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Luca Murano, "I vestiti che non metti più"

19 Novembre 2021 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #poli patrizia, #recensioni

 

 

I vestiti che non metti più

Luca Murano

 

Edizioni Dialoghi, 2021

pp 127

14,00

 

Rispetto al precedente Pasta fatta in casa, quest’ultima raccolta di Luca Murano mostra un’ulteriore maturazione. Murano scrive molto bene e i racconti de I vestiti che non metti più - dall’apparenza semplice e dall’ironia persino troppo insistita - procurano al lettore una sottile angoscia. Come se lui avesse l'audacia di dire quello che spesso anche noi pensiamo, di guardare al mondo con la nauseata disapprovazione che anche noi vorremmo esprimere senza riuscirci.

È come entrare nella mente del protagonista del film Un giorno di ordinaria follia di Joel Schumacher. Quante volte la realtà ci appare segretamente distorta, spaventosa, deformata? Ma non lo diciamo a nessuno. Quante volte vediamo cose che non ci sono per gli altri ma per noi esistono (come un gatto nel frigorifero)? Quante volte vorremmo sparare sulla folla dalla rabbia che coviamo e, invece, continuiamo imperterriti a sorridere?

Molto si basa sul coraggio, o meglio sul mancato coraggio. Quel gesto che ci salverebbe agli occhi del mondo, e più ancora ai nostri stessi occhi, e che non abbiamo la dignità di fare, perché esporsi è pericoloso, perché siamo piccoli, umani e vigliacchi come il veterinario davanti al cinghiale scongelato per un finto incidente, lo stesso veterinario che non ha mai avuto il coraggio di vivere senza inibizioni la propria omosessualità.

Vorremmo sganciarci, fuggire all’altro capo del mondo, ribaltare tutta la nostra esistenza, invece ci limitiamo a gettare un Estathè nel cestino o a sputare nel piatto di un avventore – così come il protagonista de La Carriola di Pirandello solleva le zampe della cagnetta - e quello rimarrà l’unico, invisibile, incomprensibile gesto rivoluzionario della nostra vita.

Comune denominatore una totale malinconia, un bisogno di riscatto e di speranza, una vaga nausea di esistere, così come siamo, pur nella bellezza del mondo. E i piccoli gesti, i piccoli innocui particolari di tutti i giorni, come aprire il frigo o preparare una torta di mele, si deformano fino a ad acquisire valenza onirica e perturbante.

I protagonisti, spesso alle soglie della mezza età, si guardano indietro e fanno un bilancio, chiedono a se stessi che senso ha avuto arrivare fino a lì, che cosa hanno concluso nella vita e che cosa rimarrebbe di loro se dovessero perire in quel momento. A salvarli, forse è un vago riconoscimento della bellezza della vita a prescindere, e dell’amore, sentimento salvifico, e anche la comprensione che tutto ciò che hanno vissuto, e ambìto in modo ormai velleitario, fa parte di loro, nel bene e nel male, e da lì non possono che ripartire, per andare comunque avanti.

In questa raccolta ci sono novelle surreali ma anche alcune più tradizionali ed elegiache, come Il mio sottosopra, che forse sono l’elaborazione in forma narrativa di una pagina di diario, di un appunto o di un ricordo. Tutte indistintamente sono molto moderne e calate nell’attimo presente – cosa che, temo, potrebbe renderle meno fruibili in futuro. Le similitudini sono tratte dal vivere comune, da ambiti non letterari bensì cinematografici, televisivi e internettiani.

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