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Walter Fest, "Il mio cane parla mentre gli artisti, against blinding"

15 Maggio 2019 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #walter fest, #recensioni

Disegno di Walter Fest

Disegno di Walter Fest

 

Il mio cane parla mentre gli artisti, against blinding

Walter Fest

 

 

 

Ci sono blog “letterari”, o piuttosto “blog di libri”, di solito gestiti da ragazze estroverse e romantiche, che vanno avanti a colpi di kilofollowers, soprattutto su Instagram. Hanno una grafica rosa, piena di cuori, fiori e palloncini. Si basano su giveaway e su blogtour. (Alcuni sono anche mal scritti ma questo è un altro discorso). Poi ci sono blog altisonanti, presenti sul mercato da anni, che hanno collaboratori preparati e competenti, vere e proprie riviste letterarie come quelle del 900, ma elitari all’eccesso, nel senso che scartano i libri di editori a pagamento e quelli autoprodotti. 

Noi no. Il mio blog collettivo, signoradeifiltri, è aperto dal 2012 ed è gradevolmente di nicchia, ha voci citate su Wikipedia, viaggia su una media di 6000 visitatori unici al mese e io li ringrazio uno per uno, li considero ognuno un piccolo miracolo. Non parliamo solo di libri ma, se ne parliamo, non facciamo distinzioni fra editori grandi, medi, piccoli, a pagamento, a doppio binario, a crowdfunding. Per noi, per me, un libro è un libro anche quando è autopubblicato, anche quando non c’è ancora, anche quando, come nel caso di Il mio cane parla mentre gli artisti, against blinding, di Walter Fest, è solo un manoscritto. Se un manoscritto non è un libro, allora non lo è nemmeno un ebook, dico io. 

Ho sempre sostenuto che non m’interessa chi stampa ma solo cosa c’è scritto nel testo. E non faccio sconti a nessuno. Molti pensano che a un cattivo editore non vada fatta pubblicità, io, invece, do una possibilità anche a lui, ma poi dico la verità: che i suoi libri sono impresentabili, che non ha fatto un briciolo di editing, che non ha corretto gli errori/orrori, che non è stato selettivo. E condivido sui social la recensione negativa. La voce circola e, se non sei scemo o masochista, a quell’editore non ti rivolgi. Fermo restando che avviso sempre chi ci invia il suo testo che lo leggeremo sicuramente ma altrettanto sicuramente divulgheremo la verità. Che, comunque, rimane sempre la nostra verità soggettiva, non il Vangelo.

Questo lungo preambolo per parlare del regalo prezioso e affettuoso di un amico e collaboratore. Perché non ho nessun problema a dire che recensisco anche i libri degli amici e, se qualcuno vuol chiamarla marchetta, faccia pure, io so di aver perso l’amicizia di molti proprio perché non ho peli sulla lingua.

Walter Festuccia, in arte Walter Fest, mi ha mandato come dono di Pasqua un quadretto dipinto a mano di un simpatico gatto baffuto e un manoscritto con una copertina anch’essa dipinta a mano.  Narra la storia di Eugenio Garibaldi, cento chili di stazza, non bello ma interessante, con i piedi che puzzano un po’. Un allegro pittore romano che gira in moto in compagnia della sua cagnetta Kelly, vivace e … parlante.    

Dal suo incontro pittorico con Kate, nasce l’idea di una collaborazione che porterà i due in giro per l’Europa, insieme con altri motard e artisti.

Questo libro parla di arte come la intende Fest, moderna e senza regole, dettata dall’impulso del momento, ma comunque con un suo innegabile significato. Come moderna e senza regole è la sua scrittura, caratterizzata da periodi con poche virgole e ancor meno punti, ricchi di subordinate, da leggere rigorosamente tutto d’un fiato. Dopo l’iniziale sbigottimento, chi si abitua ai pezzi di Fest vi ritrova un certo non so che di poetico. È il suo stile ed è la sua scelta, che io non condivido ma che è legittima.

Lui ed io ci siamo spesso scontrati sull’esigenza, da me sostenuta, di un maggiore editing ai suoi testi, per eliminare errori che lui dice voluti, fatti apposta per dare pressione alla lingua, come una specie di zampata leonina.

Non nasco scrittore, non sono un focoso lettore, eppure scrivo, scrivo come viene, libero da condizionamenti e, se questo può essere un limite, un limite, intendo dire, riguardante forma e schemi grammaticali, l'essere libero da condizionamenti per me significa scrivere immergendomi nel mio mare sconfinato di fantasia.

Ma io temo che questa volontarietà non venga recepita dal lettore e guasti il godimento dell’insieme.

E qui apro un’altra parentesi. Frequentando gruppi Facebook in cui si discute di libri e letteratura, m’imbatto sempre più in svarioni ortografici e grammaticali da far rizzare i capelli in testa. Poi mi viene in mente il discorso di un’universitaria aspirante scrittrice che, disse, non aveva voglia né tempo da perdere con lo studio della storia della letteratura, voleva passare direttamente all’atto della scrittura creativa. Come si fa a fondare un gruppo letterario se non si sa nemmeno la grammatica della scuola elementare? Come si fa a scrivere un romanzo senza aver letto, compreso e studiato i classici?

Ok, parentesi chiusa. Torniamo a questo manoscritto fatto dentro e fuori di pennellate di colore - lo stesso che chiazza sia la copertina che i jeans dei protagonisti -, fatto di giochi di luce e passi di danza. Il contesto è quello degli artisti pazzi, un po’ bohemienne, che bevono, vanno in moto, ballano, ridono e dipingono in compagnia. Ogni cosa è frutto di fantasia, ed è proprio la fantasia che, come ripete sempre Fest, tutto può e tutto crea. La vicenda si snoda in modo onirico e, a detta dell’autore stesso, demenziale, un po’ alla Jacovitti.  L’insieme è molto italiano, anzi, molto romano, mentre i personaggi si spostano da Parigi a Sabaudia in un’improbabile carrozza trasformata in sidecar.

I temi trattati, oltre all’arte, sono quelli del calcio amatoriale e della diversabilità. Uno dei personaggi, ispirato tra l’altro a Carlo Verdone, è non vedente. Le opere degli artisti del romanzo sono tattili, i non vedenti possono toccarle, anche il manoscritto di Fest, se mai vedrà la luce della pubblicazione, sarà scritto in braille.

“Quindi”, dice l’autore, “la morale di questo libro è raccontare una storia in chiave ironica e demenziale nella quale l'unione fa la forza, affermare che i cani sono i nostri migliori amici e che chiunque abbia un handicap deve essere considerato una persona normale.

E chi può dargli torto?

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