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interviste

Intervista a Ida Verrei

21 Marzo 2013 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #ida verrei, #interviste

Intervista a Ida Verrei

Ida Verrei, autrice di due romanzi raffinati, “Un , due, tre, stella!” e “Le primavere di Vesna” Fabio Croce editore ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda.

“Ciao, Ida, puoi dirci qualcosa di te?”

I.V. “Sono nata a Venezia ma risiedo a Napoli, città per cui nutro grande amore. Laureata in Pedagogia con indirizzo psicologico, ho fatto l’insegnante elementare per trent’anni, iniziando a venti, quasi contemporaneamente al “mestiere” di madre. Ho collaborato anche per qualche anno con un Istituto per minori a rischi, nel quartiere Sanità di Napoli.


“Che cosa ti ha spinto a iniziare a scrivere in età, diciamo così, matura?”

I.V. “Ho sempre scritto molto, di psicologia dell’età evolutiva, di didattica, o elaborando sceneggiature di spettacoli teatrali per la scuola. Al romanzo sono arrivata per caso: capita nella vita di vivere stagioni di bilanci, giorni di revisione del proprio vissuto, e, se hai la passione per la scrittura, può accadere di voler fissare emozioni interiori e raccontare se stessi riuscendo a trovare nelle memorie il filo conduttore di una storia.”


“Parlaci delle differenze fra i tuoi due libri.”

I.V. “Il primo libro “un, due, tre, stella!” non è nato per essere pubblicato: scrivevo per me stessa, senza velleità letterarie. Ma qualcuno lo ha letto, lo ha apprezzato e ha deciso per me. E così si è generata quest’opera prima, che ha ricevuto un discreto consenso fra i lettori, anche se non sarà mai “un caso letterario”, visto che l’editore è un medio-piccolo editore, Fabio Croce, con un’onesta e soddisfacente distribuzione, ma senza quei canali di potere necessari per giungere alla grande diffusione.
Il secondo libro “Le primavere di Vesna” ha una genesi diversa: questa volta ho voluto misurarmi con una storia non mia, anche se ispirata a persone che hanno molto da vicino fatto parte della mia vita. Potremmo definire anche questo un romanzo di formazione, perché mi è piaciuto seguire i protagonisti in un lungo percorso di vita, e sono cresciuta con loro, partendo da un’adolescenza felice, sino a una maturità sofferta. Sullo sfondo, gli eventi bellici dell’ultima guerra mondiale, nella cornice di una Slovenia forzatamente italianizzata.”


“Quindi anche quest’ultimo libro gravita attorno alle vicende della tua esistenza, seppur romanzate. Consideri l’autobiografismo una zavorra o un ponte di lancio?”

I.V. “Il primo libro è decisamente autobiografico, cosa che in letteratura non sempre genera consensi. Soprattutto sposta l’attenzione del lettore dalle caratteristiche stilistiche e strutturali, dall’abilità narrativa, al contenuto biografico che provoca curiosità in qualcuno, diffidenza in altri. L’autobiografismo resta addosso come zavorra, tutti si aspettano il “seguito” della storia… e tutti cercano nel secondo legami con il primo. Se dovessi consigliare chi comincia, gli direi di tenersi ben lontano dall’autobiografismo. Molti grandi del passato hanno scritto romanzi ispirati alla propria vita, ma erano, appunto, già “grandi”. Chi inizia dovrebbe lanciarsi subito nel romanzo di fantasia, sembra più difficile, ma non è così: raccontare se stessi può essere lacerante e consegnare a “qualunque” lettore la propria vita, la propria anima è un errore che si paga.”

“Grazie, Ida, concludiamo con la domanda che porremo a tutti. Dove e come si possono reperire i tuoi romanzi?”

I.V. “Entrambi i romanzi si possono trovare in libreria a Napoli, Roma, Milano, ma possono essere ordinati facilmente anche in altre città. Oppure li trovate nelle librerie On line, da IBS a LIBRERIA UNIVERSITARIA a BOLIG:IT a tutte le altre.”

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Intervista rilasciata a Paolo Mantioni

20 Marzo 2013 , Scritto da Paolo Mantioni Con tag #poli patrizia, #interviste, #paolo mantioni

Intervista rilasciata a Paolo Mantioni

Di Paolo Mantioni

Patrizia Poli, di cui abbiamo recensito di recente il romanzo Il Respiro del Fiume, ha accettato di rispondere a qualche domanda e a qualche osservazione che il suo libro ha suscitato. Facciamo precedere la trascrizione del colloquio telematico con l’autrice da una breve scheda bio-bibliografica che la stessa Patrizia Poli ha stilato per noi.
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Sono nata e vivo a Livorno. Mi sono laureata, nel 1985, in lingua e letteratura inglese, all'università di Pisa, Il mio racconto "Quand'ero scemo" ha vinto il premio Guerrazzi ed è stato pubblicato sulla rivista "La Ballata"
Ho scritto "Il Respiro del Fiume", romanzo edito su www.ilmiolibro.it ambientato in India alla fine degli anni ottanta, frutto di studi e di meticolose ricerche.
Ho scritto "Signora dei Filtri", romanzo edito su www.ilmiolibro.it ambientato nell'età del bronzo. (Ri)racconta la storia del viaggio degli Argonauti, di Medea e Giasone, ma da un'angolazione inusuale, che percorre anche la giovinezza dei protagonisti ed approfondisce il mito di Orfeo.
Insieme a Allegri, Lucchesi, Marcaccini e Sciabà, ho pubblicato su www.ilmiolibro.it "La Livorno che c'è", raccolta alla quale partecipo con 11 racconti e la prefazione.
Ho da poco terminato un racconto lungo,"Bianca come la neve", che mescola la fiaba dei fratelli Grimm con i nosferatu, cioè i non morti della tradizione mitteleuropea, ora edito su ilmiolibro.it insieme ad un altro racconto fantastico "Il volo del serpedrago".
Per saperne di più, e per leggere alcuni dei miei racconti, visitate il mio sito www.signoradeifiltri.altervista.org
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Anzitutto l’India, la sua spiritualità e la sua situazione economico-sociale. Nella recensione scrivo che Lei ne fornisce informazioni di prima mano – almeno così mi è sembrato. Vi ha soggiornato a lungo? Nel periodo cui fa riferimento il romanzo, o anche in altri periodi?

Sono stata in India nel 1989, anno in cui è ambientato l’inizio del romanzo, ma solo per breve periodo e da turista profano. Solo al ritorno sono iniziati uno studio e un approfondimento che hanno richiesto anni.

Attualmente, secondo lei, la tradizionale concezione castale è ancora così forte come un tempo? E gli insegnamenti gandhiani, che sembrano ispirare il finale del suo libro, al di là delle vuote mitologie o delle strumentalizzazioni politiche, sono ancora vivi e operanti nella società indiana?

Poiché, come ho appena spiegato, non ho una conoscenza diretta dell’India di oggi, posso solo rifarmi a quanto apprendo attraverso la narrativa, il cinema e i giornali. Penso che l’influenza delle caste sulla vita di tutti i giorni abbia ancora un suo spessore, come, ad esempio, si può evincere dagli annunci che vengono pubblicati per la ricerca dei partners nei matrimoni combinati. Se una ragazza ha la pelle chiara - segno di una casta più elevata – è ancora molto più appetibile.

La sua tecnica narrativa, almeno quella operante nel Respiro del fiume - punti di vista diversi, narratore onnisciente quasi nascosto dietro i personaggi – mi ha ricordato molto quella messa in opera da Edna O’ Brian in un romanzo intitolato Una splendida solitudine. Conosce quel romanzo o altri romanzi della scrittrice irlandese?

No, mi dispiace, non ho mai letto Edna O’Brian, ma la mia tecnica fa ricorso a una terza persona immersa e a un jamesiano punto di vista rigorosamente circoscritto.

Quella tecnica narrativa – se vogliamo, non tanto diversa da quella dei Malavoglia verghiani – può avere un forte effetto “straniante”, ossia può indurre il lettore a rimettere continuamente a fuoco la sua attenzione, soprattutto se il personaggio, portatore di un punto di vista decisamente personalizzato, lo costringe ad uscire “fuori da sé”. Ecco, a me sembra che nel suo romanzo questo effetto sia attenuato, che non punti, cioè, a scuotere le aspettative del lettore, come se la materia narrata basti di per sé a catturare la sua attenzione e il suo consentimento. È un’impressione sbagliata o è una sua consapevole scelta?

Infatti non intendo “scuotere le aspettative del lettore” bensì mostrare fatti e persone attraverso una molteplicità di sguardi che concorrono, tuttavia, ad un’unica resa della materia, il più oggettiva possibile.

Se però non si “scuote l’aspettativa del lettore” si corre il rischio che la ricercata oggettività possa degradare a “medietà”, cioè a rimanere aderenti ad un punto di vista condivisibile perché prevedibile e non perché il testo ha creato un modo nuovo, originale di guardare al mondo, che è poi, a mio parere, la funzione essenziale dell’elaborazione letteraria.

I miei romanzi hanno come target il lettore comune e non sono alla ricerca di virtuosismi linguistici, anche se il mio stile non è sciatto né banale ed ogni parola è studiata attentamente. Dietro l'apparente leggerezza e mancanza di sforzo, mi creda, c'è una fatica da certosino.
Io mi considero una narratrice, una che dispensa emozioni e aspira a creare personaggi che restano nel cuore e nella mente de lettore medio, non eccessivamente sofisticato, anche se non stupido o incolto. Quindi, per me la "medietà" è un fine ed un valore, come lo sono il controllo estremo e la razionalità..
Tuttavia, negli anni, il mio linguaggio si è evoluto nel senso che dice lei e, se mai le capitasse di leggere l'ultimo mio libro, "Bianca come la Neve", si renderebbe conto che lì il registro è più originale, più poetico, intuitivo, lirico.

Lei ha pubblicato a sue spese più d’un libro. Perché questa scelta? Quali tentativi ha esperito per interessare alla sua opera un editore tradizionale? E quali risposte ne ha ricevuto?

Preciso che l’autopubblicazione non comporta spese da parte dell’autore. Non ho, infatti, l’abitudine di acquistare copie per rivenderle, lascio che sia il lettore a ordinare da solo il mio testo, se incuriosito dalla presentazione. Ho passato molti anni a cercare un editore per “Il Respiro del Fiume” e per l’altro mio romanzo “Signora dei Filtri (ora entrambi pubblicati su ilmilibro.it). Ho partecipato a concorsi dove arrivavo “nella rosa dei finalisti” senza mai vincere, ho sborsato soldi per editing inutili o addirittura dannosi, per tasse di partecipazione a premi mai effettuati, sono stata rifiutata da tutte le case editrici esistenti non a pagamento. Persino la compianta Elvira Sellerio ha definito lo stile di “Signora dei Filtri” nobile, e si è detta dispiaciuta ma ha, comunque, respinto il testo. Ero amareggiata, non vedevo vie d’uscita, soprattutto perché mi ero fatta un punto d’onore di non avvalermi di case editrici che richiedessero un contributo, allora mi sono rivolta all’autopubblicazione come ultima spiaggia. Adesso, però, nonostante le vendite siano ancora scarse, sono contenta della mia scelta e sto cominciando a liberarmi di quel vago complesso inferiorità che mi faceva sentire da meno di chi ha una casa editrice alle spalle.

Io credo che una delle novità più evidenti e controverse della storia letteraria degli ultimi venti anni – e che riguarda specificatamente la sociologia della letteratura – attenga proprio la pubblicazione, la divulgazione e la fruizione dei testi letterari. Da un lato le nuove tecnologie hanno enormemente ampliato la possibilità di far sentire la propria voce (e anche il nostro sito è espressione di queste nuove possibilità), dall’altro, però, hanno indebolito la capacità di filtro dell’industria culturale, che per quanto non sempre limpida e disinteressata, permetteva però una selezione e una cura dei testi non sempre rispettata nella letteratura “fai-da-te”. Insomma prima lo scrittore, il saggista, il critico letterario dovevano essere issati sulla tribuna e parlavano ad un pubblico silenzioso che aveva più o meno fiducia in chi ce lo aveva posto, ora ci si issa da soli, ma si rischia di non essere ascoltati. Qual è la sua esperienza in proposito?

Concordo con lei, anche per l’enorme quantità di libri che vedo pubblicizzati sui social networks, dove ogni libro viene osannato da un codazzo di “amici virtuali” e definito automaticamente “bellissimo”, in un appiattimento generale che svilisce tutto e impedisce l’emersione dei pochi ma buoni.

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Intervista a Maria Vittoria Masserotti

19 Marzo 2013 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #maria vittoria masserotti, #interviste

Intervista a Maria Vittoria Masserotti

Maria Vittoria Masserotti ha esordito col romanzo breve “Luce.”


“Buongiorno, Maria Vittoria. Innanzi tutto, raccontaci qualcosa di te.”


M.M.V “Sono nata a Roma e vivo a Pisa dal 1971, dove ho lavorato fino al 2010 al Consiglio Nazionale delle Ricerche, occupandomi di ricerca in informatica sul ragionamento spazio-temporale, incertezza e ontologie. Per cinque anni ho fatto parte della redazione della rivista dell’Associazione Italiana Telerilevamento. Ho insegnato anche all’Università di Pisa e sono stata per anni coordinatrice didattica del Master Universitario in Sistemi Informativi Territoriali dell’Università. Fino ad oggi tutte le mie pubblicazioni hanno avuto carattere scientifico, articoli a convegni, capitoli di libri, articoli su riviste internazionali.”

“ Di cosa parla il tuo libro?”

M.M.V. “In realtà i libri sono due, solo che il primo, “O giorni, o mesi, che andate sempre via…” (Racconti per una “Canzone”) è in corso di stampa e si presume esca a settembre, pubblicato dalla casa editrice Progetto Cultura di Roma, e il secondo, un romanzo breve “Luce”. Il primo è una serie di racconti che usano come incipit le strofe di una canzone di Francesco Guccini, la Canzone dei dodici mesi” dall’album Radici del 1972, una sorta di mosaico di vite quotidiane, di punti di vista diversi con lo scorrere del tempo come protagonista principale. Il secondo è anch’esso un mosaico, qui però lo sfondo è fisso, Verona la città delle mie vacanze estive, la città di mio padre, un artista, un pittore e anche un istrione. Questi temi compaiono nel romanzo, me nolente, e mi fanno riscoprire emozioni sepolte nella memoria. Il protagonista vero qui è la vita di tutti i giorni con la sua grandezza ma anche i suoi “accidenti”, gli imprevisti che intorbidano le esistenze dei personaggi e li conducono verso il loro destino.”

“So che prima di cimentarti con i romanzi hai scritto alcuni racconti brevi, per altro molto ben costruiti. Dicci, cosa ti ha spinto a passare dai racconti ad un primo romanzo breve?”

M.M.V “La differenza tra un racconto e un romanzo è, almeno per me, la possibilità con il secondo di affondare dentro i personaggi, vivere con loro, anzi per giorni sono stata assente alla realtà quotidiana mentre scrivevo (come dice mia figlia, mamma ma dove sei?). La mattina la prima cosa che pensavo appena sveglia era come far progredire una certa situazione, per questo il romanzo offre più spazi ed è stato un’evoluzione verso un piano diverso, avevo meno bisogno di “tagliare”.”

“E adesso che posto occupa “Luce” nella tua vita?”

M.M.V. “Luce” è stato un banco di prova, arduo, perché ero convinta di non riuscire ad andare “oltre” il racconto. Mi sono misurata con me stessa, con la capacità di costruire e descrivere un mondo inventato da me ma che è diventato sempre più reale, tanto che alla fine mi sono affezionata ai personaggi. Qualcuno dei miei lettori, pochi in verità, mi ha detto, perché non scrivi il secondo? Ma io sono sempre alla ricerca di nuove sfide, l’ho fatto per mestiere e mi è rimasto nel sangue, quindi ora mi sto cimentando con un romanzo lungo e complesso, la storia di tre donne, nonna, figlia e nipote che abbraccia un secolo.”

“C’incuriosiscei e non vediamo l’ora di leggerlo. E ora, una domanda a bruciapelo. Rispondi senza pensarci troppo: che cosa provi mentre scrivi?”

M.M.V. “Semplicemente: scrivere mi rende libera e questo è sempre stato il mio desiderio più grande.”
“Grazie della tua disponibilità. Concludiamo con la domanda di rito: come e dove si può reperire il tuo libro?

M.M.V. Per il primo si dovrà attendere la pubblicazione, per “Luce” è possibile trovarlo a questo link:
http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=622860

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Livorno Magazine intervista Il Laboratorio di Narrativa

18 Marzo 2013 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #ida verrei, #Laboratorio di Narrativa, #interviste

Livorno Magazine intervista Il Laboratorio di Narrativa

Vogliamo presentarvi un’esperienza - nata e cresciuta nella rete - che è per metà livornese: il Laboratorio di Narrativa. Le responsabili, Patrizia Poli di Livorno e Ida Verrei di Napoli, hanno accettato di rispondere alle nostre domande.

LM. Patrizia, innanzi tutto che cosa s’intende per esperienza virtuale?

P.P. Oggigiorno la rete offre possibilità sconosciute fino a pochi anni fa, tutte le partite si giocano sui tweet, sugli status di Facebook e sulle realtà “virtuali”, ma sono convinta che la parola virtuale, intesa come realtà simulata, cioè esistente solo in una rete di computer, sia ormai superata. Virtuale e reale non si distinguono più, amicizie nate sul web, come quella fra me e Ida, si consolidano anche nella vita. Il KLit, festival dei blog letterari, dove si sono incontrati fisicamente blogger da tutta Italia che fino a pochi giorni prima si scambiavano opinioni solo in rete, ne è un esempio, come ne è un esempio la stessa Livorno Magazine. Al giorno d’oggi anche per creare una rivista ognuno può lavorare da casa propria, comodamente nel suo studio, e le riunioni di redazione si fanno on line.

LM. Parliamo dunque del Laboratorio di Narrativa.

P.P. Sì, dopo una lunga pausa, dovuta a gravi problemi familiari, prima di Ida e poi miei, da settembre ha ripreso a pieno regime l’attività del Laboratorio che, proprio in questi giorni, compie due anni.

LM. Puoi dirci com’è nata l’idea?

P.P. Per capire che cos’è Laboratorio di Narrativa – Ida ed io lo chiamiamo affettuosamente Lab – dobbiamo fare un passo indietro. Due anni fa, una mattina di ottobre vicina al ponte dei morti, stanca di inviare i miei racconti a destra e a manca senza più saperne nulla, decisi di offrire a coloro che scrivono – si badi bene, non ho usato il termine scrittore – una cosa che, forse, ormai non s’usa più: il rispetto. Lanciai quasi per gioco una sfida dal mio status di FB: “Mandatemi i vostri racconti, li leggerò comunque, che siano belli o brutti, e vi dirò che ne penso”. Aprii un gruppo chiamato Laboratorio di narrativa e chiesi la collaborazione di Ida Verrei, amica scrittrice talento, sulla cui serietà, competenza, sobrietà e cultura sapevo di poter contare. Con sorpresa, nel giro di un’ora erano già arrivati i primi racconti e Ida ed io ci mettemmo subito al lavoro sui testi.
In seguito, visto il successo dell’iniziativa oltre ogni nostra previsione, aprimmo pure la Pagina Laboratorio di Narrativa dove poter mostrare i racconti esaminati e parlare anche di libri, di mondo editoriale, di narrativa intesa sotto tutte le sue forme, dal racconto al romanzo, dal classico al best seller, dal cinema alla fiction, senza dimenticare qualche incursione nella poesia, nella musica, nel teatro e nelle arti figurative.

LM. Come funziona, dunque, il Laboratorio di Narrativa?

P.P. Non appena ci giunge un testo, diamo immediata conferma all’autore della ricezione e dell’inserimento in coda di lettura. Sembra una cosa banale e invece è importante. Ogni autore sa quanto sia sgradevole affidare il proprio lavoro al nulla, senza più averne notizia, chiedendosi che fine abbia fatto, se sia stato letto, cestinato, archiviato, rubato.
Nei primi tempi l’attesa era più breve ma oggi, visto il numero di racconti che riceviamo, siamo costrette a far aspettare di più gli autori, però diamo sempre una risposta a tutti. Per ovviare all’inconveniente, potremmo allargare il parco dei lettori (conosciamo alcune persone la cui collaborazione sarebbe davvero preziosa) ma, siccome quello che ci piace di più e che dà buoni risultati, è proprio il pacifico e prolifico lavoro a due teste e quattro mani, i nostri autori ci scuseranno.
I racconti vengono esaminati in rigoroso ordine di arrivo, senza favoritismi per nessuno. Se, però, un autore ci invia contemporaneamente più di un brano, lo alterniamo con altri, per dare spazio a tutti. Ogni testo viene letto almeno due volte da entrambe. La lettura è attenta, parola per parola. Stiliamo poi giudizi separati e ogni volta mi stupisco di come non ci accavalliamo mai, di come ognuna sappia cogliere aspetti diversi. I due giudizi vengono poi fusi in uno solo. Inviamo sempre e comunque all’autore una scheda privata con il nostro commento e, spesso, anche alcuni suggerimenti che preferiamo non condividere con tutti.
A questo punto, se il racconto è di qualche interesse, viene editato, corretto per eliminare i refusi e pubblicato nella Pagina e sul blog Laboratorio di Narrativa arlara.blog, corredato dalla nostra recensione. In questi anni siamo state indulgenti e abbiamo scartato pochissimi testi, davvero improponibili. Non abbiamo mai gridato al talento ma non abbiamo nemmeno mai stroncato nessuno, neppure gli autori non pubblicati. Crediamo che non sia nostro compito e che il giudizio resterebbe comunque soggettivo. Cerchiamo piuttosto di analizzare la struttura del testo, metterne in evidenza le scelte stilistiche e contenutistiche. “Ogni autore”, ci piace ripetere, “ha il suo mondo da raccontare il suo modo per farlo”. Ci basiamo, tuttavia, solo sul testo, non chiediamo bibliografie dell’autore, curriculum, età o professione. Non chiediamo neppure il nome, se l’autore non desidera fornircelo. Ci interessa solo la parola scritta e non pretendiamo inediti assoluti.

LM Ida, a due anni di distanza che bilancio puoi farci dell’esperienza?

I.V. Positivo, certo: più di cento racconti letti, riletti, studiati, commentati. Sempre facendo ricorso alle nostre esperienze, alle competenze maturate, cercando di mantenere la maggiore obiettività possibile, ma anche, è ovvio, lasciando pure che prevalesse, talvolta, il nostro gusto personale.

LM. Quali sono stati i generi e le tematiche che vi siete trovate ad affrontare?

I.V. Diversi sono i generi in cui ci siamo imbattute: storie d’amore, di sesso, d’amicizia, di vita vissuta; fantasy, narrazioni surreali o fiabesche. Se dovessimo fare una statistica, potremmo dire che prevalgono i racconti che hanno come tema: solitudine, angoscia, ansie esistenziali. Il che fa comprendere il valore anche terapeutico della scrittura, che diventa, così, non solo passione da condividere, ma strumento sostitutivo di comunicazione, richiesta d’attenzione, sommesso singhiozzo di dolore. Né sono mancati racconti divertenti, pieni di spirito, arguzia e autoironia. Insomma, una varietà di contenuti che hanno alleggerito e reso piacevole il nostro lavoro.

P.P. Intervengo per dire che i maschi prediligono sempre il sesso mentre le donne, come c’è da aspettarsi, sono più sognatrici. Ma ci sono dei cliché cui si fa ricorso senza distinzione. Fra questi vanno per la maggiore soprattutto farfalle e rose, chissà perché.

L.M. E che mi dici degli stili, Ida?

I.V. Per gli stili il discorso non cambia: si passa dalla scrittura accurata, elegante, con ritmi e strategie narrative sapienti, proprie di quegli autori che sono veri e propri scrittori con esperienze di romanzi già pubblicati (cosa che ci ha gratificato), a stili più naif, qualche volta con tentativi di linguaggio moderno, giovanilistico, ma ancora tutto da costruire. Spesso abbiamo avvertito più attenzione ai contenuti che non alla forma. E in letteratura, si sa, i due elementi devono coesistere.

L.M. Tu, Patrizia, a livello personale che bilancio faresti dell’esperienza?

P.P. Come ha detto Ida, in due anni abbiamo letto e recensito circa un centinaio di racconti. Alcuni scrittori ci hanno visitato una sola volta, altri ci hanno inviato più testi e sono diventati “nostri autori”. Ci teniamo a dire che tutto il lavoro è completamente gratuito. Non abbiamo mai chiesto tasse di lettura né mai lo faremo, ci accontentiamo di un “mi piace” sulla Pagina, che, se non obbligatorio, è molto gradito anche perché, senza di esso, l’autore non può interagire con noi e con gli altri iscritti. Siamo davvero felici quando gli autori ci scrivono per commentare la nostra scheda, dando così credito e valore a una fatica che, seppur gratuita, non è per questo dovuta.
Nonostante in questo ultimo anno siano maturati per me altri progetti, come la collaborazione a www.criticaletteraria.org e l’ingresso nella redazione di www.livornomagazine.it, tengo particolarmente al nostro “Lab” e, finché ne avrò la possibilità e finché gli autori ci onoreranno con il loro appoggio costante, lo porterò avanti. Quindi, anche per me, il bilancio è senz’altro positivo, gratificante, e ringrazio tutti per la fiducia accordataci, per la pazienza e per la serietà con cui hanno accolto i nostri suggerimenti e persino le critiche.

L.M. Ida, vuoi dirci qualcosa per concludere?

I.V. Sì, ci auguriamo di essere state di qualche utilità per i nostri autori, con i commenti, le valutazioni e i consigli, sempre dati senza alcuna presunzione, ma come pareri soggettivi dettati da un pochino di esperienza e da tanta passione per la buona scrittura. Noi ci sentiamo certamente arricchite da questo nostro impegno nel Laboratorio: leggere, commentare, valutare il lavoro degli altri e confrontarsi con i diversi generi, aiuta l’autovalutazione, l’autocritica, l’autocorrezione.

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