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L'estetismo di Oscar Wilde, prima parte

25 Febbraio 2013 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #saggi

L'estetismo di Oscar Wilde, prima parte

Oscar Wilde fece confusione fra vita e opera, tentando di gestire artisticamente la propria esistenza. Fu un personaggio molto in vista, l’esponente principale del Decadentismo inglese, come Baudelaire lo fu per la Francia e d’Annunzio per l’Italia; anzi, possiamo dire che Wilde fu l’estetismo inglese.

Con Decadentismo intendiamo un genere letterario e un atteggiamento che impregna di sé tutta la fine del secolo. Il termine fu usato per la prima volta da Verlaine, riferito alla pittura impressionista. In Inghilterra il romanticismo è messo in crisi dal compromesso vittoriano che si basa sulla grandezza inglese, sul filantropismo, sulla fiducia nella scienza. Gli ideali di uguaglianza e libertà sono accantonati, impera il romanzo di Dickens e Thackeray, incentrato sullo step up e sempre a lieto fine. La spina dorsale dell’Inghilterra economica è la classe mercantile che fa suo il moralismo calvinista e puritano. Il giudizio della società diventa più importante di quello divino, il sesso è un tabù. È promulgata una legge contro gli omosessuali maschi (non contro le femmine perché nessuno ha il coraggio di spiegare alla regina che esistono anche donne omosessuali) Wilde finirà in galera, a Reading Gaol proprio perché ammetterà di essere omosessuale. Wilde non si cura di nascondere le proprie tendenze, convinto della necessità di abbattere le convenzioni moralistiche in favore delle esperienze. Ostenta l’amicizia con il suo Basil, cioè Lord Alfred Douglas, la grande passione della sua vita. Il processo che deriverà da quest’amicizia, significherà la sua fine come scrittore e come uomo. È una tragedia della cui portata Wilde sarà consapevole fin dall’inizio e che sembra da lui quasi cercata. Al processo non si discolperà in nome della legittimità del suo essere gay. Pagherà di persona le proprie idee e darà l’ultima, definitiva, pennellata ad una vita artistica, non scevra, però, dal senso di colpa, che si ritrova in tutti i poeti decadenti, compreso d’Annunzio.

Poiché, dunque, tutti gli ideali romantici sono in crisi, si tenta di sostituire a essi le sensazioni, nasce così l’estetismo. Le sensazioni non sono più intese come la parte più bassa dell’uomo ma sono rivalutate in una prospettiva gnoseologica come forma di conoscenza. Il decadentismo inglese è una nuova fiammata romantica che brucia di sensazioni. Wilde, nato nel 1854, è culturalmente anglo-irlandese, influenzato dalla cultura dublinese della metà dell’Ottocento, dai movimenti estetizzanti di Oxford e dalla Francia. In lui manca completamente la componente puritana, il suo approccio alla vita è nel senso del godimento.

Wilde fa passare in secondo piano pittori e poeti importanti come i Preraffaelliti, Ruskin, Pater, Swinburne, con i quali l’estetismo ha una vita più sotterranea, mentre lui lo pubblicizza e porta nei salotti, dove fa presa con la sua vita, la conversazione, gli atteggiamenti. Ma tutti gli artisti suoi contemporanei entrano nella sua cerchia e lo influenzano. Morris incarna un estetismo pratico che vorrebbe cambiare la vita e legarla all’arte. Ruskin propugna il ritorno alla bellezza individuale, ai modelli ellenici, al gotico nordico. Pater vuole la liberazione dal cristianesimo, che impedisce all’uomo di godere sensualmente della vita terrena. Egli tende “all’arte per l’arte”, intesa come ricerca estetica e non più spirituale. Dante Gabriel Rossetti auspica il ripristino della pittura preraffaellita, essenziale e non di maniera. In realtà il suo tratto sarà botticelliano, languido, raffinato, di un sensualismo torbido e malinconico che riflette la spossatezza, il disagio, la mancanza d’ideali dell’epoca. L’amore stilnovistico è sensualizzato e la Beatrice di Rossetti ha proprio quel misto d’innocenza e perversità che tanto piace a Wilde. Swinburne è il maggiore poeta del decadentismo inglese, ripropone il ritorno alla paganità, alla pienezza della vita goduta e vissuta in tutte le sue esperienze.

Caratteristica delle prime opere di Wilde è l’ammirazione decadente del rinascimento e di Shakespeare, cui s’ispirano le sue prime poesie.

O listen ere the searching sun

Show to the world my sin and shame

(San Miniato)

To drift with every passion till my soul

Is a stringed lute on which all winds can play

(Helas!)

Requiescat, scritta in memoria di una sorellina morta a sedici anni, è una tipica espressione preraffaellita, con qualcosa di gotico.

Tread lightly, she is near

Under the snow

Speak gently, she can hear

The daisies grow

All her bright golden hair

Tarnished with rust,

She that was young and fair

Fallen to dust.

Lily-like, white as snow,

She hardly knew

She was a woman, so

Sweetly she grew.

Coffin board, heavy stone,

Lie on her breast,

I vex my heart alone,

She is at rest.

Peace, peace, she cannot hear

Lyre or sonnet,

All my life buried here,

Heap earth upon it.

Il giglio è ambiguo, è un fiore innocente ma dal profumo intenso, diventa qui simbolo di sessualità, come il “gelsomino notturno” del Pascoli. Nella poesia Madonna mia, dove ritroviamo l’immagine del giglio (come anche in Ave Maria Gratia Plena) abbiamo un chiaro esempio di stilnovismo preraffaellita.

And longing eyes half veiled by slumberous tears

Like bluest waters seen through mists of rain [...]

And white Throat, whiter than the silvered dove,

Through whose wan marble creeps one purple vein.

In Ave Maria Gratia Plena l’immagine della Madonna inginocchiata, “a kneeling girl with passionless pale face” ci rimanda a un concetto estetico, grazioso, della religione. Tutta la scena è senza passione, un atto di pura bellezza. Wilde tende a confondere l’etica con l’estetica e la Chiesa cattolica attira l’estetismo inglese perché fa appello ai sensi, fra paramenti, icone, inni e snervanti odori d’incenso.

Si richiama a Shelley, a D’Annunzio e ai quadri di Whistler, il quadretto in giallo In the gold room, con immagini impressioniste e corrispondenza fra suoni e colori.

Her ivory hands on the ivory keys

Strayed in a fitful fantasy,

Like the silver gleam when the poplar trees

Rustle their pale leaves listlessly,

Or the drifting foam of a restless sea

When the waves show their teeth in the flying breeze

Her gold hair fell on the wall of gold

Like the delicate gossamer tangles spun

On the burnished disk of the marigold

Or the sunflower turning to meet the sun

When the gloom of the jealous night is done

And the spear of the lily is aureoled.

And her sweet red lips on these lips of mine

Burned like the ruby fire set

In the swinging lamp of a crimson shrine,

Or the bleeding wounds of the pomegranate,

Or the heart of the lotus drenched and wet

With the spilt out blood of the rose-red wine.

Anche in Le Panneau c’è una descrizione, appunto, da pannello decorativo:

Under the rose tree’s dancing shade

There stands a little ivory girl,

Pulling the leaves of pink and pearl

With pale green nails of polished jade.

Con The harlots house, del 1885, Wilde supera il mero decorativismo dei suoi inizi, convogliando un messaggio di disgusto e stanchezza per la “deboscery”:

Love passed into the house of lust.

Lo fa con parole come harlot, cigarette e automatons, che sono nuove per la poesia dell’epoca. La sarabanda di automi ci ricorda Mary Shelley, Poe e Baudelaire. Molto più riuscita e malinconica è To L.L., dedicata alla moglie e al senso di colpa che aleggia nell’animo del poeta dopo la fine della famiglia e dell’amore. Non è più lo stile preraffaellita a saturare la poesia di odori e colori, bensì un’atmosfera triste e crepuscolare, che ci ricorda La pioggia nel pineto di d’Annunzio.

Could we dig up this long-buried treasure,

Were it worth the pleasure,

We never could learn love's song,

We are parted too long.

Could the passionate past that is fled

Call back its dead,

Could we live it all over again,

Were it worth the pain!

I remember we used to meet

By an ivied seat,And you warbled each pretty word

With the air of a bird;

And your voice had a quaver in it,

Just like a linnet,

And shook, as the blackbird's throat

With its last big note;

And your eyes, they were green and grey

Like an April day,

But lit into amethyst

When I stooped and kissed;

And your mouth, it would never smile

For a long, long while,

Then it rippled all over with laughter

Five minutes after.

You were always afraid of a shower,

Just like a flower:

I remember you started and ran

When the rain began.

I remember I never could catch you,

For no one could match you,

You had wonderful, luminous, fleet,

Little wings to your feet.

I remember your hair - did I tie it?

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