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“SUIS ITALIA MILITIBUS”.

4 Giugno 2015 , Scritto da Franca Poli Con tag #franca poli, #storia

“SUIS ITALIA MILITIBUS”.

Dedico questo racconto al mio conterraneo Alfredo Bacchelli, soldato nel 2 reggimento Genio, compagnia 179, nato a Casalecchio nel 1884, residente a Casalecchio di Reno (Ceretolo), morto per enterite in prigionia a Sigmundsherberg il 18 dicembre 1917 e sepolto nel cimitero di Sigmundsherberg.

“SUIS ITALIA MILITIBUS”.

In questo periodo si parla tanto di commemorazione però non tutti i caduti della prima guerra mondiale vengono ricordati in modo dignitoso. Vi è un cimitero di guerra in cui sono custodite le salme di 2398 soldati italiani. È il cimitero del campo di prigionia di Sigmundsherberg che si trova a Waldviertel in Austria. Il campo era stato costruito verso la fine del 1914 per ospitare i prigionieri russi, ma in seguito, specialmente dopo la disfatta di Caporetto, divenne un luogo di detenzione di soli prigionieri italiani. Il centro era progettato per 40.000 uomini, ma ne ospitò sempre un numero maggiore fino a contarne oltre centomila. Gli internati, proprio per evitare l'affollamento, venivano inviati al lavoro esterno e alloggiati in centri di raccolta fuori dal campo, in uno di questi erano rinchiusi gli ufficiali italiani. Sigmundsherberg era servito da una buona rete ferroviaria, cosicchè divenne ben presto un punto di smistamento per la posta diretta non solo ai detenuti del campo ma a tutti i prigionieri dell'Austria-Ungheria, arrivando a selezionare migliaia di pacchi e di lettere ogni giorno, all'interno dell'ufficio postale stesso erano impiegati oltre 500 prigionieri. Altri erano adibiti, come detto, al lavoro esterno, molti (50.000 circa) furono destinati alla costruzione della ferrovia sopraelevata di Vienna, altri vennero inviati presso famiglie delle campagne austriache al fine di sostituire nei lavori dei campi gli uomini impegnati al fronte, altri ancora furono addetti al lavoro in officine, costruite nelle baracche del campo, ove venivano portati gli aerei abbattuti per recuperarne pezzi di ricambio. La vita dei prigionieri era garantita dal rispetto delle norme internazionali: il vitto era assicurato e sufficiente, almeno all'inizio, e vi erano ore dedicate allo svago, allo studio e al riposo, la sanità era curata da quattro medici austriaci coadiuvati da medici e infermieri italiani, (scelti sempre fra i prigionieri) comandati dal colonnello Ettore Castoldi. Il momento più critico si ebbe quando dopo lo sfondamento del fronte italiano a Caporetto furono condotti al campo migliaia di soldati feriti o stremati dalla vita di trincea, poiché coincise con l'aumentare delle restrizioni sia alimentari che di igiene, dovute alla crisi degli ultimi mesi di guerra che colpiva anche la popolazione civile austriaca. Fu in quel periodo che il numero dei decessi aumentò notevolmente. Il comandante cercò di impiantare una coltivazione di prodotti della terra per cercare di soddisfare il fabbisogno interno, purtroppo con scarsi risultati, dato il notevole numero di prigionieri e di soldati addetti alla custodia. Mancava la legna da ardere, mancavano cibo e medicine e in quel periodo la vita dei soldati italiani detenuti divenne davvero dura. Il cimitero costruito dagli stessi prigionieri si riempì e alcune opere funerarie, che si possono ancora oggi vedere all'interno della cappella che affianca il camposanto, furono eseguite da prigionieri che poi non sopravvissero e il loro nome compare oggi nell'elenco dei caduti.
Nel 1922 ebbe inizio il recupero del cimitero per offrire dignità e decoro a quei ragazzi morti lontano da casa e il cippo su cui era stata incisa la scritta “SUIS ITALIA MILITIBUS” fu trasportato all'interno della cappella, con lo scopo di ovviare al degrado dovuto al tempo e alle intemperie. Ai piedi del corpo marmoreo si può vedere che sono state portate due corone, entrambe con la bandiera austriaca, nessuna ghirlanda recante il tricolore invece è stata deposta in quel luogo sacro alla Patria. Lo stato italiano dimentica i suoi caduti anche nel centenario della commemorazione e non c'è da meravigliarsene vista la cura che si prende dei suoi cittadini vivi e vegeti.
Questo mio scritto vuole essere un fiore posato sulle tombe di Sigmundsherberg, un modesto omaggio in ricordo dei nostri soldati dimenticati.

“SUIS ITALIA MILITIBUS”.
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