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George MacDonald, "Sulle ali del vento del nord"

24 Giugno 2013 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

Sulle ali del vento del nord George MacDonald

Traduzione di Lotte Vignola Auralia edizioni, 2012

pp 323 15,00

È indubbio che sia in atto una rivalutazione delle opere dello scrittore scozzese George MacDonald (1824 – 1905) e, in particolare, di “At he back of the North Wind” del 1871. George MacDonald, noto per le sue favole e i suoi romanzi di argomento fantastico, si mosse in quell’atmosfera preraffaellita di cui faceva parte William Morris e s’inserì nell’ambito di frequentazioni che annoveravano Mary Shelley, John Ruskin, Charles Dickens, William Thackeray, Mark Twain (del quale fu amico) e C.S. Lewis. Quest’ultimo aveva una grande ammirazione per la produzione di MacDonald, lo considerava il suo maestro, a differenza di Tolkien che, come fa notare Roberto Arduini, aveva una vera e propria antipatia per la scrittura dello scozzese. “Il motivo di tanta crescente avversione”, ci spiega Arduini, “era proprio una delle caratteristiche principali di MacDonald, che divideva profondamente Tolkien da Lewis e Il Signore degli Anelli dalle Cronache di Narnia. Come scrive nella bozza di prefazione a La chiave d’oro, «MacDonald è un predicatore, e non solamente dal pulpito della chiesa; egli predica in tutti i suoi numerosi libri». A Tolkien andava di traverso l’allegoria morale: «Non sono molto attratto (anzi, direi il contrario) dalle allegorie, mistiche o morali» (R. A.)

Marco Gionta, della Auralia edizioni, ha deciso di ripubblicare il testo, già uscito nel 2011 con l’editore Raffaelli, compiendo un’operazione di rilettura, diremmo così, “personalizzata”. Per capirlo bisogna partire dalla scelta del titolo: “At the Back of the North Wind”, tradotto nell’edizione Auralia non più con “Al di là del vento del nord”, bensì con “Sulle ali del vento del nord”. Non è questo un particolare da trascurare. Tutto ruota, infatti, attorno a ciò che sta “alle spalle del vento del nord.” Diamante è un bambino vittoriano, cresciuto in una famiglia modesta ma dignitosa, in mezzo a persone oneste e rette. Il padre, cocchiere, è un gran lavoratore, la madre un esempio di virtù. Diamante stesso, che porta il nome del cavallo di famiglia, è un “Bambino di Dio”. S’intende con questa espressione l’idea di un bambino geniale ma talmente candido da apparire quasi ritardato. Diamante ha una limpidezza, una bontà, una generosità angelica tale da colpire al cuore e redimere chi viene in contatto con lui.

La più grande saggezza sembra follia, a quelli che non la possiedono.” “Le persone buone vedono cose buone e quelle cattive cose cattive”

Sarà proprio per questa sua caratteristica che verrà scelto da Vento del Nord, che altri non è se non la Morte, una sorta di dea gigantesca dalle molte personalità, terribile come Kalì e amorevole come Durga. Vento del Nord è capace di azioni benevole e letali allo stesso tempo. È bella e tremenda, minuscola e smisurata, capace di cambiare dimensioni da un istante all’altro come l’Alice di Lewis Carrol. Vento del Nord è dunque la Nera Signora, alle sue spalle c’è la fine della vita, c’è un eden, dove si sta bene ma non si può essere del tutto felici perché l’esperienza terrena ci viene a mancare e ci vengono a mancare gli affetti.

Non poteva dire di essere felice, in quel posto, perché non aveva con sé né suo padre né sua madre, ma si sentiva tranquillo, sereno, quieto e contento e questo era forse meglio che essere felici.” (pag 102)

Ma l’edizione di Auralia sembra non voler far risaltare questo lato funebre della storia. Traducendo il titolo con “Sulle ali del Vento del Nord” si dà importanza al momento ludico, avventuroso, nell’ottica positivistica che caratterizza tutta la produzione della giovane casa editrice. L’accento è posto sulle peripezie, sui viaggi, sui voli di Diamante che, nascosto fra i capelli di Vento del Nord, o aggrappato al suo seno materno e accogliente, visita luoghi meravigliosi, a metà fra l’onirico e il reale, fra il sogno e la visione. Per chi è buono, per chi è puro di cuore come il piccolo Diamante - il dolce bambino dagli occhi stellati - persino la Morte è amica. Anche il viaggio che egli compie alle sue spalle, nell’Ade, nella terra già visitata una volta da Dante - qui chiamato Durante – e descritta da Erodoto, nel gelido mondo dei più, non lo spaventa e non lo rende infelice. Diamante non è capace di spaventarsi, Diamante tutto ama e tutto comprende, Diamante trova il bello e il buono in ogni cosa. Solo chi possiede la sua ingenuità, la sua saggezza, la sua generosità e il suo amore per il prossimo, considera ogni cosa, anche la malattia, anche la morte, come inevitabile, equa, necessaria. Diamante è una creatura angelica, dispensatrice di bene, capace di connettersi al resto del creato, di entrare in empatia con la natura, i bambini, gli animali. Ha un rapporto privilegiato con i fratellini, che ama come fossero suoi figli, ai quali canta canzoni preterintellettuali che sgorgano dal cuore. Sa anche comprendere il segreto linguaggio degli animali, riconoscendone la natura celestiale, serafica, affine alla propria. Diamante è una di quelle persone che vogliono bene senza aspettarsi nulla in cambio, che disarmano con il sorriso, con la gentilezza, che pensano sempre e comunque positivo.

Tutto in quel ragazzo, così pieno di tranquilla saggezza e al tempo stesso così pronto ad accettare il giudizio degli altri, anche a suo discapito, fece presa nel mio cuore e mi sentii meravigliosamente attratto da lui. Mi sembrava, in qualche modo, come se il piccolo Diamante possedesse il segreto della vita e che fosse lui stesso, come era pronto a pensare della più piccola creatura vivente, un angelo di Dio, con qualcosa di speciale da dire e da fare.” (pag 292)

Oltre al piccolo Diamante e alla sua famiglia, i personaggi che popolano la storia sono gli stessi di gran parte della narrativa vittoriana: ragazzine povere dai tratti dickensiani, cocchieri ubriaconi che picchiano la moglie, anziani benefattori che somigliano a quelli successivamente ritratti da Frances Hodson Burnett ne “Il Piccolo Lord Fauntleroy” e ne “La piccola principessa”.

Nel testo trovano posto anche fiabe, poesie, indovinelli, come sarà poi in Tolkien e com’è nella tradizione di Lewis Carrol e delle Nursery Rhymes di Mother Goose. Molti sono inoltre i topoi della letteratura fiabesca che ritroviamo qui, dal cavallo parlante, all’armadio fatato, (cfr “Le cronache di Narnia” ma anche un film recente come “Monsters & Co”), al vento turbinoso che trasporta in mondi fantastici (“Il meraviglioso Mago di Oz” di Frank Baum, 1900).

Riferimenti

Roberto Arduini, “George MacDonald e J.R.R. Tolkien, un'ispirazione rimpianta” , www.jrrtolkien.it

There is no doubt that a re-evaluation of the works of the Scottish writer George MacDonald (1824 - 1905) and, in particular, of "At the back of the North Wind" of 1871 is underway.

George MacDonald, known for his fables and his fantastic novels, moved in that pre-Raphaelite atmosphere to which William Morris belonged and inserted himself in the ambit of acquaintances that included Mary Shelley, John Ruskin, Charles Dickens, William Thackeray, Mark Twain (of whom he was a friend) and CS Lewis.

The latter had a great admiration for the production of MacDonald, he considered him his master, unlike Tolkien who, as Roberto Arduini points out, had a real dislike for the writing of the Scotsman.

The reason for so much growing aversion,” explains Arduini, “was just one of the main characteristics of MacDonald, which profoundly divided Tolkien from Lewis and The Lord of the Rings from the Chronicles of Narnia. As he writes in the draft preface to The Golden Key, "MacDonald is a preacher, and not only from the pulpit of the church; he preaches in all his many books. " Tolkien did not like moral allegory: "I am not very attracted (indeed, I would say the opposite) to allegories, mystical or moral" (R. A.)

Diamante is a Victorian child, raised in a modest but dignified family, in the midst of honest and upright people. The father, coachman, is a hard worker, the mother an example of virtue. Diamante himself, who bears the name of the family horse, is a "Child of God". By this expression is meant the idea of ​​a brilliant but so candid child that he appears almost mentally retarded. Diamante has a limpidity, a goodness, an angelic generosity such as to strike the heart and redeem those who come in contact with him.

 

"The greatest wisdom seems madness, to those who don't have it."

"Good people see good things and bad people bad things"

 

It will be precisely for this characteristic that he will be chosen by the North Wind, which is none other than Death, a sort of gigantic goddess with many personalities, terrible as Kali and loving as Durga. North Wind is capable of benevolent and lethal actions at the same time. It is beautiful and tremendous, tiny and boundless, capable of changing dimensions from one instant to another like Lewis Carrol's Alice.

The North Wind is therefore the Black Lady, behind her there is the end of life, there is an Eden, where one is well but cannot be completely happy because the earthly experience is lacking and we are to miss the affections.

 

"He couldn't say he was happy in that place, because he didn't have his father or mother with him, but he felt calm, peaceful, quiet and happy and this was perhaps better than being happy." (page 102)

 

The accent is placed on the vicissitudes, on the travels, on the flights of Diamante who, hidden in the hair of the North Wind, or clinging to his maternal and welcoming breast, visits wonderful places, halfway between the dreamlike and the real, between the dream and the vision.

For those who are good, for those who are pure in heart like the little Diamond - the sweet child with starry eyes - even Death is a friend. Even the journey he takes behind her, in Hades, in the land already visited once by Dante - here called Durante - and described by Herodotus, in the freezing world of the dead, does not frighten him or make him unhappy. Diamante is not able to be frightened, Diamante loves everything and understands everything, Diamante finds beauty and goodness in everyone. Only those who possess his naivety, his wisdom, his generosity and his love for others, consider everything, even illness, even death, as inevitable, fair, necessary.

Diamante is an angelic creature, dispenser of good, capable of connecting to the rest of creation, of empathizing with nature, children and animals. He has a privileged relationship with his siblings, whom he loves as if they were his children, to whom he sings pre-intellectual songs that flow from the heart. He also knows how to understand the secret language of animals, recognizing their celestial, seraphic nature, similar to his own. Diamante is one of those people who love each other without expecting anything in return, who disarm with a smile, with kindness, who always think positive.

 

Everything in that boy, so full of quiet wisdom and at the same time so ready to accept the judgment of others, even at his expense, took hold of my heart and I felt wonderfully attracted to him. It seemed to me, somehow, as if the little Diamond possessed the secret of life and that he was himself, as he was ready to think of the smallest living creature, an angel of God, with something special to say and do. "

 

In addition to little Diamante and his family, the characters that populate the story are the same as most of the Victorian narrative: poor girls with Dickensian traits, drunken coachmen who beat their wife, elderly benefactors who look like those later portrayed by Frances Hodson Burnett in The Little Lord Fauntleroy and in The Little Princess.

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