, reinsediatosi qui da poco tempo.

Per visitare queste fantastiche zone il mezzo di trasporto obbligato è il mokoro, la canoa locale intagliata in un tronco d’albero e guidata da ranger esperti.

Ma imperdibile è il giro in aereo per osservare la vastità del Delta, parte di ogni programma turistico realizzato nell’area. La visita al Delta è possibile in ogni mese dell’anno, partendo dalla città capoluogo Maun.
A nord est al confine con Zambia e Zimbawe, dalla città di Kasane si apre la regione del Chobe e il suo parco nazionale, dove si trovano i gruppi compatti di elefanti più numerosi al mondo.

A Kasane e nei suoi dintorni vi è la possibilità di soggiornare in lodge ottimamente equipaggiati che offrono tutti i comfort. Tutte le regioni del Chobe sono collegate con una fitta rete di piste percorribili durante tutto l’anno, naturalmente su fuoristrada a quattro ruote motrici.
Al confine nord occidentale del Kalahari, si innalzano le Tsodilo Hills (colline di Tsodilo) la montagna più alta del Botswana che con di 1.400 metri. In questo luogo magico sono state scoperte finora oltre 4.000 pitture rupestri, descritte tra l’altro da Sir Laurens van der Post nel suo libro classico “Il mondo perduto del Kalahari” e cui ha dato il nome di “Louvre del deserto”.

Da maggio 2001 è aperto un museo sui 100.000 anni di storia di questo luogo. Nel luglio 2002 l’UNESCO ha dichiarato l’intero territorio patrimonio dell’umanità.

Questa mistica area collinosa può essere esplorata in sei percorsi diversi con l’aiuto di esperte guide locali es è raggiungibile a bordo delle jeep per una pista sterrata di 50 km o tramite piccoli velivoli.
La piccola località Nata, situata a circa 300 km a sud di Kasane, è il punto di partenza per visitare le depressioni saline di Makgadikgadi Pans, estese su una superficie di oltre 12.000 km, sono il più grande complesso di saline al mondo, formato da due conche principali e da migliaia di altre conche saline più piccole.
A nord ovest da qui, a circa 4 ore da Nata, si trova il Parco Nazionale da Nxai Pans, composto essenzialmente da un sistema di conche saline, che sono i resti fossili del grande lago prosciugato di Makgadikgadi. Una delle attrazioni principali di questa regione è certamente il gruppo di alberi “Baines Baobab”.
Nel cuore del Botswana l’immensa riserva del Central Kalahari Game Reserve è una delle cinque più grandi zone protette al mondo. Composto da savane e zone semideserte piatte, qui regna una grande siccità; le estensioni sterminate, lo spettacolo unico e affascinante delle albe e dei tramonti, la percezione della solitudine e il senso dell’avventura, regalano emozioni difficili da rivivere in un altro luogo del mondo.

I segreti del Kalahari possono essere scoperti insieme ai San, gli aborigeni dell’Africa australe che vivono qui da 25000 anni. Solo pochi vivono ancora nel modo ancestrale come cacciatori-raccoglitori, mentre la maggioranza vive in insediamenti come New Xade, Kuru, D’kar e Ghanzi.


Al confine con il Sud Africa, il Tuli Block è una striscia di terreno agricolo, estesa lungo il fiume Limpopo. Vicino si trova la capitale Gaborone, una città in rapido sviluppo.
Il turismo continua ad essere un settore in crescita con molte possibilità di potenziamento, e il governo, con i suoi piani regolatori, punta su un turismo di alta qualità.

Il paese è dotato di alberghi a tre, quattro e cinque stelle, ma per visitare le riserve e i luoghi più impervi e suggestivi bisogna soggiornare in camping, anche ben attrezzati, e lodge, e muoversi in jeep per i numerosi safari possibili.

Reportage: Botswana, un paradiso naturale nel cuore del mondo
Reportage: Botswana, un paradiso naturale nel cuore del mondo
Reportage: Botswana, un paradiso naturale nel cuore del mondo
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Reportage Australia: il Queensland, una terra sorprendente

12 Marzo 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage Australia: il Queensland, una terra sorprendente
UNA DELLE PARTI PIÙ BELLE DI QUESTO PAESE SEMPRE PIÙ PRESCELTO PER I VIAGGI DI NOZZE.

Fra noi e l’Australia ci sono 12.000 chilometri, ma vale la pena di mettersi l’animo in pace e trascorrere un bel po’ di ore a bordo di un aereo per raggiungerla. Il Queensland è forse la parte più bella e conosciuta di questo enorme paese che, da terra di nostri emigranti, è diventata terra di vacanza.
Iniziamo a parlare di Cairns, una delle più importanti città del Queensland settentrionale. La città è nata nel 1876 come punto di raccolta per l’approvvigionamento merci, ad uso delle varie miniere d’oro e di zinco esistenti nell’entroterra della zona. Cairns è considerata la “capitale” della grande barriera corallina australiana, e le sue bellissime spiagge las rendono un luogo di vacanza tra i più ambiti del mondo, grazie anche ad un importante porto dal quale partono tutte le navi da crociera, e alle navi di appoggio utilizzate per chi vuole fare immersioni nella barriera corallina più estesa del mondo.
Una meraviglia naturale, quest’ultima, che si sviluppa per una lunghezza di oltre 4.500 chilometri (copre una superficie grande quanto il Regno Unito e l’Irlanda)di cui oltre 2.000 km solo nella regione del Queenslan
d. Nella zona, inoltre, si contano circa 100 isole e isolotti.
Cairns, quindi, rappresenta un ideale punto di partenza e di arrivo per i turisti interessati a visitare il grande continente australiano.
Gennaio è il mese più umido del periodo considerato meno buono e che va da novembre a marzo. Sono frequenti gli acquazzoni che si abbattono sulla regione e che i locali usano scherzosamente definire “the liquid sunshine".

Il primo contatto con il mare australiano avviene in una zona residenziale dove gli australiani amano trascorrere le loro vacanze estive. I numerosi alberghi e i vari locali di intrattenimento, oltre allo splendido mare con le attività ad esso connesse, rendono questo posto molto ambito e di gran moda.
Il clima sub tropicale e le piogge abbondanti favoriscono lo sviluppo di una rigogliosa vegetazione, che si estende per buona parte della costiera del Queensland del nord che, oltrepassando Cape Tribulation, arriva fino a Cape York penisula, estrema punta dell’Australia Nord-est e facente parte delle aree protette della Daintree Rain Forest National Park, un territorio occupato esclusivamente da qualche insediamento di tribù aborigene.

UNA NATURA INTATTA

Nella rain forest vivono in totale libertà molti animali acquatici ed uccelli, e nei numerosi corsi d’acqua nuotano indisturbati pericolosi coccodrilli molto temuti dai locali. Ma l’uomo, si sa, non conosce limiti né si fa vincere dalla paura e, quindi, ha costituito dei bellissimi e confortevoli Resort e Lodge, tutti rigorosamente in legno e completamente immersi nella vastità della foresta pluviale. Le costruzioni, però, sono state progettate per essere in piena armonia con l’ambiente naturale e la vegetazione circostante.

Molto suggestivi i resort, le cui pareti-vetrate della sala da bagno sono circondate dalla vegetazione che protegge da occhi indiscreti e da una sensazione di piena libertà. Immergersi nella vasca da bagno ed essere circondati da un’impenetrabile foresta è una sensazione davvero bellissima, e trascorrere una o più notti in uno di questi resort è veramente molto emozionante. I rumori e i suoni degli abitanti di questa fitta jungla riempiono gli spazi del silenzio notturno, e le “voci” degli animali e degli innumerevoli uccelli fanno da controcanto alle rane gracidanti che cercano di attirare il partner di sesso opposto. Trovarsi in un luogo così unico, e rendersi conto così intensamente delle meraviglie circostanti, fa sì che il soggiorno nei Lodge sia un’interessante esperienza da vivere soprattutto per chi ama il vero contatto con la natura incontaminata. E qui lo è veramente!

LE JELLY FISH BOX

Prima di intraprendere un viaggio è importante sapere se i luoghi che si andranno a visitare sono soggetti a fenomeni naturali che, però, non sono ideali per chi vuole trascorrere solo un periodo di vacanza tipicamente balneare. Il Mare, infatti, nel periodo che va da novembre a marzo, è interessato dal fenomeno delle meduse. Ce ne sono di diverse specie ma la più conosciuta e pericolosa è la “Jelly Fish Box”, così chiamate per la sua forma a scatola.

La medusa, pur essendo grande pochi centimetri, ha dei filamenti lunghi oltre un metro molto urticanti e pericolosi per l’uomo se vengono a contatto con la pelle. A volte possono causare la morte se non si agisce i tempo con un antidoto. Nelle spiagge più frequentate ci sono aree circoscritte da reti di protezione entro le quali si può fare il bagno in tutta sicurezza. Nella malaugurata circostanza di contatto con la Jelly Fish Box, i bagnini sono attrezzati per un pronto soccorso rapido ed efficiente. A tal proposito, non di rado si incontrano persone che fanno il bagno in mare vestendo una specie di tutina, leggerissima e colorata, a protezione sia dei raggi solari che da eventuali contatti urticanti. Inoltre, anche nel periodo interessato dal fenomeno, se ci si allontana poche centinaia di metri dalla costa , le meduse non ci sono più in quanto non sono assolutamente presenti in tutta la barriera corallina.

IL PARADISO DEI SUB

L’esperienza di un’immersione con le bombole in queste acque – considerate l’ottava meraviglia del mondo ed inclusa nella lista del Patrimonio Naturale Mondiale – dona un’emozione indescrivibile. Tutto ciò che i documenti naturalistici ci mostrano non descrivono a sufficienza quello che si vede a pochi metri di profondità con i propri occhi. I coralli vivi e di tutti i colori, le Tridacne Giganti che misurano un metro di larghezza e che si chiudono di scatto non appena vengono sfiorate; le migliaia di pesci multicolori che, incuriositi, ti girano intorno sfiorandoti appena; un mare cristallino che permette una buona visibilità fino a 60 metri di profondità; una moderna e confortevole barca di appoggio superattrezzata e un equipaggio di professionisti formato da esperti trainer, sono il “plus” per chi si vuole cimentare in una “Scuba Diving experience”, adatta anche a dei neofiti che si immergono per la prima volta, attratti dalla moltitudine di pesci che nuotano sfiorando la superficie del mare.

UN PAESAGGIO VARIEGATO

Lasciando il mare e andando verso Sud, in direzione della bella e moderna cittadina di Towsville – costeggiando parte delle Black Mountains – si incontrano tanti piccoli paesi caratterizzati dalle tipiche abitazioni di legno a due piani e con i tetti spioventi. La parte inferiore delle case è lasciata aperta, senza pareti, in modo da permettere il passaggio dell’aria che consente una buona climatizzazione della casa sovrastante.

La zona pianeggiante, molto verde, è stata colonizzata dai contadini (Farmers), dediti alla coltivazione e alla lavorazione della canna da zucchero che, in un tempo non molto lontano, era una delle industrie primarie del Queensland. A est, di fronte a un mare di colore turchese, si ammirano le bianche spiagge di Mission Beach di Tully, nota cittadina vacanziera della costa e, in lontananza, si delineano le silouette delle isole di Dunk Island, Hinchinbrook Island e Orpheus Island.

I KOALA NEL LORO HABITAT

Da Townsville si raggiunge, in 25 minuti di traghetto, Magnetic Island. La leggenda vuole il suo nome legato agli strumenti di bordo della nave del Capitano Cook, il quale, mentre navigava alla scoperta delle coste Australiane, in vicinanza dell’isola, vide letteralmente “impazzire” gli strumenti per la forte attrazione magnetica delle rocce. La causa risiedeva nella forte presenza della magnetite contenuta in queste ultime.
Incastonate tra le rocce appaiono candide e segrete, nascoste agli occhi di chi si trova sulla terra perché visibile solo dal mare. Nel suo parco naturale e protetto non è difficile incontrare Koala solitari o in compagnia dei loro piccoli, oltre a una grande varietà di piante e uccelli. Sull’isola, inoltre, è possibile praticare numerosi sport acquatici ed altre attività per trascorrere una bella vacanza e impegnare il tempo libero.

Ritornando invece a Townsville, oltre alla visita dell’acquario HQ Acquarium, nel quale si possono ammirare esemplari di coralli di tutte le specie, in una sezione adiacente si può vedere il relitto della nave “HMS Pandora”. Il nome non ci dice niente, però la HMS Pandora è la nave che diede la caccia agli “ammutinati del Bounty”, resi noti da un bel film interpretato da Marlon Brando e, nella realtà, catturati a Tahiti. La nave naufragò contro la barriera corallina mentre riportava in patria il comandante e l’equipaggio del Bounty.

UN “SANTUARIO” PER GLI ANIMALI

Un posto consigliato per un’interessante visita è il Billabong Sanctuary che si trova a 17 km a sud di Townsville. In un parco si possono osservare animali di specie protette che vengono curati e nutriti. Qui, oltre a vedere coccodrilli e canguri, si possono coccolare, tenendoli in braccio, dei cuccioli di koala. Gli animali hanno la pelliccia profumata di balsamo di eucalipto – dovuto al fatto che mangiano grandi quantità di foglie di quest’albero – e quando si prendono in braccio istintivamente si aggrappano al collo delle persone come se fossero bambini che hanno paura di cadere.

E’ motivo di grande emozione l’incontro ravvicinato con questi animali a serio rischio di estinzione, così come lo è quando si prova a tenere in braccio un “baby Wombat o cucciolo di Diavolo della Tasmania”, un orsacchiotto dal pelo ispido color marrone, anch’esso purtroppo in via di estinzione. Socievolissimo, si assopisce con la massima tranquillità in braccio agli uomini, proprio come fa un bambino con i propri genitori.

TRASPORTI AVVENIRISTICI

Ma è tempo di rimettersi in viaggio per visitare nuove località. I mezzi di trasporto del Queensland non hanno niente a che vedere con quelli che siamo abituati a utilizzare in Italia e la differenza è veramente notevole. Provate ad immaginare di essere seduti su una comoda poltrona e di avere davanti un piccolo tavolo estratto dallo schienale della poltrona di fronte a voi. Dallo stesso schienale potete estrarre anche uno schermo a cristalli liquidi da cui si può conoscere l’orario di partenza e di arrivo, si può osservare la mappa del territorio che si sta attraversando, conoscere il nome delle fermate, la velocità di crociera, i chilometri percorsi e quelli che mancano per giungere alla meta.

Inoltre, mentre si può osservare tutto ciò che si incontra lungo il tragitto – per mezzo di una telecamera istallata in posizione frontale – una hostess vi chiede se desiderate un giornale o qualcosa da bere. Bene, avrete senz’altro pensato ad un viaggio in aereo, e invece no, non è così. Non si tratta di un tragitto effettuato a bordo di un aeromobile ma di un treno, denominato “Tilt Train”, che collega molte città della costa. Il nome equivale al nostro vecchio “Pendolino”, ma sicuramente in comune ha soltanto il nome e non i servizi!

UN ARCIPELAGO MOZZAFIATO

Da Townsville, in 15 minuti di elicottero, si atterra ad Airlie Beach, l’aeroporto dell’arcipelago delle Whit sunday Island, di cui fanno parte isole meravigliose ed incontaminate tra le quali è doveroso citare Hayman Island, Hook Island, Hamilton Island, Lindeman Island, Pentecost Island, e dove si è sviluppata una rigorosa vegetazione tropicale formata da palmeti.

Il nome Whit sundays deriva dal giorno in cui il capitano Cook attraversò lo stretto che collegava la terra ferma con i mari dei coralli. Quel giorno era detto “Whit Sunday” letteralmente (inerzia domenicale) e così fu chiamato quest’arcipelago. Queste isole, considerate un vero paradiso terrestre, offrono quanto di meglio si possa desiderare per una vacanza in pieno relax. Le strutture alberghiere sono di buon livello e dotate di ogni confort. La ristorazione offre piatti internazionali e la cucina è di ottima e ricercata in tutti gli alberghi. In mare si può praticare ogni tipo di sport e la barriera corallina, poco distante, è raggiungibile con una barca o con un idrovolante. Gli appassionati di diving o snorkeling possono addirittura soggiornare su una nave ancorata sulla barriera. Vicino alla nave, una piattaforma galleggiante e attrezzata di tutto punto riesce ad esaudire qualsiasi richiesta dei patiti delle immersioni.

I NUMEROSI LAGHI DI FRASER ISLAND

50 minuti di volo, ancora in direzione sud, e si arriva a Harvey Bay. Da qui, con un traghetto si raggiunge Fraser Island, una delle isole più caratteristiche formata da sola sabbia e ricoperta di vegetazione cresciuta su dune di sabbia alte fino a 400 metri. L’isola, nella parte est, è contornata da una spiaggia lunga oltre 100km, che viene usata come pista di decollo e atterraggio per aerei mono e bimotore.

Dal punto di vista naturalistico è un vero paradiso.

Qui si trovano ancora i dingos, una particolare razza di cani che vive allo stato selvaggio e numerosi uccelli. Si può nuotare in piccoli laghi naturali di acqua dolce dal colore turchese intenso, circondati da spiagge di sabbia di un biancore quasi accecante. Il famoso lago McKenzie, raggiungibile con un fuoristrada 4×4,attraverso una lussureggiante foresta di eucalipti, permette a quanti lo vogliono di nuotare nelle sue acque dolci e fare picnic sulle sue candide rive. Un “must” da non mancare è il pranzo a base de pesce nel ristorante Happy Valley e una visita al relitto della nave tedesca Maheno, arenata nel 1935 mentre veniva rimorchiata per essere demolita, e andata poi alla deriva per la rottura della catena che la trainava.

BRISBANE, LA CAPITALE DEL QUEENSLAND

Un altro tratto di pullman (circa 4 ora da Maryborough), via Nosa, lungo la statale n.1 sud, e si arriva a Brisbane, la capitale del Queensland. La città ha conservato il suo carattere “old english fashion”, e in alcuni quartieri si possono vedere ancora delle case coloniali in perfetto stato di conservazione, così come i cimiteri monumentali circondati da prati curatissimi e senza recinzioni di sorta.

Nata come colonia penale nel 1824, Brisbane divenne capoluogo dello stato indipendente. Il fiume Brisbane River, navigabile e che l’attraversa per tutta la sua lunghezza, ha svolto un ruolo decisivo per lo sviluppo della città, concepita a misura d’uomo, dove vivono appena 1.500.000 abitanti. Piccola metropoli dall’architettura moderna, già centro commerciale e finanziario del Queensland, oltre ad avere l’aeroporto più grande dello Stato, vanta anche il principale porto marittimo.

Brisbane offre anche svaghi e divertimenti e le strutture alberghiere garantiscono una gamma di livelli adatti a qualsiasi esigenza turistica, sia congressuale che individuale. La storia di Brisbane ebbe inizio nel 1824 quando nacque come colonia penale e, quindi, all’inizio, abitata soprattutto da delinquenti deportati dalla lontana Inghilterra. La città è dotata di numerosi parchi e il fiume che la attraversa permettono ai suoi abitanti di praticare numerosi sport sia di terra che acquatici. Sono numerosi i circoli velici che impegnano gli sportivi di tutte le età.
Lo sviluppo turistico va assumendo un’importante voce nel bilancio economico della città. Brisbane, infatti, è considerata la porta della “Gold Coast” uno dei luoghi di villeggiatura più frequentati dell’Australia.

Secondo quanto affermano gli stessi Australiani non esiste altro luogo con così tanti luoghi di divertimento, tanti negozi, pensioni, ostelli, alberghi e una vasta scelta di attività di sport acquatici. Il centro turistico più importante della Gold Coast è “Surfer Paradise” che, adotta il logo delle 3 S: Sun Sand Surf (sole, sabbia, surf), ed ha di fatto iniziato ad essere popolare già dagli anni quaranta.

La sua vivace vita notturna e le tante opportunità diurne per trascorrere il proprio tempo libero senza annoiarsi, hanno reso questa città unica, tanto da sembrare nata all’insegna del divertimento e della vacanza. Non a caso il nostro stilista Versace ha voluto costruire il suo “palazzo” proprio qui, e oggi l’hotel è unanimemente riconosciuto come uno dei luoghi turistici di culto di tutta la Golden Coast. Ma assieme ai divertimenti e alla modernità, Surfer Paradise permette ai turisti di ricrearsi nei “santuari” naturali.

Subito fuori città, infatti, la grande Rain Forest si presenta nuovamente con tutta la sua maestosità. Immensi e verdi boschi lambiscono il mare cristallino e la sua barriera corallina. L’Australia, e in questo caso, lo stato del Queensland ci convincono che la natura incontaminata qui è ancora la padrona assoluta e l’uomo, che tenta di colonizzarla ed abitarla, ne costituisce soltanto una piccola interferenza. Gli ampi spazi, il mare turchese, le lunghe spiagge, la più bella barriera corallina esistente al mondo, la vegetazione rigogliosa, i numerosi animali – anche rari – le belle città, i deserti, i divertimenti in maniera “easy”, rendono affascinante per chiunque questo continente ormai… non più tanto lontano.

Liliana Comandè

Reportage Australia: il Queensland, una terra sorprendente
Reportage Australia: il Queensland, una terra sorprendente
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In giro per Bologna … Via Del Borgo di San Pietro.

11 Marzo 2015 , Scritto da Franca Poli Con tag #franca poli, #luoghi da conoscere

In giro per Bologna … Via Del Borgo di San Pietro.



Ho abitato diversi anni nella piazza di via del Borgo di San Pietro, la strada che unisce via delle Moline con le mura di Porta Galliera in quartiere Irnerio, e conosco un poco di storia di questo “piccolo mondo” che un tempo era considerato quasi una periferia e ora è pieno centro. Alla via fu dato questo nome, perché molti terreni della contrada appartenevano alla cattedrale di S. Pietro e gli abitanti delle case che vi furono costruite pagavano un canone annuo alla chiesa.
“Il fantasma di Borgo San Pietro” era il titolo del primo romanzo di appendice apparso sulle pagine de Il Resto del Carlino, scritto da Cesare Chiusoli, che fu anche il primo direttore del giornal
e.
Era il 1885, il foglio costava allora 2 centesimi e veniva dato dai tabaccai a chi comprava un sigaro toscano, come resto di una moneta da dieci centesimi, detta appunto il ”carlino”, e da qui poi il nome “il resto del carlino”.
Erano anche quelli gli anni in cui si sviluppava Borgo san Pietro, strada interna alla cinta muraria, ma non considerata centrale, forse allora un po' malfamata, vicino a piazza del Mercato che era il regno degli imbonitori e dove venivano eseguite le sentenze di impiccagione per ladri e truffatori.
Il Borgo faceva razza a sé coi suoi giovani :i “buli” e le “bule”. Se qualche “milordino” (signorino di altri quartieri) osava avvicinarsi a una ragazza del Borgo per infastidirla o anche per corteggiarla, erano fatti suoi: nessuno poteva aver l'ardire di entrare in via Del Borgo e prendersi una delle ragazze del posto. I ragazzotti del Borgo portavano un fazzoletto di seta al collo, vestivano calzoni di velluto marrone a campana, giubbetto di panno blu con bottoni dorati e una fascia rossa alla cintura. Spesso indossavano orecchini e alto cappello, chiamato al ratt, e si accompagnavano con un bastone di canna di bambù. Le ragazze portavano uno scialle bianco di seta legato dietro la nuca, dove un grosso pettine reggeva un'enorme acconciatura di capelli nerissimi.
Celeberrima è la statuetta della Madonna del Soccorso che ancora oggi si può visitare dentro la Chiesa della piazzetta. La statua proteggeva l'ingresso nel Borgo, nel 1520 fu eretta una cappella per ospitare la statua, ritenuta miracolosa per aver salvato i borghigiani dalla peste. Con le donazioni dei devoti la chiesa fu ampliata nel 1581. A quei tempi, trenta giorni dopo Pasqua veniva portata con grande partecipazione degli abitanti in processione fino alla chiesa di San Rocco al Pratello, dove restava per 30 ore: dalle 10 della domenica alle16,30 del lunedi. Era una grande festa per i parrocchiani e durante tutto il tempo i devoti del Pratello e del Borgo non facevano altro che mangiare e bere.
Dopo l'apertura della Via Irnerio, il Borgo rimase diviso in due tronchi: quello a nord fu distrutto dal terribile bombardamento del 23 maggio 1944, ad opera degli anglo americani, durante la Seconda Guerra Mondiale, e sotto le macerie una parte importante dell’anima popolare bolognese scomparve per sempre. La parte alta rimase miracolosamente intatta e ancora oggi conserva una fisionomia che ricorda l’ambiente pittoresco del tempo che fu, con le piccole abitazioni interamente porticate e dipinte a colori vivaci.
Il bombardamento distrusse anche la Chiesa, ma non la statuetta che don Arturo Giovannini, detto Don Zvanein, aveva messo in salvo al primo suonare della sirena di allarme antiaereo. Don Zvanein morì sotto le macerie.

Nel dopoguerra la chiesa venne ricostruita dall'architetto L.Vignali.
Don Zvanein era come un padre per i parrocchiani e si preoccupava dell' educazione dei più giovani , è rimasto famoso per la “multa “ di 4 soldi che faceva pagare a chi veniva scoperto ubriaco.
Un altro personaggio del Borgo, ricordato per la la sua attività, fu Pietro Ferri detto Luvein . Antesignano degli odierni centri di riciclaggio egli si era arricchito commerciando il “rusco”. Spiego a chi non è bolognese che il rusco da noi altro non è che l'italianizzato “rossc “ che in dialetto significa immondizia, pattume.

In giro per Bologna … Via Del Borgo di San Pietro.
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Reportage Caraibi: St Vincent e le Grenadine, un paradiso tutto da scoprire.

10 Marzo 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage Caraibi: St Vincent e le Grenadine, un paradiso tutto da scoprire.

LE ISOLE RISENTONO DELLE DIFFERENTI DOMINAZIONI E GLI STILI DIVERSI SONO PIUTTOSTO EVIDENTI.

Gli appassionati di vela vanno pazzi per questa “catena” formata da 32 fra isole e isolette, situata fra St. Lucia e Grenada, sia per le splendide spiagge, le acque cristalline e le ricche barriere coralline. Si tratta, infatti, di isole non ancora prese d’assalto dal turismo di massa, ma assolutamente in grado di offrire tutto il lusso e il fascino dei Caraibi.

St. Vincent, l’isola più grande, possiede un entroterra ancora inesplorato, ricco di una vegetazione floridissima, con fiumi e cascate. Le spiagge, quasi tutte di origine vulcanica, offrono un piacevolissimo contrasto con le montagne che le sovrastano.

Insomma, si tratta di un vero e proprio paradiso tutto da scoprire!
Fu, naturalmente – come potremmo sbagliare – il solito Cristoforo Colombo a scoprire St. Vincent, dichiarandola di dominio spagnolo, ma, al contrario delle altre isole dei Caraibi, ci vollero ben due secoli prima che la colonizzazione europea riuscisse ad avere il sopravvento. Un lunghissimo periodo, durante il quale gli indiani Caribi opposero una resistenza durissima, che comunque non riuscì a fermare le molteplici e sanguinose battaglie fra i colonizzatori per il predominio dell’isola.

Gli inglesi ebbero la meglio, nonostante l’eroico, quanto vano, tentativo di alleanza fra i francesi e i Caribi per riprendersi il territorio. Nel 1969, infatti, St. Vincent divenne uno Stato britannico Associato, condizione in cui rimase fino al 1979, anno in cui l’isola proclamò la sua piena indipendenza dalla Gran Bretagna.

La lingua ufficiale è l’inglese, ma alcune fra le isolette minori hanno risentito molto delle influenze culturali francesi; la differenza di stile, quindi, è abbastanza evidente.
Un altro e non meno grave motivo di sofferenza per St. Vincent, furono le frequenti eruzioni del vulcano “Soufriere” che, fortunatamente, dorme un sonno profondo da ormai moltissimo tempo, ma che costituisce una delle maggiori attrazioni dell’isola. E’ possibile, infatti, arrampicarsi fino al cratere, ma attenzione, è consigliabile affidarsi ad una guida più che esperta.

Le Grenadine, le cui isole principali sono Bequia, Musique, Canouan, Mayreau, Union, Palm e Petit St. Vincent, costituiscono dei porti sicuri e, da molti anni, famose mete per gli yacht, pur essendo un tantino povere dal punto di visto economico.

Infatti, le poche popolazioni permanenti sulle 8 isole vivono di lavori stagionali, o costruendo imbarcazioni.

Kingstown, la capitale di St. Vincent, è sicuramente da visitare, non fosse altro per osservare la frenetica attività sul lungomare, fra golette e transatlantici o il mercato del sabato mattina fra agricoltori e pescatori.

Da non tralasciare è anche la “Marriaqua Valley”, detta anche la Valle di Mesopotamia, lungo la quale si oltrepassano foreste, ruscelli e fattorie per arrivare ai “Giardini Montreal” famosi per le sorgenti naturali di acqua minerale.

Per quanto riguarda lo sport, lo splendido mare che circonda le isole merita sicuramente almeno un’immersione subacquea, magari dopo aver fatto una partita a tennis o a golf.

Gli alberghi delle varie isole sono accessibili per tutte le tasche, ma gli amanti del lusso allo stato puro avranno di che deliziarsi. E’ qui, infatti, la più alta concentrazione di alberghi superlusso dei Caraibi. Indipendentemente dalle tariffe, comunque, è in quasi tutti gli alberghi che si svolge la vita notturna, fra discoteche, piano bar e musica dal vivo.

Reportage Caraibi: St Vincent e le Grenadine, un paradiso tutto da scoprire.
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Reportage: le Sporadi equatoriali, un altro paradiso non perduto

7 Marzo 2015 , Scritto da Liliana Comandè Con tag #liliana comandè, #luoghi da conoscere

Reportage: le Sporadi equatoriali, un altro paradiso non perduto

CHIAMATE UN TEMPO SAMOA OCCIDENTALI, GLI ABITANTI SI VANTANO DI ESSERE GLI UNICI E VERI POLINESIANI.

Le Sporadi Equatoriali sono dette anche Isole della Linea perché situate sull’Equatore ed è proprio qui che cambia la data.
Sono undici isole che appartengono alla Repubblica di Kiribati, ad eccezione di due atolli: Palmyra e Jarvis, e ci sono oltre novemila abitanti, per lo più concentrati sull’atollo Kiritimati, il più grande del mondo.
Si tratta di un angolo sperduto del mondo, collegato solo con l’aeroporto di Honolulu. Solo quattro villaggi, per sentirsi veramente nell’antica Polinesia, lontano dal frastuono del mondo occidentale e anche fuori dai circuiti del turismo di massa.

Upolu e Sava’i sono le due isole maggiori che costituiscono quelle che un tempo erano chiamate Samoa Occidentali, per il resto, un insieme di isolotti e atolli non abitati.

Gli abitanti di Samoa si considerano gli unici veri polinesiani, perché ritengono di essere la vera popolazione autoctona di quelle terre. Il loro mito della creazione è molto simile a quello biblico.
Missionari, pirati, balenieri, sbarcarono spesso qui, rendendo queste isole molto frequentate già intorno alla fine del XVIII secolo. La cessione di questa parte delle Samoa alla Germania, e il coinvolgimento nelle due guerre mondiali, non hanno intaccato lo spirito cordiale e ottimista di queste popolazioni.

Le isole non sembrano aver subito molto l’influenza occidentale e tutto sembra legato al passato. L’unica vera città dello Stato è la capitale Apia che, nonostante qualche traccia di modernità, mostra tutto il suo fascino con i suoi mercati, dove si può trovare di tutto, dall’artigianato ai vestiti, ai gioielli in noce di cocco.

Nella capitale è facile trovare numerose chiese cattoliche e anglicane sparse ovunque.

Le spiagge più belle – sì, perché nonostante tutto il fascino di queste isole è sempre il mare cristallino e le candide spiagge – si trovano nella parte meridionale dell’isola di Upolu, dove si deve richiedere il permesso prima di effettuare immersioni e dare, forse, un piccolo “dazio”.

Il turismo è una delle principali fonti di sostentamento nel paese in cui molti problemi hanno

provocato la deforestazione e i cambiamenti nel mondo agricolo.
Prendendo un taxi o un autobus da Apia, si giunge a Vailima, nella casa trasformata in Museo, dove visse Louis Robert Stevenson, recatosi in quel luogo – allora sperduto – per curare i suoi polmoni malati.

Alla sua morte gli abitanti del luogo lavorarono per 24 ore consecutive per tracciare un sentiero fino alla collina per collocare lì la tomba del loro “tusitala”, narratore di favole.
Lì, da dove si sovrasta l’isola, la barriera corallina e tutto l’orizzonte infinito, venne sepolto con le parole della sua elegia “Requiem”: Rientrato il marinaio, rientrato dal mare/ e rientrato dal monte il cacciatore.
Non solo Stevenson, ma naturalmente altri scrittori e artisti scelsero di vivere in queste splendide isole. Fra i tanti, Herman Melville, l’autore del famoso “Moby Dick” .

Fra i nostri connazionali, Hugo Pratt, fece nascere proprio qui il suo Corto Maltese. Mete ideali – i Mari del Sud – per ambientare le loro storie.

Qualcuno di loro scelse di viverci e anche di morirci.
In questi luoghi, che la storia europea ha consacrato all’avventura, risuona lento il passo di chi ritorna dal mare, lascia la vita e consegna per sempre il suo sonno alla terra…

Reportage: le Sporadi equatoriali, un altro paradiso non perduto
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