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#immaginieparole : Non sei morto e io sto così

10 Giugno 2023 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #patrizia poli, #poesia, #walter fest, #arte, #vignette e illustrazioni

#immaginieparole : Non sei morto e io sto così

 

 

 

Non sei morto e io sto così

 

Non sei morto e io sto così

respiro nella mia paura

sopporto quello che non si può sopportare. 

Nella tua stanza c’è chi è convinto di essere a casa,

e ogni giorno crede di passeggiare sul lungomare

e descrive le onde, piccole e chiare.

Pensavo dov’è la nostra vita

 dove siamo noi

 dov’è tutto quello che avevamo

 che ci spettava,

da qualche parte ci devi essere ancora

 forse in cielo, su una stella.

Mi manchi in casa, fuori, in ogni gesto.

Eri come un  padre, ora sei mio figlio

Sei un pezzo di me anche se non lo ricordi più.

C’è una mano dietro tutto questo, c’è una regia,

ci deve essere un senso, una malignità, un destino cattivo.

Però oggi ti ho visto ridere, era la tua espressione, erano i  tuoi occhi.

 

 

Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli

 

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#immaginieparole : Memorie

9 Giugno 2023 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poesia, #walter fest, #arte, #vignette e illustrazioni, #poli patrizia

Immagine di Walter Fest

Immagine di Walter Fest

 

Memorie

 

Un salacchino per pranzo

mentre fai gramigna

ISOLA

a casa ti aspetta

il bastone di tuo padre

la promessa di lasciarti

senza un soldo

e dar tutto ai tuoi fratelli.

Meglio seguire

le signorine

a servizio giù in città

col vento di libeccio

e i gabbiani.

Bello

le ghette e i baffi

t’innamora e ti sposa

tuo marito

ti porta con sé

al numero uno

portiera di ebrei

ricchi corallai.

Alle dame sorride

non ha voglia di lavorare

ma è una pasta d’uomo

e i tuoi tre figli devi crescerli da sola.

Ti afferra la caviglia

quando la passione

esplode

ma tu dici no

e i gatti miagolano in soffitta.

IDA

bella e altera

il passo lungo e fiero

le mani di fata alacre

cuci i tuoi merletti

ragazza di Rosachiara

quando arrivano le signore

posa il lavoro

e corri a spogliarti

le spalle nude negli stanzoni ghiacci

la povera biancheria dimessa

le dita bucate dall’ago

sei più bella di loro

più bella di tutte

in quegli abiti che

non saranno mai tuoi

ma indossi come una regina.

Ti vogliono i figli dei notai

degli avvocati

al gran ballo per l’inizio del novecento

e nasce l’amore segreto

proibito

di cui non ci parlavi

e che ancora ti faceva

luccicare di pianto gli occhi

nascosto

negato

diviso dalle convenzioni

perché ognuno deve stare al suo posto

e i gatti miagolano sulle scale.

ADA

morettina svelta

figlia minore

madre di mia madre

onda di capelli sulle ventitré

occhi di carbone

caratterino aspro

così simile al mio

moglie di camerata

madre di piccola italiana.

Sotto le bombe

sul carro

col gatto in collo

risoluta e forte

tu scricciolo

dalla pelle bianca

e dal profilo delicato

energica e battagliera

a tener testa a quel tuo marito

con gli occhi di mio fratello.

Mi hai insegnato

la misura

molto più di LEI

mi hai cresciuto

amandomi

forse più di quanto

tu abbia amato LEI

e i gatti dormono

sul mio divano.

 

“Un’epopea di gesti quotidiani, di volti familiari che ci riconsegna il tempo, quella evocata da Patrizia Poli: il registro chiaro e colloquiale di un lavoro onesto che si impegna in una costruzione minimale del verso,  una versificazione dai toni domestici ma mai dimessi, un dettato lirico fatto di eleganza sussurrata e di corrusca tenerezza, quasi a suggerirci che la poesia più intima e felice è quella che si coglie nel miagolìo dei gatti su in soffitta o nel sorriso ingenuo e strafottente di un marito  che non ha voglia di lavorare ma è una pasta d'uomo.

L’esigenza di rappresentare tessere apparentemente insignificanti di un divenire ordinario e mai privo di grazia, sembra essere la cifra prevalente della sua poesia, sebbene non ci sfugga che, nell’ordito placido e sereno di questo componimento così sincero e narrativo, fa capolino, in maniera seppur solo accennata, con ritrosia dissimulata ad arte, qualche tratto malinconico e nostalgico che, d’altronde, si coglie già nell’immagine iniziale, poetica e frugale ad un tempo, dell’aringa affumicata e messa sotto sale, la memoria, che mentre si disfa e si consuma, si fa più appetitosa e saporita.

Proprio il contrasto tra la delicatezza del ritratto o del ricordo e il rassegnato recupero di affilate schegge di rimpianto, rappresenta la nota più evidente di questa prova interessante, soprattutto in quanto il suddetto contrasto si consuma lungi da qualsivoglia idealizzazione dell’altrieri, in una dimensione in cui, piuttosto che il malessere, scorgiamo un afflato tenero e sincero verso la personale matrice identitaria, verso una terreno gravido di voci e sentimenti.” (Vera Vasques)

 

 

Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli

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#immaginieparole : "Soffioni" e "Fiordalisi e papaveri"

8 Giugno 2023 , Scritto da Adriana Pedicini Con tag #adriana pedicini, #poesia, #walter fest, #arte, #fotografia

Immagine di Walter Fest

Immagine di Walter Fest

 

 

 

 

Soffioni

 

Impalpabili infiorescenze di sambuco

soavi di luce e di bellezza fragili,

anche a voi la vita sfugge

s’incrina la bianca filigrana

in vite altre, piccoli semi in sboccio

nell’aria a fil di vento

sbirichinando nevicano 

negli angoli riposti della via

senza più pensiero del domani.

Non rimarrà di voi che un sogno

inseguito dallo sguardo languido

e scabro lo stelo in terra.

 

 

 

Fiordalisi e papaveri

 

Torneranno i campi di grano a sussurrare,

a litigare fiordalisi e papaveri

per uno sbocco d’aria

tra le spighe arse dal sole di luglio

e i piedi a spaccare le dita sulle zolle aride

nei campi distesi sotto la bella Dormiente

La fiamma di rosso al tramonto

il campanile avvolge da lontano

le cime con esso gareggiano

già nascoste dalla tenebra lenta.

Insonne la notte al caldo trafitto

da grilli e cicale, gracida il rospo

e la rana nel rigagnolo verde

di acqua e di bianche ninfee.

Un gufo gli occhi spalanca  

guardiano del faro notturno  

alla luna che in cielo

argentea più delle stelle.

 

 

Immagine di Walter Fest, poesie di Adriana Pedicini

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L’eco dell’eccellenza: Cinzia Diddi trasforma il ballo di fine anno nel gran ballo dello stile

7 Giugno 2023 , Scritto da Redazione Con tag #cinzia diddi, #moda

 



 

 

Come ogni anno i ragazzi hanno scelto che la tradizione del ballo delle debuttanti continuasse.
Si chiamerà Festa di fine anno e l’evento sarà di grande portata.
L’anno scorso non mancarono le polemiche, pertanto il dirigente scolastico, Tiziano Nincheri, ha non solo ascoltato molto i ragazzi, accogliendo le varie richieste, ma anche trattato l’argomento con grande apertura.
Il convitto nazionale statale "Francesco Cicognini" è il più antico istituto scolastico di Prato.
Molti papabili nomi hanno studiato tra le antiche mura.
E la chiusura dell’anno scolastico per i ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado ha sempre previsto una grande Festa.
Un rinnovo completo, pur mantenendo la tradizione.
Tra le novità eccelse, quest’anno lo stile è ad opera della stilista delle star, la pratese Cinzia Diddi, che ormai da sempre ci ha abituato solo a successi.
Di lei si vocifera che il suo “perfezionismo” non la faccia mai cadere in errore.
Uno stile ricercato, attenta ai dettagli, ama la sobrietà poiché sinonimo di eleganza.
La stessa Cinzia Diddi ha studiato all’istituto F. Cicognini, pertanto ci saranno anche il cuore, la passione e il coinvolgimento emotivo,oltre che la professionalità, a fare da padroni.
Un concentrato di elementi che decreteranno un sicuro risultato: affermazione di raffinatezza e stile.
Abbiamo provato a raggiungere Cinzia Diddi telefonicamente ma non sono stati rivelati troppi dettagli.
Indetta una conferenza stampa alla presenza del Sindaco, Matteo Biffoni, la mattina del 6 giugno.
Non ci resta che gustarci lo spettacolo con gli occhi ben puntati su queste eccellenze pratesi: il Convitto Cicognini e la Stilista Cinzia Diddi.

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Giuseppe Bertòn "Danza con me"

6 Giugno 2023 , Scritto da Floriano Romboli Con tag #floriano romboli, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

 

DANZA CON ME – DANCE WITH ME di GIUSEPPE BERTÒN

 

“Danza con me – Dance with me” di Giuseppe Bertòn, con prefazione di Floriano Romboli e traduzione in inglese di Luisa Randon, Guido Miano Editore, Milano 2023.

 

Ritengo che a chi legge con attenzione le poesie che Giuseppe Bertòn raccoglie in questa silloge non sfugga l’importanza del ricorso da parte dell’autore alla tecnica formale-compositiva dell’iterazione lessicale e sintagmatica: «Nella notte, profonda d’oriente, / nel respiro della notte, / tra gli alberi d’oriente, Dionisio sogna. // Poi si accende, / sulla terra della Grecia, / sul mare dolce della Grecia…» (La notte, corsivi miei, come sempre in seguito); «Nella stazione del treno, / ho visto un homeless / passare. / Sporco, derelitto, perduto. // Poi la polizia lo ha trascinato fuori, / mentre sporco, derelitto, perduto, / passava nella stazione del treno. Nella vita…» (Homeless); «Quasi Natale, si sente freddo. / Ma forse non fa così freddo, / solo non siamo abituati ancora…» (Il mercato di Natale); «… Mille anni dopo, / ho sentito un poeta dire le tue parole, / leggiadre e incantevoli. // Mille anni dopo, / ho sentito un musicante cantare il tuo canto, / ho sentito una ragazza respirare il tuo respiro. // Mille anni dopo, / gli stessi palpiti nel petto…» (Mille anni).

Tale opzione stilistica – corroborata e avvalorata in aggiunta dalla predilezione dell’anaforaIn fondo alla strada / In fondo alla sera / In fondo a quando ti penso sempre / In fondo ai tuoi pensieri / In fondo a quando non ho pace / In fondo a una luce che si accende…», In un sospiro; «Abbiamo visto il sole / scendere sui tuoi occhi / (…) / Abbiamo visto la tua anima, / vestita di tristezza, / (…) / Abbiamo visto i tuoi fratelli / come schiavi…», Fratello) – mi sembra indizio chiaro di una spiccata inclinazione analitica, di un abito criticamente indagatore, di una vocazione alla ricerca circostanziata intorno ai problemi dell’esistenza, che alla considerazione dello scrittore appare ad un tempo affascinante e misteriosa, fatta di fremiti vitalistici e di abbandoni deprimenti, contrassegnata da esaltazioni e da scoramenti: «…Forse tessevi la tela, / incantevole ragazza, mentre il sole / si spandeva sul mare, e su te. // Forse palpitavi nel petto, / ed Eros che scioglie le membra / ti assillava la notte, // ed eri soggiogata dal desiderio e dagli affanni angosciosi. / (…) / E supplicavi Afrodite, / (…) / E la chiamavi, perché / aggiogando un carro d’oro venisse, / per liberarti dai tormentosi affanni. // Un dolore antico, quasi nascosto, / nelle radici della vita, nei tuoi occhi profondi, / attraversa ancora il nostro sguardo…» (Mille anni, cit.); «Una volta ho scritto una poesia, / mentre attraversavo distese di pietre e sassi, / con l’anima sconfitta. // Una volta ho scritto una poesia, / mentre camminavo sulla neve e sul ghiaccio, / con l’anima in fiamme…» (Una volta ho scritto una poesia).

L’esperienza generale del vivere e la sua particolarizzazione individuale-personale risultano inoltre scandite da sollecitazioni dinamiche, da intimi movimenti, e da esigenze di quiete spirituale, da pause meditative: la compresenza contrastiva è resa attraverso un disegno di correlazioni antitetiche, a partire da quella primaria di “luce” e “buio”: «Il faro, sopra il mare, sulle onde. / Sulle onde tormentate della mia anima, / che cerca un posto dove riposare. // Questa sera il mare è meraviglioso e terribile / e scende l’oscurità, su noi, su tutto, / ad abbracciare il nostro dolore. // Mentre siamo sospesi, / sull’abisso di noi stessi. / Così irreale, così vero. // Il faro, sopra l’anima, / una piccola luce nella notte inquieta, / sull’angoscia che attraversa la pelle. // Il faro, luce fioca, ancora lontana, / forse ci condurrà / in un porto tranquillo» (Il faro).

Il libro comprende peraltro una lirica molto bella, Il treno e il pioppo, ove tale fondamentale opposizione conosce l’emblematicità di una densa e felice rappresentazione metaforica. Come il poeta medesimo suggerisce, il treno è il moto incessante, la “spinta” partecipe ed esplorativa, lietamente sfidante, nella rapida orizzontalità, le tenebre enigmatiche del mondo; il pioppo, nella verticalità pensosa e lungimirante, nella salda stabilità del suo legame con la terra, raffigura invece la “controspinta” del rallentamento riflessivo: «Lui passava sulla sera, / colorata di magia. / Sulla notte colorata di mistero. // Correva verso la montagna, / ancora troppo lontana, / così poteva pensare. // Lui stava così, alto, con le sue foglie / un po’ colorate d’oro, un po’ stanche. / Così poteva guardare lontano…».

Nondimeno le situazioni antinomiche si elidono proprio in conseguenza della loro radicalità, a favore della condizione intellettuale-morale del bambino, con cui si verifica l’identificazione piena dell’autore perché questa è senz’altro significativa dello stato psicologico ordinario di ognuno: «… Lui era piccolo, e guardandoli, / gli pareva troppo veloce, / gli pareva troppo alto. / (…) / Il bambino giocava sotto il pioppo alto, / e guardava il treno una meraviglia. / E rideva, e non capiva. // Coi suoi occhi colorati di luce. / Con una foglia caduta sui suoi occhi, / colorati di luce».

Congruente con esso si rivela quindi la metafora della “strada”, lungo la quale l’uomo comune – e quindi lo scrittore – cammina ogni giorno, un passo dietro l’altro, «tra il nulla e l’infinito» (v. i componimenti Il vestito leggero e Danza con me), ma entro limiti spazio-temporali circoscritti, ben definiti: «Mississipi moonwalk sotto French Quarter, scaldare le gambe. / Poi, una strada, usciva non so dove. Correvo non so dove. / Strade di asfalto rotto e case di colori…» (Black on black 55.49, New Orleans); «Forse la vita si muove / per sentieri tortuosi ed incerti. / Forse la vita si muove / attraverso passaggi invisibili…» (Sul tavolo da gioco); «…ed il sogno / è diventato vero, / vero come un sorso d’acqua // quando corri sulla strada / sotto il sole / e non c’è acqua…» (Prima di dirti amore); «…Nebbia leggera in fondo alla strada. / Passi silenziosi in fondo a un raggio di luna. / Alle cinque della notte…» (Alle 5 della notte); «…Ed ora camminiamo sulla strada / bagnata dalla sera. / Mentre camminiamo, /sento che le parole non contano. / Oh le parole non contano, / quando camminiamo / nel riflesso incerto di una strada / bagnata dalla sera…» (In uno sguardo).

E la vita manifesta allora la propria intrinseca ambivalenza, divisa tra gioia e dolore («Il dolore paralizza il corpo / e affonda la mente. // Schiaccia la vita / e resetta il cervello. // Il dolore toglie la parola / e spegne la luce dagli occhi. / (…) / Oggi il cielo è azzurro fitto / e miracolosamente l’anima riprende vita. // Oggi è una bella giornata / e ho baciato il mio amore», Una bella giornata), insidiata dal tempo, fugace e distruttore: «Mi sono seduto, un momento, mille anni / in un giardino abbandonato. / Ed ho visto il nostro piccolo tempo, / appena uno sguardo, / appena un sorriso / (…) / E ci portò via, così veloce» (Il giardino abbandonato); ciò che importa è animarne e arricchirne gli attimi di autentica tensione sentimentale-affettiva: «Sentivo lo spazio ed il tempo modificarsi, // in qualche modo come la gravità modifica / lo spazio ed il tempo, intorno all’universo. // Dove lo spazio è diverso, dove il tempo è diverso. / Mentre guardavo il mio amore» (Un giorno).

Il discorso lirico di Giuseppe Bertòn è caratterizzato da grande linearità espressiva, da un’essenzialità che privilegia l’ordinamento paratattico, in un contesto strofico tendenzialmente arimico: l’uso della rima è talvolta presente con effetti di sobria eleganza: «…E le mani sull’uscio del cuore / a raccogliere gocce d’amore. // Ci baceremo ancora e ancora, / come se il cuore non conoscesse dolore, / finché una stella rimarrà / sul palcoscenico a danzare con noi» (Danza con me, cit.).

Anche l’impiego di altre figure retoriche, ad esempio la similitudine («Le luci si riflettono vaghe / sul finestrino del treno / e sui tuoi occhi // belli come gocce d’acqua / su prati d’erba, / fitti di colore rilucente…», Fili d’erba), o del procedimento metrico-ritmico dell’enjambement («… La mia anima piangeva nelle / piccole strade della vita…», Le strade); «… Quando Atthis è andata via / avevi un fazzoletto gocciolante / di lacrime, cadute nel mare. // Quando Cleis diletta ti ha portato / un fiore, tu hai pensato: vale / più di tutto il regno di Lidia. // Quando sul seno di una tenera / compagna hai appoggiato il viso, / il tuo cuore ha avuto ristoro…», Mille anni, cit.); «…Ho visto la tua anima, / si muoveva senza mai quiete ed il mondo / non poteva calmare il tormento…», Vincent) non comporta mai cadute nella freddezza della costruzione artificiosa; parimenti il riferimento a prestigiose auctoritates della tradizione artistico-letteraria, come il Leopardi del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, si dimostra riuscito nella sua interessante valenza esteticamente emulativa: «… Ma dimmi, incanto degli occhi, / come fai a stare lassù sospesa? / Per favore mi racconti un sogno? / Mi piace ascoltarti, // quando scende il silenzio / e pare tu voglia parlare con noi. / (…) / Ti ricordi il canto, / il canto del pastore errante dell’Asia / ed il dolore che usciva ad ogni suo passo, / sopra l’erba fresca di rugiada notturna. // Il poeta immenso / ha cantato di te, / perché sollevassi la sua pena, / perché gli sorridessi. // Ma lui ancora va con le sue greggi / per valli scoscese e campi e sassi, / con lo stesso dolore negli occhi…» (Alla luna).

Floriano Romboli

 

 

Giuseppe Bertòn, Danza con me – Dance with me, pref. Floriano Romboli, trad. in inglese di Luisa Randon, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 108, isbn 979-12-81351-06-6, mianoposta@gmail.com.

 

 

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#immaginieparole : Il guardiano del faro

5 Giugno 2023 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto, #walter fest, #arte, #pittura, #vignette e illustrazioni

Disegno di Walter Fest

Disegno di Walter Fest

 

 

Elia, il guardiano, adorava i profumi e i suoni del mare, in particolar modo i cavalloni selvaggi che si schiantavano sugli scogli sotto al faro nei giorni e nelle notti di burrasca. Chi l'avrebbe mai detto che da lui avrei ereditato tali sensazioni ed emozioni estatiche?

Sembra ieri. Il risveglio in una piccola stanza dalle pareti ammuffite, il letto duro come la banchina di un porto e i raggi del sole che filtravano dalla suggestiva finestra che dava sul Golfo di Genova. Io che mi inoltravo, scalzo, in direzione della cucina, noncurante del pavimento mal ridotto e di alcune schegge di legno che andavano a conficcarsi nella pianta dei piedi.

Mi comparve davanti Elia, appoggiato a uno sgangherato e rumoroso frigorifero, a fumarsi la pipa con espressione malinconica. Dopo una frugale colazione, andammo in spiaggia per ammirare le magnifiche onde che si infrangevano delicatamente sulle rocce che circondavano la struttura. Elia, le mani nodose, il viso solcato dalle rughe e la lunga barba bianca davano l'idea un uomo provato. Non mi degnava di uno sguardo. Sospettai che quella specie di eremitaggio gli avesse fatto dimenticare come guardare una persona negli occhi.

«È necessario che tu e i riflettori siate in simbiosi per far da guida ai naviganti» mi disse improvvisamente, indicando con l'indice la lanterna posta in alto.

Successivamente mi spiegò le mansioni da svolgere, per poi effettuare una serie di esempi pratici. Imparai in fretta, grazie a una dote innata per la manualità risalente ai tempi dell'orfanotrofio. Qualora ci fossero stati problemi di natura tecnica, mi sarei avvalso di un manuale o, nei casi peggiori, avrei potuto utilizzare il telefono per chiedere assistenza a chi di dovere. Riguardo la paga e gli approvvigionamenti, in quel periodo venivano garantiti mensilmente dalla marina mercantile.

L'ormai ex guardiano mi consegnò le chiavi e ci salutammo senza che gli chiedessi dove fosse diretto. Dalla porta d'ingresso lo osservai percorrere lentamente una stradina sterrata, portando con sé una logora valigia. Restai da solo, i gabbiani in volo che garrivano sembravano darmi il loro benvenuto. Rientrai.

In cucina, nell'accendere il fornellino a gas, desideroso di una cioccolata calda, pronosticai che le stagioni invernali sarebbero state un problema a causa del gelo. E difatti non mi sbagliai.

In quel primo giorno di lavoro feci il secondo "trekking" sulla torre, ove le scale in ferro risalivano a spirale lungo i muri, immaginando la fatica del povero Elia per tutte quelle volte che si era dovuto cimentare nelle "arrampicate."

Una volta raggiunta la cima, mi prodigai scrupolosamente per pulire i pannelli in vetro, lucidare l'obiettivo, sistemare gli stoppini e riempire d'olio una moltitudine di lampade, assieme ad altre incombenze che diventarono consueta routine giornaliera. 

***

Anni dopo, in un tetro pomeriggio di novembre prossimo alla tempesta, da una finestrella della struttura notai una figura femminile che s'incamminava a passo spedito verso il bordo della scogliera. Dapprima trovai strano che, con l’imminente scatenarsi della tormenta, quella donna avesse deciso di dirigersi proprio lì, finché realizzai quali fossero le sue reali intenzioni. Corsi e la raggiunsi per invitarla a ritornare indietro. Inizialmente rimase zitta, poi parlammo un po', la sua voce sofferta mi colpì profondamente. 

Improvvisamente sciolse il nastro che le legava la coda. I suoi lunghi, ondulati capelli castani caddero a cascata e furono rapidamente sferzati dal minaccioso vento carico di pioggia. Era bella, decisamente bella, i lineamenti delicati enfatizzavano il chiarore della carnagione, per non parlare del suo lungo vestito azzurro che fluttuava come quello di un angelo.

«Mi manca mio marito!» esclamò portandosi la mano alla bocca per soffocare un singulto. Infine si girò di spalle chiaramente intenzionata ad attuare l’insano gesto. Il suo amato probabilmente era un marinaio o un pescatore. E lei lo stava per raggiungere, il mare le avrebbe fatto da ponte per il cielo.

La vidi gettarsi. Non potei fare nulla.

***

Sono passati circa trent'anni, costellati da episodi belli e meno belli. Stamattina vengo a sapere che presto sarò sollevato dal mio incarico. In buona sostanza la tecnologia cartografica e altri strumenti di navigazione installati nei mezzi marittimi non giustificano più il mio operato come, naturalmente, l’utilizzo dell'emettitore di segnali luminosi della struttura.

Dovrei essere rabbuiato, deluso… invece no, da quanto ho appreso dalla raccomandata che mi è stata fatta pervenire dal postino, il faro avrà un nuovo contratto di locazione. Il Comune di Genova prevede di trasformarlo in un luogo di interesse turistico e di consentire al pubblico visite panoramiche, oltretutto mi è stato chiesto di rimanere in qualità di custode. Accolgo con entusiasmo la proposta, per di più sarò lieto di condividere le mie storie con i visitatori, tranne un drammatico e triste episodio. Io, Tancredi Diotallevi, ho ancora vivido il ricordo di quella apollinea donna che mi pesa sul cuore.

 

 

Immagine di Walter Fest, racconto di Giuseppe Scilipoti

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Il galeone sommerso

4 Giugno 2023 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

Immagine generata con PicFinder AI

 

 

 

Una grossa medusa si diresse lungo il ponte principale, i suoi tentacoli lenti e sinuosi le davano la possibilità di destreggiarsi con facilità all'interno del relitto di un galeone dalle dimensioni imponenti. Tra le alghe e il legno marcio, la luce verdastra del celenterato sembrava una lanterna.

Si introdusse per le scale, per poi gradualmente giungere nella stiva, portando riverbero su uno scheletro dalla sbrindellata uniforme blu, indossata da colui che funse da comandante. Nell'ossuta mano stringeva un'antica pistola ad avancarica utilizzata secoli addietro per porre fine alla sua vita.

La fluorescente medusa proseguì in direzione di una spartana cabina avente una brandaccia, un tavolo e uno sgabello, seduto sul quale stava un solitario fantasma assorto nel dolore della sconfitta.

 

 

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Stranito

3 Giugno 2023 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

Immagine generata con PicFinder AI

 

 

 

Filippo si svegliò di soprassalto, quasi cadendo dalla poltrona.

«Che ci faccio qui?» si chiese osservando la stanza con un'aria stranita. «Devo andare a scuola, i miei alunni mi aspettano» pensò, corrugando la fronte e mettendo le mani sui braccioli per alzarsi. 

«Tesoro, rimani lì!» esclamò all'improvviso una rassicurante voce femminile. 

La mano sinistra di Filippo andò istintivamente alla tasca destra della camicia per prendere un paio di occhiali. Una volta indossati, fissò con attenzione una donna dai corti capelli bianchi che, nel frattempo, appoggiava la colazione su un vassoio, sopra il tavolino davanti alla poltrona sulla quale stava seduto. 

«Mi piace così, caldo» sospirò Filippo, sorseggiando una tazza di latte.

«Lo so!»

«Ci conosciamo?» 

«Certo che sì, sono Ada, tua moglie.»

«Tu non sei mia moglie!» 

«Invece sì, siamo sposati da cinquant'anni» continuò ad insistere la consorte, mantenendo un dolce approccio. 

«Tu non sei mia moglie, però sei brava e gentile come a lei» le disse quell'uomo canuto accennando un sorriso e accarezzandole un polso. 

Filippo riprese a bere il suo latte fumante mentre le lacrime di Ada scorrevano lungo le guance, lacrime d'amore e di dolore.

 

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Michele e Viola Petullà, "Teorie evoluzionistiche in Antropologia"

2 Giugno 2023 , Scritto da Marco Zelioli Con tag #marco zelioli, #recensioni, #saggi

 

 

 

 

Michele e Viola Petullà, Teorie evoluzionistiche in Antropologia – Modelli e sviluppi, Guido Miano Editore, Milano 2023.

 

Guido Miano Editore questa volta sembra ‘uscire dal seminato’, proponendo il libro Teorie evoluzionistiche in Antropologia – Modelli e sviluppi dei sociologi vibonesi Michele e Viola Petullà.

Scrive Enzo Concardi nella Prefazione che gli autori, con una scelta di studiata sinteticità, ci aiutano a capire l’importanza di Charles Darwin; il quale non fu assertore di teorie atee, ma “un uomo in ricerca, dalla grande onestà intellettuale che come tale va rispettato”; e cita lo stesso Darwin: «Sono consapevole che se si ammette una causa prima, la mente brama ancora di sapere da dove questa è venuta, come si è generata» (Lettera 8837, 2 aprile 1873) – in una ricerca lunga tutta una vita.

La curiosità attorno al “sistema adattivo” delle specie viventi all’ambiente circostante ha stimolato gli studiosi fin dall’antichità: già Aristotele tentò una sistematizzazione della materia, fissandone le regole, in modo provvisorio, come si può intuire. In ogni caso è certo che, dopo alterne vicende, solo nel XIX secolo gli studi sull’evoluzione degli organismi viventi ebbero la prima vera stagione scientifica, con diverse ipotesi e linee interpretative, che il volumetto propone in cinque capitoli: i primi due dedicati all’inquadramento teorico dell’argomento ed agli antecedenti storici dell’evoluzionismo; il terzo alle teorie dell’evoluzione “pre-evoluzionistiche” ed il quarto alle teorie evoluzioniste di Lamark e di Darwin ed alle loro marcate differenze; il quinto riguarda La Teoria dell’evoluzione dopo Darwin, toccando i suggestivi e delicati aspetti delle “mutazioni”, il Neodarwinismo, gli “equilibri punteggiati”, il Neocreazionismo e l’interessante argomento “Mendel e le basi genetiche dell’evoluzione”. Conclude il volume una nutrita bibliografia ed un’utile sitografia, che permette a chi vuole approfondire i vari argomenti di farlo agevolmente – cosa importante per un testo particolarmente indirizzato a studenti delle scuole superiori (ma anche a chi voglia conoscere meglio un argomento tanto dibattuto quanto spesso mal conosciuto). I vari aspetti sono trattati senza sottili e (forse) inutili disquisizioni, con linearità ed attenzione. Sullo sfondo di tutta la trattazione sta il delicato tema della conciliazione tra “evoluzione” e “creazione”, che ancor oggi infiamma i dibattiti tra opposti schieramenti, con punte polemiche che quasi ricordano il “caso Galileo”.

L’essenzialità del testo porta ad affermazioni un po’ tranchant - qualche riga in più forse sarebbe stata utile, ad esempio sul fissismo come “teoria influenzata dalla visione aristotelica, la quale portava avanti la teoria creazionista, in linea con il Vecchio Testamento” (p.28): tra il greco Aristotele e la Bibbia ebraica non c’è un convincente trait d’union. Anche l’affermazione che “il determinismo illuminista ... ha permesso gli imponenti progressi scientifici del XVIII secolo” (p.61) andrebbe meglio circostanziata; e, ultimo esempio, è arduo affermare che Darwin “disegnò un mondo nuovo in cui non era necessario immaginare un Dio creatore e non era presente una finalità insita né un rigido determinismo” (p.63), quando lo stesso Darwin ammette la possibilità che il processo evolutivo evochi un che di misterioso e non si produca solo da se stesso, come le sue citazioni riportate in Prefazione testimoniano. Emerge comunque bene la posizione di Darwin, che non si propone di scegliere l’una o l’altra parte (non poi così avverse), ma di osservare come il passaggio dall’origine del cosmo a quella dell’uomo non sia solo o “meccanico” ed “improvviso” oppure “lento” e “adattivo”, ma sia un processo in atto, alla lunga capace di comporre un disegno che si potrebbe dire ‘sinfonico’.

Bisogna dire che a un testo condensato in 84 pagine non si può chiedere più che un’informazione generale capace di indurre ad approfondire gli spunti trattati; e va riconosciuto che anche gli argomenti più controversi sono presentati con linearità e consentono la necessaria comparazione tra le diverse posizioni, favorendo un approccio non preconcetto alle questioni in gioco a livello scientifico, antropologico, filosofico, sociale, religioso; in un percorso che invita a ragionare per farsi un giudizio sereno, che tenga conto di tutti i fattori in gioco e non solo delle posizioni più attuali o più sbandierate.

Gli autori, consapevoli che “fare una storia della Teoria dell’evoluzione, e dei suoi sviluppi nel tempo, non è cosa semplice” (come si legge nella loro Introduzione), si sono cimentati con l’arduo compito, offrendo ai lettori uno strumento agile e ben congegnato. Così ci hanno restituito una figura di Darwin non inedita, ma incastonata in modo appropriato nella storia, senza inutili dibattiti ideologici né facili generalizzazioni, in una visione chiara e abbastanza equilibrata. Un libro che è strumento di conoscenza, raro esempio di testo a carattere scientifico-divulgativo scorrevole e piacevole da leggere – quasi come uno dei bei libri di poesia cui la case editrice milanese ci ha da molto tempo abituato.

Marco Zelioli

 

 

Michele PetullÀ, Viola PetullÀ, Teorie evoluzionistiche in antropologia. Modelli e sviluppi, premessa di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 84, isbn 979-12-81351-01-1, mianoposta@gmail.com.

 

 

 

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#immaginieparole : Terra smossa

1 Giugno 2023 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #walter fest, #arte, #vignette e illustrazioni, #poesia, #poli patrizia

Immagine di Walter Fest

Immagine di Walter Fest

Terra smossa 

 

La terra si è mossa

Un buco nero di luce

Mi attrae

Costi quel che costi

Anni di compromessi

Di aggiustamenti

Di doveri autoimposti

Ossessivi

Camminando verso la luce

Mi sfinisco

Le contraddizioni sono la mia ricchezza

Vivere qui, ora, adesso

 

 

Immagine di Walter Fest, poesia di Patrizia Poli

 

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