Un diario può aiutare
10 Ottobre 2014 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #psicologia
Mi scrive una di noi che pensa di non avere una vita sua e invidia persino il dolore degli altri. L’ho esortata a oggettivarsi in un diario, a prendere distanza dalle proprie emozioni, circoscrivendole.
Narrando noi stessi, scopriamo di avere una trama e, rileggendoci, persino ci appassioniamo alla nostra storia. Ognuno ha la sua vita, quella che gli è toccata, fatta anche di vuoti e di attese. Pur sempre qualcosa da raccontare.
Ecco cosa mi scrive dunque:
“Sei mesi.
Da quando abito qui, non avevo mai fatto il giro dell'isolato dalla destra.
Mi sono trovata senza sigarette. Lo sapevo che le avrei finite. La testa mi fa male e ho la nausea.
Sto sulla pista ciclabile; mi passa accanto una famiglia che pedala, mi sposto ma la strada è larga, ci passavano. Una donna è a piedi e ha la borsa a tracolla. Avrà sessant'anni. Penso che ci vorrei parlare, magari è zitella. Se mi chiede come sto, magari le dico che sto male. Ci incrociamo; non so se mi abbia guardata, ha gli occhiali da sole anche lei.
Un vecchio col bastone cammina piano, ha i piedi molto gonfi. Anzi no, non è mica tanto vecchio, di faccia. Strappa dei rametti di rosmarino che escono in strada dalla rete di un giardino privato.
Da quando abito qui, penso che devo andare a rubare il rosmarino quando mi serve, non l'ho ancora fatto. Oggi no, l'odore m’intensifica la nausea. E poi, quanto mi dura? Tanto in questi giorni non cucino. Si seccherebbe.
Sono vestita malissimo, e di proposito. I lacci delle scarpe sono troppo lunghi, mi chino a sistemarli e mi gira la testa. Ho il sole di fronte adesso, vedo le lucette.
Ah, è qui che si sbuca, è vero. L'orientamento non è il mio forte, non so mai dove mi trovo.
La trattoria è dall'altra parte della strada, sull'incrocio, mi si para davanti prima di girare l'angolo.
L'hanno ridipinta di rosso, l'insegna è uguale.
Una pasta con la panna e lo speck. O era pancetta? Qualcosa di buono che riempiva. Era di grano saraceno.
Non c'era nessuno, solo noi mi pare, e poca luce. O c'era uno seduto da solo?
Era ora di pranzo di un giorno infrasettimanale. Si tornava da non so dove. Era l'altra mia vita.
Era la vita.
Nel parcheggio c'è una coppia. Non so se siano una coppia. Fumano in piedi appoggiati alla macchina, non parlano. Miei coetanei pressappoco. Sembrano stanchi.
Faccio il bonifico al padrone di casa. Anche se è domenica, è il primo del mese.
Ho mal di testa.”
Da notare quel “mi sposto ma la strada è larga ci passavano”. Noi ci spostiamo sempre, noi siamo sempre quelli che disturbano. Ecco, un’altra cosa che mi viene in mente di dirvi: imparate ad ascoltare i vostri desideri. Abituati a farvi da parte, abituati a considerare il sacrificio come l’unica via, avete dimenticato cosa volete. Magari non fatelo, magari sacrificatevi e rimandate anche stavolta ma, almeno, capite cosa vi farebbe contenti. #capitelo, è già tanto.
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