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signoradeifiltri.blog (not only book reviews)

La giornata mondiale dell'ansia sociale

17 Gennaio 2020 , Scritto da John Anxious Con tag #john anxious, #psicologia, #eventi

 

 

 

 

Cari lettori di signoradeifiltri.blog, il 1 febbraio si terrà la giornata mondiale dell'ansia sociale (o fobia sociale). Colpisce quindici milioni di americani e il 7% della popolazione. Chi ne è affetto teme il giudizio altrui, stesso motivo per cui scrivo con uno pseudonimo. Ogni sociofobico è diverso. C'è chi non riesce a mangiare in pubblico, chi ha paura di essere visto.  Da Wikipedia: "La fobia sociale, detta anche socio fobia, o disturbo di ansia sociale, è la paura intensa e pervasiva di trovarsi in una particolare situazione sociale, o di eseguire un tipo di prestazione, che non sia, a chi ne è affetto, familiare, e da cui possa derivare la possibilità di subire un giudizio altrui".

Dell'iniziativa hanno parlato in una trasmissione televisiva su Rock tv.

Preferisco rimanere anonimo, in quanto non si può essere macchiati agli occhi dell'opinione pubblica con l'etichetta di "sociofobico" o "socialmente ansioso". Confido nella vostra comprensione e attenzione al sociale. Vi ringrazio veramente vivamente (non si tratta di un errore di scrittura).

 

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Frank Iodice, "Nel coro dei cani sporchi"

16 Gennaio 2020 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #poesia

 

 

 

 

Frank Iodice

Nel coro dei cani sporchi

Eretica Edizioni –pag. 70 – Euro 13

 

Frank Iodice è un autore di cui vado orgoglioso, uscito dalla fucina inesauribile del Foglio Letterario, capace di spaziare dal romanzo storico (Matroneum) alla narrativa pura (Un perfetto idiota), che di recente è uscito con I disinnamorati  e con questa raccolta di poesie di pregevole fattura. Lascio alle sue parole il commento: “La poesia può liberarci dalle moderne forme di schiavitù? Lo spero. Anche se è difficile riconoscerla, capire quando arriva. Héctor Murena diceva che la poesia arriva quando restiamo nell’inesauribile compagnia della solitudine. Per fare poesia occorre vivere, occorrono sangue e lacrime. Scrivere poesie vuol dire far rivivere nel tuo stomaco ciò che io stesso ho vissuto nel mio, più forte e più lentamente. Cantarti l’infinita bellezza del mondo, ma anche la desolante nullità dell’uomo. Io ci ho provato ma non credo di esserci ancora riuscito. E in fondo ne sono felice”. Ricordo che oltre diecimila copie del suo Breve dialogo sulla felicità sono state distribuite gratuitamente nelle scuole italiane, francesi e statunitensi. Il suo sito è www.frankiodice.it.

Inutile recensire e commentare la poesia. Meglio leggerla. Ecco due suggestive liriche tratte da un’opera intensa che spazia da tematiche amorose fino al ricordo nostalgico della terra natia, nel solco della tradizione poetica novecentesca.

 

XXXVI

 

Restiamo su questa spiaggia

bambina mia

perché la musica che senti non è vera

ogni sera nei tunnel del metrò, a Parigi

contro i grigi muri di piastrelle rotte

suonano veri musicisti

 

ma questi, questi perfetti esseri umani

che si scattano foto da soli

e i soli e le lune che li hanno cresciuti

senza madri e senza padri

quadri bagnati di latte e pianti

quanti crederanno a ciò che vedo mentre ti parlo

e ti tengo per mano

ora che lontano dalla nebbia che ci confonde

ora che soltanto l’amore ti ha resa infinita

e sei arrossita per lo sforzo di guardare la luce

mi canta una vocina piccola in fondo alla pancia:

 

la lancia dei pirati laggiù, nel mare

le pere con lo zucchero nel bicchiere

le vere passeggiate lungo le selve

le vecchie feroci di notte e le botte del vicino

cattivo, quando fuggivo con il pallone

il burrone, il confine tra il vero e il finto

che ho spinto sempre più in là

 

ci sarà tutto per te

amore mio

finché avremo una penna per raccontarlo

mentre parlo e te lo dico

e il fico

così morbido che si scioglie nelle mani

fatto di strani puntini che non puoi contare

neanche con la scienza che tutto ha deciso

persino il pianto ed il sorriso

non c’è umanità fuori da questo fico

 

te lo dico, mentre lo beviamo in silenzio

come assenzio ghiacciato del secolo scorso

il morso della lumaca che accarezza e non fa male

quale sarà la tua sorpresa quando il mondo

resterà fermo per un secondo?

la gente si amerà ancora, guarderà il mare

senza sembrare stupidi idealisti

e quel fico che apristi, da bambina

con il tuo papà

chissà che sapore avrà

 

XXI

 

Napoli

che negli anni di esodo

mi resti dentro come il nome, inciso nella vista

 

l’orizzonte che odora di pesce, che cresce

e mi fa sentire così lontano

l’aeroplano, la nave che sbuffa, sotto nuvole di migranti

i canti, che nella lingua vivono ancora

l’aurora, la poesia, la mia strada franata

la giornata vissuta nel tuo ricordo, tra le tue strade

e cade quello che avevo nella mia testa

questa voglia di vivere ancora, di andare

il mare, la mia casa, lontana

la vita insana e dissoluta, la solitudine finita

prima del vento, e in un momento

è poco quello che io sento

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Cestini di parmigiano

15 Gennaio 2020 , Scritto da Nicole Con tag #nicole, #ricette

 

 

 

 

Riecco a voi la vostra Nicole, sempre irriducibilmente single. Oggi vi propongo i cestini di parmigiano per antipasti o secondi.

Prendiamo del parmigiano gattugiato già pronto (o fatto da noi), riscaldiamo per pochi minuti una padellina antiaderente, versiamo due cucchiai di parmigiano e stendiamo per bene. Aspettiamo uno o due minuti, il tempo che si formi una crosticina e togliamo dal fuoco con una forchetta. Adagiamo su un bicchiere capovolto e diamo la forma di un cestino. Lasciamo riposare 10 minuti ed ecco pronti i cestini da guarnire come più piace: salmone, funghi o formaggio. La fantasia parte!

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Inchiostro sprecato

14 Gennaio 2020 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni

 

 

 

Inchiostro sprecato è un’idea di letteratura punk che ricorda i Millelire di Stampa Alternativa, edita da TPIC EDITIONS Autoproduzioni di Campobasso (tpicrecords.blogspot.com – markoskapunk@hotmail.it). Anima del progetto è Paolo Merenda, autore per Il Foglio Letterario di Frutta fresca per verdure marce, Qualcosa cambia e Prontuario dell’aspirante musicista underground, per tacere de Il magico videogame sotto le mentite spoglie di Paul Snack.

Tascabilini in carta patinata che raccolgono racconti rapidi e trasgressivi, dai titoli improbabili come Okkupazione (scritto proprio da Merenda) e Le barbare d’urso hanno gli occhi. Il secondo racconto è di Vincenzo Trama, altra nostra vecchia conoscenza, prolifico autore di narrativa breve, scritta con uno stile rapido ed essenziale, molto ironico e ricco di citazioni musicali e letterarie. Il progetto di letteratura punk vede tra i titoli pubblicati anche Mario Bianchi con gli spassosi racconti di Bullet Bar, Carlo Cannella con Antologia dei vivi, Mauro Codeluppi con La pantera di New York, Antonio Baciocchi & Aldone Santarelli con Want You. Le pagine variano da 16 a 24, non sono molte ma è tutta roba buona, che merita di essere letta, selezionata con cura tra le migliori penne della scena underground italiana. (Gordiano Lupi)

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Intervista all'artista: GUSTAV KLIMT

13 Gennaio 2020 , Scritto da Walter Fest Con tag #walter fest, #arte, #pittura, #le interviste pazze di walter fest

 

 

 
 
 
Amici lettori della signoradeifiltri, il blog che ha aperto questo 2020 con nuove pagine di cultura quotidiana, per il piacere di strapparvi sorrisi e consensi, sono di nuovo con voi per parlarvi d’arte, oggi avremo nostro ospite un grande artista che ho intervistato a bordo della mia fuoriserie preferita, ecco la cronaca registrata in diretta dell’incontro.
Sono a bordo della mia 500 e ho appuntamento con l’artista Gustav Klimt, la macchina del caffè è pronta (per chi non lo ricordasse questa 500 è dotata di una vera moka pronta all'uso) mi dispiace per voi, le attuali automobiline futuriste ne sono sprovviste, avete in compenso una moltitudine di pulsantini, sensori, marchingegni elettronici, vocine parlanti. Queste nuove invenzioni possono anche guidarsi da sole senza toccare il volante, che possiamo farci, questi sono tempi moderni. Ma ecco, lo vedo arrivare, è lui, l’artista viennese, non è piccolo di statura, speriamo entri nell'abitacolo senza problemi, per l’occasione e per rendere onore al nostro ospite ho cambiato colore alla carrozzeria, che ora è per metà verde e per l’altra metà color oro.
 
- Buongiorno signor Klimt, è un piacere incontrarla.
 
- Walter, saltiamo i convenevoli e diamoci del “tu”.
 
- Ah, molto bene, la ringrazio.
 
- Walter, ti dispiace se apriamo il tettino? Sai, mi sento un po’ stretto.
 
- Certamente.
 
Clack… Con un semplice gesto della mano apriamo il tettino e una folata di vento spettina l’artista che, ridendo, ammira sopra la sua testa il cielo blu.
Gustav Klimt, per volere del destino, è nato in una casa dove l’arte era il linguaggio primario, una famiglia di artisti legati fra loro oltre che dall’affetto famigliare anche dall’amore per l’arte, che era il loro scopo di vita, il loro motivo per alzarsi la mattina dal letto pensando a nuove forme decorative, con la colonna sonora fatta di note musicali. Tutto questo e nulla più importava a questa famiglia, finché il fato non arriva a rompere i colori sulla tavolozza della vita, perché Klimt, in un momento costruttivo della sua esistenza, perderà, nel giro di pochi mesi, il padre e un fratello, e, per lui che amava con fervida passione la vita, questi due lutti lo segneranno nel profondo.
 
- Maestro…
 
-E’ meglio che mi chiami Gustav.
 
 'Azzo! Mi mette quasi timore, mica è Pollock!
 
- Gustav, ce lo prendiamo un caffè?
 
- Adesso mi piaci! Vedi, “la vita è bella” è un affermazione quasi banale, ovvia, io ho avuto la fortuna di nascere artista, chi meglio di un artista può rappresentare questa cazzo di esistenza?
 
Amici lettori… ha detto proprio così…
 
- Chi può dare una immagine concreta della vita? Chi può farlo? Forse quel tizio che guida l’autobus? Quel vigile urbano? Quello studente in bicicletta che consegna pranzi a domicilio? Vedi, intorno a te, quante immagini umane ma anche quanta automazione c’è? Siamo circondati e stiamo per essere sopraffatti dalla tecnologia!
 
- In effetti è il prezzo da pagare al progresso.
 
- Eh già, begli stronzi che siete! E allora il lavoro dell’artista non è servito a nulla? Ogni artista che si è succeduto ha lottato contro l’appiattimento, la barbarie umanoide, le consuetudini classicheggianti. Ogni nuovo movimento artistico ha rivoluzionato il vecchio stato delle cose. Un nuovo progresso, se così volete chiamarlo, inteso a far prevalere l’essere umano fatto di cuore, testa e cervello, un'umanità diretta a saper vivere oltre l’egoismo.
 
- Egoismo?
 
- Sì, gli esseri umani sono stati, in tutte le epoche, assolutamente e inconcepibilmente egoisti, e l’arte, quindi l'amore per la vita, è sempre stata un baluardo contro il lato peggiore dell’umanità e, per fortuna, essendo l’arte parte intrinseca dell’esistenza, pertanto, non morirà mai.
 
- Gustav, allora che possiamo fare?
 
- Una cosa molto facile, amare la vita, un concetto semplice. Vedi ragazzo, è un po’ come questa tua automobile, questa 500 è piccola ma bella ed è un piacere fare questa passeggiata.
 
- Gustav, prenda il caffè.
 
- Ah! Già! E’ tutta colpa tua che mi fai incazzare! Però! Bono sto caffè!
 
 Dice proprio così….
 
- Mi piace l’Italia, un paese così ricco, un paese che dovrebbe essere una forza trainante per tutto il resto del mondo.
 
- Grazie Gustav.
 
- Vuoi scommettere che stai per chiedermi di parlare di una mia opera?
 
- Possiamo?
 
- Parliamo del bacio?
 
- Mi hai letto nel pensiero?
 
- Mortacci vostra, grazie al mio bacio, chi sa quanta gente ha fatto XXXXX!
 
 Dice ancora ed espressamente così.
 
- Nella mia opera, hai notato che ci sono al centro, su una linea verticale, due masse rosse che staccano cromaticamente dagli altri colori?
 
- Sì.
 
- Sono di forma circolare, tutto ruota su di esse, sono il segno positivo e negativo, l’off e l’on, i poli estremi dai quali si accende il dinamismo universale, sono della stessa tonalità della bocca della donna, dalla quale nasce la vita, un bacio, l’amore, l’amore per la stessa vita che ci regala emozioni ogni giorno, tutto deve ruotare intorno all’amore. Puoi girare, capovolgere, travalicare, stressarti di azioni, eppure, se vuoi sentirti vivo e felice di esistere, devi amare.
 
- Possiamo essere ottimisti?
 
- Dovete esserlo, ma state lontani, se potete, dalla disumanità… Posso avere altro caffè?
 
Riaccompagno Gustav Klimt nell’aerospazio della fantasia. Se vi è sembrato un po’ burbero posso tranquillizzarvi, nella realtà è stato un artista che per il suo temperamento ha fortemente amato la vita e gli siamo grati per averci lasciato una grande testimonianza.
 
Amici lettori, ci rivediamo presto per una nuova intervista, e amate anche voi la vita come se fosse un'opera d’arte.
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La lune avec les dents (1967) Regia di Michel Soutter

12 Gennaio 2020 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #cinema, #recensioni

 

 

 

 

La lune avec les dents, si potrebbe tradurre in “Prendi la luna con i denti”, un’espressione risalente al XVI secolo. Fu usata da Rabelais in Pantagruel nel 1532. Il titolo, fortemente metaforico e per certi aspetti anche ironico, indica come la Luna sembri molto vicina alla Terra, al punto che alcuni pensano di raggiungerla facilmente, ma non è così. Il satellite diventa il simbolo dell'infattibile. Nella recensione in corso si avrà modo di comprendere come la titolazione sia da ritenersi perfetta. Si rifà al fotogramma o comunque fermo immagine di William Tudor, interpretato da un espressivo William Wissmer. Secondo fonti web, è l’unico film interpretato dall’attore. Strano ma vero.

È la prima volta che visiono una pellicola svizzera, precisamente in lingua francese. Avendo letto interessanti articoli sul cineasta Michel Soutter, ho avuto la curiosità di recuperare il suo film d’esordio datato 1967, un film che inaugura il Nuovo Cinema Svizzero che, via via, andrà a soppiantare la non molto interessante cinematografia elvetica, peraltro stereotipata con le onnipresenti mucche, Alpi e qualsivoglia.

Il film è stato girato tramite un'unica telecamera, in un nichilistico black & white, con del minimalismo tipico d’autore, tant’è che, per sganciare autenticità, il lungometraggio è interamente realizzato con audio in presa diretta. La lune avec les dents non presenta una sceneggiatura chiara, anzi, è possibile notare frequenti improvvisazioni degli attori, che siano dilettanti o professionisti.

William è un trentenne insoddisfatto che vive ai margini della società. Non ha un lavoro stabile, si dichiara politicamente impegnato, fungendo da anarchico fai da te, e ha una propria politica liberale sull’esistenza, in perenne conflitto con la società, con l’attempato e professionalmente avviato padre e anche con se stesso. Si sente appagato solo quando legge libri, molti sicuramente rubati (nella sequenza del mercatino non si fa troppi scrupoli nel prenderne uno senza pagarlo) per non parlare di quello sgraffignare cibo e bevande al solito supermercato.

William incontra Noëlle, un'attraente ragazza che rende il protagonista incuriosito dalla sua genuinità. Allo stesso tempo lui non tradisce il suo essere amante della solitudine, mostrandosi in più occasioni non proprio un galantuomo. Un poliziotto, o detective, di nome Vogel, che da tempo pedina William per via dei continui furti perpetrati da quest’ultimo al supermercato, ad un certo punto decide di contrastarlo e, cosa molto importante, si mette in mezzo alla relazione tra i due ragazzi, cercando in maniera insistente di sedurre Noëlle.

Vogel, fondamentalmente, diventa il protagonista dell’ultimo quarto d’ora del lungometraggio, la telecamera infatti si focalizza proprio su di lui. Chiaramente è un uomo che desidera essere compreso e amato. Alla fine del film, William, Noëlle e Vogel ritornano alla loro grigia vita di sempre, non prima di una specie di rocambolesco confronto.

Il film globalmente si orienta verso il rappresentare storie di uomini e donne che a nessun altro regista verrebbe in mente di prendere in considerazione, praticamente risultano privi di ogni attrattiva, personaggi che potrei associare a Umiliati e offesi di Fëdor Dostoevskij. I tre protagonisti non dispongono di una vera e propria identità, infatti si aggirano come cani bastonati in un mondo freddo, ostile e pieno di tristezza e solitudine, in una spettrale Ginevra che non li considera proprio.

William Tudor, nel bene e nel male, si trova a suo agio e si crea, a mio avviso, una specie di paradosso.

Con delle venature tra il documentario e il cinema indipendente, il regista svizzero eccelle nel creare un cinema lento ma al contempo vibrante, pieno di zoom rapidi e scatti manuali dinamici (vedi l’incontro tra William e il padre, inquadrature piuttosto intelligenti e riuscitissime con un veloce alternarsi destra/sinistra), per non parlare dei dialoghi che spesso si alternano tra citazioni esplicite e quel non so che di monologo.

Non è un film da gustarsi davanti ad una bella cioccolata (dato che si parla di Svizzera ci sta, dai) semmai è ideale un caffè amaro, amaro come il film.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

        

 

 

 

 

 

 

 

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Giacomo

11 Gennaio 2020 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

 

 

 

«Sei orrendo, sei grasso, sei una palla di lardo di merda! A nessuno piaci, le ragazze ti schifano. Sai perché? Perché fai schifo al cazzo!»

Le parole meschine colpiscono come dolorosi pugni nello stomaco ma Giacomo non controbatte il suo interlocutore e non abbassa nemmeno gli occhi inumiditi. 

«Se un giorno sparirai dalla faccia della Terra, non mancherai a nessuno. Hai capito, ciccione?»

Gli occhi del sedicenne iniziano a sgorgare lacrime, però lui ancora non se ne va. Resta lì, immobile.

«Scommetto che quei due stronzi dei tuoi vecchi si son pentiti di averti messo al mondo. Dovevi rimanere nelle palle secche di tuo padre. Sarebbe stato meglio per tutti!»

Queste ultime frasi gli procurano più male delle altre, cosicché Giacomo finalmente decide di allontanarsi dallo specchio della sua camera da letto lasciandosi andare ad un pianto liberatorio.

«Mi sono svuotato e quindi sono a posto. Vi faccio vedere io e dimostrerò che sono più forte di voi!» pensa l'adolescente tra il risoluto e il rassegnato mentre si asciuga il viso bagnato con un fazzolettino di carta.

Finisce di prepararsi per la scuola, esce di casa e si avvia alla fermata dell'autobus.

Neanche oggi i bulli riusciranno a farlo crollare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Due corti di Vincenzo Totaro

10 Gennaio 2020 , Scritto da Gordiano Lupi Con tag #gordiano lupi, #recensioni, #cinema

 

 

 

 

Vincenzo Totaro è un regista interessante. Ho visto il lungometraggio La casa del padre (2019) che dimostra tutto il suo talento introspettivo e fotografico, oltre che una cinefilia militante che per un autore non è fattore trascurabile. Totaro ha scritto il saggio Un’altra vita - Il tema del doppio nel cinema muto italiano (1905 - 1931) (Prospettiva, 2018), quasi a voler confermare questo assunto. Vediamo due corti che ho avuto occasione di apprezzare recentemente, ulteriore dimostrazione di talento cinematografico. Quel tipo strano (2018) è a colori, dura sei minuti e affronta il tema della follia, la diversa prospettiva del racconto, i modi in cui può essere intesa la realtà. Un ragazzo è seduto al tavolo di un bar con due amiche, di fronte a lui un uomo sembra parlare da solo, fare una proposta di matrimonio a una donna fantasma. Congetture e ipotesi si fanno largo e provocano tensione fino al rocambolesco finale. Non anticipo niente, non faccio spoiler di sorta, anche se il colpo di scena ci sta tutto.

Ecco il link per vedere la versione americana che ha riscosso un certo successo: https://www.youtube.com/watch?v=eztGwhw2Ubo&t=211s. Produzione Aelita film srl e Silentium Film. Vincenzo Totaro scrive, sceneggia, monta e gira il breve ma intenso corto, mentre alla fotografia troviamo il bravo Antonio Universi. Ispirati e credibili gli interpreti Antonio Del Nobile, Rosa Fariello, Annarita Granatiero, Teresa La Scala, Adriano Santoro e Carmine Spera.

Quel ramo sulla pianta di Giacomo è in bianco e nero, dura poco più di tre minuti, frutto di un esercizio per la masterclass di Werner Herzog, girato in prima versione con lo smartphone. La lezione voleva far capire che se un autore è tagliato per fare film deve capirlo anche se non dispone di grande tecnologia. Il breve film si svolge in un unico ambiente tra due personaggi, come il precedente è molto teatrale, gioca ancora una volta su argomenti fantastici, in questo caso una pianta che non accetta di farsi potare un ramo, sembra muoversi, interagire con il padrone, parlare, spostarsi da un punto all’altro della stanza. Sceneggiatura di Antonio Del Nobile e Vincenzo Totaro, che cura la regia e il montaggio. Antonio Del Nobile e Tonino Bitondi sono i due interpreti che deliziano il pubblico con uno scambio di battute che crea un’atmosfera surreale. Terzo classificato al concorso 8 minuti per un ambiente migliore.

Link per vederlo: https://www.youtube.com/watch?v=6JJW7Tsd_bo

 

Quel tipo strano - Anno e origine: Italia (2018) - Durata: 5'43” colore - Tipologia: cortometraggio - Genere: drammatico - Produzione: Aelita film srls e Silentium Film -Formato originario: HD - Regia, Montaggio e sceneggiatura: Vincenzo Totaro - Direttore della fotografia: Antonio Universi - Operatori di ripresa: Luisa Totaro -Musiche: Donato Raele - Audio in presa diretta: Giannino deFilippo -Microfonista: Tonino Bitondi -Missaggio audio: Richard Gremillon - Produttore esecutivo: Giannino deFilippo -Backstage: Chiara Piemontese - Sottotitoli: Studio HONO - Luisa Totaro, Yurika Oshima, Yougha Im -Interpreti: Antonio Del Nobile, Rosa Fariello, Annarita Granatiero, Teresa La Scala, Adriano Santoro, Carmine Spera.

 

Quel ramo della pianta di Giacomo - Italia 2017, b/n (sottotitolato in inglese) -Durata: 3'34” - Tipologia: cortometraggio - Genere: commedia - Produzione: Silentium film - Formato originario: Full hd, 1.85:1 - Titolo inglese: That branch of Giacomo's plant - Regia: Vincenzo Totaro - Sceneggiatura: Antonio Del Nobile e Vincenzo Totaro – Interpreti: Antonio Del Nobile e Tonino Bitondi - Montaggio: Vincenzo Totaro - Operatore di ripresa: Luisa Totaro – Note: cortometraggio ideato e realizzato all'interno della Werner Herzog Masterclass, anno 2017.- Link al cortometraggio completo in italiano: https://www.youtube.com/watch?v=6JJW7Tsd_bo - Link al cortometraggio completo in inglese: https://www.youtube.com/watch?v=cuT5ucA8ji4

 

 

 

 

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Il piratato

9 Gennaio 2020 , Scritto da Giuseppe Scilipoti Con tag #giuseppe scilipoti, #racconto

 

 

 

 

Piccolo pensiero introspettivo che scrissi sul mio diario scolastico il 2/03/2002 dopo l'ennesimo episodio di bullismo psicologico.

Brevi righe di sconforto dovute a quel difficile periodo in cui non venivo accettato nella ciurma bensì attaccato e depredato dai miei ex compagni di scuola, con parole intrise di vessazioni, potenti come palle di cannone lanciate continuamente al mio indirizzo.

 

 

Ogni giorno che passa, è veramente difficile restare a galla in questo mare che è la VITA, succede così che arranco, mi affanno, agito gambe e braccia tentando in tutti modi di NON annegare! In fondo che cosa desidero da uno specchio d'acqua salata come le mie lacrime?

Cerco una barca che mi porti in salvo, che mi conduca in un porto sicuro, ovverosia un porto chiamato AMICIZIA che mi ripari. Praticamente un rifugio.

E invece cosa trovo? Galeoni di pirati, pronti a buttarmi nonché ributtarmi senza esitazione negli abissi più profondi, solo perché non sono come loro e non ho oro da offrire ma semplicemente un cuore di cui, sebbene placcato, i filibustieri, non sanno che farsene.

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Corso di scrittura

8 Gennaio 2020 , Scritto da Patrizia Poli Con tag #corsi, #eventi

Corso di scrittura

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