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Tangueri o tangheri?

6 Agosto 2014 , Scritto da Mari Nerocumi Con tag #mari nerocumi, #erotismo

Tangueri o tangheri?

Sono sempre stata affascinata dal tango e dalla filosofia che c’è dietro, ma più ancora dai colori e dalle note dalla musica argentina che è spirito di popolo prima che melodia. Oh, tango, suonatore di corde così profondamente nascoste nell’anima nostra che nemmeno sospettavamo ci appartenessero!

Le implicazioni, i rimandi sessuali che pervadono la danza, tutte le danze, nel tango trovano un’espressione voluttuosa, esibita in modo compiaciuto, ma al tempo stesso naturale. Forza, audacia, passionalità, capacità di evocare: al solo guardare una coppia che balla un tango la sensualità che ronfa in fondo ai nostri corpi viene fuori pure se ormai anni di routine familiare ci hanno ridotte con l’appeal di Wilma degli Antenati e da lì … vai col tango delle fantasie erotiche represse.

Poi, recentemente ho letto un articolo che magnificava le virtù taumaturgiche del tango per la vita di coppia. In pratica, si diceva, i nostri maschietti, ormai in crisi cronica nella relazione con le pollastre moderne, avrebbero potuto riscoprire la loro virilità e riappropriarsi del loro ruolo di “maschio” nella coppia attraverso il tango.

Il concetto, più o meno, era che l’uomo, se non sente di guidare la sua donna, va in crisi e questo varrebbe fuori, ma ancor di più dentro al letto.

Ora, la regola nel tango è una sola e bella chiara: lui guida e lei si fa condurre.

Dunque, attraverso il gioco della danza, le coppie avrebbero riscoperto la bellezza e la forza aggregante dell’accettazione dei ruoli tradizionali.

Al tempo stesso il tango riaccenderebbe la passione, attraverso la stimolazione di tutti e cinque i sensi, principalmente del tatto e dell’udito.

Inoltre la milonga sarebbe il luogo dove attizzare profonde gelosie, anch’esse, naturalmente, terapeutiche. Anche il maschietto più freddino, infatti, vedendo la sua lei tra le braccia di un altro tanguero, sicuramente si sentirebbe ribollire il sangue … e a giusta ragione! Fra due tangueri si crea un legame che va oltre la semplice complicità: è un ballo in cui l’amore pulsa e travolge (corpi avvinghiati e abbracci possenti, gambe irretite in copioni di attacchi e di prese, tutta la voluttà di un corteggiamento fisico perpetuo). I ballerini sono praticamente incollati, occhi negli occhi, l’attrazione, anche la più flebile, subisce un’impennata febbrile … per i maschietti non lo so… ma per noi donne sicuramente meglio di un film porno!

La mitologia costruita intorno a questo ballo, il mio pregiudizio positivo, l’articolo … insomma ho deciso di iscrivermi a un corso di tango che, se non ricordo male, nella vita serve sempre.

Inizialmente ho cercato di convincere mio marito a seguirmi, ma lui balla solo ai matrimoni, solo dopo il quarto calice, e solo, ve l’assicuro, per mettermi in imbarazzo: in sintesi mi ha decisamente rimbalzato e io gliela farò pagare, ma questa è un’altra storia.

E qui veniamo all’utilità sociale di questo post che oggi si concretizza in un ammonimento per le pollastre che intendono iscriversi a un corso di tango…. da sole.

Avete presente Richard Gere e Jennifer Lopez in Shall we dance? Ecco scordateveli…

O meglio, voi, se avete proprio deciso che è ora di volervi davvero bene, che ogni posteriore è bello a’ mamma sua e che lo stronzo rimasto a casa dovrà pentirsene amaramente, potete certamente sentirvi bona e tosta come Jennyfromtheblock, ma Richard, anche con tutta la buona volontà e lo sforzo d’immaginazione, quello proprio non lo troverete …

Sì, signore, state sicure che a questi corsi di tango i maschietti, single o meno, che incontrerete, nel 90% dei casi, o sono totalmente impediti nei movimenti o famelici mutanti che stanno sviluppando le caratteristiche della piovra umana…

E dire che io tutte queste aspettative sui miei partner di ballo nemmeno ce le avevo… sì, mi sono iscritta che sembravo Baby di Dirty dancing e non è che non me ne fregasse dello scopo terapeutico all’interno della coppia, ma soprattutto avevo voluto provare perché già mi vedevo con i capelli tirati in un chignon, la gonna attillata al ginocchio e lo stacchetto spinto che mi faceva figa. Era più la mia immagine di donna, ai miei stessi occhi, che voleva trarne beneficio. Se poi fosse stato anche un tipo non male a condurmi nelle trame del tango, tanto di guadagnato per le mie fantasie erotiche… no?

Dunque, durante le prime due lezioni ho ballato con dei tizi che erano mariti meno riottosi del mio ivi trascinati da mogli più imperative di me (all’inizio tutti devono ballare con tutti …). Stavo tra le loro braccia e i miei piedi sotto le suole delle loro scarpe. Unica eccezione un anziano signore, più prossimo ai settanta che ai sessanta, ballerino tecnicamente inappuntabile, ma talmente concentrato su sé stesso e sulla perfezione dei suoi movimenti da rasentare … l’onanismo coreutico!

Poi, la terza sera mi becco lui: questo tizio, piacione, più prossimo ai sessanta che ai cinquanta, ma che doveva sentirsi come uno di quaranta col “vigore” di uno di trenta… lui che forse aveva letto, e liberamente interpretato, la poesia di Borges intitolata “El tango”:

Sebbene la spada ostile, o quell’altra spada
Le ha perdute il tempo nel fango,
Oggi, al di là del tempo e della fatale
morte, questi morti vivon
o nel tango.

Lui … il tànghero che, con la sua “spada” ostile, ha messo fine alla mia breve vita di tanguera.

Eh sì, care pollastre, ho dovuto troppo presto appendere i tacchi al chiodo… e non perché la mia fantasia di femme fatale si fosse esaurita… (quella c’è sempre) ma perché, alla terza lezione, mi sono detta: “e passi per le pestate di piedi sulle scarpine da tango comprate per l’occasione (si possono sempre pulire, ma che mal di piedi…), passi per la mano tenuta un po’ più in basso del fianco (puntualmente tirata su, ma tanto avrei preferito tirare qualche cazzotto a qualcuno), passi per le cadute per mancanza di prese convinte (pure la capoccia ho battuto una volta … che dolore!!!), passi per gli sguardi di sufficienza da parte di tanguere più esperte (‘ste stronze …)”, alla terza lezione, proprio quando l’anatroccolo pensava di poter diventare finalmente un cigno… mi sono detta: “ … e no eh! L’appoggio sulla gamba, incrociata per il passo appena imparato, del “membro”, caldo e barzotto, di un improvvisato John Travolta preso dalla febbre sabato sera … NO!!!”

Quindi, mi sono sorbita la ramanzina dall’insegnante che mi ha imputato di essere troppo rigida (a me!), ho concluso la lezione sforzandomi di pensare al prossimo pranzo di Natale, dopodiché ho raccolto mestamente le mie cose, senza lasciarmi dietro neppure una scarpetta e sono andata via per mai più tornare.

Mio marito mi guarda tra il compiaciuto (stile: “lo sapevo che durava poco”) e il curioso (“come mai non mi racconta niente? Che sarà successo?”).

Per un po’ lo lascio ad arrovellarsi, così impara a mandarmi sola … solo per un po’, però, perché ho bisogno di consolazione. Meglio.… di un certo tipo di consolazione … ho bisogno di sentirmi donna (ruoli o non ruoli chissenefrega …) e di sentirmi felice.

Felice … felice … come faceva quella canzone?

Potremmo essere felici, fare un mucchio di peccati …”

Allora gli racconto l’altra storia (nella mia testa)… quella del bel tenebroso alto e figo che quando ballavamo mi stringeva forte forte forte.

Com’era il discorso della gelosia…?

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