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Giuseppe Benassi, "I veggenti"

15 Giugno 2019 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni, #pittura

 

 

 

 

I veggenti

Giuseppe Benassi

Pendragon, 2019-06-15

 

I veggenti di Giuseppe Benassi, revisione ampliata di Occhi senza pupille, è l’esempio di come una seconda stesura possa essere di molto superiore alla prima.

L’argomento ruota intorno agli stessi elementi, la storia si svolge fra Livorno, Parigi e Volterra, i ritratti senza pupille sono ancora quelli di Modigliani ma lo stile è migliore così come l’impalcatura del romanzo. Quelli di Benassi sono gialli tinti di esoterismo e di suggestioni culturali. Di Modigliani vengono messe in evidenza le simpatie alchemiche, le tre città sono viste nei loro aspetti più fascinosi: il mare di Livorno, i bassifondi intriganti e sordidi della ville lumiere, i sotterranei mistici ed esoterici dell’etrusca Volterra.

L’avvocato Borrani, il protagonista, con gli anni rimane sempre lo stesso cinico e antipatico, un individuo senza filtri che non fa sconti a nessuno, forse solo a se stesso quando, sorta di Dorian Gray, ammanta di estetismo le sue perversioni da vecchio debosciato, fingendo di usare il sesso come mezzo di conoscenza, di coniunctio oppositorum, di superamento delle dualità. Borrani ci mostra in modo implacabile e sprezzante cosa sarebbe il nostro cervello senza freni inibitori.

A riscattare questo romanzo dalla sua improbabilità c’è senz’altro l’ottima scrittura di Benassi, che mescola eleganza e volgarità, pezzi aulici - con qualche parola bella e desueta -  a cadute di stile. E c’è il profumo dell’arte, l'armonia dei quadri di Modigliani, la poesia della sua amante Achmatova e di Gabriele D’Annunzio. La cultura dà accesso a un mondo sotterraneo mistico e magico e a un sopramondo raffinato. Nel mezzo restano i protagonisti, il Borrani e la Messori, frivola e ciarliera lei, indisponente e cattivo lui. Nel mezzo restiamo, di fatto, tutti noi, con le nostre imperfezioni, le nostre bassezze e la nostra sgradevole umanità.

Come già detto, stride la commistione di alto e basso, di cultura e oscenità, di sublime e infimo. Borrani è un depravato ma anche un intellettuale, la Messori è una donnetta ma anche una studiosa. Gli occhi senza pupille, la metafora della cieca e del finto cieco, mostrano la realtà com’è e pure le correnti di significato sotterraneo che la animano. Pervade tutto il romanzo un senso della morte decadente o, addirittura, seicentesco.

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